NAS C I TA E S V I L U PPO D E L
G R UP P O A P ERTO M U SICA OGGI
1.
NASCITA E SVILUPPO DEL GRUPPO APERTO MUSICA OGGI
1.1 La genesi del G.A.M.O.
Correva l’anno 1980 quando a Firenze s’inaugurava la prima stagione
concertistica della neonata associazione “Gruppo Aperto Musica Oggi”. 1
Nasce dunque, all’alba degli anni ’80, con la collaborazione dell’assessore alla
cultura del Comune di Firenze Franco Camarlinghi (sindaco è Elio Gabbuggiani),
uno dei più dinamici organismi cittadini centrato sulla proposta dei repertori
d’avanguardia. In trent’anni di attività si sono organizzati oltre trecento
concerti, molti dei quali in prima esecuzione (vd. tab. 1), un’occasione in più
per il mondo della cultura fiorentina di tenersi aggiornato sulle nuove tendenze
musicali in circolazione. Le attività sono costituite da stagioni concertistiche
dedicate al repertorio contemporaneo, progetto di una nastroteca, cicli di
conferenze e tavole rotonde, organizzazione di corsi di perfezionamento
strumentale e vocale. Inizialmente la sede amministrativa è situata presso il
Chiasso dei Baroncelli, nell’antica Firenze medievale, fornita dall’editore
Bruzzichelli.2 I concerti invece si tengono all’ombra del Cristo di Cimabue, nel
Cenacolo di S. Croce. La location delle origini, freddissima in inverno (come
sottolinea Giancarlo Cardini ricordando i primi anni di attività), così suggestiva
per l’accostamento fra l’architettura e la pittura due-trecentesca e le sonorità
contemporanee, ma non ottimale per l’acustica, è la prima della lunga serie di
sale frequentate dal Gruppo in tanti anni di produzioni concertistiche.
1 L’atto costitutivo riporta la data 9 febbraio 1980. E’ conservato presso l’abitazione privata di G. Cardini, attuale sede
legale del G.A.M.O.
2 La Casa Editrice Bruzzichelli, diretta da Arrigo Benvenuti, nasce a Firenze nel 1961 e pubblica le opere di giovani
compositori (Prosperi, Grossi, Bussotti, per citarne alcuni), soprattutto di ambiente fiorentino e romano. Inoltre i
musicisti di Roma pubblicati da Bruzzichelli hanno dato vita nella capitale, proprio in quegli anni, all’associazione Nuova
Consonanza.
I concerti presentati dal Gruppo contemplano sostanzialmente i generi musicali
realizzabili in contesti cameristici. La musica solistica, il duo, il trio, il
quartetto, il piccolo ensemble sono gli organici strumentali preferibilmente
utilizzati. Non manca il teatro musicale, nella sua connotazione sperimentale,
presentato con produzioni poco gravose dal punto di vista scenotecnico e
strumentale-vocale. Sono invece del tutto assenti realizzazioni con organici di
grandi proporzioni e manca all’appello anche la musica sacra. Un notevole
spazio è dedicato alla musica elettroacustica che, specie nelle annate con la
presidenza di musicisti specializzati in questo campo (come vedremo meglio),
costituisce uno dei momenti più importanti della vita del Gruppo. Altra
caratteristica saliente del G.A.M.O. è l’organizzazione, parallela ai concerti, di
corsi di perfezionamento strumentale e di conferenze-seminari di
approfondimento musicologico, apprezzabile sintesi fra musica practica e
theorica.
Per alcune annate le attività performative sono suddivise in due cicli,
solitamente uno in primavera e l’altro all’inizio dell’autunno; tuttavia esistono
stagioni concertistiche nelle quali il Gruppo ha curato alcune manifestazioni in
estate, spesso con la collaborazione di altri enti e/o associazioni. Corsi di
perfezionamento e seminari si collocano in autunno, il periodo d’elezione delle
manifestazioni nel loro insieme.
Il G.A.M.O. è costituito da un consiglio direttivo formato da sette membri e
guidato da un presidente nominato dal consiglio stesso. Il presidente a volte
riveste il ruolo di direttore artistico, anche se ci sono annate nelle quali le due
funzioni non coincidono nella stessa persona; il presidente può avere inoltre
un’estrazione culturale di natura extra-musicale.
