Michele Bocchiola Privacy Filosofia e politica di un concetto inesistente Prefazione di Stefano Rodotà michele bocchiola Privacy Filosofia e politica di un concetto inesistente Prefazione di Stefano Rodotà © Luiss University Press – Pola s.r.l. a socio unico 2014 Proprietà letteraria riservata isbn 978-88-6105-183-6 Luiss University Press – Pola s.r.l. Viale Pola, 12 00198 Roma tel. 06 85225485 fax 06 85225236 www.luissuniversitypress.it e-mail [email protected] Progetto grafico: HaunagDesign Editing e impaginazione: Spell srl Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. 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Il fratello minore non aveva un telefono cellulare, non navigava in rete, non usava carte di credito e non amava per nulla parlare di sé, nemmeno agli amici più cari. Il fratello maggiore, invece, aveva un profilo su Facebook, condivideva fotografie su Instagram e Pinterest, mandava messaggini con WhatsApp e Telegram, comunicava con Skype, aggiornava il suo blog tramite Wordpress, descriveva i suoi pensieri su Twitter, seguiva le attività dei suoi amici su Google+, caricava filmati sul suo canale di YouTube, teneva tutti suoi documenti aggiornati con Dropbox e consultava freneticamente il suo account Gmail. Aveva anche due telefonini che squillavano in continuazione e tutti in città conoscevano almeno un paio di aneddoti divertenti su di lui. Un giorno, i due ebbero un acceso diverbio. Il fratello più riservato rimproverava l’eccessiva apertura dell’altro: «Che gusto ci provi a far sapere sempre quello che fai? Perché non tieni certe cose per te? Non sei 20 introduzione altro che un esibizionista!». L’altro, quello più socievole, ribatté prontamente: «Esibizionista io? Sei tu ad avere un problema, sempre lì a temere che qualcuno ti osservi. Paranoico!». Non si parlarono più, fino a quando non furono convocati dalla responsabile delle risorse umane di una grande azienda, dove avevano fatto domanda di assunzione l’uno all’insaputa dell’altro. Dopo un certo imbarazzo iniziale, incuriositi, i due entrarono nell’ufficio per capire la ragione di quella singolare convocazione. La signora si scusò subito per averli fatti venire assieme, ma dopo tanti anni, dopo migliaia di persone assunte, non le era mai capitato di vedere due gemelli fare domanda per lo stesso posto di lavoro. La cosa strana, però, riguardava la decisione per la mancata assunzione: «Benché molto adeguate per il profilo che cerchiamo, le vostre candidature presentano lo stesso problema: ciò che sappiamo, o meglio, possiamo sapere di voi». Rivolgendosi al fratello piccolo, disse: «Su di lei non siamo riusciti a raccogliere alcuna informazione oltre a quelle contenute nel CV. Sembra che lei non esista. Il suo nome non appare nemmeno su internet! Nessuno la conosce veramente, non sappiamo nulla di come lei è, al di là di quello che ci vuol fare sapere in questa breve lettera di presentazione». E rivolgendosi al fratello grande: «Invece di lei sappiamo quasi tutto: chi frequenta, dove è stato in vacanza, i suoi hobby... siamo riusciti persino a rintracciare la sua prima fidanzatina delle elementari. Tracciare la sua nota caratteriale è stato facile». Infine, parlando a entrambi, concluse: «Per quanto possiate essere simili, lei mostra un atteggiamento paranoico nella ricerca di riservatezza, mentre lei, al contrario, appare quasi un esibizionista. E la nostra azienda non si fida né delle persone delle quali non si sa alcunché – perché potrebbero avere qualcosa da nascondere –, né di chi fa sapere troppo di sé – perché potrebbe non essere in grado di mantenere un segreto». 