Da Darwin a Gerald Edelman: biologia ed epistemologia.
Diceva Leonardo da Vinci: “O speculatore delle cose, non ti accontentare delle cose che la natura di
per sé ti offre, ma rallegrati del disegno della mente tua”. In questa affermazione c’è tutta la storia
della scienza, dalla prima rivoluzione scientifica rivolta a cercare attraverso la costituzione di una
unica teoria le cause dei fenomeni a quella della seconda rivoluzione incentrata sulla pluralità delle
teorie (disegni della mente tua) per spiegare lo stesso fenomeno sempre più in profondità. La terza
rivoluzione scientifica, che si può far risalire al 1954 con la scoperta del DNA, invece si caratterizza
nel cercare di comprendere la struttura del ‘disegno’, cioè le forme strutturali della conoscenza del
reale e le modalità dell’esperirne senso e significati; a partire dagli ’50 del ‘900 si sviluppano le
cosiddette ‘scienze cognitive’ o ‘scienze della cognizione’ con l’obiettivo di capire come noi esseri
viventi conosciamo la realtà, come pensiamo. In tale contesto si sviluppano le neuroscienze, quelle
scienze che studiano le strutture del cervello sulla scia del programma di ricerca, già avviato da
Descartes che nel ‘600 pose il problema dei rapporti fra res cogitans e res extensa; non a caso la
neurofisiologia nasce con Descartes, ma si sviluppa nel ‘900 e soprattutto in questi ultimi anni.
Sorgono diversi ‘disegni’ di natura cognitiva sia all’interno di discipline già esistenti (psicologia,
linguistica, intelligenza artificiale, antropologia, etologia, sociologia, ecc.), sia ‘disegni’ basati sulla
struttura biologica del funzionamento della mente (neuropsicologia, neurobiochimica,
neuroinformatica, neurogeometria, neurolinguistica, neuroeconomia); tutto questo ha portato a
definire le neuroscienze ‘scienze della mente’ per cercare di spiegare la natura del ‘mentale’, i
meccanismi a monte dei processi mentali. Tutto questo oggi rientra nella cosiddetta filosofia della
mente, perché tutte queste scienze ‘cognitive’ cercano di dare delle spiegazioni scientifiche a temi
tipicamente filosofici: il pensiero, il linguaggio, percezione, appercezione, immaginazione, ricordo,
coscienza, autocoscienza, la psiche, la memoria, l’identità, l’unicità, l’intenzionalità, libertà. Le
neuroscienze cercano di spiegare come dalla materia nasce il pensiero, come l’organizzazione della
materia porta alla pluralità di fatti coscienti, come il bios si trasforma in logos, come si forma il
nostro io e come io percepisco sapori, odori, piaceri, emozioni (detti qualia), come viene a formarsi
la nostra unicità.
Le neuroscienze sono scienze cognitive perché da un lato ci chiariscono come conosciamo il reale,
come elaboriamo continuamente quelle kantiane ‘sintesi a priori’, e dall’altro sono le basi per
arrivare a comprendere come da queste conoscenze (coscienza cognitiva) arriviamo
all’autocoscienza, l’elemento più umano dell’uomo. Le neuroscienze sono scienze autenticamente
kantiane, ‘trasudano’ filosofia, affrontano problemi filosofici, distruggono i vecchi ‘ismi’ della
filosofia (materialismo, spiritualismo, naturalismo, culturalismo, storicismo, monismo, dualismo,
ecc.); ecco perché oggi si parla di ‘terza cultura’ nel senso che risultati provenienti da discipline
differenti interagiscono senza ridursi gli uni agli altri, nel senso che “il cervello che agisce è un
cervello che comprende” (G. Rizzolatti, So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio,
Milano, Cortina, 2006).
