sommario - Riza.it

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SOMMARIO
INTRODUZIONE
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CAPITOLO I
Protagonisti della propria vita
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Il destino non è un “copione”
l La felicità è già dentro di noi
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CAPITOLO II
Raggiungere gli obiettivi non è una gara
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Amore: arriva per smentirci
La famiglia: uno spazio senza barriere
l Il lavoro: la propria vocazione
l Lo sport: unità di corpo e mente
l I bilanci: giudizi improduttivi
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CAPITOLO III
Vizi, peccati e passioni
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Superbia: ricerca, vana, di certezze
l Avarizia del denaro, di sé, di emozioni
l Gola, l’incontro col piacere a tavola
l Invidia, un portavoce dell’inconscio
l Ira: liberazione dai tormenti interiori
l Pigrizia, illusione di sicurezza
l Lussuria, estasi creativa
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CAPITOLO IV
Le paure: freno e acceleratore
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Il dubbio di sbagliare
l Il buio del mistero
l I fantasmi dei cattivi pensieri
l Pessimismo: sfuggire alla vita
l L’angoscia della morte
l Il timore della malattia
l Lo spauracchio della vecchiaia
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CAPITOLO V
Le crisi: occasioni da cogliere
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Attacchi di panico: occorre rimettersi
in gioco
l Depressione: bisogna tornare a giocare
le proprie carte
l Solitudine: opportunità di rigenerazione
l Senso di colpa: il tribunale della falsa
educazione
l Tradimento: momento per ripartire
l Abbandono: un trampolino di lancio
l Bugie: difesa, fantasia, scoperta
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CAPITOLO VI
Amore e sesso
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Innamorarsi: la forza travolgente
della spontaneità
l Erotismo e seduzione: due alleati
l Il partner ideale... non si sceglie
l La ricerca spasmodica di un rapporto
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Il calo del desiderio
Omosessualità: la libido si auto-orienta
l La passione non è questione di età
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CAPITOLO VII
I legami affettivi
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I figli: un grande amore difficile
l Essere genitore: avere presenza e discrezione
l Amicizia, un rapporto libero
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CAPITOLO VIII
Autostima: il segreto
è non volersi cambiare
Il carattere ci rende irripetibili
l Prendersi cura di sé
l Vedersi negli occhi degli altri
l Le lusinghe della bellezza
l Vivere nel proprio corpo
l Recuperare l’anima infantile
l Realizzare il progetto interiore
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FONTI DELLE CITAZIONI
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INTRODUZIONE
La saggezza crea salute,
rende liberi, sereni e giovani
Un’esperienza frequente per un filosofo è quella di sentirsi
chiedere, qualche volta con un pizzico di ironia: “Ma a che
cosa serve la filosofia? Non potremmo vivere anche facendone a meno?”. Questo e simili interrogativi non sono estranei
al filosofo. Egli conosce molto bene questo pregiudizio: vi è
abituato e non arriccia certo il naso.
Hume racconta, un po’ divertito, di averlo udito una volta
così formulato: “Le riflessioni filosofiche sono troppo sottili
e distanti per prendere posto nella vita comune o sradicare
qualche passione. L’aria della filosofia è troppo fine per
poterci respirare, poiché è sopra i venti e le nubi dell’atmosfera”.
Insomma, la filosofia sembra così astratta ed esposta in un
linguaggio difficile che non può servire per affrontare i problemi di ogni giorno. La stessa immagine dei filosofi soffre di
questo preconcetto. Di solito ce li immaginiamo come persone austere, serie, di un certa età, chiuse nella loro torre
d’avorio. Ma è proprio così?
Pascal non lo crede affatto. E ce lo dice chiaramente: “Non si
immaginano Platone e Aristotele se non con ampie toghe da
pedanti. Erano persone di mondo che, come le altre, ridevano con i loro amici e, quando si sono divertite a stendere le
loro Leggi e le loro Politiche, l’hanno fatto per gioco: era la
parte meno filosofica e meno seria della loro vita, la più filosofica era di vivere in semplicità e in tranquillità”.
