L’identità dell’embrione umano Magistero ai catechisti Darfo - 22 novembre 2000 1. L’identità biologica dell’embrione 1.1. Alla radice del problema L’avvento ed il perfezionamento delle tecniche di fecondazione assistita, e quindi la possibilità di poter operare nel campo delle prime fasi di sviluppo dell’essere umano, hanno acuito la necessità di definire in maniera scientificamente esaustiva le varie fasi di questo sviluppo. Al giorno d’oggi la realtà del concepimento umano, considerata dal punto di vista scientifico, non è più un mistero. A partire dall’oggettività di questi dati scientifici, però, si sviluppano linee di pensiero che divergono in maniera sostanziale circa il riconoscimento della identità individuale dell’embrione. Per riuscire bene ad inquadrare i motivi della questione in atto facciamo una veloce esposizione biologica delle fasi che accompagnano lo sviluppo dell’essere umano, dal concepimento fino ai 15-20 giorni seguenti. 1.2. Nozioni di embriologia In preparazione al concepimento Lo sviluppo di un individuo ha inizio con la fecondazione. Durante questo processo due cellule altamente specializzate (i gameti), l’una derivante dall’uomo (lo spermatozoo) e l’altra dalla donna (la cellula uovo), si uniscono per dare origine ad uno zigote (uovo fecondato). In preparazione alla fecondazione ambedue i gameti sottostanno ad una serie di modificazioni che hanno due particolari scopi: 1. Preparare dal punto di vista formale i gameti alla possibile fecondazione. 2. Ridurre il numero dei cromosomi alla metà di quello della cellula somatica cioè da 46 a 23 cromosomi (maturazione o meiosi). La riduzione è necessaria, altrimenti la fusione della cellula maschile con una femminile avrebbe come risultato un individuo provvisto di un numero di cromosomi doppio rispetto al normale.1 Quando questo processo è avvenuto, i due corredi cromosomici vengono detti aploidi. Ogni cellula dell’essere umano possiede un certo numero di cromosomi (46) che insieme formano il cosiddetto “corredo cromosomico”. Esso trasmette i caratteri somatici particolari che fanno di quell’uomo un individuo. Di questi 46 cromosomi, 44 determinano i vari tratti somatici mentre 2 (cromosomi sessuali) determinano il sesso dell’individuo. 1 1 Dal concepimento in poi La prima settimana di sviluppo: L’unione dei due corredi cromosomici aploidi porta alla formazione dello zigote (stadio unicellulare dell’embrione). Lo zigote, appena avvenuta la fecondazione, presenta queste particolari caratteristiche: a. E’ diploide (46 cromosomi) in quanto consegue alla fusione di due nuclei aploidi. I cromosomi saranno metà di origine paterna e metà di origine materna, con una combinazione che li renderà differenti da quelli di entrambi i genitori. b. E’ già determinato nel sesso del nuovo individuo. c. E’ già in fase di sviluppo. In esso, infatti, ha origine un processo (la segmentazione) che lo trasformerà in un organismo pluricellulare complesso, per permettere la formazione delle nuove strutture che mano a mano andranno differenziandosi. La segmentazione consiste nella rapida successione di divisioni mitotiche2, che portano alla formazione di numerose cellule sempre più piccole dette blastomeri e permettono la trascrizione dell’informazione genetica contenuta nello zigote. La prima divisione avviene a trenta ore dalla fecondazione e si conclude con la formazione dei primi due blastomeri. Nelle ore successive, ma non oltre il terzo giorno, le divisioni porteranno l’embrione fino ad uno stato di suddivisione in 16 cellule chiamato morula (il nome deriva direttamente dalla somiglianza al frutto del gelso). Il processo di segmentazione avrà termine allorché le cellule (i blastomeri), diventate sempre più piccole avranno raggiunto le dimensioni proprie della specie. Ciascun blastomero, fino allo stato embrionale di 16 blastomeri, è totipotente, cioè è capace di svilupparsi da solo dando vita ad un embrione completo. Negli stati embrionali successivi i blastomeri perdono 2 La mitosi è un processo consistente nella divisione di una cellula in due cellule figlie, effettuato con particolari meccanismi a livello nucleare che consentono una ripartizione equa del corredo cromosomico, in maniera tale che quest’ultimo sia nelle cellule figlie uguale a quello delle cellule madri per quantità e qualità. 2 questa loro prerogativa per diventare cellule pluripotenti, capaci cioè di dare vita a parti via via sempre meno complesse di un organismo. Questo passaggio è importantissimo perché se, nel momento in cui i blastomeri sono totipotenti, avviene una divisione di questi, allora si svilupperanno dei gemelli in maniera tale che dallo stesso zigote si formano individui differenti. Nel 4-5 giorno dalla fecondazione, allo stadio di 32 blastomeri, comincia a formarsi nella morula una cavità detta blastocele, ripiena di liquido. A questo punto la morula diventa blastocisti. Nella blastocisti avviene la prima differenziazione tra blastomeri. Alcuni serviranno per la formazione della placenta; gli altri continueranno a formare l’embrione. Verso la fine della settimana (6°-7° giorno) la blastocisti incomincia ad impiantarsi nella parete uterina e si consolidano, a livello cellulare, le interazioni tra embrione ed organismo materno, già presenti a livello biochimico-endocrinologico nell’ambiente tubarico. La seconda settimana di sviluppo: “Nella seconda settimana di sviluppo avvengono stati biologici molto significativi: a. da una parte (dal 7° al 12° giorno) l’impianto della blastocisti giunge a completamento e si distinguono nettamente la