Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - D.L. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XL - N. 4 Aprile 2009 - In caso di mancato recapito rinviare all'Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia 03 editoriale Un 25 aprile ancora sotto il Cavaliere Antonio Zambonelli 11 politica La riforma della Giustizia Giancarlo Ruggieri 14 cultura Reggio-Berlino. Viaggio della memoria 2009 Francesco Pattacini 18 cultura Strage di Cervarolo. I responsabili a processo Italo Rovali LA PACE È UNA BAMBINA CHE NON VUOLE COSE MATTE SOLO ALZARSI ALLA MATTINA NON COL SANGUE, COL LATTE (BRUNO TOGNOLINI) 04 2009 aprile discriminate, 04 “Siamo ma per fortuna ci siamo”. 1° Maggio – Festa del lavoro Intervista a tre donne, di Glauco Bertani e Loredana Cavazzini la Copertina W IL 25 APRILE I R O L I N VA A V O I G La foto di gruppo Cervarolo 2009, gli alunni leggono i loro elaborati La frase “La Pace è una bambina” Nella cartolina di un bambino Bruno Tognolini, dedicata a Ponte Cantone, riscopriamo il senso della Pace nella nostra quotidianità... “Mettete dei fiori nei vostri cannoni” e “Fate l’amore, non la guerra”. Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70% Periodico del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia Via Farini, 1 - Reggio Emilia - Tel. 0522 432991 e-mail: [email protected]; [email protected] sito web: www.anpireggioemilia.it Proprietario: Giacomo Notari Direttore: Antonio Zambonelli Caporedattore: Glauco Bertani Comitato di redazione: Eletta Bertani, Ireo Lusuardi Collaboratori: Paolo Attolini (fotografo), Massimo Becchi, Riccardo Bertani, Bruno Bertolaso, Sandra Campanini, Nicoletta Gemmi, Enzo Iori, Enrico Lelli, Saverio Morselli, Fabrizio Tavernelli Registrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2 Marzo 1970 Stampa: Litograf 5 - Reggio Emilia Questo numero è stato chiuso in tipografia il 1-04- 2009 Per sostenere il “Notiziario”: UNICREDIT, piazza del Monte (già Cesare Battisti) - Reggio Emilia IBAN: IT75F0200812834000100280840 sommario editoriale di Antonio Zambonelli Sommario Editoriale -Un 25 aprile ancora sotto il Cavaliere, di Antonio Zambonelli ........ 3 Politica 1° Maggio – Festa del lavoro - “Siamo discriminate, ma per fortuna ci siamo”. Intervista a tre donne, di Glauco Bertani e Loredana Cavazzini ..... 4 - Difendere la Costituzione. Intervista a Giliana Galloni, di e.b. ...... 10 - La riforma della Giustizia, di Giancarlo Ruggieri ......................... 11 Esteri - India-Pakistan, la crisi del Subcontinente indiano, di Bruno Bertolaso ..................................................................... 12 Cultura - Reggio-Berlino. Viaggio della memoria 2009, di Francesco Pattacini ............................................................... 14 - Momenti di Resistenza a Fabbrico, di Chiara Preti, Fiorenza Bigi e Sezione ANPI Fabbrico ................ 16 - Strage di Cervarolo. I responsabili a processo, di Italo Rovali ..... 18 - 15 marzo 1944. La battaglia di Cerrè Sologno, di Didimo Ferrari ....................................................................... 20 - “Il Sangue dei vincitori”. Ventinove presentazioni e si continua..., di g.b. ............................................................... 22 Memoria - Una legge da cialtroni e un prete di montagna, di Massimo Storchi .................................................................... 23 - A proposito di equiparazioni..., di Gildo Veroni ............................ 23 - Roncocesi. Per non dimenticare, di Vando Fontanesi .................. 24 - Mussolini e Hitler in bell’evidenza .............................................. 24 - I 96 anni di Gino Longagnani, di a.z. .......................................... 25 L’opinione - Fini antifascista e antiberlusconiano? di Paolo Tadolini .............. 33 Celebrazioni ..........................................................................34-37 Lutti ............................................................................................ 38 Anniversari ................................................................................. 39 Offerte ........................................................................................ 44 I soggiorni dell’ANPI .................................................................. 48 Le rubriche - Cittadini-democrazia-potere, di Claudio Ghiretti ......................... 26 - Primavera silenziosa, di Massimo Becchi ................................... 27 - Segnali di Pace, di Saverio Morselli ........................................... 28 - Opinion leder, di Fabrizio “Taver” Tavernelli 3................................ 0 - L’informazione sanitaria. Le risposte del prof. Iori ...................... 31 - Conosceri gli altri, di Riccardo Bertani ....................................... 32 - Reggio che parla, di Glauco Bertani ........................................... 45 - La finestra sul cortile, di Nicoletta Gemmi .................................. 47 un 25 aprile ancora sotto il Cavaliere (Ma per fortuna che Gianfranco c’è?) Forse non basta più “resistere”. Occorre attaccare, cioè proporre L’anno scorso preparammo il numero del “Notiziario” speciale 25 aprile-1° maggio in attesa del 13 aprile, giornata elettorale che produsse il terzo avvento di Berlusconi al governo della Repubblica. Stigmatizzammo, allora, l’affermazione di Fini in campagna elettorale secondo cui la vera giornata della Liberazione avrebbe dovuto essere, con l’auspicata vittoria di Berlusconi, il 13 aprile (sottinteso: non il 25). Quest’anno non ci sono attese né incertezze: Silvio c’è, e appare più saldo in sella che mai. Quanto a Fini, che ha compiuto ulteriori passi nella sua marcia di sganciamento dal passato neofascista, siamo quasi indotti a ripetere con Eugenio Scalfari, parafrasando l’inno di Forza Italia, “per fortuna che Gianfranco c’è”. Unica voce infatti, quella del Presidente della Camera Fini, a sfidare l’onnipotenza berlusconiana in sede di fondazione del Popolo della libertà. E insieme a sfidare la grande platea adorante. Intanto il vero organo di diffusione d’una “cultura” fascisteggiante, non è più, come un tempo “Il Popolo d’Italia”, ma “Il Giornale”, il principale house organ stampato della famiglia Berlusconi. E lo fa operando in vari modi: paginoni sul preteso superamento della cultura antifascista e di sinistra nei vari campi (conquista, a ritroso, delle gramsciane casematte); apparentemente innocenti foto d’epoca (formato 18x24) sistematicamente e quotidianamente pubblicate a pag. 32, in mezzo ai programmi tv: belle foto, di quelle che continua a pag. 4 aprile 2009 notiziario anpi 3 editoriale continua da pag. 3 un 25 aprile ancora sotto il Cavaliere si imprimevano su lastre di vetro; una volta il duce e D’Annunzio a colloquio, un’altra volta lo stesso duce con Pirandello; oggi (31.03) una sfilza di belle ragazze sorridenti sulle biciclette, davanti a portici che sembrano bolognesi, sotto il sole e l’ala protettiva di due gerarchi fascisti con sul berretto l’aquila imperiale che mia nonna, vecchia prampoliniana, mi aveva insegnato a chiamare “pita”. Insomma, una ripetuta proposta di immagini di una stagione felice, quella del fascismo anni Trenta, quando non c’era un Parlamento a far perdere tempo al Capo del Governo, ma una Camera delle corporazioni osannante il Capo ed ogni sua decisione. Un po’ come domenica 29 marzo 2009, quando i 6 o 7000 riuniti a congresso hanno eletto per acclamazione (voto segreto? Vogliamo scherzare…) il cavaliere a Capo del “Popolo della libertà”. Peccato, appunto, le fastidiose questioni poste da Fini, giunto ad accusare il decreto berlusconiano sul fine vita come una misura da “stato etico” di gentilian-mussoliniana memoria. Una botta non da poco ad uno, come Berlusconi, che pretende di essere impegnato, nientemeno, in una “rivoluzione liberale”. Che fu l’insegna di Piero Gobetti, una delle prime illustri vittime del fascismo. E oltretutto antesignano di quel liberal-socialismo 4 aprile 2009 notiziario anpi che attraverso Rosselli sfocierà in Giustizia e Libertà. I cui eredi culturali (a partire da Bobbio) sono stati bersaglio privilegiato della “battaglia culturale” di fogli come, appunto, “Il Giornale” berlusconiano e “Il Domenicale” di Dell’Utri. Il quale “Giornale”, continua da lunga pezza, o con articoli o con risposte a lettere di lettori, la sistematica opera di denigrazione della Resistenza. L’eccidio delle Fosse Ardeatine colpa dei “vigliacchi” autori dell’attentato di Via Rasella ( Quelle rappresaglie/ provocate dai vigliacchi, 31.03, pag. 38). Insomma, evo berlusconiano vigente, di che doverci impegnare come resistenti decisi a non demordere. Ma proprio l’esperienza storica della guerra di liberazione ha insegnato, tra le altre cose, che talvolta la miglior difesa (e perciò la migliore resistenza) è l’attacco. Nel caso specifico, che ci riguarda qui e adesso, l’attacco inteso soprattutto come proposta politica alternativa: sul piano economico, di fronte alla grave crisi in atto, sul piano istitutuzionale e, ancora e sempre, culturale: Di fare appello al senso di responsabilità delle forze politiche di centro sinistra i partigiani dell’ANPI cominciano forse ad essere stanchi. Ma continuano a sperare. Spes contra spem. Antonio Zambonelli Con Ginetta Faietti (“Io sono single, e felicemente single”); Giuseppina Garino (“Ho un figlio di 8 anni e uno in arrivo”) e Antonella Ghidini (“Ho due figli, una di 27 e l’altro di 16 anni e due cani’“) parliamo non solo della crisi nel mondo del lavoro nel Distretto ceramico, ma anche delle conseguenze che il subbuglio economico ha causato nelle famiglie, nelle relazioni e delle prospettive positive che, paradossalmente, possono derivare da questa nuova e inedita situazione. Ginetta lavora alla ceramica “Impronta”, Giuseppina era dipendente dell’Ariana, che ha chiuso i battenti, Antonella è in mobilità dalla “Optima”, ex “Magica”. Le abbiamo incontrate, in un freddo e piovigginoso mattino di febbraio, alla Camera del Lavoro di Scandiano. “Nell’ultimo anno è cambiato molto... ci sono determinate settimane che la gente, non la vedi, anche se poi esci il sabato e la domenica. Dove lavoravo prima nel giro di due anni sono state lasciate a casa 80 persone. Percepisco 850 euro il primo anno, l’80 percento il secondo anno... sono in una lista d’attesa da cui le aziende di qualsiasi genere attingono al comparto che c’è qua. Adesso non c’è pro- politica 1° MAGGIO - FESTA DEL LAVORO “Siamo discriminate discriminate,, ma per fortuna ci siamo siamo”” Da sinistra: Antonella Ghidini, Giuseppina Garino e Ginetta Faietti Intervista a tre donne servizio a cura di Glauco Bertani e Loredana Cavazzini prio nessuna richiesta!”. Così esordisce Antonella, con la sua voce acuta e forte. Interviene Giuseppina, con voce sottile e pastosa ma ferma, che aggiunge: “E sono le donne quelle di cui le aziende si vogliono liberare prima, perché mentre un uomo può imparare a fare il meccanico piuttosto che il pressista quindi anche a livello fisico i carichi di lavoro un uomo se li assume in un certo modo e corrisponde a tutte le esigenze dell’azienda”. Mentre Ginetta, con la sua voce roca, esito di mille battaglie combattute non solo in fabbrica, dice: “Sì, la motivazione è questa ma è discriminazione, è pura discriminazione, proprio...”. Perché vanno in maternità le donne, e causano dei “problemi” alle aziende, le donne. E poi per chi non lo sapesse le donne fanno pure dei figli che possono ammalarsi e quindi devono rimanere a casa a differenza degli uomini... “Nonostante la legge conceda i congedi parentali!”, dice Antonella, tra il sarcastico e l’indignato. A proposito, il sindacato come agisce, come fa a districarsi, come si muove? chiediamo. “Il sindacato è obiettivo – risponde Giuseppina – usa lo stesso metro, di fronte a questo... Cerca di garantire i diritti com’è appunto la maternità. In alcune aziende si scontra ancora con questa realtà, al momento dell’assunzione tentano di farti firmare che t’impegni a non avere figli... “. “I datori di lavoro – afferma Antonella – hanno già una loro lista di persone. Viene valutata l’anzianità, i figli o persone diversamente abili che hai a carico. Se avessero potuto, nella mobilità che ho visto, avrebbero scelto solo donne... L’uomo è più libero, non ha orari... il sindacato fa rispettare la legge, utilizza tutti gli strumenti che ci sono, fa valere i diritti del lavoratore”. Insistiamo sulla crisi. “La crisi c’è sicuramente – afferma Giuseppina – il calo produttivo c’è stato per tutti anche per le grandissime aziende, si dice sia intorno al 30-40 percento. Il problema delle grandi aziende è che adesso l’imprenditore anche quello forte, che dieci anni fa poteva investire e spendere qualcosa di suo per migliorare, adesso ha paura. Se deve rischiare soldi suoi non lo fa, e quindi preferisce ricorrere alla cassa integrazione piuttosto che a una fermata anche piccola anche solo per vuotare il magazzino, questo potrebbe essere una manovra...”