Le prime comunità cristiane

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Testimonianze archeologiche
Numerosi segni attestano
la natura religiosa delle
prime comunità cristiane
Attraverso gli scavi e gli edifici sacri, sorti attorno alle catacombe ed ai tantissimi monasteri,
quanti segni duraturi che attestano la natura religiosa delle primitive comunità cristiane!
Se in parte l’intonaco con l’umidità si è staccato
dalle pareti, se le croci e le immagini che vi erano
dipinte sono sparite, vi sono restate le pietre, i manufatti di terracotta sui quali gli artisti scolpirono
o impressero il segno della Croce.
Non si può arrivare in nessun centro paleocristiano senza scoprirvi un segno di croce, anche se
i primitivi edifici sacri sono crollati ed il materiale è stato asportato per essere riutilizzato in altre
costruzioni, come è avvenuto dell’antica chiesa del
fundus S. Andreae a Fontana.
Sull’isola d’Ischia, incursioni continue saracene, sussulti tellurici, hanno fatto scomparire tesori
d’arte e villaggi.
Salendo sul castello aragonese, diventa impossibile ammirare le testimonianze medievali, perché
tutto è stato coperto da una veste rinascimentale,
ed in parte è stato asportato e distrutto. Persino
nella cripta, utilizzata nel secolo scorso a dormitorio per i reclusi, gli affreschi di scuola giottesca
sono stati in gran parte compromessi.
Nessun edificio bizantino sopravvive ad Ischia.
Eppure vi furono monaci benedettini ed artisti che
ornavano chiese e monasteri ed i civili abbellivano
le loro case con una infinità di croci come a Costantinopoli; gli stessi pellegrini graffivano segni
di croci sui muri delle chiese, sui lati corrispondenti all’altare e all’urna dei martiri.
Non c’è dubbio che tutti i popoli cristiani hanno
avuto grande venerazione per la Croce. Conosciamo a Ischia, fin dal IV secolo, il monogramma costantiniano, il Crismon (cioè le iniziali intrecciate
del nome greco di Cristos), come pure i simbolismi dell’agnello, del grappolo d’uva portato dagli
esploratori della terra promessa, le due colombe contrapposte, la croce bizantina e latina, etc...
Abbiamo inoltre scoperto il segno di croce inciso
sopra i tegoli e le anfore sepolcrali, sulle pietre di
tufo, poste a decorazione delle mura della chiesa
bizantina di S. Restituta, e persino la Croce nello
specchio di un calco, utilizzato per la riproduzione
di lucerne del VI secolo.
Viene spontaneo domandare da dove gli isolani
abbiano attinto tanto amore e tanta venerazione.
Senza esitazione attribuiamo ciò alla conoscenza
profonda del Vangelo di Cristo ed alla devozione
che le comunità cristiane dell’Insula Major ebbe16
La Rassegna d’Ischia 3 . 1986
ro per i martiri, per S. Restituta; il ricordo del trasporto delle sue reliquie da Cartagine all’isola di
Ischia era molto vivo durante il periodo bizantino,
attestato dall’afflusso accentuato di pellegrini attorno al suo luogo di culto.
Le reliquie dei martiri non venivano nascoste
sotto l’altare, come si usava in Palestina (Bagatti,
L’Eglise de la Gentilité), ma in urne di pietra accanto all’altare, in apposita cappella (martyrion):
così abbiamo potuto ricostruire per le reliquie
della Martire cartaginese nella primitiva chiesa
di Lacco Ameno, nell’angolo della navata destra,
probabilmente cinto da pannelli di scisto, recanti
il reticulum con croci.
In tal modo il deposito delle reliquie della
Martire era a portata di mano e parlava al popolo dell’Insula, gli raccontava la fede sostenuta durante la prova dei tormenti, e a quale prezzo aveva conseguito la palma del martirio. Abbraccia le
urne dei martiri, - grida San Giovanni Crisostomo
- piglia l’olio benedetto; il suo profumo ti ricorderà le lotte dei martiri (Sermo LIX in Martyros).
I martiri venivano onorati con feste annuali;
quelle feste valevano più di mille prediche per la
gente di campagna e di mare. La continua presenza presso il martyrion di S. Restituta è attestata
dall’abbondante materiale ceramistico dipinto e
non dipinto, esploso tra la fine del V e gli inizi dell’VIII secolo. E’ naturale che i fedeli accorrevano
dai villaggi, gente semplice, non incline alla cultura, abituata a sentire la voce della Martire che
parlava dalla sua urna, voce più potente dei dottori. Alla sua scuola gli isolani accentuarono l’amore
verso la Croce e spinti dal suo entusiasmo la misero dappertutto: sui muri delle case, sulle porte, sui
luoghi di lavoro, lungo i viottoli, sulle piante, sugli
oggetti casalinghi.
Ovunque, senza alcuna esagerazione, è stato, attraverso i secoli, un grido trionfalistico alla Croce. Essa è ancora lì scolpita sulle transenne, sulle lucerne tardo-romane, a testimoniare l’amore
dell’Insula Major a Cristo Crocifisso. Sono croci a
braccia eguali, racchiuse in una corona; croci a petali e a foglie; croci con il RHO a serpente; croci a
quattro raggi; vi è anche la croce gammata, quella
dipinta nell’abside, vicino all’altare della primitiva
basilica cristiana.
Tutte queste croci, riprodotte nel periodo più
oscuro della nostra storia, ricordavano ai fedeli
insulani, ai presbiteri, ai monaci che essi, come
la martire Restituta, non appartenevano più a se
stessi, ma a Colui che li aveva comprati e redenti.
II ricordo della Croce accompagnava il fedele per
tutta la vita e gli dava serenità e speranza anche in
punto divmorte: Ave Crux, spes unica.
Pietro Monti
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