Large Animals Review, Anno 11, n. 6, Dicembre 2005
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LA SINDROME OCCLUSIVA NEI BOVINI:
URGENZA MEDICA E/O CHIRURGICA?*
F. SCHELCHER1, N. ROCH2
1
Patologia dei ruminanti, ENV, 31076 Toulose cedex 03
2
Clinica veterinaria, 71300 Montceau les Mines
Riassunto
Le sindromi occlusive necessitano di un approccio medico-chirurgico integrato, il cui grado di urgenza varia secondo l’affezione scatenante. Quando la diagnosi della malattia non può essere stabilita con certezza, si effettua un trattamento medico
“d’attesa” contro il dolore, gli spasmi intestinali e la disidratazione. In assenza di risposta positiva, o in caso di peggioramento
del quadro clinico nel corso di 4-6 ore di segni clinici gravi e di 12-36 ore di segni clinici gravi o moderati, è indispensabile ricorrere ad un trattamento che associ degli interventi di tipo chirurgico ed una reidratazione. La laparotomia ha valore diagnostico ed al tempo stesso costituisce l’inizio della terapia. Qualora la diagnosi dell’affezione risulti sufficientemente affidabile su
basi anamnestiche e cliniche, la prima fase dell’intervento terapeutico è quindi logicamente di tipo chirurgico.
Le sindromi occlusive sono caratterizzate da un arresto
del transito digestivo con diminuzione e quindi cessazione
dell’evacuazione fecale, spesso accompagnata da segni clinici che manifestano il dolore (coliche).
In sintesi, le cause sono funzionali e quindi probabilmente riconducibili a disfunzioni del sistema nervoso autonomo o a lesioni associate ad alcune affezioni dell’abomaso, dell’intestino o del peritoneo. Gli ilei (sinonimo di
occlusioni) funzionali possono essere suddivisi in ileo paralitico, con arresto della peristalsi, ad esempio in caso di
peritonite, o in seguito all’apertura della cavità addominale, ed in ileo spastico, in caso di contrazioni eccessive della muscolatura liscia dell’apparato digerente, fenomeno
per lo più localizzato e di origine riflessa. Gli ilei lesionali
raggruppano le ostruzioni, in cui l’ostacolo al transito digestivo è localizzato al lume intestinale, e le occlusioni
“sensu stricto”, in cui l’ostacolo coinvolge primitivamente
la parete.
Le sindromi occlusive rappresentano un valido esempio
di intervento veterinario su scala individuale, in un contesto di relativa urgenza.
La diagnosi delle cause delle sindromi occlusive costituisce un esercizio per lo meno difficile. Nella pratica
corrente, ed in numerosi casi, l’identificazione precisa di
un’affezione occlusiva sulle sole basi dell’anamnesi e dell’esame clinico è illusoria. È indispensabile valutare la risposta al trattamento medico e/o i risultati della laparotomia. In altri casi, l’esame clinico è sufficientemente affidabile sul piano diagnostico per passare direttamente al
trattamento chirurgico. Così, la diagnostica propriamen-
* Relazione tenuta al 7° Congresso Multisala SIVAR, 13-14 maggio 2005,
Cremona.
te detta risulta indissociabile dalle misure terapeutiche di
tipo medico-chirurgico.
Il nostro obiettivo è di proporre una condotta pratica
da tenere di fronte ad una sindrome occlusiva. Dopo aver
presentato l’importanza ed i limiti dell’anamnesi e dell’esame clinico per la diagnosi, proporremo le principali opzioni mediche ed alcune riflessioni sulle indicazioni e le modalità di trattamento chirurgico.
1. Anamnesi ed esame clinico
La combinazione dell’anamnesi e dell’esame clinico
consente in tutti i casi una valutazione della gravità, quindi, in parte, della prognosi e dell’urgenza degli interventi.
In alcuni casi, questa combinazione assicura un’affidabilità
diagnostica sufficiente per ricorrere direttamente ad un
trattamento chirurgico specifico.
1.1 Contribuiti dell’anamnesi
Tra gli elementi da raccogliere nell’anamnesi, due sembrerebbero indispensabili: la durata dell’evoluzione e lo
stadio fisiologico.