. All’analisi “oggettiva” fanno eco l’ansia per il futuro... “Ho uno stipendio – dice Ginetta – e pago l’affitto, le bollette, faccio tutto io. Con quello stipendio devo andare avanti, ho quasi 50 anni, se mi chiude la ceramica non so dove cavolo andare, non so cosa fare, non so come fare. E’ vero che non devo mantenere nessuno, ma a me chi mi mantiene? E’ quello il problema, e questo è un momento un po’ triste per me”... e riflessioni sulle nuove condizione di vita. “La mia azienda ha chiuso – afferma Giuseppina – e questo ti cambia molto la vita giorno per gior- no, mentre prima uno poteva permettersi di spendere diversamente o progettare anche solo le vacanze... non è che uno sia abituato ad andare alle Seychelles, ma anche fare una settimana al mare... io l’anno prossimo sicuramente non lo potrò fare... poi uno dice la vacanza non è importante... ma la vacanza aiuta a vivere bene. Adesso bisogna essere più oculati e pensare un po’ di più alle cose più necessarie... in un certo senso è anche un bene, sì!”. “Io – dice Antonella – a differenza di loro sono fortunata perché mio marito è sempre stato molto ‘formichina’. A differenza di lei [indica Giuseppina, NdR] ho scelto di andare in mobilità. Sono due mesi che sono a casa e di positivo ho notato che seguo molto meglio la famiglia e spendo molto meno. Il ragazzino di 16 anni che finirà i tre anni e poi andrà a lavorare... e mi pongo il problema di dove andrà, cosa farà... Una l’ho sistemata anche se con mille euro al mese...”. Ma ciò che preoccupa davvero, lo racconta con semplicità Giuseppina: “E’ il futuro dei nostri figli per quanto mi riguarda, anche affrontare le spese della scuola, piuttosto che del mangiare, dei vestiti...”. Se queste sono le loro, ma anche le nostre, preoccupazioni, quali sono le cose che desiderano? Risponde Ginetta: “Se un giorno potessi permettermi un viaggio in Australia, che non me lo posso permettere, vuol dire che abbiamo ripreso e che va tutto bene e che sto mettendo via qualche soldino, cosa che non succede ades- aprile 2009 notiziario anpi 5 , e t a n i m i r c s i d na o m “Sia er fortu ma p amoe ” politica i s i c nn o d e a tr a t s i v Inter so”. Poi Giuseppina: “Il mio desiderio, finita la maternità è di poter trovare un altro lavoro anche poco redditizio, anche se non dovessi più tornare a lavorare in ceramica. Un lavoro che mi consenta di vivere dignitosamente la mia vita, niente di particolare, è un sogno più che un desiderio...”. Infine Antonella: “Io spererei solamente che mio figlio studiasse un pochino di più a scuola, in questo momento è il mio grosso pensiero, e se fra un anno, un anno e mezzo potessi tornare a lavorare... ben volentieri, perché forse sarebbe un segnale che ce n’è ancora per tanta gente”. E per quelli che sono in pensione, che aria tira? “Mia madre è pensionata, poveretta! C’è dentro fino a qua” dice Ginetta con un gesto eloquente poco sotto la bocca. Dai vecchi ai giovani il passo è breve. “I giovani – dice convinta Ginetta – non hanno ancora capito. Non si rendono conto... no, no perché vogliono tutto e subito! Ci stanno togliendo dei diritti che noi trent’anni anni fa abbiamo acquisito con delle lotte, perché io c’ero trent’anni fa a lottare e quindi lo so la fatica che abbiamo fatto e le ore di sciopero che abbiamo fatto e che ho perso per lottare; sono disposta ancora a farlo ma non toccherebbe a me, toccherebbe a loro, ma non l’hanno ancora capito... Finché non ci zuccano contro non lo capiscono ed è anche colpa delle famiglie se certe cose ce le hanno gratis, scontate. E’ colpa della nostra generazione che non avendo avuto niente ai nostri figli abbiamo dato...”.Sulla stessa lunghezza d’onda è anche Giuseppina: “E i nostri diritti nel sociale non ce li ha regalati nessuno! Abbiamo fatto un direttivo [sindacale, NdR] in cui una ragazza ha detto che i diritti perché sono scritti rimangono lì ci sono!”. Beata ingenuità aggiungiamo noi. E Antonella: “Diciamo anche che anche 6 aprile 2009 notiziario anpi adesso un ragazzo che si voglia interessare di politica, che voglia entrare nel sindacato, loro si ricordano che esiste la politica che esistono i diritti solo quando gli vengono tolti... mia figlia...”. Una sospensione che vale mille parole. Però “io sono fiduciosa nel senso che secondo me sono molto meglio di quello che pensiamo è vero che una parte è superficiale ma forse lo erano un po’ tutti se ci rapportiamo alle epoche, ma secondo me voglio essere ottimista”, dice Giuseppina, iniettando ottimismo nel dilagante pessimismo della ragione (di noi tutti). Cambiamo registro. E domandiamo: come vi vedete in questa società, che cosa pensate che si possa fare ancora. Che cosa devono fare le donne? Giuseppina dice: “Le donne devono continuare; se hanno smesso o se si sono un po’ perse nel percorso, ritornare ad essere donne, ritornare ad essere madri e mogli, prima di essere lavoratrici. Anche lavoratrici, però se il lavoro, come sta succedendo adesso viene a mancare, credo che la figura della donna sia non solo quella che esce e porta i soldi a casa, ma principalmente deve essere madre, così la società sicuramente può anche migliorare. Se le donne ritornano a fare il loro mestiere di madri, che non è poco... Non è che hanno smesso, però... – “Si ‘sono dovute sdoppiare...” precisa Ginetta – non dico che una donna debba smettere di lavorare perché non lo trovo giusto, però anche la parentesi, ad esempio, della maternità o il poter dire ‘scelgo di lavorare meno tempo, meno ore, fare il partime’... è vero porto meno soldi a casa, però sto di più con la mia famiglia. Secondo me, poi, sul piatto della bilancia anche la società da questa cosa può trarne dei vantaggi, saremo meno ricchi ma forse saremo più umani...”. Ma le donne riescono, senza paura di essere “soggettive”, a mescolare personale Spesso le donne sono purtroppo costrette a questa scelta, e non è una scelta facile, sempre! Anche perché gli ammortizzatori sociali, le istituzioni ci aiutano veramente poco in un momento di crisi come questa. e generale. “Lo vedo, per me – continua Giuseppina – ho quasi due bimbi. Adesso che sono a casa, la faccio molto di più la mamma, sono molto più presente. Riesco ad ascoltare, a parlare e a stare più con lui. Era proprio il tempo che mi mancava quando facevo i turni. Non è che prima mi sentissi meno mamma di adesso però, ma ora so di fare meglio il mio mestiere di mamma”. Domandiamo: allora tra la famiglia e il lavoro che nesso c’è? Adesso c’è crisi di lavoro, e lo stiamo toccando con mano. Voi dite che si riscoprono i valori della politica famiglia ma se il lavoro viene a mancare in una famiglia non solo alla donna ma anche ali ‘uomo, come si può conciliare questo? Che cosa viene prima? Ginetta: “Bella domanda! Anche perché la gente si è abituata ad avere delle esigenze che adesso ritengono esigenze che magari una volta non lo erano, e ci vogliono dei soldi...”. Giuseppina: “Secondo me bisognerebbe avere abbastanza per vivere dignitosamente”. Ancora Ginetta: “La dignità, avere almeno quella. Dove c’è la famiglia e non ci sono i soldi è un bel problema!”. Giuseppina centra il punto su cui sono (siamo) tutte d’accordo: “E avere di che mangiare, vestirsi, non avere problemi a pagare la luce, l’affitto... la famiglia sicuramente ha un peso importante, ma ci deve essere anche il lavoro. Altrimenti diventa difficile. Le belle parole poi quando non hai da mangiare, diciamola crudamente la cosa, tutti qua a dirci che ci vogliamo bene, sappiamo che la povertà, le ristrettezze economiche ti creano anche degli ostacoli in famiglia, si litiga più spesso, ci sono grossi problemi quando non hai Un altro momento dell’intervista di che vivere... dopo puoi avere tre figli e volergli molto bene ma la tua testa è impegnata alla sopravvivenza e in questo altro caso la famiglia ne risentirebbe; quindi l’ideale sarebbe questo equilibrio dire: va bene, scelgo di non lavorare, di stare coi miei figli, mio marito guadagna quello che guadagna. Ce lo facciamo bastare, viviamo tutti felici e contenti. Se uno può e vuole fare questo tipo di scelta... però è chiaro che bisogna avere la possibilità di lavorare...”. Ma ci sono delle donne che scelgono il lavoro e non la famiglia oppure che vogliono’ avere tutte e due... “Sì – dice Giuseppina – la maggior parte vuole avere tutte e due... ci sono le mamme che lavorano e che riescono ad essere delle brave mamme...”. “Ci sono delle super mamme!” chiosa beffarda Ginetta. In “soccorso” al diritto delle donne di essere lavoratrice e madri dovrebbero intervenire i servizi consultori, asili nido, scuole materne. Ma sono in questo momento sufficienti? Giuseppina: “No, assolutamente no! Siamo sinceri non lo erano neanche prima! Adesso meno che mai. Come si fa? Se vuoi lavorare, e hai la fortuna di lavorare ancora, devi portare tuo figlio all’asilo nido, e sai che parte del tuo stipendio o quasi tutto il tuo stipendio deve andare lì. E anche qui sei costretta a scegliere tra: tengo il mio lavoro, do tutti i miei soldi all’asilo perché mio figlio possa andarci oppure: smetto di lavorare e tengo a casa mio figlio e ho meno soldi? Spesso le donne sono purtroppo costrette a questa scelta, e non è una scelta facile, sempre! Anche perché gli ammortizzatori sociali, le istituzioni ci aiutano veramente poco in un momento di crisi come questa. Io mi sento molto abbandonata, nel senso che ora sarò a casa, però quando mio figlio avrà tre mesi, dovrò tornare a lavorare in ceramica (perché la mia azienda. l’Ariana, sta facendo un piano di ricollocamento in un’altra azienda del gruppo). Sé verrò chiamata sarò di nuovo di fronte alla scelta: vado a lavorare e lascio mio figlio di tre mesi che magari voglio allattare? O smetto di lavorare e tengo mio figlio? Non ci sarà nessuno che ti dice: ‘Dai lo porti qua, spendi cento euro’ oppure... probabilmente io sceglierò di tenere mio figlio”. Ginetta: “lo conosco donne che non rinunciano a lavorare, perché non vogliono rinunciare a tutti gli agi che ciò comporta...”. Giuseppina: “Io rispetto queste donne, l’importante, poi, che uno trovi l’equilibrio, che abbia la possibilità di scegliere quello che vuole fare”. Ginetta: “Certo...”. Giuseppina: “Un conto è essere costrette dalla società a dire adesso cosa devo fare... di fronte a questa scelta devi scegliere dolorosamente, perché a volte qualcuno lo fa in maniera dolorosa e quella che vuole essere una donna in carriera, deve sacrificare un po’ i suoi figli...”. Antonella: “Magari glieli tira su i genitori o... io l’ho fatto con quella grande, purtroppo sono stata costretta a far così...”. Ginetta: “Una questione è essere costretti... un mutuo da pagare...”. Apriamo un altro capitolo della discussione. E domandiamo, un po’ sospesi fra passato presente e futuro: Che rapporto ci può essere fra le donne che hanno combattuto nella Resistenza e le donne di adesso. Che cosa possono fare le donne dell’ANPI per le altre donne, come voi ad esempio, come possono aiutarvi, darvi messaggi di speranza, di coraggio... aprile 2009 notiziario anpi 7 politica , e t a n mi i r c s di na o m a “Si er fortu ma p amoe ” ci si n e don r t a a rvist Inte Ginetta: “La situazione è ancora molto confusa, si devono prendere... bisogna prendere delle direzioni... sta cambiando la vita, sta cambiando da come era prima a com’è adesso e da come sarà. Bisogna fare, come diceva lei [indica Giuseppina, NdR], delle scelte, bisogna arrivare a fare delle scelte poi, dopo, se ci sarà bisogno di lottare per ottenere qualcosa, penso che nessuna donna si tiri indietro. Non l’hanno mai fatto, non credo che lo facciano ora...”. Antonella: “Anche perché se sono riuscite, diciamo, a sopravvivere loro a periodi molto, ma molto più pericolosi, molto più faticosi... almeno io ho memoria di quello che mi raccontavano i miei nonni. lo ho avuto la fortuna di averli fmo a 14-15 anni e, comunque, loro ti raccontano e quando incontri una persona che ha fatto la guerra o è stato bambino in tempo di guerra oltre ad essere la nostra memoria... io dico sempre che è vero sono la nostra memoria, ma sono anche il nostro futu- ro perché ti insegnano che, comunque, in periodi particolarmente pericolosi sono poi il nostro specchio o qualcosa con cui confrontarsi: ce l’hanno fatta loro? Non avevano niente, non avevano nientel”. Ginetta: “Mia madre ha tirato su tre figli in miseria, ma ce l’ha fatta è ancora lì”. Antonella: “Mio marito dice: ‘Ma come faranno i nostri figli ad arrivare ad avere quello che abbiamo noi?’ e io: ‘Si tireranno su le maniche!’