Il G.A.M.O. nasce in un periodo storico segnato dal tramonto definitivo della
sperimentazione avanguardista che interpretava l’eloquio musicale non tanto dal
punto di vista della plausibilità estetica ma delle “implicazioni nel processo
storico [come] criteri di giudizio di valore.” 3 A partire dagli anni ’80 si sviluppano
molti elementi di criticità, molte nuove tendenze linguistiche, probabilmente un
nuovo modo di concepire il significato della musica nella società. Soprattutto si
modifica il senso e la percezione della musica dal punto di vista sociologico:
questa non è più coinvolta nella politica e nelle dinamiche sociali, viene deideologizzata e svuotata della sua valenza di catalizzatore del conflitto sociale e
della lotta alle “convenzioni percettive e delle istituzioni.” 4
La musica dell’avanguardia che aveva fatto di Anton Webern un oggetto di culto,
la musica elaborata nei corsi estivi di Darmstadt, la musica elettronica uscita
dalla ricerca di Pierre Boulez all’Ircam di Parigi, la musica dei grafismi, della
gestualità, del rito politico, dell’improvvisazione, dell’happening, della
performance, della contestazione tutta adorniana delle leggi di mercato: la
Nuova Musica, inesorabilmente rimasta vittima “al termine della sua parabola,
[...] dei meccanismi dell’industria della cultura. [...] Divenuta moda
intellettuale, aveva visto via via impallidire l’efficacia delle sue polemiche
ormai recepite come prodotti di consumo, e il museo immaginario della storia
aveva finito con il mutarsi, più modestamente, in accademia.”5
Come spesso accade quando si abbandona un periodo stabile e fondato
saldamente, da un punto di vista etico, sulla sua stessa conflittualità,
l’incertezza lessicale e la ricerca di nuovi linguaggi divengono il nuovo leitmotiv
delle generazioni del presente. Gli anni ’80 segnano l’ingresso nella terminologia
storico-estetica di una selva di neo e post: neo-romanticismo, neo-classicismo,
neo-espressionismo, neo-simbolismo, post-avanguardia, post-simbolismo e via di
seguito. Si entra in un’epoca che propugna il recupero del valore estetico della
tonalità, del ritorno al figurativismo6 musicale, del
rifiuto del concetto di
timbro e della composizione fondata su quest’ultimo come campo di ricerca
principale. Autori come Berio, Maderna, Bussotti, Donatoni ma anche gli stessi
Stockhausen, Ligeti, Boulez (per citarne soltanto alcuni) già dagli anni ’70 si
3 Andrea Lanza, Il secondo Novecento, Storia della musica, a cura della Società Italiana di Musicologia, EDT, Torino, 1991,
pag. 190.
4 Ibid.
5 Ibid.
6 Intendiamo con questo termine il ritorno in superficie dei rapporti intervallari definiti, di un certo concatenamento
armonico, della melodia, di figure ritmiche determinate.
orientano in tale direzione, dichiarando conclusa l’epoca delle avanguardie
radicalmente arroccate sulle posizioni filosofiche ed estetiche di Theodor W.
Adorno.
I compositori più giovani, nel rapporto di equidistanza tra avanguardia e modelli
del passato, si ritengono liberi di esprimersi nel modo che è loro più congeniale.
I nuovi autori attivano la ricerca di un linguaggio che tenta di rifondare un nuovo
rapporto col pubblico, per troppo tempo dimenticato o considerato come
metafora della mercificazione industriale. Si assiste allora al recupero della
tradizione primo-novecentesca, vista non tanto come dimensione nostalgica
bensì come mero veicolo di espressività. E ci si accorge, contestualmente, della
presenza di altri generi musicali, primi fra tutti quelli relativi alla popular music
e al jazz, generi considerati a lungo triviali ma con i quali, adesso, si tenta di
sviluppare un nuovo rapporto di relazione creativa.