componente embrionaria da quella extra-embrionaria; b. dall’altra parte (da 13° al 15° giorno)compare la linea o stria primitiva che permette di identificare l’asse cranio-caudale, le superfici dorsale e ventrale, la simmetria destro-sinistra, in altre parole il piano costruttivo dell’embrione. La comparsa della stria primitiva rappresenta il punto di non ritorno per la suddivisione gemellare. In questo momento, infatti, se non in casi particolari (come quelli dei gemelli siamesi) si fissa definitivamente il numero di individui suscettibili di svilupparsi da un solo uovo fertilizzato. Considerazioni conclusive Le informazioni precedenti ci permettono di affermare che: a. Ogni individuo ha un genoma3 diverso da quello di un altro, se questo altro non è un suo gemello monozigote; quindi può essere identificato sicuramente come appartenente alla specie umana, essendone garantita l’identità genetica, fin dal momento della fecondazione. b. Lo sviluppo dell’embrione umano avviene in un modo continuo ed orientato attraverso meccanismi di interazioni molecolari, non ancora adeguatamente conosciute. 2. 3 La fecondazione medicalmente assistita L’intera informazione genetica presente in una cellula o in un organismo. 3 2.1. Premessa La fecondazione artificiale, nata per sconfiggere l'infertilità, si è imposta all'opinione pubblica con la nascita nel 1978 di Louise Brown, la prima bambina concepita in vitro. Da allora la tecnica si è consolidata in molti paesi ed oggi è alla portata di molti centri ospedalieri e di cliniche private. Di pari passo con l'affermarsi della fecondazione in vitro (FIVET) si sono presentati interrogativi etici e giuridici sulla moralità della stessa tecnica, sul destino degli embrioni soprannumerari, sui problemi dello status giuridico dell'embrione e sui rapporti tra i donatori e la famiglia di fatto. Presentiamo brevemente alcuni metodi usati nella riproduzione medicalmente assistita. 2.2. La fecondazione in vitro con embrio-transfer (FIVET) Cenni storici Nel 1958 i ricercatori McLaren e Biggers dimostrano che blastocisti di ratto, coltivati in vitro, una volta impiantati in utero di una madre adottiva, sono giunti a svilupparsi fino a ratti adulti, normali e fertili. Il professore R. G. Edwards del Physiological Laboratory di Cambridge inizia i suoi lavori con ovuli umani dal 1963. Nel 1978 Edwards e Steptoe annunciano al mondo scientifico la nascita della prima bambina-provetta. Da allora le nascite di bambini concepiti in vitro si sono succedute in molti paesi del mondo occidentale. Il programma FIVET nasce per risolvere i casi di infecondità. I tipi sono diversi a. fecondazione in vitro sperimentativa quando il fine è quello di attuare una sperimentazione sull'embrione precoce, b. fecondazione in vitro con embryo-trasfer procreativa quando il fine è la procreazione di una persona. c. omologa all'interno del matrimonio d. eterologa con la presenza attiva del "terzo" nella coppia degli sposi, ossia del donatore di seme o di donatrice di ovulo. Fasi della Fivet Dopo preliminari accertamenti sulla donna e sull'uomo, si inizia il trattamento delle pazienti. Di solito si induce farmacologicamente l'ovulazione, stimolando una ovulazione multipla al fine di prelevare e fecondare più ovociti, considerando le difficoltà dell'impianto e dell'annidamento. L'ovulo prelevato viene posto in terreno di coltura e dopo almeno 5 o 6 ore viene fecondato. La percentuale dei successi dipende dall'affinamento della tecnica, ma comunque comporta sempre una altissima perdita di embrioni. Per quanto riguarda il momento della fecondazione dell'ovulo, esistono oggi numerose possibilità di intervento che vanno dalla creazione di "passaggi" attraverso la zona pellucida dell'ovulo che consentano la penetrazione dello spermatozoo, alla perforazione meccanica della zona pellucida, alla microinseminazione e cioè all'introduzione, per mezzo di un micromanipolatore di uno o più spermatozoi, ed infine alla microiniezione con l'introduzione del singolo spermatozoo all'interno dell'ovoplasma. 4 Con la tecnica della microiniezione si conclude il controllo dell'uomo sull'inizio della vita: si sceglie volutamente l'ovulo e lo spermatozoo, si introduce lo spermatozoo prescelto nell'ovocita, dando inizio ad un ciclo vitale che potrà continuare nell'utero di donna, rimanere sospeso nella crioconservazione o concludersi come oggetto di sperimentazione. In questo modo si instaura il completo dominio della tecnica sull'origine e sul destino della persona umana: lo scienziato sembra aver realizzato l'antico sogno, caro agli alchimisti, della produzione dell'uomo. Nella Fivet, come abbiamo visto, si danno numerose combinazioni, potendo avere il seme del marito o di donatore, l'ovulo della madre o di donatrice, il feto nato dalla madre o da una madre sostitutiva. Ai fini di una riflessione etica è necessario ricordare come nella FIVET è costante il problema degli embrioni soprannumerari di quegli embrioni, cioè, che rimangono congelati in attesa di un possibile impianto e che talvolta vengono usati per la sperimentazione e l'industria. La criopreservazione degli embrioni umani non è priva di rischi e può ridurre in maniera significativa la loro capacità di impianto. Dobbiamo inoltre tenere in considerazione il lato economico della questione. 2.3. La GIFT La GIFT (Gamete Intra Falloppian Transfer), descritta per la prima volta da Richard Asch e coll. nel 1984, è una tecnica di fecondazione artificiale intracorporea che ha le seguenti fasi di esecuzione: 1) induzione dell'ovulazione e aspirazione delle cellule uovo. Dopo l'aspirazione gli ovociti vengono collocati in dischi di coltura individuali dove si controlla il grado di maturazione. 