. Cosa hanno fatto i nosti genitori? Mio padre aveva tre lavori per mantenerci. Eravamo in quattro. E’ vero che è cambiata la società...”. Ginetta: “Bisogna adeguare le esigenze alla società. Non possiamo parlare delle stesse cose di allora come adesso. Bisogna adeguare le forze e combattere nella soceità in cui viviamo...”. Antonella: “Sai Ginetta cosa bisogna fare? E’ che la gente spenda quello che ha. Perché se prendi mille non puoi spendere milleduecento. Quello che io eliminarei dalla faccia della terra oltre alle banche sono tutte queste finanziarie che sono state la rovina del nostro tessuto...”. Giuseppina: “In alcune aziende erano stati proposti i famosi contratti di solidarietà: tu lavori meno però lavoriamo un po’ tutti... ci sono stati dei grossi problemi e stiamo parlando di noi!”. Ginetta: “C’è gente che se non fa gli straordinari dice che non riesce a vivere... ma non è vero che non riesci a vivere... se poi ti compri la macchina da 40.000 euro...”. Antonella: “E poi gli straordinari sono andati lì”. Giuseppina: “Devono poi scoprire la solidarietà...”. Ginetta: “Ci sono donne che mi chiedono: ‘ma come fai a fare... ?’, ‘Ma tu quante volte vai dalla parrucchiera? Dimmi quante volte vai dalla parrucchiera?’. Mettiamo insieme... io ci vado, quando va bene, ogni tre o quattro mesi, tu ci vai ogni tre-quattro mesi o tutte le settimane? ma perché se ci vai tutte le settimane, allora, devi eliminare quello se vuoi sal- 5x1000 ANTIFASCISMO, COSTITUZIONE, DEMOCRAZIA C’è bisogno dell’A.N.P.I. Iscriviti presso i Comitati Provinciali (indirizzi su www.anpi.it) Destina il 5 x mille. E’ semplice e non costa nulla Fai così: Apponi una firma nel riquadro dei moduli CUD 730-1 e Unico (detrazione dei redditi) dove compare la dicitura “Sostegno del volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni e fondazioni” e scrivi il numero del codice fiscale dell’ANPI: 00776550584 Associazione Nazionale Partigiani d’Italia politica Sullo sfondo Loredana Cavazzini tarci fuori. Come fare? Non è che lo devi chiedere a me. Devi eliminare quello che è di più, e certo! A me è venuto a mancare metà dello stipendio però a me piace fare da mangiare. Faccio la pasta in casa. Adesso mi sto attrezzando per fare anche il pane... sembra una stupidata ma stare a casa ci si arrangia di più con il mangiare, si spende meno, si consuma meno, si prende meno roba pronta”. Però dopo le aziende non producono, provochiamo. Antonella: “Non è vero perché tu incrementi... cioè se prima prendevi un chilo di farina ogni morte di papa come facevo io perché non avevo tempo, ora prendo quattro o cinque chili di farina alla settimana... verdura... frutta. Non è che ne prendi meno prendi quello che ti serve .... se la frutta prima ti durava tre giorni perché non avevi tempo di guardarla e la buttavi via, adesso mi dura cinque, ma quella che comincio a vedere la mangio per prima. Ho modo... cioè i c’onsumi sono uguali perché essendo a casa ne mangio di più, ho più tempo... però si modifica la qualità e la scelta. Si ampia la scelta...”. Ginetta: “E’ la stessa storia della spesa dei single. I single spendono di più. Perché i single spendono di più?”. Antonella: “Perché non hanno le monoporzioni...”. Risate e tutto si fa più lieve. Ginetta: “Sì, esatto. Cioè se uno non è capace di starci attento butta via un sacco di roba. La butti via proprio. Allora devi sapere un po’ gestirti. lo, per fortuna, non sono sempre stata single e ho imparato a cucinare e a fare tutto il resto, per cui riesco a gestirmi ma il vero single butta via metà la roba senza contare che va a comprare la roba pronta che si fa prima e... costa tutto di più”. Giuseppina: “Mangia fuori”. Antonella: “Una che è a casa... a me piace anche far da mangiare. Per Natale, ho spignattato in grazia di dio. Ho riempito il freezer, dunque ho incentivato la vendita dei contenitori di alluninio [risate, NdR] che prima non prendevo mai .. bè ho fatto la pasta...”. Antonella, Ginetta e Giuseppina dicono: “La donna è il cardine della società... La società deve basarsi sulle donne”. Antonella: “lo so di gente che prende 1200 euro al mese: ci sono in quattro. La casalinga fa i salti mortali e ci salta fuori e riesce anche a metterne via... allora se tutti gli uomini d’affari del mondo ragionassero con la mentalità della donna in tutto il mondo...”. “Chi lo sa?” dice ridendo Giuseppina. Ginetta: “Siamo discriminate, ma per fortuna che ci siamo”. Antonella: “Ma sai perché siamo discriminate? Perché gli scienziati uomini hanno scoperto che noi donne quando facciamo qualcosa utilizziamo cinque parti del cervello e gli uomini una...”. E guardano uno di noi! (a cura di g.b. e l.c.) , e t a n mi i r c s di na o m a “Si er fortu ma p mo” a i s i c ne e don r t a vista Inter aprile 2009 notiziario anpi 9 politica DIFENDERE LA COSTITUZIONE antifascista: una battaglia di civiltà Intervista a Giliana Galloni, presidente reggiano dell’Associazione per la difesa della Costituzione Il 10 dicembre 2008 è nata a Reggio l’Associazione per la difesa della Costituzione, che nasce come evoluzione del Comitato Provinciale costituito in occasione del referendum del 2006. Quali motivazioni vi hanno portato a decidere di costituire un’associazione e quali le sue finalità? Già dal giugno 2006, alla luce della nostra vittoria nel referendum contro lo stravolgimento della Carta costituzionale, ci siamo resi conto che il nostro compito non si poteva dire concluso. Abbiamo cioè creduto da subito nella necessità di continuare a sollecitare, come Associazione trasversale ai partiti, agli enti e alle associazioni, la società civile e la politica ad una attenta difesa dei valori della Costituzione e alla cura nella sua piena conoscenza ed attuazione. Per fare ciò avevamo bisogno di darci una struttura riconoscibile sul territorio provinciale e che ci permettesse di poter realizzare iniziative e attività legate ai nostri scopi: la difesa della Costituzione repubblicana, la diffusione della conoscenza dei suoi principi e valori, la promozione dell’attuazione della Costituzione, la tutela del risultato referendario del 25-26 giugno 2006. 10 aprile 2009 notiziario anpi Chi può aderire all’Associazione e quali le modalità di adesione? Chiunque si riconosca nelle finalità di cui ho detto prima può chiedere di diventare socio dell’Associazione e contribuire così alle sue attività. Basta chiedere il modulo di adesione al seguente indirizzo di posta elettronica: [email protected] e pagare la quota annuale (a partire dai 10 euro) con versamento in conto corrente postale n. 95211926 o bonifico bancario con le seguenti coordinate IT/ 21/ 0/ 07601/ 12800/ 000095211926, entrambi intestati ad Associazione Reggiana per la Costituzione, via Roma civ. 53, 42100 Reggio Emilia. Il paese sta vivendo una crisi sociale e civile drammatica. Il tema della difesa della democrazia e della Costituzione si ripropone con forte attualità. In questo contesto, qual è il vostro programma di lavoro, che iniziative intendete assumere? Come abbiamo avuto modo di ribadire anche nel nostro appello del 18 febbraio scorso, è veramente urgente per tutti noi non perdere nessuna occasione per portare avanti la battaglia di civiltà che ci vede tutti protagonisti consapevoli che la democrazia costituisce un valore sempre a rischio e quindi da difendere giorno per giorno. Il nostro programma per il 2009, oltre a comunicati e prese di posizione sui singoli eventi e problemi contingenti, si focalizza su tre forum incentrati sui temi dell’uguaglianza, del lavoro e della scuola. Il primo forum “Perché uguali” si svolgerà l’8 aprile, alle ore 15.00, in Sala del Tricolore a Reggio Emilia e avrà lo scopo di farci riflettere e discutere intorno alle disuguaglianze dei cittadini e alle continue distorsioni dei diritti inviolabili di dignità e uguaglianza, ben espressi nell’art. 3 della Costituzione. Parteciperemo anche, come già fatto in occasione del recente presidio davanti alla Prefettura a sostegno del Presidente Napolitano, a tutte le iniziative provinciali e nazionali che siano in ordine ai principi dichiarati nel nostro Statuto. (a cura di e.b.) LA RIFORMA politica DELLA GIUSTIZIA Un n articolo di Giancarlo Ruggier Ruggieri, ri, ex magistrato d di Co Corte d’Appello Il più grave problema che affligge la giustizia penale in Italia è costituito dalla durata del processo, tanto che, per tale disfunzione, il nostro Paese viene spesso condannato dalla Corte europea. Tale problema non sarebbe di difficile soluzione: in 24 ore di serio lavoro, un giudice, un avvocato ed un cancellerie, chiusi in una stanza, sarebbero in grado di sfornare un corpo organico di regole, semplici e funzionali, dirette a disciplinare il corso del processo penale. Un codice di procedura penale snello e semplificatore con precise e non numerose disposizioni, nell’ambito dei principi generali sanciti dalla Costituzione, quali il giusto processo, le garanzie per la difesa e l’interesse punitivo dello Stato (“ne cives ad arma veniant”). Di tutt’altro segno è il vigente sistema processuale, connotato da un barocco orpello di disposizioni, le quali, da un lato, nulla aggiungono all’esigenza difensiva di un giusto processo e, dall’altro, rendono assai arduo il cammino del processo verso la sua conclusione. Due metafore possono ben illustrare tale sciagurata situazione: 1. Il processo penale è come una corsa ad ostacoli, riservati, per altro, soltanto agli organi di giustizia, destinati, sovente, a cadere rovinosamente su di essi; 2. il processo penale è come il gioco dell’oca, nel quale, se si capita in certe caselle, si deve tornare indietro o, peggio, ricominciare da capo. E’ fin troppo facile immaginare che, in siffatto sistema, gli imputati facoltosi e potenti possano, per mezzo dei loro ben remunerati avvocati, sfruttare ogni insidia contemplata da norme farraginose e ridondanti, al fine di ottenere un esiziale rallentamento del processo, fino a beneficiare dell’anelata prescrizione. Orbene, la riforma voluta dall’attuale maggioranza di governo, lungi dal risolvere tali problemi, li esaspera, rendendo la giustizia penale ancora più inoffensiva nei confronti di chi detiene il potere politico ed economico. Esaminiamone alcuni aspetti. Si fa dipendere la perseguibilità dei reati da una sorta di “editto”, emanato ogni anno dal Parlamento, così da subordinare alle esigenze (o al capriccio) della maggioranza un dato prettamente oggettivo, quale è la legge penale, oggi presidiato dal principio di obbligatorietà dell’azione penale. La separazione delle carriere, poi, estromette il pubblico ministero dalla giurisdizione, riducendolo ad organo di polizia, dipendente dall’esecutivo. Di più, lo sganciamento della polizia giudiziaria da un immediato e diretto rapporto con l’organo inquirente renderà il pubblico ministero del tutto impotente, oltre che non più indipendente. Quanto alle intercettazioni, le quali, nell’attuale temperie costituiscono un insostituibile strumento di indagine, si prevede un meccanismo normativo fortemente limitativo, atto a renderlo inefficace. Che poi il contenuto di compromettenti conversazioni telefoniche, anche di valenza politica, vengano rivelate dalla stampa è solo un bene, perché l’opinione pubblica deve conoscere le malefatte dei suoi pubblici amministratori. La stampa – è stato detto – è il cane da guardia della democrazia. Il feticcio della privata riservatezza, invero, deve cedere alle superiori esigenze del democratico e sociale controllo, fermo restando il divieto di pubblicare conversazioni di carattere prettamente privato e prive di valenza processuale. La peregrina idea di fare eleggere i giudici dal popolo costituisce una vera è propria amenità. La scienza del diritto, invero, al pari di ogni altra branca del sapere umano, presuppone conoscenza e preparazione, che soltanto un arduo e pubblico concorso può verificare e garantire. Che anzi, il sapere giuridico ha la necessaria presunzione di estendere il campo della sua ricerca ad ogni settore dello scibile, dal momento che insegue le azioni degli uomini, le quali possono coinvolgere le più svariate discipline. Tali aspetti della riforma vulnerano gravemente principi di rango costituzione, quali l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, l’obbligatorietà dell’azione penale, l’imparzialità della funzione giudiziaria