ANTROPOLOGIA FILOSOFICA A cura del Prof. Alfredo Nazareno d’Ecclesia Il tipo di sguardo conoscitivo, filosofico, sulla realtà si è sviluppato spontaneamente tra i Greci del VII sec. a. C., dove ad opera di Talete di Mileto la realtà tutta, fino ad allora rappresentata in termini mitologici o pratico-religiosi, fu investita da un interrogativo originale e radicale, che chiedeva quale fosse l’αρχή πάντων (=archè pànton) ovvero il principio di tutte le cose, da cui scaturiva l’ordine razionale dell’universo. Origine della filosofia I Come mai si è sviluppato un tale investimento conoscitivo, filosofico, della realtà? Evidentemente, non del tutto soddisfacente risultava la forma in cui l’energia vitale dell’istinto di potenza, che nei viventi presiede tanto alla conoscenza quanto all’azione, si era fino a quel momento configurata negli uomini, conducendo Talete ad osservare le stelle, misurare i terreni ed esprimere massime morali. Origine della filosofia II Platone e Aristotele tentarono di rispondere alle domande: come e dove è nata la filosofia? Essi cercarono di indagare quale impulso determini nell’essere umano l’origine di tale passione; per entrambi il fenomeno deriva dalla meraviglia. L’essere umano non accetta il mondo come questo gli si presenta, ma ne indaga le cause, cercando le ragioni di un determinato fenomeno o di un determinato oggetto, per vedere oltre le apparenze e capire qual è il senso dell’esistenza. Origine della filosofia III Proprio un tale senso di insoddisfazione spinse a un vissuto, quale è la meraviglia, in greco: θαυμάζειν (=thaumàzein) e a trarre, riflessivamente, una modalità di intenzionamento conoscitivo mai vista prima: quella che si interroga sul principio di tutte le cose e mira a descriverle secondo un ordine plausibile, in cui ognuna abbia il suo posto all’interno di un senso complessivo, elaborando una rappresentazione simbolica della totalità dell’essere. Origine della filosofia IV Gli interrogativi di base della filosofia sono, secondo Platone, le categorie del bene, del bello, del vero. Al loro interno si rispecchia la natura di ogni essere. Il Bene è raffigurato come origine di tutte le idee, collocata al di sopra di esse, dalla quale queste traggono esistenza e valore e con esse il mondo intero. La posizione del Bene nell’ambito dell’intelligibile è paragonata a quella del sole nell’ambito del visibile. Nel “Filebo”, Platone descrive la bellezza ( ) come un preludio sensibile del “Bene” inaccessibile, quasi si trattasse del “portico” della casa del “Bene”. Nel “Fedro” egli parla del “Bello” () come di un’idea corporea, l’unica tra le idee che ebbe in sorte il privilegio di rendersi visibile ai mortali per poter essere da loro ardentemente amata. Aristotele rifiuta la teoria platonica delle “Idee”, il bene è oggetto della volontà e il piacere delle passioni; il bello interessa le facoltà conoscitive ed è un piacere suscitato. PLATONE E ARISTOTELE «Chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non sapere; ed è per questo che anche chi ama il mito è,in certo qual modo, filosofo. Il mito, infatti, è costituito da un insieme di cose che destano meraviglia. Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall’ignoranza, è evidente che ricercano il conoscere solo al fine di sapere». Aristotele (Met., A, 2, 982b 15). La meraviglia La filosofia parte come apertura della ragione sulla realtà e come desiderio di adesione a essa. «Essa è la scienza che conosce il fine per cui vien fatta ogni cosa; e il fine di ogni cosa, è il bene e nella natura tutta, il fine è il sommo bene». Aristotele (Met., A, 2, 982b, 5). Fino al XX secolo, la filosofia si è occupata dell’uomo considerandolo un essere tra gli altri, seppure particolare e perciò applicandosi soprattutto a riscontrare in lui fattori già analizzati e descritti in sede di trattazione generale dell’essere. Antropologia e filosofia Che cos’è l’Antropologia filosofica? Approccio storico - filosofico L’espressione italiana antropologia filosofica è una locuzione costituita da due parole greche: άνθροπος + λόγος = ànthropos + lògos φίλος+σωφία = Fìlos + sophìa Definizione dell’Antropologia Ànthropos significa «uomo»; Lògos indica pensiero, discorso, razionalità nella doppia accezione di : a) attività propria dell’essere umano, è usato nelle lingue moderne come sinonimo di ragione; b) significato metafisico che consiste nell’originaria identificazione con l’essere. Logos ed essere costituiscono un legame: il tutto raccolto in unità, da cui resta fuori solo il non essere, ossia l’illogico; Definizione dell’Antropologia 2 phìlos significa «amico» e perciò rimanda a un atteggiamento di tensione amorosa partecipativa (philìa), come quella propria dell’amicizia, piuttosto che alla brama di possesso erotico; sophìa indica la virtù dianoetica (= riflessione) suprema ovvero la sapienza. Nella filosofia di Aristotele sono le virtù proprie dell’intelletto umano (noùs) che può giungere a elevarsi fino a contemplare, sia pure solo per breve tempo, ciò che è ultimo ed eterno, il divino. Definizione dell’Antropologia 3 L’oggetto dell’antropologia filosofica è lo studio filosofico dell’uomo, in altre parole lo studio della sua essenza, per trovare una risposta alla domanda: chi è l’uomo? preso nell’unità e nella globalità del suo esistere e della sua natura. OGGETTO Dell’ANTROPOLOGIA FILOSOFICA I Greci diedero all’essere umano il nome di ànthropos per il fatto che esso, sollevatosi dalla terra, guarda in alto, per contemplare il proprio artefice. A questo allude il poeta Ovidio quando dice:«Mentre gli animali tutti guardano la terra,/all’essere umano concesse viso sublime e di guardare il cielo/ ordinò, e di levare agli astri i volti eretti. Questi, eretto, volge il proprio sguardo al cielo alla ricerca di Dio, senza fissare la terra come le bestie, che la natura ha creato prone e schiave del ventre». Etimologia A partire dalla cultura di cui attualmente disponiamo non è affatto scontato che si sappia dare una risposta alla domanda: «Che cos’è la filosofia?» e conseguentemente un contenuto determinato all’aggettivo «filosofica», che qualifica la nostra disciplina. Abbiamo qualche difficoltà ad esplicitare, oltre la mera analisi etimologica, il significato dell’aggettivo «filosofica», che si aggiunge ad «antropologia», per denominare la nostra disciplina. Infatti, mentre è in noi molto viva la curiosità nei confronti delle scienze e delle discipline settoriali, l’attenzione per la filosofia si è andata sempre più riducendo ed ora è piuttosto bassa: per questo ci resta enigmatico proprio l’aggettivo, «filosofica», che non solo è accostato alla parola «antropologia», ma qualifica la nostra disciplina. Sul filosofico Ci rendiamo conto che il procedimento etimologico, che fin qui ci ha guidato, ha raggiunto il suo limite e che ora dobbiamo proseguire la nostra ricerca ad un altro livello. Sul piano etimologico, non ci fa problema il suffisso «-logia» né l’espressione «antropo-logia». Per il loro significato disponiamo, infatti, di molte analogie linguistiche, su cui appoggiarci. Nel nostro tempo, le discipline particolari rivolte ai vari ambiti del reale si sono moltiplicate, dando luogo a sempre nuove «-logie». P. es.: «minera-logia», «geo-logia», «etno-logia», «socio-logia», «psicologia» L’Antropologia filosofica e le altre discipline Anche per investigare il problema antropologico, molto sentito a partire dal XX sec., si sono enormemente moltiplicate le discipline antropologiche settoriali: l’antropologia culturale; l’antropologia teologica o religiosa; l’etnoantropologia; l’antropologia economica; l’antropologia giuridica; l’antropologia politica; l’antropologia sociale; l’antropologia medica;l’antropologia biologica; l’antropologia fisica; ……. Un’osservazione Agli interrogativi: chi è l’uomo? Quali sono gli elementi costitutivi della sua natura? In che rapporto si trovano tra di loro? I filosofi hanno risposto in modo disparato, qualora si tenga conto della prospettiva in cui si sono collocati oppure del metodo che hanno impiegato nell’elaborarle. Panorama storico Le prospettive sono tre: La prospettiva Cosmocentrica prende