La durata dell’evoluzione di una sindrome occlusiva è
molto variabile, da iperacuta (qualche ora) a subacuta (da
qualche giorno ad una settimana). Il momento dell’intervento del clinico in relazione all’inizio dei segni clinici varia secondo svariati fattori come le abitudini della clientela, le condizioni di allevamento dell’animale (pascolo, stabulazione), la loro età (vitelli, adulti). La durata dell’evoluzione della malattia riferita dall’allevatore deve essere messa il relazione con la gravità del quadro clinico. Questa
combinazione influenzerà la scelta successiva del trattamento (medico e poi chirurgico o contemporaneamente
medico e chirurgico).
AT T I E V E N T I S I V A R
INTRODUZIONE
28
La sindrome occlusiva nei bovini: urgenza medica e/o chirurgica?
Lo stadio fisiologico è indicativo soprattutto nei seguenti due casi: il neonato e la bovina dopo il parto. Di conseguenza, nel caso di un vitello neonato inizialmente vivace,
l’assenza totale di defecazione senza alcuna emissione di
meconio, ma con un ano pervio, suggerisce una malformazione anatomica di tipo digerente, frequentemente un’atresia del colon. Una sindrome occlusiva con progressivo
peggioramento della condizione generale, che sopravviene
immediatamente dopo il parto e senza lesioni uterine, deve far sospettare uno schiacciamento intestinale a causa di
un intrappolamento di un’ansa tra l’utero ed il bacino durante il passaggio del vitello nel canale pelvico.
1.2 Contributi dell’esame clinico
La gravità del quadro clinico fornisce indicazioni sulla
prognosi ed il carattere di urgenza degli interventi. Alcuni
criteri clinici caratterizzano un quadro di shock ipovolemico, eventualmente complicato da shock endotossico: comportamento (abbattimento), atteggiamento e locomozione
(paresi al decubito), disidratazione (enoftalmia), musello
secco e freddo, temperatura rettale e cutanea (ipotermia),
tachicardia, colore delle mucose (pallide o congestionate),
tempo di riempimento vascolare aumentato. La formazione di un terzo spazio può essere con il riscontro oggettivo
dall’esistenza di un forte ballottamento alla succussione
dei fianchi. A seconda dell’intensità di questi segni clinici,
il comportamento da tenere può andare dall’eutanasia alla
realizzazione di un semplice trattamento medico.
Alcuni segni clinici, associati alla sindrome di tipo occlusivo, orientano più o meno nettamente verso una specifica affezione (Navetat et al., 1998).
Così, nel toro, una tumefazione unilaterale di consistenza dura della regione inguinotesticolare, associata ad un
arresto del transito digerente, ad un’anoressia e ad un progressivo scadimento delle condizioni generali, suggerisce
un’ernia inguinale strozzata. Tuttavia, devono essere anche
prese in considerazione le ipotesi di un’orchite, oppure
un’orchi-epididimite, o molto più raramente, un idrocele o
un aneurisma del plesso pampiniforme. Nel vitello, una
tumefazione dura nella regione ombelicale deve indurre a
distinguere fra una incarcerazione intestinale o abomasale
ed un’infiammazione dell’ombelico.
All’auscultazione-percussione, il riscontro di un rumore
tintinnante su una grande superficie situata davanti all’ipocondrio destro (o che fuoriesce dalla parte del fianco destro) oppure a livello della fossa o della corda del fianco
destro suggerisce, rispettivamente, una dilatazione/torsione dell’abomaso a destra ed una dilatazione/torsione del
cieco. Invece, rumori tintinnanti per lo più situati sotto i
lombi e su di una piccola superficie possono avere origine
da una dilatazione del colon o addirittura del duodeno.
La palpazione transrettale, nell’adulto, consente in qualche caso una diagnosi relativamente affidabile.
Quindi, in caso di peritonite generalizzata acuta si possono percepire dei segni di infiammazione del peritoneo
viscerale: sensazione d’edema, talvolta crepitii “a palla di
neve”, ispessimento ed indurimento della parete rettale,
aderenze che limitano i movimenti e la palpazione degli
organi pelvici ed addominali posteriori.
In caso di dilatazione/torsione del ceco, la palpazione
dell’organo è molto facile dall’ingresso del bacino. Tuttavia,
Tabella 1
Liquido peritoneale dei bovini: caratteristiche fisiologiche
(modificato da Fecteau 2005)
Parametro
Valore normale
Torbidità
Traslucida
Colore
Da chiaro a giallo
Odore
Nessuno
Proteine totali
< 3-6 g/l
Cellule totali
< 10 000 / µl
Tipi cellulari
Neutrofili/mononucleati 1/1
Neutrofili
45-2183
Linfociti
8-168
Mononucleati
36-960
Eosinofili
5-445
alcune dilatazioni cecali gassose possono essere secondarie a
delle occlusioni alte. In rari casi di invaginamento, è possibile identificare il segmento intestinale lesionato. In presenza
di un volvolo mesenterico, si può talvolta apprezzare con la
palpazione la radice del mesentere sotto forma di una briglia obliqua davanti al distretto anteriore del bacino.