e la separazione dei poteri dello Stato. Quest’ultimo fondamentale principio anzi, faticosamente emerso dai lumi della rivoluzione francese, costituisce uno dei cardini dello Stato di diritto, talché la mortificazione della funzione giudiziaria e la riconduzione di ogni potere a quello di governo implicherebbero, senz’altro, la fine dello Stato moderno e democratico. Più che una riforma atta a migliorare e rendere più celere ed incisiva l’amministrazione della giustizia, si tratta di una riforma punitiva nei confronti dei magistrati, rei di aver osato, pur fra mille difficoltà, condurre indagini ed imbastire processi nei confronti di uomini politici, invece che occuparsi di immigrati di diverse etnie e colore. Del resto, quanto questo governo rispetti la giurisdizione è dimostrato emblematicamente dal fatto che un ministro della Repubblica abbia tenuto in spregio una decisione della Corte Suprema di Cassazione e che un presidente di regione si sia fatto beffe di una decisione del TAR, presumendo di saperne di più di tale specializzato organo di giustizia amministrativo (caso Eluana). Atteggiamenti che sarebbero inconcepibili in paesi di cultura democratica più radicata nei quali capi di stato e di governo sono caduti per molto meno. La strategia politica in atto nella fattispecie in esame è ormai consueta ed è quella di matrice craxiana: a fronte di un problema oggettivo, quale quello della giustizia penale, invece di risolverlo, lo si esaspera, onde additare i magistrati come colpevoli davanti alla pubblica opinione. E’ appena il caso di rilevare, a tal proposito, che “i giudici sono soggetti soltanto alla legge”, di modo che, se, loro malgrado, operano in modo inefficace, la causa non può che essere individuata nella cattiva qualità degli strumenti che essi devono adoperare. Orbene, tali strumenti sono le leggi e le leggi non le fanno i giudici, bensì il Parlamento. Per concludere, la riforma del processo penale voluta dall’attuale maggioranza di governo renderebbe la giustizia “forte con i deboli e debole con i forti”. Giancarlo Ruggieri aprile 2009 11 notiziario anpi esteri India-Paksitan Paksita Il 26 novembre scorso ha segnato un momento di particolare sconvolgimento nei precari equilibri del Subcontinente indiano. L’incredibile assedio di 60 ore, portato a compimento da dieci giovanissimi terroristi e subito dalla capitale dello Stato del Maharastra Mumbai, città di 14 milioni di abitanti, ha inferto un duro colpo d’immagine non solo per il governo Singh e per il partito del Congresso dell’India, ma anche per la riapertura del dialogo, avente per tema il destino del Kashmir, ripreso con il vicino pakistano, dopo l’elezione del nuovo presidente Asif Ali Zardari. Il Pakistan, accusato dal governo indiano di essere responsabile di quanto è avvenuto a Mumbai, respinge le accuse e precisa che quanto è successo è da imputare all’inefficienza ed all’incapacità dei servizi segreti indiani (RAW) e della sua agenzia di intercettazioni (NSA) che agendo in stretta collaborazione con l’agenzia per lo spionaggio elettronico degli USA, aveva trascurato i preavvisi pervenuti a metà ottobre. In verità le rivendicazioni dell’accaduto, inviate in via “remaliler” (per mascherare l’origine dei messaggi), non sono state in grado di nascondere l’origine dell’emittente. Il RAW, infatti, ha potuto attribuire i messaggi e quindi gli attentati al gruppo Deccan Mujahedin, un gruppo terroristico pakistano legato al SIMI, un movimento cioè degli studenti islamici dell’India, entrato da pochi mesi in azione e fautore dei cruenti attentati terroristici ad Ahmelabad Inoltre Azam Amir Qasab di 21 anni, unico terrorista sopravvissuto, ha dichiarato che tutti i componenti del gruppo terrorista, che ha messo a ferro e fuoco la città di Mumbai e in particolare l’hotel Taj Mahal, erano pakistani, addestrati dal LeT, gruppo terroristico finanziato dall’ISI (servizi segreti di Islamabad), gruppo che dagli anni ’90, rivendicando la liberazione del 12 aprile 2009 notiziario anpi La crisi del Subcontinente Indiano Kashmir, si attribuì la paternità di svariati attentati in India, tra i quali il clamoroso attentato al Parlamento di New Delhi del 2001. Da tutta questa serie di accertamenti e dalla ricostruzione dell’evento terroristico, (passato da Brescia?) condotta dei servizi segreti RAW, è emerso piuttosto chiaramente il coinvolgimento pakistano, per cui le accuse di responsabilità rivolte al vicino governo si facevano più serrate di giorno in giorno. Le accuse indiane hanno provocato l’immediata interruzione del processo di pace con il Pakistan in corso dal 2004, alzando la tensione tra i due Paesi ad un livello mai raggiunto negli ultimi quattro anni, portando a temere l’inizio del quarto conflitto Indo-Pakistano. Se un tale tragico evento non ha avuto seguito è stato solamente grazie alle dichiarazioni del premier Asif Ali Zardari che da Islamabad ed a nome del suo governo, ha respinto le accuse di un diretto coinvolgimento del suo esecutivo, garantendo, nel contempo, la piena disponibilità a cooperare per la cattura dei responsabili, se ancora presenti nel Paese. Passato il momento di particolare tensione è subentrato poi il rifiuto di consegnare venti presunti colpevoli, richiesti con un dettagliato elenco da New Delhi, giustificando il fatto con la mancanza di valide prove di colpevolezza a carico dei personaggi indicati. Il primo nome nella lista, che il governo indiano ha presentato al presidente Zardari, era quello di Dawood Ibrahim, potente mafioso indiano, ricercato per gli attentati, che nel 1993, sono costati la vita a 250 cittadini di Mumbai e il secondo nome quello di Hafiz Sace, fondatore del gruppo terrorista Lashkar-e-Toiba (LeT). La stampa internazionale, trattando con grande clamore, la vicenda di Mumbai, ha spesso accostato la stessa all’accaduto dell’11 settembre in USA, ipotesi ripresa anche dal premier indiano Manmohan Singh. In effetti, anche se è possibile ammettere alcune evidenti somiglianze, l’azione terroristica condotta sul suolo in- diano non è stata né la più cruenta e nemmeno la più grave nella tormentata storia dell’India. E’ certo peraltro, che l’hotel Taj Mahal in fiamme, la presenza di vittime straniere ed i continui riferimenti a Al Queda, hanno contribuito ad elevare il livello della paura tra la popolazione, in grado, quindi, di ricreare quel consenso pubblico, necessario più che mai al governo indiano, per rilanciare con durezza e maggiore determinazione la lotta al terrorismo. Sfruttando la tragica vicenda Mumbai, gli USA hanno visto l’opportunità di intensificare la propria azione anti-terroristica, partendo proprio dal Pakistan, accentuando i bombardamenti aerei, utilizzando i droni per attacchi missilistici “ciechi”, che non distinguono i talebani dai civili. L’India ha visto, nel contempo, la possibilità avvantaggiarsi, grazie all’evidente indebolimento di Islamabad, indotto dalle accuse di terrorismo, per recuperare punti più favorevoli nella trattativa sul Kashmir. Da rilevare, peraltro, che il colpo inferto all’India dall’incredibile successo terroristico degli attentati di novembre, ha indubbiamente indebolito anche il governo Sing, colpevole di non essere riuscito a fronteggiare con successo una singola emergenza terrorista. Le ormai imminenti elezioni politiche, potrebbero favorire, quindi, il partito nazionalista indù di opposizione Bharatiya Janata Party (BJP) di Vajpayee, da sempre più attento ai problemi della sicurezza interna. Il partito del Congresso, quindi, allo scopo di risollevare il proprio prestigio, ha puntato a scegliere e candidare personalità di grande prestigio. Una prima mossa è consistita nel nominare Chidambaran, autore del miracolo dell’economia indiana, al posto del dimissionario ministro dell’Interno Shivraj Patil. Ha chiesto ed ottenuto, inoltre, la dimissioni di Vilasrao Deshmuk, presidente del Maharastra, Stato di cui Mumbai è capitale. Di certo però l’ultima parola spetterà, come detto, ai cittadini-elettori, esasperati dall’inefficienza dei servizi anti-terro- India-P India an n “India e Pakistan, due potenze militari in possesso di arsenali atomici, con politiche, tradizioni e religioni assolutamente tra loro inconciliabili, sono oggi il perno, attorno al quale sta girando tutta la situazione del Subcontinente indiano.” esteri Da sinistra: India, Mumbai - Manmohan Singh - Il dramma dell’attentato a Mumbai - Asif Ali Zardari insieme alla moglie Benazir Bhutto, assassinata rismo del Paese e desiderosi di un vero cambiamento. Nel contesto di questa ingarbugliata situazione anche il Pakistan ha i suoi problemi, governato com’è da un presidente, che viene considerato “dimezzato”, a causa delle estreme ristrettezze in cui svolge la sua azione istituzionale, stretto com’è tra le pressioni americane, che vogliono estendere nel Paese la guerra condotta in Afganistan, l’insurrezione dei capi tribù dei territori tribali, l’ondata terroristica, la quale, con l’attentato all’hotel Marriott in Islamabad, ha dimostrato la sua efficienza e, da ultimo, l’inalterato potere dell’esercito. Il neo-eletto presidente Zardari, quindi, per affrontare, in queste condizioni, le tre grandi sfide, alla base del suo programma elettorale – la stabilizzazione della democrazia parlamentare, la lotta contro l’estremismo ed il terrorismo e la ripresa dell’economia in forte crisi – dispone di ridottissimi margini di manovra. In effetti, quando Asif Ali Zardari arriva al potere, sostituendo idealmente la moglie assassinata Benazir Bhutto, trova una situazione politica del Paese quasi incontrollabile, infilata nella trappola tra India e Afganistan, nella quale, fino ad allora, il Pakistan aveva evitato di cadere. Nel vicino Afganistan i talibani riguadagnano il terreno perduto, nonostante la presenza della Nato; in territorio pakistano gli insorti interni si rafforzano sempre più, tanto che nel Waziristan sud a Bajaur, tutte le agenzie della FATA (Amministrazione federale delle zone tribali) sono più o meno duramente colpite dalla insurrezione contro il governo, che perde anche la valle di Swat, dove le milizie vincenti del maulana Faziullah impongono la sharia, accettata forzatamente dal governo, con la convinzione che, aderendo al ricatto religioso degli insorti si possa porre fine all’attività militare nei territori tribali. In parallelo aumentano gli attentati suicidi nelle città pakistane, che a partire dal luglio 2007 hanno provocato più di 1200 vittime. Da ultimo si aggiungono le accuse da parte dell’India di avere favorito l’atto terroristico a Mumbai, che, di fatto, ha provocato il fallimento della positiva ripresa del dialogo sul destino del Kashmir, dopo l’incontro del 24 settembre con il primo ministro indiano Manmohan Singh. Nel contesto di una siffatta, complessa, quasi ingovernabile situazione, il notevole talento di negoziatore di Zardari si è dimostrato insufficiente ad affrontare gli enormi problemi politici e socioecono- a-Paksitan Paksitan mici del Paese. Gli USA hanno promesso un incremento dell’appoggio finanziario, ma con l’aumento del costo del petrolio e il calo degli investimenti stranieri (con il PIL in flessione del 50 percento), il Pakistan deve far fronte ad una pesante crisi di liquidità e alla debolezza delle sue riserve, chiedendo aiuti finanziari ad Arabia Saudita, Iran, Cina e a tutte le possibili organizzazioni internazionali più o meno amiche. India e Pakistan, due potenze militari in possesso di arsenali atomici, con politiche, tradizioni e religioni assolutamente tra loro inconciliabili, sono oggi il perno, attorno al quale sta girando tutta la situazione del Subcontinente indiano. Il dialogo per trovare soluzioni ai problemi aperti incontra ostacoli invalicabili e si trascina ormai da 40 anni senza trovare uno sbocco politicamente degno. Il terrorismo, inoltre, crea ulteriori e complesse difficoltà, che non possono essere celate dalla buona volontà dei politici e dalle conseguenti aperture diplomatiche. Tutti i problemi di fondo e in particolare “il groviglio del Kashmir”, rimangono ancora oggi irrisolti, originando di conseguenza una crisi in tutto il subcontinente indiano, di cui non si vede la fine. Bruno Bertolaso aprile 2009 13 notiziario anpi cultura REGGIO EMILIAViaggio Nella Memoria Due viaggi organizzati da ISTORECO in collaborazione con ANPI La partecipazione sempre crescente di studenti e di scuole, che per il 2009 supera tutte le precedenti edizioni, fa del Viaggio della Memoria una grande occasione di formazione, di educazione ai diritti umani e di preparazione ad essere cittadini del mondo attivi e consapevoli. La