Phantom - Cinemalia

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Phantom
Inviato da Dario Carta
martedì 09 luglio 2013
Titolo: Phantom
Titolo originale: Phantom
USA: 2013. Regia di: Todd Robinson Genere: Thriller Durata: 97'
Interpreti: Ed Harris, David Duchovny, William Fichtner, Lance Henriksen, Johnathon Schaech, Jason Beghe, Dagmara
Dominczyk, Sean Patrick Flanery, Jason Gray-Stanford, Julian Adams
Sito web ufficiale: www.phantomthefilm.com
Sito web italiano:
Nelle sale dal: Inedito
Voto: 6
Trailer
Recensione di: Dario Carta
L'aggettivo ideale: Claustrofobico
Phantom su Facebook
Ricamo su un episodio della Guerra Fredda,"Phantom" è cinema saldo e sincero,uno sguardo quasi nostalgico alla
parentesi dolente di un Paese che nel dopoguerra si leccava le ferite inflitte da un conflitto politico e sociale mentre
maturava i fermenti di nuove sicurezze all'alba di un nuovo giorno di storia.
"Phantom" scritto e diretto dal Todd Robinson che sceneggiò "L'Albatross-Oltre la tempesta",ha dimestichezza con i nuclei
umani,traccia una storia sottomarina e la incolla su uno sfondo pretestuale perfettamente coordinato alle sue intenzioni
ma del tutto secondario in termini di significato spettacolare.
"Phantom" è un thriller sotto il mare in ogni accezione del termine:angusto,ovattato e nascosto ai sensi più accesi,lavora
nei silenzi,nelle pause,negli sguardi e nei corridoi sommersi,sia umani che ambientali.
Di certo ispirato ad un fatto reale e altrettanto sicuramente letto in soggettiva,il film di Robinson si dilata in un cinema -un
po' come "Argo" - che romanza ed amplifica un episodio realmente accaduto nel marzo del 1968,insabbiato di conserva
dagli USA e dalla Russia.
Un sottomarino sovietico noto come K-129 armato di missili nucleari fece perdere le proprie tracce nel mezzo dell'oceano
Pacifico,provocando reazioni e panico su entrambi i fronti.
Il film di Robinson si ispira ad una ipotesi non ufficiale sviluppata dallo storico militare Ken Sewell,secondo il quale il
destino del K-129 fu segnato da un conflitto interno fra il KGB,la marina e il partito comunista.
Era Brezhnev,alba del nuovo giorno nucleare.
Al comandante di vascello Demi (Ed Harris) viene assegnato l'incarico di portare a termine una missione segreta a bordo
di un vecchio sommergibile,reminiscenza di una tecnologia oramai superata.
Non viene spiegato quale sia l'obiettivo da raggiungere,ma "Phantom" si limita a raccontare una storia vissuta nelle
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viscere di una nave sottomarina dove,tra la fiducia e fedeltà reciproca di Demi e del suo ufficiale in seconda (William
Fichtner),si insinua l'ambigua figura del tecnico Bruni (David Duchvny),che pare conoscere Demi meglio di quanto lo dia
a vedere.
Nel mistero della missione si innesta la vita passata di un Demi tormentato da visioni,fantasmi ed incubi,e si completa un
quadro inquieto di esistenze sacrificate sull'altare della guerra.
"Phantom" è un film che canta vittoria solo a metà.
Certamente vibrante sotto certi aspetti,quali l'inquietudine dell'ambientazione costretta e claustrofobica,altrove la
narrazione perde smalto per un difetto di ritmo,troppo sofferente di energia per guadagnare le posizioni di "Caccia a
Ottobre Rosso".
Il cinema sott'acqua non gode dei privilegi degli squarci aerei e le aperture di campo cedono il passo alla fotografia
umana e talvolta alla sfera psicologica,come in questo caso.
In "Mare caldo",del '58,Robert Wise scriveva di un sentimento di vendetta mentre sullo sfondo si agitava il rapporto fra il
comandante e il suo secondo.
In "Das Boot" Wolfgang Petersen scolpiva una splendida storia a bordo di un U-96,un bassorilievo di emozioni vissute a
bordo di un sottomarino che accoglieva le emozioni e le frustrazioni per una caccia infruttuosa insieme ai sentimenti di
fedeltà dell'equipaggio gli uni verso gli altri e verso la patria.
In "K-19" di Kathryn Bigelow,gli incidenti nel ventre della Guerra Fredda e a bordo di navi equipaggiate di missili nucleari
balistici annunciano un possibile terzo conflitto mondiale.
Il palcoscenico angusto e claustrofobico di "Phantom" raccoglie in dialoghi essenziali e sequenze asciutte mistero e
psicologia,coniugando visioni di morte e obiettivi bellici,ispezioni emotive e organismi politici.
Il senso d'ansia imbastito dalla commistione fra progetti bellici e fiamme nell'anima ha il respiro fiacco e il passo alla
lunga soffre la fatica delle migliori intenzioni non giunte al traguardo.
Moby Dick e il capitano Ahab affiorano come metafore letterarie nel contesto di un periodo di gelo e paura fra due
superpotenze.
In un film dove il linguaggio di un cinema attento al budget rischia di comprometterne i contenuti,la trappola,evidente fin
dall'incipit,scatta su una platea che,almeno nella versione originale,sente parlare in un perfetto americano un equipaggio
vestito in uniforme russe.
L'evidente fastidio viene superato in parte dal sollievo dell'assenza della storpiatura di un dialogo a metà strada fra inglese
e russo.
Meno male.
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