Il G.A.M.O. nasce nel contesto storico cui abbiamo rapidamente accennato e
rappresenta un tentativo di adeguamento dell’offerta concertistica fiorentina
alle tendenze del mondo musicale contemporaneo. Lo vedremo attraverso
l’analisi dei programmi concertistici, dedicati agli autori della Neue Musik ma
anche orientati nei confronti del relativismo proprio dell’ultimo scorcio del XX
secolo. Questo spiega l’indirizzo programmatico del Gruppo, definito dalla
presenza persistente di musica elettronica di matrice strutturalistica, dal forte
sbilanciamento verso i repertori degli anni ’50-’70, dalla musica americana
dell’avanguardia sperimentale, dall’attenzione per il Jazz e la popular music,
dal consistente numero di serate indirizzate alla conoscenza della musica del
Novecento storico, dallo spazio dedicato al teatro musicale gestuale e della
parola, infine dalla presenza in cartellone di autori della nuova generazione.
A Firenze, sul finire degli anni ’70, la conoscenza e la promozione della musica
contemporanea versavano in una situazione piuttosto stagnante, nonostante la
presenza di istituzioni quali il Musicus Concentus, il Teatro del Maggio Musicale
Fiorentino, Amici della Musica, ORT-Orchestra della Toscana, l’associazione
Tempo Reale, della traccia lasciata da Vita Musicale Contemporanea (di cui
scriviamo più avanti, non più attiva ormai da vari anni all’altezza del 1980), e
altri. Alcuni di questi sono stati, e lo sono tutt’oggi, piuttosto attenti alla
programmazione di musica contemporanea, altri invece la intercalano con i
repertori del passato. Il G.A.M.O., con la sua realtà di sodalizio specializzato
sulla musica d’oggi, si colloca dunque in una città ricca di stimoli per pubblico e
critica ma dall’atteggiamento controverso quando si parli di musica
contemporanea. Il Gruppo si propone come spazio pronto ad assorbire le nuove
esperienze musicali, anche internazionali, osservate e interpretate dall’interno,
nelle caratteristiche espressive, estetiche, linguistiche, interdisciplinari. A
Firenze nasce dunque un nuovo luogo di aggregazione intorno alla diffusione,
discussione e produzione musicale contemporanea, decisamente sbilanciato nei
confronti del patrimonio sonoro attuale e ulteriore esempio della caratteristica
tipicamente fiorentina relativa all’associazionismo culturale.
La gestazione del G.A.M.O. parte da lontano. Risale ai primi anni ’70 l’avvio, al
Teatro Rondò di Bacco in Firenze, di piccole stagioni concertistiche dedicate alla
musica d’oggi, curate dal chitarrista Vincenzo Saldarelli (come abbiamo visto,
uno dei “padri” del Gruppo). E’ nella cornice di queste manifestazioni che anche
Liliana Poli, Giancarlo Cardini, Massimo De Bernart (cioè gli altri co-fondatori del
G.A.M.O.) si inseriscono nel diffuso movimento d’opinione, formato da musicisti,
estremamente critico nei confronti della realtà musicale fiorentina, a loro avviso
rea di navigare nella più totale stagnazione linguistica. Il malessere espresso dal
mondo della musica cittadino esplode definitivamente nel 1978, quando si rende
di pubblico dominio la presa di posizione, ricca di una vis polemica deflagrante,
innescata dai 57 musicisti firmatari della lettera aperta (La musica è un bene di
tutti, pubblicata su “Paese Sera” del 3 marzo), inviata al sindaco Gabbuggiani e
“per conoscenza” al sovrintendente del Teatro Comunale Massimo Bogiangkino.7 I
musicisti imputavano al Comunale una politica di programmazione concertistica
e operistica ben poco incline alla rigenerazione estetica, chiusa com’era nella
sua sterile autoreferenzialità. Dei 57 musicisti facevano parte Cardini, Poli, Mayr,
Saldarelli, De Bernart. Proprio questi fonderanno a breve il G.A.M.O., con
l’intento di “fornire alla città uno strumento di informazione […] sulla
contemporaneità musicale, collegandosi idealmente a quella Vita Musicale
Contemporanea fondata a Firenze da Pietro Grossi che, insieme alle Settimane
di Nuova Musica di Palermo e a Nuova Consonanza di Roma, fece conoscere in
Italia, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60, l’avanguardia europea e
statunitense. […].”8 E’ in questo clima culturale che Saldarelli e soci
7 Una contestualizzazione nell’ambiente culturale fiorentino, specificatamente musicale, di questa polemica nei
confronti del Teatro Comunale, nonché la riproduzione del citato articolo di “Paese Sera”, è presentata da Paolo Somigli,
La Schola Fiorentina, Nardini Editore, Firenze, 2011, pag. 91-93.