Nel cervello, dice Edelman (Sulla materia della mente, Milano Adelphi, 1998), gli schemi cognitivi
e sintattici sono immediatamente schemi che si autotrascendono producendo significati; ogni atto
cognitivo è un atto di comprensione e questo è alla base dei processi di autocoscienza, che Edelman
spiega ricorrendo alla teoria della selezione darwiniana, attraverso quel processo di selezione dei
neuroni; tale darwinismo neurale spiega da un lato la plasticità delle strutture del cervello e
dall’altro l’unicità di ognuno di noi che emerge tramite quel processo di selezione neurale che porta
al ricordo, all’immaginazione, alla storicità. Quindi unità della cultura e unicità di ognuno di noi
sono ormai punti fermi nel panorama filosofico-scientifico di questi ultimi anni.
GERALD EDELMAN, Sulla materia della mente
Edelman cita una frase del fisico James Clerk Maxwell: “Le uniche leggi della materia sono quelle
che la nostra mente deve architettare e le uniche leggi della mente sono architettate per essa dalla
materia”.
Dopo Darwin, di fronte a organizzazioni biologiche di tipo particolare, i biologi sono portati a
chiedersi in quale modo l’evoluzione abbia potuto dar loro origine. Il cervello e la mente non fanno
eccezione. Perciò vorremmo sapere qualcosa del modo in cui, nel corso dell’evoluzione, emersero
le strutture cerebrali alla base della mente. Soprattutto, si vuole conoscere come operino tali
strutture; qui vengono alla ribalta i progressi compiuti dalle neuroscienze. Le neuroscienze
completano, infatti, il programma di Darwin: come dalla morfologia si passa agli stati mentali. Nel
corso dell’evoluzione i corpi pervennero ad avere menti. Occorre reintegrare la mente nella natura.
Siamo ora in grado di usare le nostre conoscenze di biologia, di psicologia e di filosofia per
postulare una teoria della conoscenza che sarà parte essenziale di una teoria del funzionamento del
cervello. Le categorizzazioni concettuali sono estremamente eterogenee e generali. La
concettualizzazione (sintesi a priori kantiana) implica una mescolanza di relazioni concernenti il
mondo esterno, i ricordi e il comportamento passato. Nella formazione dei concetti, il cervello
costruisce delle mappe delle proprie attività, non solo di stimoli esterni come nella percezione. Le
aree cerebrali deputate alla formazione dei concetti contengono strutture (schemata alla maniera
kantiana) che categorizzano, discriminano e ricombinano dando luogo a mappe globali di tipi
diversi.
Lo sviluppo di schemi mentali richiede sempre le autoelevazioni di ordine superiore che sono
necessarie per la coscienza. Il pensiero avviene in termini non di logica, ma di schemi sintetici; per
questa ragione esso può sempre arrivare a trascendere le relazioni sintattiche o meccaniche. La
teoria del darwinismo neurale. Le teorie esistono per consentirci di formulare teorie migliori. La
fisica e le neuroscienze si uniranno in una comprensione più profonda del rapporto tra i principi
della simmetria e quelli della memoria. La tensione armoniosa tra queste due discipline consentirà
di capire non soltanto il mondo, ma anche gli osservatori umani e il posto che essi vi occupano.
Attraverso la memoria, nei processi cerebrali la rappresentazione formale diventa rappresentazione
intenzionale. La variabilità di strutture e delle funzioni del sistema nervoso, lo sviluppo delle
connessioni anatomiche cerebrali in dipendenza da correlazioni con eventi del mondo si
trasformano in intenzionalità significative. La memoria neurale non ha natura rappresentazionale e
deriva da modificazioni strutturali del cervello: processi di richiamo e processi rientranti continui
sono continue ricategorizzazioni creative (a priori sì, ma storici) che portano alla coscienza di sé,
all’autocoscienza. Per spiegare l’unicità del momento coscienziale, ricorro a tre metafore: nucleo
dinamico, il parlamento, il ghiacciao contro le visioni computazionali del cervello.