2) prelievo e preparazione dello sperma. Circa due ore e mezzo prima del prelievo delle cellule uovo si preparano i campioni di sperma, che può essere prelevato con diverse modalità. 3) trasferimento dei gameti nella tuba. La GIFT è stata definita anche "procreazione assistita", con l'intento di sottolinearne il carattere non sostitutivo dell'intervento dell'uomo sulla procreazione umana. La GIFT, nata come alternativa alla FIVET, non comporta manipolazione di embrioni umani, ma solo di gameti. Il processo della fecondazione si svolge completamente all'interno dell'organismo della donna e il prelievo dello sperma può essere connesso al rapporto coniugale. 3. Riflessioni etiche 3.1. Quando inizia la vita umana? La cronologia dello sviluppo embrionale riassunta nel primo capitolo ha dato luogo a diverse interpretazioni che possono essere ridotte a due linee di pensiero principali e contrapposte: quella che sostiene l’origine immediata della vita embrionale e quella che sostiene l’origine successiva della vita embrionale. Origine successiva della vita embrionale Questa linea di pensiero rielabora le informazioni biologiche in modo tale da affermare che l’embrione, considerato periodo iniziale dello sviluppo, non è in possesso delle caratteristiche che ne fanno una persona. In questo senso si è espresso Carlo Flamigni (professore di Fisiopatologia della riproduzione umana all’Università di Bologna) il quale asserisce che 5 “bisogna distinguere tra l’embrione pre-impiantatorio e l’embrione impiantato, non perché si abbia a che fare con strutture biologiche fondamentalmente diverse ma perché sono entità che possiedono caratteristiche e possibilità proprie e distinte. Quando ci si riferisce all’embrione pre-impiantatorio è conveniente parlare di pre-embrione il quale non va riconosciuto come persona, perché ciò che caratterizza l’essere umano è l’individualità. Il pre-embrione invece: 1. Può produrre gemelli monozigoti 2. Dopo l’impianto perde il 25-30% delle sue cellule che vanno a formare strutture le quali, se la gravidanza procede, saranno distrutte. 3. E’ possibile che in corso di segmentazione possa evolvere in maniera tale da trasformarsi in struttura tumorale.”4 Sulla stessa linea si muove, in maniera molto determinata, Norman Ford, preside del Catholic Thelogical College di Melbourne. Egli rifiuta la possibilità di considerare lo zigote un individuo perché “fino alla comparsa della stria primitiva, a circa 14 giorni dalla fertilizzazione, le cellule identiche che da esso si formano possono diventare naturalmente un individuo umano. Con la comparsa della stria primitiva viene a stabilirsi per ogni individuo umano (anche nel caso dei gemelli monozigoti) un piano di simmetria corporale lungo l’asse cranio-caudale. Solo quando quest’ultimo si è formato, si costituisce un individuo spazialmente distinto, cioè un individuo con la destra e la sinistra, il davanti ed il dietro.”5 Tale posizione è stata recepita dalla Gran Bretagna con il Rapporto Warnock, che nel 1984 ha dato il via libera alla ricerca sugli embrioni nei primi quattordici giorni dopo la fecondazione, definendoli pre-embrioni. Origine immediata della vita embrionale Secondo questa linea di pensiero, l’inizio della vita umana pienamente individuale si colloca al momento della fecondazione. “Il dato inoppugnabile è messo in chiaro dalla genetica: al momento della fertilizzazione i due gameti dei genitori formano una nuova entità biologica, lo zigote che porta in sé un nuovo progetto-programma individualizzato. Il fatto che si deve notare è che questo nuovo programma non è inerte, né è eseguito ad opera di organi fisiologici materni. Esso è un nuovo progetto che si costruisce da solo ed è l’attore principale di sé. Il tentativo di declassificare l’embrione a pre-embrione è una violazione della verità oggettiva”6. Secondo il prof. A. Serra “il programma di fronte al quale ci troviamo nello stato iniziale dell’embrione è caratterizzato da tre proprietà biologiche importanti: 1) la coordinazione: Lo sviluppo embrionale, dal momento della formazione dei due gameti fino alla formazione della blastociste, è un processo in cui si ha un coordinato succedersi ed interagire di attività cellulari e molecolari sotto il controllo del nuovo genoma. E’ precisamente questa coordinazione che esige una rigorosa unità dell’essere in sviluppo. 2) la continuità: alla fusione dei due gameti umani incomincia un nuovo ciclo vitale di un nuovo essere umano. Questo ciclo procede senza interruzioni: gli eventi singoli (come la moltiplicazione cellulare) non sono altro che l’espressione di una successione ininterrotta di avvenimenti. Questa continuità implica unicità. 3) la gradualità: è data dallo sviluppo di un progetto individuale unico che implica un succedersi di forme, passando da una struttura semplice ad una più complessa. Questa caratteristica esige una regolazione intrinseca all’embrione stesso il quale mantiene il suo sviluppo orientato in direzione della forma finale.”7 4 FLAMIGNI C., Nuove acquisizioni in embriologia: lo sviluppo della struttura embrionale, in: Quale statuto per l’embrione umano. Problemi e prospettive, Politeia, Milano 1991, pag 16-17. 5 FORD N., Quando ho cominciato ad esistere, in: : Quale statuto per l’embrione umano. Problemi e prospettive, Politeia, Milano 1991 ,pag. 27. 6 SGRECCIA E., Bioetica.Manuale per medici e biologi, Vita e pensiero, Milano 1987, pag. 183- 190. 