8 M. Sperenzi, F. Cappelli, A. M. Fabiani, La musica in Toscana, Collana Quaderni Regionali, CIDIM, Comitato Nazionale
Italiano Musica, Roma, 1990, p. 346.
costituiscono il G.A.M.O., col chiaro intento di reinserire Firenze nella rete dei
centri italiani più aggiornati sulla musica contemporanea. Si cerca di rinverdire
una tradizione viva in città almeno dagli anni Quaranta, quando, con Luigi
Dallapiccola, si era avviata una profonda indagine sul serialismo che aveva
coinvolto, nel decennio successivo, compositori come Sylvano Bussotti, Alvaro
Company, Bruno Bartolozzi, Reginald Smith Brindle, Carlo Prosperi, Arrigo
Benvenuti (allievi per l’appunto di Dallapiccola). Questi sei musicisti, riuniti
nella Schola Fiorentina, rappresentano un momento importante di rinnovamento
per la vita musicale della città, favorendo, oltre all’aggiornamento
grammaticale e lessicale, anche la nascita, nei tardi anni ’50, della realtà
associativa, alla quale accennavamo poco sopra, chiamata appunto Vita Musicale
Contemporanea9. Non dobbiamo inoltre dimenticare la presenza in Firenze di
altre figure note, come Pietro Grossi (il poliedrico compositore dedito alla
musica elettroacustica e ideatore della prima cattedra in Italia, presso il
Conservatorio Luigi Cherubini, di elettronica musicale), Roberto Lupi, Valentino
Bucchi, lo stesso Giancarlo Cardini; e l’elenco potrebbe continuare a lungo.
Firenze accoglie con queste “credenziali” culturali il nuovo sodalizio.
E’ così che il G.A.M.O. entra a far parte del fermento generale per la musica
contemporanea, in un periodo nel quale l’interesse per la conoscenza della
musica d’oggi è largamente condiviso. Come infatti abbiamo veduto, la richiesta
di partecipazione attiva all’aggiornamento musicale non è una specificità
fiorentina, bensì una necessità avvertita da più parti (Roma, Palermo, Milano
dove è attivo lo Studio di Fonologia Musicale della Rai fondato da Luciano Berio e
Bruno Maderna nel 1954). Il Gruppo realizza una programmazione che sottolinea
di volta in volta particolari caratteristiche linguistiche della musica
contemporanea. Questo atteggiamento è il sintomo della concezione di musica
9 Vita Musicale Contemporanea è il vero e proprio “precedente” del G.A.M.O. E’ una associazione che promuove la
conoscenza della musica contemporanea, fondata da Pietro Grossi a Firenze tra il 1958 e il ’59, con l’intento di
organizzare cicli di concerti dedicati alle più recenti novità compositive, sia italiane che internazionali. Per notizie più
dettagliate si rimanda all’articolo di Renzo Cresti in Firenze e la musica italiana del secondo Novecento, a.c. di R. Cresti
e E. Negri, Firenze, LoGisma, 2004, pp. 47-50. Altro importantissimo contributo che spiega il ruolo del sodalizio
fiorentino è presente in P. Somigli, La Schola Fiorentina, Nardini Editore, Firenze, 2011, pp. 110-113. Queste pagine
illuminano sul contesto culturale nel quale si inserisce l’associazione, peraltro individuato da Somigli come vero e proprio
input per il futuro G.A.M.O. Infatti è con Vita Musicale Contemporanea che si avvia in Firenze un modo di “fare” musica
(contemporanea) definibile “a tutto tondo”, laddove cioè, accanto alle esperienze concertistico-performative si
affiancano attività culturali collaterali ma non certo secondarie. E’ il senso per l’interdisciplinarità delle arti che trova,
finalmente, un suo spazio vitale, ed è proprio quel senso che verrà recuperato dal G.A.M.O. alla fine degli anni Settanta,
riprendendo un “discorso” (e, fra alterne vicende, lasciandolo ancora aperto), iniziato circa venti anni prima. Per
sottolineare lo spirito di continuità con Vita Musicale Contemporanea basti pensare all’importanza data da questa alla
conoscenza della musica elettronica, così come alla musica americana (Cage in particolare) e ai compositori italiani, sia
affermati che emergenti. Tutti motivi più che coltivati anche dal G.A.M.O. in trent’anni di militanza.
contemporanea presente in Cardini e soci, concretizzata da programmazioni
concertistiche che lasciano trasparire gli elementi storici considerati prevalenti,
quindi meritevoli di essere analizzati e restituiti al pubblico.