meta di quest’anno è la città di Berlino un grande museo a cielo aperto che offre una ricchissima possibilità di studio della storia contemporanea. I due turni, in cui era articolato il Viaggio 2009, organizzato da Istoreco in collaborazione con l’ANPI reggiana e il Comune e la Provincia di Reggio Emilia, hanno portato a Berlino complessivamente ottocento persone, quattrocento il primo e quattrocento il secondo. Il Viaggio ha visto la partecipazione del sindaco di Reggio Emilia Graziano Delrio, dell’assessore alla scuola Gian Luca Chierici della Provincia di Reggio Emilia e dell’assessore alla Solidarietà Marcello Stecco, del presidente del consiglio comunale Nando Rinaldi, degli assessori ttato verrà proie ar9 0 0 2 io Viagg Piazza M Il film sul re 20.30 (o e il r p a sabato 25 o - Reggio Emilia) gli tiri del 7 lu di Correggio Ilenia Malavasi e Marcello Bulgarelli e dell’assessore alla Scuola di Castelnovo Monti Giuliano Maioli. Ricordiamo, infine, le scuole che hanno “viaggiato” con Istoreco: CattaneoCastelnovo Monti, Russel-Guastalla, ex Motti convitto Corso-Correggio, EinaudiCorreggio, Gobetti-Scandiano e da Reggio Emilia: Spallanzani, Zanelli, Matilde di Canossa, Iodi, BUS Pascal, Tricolore, Filippo Re, Moro, ITI Nobili, Secchi. Il racconto di chi c’era È di 1066 chilometri, ossia sedici ore di pullman, la distanza fra la nostra città e Berlino, capitale della Germania e del Ricordo. Non sapevo cosa mi sarebbe accaduto, non conoscevo quei luoghi e quegli avvenimenti se non grazie a dei fogli sparsi di libri o articoli di giornale. Esserci catapultati, vedere con i propri occhi e sentire sulla propria pelle quel vento freddo è tutta un’altra cosa. Ciò che mi ha segnato maggiormente del campo di concentramento di Ravensbrück (a pochi chilometri dal centro della città), del museo e del monumento alle vittime dell’olocausto è quel silenzio così doloroso, così carico di solitudine che nessuna foto, nessun libro di storia può descriverti o fartelo immaginare. È al tempo stesso però un rumore assordante da cui non ti puoi staccare, che ti assorbe e ti consuma, che, se lo sai cogliere (cosa quanto mai più rara nel tran-tran della società di oggi, ti cambia profondamente. Molto spesso, durante quei giorni, mi è capitato di provare ad “immedesimarmi” in quelle persone imprigionate e private della propria umanità. È una sensazione strana e potente, che non avevo mai provato proprio perché non potevo sentirmi vicino a delle foto o delle descrizioni lontane dalla mia esperienza. Questo viaggio, questo percorso nella memoria ha reso tutto ciò possibile e, probabilmente, è proprio questo il suo significato. Ora posso davvero sentirmi vicino a quei luoghi e a quei fatti, posso credere di essere diventato parte di quella storia. Questo perché i miei occhi Le foto grandi in alto sono di Francesco Pattacini 14 aprile 2009 notiziario anpi “Io chiedo come può un uomo uccidere un suo fratello eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento, in polvere qui nel vento...” cultura Auschwitz, Francesco Guccini -BERLINO Il Partigiano Francesco Bertacchini Volpe Il Partigiano Bruno Friggeri Marcello Stecco, Graziano Delrio (foto di Gianni Marconi) hanno pianto le stesse lacrime degli internati senza nome e dignità, perché le mie mani si sono graffiate con lo stesso filo spinato che li opprimeva, perché il mio naso ha percepito lo stesso odore acre del sudore umano, perché la mia bocca ha assaporato lo stesso amaro silenzio che li circondava. Mi sono iniziato a chiedere al mio ritorno come potevo, prima di visitare questi luoghi, non sentirmi un uomo a metà, un antifascista a mezzo servizio non avendo mai visto o sentito sulla mia pelle sensazioni del genere se non attraverso qualche racconto di un partigiano o di un libro particolarmente intenso. Si dice spesso quando si va a visitare questi luoghi che la cattiveria umana non abbia “limiti”, quando ti ritrovi in mezzo a quella desolazione lo credi davvero. Tutto ciò che ti sta intorno è li proprio a confermartelo. I luoghi del ricordo sono stati allestiti proprio per questo, affinché nessuno dimentichi ciò che è stato. Il rischio che si corre però, ed è intuibile in certi posti, è che tut- to ciò diventi un business sulla memoria, che tutte queste sensazioni vengano trasportate nel vortice del consumismo sfrenato. Il compito di quelli come me, che hanno sentito le stesse sensazioni o che le hanno vissute sulla propria pelle è evitare che accada una cosa del genere così da estendere i propri sentimenti anche a chi, nel campo, non c’è mai stato né prima, né dopo. C’è una camera all’interno dello Jüdisches Museum (museo del ricordo dell’olocausto ebraico) che mi ha segnato particolarmente. È chiamata “stanza delle maschere” perché al posto del pavimento sono state collocate delle maschere nude, senza particolari e tutte uguali, che richiamano evidentemente alle vittime, sulle quali puoi camminare. Ad ogni passo le maschere si spostano ed ogni movimento causa un rumore metallico agghiacciante, che ricorda delle urla strazianti. Mentre passeggi tra questi visi tutti uguali che urlano, che magari chiedono aiuto capisci di essere un “sopravvissuto” che guarda gli avvenimenti dall’alto, distanti e non pro- va su se stesso il dolore fisico, mentale e psicologico che hanno provato quelle povere vittime. E tutto ciò è agghiacciante perché è la condizione in cui la maggior parte, di cui facevo parte prima di recarmi in quelle zone, vive: estraniato da certe tematiche perché le sente lontane e non personali. Per lo stesso motivo, per un distacco così sottile e invisibile, molti ragazzi si allineano all’ideale fascista. L’ignoranza li porta a considerare le cose al di sopra del proprio vissuto e non le fa sentire sulla propria pelle. Forse è ora che quelle persone si facciano anche loro un viaggio nel ricordo, così da fargli riflettere se la loro condotta politica e morale sia giusta o se non sia nient’altro che un ulteriore colpo di pistola nel corpo di sei milioni di persone uccise. Francesco Pattacini aprile 2009 15 notiziario anpi cultura MOMENTI DI RESISTENZA Il 27 febbraio e dintorni Faik aspetta già da un po’, è arrivato presto tra le persone che affollano la piazzetta antistante i locali della mostra, osserva impaziente il taglio del nastro, poi, mentre la sala si riempie di persone, prende per mano la moglie e il figlio e si catapulta all’interno. Si guarda intorno e vede l’oggetto di tanto affanno, tende la mano all’onorevole Rosy Bindi e finalmente glielo dice: “Anche io sono italiano!”. Così il 27 Febbraio a Fabbrico, ogni anno da 64 anni, oltre che ricordo della liberazione del paese dall’oppressione nazifascista, diviene simbolo di lotta alle nuove ingiustizie, alle nuove discriminazioni, simbolo d’identità di un paese che, con i suoi vecchi e nuovi cittadini, ripropone e si riconosce, in modi sempre nuovi, nei valori della Resistenza. Attorno al 27 febbraio ruota un calendario ricco di appuntamenti. Sabato 21 febbraio presso i locali della biblioteca ”S. Allende” è stato presentato il catalogo della mostra fotografica-documentale, realizzata nel 2007 dall’ANPI locale, dal titolo L’altra metà della storia. Il contributo delle donne reggiane dalla Resistenza a oggi. Hanno presenziato il sindaco Roberto Ferrari e Lella Vinsani, storica di Istoreco, che ha illustrato la storia delle donne dal Novecento a oggi mettendo in risalto il ruolo, tante volte invisibile e non riconosciuto, delle donne nella Resistenza, nella famiglia e nella società. Un la- 16 aprile 2009 notiziario anpi voro dedicato alle donne, a quell’universo femminile che ha tanto sofferto e lottato e che proprio grazie a questo impegno e a queste battaglie, ha compiuto importanti conquiste. Sabato 28 Febbraio sempre presso la biblioteca, lo storico Massimo Storchi ha presentato il suo libro Il sangue dei vincitori. “Una puntuale ricostruzione di cosa è realmente avvenuto a Reggio Emilia nell’intervallo che va dal 25 luglio 1943, data della destituzione di Benito Mussolini, fino alla Liberazione d’Italia, e, oltre l’amnistia del 1946. Ricostruzione basata su documenti e testimonianze ufficiali, utilizzando per la prima volta gli atti della Corte d’Assise Straordinaria di Reggio Emilia”. Storchi nella stessa mattinata aveva incontrato nella sala A. Moro in Municipio, gli studenti della Scuola media di Fabbrico. 27 febbraio La giornata del 27 è stata come sempre molto partecipata e ricca di eventi. E’ partita con l’inaugurazione della mostra “I valori e la memoria”, di proprietà dell’ANPI di Modena, allestita da Gianni Carino in collaborazione con l’ANPI di Fabbrico, l’amministrazione comunale di Fabbrico e il gruppo “Cittadini per la pace di Fabbrico e Rolo”. La mostra ha visto quindici disegnatori e fumettisti, che si esprimono attraverso una serie di vignet- te, sul tema dei valori manifestati dalla Resistenza, contemplati e garantiti dalla nostra Costituzione. I diritti e i doveri, il senso civico del proprio ruolo di cittadino e non di suddito, sono i paletti in cui si infila questo slalom di ironia, disegnando un quadro della realtà italiana pungente e critico. Come ogni anno poi dalla piazza è partito il corteo, sempre più numeroso, vuoi anche per la complicità della bella giornata di sole, che dalle vie del paese si snoda fino al luoghi dov’è avvenuta la battaglia. Come ogni anno hanno sfilato ospiti importanti quali l’onorevole Rosy Bindi, i sindaci della provincia di Reggio Emilia, con i gonfaloni dei paesi, rappresentanti dell’ANPI provinciale, l’ANPI di Campegine e una folta rappresentanza del Museo Cervi, con il marito e le nipoti di Maria Cervi. Come ogni anno davanti al monumento simbolo della battaglia partigiana si ritrova un gruppo sparuto di persone, simbolo di un’Italia retrograda ed antidemocratica, che la Resistenza pensava d’aver sconfitta, ma che, in questi tempi di revisionismo, torna più forte a pretendere l’assurdità di un’equiparazione tra partigiani e fascisti. Italo Calvino con queste parole non lasciò spazio a dubbi: “Dietro il milite delle Brigate nere più onesto, più in buonafede, più idealista, c’erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere di tortura, le deportazioni e l’Olocausto; dietro il partigiano più ignaro, più ladro, più spietato, c’era la lotta per una società pacifica e democratica, ragionevolmente giusta, se non proprio giusta in senso assoluto, che di queste non ce ne sono”. Di ritorno dal corteo il sindaco Roberto Ferrari e l’onorevole Rosy Bindi hanno ricordato che la battaglia avvenuta sul suolo fabbricese 64 anni fa, fu una battaglia dei fabbricesi, che si trasformò in una lotta e in una consapevolezza non solo del nostro paese, ma di tutta Italia. Toccante e profonda anche la presenza di Salvatore Gibiino, a Fabbrico presidente della Cooperativa Pio La Torre, che, durante il pranzo di beneficenza svoltosi alla mensa comunale, ha testimoniato le difficoltà quotidiane incontrate nella coltivazione di terre confiscate alla mafia in Sicilia, ma accanto ai problemi, anche l’amore, la dedizione ad una terra troppe volte violentata e il coraggio di questi ragazzi a non lasciarsi vincere dalla paura, “chi ha paura – diceva Giovanni Falcone – muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. La giornata si è poi conclusa con la Fiaccolata per la Pace, dedicata alla vittime di Gaza ed organizzata dai Cittadini per la Pace di Fabbrico e Rolo e la sezione ANPI di Fabbrico. Al termine della fiaccolata tante persone hanno assistito al teatro Pedrazzoli alla proiezione del film Sopra le nuvole a cui erano presenti gli autori Sabrina Guigli e Riccardo Stefani. Ambientato nell’Appennino Emiliano, il film racconta i due episodi realmente accaduti durante la seconda guerra mondiale: l’eccidio di Monchio del 18 marzo 1944 in cui morirono 130 civili tra cui donne, bambini e uomini e l’eccidio di Cervarolo di Villa Minozzo il 20 marzo 1944 con 24 uomini uccisi, perpetrati dalle truppe tedesche della divisione Hermann Goering nel tentativo di indivi- cultura duare i ribelli e i partigiani. Il film interpretato da persone del luogo, attori non professionisti, non si limita però al resoconto di quei tragici avvenimenti, ma descrive la vita, le abitudini e le tradizioni della povera gente, raccontando le vicende di varie famiglie. La Resistenza, la lotta partigiana diviene ogni anno occasione per non dimenticare, per riempire di nuova forza i valori costituzionali scaturiti da questo momento culminante della nostra storia. Albert Kesselring, comandante delle forze tedesche in Italia, mai pentito per gli eccidi commessi, dichiarò che