7 SERRA A., Per un’analisi integrata dello status dell’embrione umano: alcuni dati dell’embriologia e della genetica, in Biolo S., Nascita e morte dell’uomo: problemi filosofici e scientifici della Bioetica, Marietti, Genova 1993. 6 Le qualità appena mostrate mettono in evidenza l’individualità, l’identità, l’unicità dell’embrione che rimane sempre lo stesso individuo lungo tutto il processo di sviluppo, che inizia al momento della fusione dei gameti. “La difficoltà che potrebbe a prima vista avere qualche rilevanza biologica è quella che si basa sul fenomeno della gemellanza monozigotica. Il punto da chiarire è questo: il fatto della eventuale divisione non smentisce quanto appena detto, anzi lo comprova. La divisione, infatti prevede l’intervento di una causa interferente nel progetto: non avviene cioè in forza di un meccanismo evolutivo ma contro di esso. Inoltre il risultato è ancora conforme allo sviluppo descritto nel genoma e tale sviluppo (autocostruttivo e determinato) si ripete in ognuna delle porzioni divise. La natura di queste porzioni di zigote è ancora un progetto umano. Un’altra difficoltà che viene riportata da alcuni si basa sul fatto che l’embrione può essere interrotto nel suo sviluppo prima dell’impianto (crioconservazione). Ma questo fatto non nega che l’embrione, se non fosse disturbato da cause esterne, continuerebbe a svilupparsi in maniera autonoma secondo il suo programma. Le cause esterne possono anche interrompere lo sviluppo embrionale, ma da questo non si può dedurre che l’embrione non sia capace di sviluppo autonomo. In conclusione il neoconcepito ha una propria e ben determinata realtà biologica”8. 3.2. Il diritto di procreare Per quanto riguarda la fecondazione medicalmente assistita oltre alla questione fondamentale sul valore dell’embrione umano è necessario aggiungere una riflessione sul cosiddetto “diritto di procreare”. Queste alcune domande a cui si deve rispondere: il procreare umano ha una sua peculiare struttura? Esiste un diritto alla procreazione; il desiderio di avere un figlio sopravanza il diritto esclusivo degli sposi a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro? È lecito scindere il momento unitivo dal momento procreativo? Seppure sommariamente possiamo delineare tre posizioni etiche fondamentali che possono ritrovarsi comunemente nella pratica clinica: a) il valore del diritto soggettivo al figlio; b) il valore della genitorialità; c) il valore della comunione coniugale. Il valore del diritto soggettivo al figlio Le concezioni antropologiche che accentuano l'individualismo e identificano il principio di autonomia del soggetto come uno dei valori fondamentali della gerarchia morale, tendono a riconoscere all'essere umano il diritto di procreare per se stesso: per autorealizzazione, per autoaffermazione o per la perpetuazione genetica della discendenza familiare. In questo caso l'esplicazione del diritto non ha bisogno del momento unitivo coniugale: i vari partners della fecondazione sono solamente i momenti tecnicamente necessari, affinché si possa godere dell'inalienabile diritto di avere il figlio. Questa concezione si accomuna ad una riduzione del valore tradizionale della famiglia rispetto al desiderio di maternità della donna che è prevalente. La richiesta di FIVET da parte di single, di donne in età non più fertili, si inquadra in questo scenario antropologico. Un discorso a parte meritano le coppie gay che richiedono la procreazione assistita: in questo caso, dai richiedenti viene affermata oltre che la volontà personale e il diritto al figlio anche un'affettività parentale stabile, ritenuta paragonabile o addirittura migliore del rapporto genitoriale tradizionale. 8 SGRECCIA E., Bioetica.Manuale per medici e biologi, Vita e pensiero, Milano 1987, pag. 183- 190. 7 Generalmente, in questo panorama etico, l'embrione è considerato come un essere umano potenziale, in tutto e per tutto dipendente dalla donna che lo possiede e che, quindi, può disporne in un atto di autodeterminazione. È la donna, quindi, nel caso di embrioni soprannumerari, a decidere della loro sorte. Il valore della genitorialità Un'altra concezione presente nella nostra società è quella che riconosce l'importanza della realizzazione di un progetto di genitoralità superiore ai problemi etici connessi con la riproduzione assistita. È il caso di coppie che si riconoscono nell'ambito dei valori espressi dalla concezione tradizionale della famiglia, accettano l'intersoggettività della generazione umana che non può fare a meno di comprendere anche l'altro protagonista: il figlio, soggetto della procreazione, ma ritengono che la nascita del figlio, mediante le tecniche FIVET, sia un bene superiore ad ogni problema proveniente dalla tecnologia. Il valore della comunione coniugale La visione antropologica di riferimento è quella personalistica, illuminata dalla Rivelazione cristiana: in questo scenario la procreazione e la comunione coniugale superano qualitativamente il concetto meramente biologico della riproduzione-accoppiamento, situando la procreazione umana nell'incontro di due persone orientate alla trasmissione della vita. La presenza attiva del "terzo" nella coppia degli sposi, nel caso di FIVET eterologa, costituisce una evidente violazione della "unità coniugale" ed un'alterazione del rapporto figlio-genitori. Nel caso della FIVET omologa, invece, la dissociazione tra il momento unitivo, che in questa tecnica può non esserci, e il momento procreativo distorce l'intima struttura del procreare umano che, come abbiamo visto, ha il carattere di totalità unificata. 