La puntura addominale può rivelarsi utile in caso di dilatazione dell’organo o di presenza di una grande quantità di
liquido, in particolare per differenziare un’occlusione dovuta ad una lesione da un ileo paralitico correlato a peritonite.
Il liquido raccolto mediante paracentesi del tratto più declive dell’addome, in posizione paramediana, fornisce le indicazioni delle sue caratteristiche macroscopiche (torbidità,
colore, odore). Un’analisi semiquantitativa delle proteine
(strisce reattive per l’analisi dell’urina) può essere completata da un esame citologico (conta delle cellule di Malassez e
proporzione delle sue popolazioni cellulari) (Tab. 1).
Si possono utilizzare numerose tecniche di diagnostica
per immagini (ecografia, laparoscopia), per lo più in condizioni di ospedalizzazione (Braun 2005) (Bouré 2005).
2. Trattamento medico d’attesa
2.1 Obiettivi
Nel corso del primo esame, il trattamento iniziale può
limitarsi ad interventi di tipo medico che abbiano per
obiettivo la correzione dei disturbi funzionali. Si tratta di
rimediare ai segni clinici principali: dolore, arresto del
transito, disidratazione. Questo intervento può essere classificato come trattamento di attesa, perché la sua efficacia
deve essere valutata rapidamente dopo la sua attuazione.
2.2 Indicazioni
Il trattamento medico iniziale è indicato in caso di sindromi occlusive:
- in fase di esordio
- qualora la diagnosi di affezione sia incerta
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2.3 Modalità
3. Trattamento chirurgico e rianimazione medica
Nella pratica buiatrica, l’arsenale terapeutico è molto limitato. La maggioranza dei farmaci ritenuti auspicabili
non dispone dell’autorizzazione per la commercializzazione nella specie bovina.
Per lottare contro il dolore, è possibile ricorrere agli antinfiammatori non steroidei (FANS) ed agli antispastici.
Gli antinfiammatori non steroidei sono sempre indicati,
eccezion fatta, forse, in caso di ulcere dell’abomaso (Anderson e Muir, 2005). Talvolta, sono utilizzati gli oppiacei
(petidina).
Gli antispastici destinati alle coliche spasmodiche possiedono un’azione anticolinergica. L’atropina (0,02-0,05
mg/kg IV) e la scopolamina (0,1-0,2 mg/kg IV) inibiscono
la motricità digestiva a breve periodo. Nelle bovine adulte,
l’atropina alla dose di 0,04 mg/kg provoca un’atonia abomasale della durata di 1-3 ore (Madison e Troutt, 1988).
Per lottare contro l’atonia digestiva, è possibile impiegare molecole attive sul sistema neuromuscolare e/o dei lassativi/purganti.
Tra le molecole colinergiche, il betanecolo (0,07 mg/kg SC
3 volte al giorno per un periodo massimo di due giorni) è ritenuto avere una buona efficacia sulla dilatazione del ceco nei
bovini adulti (Steiner et al., 1995). La neostigmina (inibitore
dell’acetilcolinesterasi) (0,02 mg/kg SC) accresce l’evacuazione fecale. La lidocaina è stata impiegata con successo in caso
di ileo paralitico postoperatorio nel cavallo (1,3 mg/kg in bolo IV poi 0,05 mg/kg/min nel corso di 24 ore) (Malone et al.
1999) ma, oltre che per la mancanza di documentazione del
suo effetto, il suo impiego nei bovini è ritenuto poco pratico
perché la sua somministrazione è faticosa.
Nei confronti degli ilei paralitici sensu stricto e delle
ostruzioni, i lassativi ed i purganti presentano un interesse
limitato.
Per contrastare la disidratazione, ed in assenza di dati
sui parametri ematochimici, si consiglia la somministrazione di una soluzione al 10% di cloruro di sodio ipertonico
(7,2%) (4 ml/kg IV). L’infusione può essere effettuata mediante una soluzione isotonica di cloruro di sodio, eventualmente integrata con cloruro di potassio (2-3 g/l) e una
soluzione di borogluconato di calcio (500 ml in 20 l).
