www.gliamicidellamusica.net
Pubblicato il 29 Giugno 2014
Esplode la gioia di vivere al Ravenna Festival sul prato di Palazzo San Giacomo
La notte della Taranta
servizio di Athos Tromboni
RUSSI (RA) - Si torna sempre volentieri a Russi, in via Carrarone Rasponi, nel prato di Palazzo San
Giacomo, sotto le rive pensili del fiume Lamone. Ogni anno Ravenna Festival propone qui, nei mesi di
giugno e luglio, alcuni appuntamenti con la "musica popolare", mentre - per lo stesso Festival - altri
luoghi (location , si dice oggi nello slang anglofono entrato prepotentemente nel dizionario della lingua
italiana) sono destinati ad accogliere la "musica forte" (direbbe il musicologo Quirino Principe, che
propone questa definizione per la musica classica e comunque di ambito conservatoriale o
accademico; per distinguerla dalla musica altra, quella commerciale).
Ma stavolta, sul prato di Palazzo San Giacomo, la contaminazione fra "musica forte" e musica altra ha
scardinato le definizioni di genere, diventando musica. Solo e semplicemente musica. Erano in
pedana, sabato 28 giugno 2014, l'Orchestra Popolare La Notte della Taranta, salentina, regione Puglia, guidata e concertata
da Giovanni Sollima, regione Sicilia, violoncellista virtuoso e compositore di "musica forte".
Nella presentazione del concerto il maitre-a-penser di Ravenna Festival, Franco Masotti, ha detto dal palco che
l'appuntamento annuale di Palazzo San Giacomo rappresenta ormai la "piccola Woodstock italiana" e poi, correggendosi per
via di qualche risatina venuta dal numeroso pubblico, ha chiosato: «Ho esagerato? Allora diciamo... la piccola Woodstock
romagnola». Applausi.
Sì, perché di Romagna era piena la serata. A cominciare dallo stand gastronomico gestito, col volontariato, dalle
associazioni sportive di Russi; qui venivano distribuiti cappelletti, piadina con salsiccia o prosciutto, patatine fritte, bevande; a
prezzi concorrenziali con i McDonald's ma a sapori e qualità decisamente più caserecce. Ecco un esempio di romagnolità, da
raccontare come proverbiale aneddoto: una signora facendo l'ordinazione alla cassa dello stand chiedeva «quattro piatti di
tortellini» e il rubicondo cassiere della polisportiva con un sorriso meravigliato rispondeva replicando: «Tortellini?
Cappelletti!!! Siamo mica a Bologna qui!».
Romagna piena, nello staff. Romagna mista a decine di altre regioni nel pubblico presente, giunto dall'Emilia, dalla
Lombardia, dal Veneto, dalle Marche e finanche dalla Puglia. Uno spettacolo di folla decisamente suggestivo, allegro e
rallegrante.
Dopo la breve prolusione del maitre-a-penser di Ravenna Festival, ecco salire sul palcoscenico l'orchestra e poi irrompere
Giovanni Sollima col violoncello amplificato. Il compositore-direttore con la sua cavata dava l'attacco all'orchestra e ai quattro
violoncelli di sostegno. Era un prologo di una cinquina di minuti che forse non c'entra con la Taranta, forse è una sua
composizione certo ispirata alla pizzica, ma chiaramente influenzata dal Sollima compositore di "musica forte" che non ha
mai negato, anzi le ha esaltate, influenze arabe e klezmer sulla propria sensibilità d'artista. Poi, come in una magica
ouverture di Mozart, la melodia amplificata e il ritmo degli archi sono confluiti nella Taranta di tutta l'orchestra; e il canto di
Alessandra Caiulo, Stefania Morciano, Alessia Tondo, Massimiliano De Marco e Piero Balsamo hanno impregnato
l'atmosfera d'ambiente salentino.
La gente era seduta sul prato, di fronte al palco, altra si sistemava sulla tribunetta distante una cinquantina di metri; terminato
il pezzo d'introduzione proprio Balsamo, brandendo il microfono, esortava: «Che fate lì seduti? La taranta si balla! È musica
per ballare! Su in piedi, tutti a ballare!». Era il segnale che ci voleva: il prato ha cominciato a ballare, cioè la gente sul prato, e
la serata è diventata una grande festa popolare.
Ritmi scatenati per la pizzica, dove ognuno ballava liberamente da solo, o in coppia, o in gruppo. L'allegria era effervescente.
Poi alle canzoni più moderate, quelle dove il significato è poetico e intimo piuttosto che tellurico, tutti (o quasi tutti, salvo una
dozzina di giovani maleducati insinuatisi in prima fila perché ultimi arrivati, ostinatamente rimasti in piedi nonostante gli inviti
di chi stava dietro: «Seduti! Seduti! Seduti così possiamo vedere tutti!») di nuovo assisi sul prato come fosse una pausa di
riflessione spirituale, quindi di nuovo in piedi a ballare appena il ritmo s'incendiava. Si andava dalla pizzica sul tempo
musicale di Fimmane fimmane, alla discodance sul tempo della Indiavolata, dalla tarantella sul tempo della Pizzica di
Galatone, al sirtaki sul tempo della Kalinifta
In conclusione: è significativo ciò che ha scritto il critico musicale Osvaldo Scorrano sul programma di sala di Ravenna
Festival: «Un rito collettivo al quale è impossibile sottrarsi e che in continuazione vede aumentare il numero dei "pizzicati"; il
morso del ragno contagia indistintamente uomini e donne nel nome della musica, della danza e del ritmo frenetico. E nel
tripudio di mani che si cercano e tendono verso il cielo, di corpi che si inarcano, di passi che si incrociano, di balze di gonne
che svolazzano, viene spontaneo dire alla salentina: "E allora ballati"»
Crediti fotografici: Maurizio Montanari per Ravenna Festival
Nella miniatura in alto: il violoncellista-compositore Giovanni Sollima