1. Fondamenti di un giudizio morale 4.1. Criteri fondamentali di un giudizio morale9 I valori fondamentali connessi con le tecniche di procreazione artificiale umana sono due: 1. la vita dell'essere umano chiamato all'esistenza 2. l'originalità della sua trasmissione nel matrimonio. Il giudizio morale su tali metodiche di procreazione artificiale dovrà quindi essere formulato in riferimento a questi valori. 4.2. Il rispetto della vita prenatale Secondo la Chiesa nessuno ha autorità di decidere quale essere umano debba essere accolto e amato e quale no; si deve invece riconoscere che ogni uomo, per il solo fatto di essere uomo, non importa in quale stadio della sua esistenza su questa terra si trovi, è amato da Dio come suo figlio e che di lui Dio chiederà conto all’uomo: che ne hai fatto di mio figlio? Rispondendo a questa domanda che sentono risuonare nel profondo della loro coscienza, la Chiesa e il cristiano si pongono a difesa non di propri interessi particolari, ma dell’essere umano, di ogni essere umano, anche di quello abbandonato da tutti e di cui tutti vorrebbero poterne disporre (l’embrione crioconservato, per esempio). La Chiesa non rivendica di poter stabilire, per conoscenza rivelata, quando inizia la vita umana e, quindi, quando si debba iniziare a rispettarne i diritti che le competono; ritiene che 9 Congregazione per la dottrina della fede, Il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione (Donum vitae), 1974, Introduzione n. 4 8 non spetta a nessuno decidere arbitrariamente ciò (questo sì che sarebbe irrazionale!), ma che ognuno debba riconoscere la realtà per quello che è. La decisione della Chiesa, o di altri, non crea la realtà dell’essere umano, questa ci precede e non può che essere riconosciuta. Su quando inizia ad esistere questa realtà tutta particolare per la sua unica dignità, che è l’essere umano, e sui suoi primissimi sviluppi ha certamente molto da dire la scienza biologica e genetica, ma non spetta alla scienza decidere della sua vita e della sua morte. Anch’essa non può che riconoscerla nella sua esistenza. Da qui deriva la posizione della Chiesa circa la questione dello statuto dell’embrione umano e su come debba essere trattato. Il Magistero della Chiesa ha preso in modo esplicito e solenne posizione sulla questione dell’embrione nella Evangelium vitae: “La Chiesa ha sempre insegnato e tuttora insegna, che al frutto della generazione umana, dal primo momento della sua esistenza, va garantito il rispetto incondizionato che è moralmente dovuto all’essere umano nella sua totalità e unità corporale e spirituale: ‘l’essere umano va rispettato e trattato come persona fin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali innanzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita” (n. 60).10 Questa posizione è una conseguenza logica della conoscenza offerta dalla scienza biologica, non una posizione arbitraria della Chiesa. Si potrà certamente discutere che cosa giova di più a questa persona umana nello stadio iniziale della sua esistenza, ma certo non si potrà dire che è compatibile con la fede nel Dio di Gesù Cristo toglierle la vita perché questo fa comodo a un’altra persona o semplicemente per acquisire maggior conoscenza su ciò che succede. La Chiesa non impone a nessuno la propria fede in Dio e in Gesù Cristo, anche se desidererebbe che tutti lo conoscessero e lo amassero (questa è la sua ragione di essere). Circa la vita prenatale essa ricorda con forza che non si può disporre dell’essere umano a piacimento o per interessi particolari di qualcuno. Afferma questo attingendo alla sua visione di fede certamente, ma ciò che sostiene è un valore anche laico: quello dell’essere umano che non può essere usato solo perché risulta utile per altri. La sua argomentazione non è fideistica (“io credo così, quindi…”), ma è centrata sul valore e sulla difesa dell’essere umano all’inizio della sua esistenza. Da quanto detto fin qui, risulta chiaro che il ragionamento che la Chiesa fa non si fonda su presupposti indimostrabili di una fede arbitraria, ma sul valore e sulla dignità della vita umana all’inizio della sua esistenza, che inizia con il concepimento. Si tratta di un ragionamento etico, non di una argomentazione irrazionale di fede, anche se tale conclusione etica è imprescindibile per la fede cattolica. L’argomentazione etica cattolica è prodotta, non negando o rifiutando le conoscenze biologiche che la scienza va offrendo, ma portando tali conoscenze alle logiche conclusioni metafisiche ed etiche. Il ragionamento etico della Chiesa, in modo estremamente sintetico, è: “Se l’embrione che è originato dal concepimento è costituito, come la biologia dimostra, in tal modo e se il suo sviluppo è connotato da queste caratteristiche e qualità intrinseche, che pure la biologia dimostra, allora non si può che trarne la conclusione che questa realtà che si è costituita non è altro che l’essere umano che ha iniziato la sua esistenza su questa terra. Non è un agglomerato qualsiasi di cellule umane vive”. La vita umana quindi è sacra, sempre, e perciò «una volta concepita, dev'essere protetta con la massima cura» (Gaudium et spes, n. 51); «dev'essere rispettata e protetta in modo assoluto dal momento del concepimento» (Santa Sede, Carta dei diritti della famiglia, 1983, art. 4). Tale posizione è poi rinforzata dalla tradizione della teologia morale, che ha sempre ritenuto la sola probabilità di trovarsi di fronte a una persona il dovere del massimo rispetto. Scrive a tale riguardo Giovanni Paolo II