3.1 Principi
Dopo l’attuazione del trattamento medico, la situazione
deve essere valutata al massimo tra le 4 e le 6 ore nei vitelli
con coliche da moderate a gravi, e tra le 24 e le 36 ore nei bovini adulti con coliche o sindromi occlusive lievi o moderate.
Il miglioramento netto del quadro clinico (arresto delle
coliche, ripresa del transito e miglioramento dei sintomi cardiovascolari) consente di sospendere l’intervento chirurgico.
Al contrario, un peggioramento del quadro clinico, che
sia di tipo progressivo o dopo una fase transitoria di stabilizzazione/miglioramento, deve condurre ad un trattamento chirurgico che quindi non può più essere rimandato.
È importante sottolineare che la reidratazione realizzata
bene tende a migliorare o stabilizzare il quadro clinico, anche in caso di sindrome occlusiva lesionale, e può quindi
spingere impropriamente a rinviare la decisione chirurgica.
Di conseguenza, in un quadro di un trattamento medico
d’attesa, l’indicazione della reidratazione resta discutibile.
3.2 Indicazioni
Nel caso in cui la diagnosi su basi cliniche sia probabile,
se non certa, (ad esempio, una torsione dell’abomaso), rinviare anche solo di qualche ora l’intervento chirurgico,
con il pretesto di un trattamento medico, risulta non solo
inutile, ma spesso nefasto.
Qualora la diagnosi su basi cliniche risulti incerta (ad
esempio, coliche senza la possibilità di identificare un’origine precisa) il trattamento chirurgico deve essere effettuato:
- subito, nel caso che la malattia abbia avuto un decorso
prolungato prima che l’animale venisse portato alla visita
- dopo che il trattamento medico iniziale non ha avuto effetto, o ha avuto un’efficacia transitoria, ma seguita da una ricaduta. La persistenza di coliche gravi nelle 2-4 ore che seguono il trattamento iniziale, o la ricaduta 6-8 ore dopo
giustificano la decisione chirurgica. In assenza di coliche o
qualora il quadro clinico sia di grado lieve o moderato,
questa dilazione può essere portata a 24-36 ore.
3.3. Modalità chirurgiche
La prima fase chirurgica è la laparotomia, che consente
di precisare la diagnosi e di avviare la fase terapeutica propriamente detta.
Nell’adulto, la laparotomia sull’animale inizia dalla fossa
del fianco di destra, che costituisce la via di accesso che consente l’esplorazione migliore degli organi addominali potenzialmente interessati da una sindrome occlusiva. Tuttavia, le
trazioni sul mesentere inducono spesso il decubito. Conviene quindi prevedere quest’eventualità dall’inizio dell’intervento, affinché la bovina si corichi sul lato sinistro e con il
minor rischio possibile di contaminazione del campo operatorio. Nel caso di sospetto di invaginamento intestinale e su
capi di valore, può essere preferibile procedere immediatamente sull’animale coricato e sotto anestesia generale. Allo
stesso modo, nel toro in caso di ernia inguinale strozzata può
essere preferito l’intervento sull’animale coricato, attraverso
una via d’accesso inguinoscrotale (Smith 1990).
Nel vitello, la laparotomia si esegue per lo più sul paziente in decubito, con una via d’accesso sul fianco destro
o in posizione mediana (linea alba), paramediana o paracostale. Le vie d’accesso ventrali sono le più adatte agli interventi sull’abomaso, l’ombelico o la vescica. Quella attraverso il fianco consente il miglior accesso alle anse intestinali.
L’anestesia viene realizzata in modo classico con iniezione locale o paravertebrale di lidocaina. L’anestesia del rachide risulta spesso interessante per gli interventi sugli animali sdraiati. Secondo il parere dell’autore, nel vitello neo-
AT T I E V E N T I S I V A R
2.4 Valutazione dei risultati
In caso di sindrome occlusiva lesionale, la sola terapia
risolutiva è chiaramente di tipo operatorio.
La precocità della decisione di ricorrere alla chirurgia in
molti casi condiziona il successo terapeutico e la facilità
dell’effettuazione dell’intervento.
La guarigione dipende non solo dalla qualità dell’atto
chirurgico, ma anche in buona parte da quella del trattamento medico associato (principalmente rappresentato
dalla correzione degli squilibri idro-elettrolitici).
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La sindrome occlusiva nei bovini: urgenza medica e/o chirurgica?