come punto di riflessione il mondo, è la prospettiva della filosofia greca. L’universo è considerato come una grande città, di cui fanno parte oltre agli esseri umani anche gli dei. La prospettiva Teocentrica considera come punto d’osservazione Dio. È la prospettiva della filosofia cristiana dei Padri della Chiesa e degli scolastici. PROSPETTIVE La prospettiva Antropocentrica indica come punto di riflessione il soggetto umano, individuando gli aspetti caratteristici della sua costituzione. È la prospettiva della filosofia moderna che da Cartesio pone l’essere umano come centro e punto di riflessione. Nell’antichità lo sforzo dei primi filosofi era propeso a scoprire la causa ultima delle cose; con Socrate la ricerca filosofica si concentra tutta sull’essere umano, al fine di comprenderne la vera natura, determinare le capacità e intenderne i doveri e la missione. “Conosci te stesso”: ecco l’obiettivo preciso della filosofia di Socrate e dei suoi seguaci. Altrettanto è accaduto nei secoli successivi con gli Scolastici che tentarono di fissare in bell’ordine gli elementi molteplici dell’indagine filosofica sull’uomo. In seguito, tutta la filosofia moderna ha assunto un indirizzo spiccatamente antropocentrico. Oggi, anche chi crede nella possibilità della metafisica ovvero nella capacità di un sapere filosofico riguardo all’essere assoluto, ritiene di doverla sviluppare partendo dall’essere umano. La tendenza dei filosofi di portare l’uomo al centro delle loro analisi rende più decisivo il problema di conoscere chi sia l’essere umano. IL METODO FILOSOFICO Possiamo classificare le antropologie anche da un altro punto d’osservazione assumendo come fondamento il metodo, allora si ottengono quattro tipi principali: 1. Antropologie metafisiche, le quali usano il metodo metafisico di cogliere la realtà in modo unitario (contro il dualismo di Platone) e allo stesso tempo di ricondurre le cause ultime di tutto ciò che è mutevole e contingente a un principio unico trascendente. Principali filosofi: Platone, Aristotele, Plotino, Agostino, Tommaso, Cartesio, Spinoza, ecc. metodo 2 .Antropologie naturalistiche, le quali applicano anche allo studio dell’uomo il metodo positivo- scientifico che si propone di rispondere alle domande di estendere il dominio dell’essere umano sulla natura per mezzo della scienza. Sono le antropologie di Darwin, Comte, Spencer, Freud, ecc. 3. Antropologie storicistiche, le quali adoperano il metodo storico. Il suo significato indica la filosofia di quanti sostengono che tutta la realtà si riduce a storia. Di queste le più rappresentative sono quelle di Vico, Marx, Hegel, ecc. Metodo 2 4.Antropologie esistenziali, le quali si servono del metodo fenomenologico di Husserl il quale è osservazione concreta dall’interno del vissuto e si manifesta alla coscienza, per coglierne il senso profondo. L’esistenzialismo è un movimento di pensiero che concepisce l’esperienza umana quotidiana, in tutti i suoi aspetti, tecnici e pratici, individuali e sociali, istintivi e intenzionali, ma soprattutto gli aspetti irrazionali della vita umana. Metodo 3 Severino Boezio († 525), mentre era in carcere, condannato a morte dal re goto Teodorico, riprendendo dal Protrettico di Aristotele, scrive il De consolatione philosophiae, in cui, presenta la filosofia come una nobile dama, che lo conforta, rispondendo ai suoi dubbi relativi al senso di ciò che gli sta capitando. In particolare nel corso dei 5 libri, Boezio propone una concezione della filosofia, per cui questa disciplina serve a «trovare/dare senso» a tutte le nostre esperienze. La filosofia reca consolazione a Boezio perché è in grado di mostrargli che la condizione infelice in cui egli si trova non va ridotta soltanto a un caso sfortunato, ma con un opportuno esercizio della ragione, può essere ricondotta ad una ragione provvidenziale, da noi riconoscibile, poiché a noi superiore e perciò sempre misteriosa. L’opinione di Severino Boezio Quando si usa l’espressione antropologia, coniato da Kant nel 1781, s’intende esprimere un primario riferimento a quella