nell’Enciclica Evangelium vitae: 10 La stessa posizione era stata presa nella Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum vitae, 22.02.1987 9 «Tale è la posta in gioco che, sotto il profilo dell’obbligo morale, basterebbe la sola probabilità di trovarsi di fronte a una persona per giustificare la più netta proibizione di ogni intervento volto a sopprimere l’embrione umano» (n. 60) La diagnosi prenatale La diagnosi prenatale è la diagnosi compiuta in un periodo determinato dello sviluppo fetale, sul feto stesso, per accertare se questo e affetto da malformazioni o difetti che possono influire sulla sua vita futura. Il problema etico, connesso a questa prassi di esami genetici, è quello dell'aborto selettivo: si sa, infatti, che una risposta positiva sulla esistenza di una malattia di origine genetica, stante l'attuale legalizzazione dell'aborto volontario, dà luogo, molto frequentemente, anche se non necessariamente, alla diffusione dell'aborto selettivo. Partendo dal riconoscimento della dignità del feto considerato nella sua realtà di soggetto umano, anche quando esso si presenta portatore di una malformazione o di una malattia (anzi in questo caso avrebbe diritto ad una maggiore protezione e aiuto), il Documento della Congregazione per la dottrina della fede afferma la liceità morale della diagnosi prenatale quando è orientata alla sua salvaguardia o alla sua guarigione, ma essa è «gravemente in contrasto con la legge morale quando contempla l'eventualità in dipendenza dei risultati, di provocare l'aborto»11. La ricerca e la sperimentazione sugli embrioni e sui feti umani Il problema della sperimentazione è venuto a porsi in maniera più acuta in questi ultimi tempi per le denunce pubbliche sul traffico di feti abortiti sia a fine di uso industriale per la produzione di cosmetici sia come materiale biologico "disponibile" per la sperimentazione e la ricerca. Nella valutazione morale del problema non facciamo distinzione tra embrioni e feti, dato che si tratta sempre della vita di un essere umano cui va riconosciuta la dignità di persona umana. Le distinzioni più rilevanti da un punto di vista etico sono quelle riguardanti il fine degli interventi (di pura sperimentazione, di sperimentazione terapeutica, o di prelievo di tessuti per la cura di altre persone malate) e la condizione vitale del feto (se vivo o morto, morto per aborto spontaneo o per interruzione volontaria della gravidanza). Inoltre bisogna tenere presente l'entità del rischio per gli embrioni vivi. Il documento della Congregazione prende in considerazione i seguenti casi: 1. interventi intrauterini a scopo terapeutico: tali interventi devono essere garantiti da tre condizioni essenziali: che siano rischiesti da seri e proporzionati motivi, e non possano essere rinviati a dopo la nascita con prospettive di migliori condizioni di eseguibilità; che non si verifichi un grave rischio né per la vita né per l'integrità fisica del feto o della madre; che i genitori diano il loro consenso informato, veramente libero e responsabile. 2. interventi di pura sperimentazione scientifica: tali interventi, considerata la dignità del feto e dell'embrione umano, sono da considerarsi illeciti. "Nessuna finalità, anche in se stessa nobile... può in alcun modo giustificare la sperimentazione sugli embrioni o feti umani vivi, viabili e non... Usare l'embrione umano, o il feto, come oggetto o strumento di sperimentazione rappresenta un delitto nei confronti della loro dignità di esseri umani... La prassi di mantenere in vita degli embrioni umani, in vivo o in vitro, per scopi sperimentali o commerciali, e del tutto contraria alla dignità umana" 12. 3. sperimentazioni sui feti umani abortiti: per la loro liceità si richiedono le seguenti condizioni: l'accertamento della morte (altrimenti varrebbero le norme indicate sopra circa 11 12 Congregazione per la dottrina della fede, ib., n. 13 Congregazione per la dottrina della fede, ib., pag. 15 10 gli interventi intrauterini); il consenso da parte della donna, il rispetto del cadavere (deve essere esclusa ogni forma di speculazione o di commercializzazione); un ragionevole e prevedibile vantaggio da tali ricerche sul piano umano, in vista dello studio di malattie. 4. prelievo di tessuti fetali a scopo di trapianto: tale prelievo può essere eseguito - come sembra che di fatto già avvenga - al fine di un trapianto su persone affette da malattie non altrimenti trattabili. Il vantaggio dei tessuti fetali rispetto a quelli di adulti sembra essere che, trattandosi di tessuti in fase di rapido sviluppo cellulare, avrebbero migliore esito terapeutico, e inoltre non sarebbero suscettibili di reazioni immunitarie di rigettoincompatibilità. Occorre anche qui distinguere: se si tratta di prelievi su feti vivi, e con il rischio di grave danno o di morte del feto, è evidente la illiceità, se si tratta di feti morti i tessuti non sono normalmente adatti al trapianto, a meno che il prelievo non avvenga nei primissimi istanti. Ma il rischio è che si ricerchino il più possibile tessuti non alterati, capaci di rigenerarsi e quindi non si rispetti più la vita del feto. Qualora ciò si verificasse sarebbe d'obbligo l'obiezione di coscienza. La protezione degli embrioni dovrebbe essere portata avanti - è questa la terza parte del citato documento della Congregazione - anche dalla normativa e dalla legge: risulta strano che non esistano leggi a protezione della vita degli embrioni umani, quando ne esistono per la protezione degli animali e per l'esecuzione di autopsie sui cadaveri! Altre forme di