gli italiani, per il bene che aveva fatto loro, avrebbero dovuto erigergli un monumento. E un monumento al comandante, o meglio una lapide, c’è, a Sant’Anna di Stazzema, su cui sono impresse per sempre queste parole: “Lo avrai/camerata Kesselring/ il monumento che pretendi da noi italiani/ma con che pietra si costruirà/a deciderlo tocca a noi./Non coi sassi affumicati/ dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio/non colla terra dei cimiteri/dove i nostri compagni giovinetti/riposano in serenità/ non colla neve inviolata delle montagne/che per due inverni ti sfidarono/non colla primavera di queste valli/che ti videro fuggire./Ma soltanto col silenzio dei torturati/Più duro d’ogni macigno/soltanto con la roccia di questo patto/giurato fra uomini liberi/che volontari si adunarono/ per dignità e non per odio/decisi a riscattare/la vergogna e il terrore del mondo./Su queste strade se vorrai tornare/ai nostri posti ci ritroverai/morti e vivi collo stesso impegno/popolo serrato intorno al monumento/che si chiama/ ora e sempre/RESISTENZA” (Piero Calamandrei). Chiara Preti Fiorenza Bigi sezione ANPI Fabbrico Il sindaco Roberto Ferrari, la senatrice Albertina Soliani, Rosy Bindi, Sonia Masini Lella Vinsani (a destra) aprile 2009 17 notiziario anpi cultura “Ai famigliari e a noi giovani è rimasta la voglia di giustizia...” Pubblichiamo l’intervento di Italo Rovali, presidente del Comitato famigliari delle vittime della strage di Cervarolo del 20 marzo 1944, pronunciato in occasione nel 65° anniversario dell’eccidio, il 22marzo scorso. Strage di Cervarolo A nome mio personale, del Presidente dell’ANPI Giacomo Notari, del Presidente dell’ALPI Danilo Morini e dei famigliari delle vittime porgo un sincero saluto e un ringraziamento per essere vicino a noi, alle autorità civili, militari e a tutti voi che oggi siete presenti in segno di solidarietà e partecipazione per i fatti che oggi si vanno a ricordare. Il giorno 15 marzo 1944 a Cerrè Sologno, a pochi chilometri da quest’aia, si ha il primo scontro tra giovani gruppi di partigiani, in fase di formazione e truppe tedesche miste a militari della GNR. Dallo scontro, aspro e cruento, escono vincenti, ma con gravi perdite i partigiani. In settanta, nel loro spostamento, prima di sciogliersi sul versante modenese, arrivano, laceri, affamati e sfiniti, il giorno 17 a Cervarolo. Qui a “Cadgianica” la casa del mezzadro del prete, al civico 41, si rifocillano e pernottano. Cervarolo allora era un paese non allineato con il potere fascista, a differenza dei paesi limitrofi, qui vivevano e avevano la famiglia antifascisti che si opponevano a viso aperto al regime; poi passati nei ranghi dei partigiani, come Vincenzo Costi, Attilio Paini, Attilio Alessandri. 18 aprile 2009 notiziario anpi La gente non negava a nessuno di passaggio, il pane nero, la polenta di castagno o di neccio, il latte. Ciò aveva insospettito il regime fascista di allora e significativa appare ora la strana visita di un sedicente avvocato che il primo marzo di quell’anno, al fine di conoscere i nomi degli antifascisti interrogò, senza risultato il parroco don Pigozzi. Il giorno 19, domenica di san Giuseppe, lunghe file di militi fascisti della GNR e di tedeschi, provenienti da Villa Minozzo, salirono a Cervarolo. Non trovarono uomini adulti nel paese, che impauriti si erano rifugiati nei boschi circostanti. Informarono le donne di far tornare gli uomini, perché se li avessero trovati nei boschi, li avrebbero considerati tutti partigiani e passati per le armi. Infine lasciarono Cervarolo diretti a Gazzano. Le donne impaurite, richiamarono in paese gli uomini e scattò così la trappola. La mattina del giorno 20 dalla “Calcinara” arrivò la Terza divisione corazzata “Hermann Goering”, comandata dall’ufficiale Hermann von Poschinger. Furono i militari fascisti della 79a Legione della GNR che diedero i numeri civici delle abitazioni delle persone da uccidere per primi, perché l’azione di rappresaglia fosse ancora più mirata e micidiale. I fonogrammi con gli ordini, portano le firme del tenente Galeni, del capitano Pilati, del colonnello Onofaro. I fascisti, scrissero su un foglio in un italiano corretto il civico 5, dove vennero uccisi subito, Ennio Costi e il figlio Lino, padre e nipote del partigiano Vincenzo. Fu un pregiudicato, il camerata Mauro Magnani, la spia fascista che lo stesso giorno guidò il braccio armato tedesco a Cervarolo. Furono i fascisti la causa di questo eccidio, i primi ad arrivare e gli ultimi a lasciare il paese. Abbiamo i nomi degli iscritti, di 63 gerarchi e stiamo studiando la loro responsabilità penale, perché l’amnistia non copre crimini compiuti “con particolare efferatezza”. Ricordo che da bambino, uno dei tre sopravvissuti, zio di mio padre, Olinto Alberghi, mi raccontava che sepolto dai corpi, dal sangue e dai brandelli umani dei morti sopra di lui, sentì chiaramente pronunciare in dialetto della pianura reggiana, la frase: “Questa volta li abbiamo sistemati questi partigiani”. Erano civili inermi, contadini; mio bi- I responsabili a processo cultura snonno Antonio ottantaduenne, era paralizzato da tre anni, fu buttato giù dal letto e trasportato a peso davanti al plotone di esecuzione in barella. Emilio era incapace di intendere e volere e aveva preso questo atroce gioco di morte, come una rappresentazione fuori tempo, del maggio popolare. Cesare Borea, infermo trascinato a peso nell’aia. Armido e Italo, diciassettenni. Fino al sacrificio di don Giovan Battista Pigozzi, umiliato, denudato e deriso, perché si rifiutò di firmare un foglio con scritto che quegli uomini erano partigiani. E le nipoti, che solo dagli interrogatori arrivati dalla Germania, si è saputo del grado di umiliazione, che le stesse sono state costrette a subire. Razziarono il bestiame, incendiarono il paese e i corpi nell’aia. Dopo la strage, la gente visse di elemosina e di pane ammuffito bagnato dalla neve, in caverne ricavate nella roccia del sovrastante monte Beccara. Incendiarono anche Case Pelati nell’agosto 1944. Qui oltre la linea gotica si doveva creare terra bruciata. Rimasero trenta orfani e quindici vedove, di cui una sola ancora vivente. Qui sono mancate due generazioni. Io non ho mai conosciuto il nonno, altri il padre, lo zio, il fratello. Cervarolo e la mia gente è un paese che sta ancora pagando per questo. Ai famigliari e a noi giovani è rimasta la voglia di giustizia e di sapere la verità. Non è mai cessato lo spirito di capire, chi avesse ucciso e perché. Io ne ho studiato l’aspetto giuridico. Per Simona è stata la sua tesi di laurea. Riccardo e Sabrina ne hanno tratto un film bellissimo Sopra le nuvole, proprio oggi nel 65° anniversario dell’eccidio, contemporaneamente proiettato a Roma e a San Francisco. Per questo sacrificio, il comune di Villa Minozzo è stato insignito medaglia d’argento al valor militare, il 6 marzo 1950, dal Presidente del Consiglio dei Ministri Alcide De Gasperi. Finita la guerra, il comando dei servizi segreti britannici, raccolse le denunce delle vittime di questo e di altri 2274 atroci crimini di guerra, compiuti dai nazifascisti in Italia. Seicentonovantacinque fascicoli vengono consegnati ai giudici italiani, con il titolo “Atrocità in Italia” e con stampigliato il timbro “Secret”, che nel 1960 la Procura Militare di Roma pone in “Provvisoria archiviazione”. Resta da capire, chi abbia deciso quell’archiviazione provvisoria, procedura non prevista dal CPP. Non esiste oggi e non esisteva allora la “Provvisoria archiviazione”, quando il c.p.p. del 1930 già prevedeva l’obbligatorietà dell’azione penale. Il tutto viene chiuso nell’ “Armadio della vergogna” con l’apertura verso il muro, protetto da un cancello in ferro, in uno sgabuzzino di Palazzo Cesi a Roma, cancelleria della Procura Militare. Siamo al governo Tambroni e ai martiri del 7 luglio. Questa la dice lunga sull’atmosfera degli anni Sessanta. Solo nel 1994, il Procuratore Antonio Intelisano, scopre l’armadio. Oggi, a 65 anni dall’eccidio, questa cerimonia ha un valore molto particolare. Il Procuratore della Repubblica della Procura Militare della Spezia, Dott. Marco De Paolis, dopo aver acquisito il fascicolo su questa strage, occultato nell’Armadio della vergogna, ha aperto l’istruttoria. Ha compiuto 50 rogatorie internazionali, trovando la collaborazione della polizia tedesca, che ha sequestrato un diario di guerra dell’ufficiale Wolfgang Bach, che ricostruisce con dovizia di particolari, movimenti, azioni di guerra, luoghi e nomi di persone. Sono state acquisite agli atti, intercettazioni telefoniche provanti le responsabilità penali e rinviati a giudizio sette graduati che costituiscono la catena di comando. Ma a questi se ne aggiungeranno presto altri. Ho incontrato per la prima volta il Procuratore dott. De Paolis nel 2006 e da allora ne vivo l’amicizia. Una persona eccezionale, un grande tecnico del diritto, dal quale ho imparato molto. La sua dedizione, professionalità e sensibilità umana, l’ha portato tre volte a Cervarolo. Ha voluto fare il percorso fatto dalle truppe, si è fermato negli stessi luoghi, è andato a casa dei testimoni oculari, ormai vecchi e malati, che hanno riconosciuto le divise, i distintivi, le armi usate dalla 3a compagnia Hermann Goering. Ha saputo toccare con mano il desiderio di giustizia che ci accompagna. Ha riordinato carte impolverate e ingiallite dal tempo e costruito intorno a sé una squadra investigativa efficientissima. Gli ho fornito documenti, dal 1942 ad oggi, sono stati verbalizzati venti testimoni che saranno sentiti in aula al processo. La mia gente gli ha aperto il cuore e i ricordi. Italo Rovali e Massimo Storchi aprile 2009 19 notiziario anpi cultura Mi sono avvalso dalla collaborazione dell’amico e storico Massimo Storchi di Istoreco e del Presidente dell’ANPI Giacomo Notari. Persone e istituti questi, che oggi una becera destra vorrebbe togliere dalla faccia della terra, togliendo così la memoria storica alla gente. Così la corrispondenza di percorso, luoghi, testimonianze, documenti, intercettazioni e non ultimo il diario, hanno fatto chiudere a cerchio il quadro accusatorio, grave, preciso e concordante. Ora inizia il processo, non un processo alla storia, a categorie astratte, ma a individui che hanno compiuto delle atrocità indossando determinate divise. Causando un danno oggettivo, storico e morale alla comunità. Un segno di civiltà da parte di uno Stato, che purtroppo non sempre si dimostra all’altezza. Alcuni sostengono che si tratti di ordini, eravamo in guerra e nell’esercito gli ordini vanno eseguiti. Non è vero, lo dice il Codice militare di guerra del 1941, il militare può rifiutarsi quando l’ordine è “chiaramente criminoso”. E poi deve rimanere una memoria autentica, contro tentativi di manipolazione e di becero revisionismo storico. Un pessimo esempio lo possiamo trovare oggi nella proposta di legge n. 1360 del giugno 2008, che propone l’istituzione dell’“Ordine del Tricolore”, che vuole parificare i partigiani agli appartenenti alla repubblica di Salò, alla X Mass, alla brigata nera. Tutti insieme, vittime e carnefici, chi lottava per i valori scritti con il sangue nella Costituzione del 1948 e chi a questi valori si opponeva con le armi in pugno. Sette sono fino ad ora gli imputati, ma presto se ne aggiungeranno altri. Questi i capi d’imputazione: violenza con omicidio, art. 185 CPM di guerra e art. 575 c.p. con le circostanze aggravanti degli artt. 112-577-61 CP per aver determinato i sottoposti a commettere reato; aver agito per abbietti e futili motivi; con sevizie e crudeltà; approfittando di persone inermi. Accuse pesanti come macigni e con aggravanti che trasformano il reato in omicidio volontario, punito con l’ergastolo, la cui pena è imprescrittibile. Rimanete vicino a noi, in questa battaglia di affermazione della giustizia. Grazie a tutti voi. Italo Rovali 20 aprile 2009 notiziario anpi La battaglia di Cerré Sologno Pubblichiamo la lettera del 16 marzo 1950 di Didimo Ferrari (19121959), il partigiano Eros, inviata dalla latitanza ravennate alle figlie, Anna e Maura, in cui racconta lo scontro fra partigiani e truppe nazifasciste il 15 marzo 1944. Care le mie bambine, Voi Vi domanderete come e perché il Vostro papà ha una decorazione, una medaglia d’argento. Dato che oggi ricorre il sesto anno della battaglia per la quale sono stato decorato, Vi voglio raccontare qualcosa in merito. Dovete sapere che nel 1944 tutti i bravi italiani lottarono contro i tedeschi ed i fascisti. Per i fascisti erano suonate le ultime ore della loro esistenza, dopo più di venti anni di ingiustizie e di oppressioni. Era