Tabella 2 - Prognosi di alcune sindromi occlusive
Natura dell’affezione
Successo
Autore
Occlusione duodenale su adulti
11 / 23
Braun et al, 1993
Invaginamento dell’intestino tenue negli adulti
85 / 143
Constable et al, 1997
Volvolo dell’intestino tenue negli adulti
41 / 92
Rademacher et al, 1992
Digiunite emorragica dell’adulto
4 /13
Dennison et al, 2002
Atresia intestinale del vitello neonato
12 / 31
Mulon e Desrochers, 2005
nato, nel caso di operazioni chirurgiche per atresie intestinali, l’anestesia locale o locoregionale è preferibile ad
un’anestesia generale fissa. Al contrario, non è indicata
una sedazione con xilazina. Un’alternativa, nelle cliniche
attrezzate, è il ricorso all’anestesia per inalazione.
La specifica durata degli interventi varia a seconda della
natura delle lesioni. Sono disponibili differenti descrizioni
delle principali procedure operatorie (Smith 1990) (Fubini
1990) (Anderson e Ewoldt 2005) (Mulon e Desrochers
2005). Tuttavia, l’intervento può terminare con la fase esplorativa nei casi in cui non si riescono ad identificare lesioni
evidenti o, al contrario, quando si riscontra la presenza di lesioni incurabili che inducono ad un’immediata eutanasia.
Gli interventi specifici sono tanto più semplici quanto
più le complicazioni sono limitate (distensione moderata,
assenza di peritonite e di aderenze) e, di conseguenza,
quanto più l’operazione è precoce.
3.4 Terapia medica collaterale
La terapia medica è tanto più importante per l’esito finale quanto più l’intervento è tardivo, perché si instaura
uno shock ipovolemico/endotossico.
In caso di ileo, le alterazioni idroelettrolitiche ed acidobasiche sono abbastanza costanti: ipocloremia con alcalosi
metabolica e ipokalemia secondarie. L’intensità di questi
squilibri è tanto più marcata quanto più il blocco del transito intestinale è in posizione prossimale e la durata della
malattia è prolungata. Alla fine del decorso del processo
patologico e in caso di sindromi particolarmente gravi
possono comparire dei disordini acidobasici misti, in particolare con la sovrapposizione di un’acidosi metabolica.
Le modalità pratiche della reidratazione sono state ricordate sopra. In assenza di dati biologici specifici, vanno
prescritte le soluzioni alcalinizzanti (bicarbonati, acetati).
Gli interventi in ambito digerente sono caratterizzati da
un elevato rischio di infezione: passaggio di batteri attraverso le pareti digestive più permeabili, rischi di contaminazione in caso di puntura, fuoriuscita di essudati, resezioni, ed infine durata spesso prolungata dell’intervento chirurgico. Risulta particolarmente indicata l’antibioticoterapia preoperatoria, con l’aiuto di cefalosporine (ad es., ceftiofur 3 mg/kg IV) o delle betalattamine (ad es., penicillina procaina 30-40000 UI/kg IM).
La somministrazione di antinfiammatori e analgesici è
spesso consigliabile per facilitare la convalescenza.
Nell’immediato periodo postoperatorio, tra le misure
mediche integrative è frequente somministrare degli antiossidanti (vitamina C, selenito di sodio), degli antitrombotici (eparina), senza che esista un riscontro oggettivo
della loro efficacia.
3.5 Risultati e prognosi
La valutazione dei risultati è scarsamente documentata al
di fuori delle casistiche registrate negli ambienti clinicouniversitari. Questi dati sono evidentemente viziati rispetto
a quelli raccolti sul campo. L’effetto e l’intensità delle divergenze (natura del caso, ritardo di intervento, competenza operatoria, qualità delle misure mediche di accompagnamento) sono molto variabili. La frequenza dei successi resta in media moderata, ma entro una gamma caratterizzata
da profonde disparità (Tab. 2). Sul campo, la prognosi è
buona in caso di intervento precoce su ostruzioni, invaginamenti nell’adulto, incarcerazioni, torsioni dell’abomaso.
La prognosi è negativa in caso di ulcere dell’abomaso o di
sindrome enterotossica, come le digiuniti emorragiche.
CONCLUSIONI
Le sindromi occlusive sono delle urgenze di tipo misto, sempre mediche e talvolta chirurgiche. La decisione di intervenire
chirurgicamente deve essere rapida. La chirurgia dell’apparato
digerente è un atto qualificante, che talvolta comporta dei risultati spettacolari. Le sindromi occlusive restano uno dei fiori all’occhiello dell’attività medico-chirurgica individuale.
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