2. Privacy ed etica pubblica Quella dei due fratelli non è altro che una storia. Ma la realtà non si allontana di molto. Nelle società occidentali – ma non solo –, le persone stanno diventando degli insiemi di dati che decidono (più o meno consciamente) di tenere per sé o rivelare ad altri. La misura del passaggio 21 dalla paranoia – la chiusura totale o la riservatezza assoluta – all’esibizionismo – l’apertura totale al mondo o la mancanza di segretezza – è data dalla quantità di informazioni su di sé che uno è disposto a condividere con altri o che gli vengono in qualche modo sottratte o carpite. E lo strumento attraverso cui si è finora regolata la diffusione di queste informazioni è la privacy. La privacy funziona come un rubinetto: più lo apriamo, più dati diffondiamo, meno riservatezza otteniamo. Il problema è che questo rubinetto si sta guastando, forse perché lo abbiamo aperto troppo e ce ne siamo dimenticati. Il risultato è che ora è più difficile da chiudere: secondo alcuni, le nuove tecnologie stanno creando delle falle sempre più consistenti nella privacy di ciascuno di noi. Non siamo più noi a decidere quando aprire o chiudere questo rubinetto, o non lo siamo sempre. E nonostante gli Stati stiano cercando di porre rimedio con legislazioni sempre più stringenti, il rischio di passare da una certa (e forse salutare) dose di paranoia a una forma di esibizionismo non voluto è molto concreto. Come si può risolvere questo problema? A questa domanda si può rispondere in diversi modi: studiando il diritto alla privacy, o gli effetti che la violazione della privacy ha sulle persone e sulla società. Generalmente, sono i giuristi, i sociologi, gli psicologi sociali, gli scienziati politici e, più recentemente, gli esperti di sistemi informatici a interessarsi della questione della privacy. Ma in questo lavoro non si percorreranno queste vie. Non ci si occuperà di norme e codici per la protezione dei dati personali, dello studio dei rischi prodotti dalle nuove tecnologie o degli effetti delle violazioni della privacy sui comportamenti delle persone e sul funzionamento dello Stato. Questo libro riguarda la natura stessa del problema che la privacy dovrebbe risolvere. E questa è una questione filosofica, non politica, giuridica, psicologica o sociologica. Una volta capita la natura stessa del problema, si potrà comprendere perché la privacy non sia solo una questione di diritto, di psicologia o di sociologia, ma sia anche e innanzitutto un problema di etica pubblica: un problema che necessita di fare appello alla definizione e alla giustificazione di norme condivise, capaci di regolare efficacemente le vita degli individui all’interno di istituzioni sociali e politiche complesse. 22 introduzione Ma lo scopo di questo libro non è però dimostrare che la privacy faccia parte dell’etica pubblica – o sia una nozione necessaria per una teoria di questo genere. In realtà, la tesi principale del libro è che la privacy, come concetto indipendente, come specifico oggetto di studio, non esiste. 3. Caveat emptor Chi ha una conoscenza anche solo generale del dibattito filosofico più recente, potrebbe aspettarsi a questo punto una definizione generale del concetto di cui ci si intende occupare – la privacy – e un’analisi delle ripercussioni etiche e politiche della sua applicazione – una discussione, per esempio, del diritto alla privacy per la protezione di alcuni interessi fondamentali delle persone. In questo lavoro, tuttavia, non si cercherà di dare la migliore definizione possibile di privacy, perché la privacy non esiste. Non si chiarirà la natura del valore della privacy, perché la privacy non è un valore. E non si difenderà il diritto alla privacy, perché non ci sono interessi fondamentali che tale diritto dovrebbe proteggere. Questo lavoro riguarda le ragioni per cui la privacy non esiste. Chi pensa che la privacy sia un valore fondamentale e irrinunciabile si troverà sicuramente in disaccordo con le conclusioni di questo lavoro. E se anche fosse persuaso da tutte o (almeno) alcune delle argomentazioni proposte, potrebbe trovare eccessivo sostenere l’idea che la privacy non esista. Dopo tutto, tanti si sono trovati almeno una volta nella loro vita di fronte a una violazione della privacy, come, ad esempio, una conversazione origliata o una lettera trovata aperta. Se non altro, quasi tutti hanno provato quella strana sensazione di vedere se stesso sul video di sorveglianza di una banca o di un supermercato, mentre siamo in coda attendendo il nostro turno, immaginando chi altro possa vedere quelle immagini riprese da chissà quante altre telecamere di sicurezza sparse per le città in cui viviamo. Magari queste non sono violazioni così terribili della privacy, ma sono comunque cose fastidiose, di cui faremmo francamente a meno. Perché quindi sostenere che la privacy non esiste, non è un valore e non giustifica la creazione di un diritto? 