perciò naturale che io fossi tra coloro che lottarono con le armi contro i nemici, contro i nemici dei lavoratori; anch’io volevo lottare con le armi contro questi nemici perché non mi sarei mai perdonato la qualifica del vigliacco. Dovete imparare fin da ora che il vigliacco e l’indifferente ai problemi vitali del suo tempo è l’essere più spregevole che possa esistere. Vi confesso però che non andavo di fronte al pericolo, di fronte alla morte, senza timore. Ma era una necessità morale, come è un dovere dare la caccia ad una belva feroce fuggita da un serraglio. Dunque anch’io mi sono fatto partigiano ed ho partecipato alla guerra di liberazione. Tutti i compagni partigiani mi volevano bene e mi elessero loro commissario politico. Era una carica molto importante e vi confesso che ero orgoglioso, come sono anche orgoglioso della decorazione; del resto tutti gli uomini sono orgogliosi quando ricevono incarichi importanti. Ma era anche una grave responsabilità e temevo sempre di sbagliare perché mi sembrava un compito superiore alle mie forze ed alle mie capacità. E’ vero che avevo passato tanti anni di confino e di carcere; ma ero sempre un bracciante di fronte a dei partigiani che avevano studiato, che avevano frequentato le scuole superiori e che ora erano laureati. Io ero solo un comunista ed un antifascista. Ma poi mi convinsi che anche i partigiani laureati avevano fiducia in me, e ciò mi dava maggior animo. Non dovete credere però che fossero molti i partigiani laureati o già ufficiali dell’esercito: si contavano sulle dita, mentre la stragrande maggioranza erano operai o contadini. Ma io mi dilungo in questioni secondarie, senza entrare nell’argomento. Ora però vi accontento subito. Dopo dieci giorni che ero su in montagna si decise di attaccare dei presidi fascisti. Quello di Gatta e quello di Ligonchio. Partimmo dalla nostra base nelle prime ore della notte e, allo scopo di attaccare contemporaneamente i due presidi, ad un certo punto ci dividemmo in due cultura colonne. Io facevo parte della colonna più numerosa, quella che avrebbe dovuto attaccare Ligonchio. Mentre però tutto andò bene per l’attacco di Gatta, la mia colonna dovette fermarsi a metà strada, a Cerrè, per causa della troppa neve, non prevista, e rimandare l’attacco per il giorno dopo. Dovete sapere che Cerrè è un piccolo paese, sperduto negli appennini reggiani, privo di strade, con le vecchie case in mezzo a grossi ed alti castagni. Metà di queste case sono al piede di un colle, l’altra metà di sopra. Così gli abitanti hanno diviso il paese in “Cerrè basso” e Cerrè alto”. Noi ci eravamo fermati a sparpagliati nelle case e nelle stalle di Cerrè alto. Fu dopo due ore circa, già mattino alto, che due montanari ci avvertirono della presenza di tedeschi e fascisti in “Cerrè basso”. Dato l’allarme, ci mettemmo in formazione di combattimento. Sia per noi che per i nazifascisti fu una sorpresa. Noi non sapevamo in quanti erano, ma anche loro non sapevano nulla di noi. Dopo di averli sconfitti sapemmo che erano una compagnia con più di cento... ma non voglio anticiparvi le fasi del racconto… I nazifascisti erano armatissimi, mentre noi eravamo venticinque partigiani con poche armi. Dato poi che per molti partigiani era il primo combattimento, come era per me, potete immaginare in che condizioni ci trovavamo. Ad aggravare la situazione avvenne che nella prima ora di combattimento ci uccisero tre partigiani e ci ferirono gravemente il comandante e il vice comandante. La situazione diventava disperata: subentrò un certo panico tra i partigiani e qualcuno cercava di scappare. Allora io ebbi molta paura. Pensai che se fossero scappati ci avrebbero inseguiti e uccisi tutti. Visto un gruppo di partigiani che si allontanava da una postazione, senza una ragione plausibile, sparai un colpo di rivoltella per aria e gridai “Fermi tutti”. Dopo di essermi avvicinato a loro dissi: “Non dobbiamo fuggire… non dobbiamo essere dei vigliacchi!… Abbiamo già dei morti, dei compagni caduti… dobbiamo vendicarli!! Si vedeva nei loro volti una grande paura, ma si capiva che non erano dei vigliacchi. Sentivo che provavano quello che prova- vo io. Ma invece di tirare la conclusione di essere più decisi e di resistere, credevano di fare meglio a scappare. Convinto di ottenere un ottimo effetto dissi loro ancora: “Chi si sente comunista stia qui con me, e chi crede che per fare un partigiano bisogna scappare se ne vada via, ma senza armi”. Quanta gioia provai vedendo che nessuno si allontanava. E’ vero che lo dissi con fare eccitato; ma capivo che rimanevano perché erano bravi e non perché avessero avuto paura della mia rivoltella. Dato che la situazione non era mutata con le mie parole, ed i partigiani mi guardavano come per dire. “va bene, noi restiamo qui; … ma… come pensi di risolvere la situazione!!! “Sempre con energia aggiunsi: Ora dobbiamo snidare quella raganella (un mitragliatore tedesco) chi viene con me? Siamo sufficienti in sette od otto. Gli altri devono stare qui e proteggerci con i loro fucili. Ricordo tutto come se ancora ora stessi per fare la stessa cosa. Capivo che bisognava dare l’esempio e che era il momento di mettere in pericolo la propria vita per sollevare quella dei miei compagni. Per salvarci bisognava vincere ad ogni costo. Il primo a dire “vengo io” fu il partigiano “Mollo”, un giovane veramente straordinario, che voi dovete sempre ricordare; Egli è stato veramente un eroe. Poi altri seguirono l’esempio di “Mollo” In quell’attacco furibondo “Mollo” mi salvò la vita. Per sparare contro una finestra, da dove partivano raffiche di mitraglia, mi ero portato dietro una spigolo di una casa, ma non avevo visto che un fascista al mio fianco controllava la zona. Fu un attimo. “Mollo” mi buttò a terra con uno spintone, Sentii una scarica sopra di me e poi lo scoppio di una bomba. Era stato “Mollo” a gettare la bomba contro il fascista che mi aveva sparato addosso. Il fascista non sparò più su nessun partigiano e, dopo una lotta di circa mezz’ora nella quale un altro nostro partigiano rimase ferito gravemente, noi sette riuscimmo a far tacere la raganella. Fu l’inizio della ripresa. I partigiani ripresero fiducia in loro stessi e la compagnia nazifascista venne distrutta. E’ stata una bella vittoria, una delle più belle di tutte la lotta partigiana. Vedete mie care bambine come bisogna Nella pagina accanto: 22 marzo 2009 Cerrè Sologno. Corteo verso il luogo della commemorazione. Da sinistra: Anna Ferrari, Fiorella Ferrarini (ha tenuto l’orazione ufficiale), Giacomo Notari e Paolo Bargiacchi 009 2 e r ob rio a 7 ott s r e nniv a ° 0 5 e di t r o m della rari r e F o Didim Quest’anno ricorrerà il 50° della morte (7 ottobre 1959) di Didimo Ferrari, Eros, il commissario generale del comando unico delle brigate partigiane reggiane. Figura assai controversa, meriterà che in occasione della ricorrenza torniamo sulla sua breve drammatica esistenza anche per il ruolo di primo piano avuto nella guerra di Liberazione. Quando morì aveva soltanto 47 anni, dieci dei quali passati tra carcere e confino per la sua militanza nel PCI clandestino fin dal 1932. Su questo numero, dove si ricorda anche la battaglia di Cerré Sologno, pubblichiamo il racconto (inèdito) che su tale evento Eros scrisse per le sue bambine quando dovette rendersi latitante per sottrarsi al mandato di cattura quale favoreggiatore degli autori dell’omicidio dell’ing. Vischi. Guerrino Franzini ci ricordava come Eros abbia vissuto gli ultimi anni (dopo essere stato amnistiato) “nella speranza, sempre delusa, di veder riaperto il procedimento e di poter provare la sua estraneità al fatto”. aprile 2009 21 notiziario anpi cultura sempre avere fiducia di noi stessi e dei nostri compagni! Io ho accettato volentieri la decorazione per quella battaglia, ma il merito della vittoria fu di tutti i partigiani, perché dopo il superamento del primo smarrimento si sono comportati tutti bene. Pensate che ben sette compagni sono morti e dodici feriti più o meno gravemente per distruggere la compagnia nazifascista. “Mollo” quella volta si salvò, ma due mesi più tardi, ancora nel tentativo di aiutare dei compagni, ci lasciò la vita. L’abbiamo proposto per la “medaglia d’oro”. Ricordatevi sempre della lotta partigiana, che è stata una lotta per la dignità d’Italia, contro i nemici del popolo. Ancora oggi il popolo lotta perché i principi della liberazione non siano calpestati e possano finalmente trionfare. Quando non sarete più bambine continuate anche voi su questa strada, sempre con i lavoratori, sempre con il popolo. Vostro papà Ventinove presentazioni, e si continua... IL SANGUE DEI VINCITORI Il libro di Massimo Storchi Il sangue dei vincitori (Editore Aliberti, 2008), a quasi un anno dalla sua uscita è già arrivato alla seconda edizione e continua a riscuotere interesse e attenzione. Da Bergamo a Pistoia, da Parma a Imola, da Firenze a Ravenna, le presentazioni sono sempre affollate e le tante domande del pubblico, fatto in gran parte da giovani, confermano il bisogno di tornare ad una storia che riparta dalle fonti, dai dati di fatto. Dopo le tante campagne mediatiche contro l’antifascismo e la Resistenza, campagne costruite su una lettura parziale e strumentale della vicenda italiana del ’900, il saggio di Storchi riporta il dibattito storiografico alla realtà, ripercorrendo la tragedia della Repubblica di Salò, la ferocia della repressione fascista e nazista nei venti mesi di occupazione, l’impunità riservata ai carnefici con l’amnistia, la vendetta e il desiderio di giustizia delle vittime di tanta ferocia. Per un libro che racconta la storia di una provincia partigiana, 29 presentazioni (e saranno oltre 35 a fine aprile) sono davvero tante, ma è la conferma del desiderio diffuso di riappropriarsi del proprio passato, di uscire dall’uso politico della storia per tornare alle radici ideali della nostra libertà. Senza censure e senza silenzi di comodo sull’intero arco della vicenda del novecento italiano. (g.b.) NOVITA’ EDITORIALI I nuovo libro Il d di Giannetto Magnanini, lla biografia di Attilio Gombia, 112,00 euro 22 aprile 2009 notiziario anpi memoria Una legge da cialtroni e un prete di montagna Pensieri di una mattina al Poligono Il 30 gennaio ricorreva il 65° anniversario della fucilazione di don Pasquino Borghi e dei “suoi”. Cerimonia al Poligono di tiro, intervento del sindaco Delrio che, parlando a braccio, ha detto cose giuste e sagge. E mi veniva in mente il progetto di legge n. 1360 che un pugno di “onorevoli” (fra cui anche un reggiano) hanno presentato alla Camera. Pacificazione? Certo!Ancora meglio parificazione. Tutti uguali. Stessa dignità a tutti. A don Pasquino e a chi gli sparò il colpo di grazia, a Enrico Zambonini, anarchico di Secchio e a chi andò ad arrestarlo per portarlo al carcere e alla morte senza uno straccio di processo, ai padri di famiglia di Rio Saliceto e Correggio e a chi decise che, senza colpa, dovessero morire. Purtroppo una morte violenta ci ha strappato galantuomini come Enzo Savorgnan, Capo della Provincia, Armando Wender, federale del PFR, altrimenti anche per loro, finalmente, sarebbe giunto il momento del riscatto. Tutti uguali, tutti pari. Mi chiedo allora in che razza di Stato siamo finiti, a che punto di putrefazione etica e culturale è giunta questa classe politica che cancella, rimuove, parifica. Mi chiedo anche che istruzione è stata data in questi anni e che istruzione i nostri figli trovano nelle nostre scuole, dove a insegnanti preparati e motivati al limite del martirio si affiancano altri cialtroni, bigotti, ignoranti. Stessa paga, parificati anche loro. Da questa scuola che non insegna valori, etica, che massacra la nostra cultura antica e moderna, cosa aspettarci? L’altra mattina guardavo il Poligono di tiro dove i Cervi, don Pasquino e i suoi chiusero le loro vite. Vite vissute bene, a schiena dritta, con dignità. Mi chiedevo anche, da credente, perché con le migliaia di santi sfornati a getto continuo negli ultimi anni (anche monsignor Stepinac, il vescovo croato antisemita) a nessuno sia venuto in mente di proporre un prete di montagna, nato a Bibbiano e morto lì, 65 anni fa. Riporto la lettera che sua madre indirizzò al Presidente del Tribunale che giudicava gli assassini del figlio: “Bibbiano, 4 gennaio 1946. Al Presidente della Corte d’Assise Straordinaria di Reggio Emilia. In nome di Cristo e della Vergine santissima sull’esempio eroico dell’amato figlio don Pasquino ed in sua memoria, per la pacificazione degli animi da Lui auspicata col sacrificio della propria vita, perdono cristianamente all’esecutore materiale dell’iniqua sentenza il nominato Sergio P.