Dando voce alle fonti storiche di cui disponiamo emergono alcune aree
d’interesse specifiche che abbiamo individuato come determinanti il modus
operandi del Gruppo.
Vediamole insieme.
Intanto esistono alcune aree geografiche prevalenti come l’Italia e gli Stati Uniti
d’America, paesi dei quali si sono citati non soltanto gli autori più conosciuti ma
anche le personalità emergenti, per le quali si è ideata una specifica sezione
presente nella quasi totalità delle annate, denominata “G.A.M.O.Giovani autoriesecutori”. Talvolta i giovani musicisti vengono rintracciati nell’ambito
territoriale fiorentino per sottolineare lo stretto rapporto fra l’associazione e la
realtà nella quale opera. Tuttavia non sono mancate frequenti esplorazioni dei
paesaggi musicali di Germania, Russia e Francia (soprattutto quest’ultima è stata
osservata con particolare attenzione).
Nel panorama delle attività concertistiche possiamo inoltre notare la presenza di
appuntamenti dedicati a singoli autori, vere e proprie monografie, in alcuni casi
destinate alla lettura di specifici repertori strumentali.
La programmazione denota inoltre uno spiccato interesse per aree tematiche
determinate: la musica delle avanguardie postweberniane, l’elettroacustica,
l’ambientale, il teatro musicale sperimentale, il Jazz e la popular music. L’area
della musica extra-colta, precisiamo, è sempre stata interpretata come ricerca
sulle eventuali intersezioni col genere d’arte.
In sintesi: una stagione concertistica marcata G.A.M.O. potrebbe essere
schematicamente descritta in questi termini:
1) Un nucleo principale di concerti relativi a un’area geografica, o ad uno
specifico genere, o ad uno o più compositori, o alla letteratura per uno
strumento;
2) Un determinato numero di serate dedicate ad altri autori e alle tendenze
estetiche che essi rappresentano;
3) Corsi di perfezionamento strumentale e appuntamenti musicologici (tavole
rotonde, presentazione di concerti e libri, mostre).
I periodi storico-musicali maggiormente indagati sono il Novecento storico e la
produzione anni ’50-’60-’70 dei musicisti nati nel ventennio 1921-1940, anni
cruciali nella storia della musica. Il G.A.M.O. non poteva rimanere estraneo alle
esperienze di Darmstadt, attive dai primi anni ’50, che portarono alla
definizione dello strutturalismo, cioè di una composizione che trovava la sua
motivazione in fattori quali l’estrema complessità grammaticale fino alla
completa determinazione “esterna” del prodotto musicale e il polemico,
corrosivo, anticonformistico distacco dalla tradizione storica e dal successo di
pubblico. Il Gruppo posa lo sguardo sulla musica aleatoria, nata dall’indagine di
Pierre Boulez (uno dei padri dello strutturalismo) sui processi compositivi e
dall’incontro con la experimental music di provenienza americana (Feldman,
Cage), anche se con sfumature costruttive diverse. Proprio John Cage è uno degli
autori che più sono stati “sfruttati” dal Gruppo, evidentemente attratto dal suo
sperimentalismo radicale. Molte delle esperienze performative programmate
sono state inoltre mirate a sottolineare la poetica della gestualità, presente nel
teatro musicale ma anche nell’esecuzione della musica strumentale. Il G.A.M.O.
si concentra su forme drammaturgiche sempre caratterizzate da sistemi
linguistici fondati sul gesto e sui suoi significati metacomunicativi: da qui la
consistente frequentazione dei repertori di Sylvano Bussotti e di Giuseppe Chiari.