23 Per rispondere a questa domanda occorre fornire argomentazioni valide e cogenti, come si cercherà di fare nei prossimi capitoli. Forse le argomentazioni che saranno addotte in questo libro non sono sufficienti per eliminare la privacy dal discorso morale e politico. E sicuramente la privacy rimarrà un concetto importante nel lessico giuridico per i prossimi anni. Ma forse qualche dubbio colpirà i lettori, inducendoli a considerare la possibilità che almeno qualcosa sostenuto in questo libro abbia un senso. Occorre capire però un punto sin da ora. Sebbene la privacy non esista come specifico oggetto di studio, in questo libro non si negherà l’esistenza di quei problemi che la privacy avrebbe dovuto risolvere. Ed è proprio perché la privacy non esiste ma ci sono quei problemi, che abbiamo bisogno di un’etica pubblica capace di fornire principi condivisibili per proteggere i cosiddetti dati sensibili e lo scambio di informazioni personali nei vari ambiti della nostra vita quotidiana. La tesi di fondo di questo libro è che la privacy non sia lo strumento adeguato per risolvere certe questioni. Ci sono altre norme morali, altri principi di giustizia, peraltro già condivisi nella nostra società, che possono trovare risposte plausibili alle domande di privacy nelle società contemporanee, evitando inutili paranoie ed esibizionismi. Senza l’ambizione di risolvere ogni problema, questo lavoro vuole gettare le basi teoriche per trovare soluzioni alternative alla privacy e al diritto alla privacy nelle società contemporanee. 4. La struttura del libro Il libro si sviluppa attorno a cinque capitoli, che riguardano rispettivamente le questioni di privacy nelle società contemporanee (capitolo 1) e gli strumenti filosofici per analizzarle (capitolo 2), una panoramica delle principali teorie filosofiche della privacy nel dibattito contemporaneo (capitolo 3), le argomentazioni per sostenere che la privacy non esiste (capitolo 4) e infine la scomposizione delle questioni sottese alla privacy in tre concetti distinti e indipendenti (capitolo 5). Nel primo capitolo si cercherà di capire l’origine del concetto di privacy attraverso lo studio dei problemi che avrebbe dovuto risolvere. Dopo aver discusso alcuni esempi di quelle che comunemente si pensa 24 introduzione siano violazioni di privacy, si cercherà di sgombrare il campo da alcune immagini molto suggestive, che legano le questioni di privacy alla nascita delle nuove tecnologie e ai bisogni umani più fondamentali. Nella discussione contemporanea, queste assunzioni sono tanto comuni quanto mal poste. Il secondo capitolo sarà dedicato al metodo di studio del concetto di privacy. Verranno brevemente illustrati gli strumenti filosofici per analizzare la privacy e verranno spiegate e in parte giustificate le assunzioni teoriche di fondo. Questo capitolo potrà forse presentare alcune difficoltà per chi non ha una frequentazione assidua, per così dire, con la riflessione filosofica. Non è però necessario per comprendere la tesi di fondo sostenuta nei prossimi capitoli. Tuttavia, per chiarezza e completezza, si è pensato di spiegare con qualche precisione come si intende procedere. Nel terzo capitolo si prenderanno in considerazione alcune delle principali teorie filosofiche della privacy. Senza la pretesa di fornire un quadro completo ed esaustivo, si individueranno quattro grandi famiglie teoriche, che definiscono la privacy in quattro modi diversi. Un tema così complesso come quello della privacy ha ovviamente generato un dibattito assai copioso. La letteratura che si prenderà in analisi è per la quasi totalità di lingua inglese. Nel nostro paese c’è una crescente attenzione al