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Vivere con filosofia
Perché “per gioco”? Perché la filosofia è, come il gioco dei
bambini, animata dalla gioia di vivere. E, fin dai suoi antichi
esordi, vuole comunicare questa gioia offrendo, in un linguaggio semplice e accessibile a tutti, dei suggerimenti per
condurre al meglio la nostra esistenza. Per dare delle risposte
agli interrogativi che ognuno di noi si è posto o si pone: “che
senso ha la vita?”, “perché sono qui?”, “che cosa mi riserva il
futuro?”, “perché mi accade questo o quello?”.
Lasciar andare ansia e preoccupazioni
La filosofia, in effetti, mira a farci stare bene con noi stessi e
con gli altri, a non farci travolgere dall’ansia, dal dolore, dalle
preoccupazioni. E quindi punta a realizzare serenamente il
nostro essere, le nostre più profonde disposizioni al fine di
raggiungere la tranquillità interiore.
Novalis riassume questo punto di vista in poche, semplici
parole: “L’autentico principio della filosofia deve essere il
principio che crea salute, il principio che rende liberi, sereni
e giovani”. Ciò che dice Novalis potrebbe essere riassunto in
un solo termine: saggezza. Saggezza intesa quale un saper
vivere quotidiano nell’incontro continuo con noi stessi.
Aperti all’imprevedibile
È questa un’idea che guida tutta la filosofia occidentale e
orientale fin dalle sue più lontane origini. La saggezza non si
basa su principi morali astratti, difficili da applicare in concreto. Non mira neppure ad appiattirci su regole e convenzioni morali che ci sono state imposte dall’esterno. Essa,
infatti, non muove mai da certezze assolute. È piuttosto uno
stile di vita applicato al quotidiano, a un quotidiano dove il
caso, l’imprevedibile, l’impensabile sono di casa.
La saggezza trae la sua linfa dalla nostra interiorità: da quell’energia interiore che preme perché il talento nascosto che è
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Introduzione
in noi possa realizzarsi nel modo più soddisfacente e piacevole. Cicerone è assai esplicito in proposito: “Vediamo qual è
l’efficacia dei rimedi che la filosofia offre per i mali dell’anima. Una medicina esiste di sicuro: la natura non può essere
stata così maligna, così avversa al genere umano da non aver
fatto nulla per l’anima dopo aver trovato tanti mezzi di guarigione per il corpo. Anzi con l’anima essa è stata ancor più
generosa: per il corpo i rimedi vengono dal di fuori; nell’anima la salute dipende dall’anima stessa”.
Nietzsche ribadisce questo punto di vista con il suo solito
stile un po’ aspro e polemico: “Il saggio non conosce una
moralità oltre quella che trae le sue leggi da lui stesso, anzi,
già la parola ‘moralità’ non gli si addice. Egli infatti è diventato assolutamente scostumato, in quanto non riconosce
costumi, tradizioni, bensì soltanto nuove domande della vita
e nuove risposte”. La saggezza vive dunque nei nostri gesti
ordinari, nelle nostre cose di ogni giorno. Questa è la saggezza che la filosofia vuole aiutarci a realizzare. E questa è la saggezza che, con l’aiuto della filosofia, il presente volume desidera comunicare al lettore per aiutarlo ad affrontare le piccole come le grandi questioni quotidiane.
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Capitolo VII
“La situazione è questa: se a te che hai udito
e sai in che cosa consiste la filosofia, tuo padre,
senza invece saperne nulla, impedisse di studiarla,
si dovrebbe forse dargli retta, o non bisognerebbe
piuttosto istruirlo mostrandogli che non ti dà
buone prescrizioni?”
Musonio Rufo
Amicizia, un rapporto libero
L’amicizia, insieme all’amore, configura uno di quei rapporti umani che alimentano la nostra ricchezza interiore: dà
senso alla vita. Nell’amicizia rifiorisce il fanciullo che è in
noi, quello che ripone nell’amico tutto se stesso, senza secondi fini, in piena spontaneità. Nell’amicizia rivive quel bimbo
che attraverso le confidenze al coetaneo scopre per la prima
volta un canale di comunicazione affettiva diverso da quello
dei genitori e crea così la propria autonomia.
Insomma, l’amicizia costituisce una di quelle risorse interiori che permette alla nostra anima di valorizzare il potenziale
di creatività e di gioia che giace in noi fin dalla nascita. E che
ci spinge a godere di tanti momenti della vita che, forse, ci
scivolerebbero via.