manipolazione genetica Le tecniche di fecondazione in vitro possono aprire la possibilità ad altre forme di manipolazione genetica o biologica degli embrioni umani quali: i tentativi o progetti di fecondazione tra gameti umani e animali e di gestazione di embrioni umani in uteri animali; l'ipotesi o il progetto di costruzione di uteri artificiali per l'embrione umano. «Questi procedimenti sono contrari alla dignità di essere umano propria dell'embrione e, nello stesso tempo, ledono il diritto di ogni persona di essere concepita e di nascere nel matrimonio e dal matrimonio. Anche il tentativo o le ipotesi volte a ottenere un essere umano senza alcuna connessione con la sessualità mediante "fissione gemellare", clonazione, partenogenesi, sono da considerare contrarie alla morale, in quanto contrastano con la dignità sia della procreazione umana sia dell'unione coniugale»13. Lo stesso congelamento degli embrioni, anche se attuato per garantire una conservazione in vita dell'embrione - crioconservazione - costituisce un'offesa al rispetto dovuto agli esseri umani, in quanto li espone a gravi rischi di morte o di danno per la loro integrità fisica, li priva almeno temporaneamente dell'accoglienza e della gestazione materna e li pone in una situazione suscettibile di ulteriori offese e manipolazioni. Alcuni interventi sul patrimonio cromosomico o genetico che mirano alla produzione di esseri umani selezionati secondo il sesso o altre qualità prestabilite, sono contrarie alla dignità personale dell'essere umano, alla sua identità e alla sua integrità. 5. Valutazione morale circa gli interventi sulla procreazione 5.1. La fecondazione artificiale Per la valutazione morale di questo problema bisogna tenere presente lo scopo che si vuole perseguire, i metodi che si usano le tecniche che vengono impiegate. Il problema si pone poi in maniera distinta a seconda che si tratti di fecondazione artificiale omologa fecondazione artificiale eterologa la natura e alla struttura della procreazione umana nella famiglia. 13 Congregazione per la dottrina della fede, ib., pag 17. 11 Per una corretta impostazione del problema da un punto di vista morale è utile richiamare alcuni principi generali sulla procreazione umana. La procreazione è un atto personale e coniugale La procreazione non e un fatto puramente biologico, ma e un atto "personale" e "coniugale": la procreazione cioè, per essere umana, esige che sia un atto che coinvolge liberamente e responsabilmente la totalità delle singole persone dei coniugi in maniera esclusiva. La procreazione è compito essenziale, esclusivo, personale delle persone dei coniugi, i quali vi sono chiamati a partecipare con il dono totale del proprio essere personale: corpo, cuore e spirito. La componente biologica viene a iscriversi nella totalità della persona e nella componente psicologica e spirituale e viceversa. Staccare nella procreazione la componente biologica da quella affettiva e spirituale equivale a produrre una innaturale divisione nella persona e nell'atto sessuale, che esprime il dono coniugale, significa staccare la vita dall'amore. È questo uno dei punti chiave di riferimento. Non si dà persona che non sia corpo, psiche e spirito; non si dà esercizio umano e personale della sessualità che non coinvolga corpo, psiche (cuore), spirito; non si dà, inoltre, atto sessuale moralmente onesto e retto che non sia iscritto nella coniugalità e nel dono reciproco e unitotale delle persone. Fecondazione omologa Ora, per quanto riguarda la fecondazione artificiale omologa, occorre distinguere ulteriormente tra "fecondazione artificiale propriamente detta" e fecondazione artificiale "impropriamente detta". Quest'ultima si verifica quando, a seguito dell'atto coniugale, viene messo in atto un aiuto tecnico, perché il seme possa unirsi all'ovulo e attuarsi così la fecondazione. Questo tipo di fecondazione non presenta controindicazioni o difficoltà di ordine morale, perché si tratta di aiuto terapeutico e integrativo rivolto a far si che tale atto, in sé completo in tutte le sue componenti (fisiche, psichiche e spirituali), possa avere effetto positivo. La fecondazione artificiale "propriamente detta" si verifica invece quando il seme è prelevato in modo distinto dall'atto coniugale fecondante. In questo caso il mezzo tecnico non mira a facilitare l'atto coniugale o ad aiutarlo a raggiungere i suoi obiettivi naturali, ma si sostituisce ad esso. Sta qui, secondo il magistero della Chiesa, il motivo della sua illiceità: «L'inseminazione artificiale sostitutiva dell'atto coniugale è proibita in ragione della dissociazione volontariamente operata tra i due significati dell'atto coniugale. La masturbazione, mediante la quale viene normalmente procurato lo sperma, è un altro segno di tale dissociazione; anche quando è posto in vista della procreazione, il gesto rimane privo del suo significato unitivo: "gli manca... la relazione sessuale richiesta dall'ordine morale oggettivo, quella che realizza, "in un contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e della procreazione umana». Fecondazione eterologa A queste ragioni, nel caso di fecondazione artificiale eterologa si aggiunge anche la separazione in termini personali tra chi vive il matrimonio e chi realizza la procreazione: si attua un nuovo tipo di famiglia non più monogamica, ma sui generis, "plurigenitoriale". Le conseguenze di questa tecnica vanno viste anche in relazione al figlio che dovrà sapere e accettare questa situazione anomala; il figlio dal punto di vista psicologico dovrà compiere una difficile "identificazione" con il padre. Oggi si stanno tentando formulazioni giuridiche appropriate per l'attribuzione di paternità, il segreto del donatore e la normativa commerciale sul seme. Rimane comunque dubbia la legittimità di una disposizione che copra con il segreto la vera paternità del figlio. Ogni cittadino ha diritto, e questo diritto in molti Stati viene esplicitamente riconosciuto, di sapere chi sono i suoi genitori. C'è, poi, da registrare da un punto di vista psicologico la possibilità che si instaurino dei conflitti intraconiugali a livello incoscio specialmente nel padre "putativo", il quale sa che è padre soltanto dal punto di vista giuridico-affettivo, ma non lo è dal punto di vista biologico; e per questo fatto egli si viene a trovare anche in una posizione disomogenea in rapporto al 12 figlio in confronto con la madre: questo fatto si può riflettere anche nel rapporto tra i due sposi, non ugualmente genitori rispetto al figlio. Per questa strada della donazione del seme e delle "banche del seme" si insinua anche la tendenza eugenistica per l'acquisizione di "seme selezionato". Altra complicazione di carattere etico e giuridico è costituita dal fatto che la fecondazione artificiale eterologa può dar luogo a più figli consanguinei da parte di padre. Il rischio è che non si possa più riconoscere la paternità delle future generazioni, non quella giuridica, ma quella genetica, e perciò si possono avere matrimoni di consanguinei, con conseguenze di carattere ereditario facilmente deducibili. 5.2. La fecondazione in vitro e l'embryotransfer (FIVET) La valutazione morale della FIVET procede da due fondamentali esigenze relative alla procreazione umana: la prima è che sia salvaguardata la vita dell'embrione, la seconda è che la procreazione sia il risultato dell'unione e del rapporto personale dei coniugi legittimi. Embrioni sovranumerari Ora, per quanto riguarda la salvaguardia della vita dell'embrione umano nella FIVET esistono delle difficoltà, almeno nelle metodiche attualmente impiegate. Infatti, in genere, si procede alla fecondazione di più embrioni, perché la percentuale di annidamento è molto bassa (1 o 2 su 10) e perciò, per garantirsi la riuscita, ci si provvede di più embrioni a disposizione per poter ripetere il tentativo in caso di insuccesso. Il cosiddetto "surplus" rappresenta un problema etico e giuridico: può essere eliminato o utilizzato per la sperimentazione e il reimpianto su altra donna. Una procedura che si va sviluppando in alcuni laboratori è quella di congelare l'embrione fecondato per evitare la difficoltà di sincronizzare la fecondazione in vitro con la preparazione della donna. Da un punto di vista morale è chiaro che la eliminazione programmata o la soppressione attraverso l'esperimento è gravemente illecita: costituisce infatti soppressione di un essere umano, come nella interruzione volontaria della gravidanza. Né vale, a giustificazione di questa distruzione di embrioni umani, il fatto che anche nella fecondazione naturale avvengono molti mini-aborti, subito dopo la fecondazione e prima dell'impianto o subito dopo l'impianto, per anomalie e incompatibilità. Un conto è infatti la morte naturale e un conto è la morte inflitta dall'uomo. Se il ragionamento suddetto fosse valido, allora lo si potrebbe applicare a molti altri casi. Né può valere la motivazione che questa perdita di embrioni è soltanto un fatto temporaneo; quando le tecniche saranno migliorate, si ridurrà questo rischio al normale tasso di rischio esistente per ogni atto terapeutico. Si tratta evidentemente di un ragionamento di tipo efficientista: per raggiungere una tecnica migliore intanto si utilizza una tecnica responsabile di morte: l'essere umano non può mai essere trattato come cosa o come strumento, ma deve essere considerato sempre come "fine". Il rapporto personale tra i coniugi Per quanto riguarda la seconda esigenza etica va rilevato che la fecondazione in vitro, anche quando è omologa, dissocia la dimensione unitivo-affettiva dell'atto coniugale dalla dimensione procreativa e fisica. Nella costituzione della coniugalità, nella struttura e nella fenomenologia, o linguaggio, come si usa dire, della sessualità umana si realizza questo fatto: l'atto sessuale simultaneamente unisce gli sposi (fisicamente, affettivamente, cioè in quanto "persone") e li apre alla possibilità procreativa. La disgiunzione del momento unitivo da quello procreativo equivale a rompere l'unità di amore e vita dell'atto coniugale. La Dichiarazione della Congregazione termina la riflessione morale sulla fecondazione in vitro ricordando che "pur non potendo essere approvata la modalità con cui viene ottenuto il concepimento umano nella FIVET, ogni bambino che viene al mondo dovrà comunque essere accolto come un dono vivente della Bontà divina e dovrà essere educato con amore". Maternità sostitutiva 13 Il documento vaticano si domanda anche se sia "moralmente lecita la maternità sostitutiva”, e motiva la propria risposta negativa affermando che tale tecnica "è contraria all'unità del matrimonio e alla dignità della procreazione della persona umana". "La maternità sostitutiva continua il documento - rappresenta una mancanza oggettiva di fronte agli obblighi dell'amore materno, della fedeltà coniugale e della maternità responsabile; offende la dignità e il diritto del figlio ad essere concepito, portato in grembo, messo al mondo ed educato dai propri genitori: essa instaura, a detrimento delle famiglie, una divisione fra gli elementi fisici, psichici e morali che le costituiscono". 14