dibattito sulla privacy dal punto di vista del diritto, della sociologia della comunicazione e dalla prospettiva della sicurezza delle nuove tecnologie. Manca però completamente un’analisi filosofica del problema della privacy. A questo proposito, è importante distinguere sin da ora tra teorie descrittive e normative della privacy. Le teorie descrittive offrono un resoconto di che cosa la privacy è nelle società contemporanee, oppure di quali sono i diritti che le istituzioni sociali e politiche di una società conferiscono ai cittadini per la protezione della loro privacy. Le teorie normative, invece, dicono che cosa la privacy dovrebbe essere, quali che siano le interpretazioni che le persone ne danno in una data società o le misure messe in atto per la sua protezione. Questo libro cercherà di privilegiare il piano normativo rispetto a quello meramente descrittivo, pur partendo da una descrizione plausibile della realtà sociale e politica in cui viviamo. 25 L’ultima parte del libro è dedicata a spiegare le ragioni per cui la privacy non esiste e non può trovare spazio in una teoria etico-politica coerente. Nel quarto capitolo si proporranno alcune argomentazioni filosofiche per dimostrare, in primo luogo, che non esiste un interesse specifico protetto dalla privacy, ma ci sono piuttosto una serie di interessi eterogenei che, per l’appunto, non possono essere tenuti assieme. La seconda linea argomentativa, invece, cercherà di mostrare come il concetto di privacy non sia indipendente, ma si possa ridurre ad altre nozioni più fondamentali. Se non ci sono interessi specifici protetti dalla privacy e se il concetto di privacy può sempre essere ridotto ad altri concetti più fondamentali, allora è possibile concludere che il concetto di privacy, come specifico oggetto di studio, non esiste. Nell’ultimo capitolo, l’intento è quello di mostrare come ogni volta che si invoca il concetto di privacy in realtà ci si riferisce a tre idee distinte: solitudine, intimità e anonimato, opportunamente definiti. Questi tre concetti si applicano a tre ambiti diversi dell’interazione umana (individuale, sociale e politico rispettivamente) e rappresentano tre beni primari (morali, sociali e politici) – vale a dire, cose che le persone dovrebbero poter possedere in sommo grado – concettualmente distinti. Distinguendo tra solitudine, intimità e anonimato si possono fornire soluzioni più efficaci e coerenti ai problemi di privacy. Si toccherà un tema più ampio, quello del bilanciamento tra i diversi valori che stanno alla base delle democrazie liberali contemporanee. Assumendo che la privacy sia un valore fondamentale per le persone in uno Stato liberaldemocratico, occorre allora spiegare come bilanciare la privacy con il trattamento dei dati sensibili a fini commerciali, con la necessità di trasparenza sulle informazioni che riguardano le persone e con la sicurezza della nazione in cui si vive. Si mostrerà che la moderna interpretazione di privacy non è in grado di offrire una ricetta univoca e giustificata per operare questi diversi bilanciamenti. Scomponendo la privacy in tre concetti più fondamentali (solitudine, intimità e anonimato) e distinguendo tre diversi ambiti di applicazione (personale, relazionale e pubblico) di tre diversi insiemi di beni (morali, sociali e politici), sarà possibile offrire una soluzione plausibile e coerente. *** 26 introduzione Il cammino per arrivare alla conclusione di questo libro sarà forse un po’ tortuoso. Se fosse un romanzo giallo, sarebbe una di quelle storie in cui si sa sin dall’inizio chi è morto (la privacy) e chi è l’assassino (l’autore). La parte interessante della storia sarebbe lo sviluppo della trama tra le pagine, per capire come l’assassinio abbia avuto luogo (l’argomentazione). Ma, se fosse un romanzo giallo, forse sarebbe uno di quei gialli metafisici in cui alla fine si scopre che nessuno è morto perché la presunta vittima, in realtà, non è mai esistita, e il presunto assassino stava solo cercando di rimettere le cose a posto perché qualcuno aveva fatto molta confusione.