Anche l’attenzione per la musica elettronica proviene da quegli anni, densi di
sperimentazioni corroborate dalla presenza a Firenze di Pietro Grossi. La
proposta concertistica offerta al pubblico attraversa puntualmente anche gli
anni ’70, tempo della caduta delle posizioni più estremiste della Nuova Musica, a
sancire la fine sostanziale dell’esperienza avanguardista e l’ingresso nei contesti
sonori peculiari degli anni ’80. Si riaffaccia all’orizzonte la tonalità, con
l’aggiunta di una nuova attenzione per i generi non colti (jazz, popular music). Il
G.A.M.O. nasce (come abbiamo visto) nella fase di eclissi delle avanguardie, in
un momento di crisi, di ripensamento linguistico ed estetico. Probabilmente sono
queste le motivazioni che sottostanno alla curiosità nei confronti della musica
del primo Novecento e per i generi extra-colti, l’una pensata come humus (per
esempio Debussy, uno degli autori più eseguiti) dal quale si svilupperanno le
avanguardie, gli altri come realtà fruitiva dalla presenza pervasiva nella società
e quindi da esaminare attentamente ma con lo sguardo rivolto alle eventuali
intersezioni con la musica d’arte.
La programmazione degli anni ’80 è dunque caratterizzata dalla propensione per
la musica italiana dell’avanguardia e della post-avanguardia, intercalata da
annate nelle quali l’attenzione è stata posta anche sul Novecento storico,
pensato come contrappeso all’inevitabile polarizzazione avanguardistica. E’ la
concretizzazione della già accennata rilettura in senso dialettico della musica
del primo XX secolo, sulla quale torneremo peraltro più di una volta. Intanto
hanno fatto la loro apparizione i concerti “monografici” e si sono viste le prime
esperienze relative alla musica ambientale ed elettroacustica, realizzate per
favorire fin dagli esordi la conoscenza del multilinguismo espressivo tipico del
secondo Novecento.
Negli anni ’90, accanto alla programmazione organizzata similmente al decennio
precedente, si è fatta più approfondita la ricerca sulla musica degli Stati Uniti
d’America accompagnata da una notevole implementazione dei concerti di
musica elettronica. Nel decennio 1990-1999 sono inoltre apparse varie serate ad
appannaggio del teatro musicale sperimentale, sempre proposto nella sua
declinazione cameristica.
Negli anni 2000 si sono esplorati con maggiore assiduità i linguaggi appartenenti
al Jazz e alla popular music parallelamente alla prosecuzione dello studio dei
generi che già conosciamo. La musica ambientale è sostanzialmente scomparsa
dalla programmazione così come quella elettronica, specie negli ultimi anni del
decennio. In questa fase inoltre l’offerta culturale del G.A.M.O. si è molto
contratta a causa di un insieme di fattori che analizzeremo più attentamente in
altre parti della trattazione.
Precisiamo che fra le tre decadi non esistono ovviamente linee di demarcazione
così pronunciate. Il nostro ragionamento, lo ribadiamo, è funzionale a definire
razionalmente e schematicamente, nelle linee generali, la progettualità del
Gruppo, osservata sul lungo termine, per evidenziarne rapidamente la
connotazione strutturale e le continuità e discontinuità di intenti.
Un altro aspetto da considerare è relativo al consenso riscosso presso il pubblico.
Rifuggendo sistematicamente da ogni tentazione statistica basata su quello che i
media definiscono audience, interessa altresì comprendere quale sia stata la
risposta degli ascoltatori giacché questa costituisce uno dei “misuratori”
dell’impatto sulla società della musica contemporanea d’arte. In quest’ottica
vediamo configurarsi gli anni ’80 come i più vivaci dal punto di vista
quantitativo: le cronache giornalistiche infatti raccontano di sale da concerto
frequentate da schiere di ascoltatori spesso composte in maggioranza da giovani.
La tendenza generale registra un calo progressivo degli spettatori a partire dalla
fine del decennio, fenomeno che si fa più marcato negli anni ’90 e che dilagherà
nella decade successiva. E’ importante rimarcare il parallelismo tra il calo
d’interesse da parte del pubblico e la diminuzione dell’attenzione dei giornali.
Negli ultimi anni il dibattito critico alimentato dalla carta stampata è divenuto
sostanzialmente inesistente. Le pagine dedicate agli spettacoli in
programmazione si sono limitate (quando lo hanno fatto) a presentare
sinteticamente le stagioni se non addirittura soltanto singoli concerti
decontestualizzati dall’insieme generale delle attività.