La coscienza è un nucleo dinamico, cioè solo un sottoinsieme di gruppi neurali contribuisce
direttamente all’esperienza cosciente in un dato momento. La mente non è un teatro dove ogni
attore ha una parte fissa, ma una spirale dai contorni ‘fuzzy’: il nucleo dinamico e visualizzato da un
sistema di molle accoppiate e in tensione dove ogni perturbazione si propaga sull’intero sistema.
La scoperta dei neuroni a specchio negli anni ’90 ha confermato in parte la teoria globale della
mente di Edelman, come dice Rizzolatti:
Nel cervello tutti i movimenti non sono meri movimenti, ma diventano atti dove prende corpo la
nostra esperienza dell’ambiente che ci circonda e dove le cose assumono per noi significato. Il
cervello che agisce è un cervello che comprende; questo tipo di comprensione si riflette anche
nell’attività dei neuroni specchio. Dagli atti più elementari e naturali (afferrare il cibo con la mano o
la bocca) a quelli più sofisticati (come suonare a pianoforte o una pièce teatrale), i neuroni specchio
consentono al nostro cervello di correlare i movimenti osservati a quelli propri e di riconoscerne il
significato; nello stesso tempo questo ci fa comprendere cosa fanno gli altri solo in base ai
movimenti propri, le reazioni emotive degli altri, come i neuroni specchio dell’empatia (2001).
Il cervello non si accontenta di subire l’insieme degli avvenimenti sensoriali del mondo circostante,
ma al contrario interroga il mondo un funzione dei suoi presupposti. Il cervello filtra le informazioni
date dai sensi in funzione dei suoi progetti. I meccanismi di questa selezione devono ancora essere
compresi.
La chiarificazione della natura e della portata del meccanismo dei neuroni a specchio sembra ora
offrirci una base unitaria a partire dalla quale cominciare ad indagare i processi cerebrali
responsabili di quella variegata gamma di comportamenti che scandisce la nostra esistenza
individuale e in cui prende corpo la rete delle nostre relazioni interindividuali e sociali.
Il sistema dei neuroni a specchio, indipendentemente dai circuiti neurali in cui si trova immerso,
determina l’insorgenza di uno spazio d’azione condiviso. V. Gallese, Neuroscienza delle relazioni
sociali, 2006
Tale sistema multiplo di condivisione permette di esprimere possibilità incorporate di interazione:
le rappresentazioni non sono state originate con uno specifico valore semantico, ma sono il risultato
posteriore della riorganizzazione funzionale di processi originariamente selezionati per uno scopo
diverso (rapporto dinamico tra un sistema aperto come l’organismo vivente e l’ambiente). Questo
scenario può essere incorniciato all’interno del concetto di exattazione (exaptation): l’emergenza di
nuove abilità (comportamentali, mentali) che si sviluppano sfruttando in modo totalmente nuovo
risorse già selezionate per altri scopi.
VON KLEIST: ci sono due tipi di persone. Chi pensa con i numeri e chi pensa con le metafore. Ma
le persone che pensano sia con i numeri e sia con le metafore, sono poche, ma hanno cambiato il
mondo.
Il fondamento della conoscenza è il processo stesso della conoscenza..
La coscienza si può spiegare ricorrendo ad una metafora basata sull’eccedenza della musica rispetto
ai segni che la compongono; la coscienza, come il fatto musicale, è diffusa tra il corpo e il mondo in
un gioco di rimandi multipli e di circolarità, in cui siamo insieme interpreti, ascoltatori ed
esecutori.
La mente non è dentro la testa, è un fenomeno sistemico ed evolutivo, elabora sempre nuove
strategie, allarga continuamente i propri domini di significato e così mantiene in vita quella
tautologia conoscenza-vita, dove tautologia significa fare emergere novità impreviste che prendono
forma di creazione dei mondi: in questa creazione di mondi si (con)fondono, filosofia, arte e
scienza (Musil, Dostoieskij, ecc.).
MUSIL: L’uomo deve la sua unicità alla capacità di pensare le alternative