realtà particolare che è l’essere umano. Dopo Kant, però, non è più considerata come disciplina filosofica, ma come una disciplina delle scienze umane che opera in conformità a rilevamenti empirici e si propone di ricostruire gli elementi costitutivi delle culture primitive. La filosofia, comunque, ha sempre cercato di risolvere con la riflessione l’enigma umano in tutti i suoi molteplici aspetti. L’opinione di I. Kant 1 In epoca moderna Kant ha dato una formulazione differente a questi interrogativi: Che cosa sono in grado di conoscere? (Metafisica) In che cosa posso credere? (Religione) Che cosa devo fare? (Morale) Che cos’è l’uomo? (Antropologia) L’ultimo interrogativo racchiude i precedenti L’opinione di I. Kant 2 In ciò si mostra al servizio dell’istanza di trascendenza, la più autentica e profonda esigenza/intenzionalità antropologica, e, pertanto, in stretta congruità con qualunque studio dell’uomo. L’uomo, infatti, non si accontenta di conoscere gli enti, ma si interroga soprattutto sul senso che essi hanno per lui, anelando amorosamente alla sapienza. Potremmo dire, perciò, che coltivare l’antropologia filosofica significhi conoscere l’uomo dal punto di vista dell’istanza di trascendenza, in cui consiste la sua essenza di essere che non si accontenta di conoscere, ma si interroga sul senso di sé e di tutto quanto lo circonda. La Filosofia apre orizzonti di senso E’ una parola che proviene dal latino medioevale (intentio) e significa «tendere a». I filosofi medioevali usavano l’espressione intentio per indicare il riferimento di qualsiasi atto umano a un oggetto diverso da sé; p. es.: di una rappresentazione alla cosa rappresentata, di un atto di volontà alla cosa voluta, ecc… La nozione fu usata dapprima nell’ambito pratico: da cui anche l’odierno significato prevalente della parola «intenzione», che designa il riferirsi di un’attività pratica al suo oggetto. Successivamente subentrò anche l’uso in ambito conoscitivo, a indicare i concetti, suddivisi in intentiones primae quando si riferivano alle cose reali, e intentiones secundae quando si riferivano ad altri concetti. Secondo S. Tommaso (XIII sec.), nell’intenzione si esprime «la similitudine pensata della cosa» (C. Gent.,IV, 11, 11) L’Intenzionalità la coscienza non è «res» (Cartesio), ma struttura intenzionale d’atto Con-formazione del flusso energetico mentale, in polarità soggettiva e oggettiva, connesse da tensione intenzionale. Solo in tali conformazioni intenzionali, ogni concreta esperienza può essere coscienzialmente ospitata: solo perché la coscienza è tale struttura intenzionale d’atto prefigurante ogni concreta esperienza. Noi possiamo avere coscienza delle nostre esperienze. L’intenzionalità è della coscienza La scoperta della coscienza come struttura intenzionale d’atto è stata resa possibile dall’introduzione nel XX sec., da parte di Edmund Husserl, del metodo fenomenologico d’indagine. A differenza dei metodi psicologici e scientifici, che cercano le cause dei vissuti, esso prende in considerazione ogni fenomeno vissuto «per come in se stesso si manifesta». Praticando la riduzione fenomenologica (=epochè), che esclude dal campo d’indagine tutto ciò di cui si può dubitare (risultati scientifici, esperienza naturale, mondo psico-fisico e persona psicofisica di chi indaga), concentra l’osservazione solo sulla personale «esperienza vissuta della cosa, afferrata nella percezione, nel ricordo o in qualsiasi altro modo». Il metodo fenomenologico d’indagine Nello stesso tempo, però, va osservato che storicamente la filosofia si è applicata ad investigare l’area extra-umana della metafisica, articolandola nelle discipline: Metafisica e ontologia, che tratta dell’essere in quanto tale; Gnoseologia ed Epistemologia che trattano lo studio della natura; Psicologia, volta allo studio dell’anima; Cosmologia, volta allo studio del mondo; Theologia, volta allo studio di Dio; Etica, volta agli interrogativi del bene; Antropologia che studia il tentativo di determinare il “generalmente umano”. Antropologia e filosofia GRAZIE PER L’ATTENZIONE