Essa, infatti, come sottolinea Pena-Ruiz, “La si gusta insieme. Ha il sapore di una vita comune, di una condivisione
che rivela la sua ricchezza potenziale e si declina nei grandi
registri della presenza nel mondo. Vedere e gustare insieme le
bellezze naturali, come nelle passeggiate comuni. Dialogare,
pensare ad alta voce, progredire insieme nelle conoscenze
delle cose e degli esseri, e provare quel giubilo unico di due
coscienze che per un po’ si mescolano”.
L’amicizia non impone obblighi o vincoli: chiede solo di
lasciarsi andare senza remore e aspettative. Stimola ad accet-
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I legami affettivi
tarsi a vicenda con lealtà pur con i propri difetti e le proprie
debolezze. Pertanto non pretende identità di punti di vista o
di sensibilità. Anzi, la più solida è forse proprio quella in cui
fra due amici sussistono importanti diversità di carattere.
Feuerbach si mostra di questo avviso quando afferma che:
“Fra due amici non vi può essere perfetta identità, bensì
devono sussistere delle diversità, poiché l’amicizia riposa su
un’inclinazione a completarsi reciprocamente. L’amico riceve dall’altro ciò che egli stesso non ha”.
In un rapporto amicale, inoltre, ci si sostiene a vicenda nella
buona come nella cattiva sorte. Si forniscono reciprocamente consigli e anche aiuti materiali.
“L’amico – sottolinea Geymonat – è colui che può contare
su di noi, che in qualunque momento può far ricorso alla
nostra solidarietà. E, viceversa, è colui sul quale noi possiamo far affidamento nelle circostanze più difficili della
nostra vita”.
Nell’amicizia perfetta, comunque, gli amici si amano per
quello che sono, non per i servigi che possono rendersi.
Secondo Cicerone, sarebbe solo un rapporto di mero interesse quello che volesse “Ridurre l’amicizia a conti troppo gretti e meschini, per vedere se il bilancio è in pari! La vera amicizia, secondo me, è più ricca, più generosa e non bada con
pignoleria a non rendere più di quanto abbia ricevuto”.
È questo un tratto che l’amicizia condivide con l’amore al
quale assomiglia: entrambi stimolano alla scoperta dell’interiorità perché fanno emergere aspetti inediti del nostro
essere. Entrambi sollecitano l’invenzione di sempre nuove
formule di scambi affettivi. E possono accompagnarci
durante tutto l’arco della vita oppure concludersi d’un tratto. Insomma, tutti e due si offrono come una fonte continua di reciproca rigenerazione. Ma non rappresentano la
stessa cosa: l’amicizia raramente è travolgente e non coinvolge la sessualità.
Sarebbe comunque un errore basare sul rapporto con gli
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Capitolo VII
amici le fondamenta della nostra felicità. Equivarrebbe a
consegnare agli altri la definizione della nostra identità.
Schopenhauer ci mette in guardia dal farlo quando asserisce: “Da come gli altri si comportano con noi non dobbiamo desumere e apprendere chi siamo noi, bensì chi sono
loro”.
Si tratta di uno sbaglio che potenzia la sofferenza derivante
dall’eventuale tradimento di un amico, dall’infedeltà di chi
ha condiviso i nostri segreti.
In questo modo ci esponiamo al dubbio sulle nostre effettive
capacità di amare e incriniamo la nostra autostima. Non colpevolizziamoci. Consideriamo che il moltiplicarsi delle occasioni di incontro nella nostra società complessa rende talora
difficile distinguere tra vera amicizia e pura conoscenza.
Comunque, per meglio difenderci da possibili delusioni,
quando sembra germogliare un’amicizia, prima di ogni
valutazione, fermiamoci un attimo, nel presente.
Poniamoci in ascolto della voce interiore che dal profondo
della nostra intimità cerca di farsi sentire. Non potrà certo
diagnosticare l’esito futuro. Ma ci darà la consapevolezza
che, qualsiasi cosa possa accadere, il nostro essere spirituale
non verrà intaccato.
“Fra due amici non vi può essere perfetta
identità, bensì devono sussistere delle diversità,
poiché l’amicizia riposa su un’inclinazione
a completarsi reciprocamente. L’amico riceve
dall’altro ciò che egli stesso non ha”
Feuerbach
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