Caterina Donati, a.a. 2007/08 lg6 1. Il complementatore e la modalità Quando una frase occupa una posizione interna a un’altra frase (è subordinata), di solito è introdotta da una parola dalla semantica e la categoria non immediatamente evidenti: che, that. Come analizzarla? Chiaramente una categoria funzionale, non lessicale: una classe chiusa, non assegna ruoli tematici. La morfologia (e l’etimologia) di that e che potrebbe fare pensare a una categoria D, ma non ne condivide quasi mai la distribuzione. E poi, che dire di di, o di if, whether?Pensando a di, si potrebbe pensare a un tratto P, ma anche questa ipotesi non va molto lontano. Ipotizzeremo quindi l’esistenza di una distinta categoria per questa classe di parole, i complementatori. Essendo parole sono teste, di un sintagma con la solita struttura (schema X barra). SC C’ C che di se … Sfless Quale funzione? Oltre a rendere la frase un possibile argomento (o aggiunto), ne specifica anche la forza, o modalità: indica cosa deve pensare l’ascoltatore della proposizione espressa dalla frase che segue. Se si tratta di una dichiarazione di fatto (che), o una domanda sui fatti (se), etc. E le frasi principali? In italiano non sono mai introdotte da un complementatore, però presentano distinzione di forza/modalità. C’è evidenza, per esempio in inglese, che anche nelle lingue in cui il complementatore non è realizzato nelle principali, c’è la posizione. Si tratta del fenomeno del SAI: Subject auxiliary inversion. Per marcare la modalità interrogativa, si muove la flessione in C. (o per dirla meglio, il C interrogativo in inglese oltre che un tratto Q (question) valutato ha un tratto di tipo flessivo, che va valutato attraendo l’oggetto sintattico dotato di tratti flessivi più vicini: la flessione, appunto). SC C have Sfless SN you Fless’ Fless have SV you eaten Caterina Donati, a.a. 2007/08 lg6 Questa semplice ipotesi spiega anche perché la SAI sia impossibile nelle frasi subordinate: C è già occupato (lessicalizzato indipendentemente). Diremo quindi che tutte le frasi hanno la propria modalità espressa in C. 2. Il movimento Distinguiamo come sempre: il fenomeno: osserviamo dei costituenti pronunciati in una posizione diversa da quella in cui sono interpretati. La teoria: si sono immaginate due implementazioni(/metafore) di questo fenomeno nella grammatica generativa chomskiana. Movimento La sintassi, oltre a Salda, può compiere un’altra operazione, Muovi, per cui sposta un costituente in un punto dell’albero diverso da quello in cui l’ha generato, lasciando una traccia. Variazione: per rendere conto della variazione linguistica riguardo al fenomeno dello spostamento, deve assumere che la stessa operazione di movimento possa avvenire sia apertamente (prima di spell out) sia copertamente (dopo spell out). Esempio: Movimento Wh vs. non movimento Wh: in italiano gli elementi Wh si muovono in Spec.SC prima di Spell out, in giapponese dopo spell out. Movimento Wh vs. movimento di Q (QR): gli elementi Wh sono quantificatori interrogativi: introducono una variabile, con una restrizione (ex. Chi: per quale x, x umano; quando: per quale x, x un tempo) e una portata. Il movimento Wh (in Spec, SC) è un modo per determinare la propria portata (c-comando). Lo stesso movimento compiono i quantificatori non interrogativi (uno, nessuno, tutti…), per lo stesso motivo. Ma lo fanno dopo la ramificazione verso la fonologia. Lessico Wh Spell out QR LF Semantica PF fonologia Risalda (o Salda interno) Oppure si può assumere che Salda sia l’unica operazione che definisce la sintassi, e che sia libera nella sua applicazione: può combinare due elementi indipendenti (Salda esterno), oppure combinare un elemento con un elemento in esso contenuto (Salda interno): il risultato sarà il saldamento di una copia di un elemento già saldato. Poi a PF una delle due copie viene non pronunciata/cancellata. Caterina Donati, a.a. 2007/08 lg6 Variazione La variazione in quest’ottica riguarda l’interfaccia morfo-fonologica: che deciderà quale copia pronunciare. Esempio Movimento Wh vs. non movimento wh: italiano pronunciata la copia più alta; giapponese pronunciata la copia più bassa. Movimento Wh vs. QR: tutti i quantificatori vengono ‘remergiati’ in posizione alta per determinare la loro portata. Ma solo per quelli con tratto wh se ne pronuncia la copia più alta. Troppo semplice? 3. Trigger Che cosa provoca questo fenomeno di spostamento? L’ipotesi è che siano i tratti non valutati a scatenare sempre la necessità di un movimento/risalda. SN soggetto: la flessione porta dei tratti nominali (numero, persona) non valutati, e cerca nello spazio di c-comando più vicino un SN dotato di questi tratti, attirandolo nel suo specificatore/provocandone il movimento. Verbo flesso: la flessione porta dei tratti verbali non valutati, e cerca nello spazio di ccomando più vicino un V dotato di questi tratti (oppure è il verbo che ha tratti flessivi non valutati e si muove/’risalda’ con Fless per valutarli?) Elementi wh: il C interrogativo ha un tratto wh non valutato e cerca nello spazio di ccomando più vicino un elemento dotato di questi tratti, attirandolo nel suo specificatore/provocandone il risaldamento. Variazione: esprimibile, in maniera abbastanza intuitiva ma un po’ circolare, in termini di tratti deboli/forti: se il tratto è forte provoca il movimento aperto/la pronuncia della copia; sennò no. 4. Località Dall’ipotesi che i trigger siano sempre tratti non valutati e da una ovvia nozione di semplicità, si può derivare un principio di località molto semplice (e probabilmente vero): la minimalità relativizzata. Un elemento a non può muoversi/risaldarsi superando un elemento dello stesso tipo di a. Ci sono altre restrizioni di località che rimangono abbastanza misteriose: le isole (vedi riferimenti bibliografici). Caterina Donati, a.a. 2007/08 lg6 Non valgono invece restrizioni di località semplicemente definibili in termini lineari: non ci sono limiti (sintattici) alla distanza percorribile da un movimento (purché non intervenga un elemento dello stesso tipo). Ex. Chi credi che Paolo pensa che Giovanna dovrebbe incontrare?