[aderni]. In fede Del Rio Orsola ved. Borghi”. Allora ho pensato che i santi esistono lo stesso, a prescindere dalle convenienze, e ci sono anche santi “laici”, magari anarchici o preti di montagna. Senza neppure che ci sia un posto, nella Reggio antifascista, dove si possa vedere quella tonaca bucata dai proiettili dei bravi “ragazzi di Salò”, dove si possa raccontare ai ragazzi di oggi che, sempre, in ogni generazione, come c’insegna il Talmud, ci sono almeno 36 giusti nel mondo, magari senza che neppure loro lo sappiano. Trentasei giusti che salvano quel mondo e noi tutti. Massimo Storchi (da: http://fortezzabastiani.myblog.it) A proposito di “equiparazioni” UGUALE DECORAZIONE A ME E A CHI MI TORTURO’ A VILLA CUCCHI NEL ’45? Riportiamo di seguito alcuni significativi stralci di una più lunga lettera inviataci da Gildo Veroni, componente del Comitato provinciale clandestino del Fronte della Gioventù, in sostituzione di Vincenzo Terenziani, fucilato lungo la Via Emilia per Parma, al ponte del Quaresimo, il 28 gennaio 1945, “Ispettore di Brigata”, congedato col grado di capitano. Sono un partigiano di Reggio Emilia, ho 84 anni e gelosamente custodisco il diploma, la Croce di guerra e tutti gli attestati e benemerenze che mi sono stati riconosciuti dallo Stato. A sentire e leggere che dopo oltre 60 anni dalla Liberazione c’è chi spudoratamente ha il coraggio di proporre l’equiparazione di riconoscimenti tra fascisti repubblichini e partigiani mi sento rivoltare lo stomaco e ribollire il sangue. […] Con questo intervento intendo rendere testimonianza del mio caso, del resto analogo a tanti altri. Io sono stato arrestato, imprigionato e torturato dai fascisti delle brigate nere di Reggio Emilia. In circostanze drammatiche sono riuscito ad evadere un mese prima della Liberazione. Al rientro in città, schivando le pallottole sparate da irriducibili fascisti dai tetti, lungo la Via Emilia, io e un altro partigiano abbiamo arrestato uno di quelli che mi avevano torturato a Villa Cucchi (tristemente nota come luogo di inenarrabili atrocità contro partigiani e partigiane). In tale circostanza il mio compagno mi disse più volte che quel fascista dovevamo giustiziarlo subito. Io rifiutai e lo consegnammo alla caserma Zucchi affidandolo al comando alleato composto da ufficiali americani e dai massimi dirigenti del Corpo volontari della libertà di Reggio. Pochi giorni dopo quel fascista venne mandato, con altri, nel campo di concentramento di Coltano (Pisa) in attesa di provvedimenti giudiziari. Vi rimase circa sei mesi poi venne rilasciato e riprese il suo lavoro precedente d’ufficio con ricostruzione della carriera e corresponsione degli stipendi arretrati. Oggi, dopo oltre 60 anni, mi chiedo se deb- ba essere pentito di non aver dato retta al mio compagno e di non aver giustiziato il mio aguzzino. Sarebbe stato un atto di giustizia, sia pure sommaria, dovuto alle tante vittime partigiane, anche in conformità alle disposizioni (Arrendersi o perire!) diramate dal CLN nazionale alla vigilia dell’insurrezione finale. Invece oggi, se andasse in porto la proposta di legge equiparante della destra, potrei rischiare di trovarmi a ritirare l’onorificenza assieme a colui che mi torturò e al quale nei giorni della Liberazione ho risparmiato la vita. Ritengo perciò che tutte le associazioni democratiche, i partiti, i mezzi d’informazione debbano far sentire la loro voce di disapprovazione di tale proposta. Anche se, per la mia età, sto andando ormai verso la fine, non ho perso la voglia di lottare e la speranza, soprattutto per i nostri figli e nipoti, di vivere un domani in un mondo migliore, più sereno, più bello, più giusto. Gildo Veroni aprile 2009 23 notiziario anpi memoria Roncocesi Per non dimenticare Intitolati dal sindaco Graziano Del Rio, il sottopasso ciclabile e il piazzale del cimitero della frazione ai partigiani Ivo Guidetti e Gino Davoli. Il 6 settembre 2008 a Roncocesi sono stati inaugurati ed intitolati dal sindaco Graziano Del Rio, il sottopasso ciclabile e il piazzale del cimitero della frazione ai partigiani Ivo Guidetti e Gino Davoli. Ivo Guidetti era nato a Campegine nel 1926, e deceduto a Reggio Emilia nel 2006. Prima operaio delle Reggiane e poi artigiano, è stato l’autore del restauro e della progettazione di cippi partigiani, eseguiti con lo spirito e la creatività di un artista. Entrò a 17 anni nella Resistenza. Nel giugno del ’44, a Roncocesi, dopo aver sottratto un’arma automatica ad un tedesco, venne scoperto ed arrestato. Tradotto nel carcere di Piacenza, fu sottoposto a torture e sevizie, ma non parlò. Riuscì poi a fuggire, unendosi alle formazioni partigiane del nostro Appennino. Nell’inverno ’44-45, divenne caposquadra dei sabotatori del Cane Azzurro, partecipando a numerose azioni armate contro i nazifascisti. Gino Davoli, nome di battaglia Gino, figlio di n.n., o come si diceva una volta figlio di nessuno, era nato a Reggio Emilia nel 1890. Sfollato a Roncocesi ed arruolato nella 76a brigata SAP, il 1° settembre del ’44, venne ucciso poco tempo dopo, il giorno 17 dello stesso mese, insieme al partigiano Fernando Croci, nel corso di un’azione finalizzata al recupero di armi, fallita e finita tragicamente. Oltre al sindaco erano presenti e sono intervenuti: Omar Mezzetti, presidente dell’VIII Circoscrizione, Giacomo Notari, Presidente provinciale dell’ANPI, e don Gianni Manfredini, parroco di Roncocesi. L’iniziativa è stata una vera e propria festa, che ha visto la presenza di tanti giovani, e questo ci fa ben sperare per il futuro. Si è conclusa con un rinfresco al centro sociale “Tasselli”, accompagnato dall’intervento musicale di Samuele Gallinari, con la sua splendida voce, e di Marco Mainini alla chitarra. E’ nostro dovere non dimenticare. Il passato deve servire come monito, e in tempi diffi- cili come questi, è necessario riflettere. Nel 1922, il fascismo, finanziato da industriali ed agrari, sostenuto dalla monarchia, dai poteri costituiti e dalle gerarchie ecclesiastiche, ha preso il potere fra l’indifferenza e la rassegnazione quasi generale. Le vicende di Parma e Sarzana, dove i fascisti andarono per suonare ma furono suonati e sconfitti, dimostra che contrastare la nascente dittatura era possibile. Vi furono altri episodi di resistenza avvenuti anche nella nostra provincia, ad opera degli Arditi del popolo, organizzati e diretti da Angelo Zanti, Vittorio Saltini, Fortunato Nevicati, e Camillo Montanari. Esistono oggi mezzi meno brutali dell’olio di ricino e del manganello per far sì che l’autoritarismo si affermi, ed è proprio per questo che dobbiamo vigilare per difendere e salvaguardare i valori democratici che sono a rischio. Vando Fontanesi ANPI di Roncocesi Mussolini e Hitler in bell’evidenza Accendini con le loro immagini esposte al Centro sociale di Villa Sesso Egregio Presidente dell’ANPI di Reggio questa mattina mia moglie, recandosi al cimitero di Sesso (ove fra l’altro è sepolto suo zio, Emore Veronesi, uno dei 14 trucidati del 20 dicembre 1944), si è fermata nel bar del “Centro sociale”(?) posto proprio di fronte al monumento ai martiri di Sesso. Alzando lo sguardo ha notato sugli scaffali, proprio di fronte all’avventore, e in bell’evidenza, l’esposizione di accendini con l’immagine di Mussolini e di Hitler. Il tutto accompagnato con un’altrettanto evidente scritta “Boia chi molla”. Ovviamente mia moglie ha chiesto ragione di tale esposizione (per lei blasfema) proprio nel lcocale posto di fronte al monumento alle vittime del nazifascismo. La signora, forse dipendente del locale, ha risposto che lei non è di Sesso ed ognuno ha diritto alle sue scelte e se questo non le sta bene può sempre andare in altro locale. Come reagire a questo stato di cose, oltre 24 aprile 2009 notiziario anpi all’indignazione più sentita? L’apologia di fascismo non è tuttora un reato? Cosa fare per rimuovere questo sconcio? Com’è possibile che dopo soli 65 anni, ciò sia possibile? Grato per una sua cortese risposta, con l’occasione Le inviamo cordiali saluti. Massimo Valestri Lisetta Veronesi I nostri due interlocutori hanno perfettamente ragione ad essere indignati. Soprattutto se gli oggetti segnalati, recanti immagini che si configurano come apologia di fascismo e di nazismo, sono esposti in un “centro sociale”. Cosa si può fare, chiedono i nostri amici rivolgendosi all’ANPI. Intanto si deve fare quello che voi due avete fatto: cioè mettere nero su bianco ciò che avete visto e rendere pubblica la vostra protesta. Infatti non si devono lasciar passare nell’indifferenza gli ormai troppi episodi di pene- trazione di ideologie nazifasciste anche nel territorio reggiano. Casa Pound, e la libreria connessa, ecco un altro caso di tale penetrazione. E sono casi tanto più gravi in quanto il capo dell’attuale governo ha creato e sta ulteriormente sviluppando un’atmosfera di insofferenza verso aspetti fondamentali della democrazia repubblicana. Casa Pound? Un’iniziativa culturale, perbacco. Ezra Pound è stato un poeta importante del Novecento. Anche L.F. Céline è stato un romanziere importante (Voyage au but de la nuit…) Ma entrambi, politicamente, sono stati fiancheggiatori del fascismo europeo, propagandisti a favore di Mussolini anche durante la RSI (Pound), sostenitori del più violento antisemitismo nella Francia sotto il tallone nazista (Céline). E non è un caso che Pound, cittadino americano stabilitosi nell’Italia fascista, sia poi stato arrestato e duramente castigato dagli USA a guerra finita. memoria I 96 ANNI DI GINO LONGAGNANI “UN EROE NORMALE CHE HA DIFESO LIBERTA’ E GIUSTIZIA” Lo scorso 14 febbraio ha compiuto 96 anni Gino Longagnani, nato a Reggio nel 1913 ma piemontese d’adozione. “Un eroe normale che ha difeso la libertà e la giustizia contro la dittatura fascista”, come si legge nella motivazione con cui l’ANPI di Cuneo gli ha conferito la tessera ad honorem nel 2008. Estate 2003. Gino Longagnani (con gli occhiali) e Vivaldo Salsi, si incontrano dopo 60 anni dalla loro partenza dal confino di Ventotene. E’ uno dei tanti reggiani che negli anni del ventennio fascista, giovanissimi, seppero opporsi alla dittatura pagando per questo persecuzioni e carcere senza mai piegare la schiena e continuando nel proprio impegno anche durante la Resistenza. Il padre Adolfo era un socialista prampoliniano. Gino, manovale edile, aderì giovanissimo al Partito comunista clandestino in contatto, tra gli altri, con Vivaldo Salsi. I due furono arrestati nella grande retata del 1932, e furono inviati al confino dopo un periodo di carcerazione. Longagnani fu detenuto a Castelfranco Emilia fino a inizio 1933, poi inviato a Ponza, dove rimase fino al 1939, quando la colonia confinaria venne trasferita a Ventotene. In pratica tornò in libertà soltanto dopo oltre dieci anni dal suo arresto, nell’agosto 1943, dopo la caduta di Mussolini. Come diversi altri reggiani confinati, ebbe come compagni Sandro Pertini, Giorgio Amendola, Altiero Spinelli e diversi altre figure di intellettuali antifascisti, alcuni dei quali gli furono anche maestri in quei corsi di studio che costituirono la cosiddetta “Università del carcere”. Come ricorda lo stesso Longagnani, si studiava storia, economia politica, letteratura, cioè quell’insieme di discipline di cui ci ha lasciato documentata testimonianza Didimo Ferrari, coi suoi “quaderni dal carcere” densi di appunti relativi a quelle lezioni ed alle letture individuali che venivano suggerite. Quando fu rilasciato, dopo la caduta del fascismo, Longagnani ebbe l’incarico dai dirigenti del PCI di stabilirsi a Milano per lavorare nell’apparato “tecnico” del partito, impegno che mantenne anche durante il periodo della Resistenza, con funzioni di supporto logistico alla lotta partigiana. Tra le altre cose ebbe il compito di preparare le mitiche valige a doppio fondo che servivano per lo smistamento di documenti, direttive e anche denaro. Dopo la Liberazione, tramite l’ex compagno di confino Battista Santhià, all’epoca direttore degli enti sociali della Fiat, poté lavorare come custode in un asilo nido aziendale in Toscana, dove conobbe Paola Audisio, che sarebbe poi diventata sua moglie. I due coniugi lavorarono in seguito, insieme, in un asilo nido a Torino, per 28 anni, fino al pensionamento. Da quel momento si stabilirono a Racconigi, dove Longagnani, vedovo da alcuni anni, vive tuttora in una casa di riposo. Il 10 ottobre 2008 Longagnani ha avuto la meritata soddisfazione di poter tornare, 65 anni dopo esserne partito libero, all’isola di Ponza, dove era stato confi- nato. Ad attenderlo c’erano dirigenti del PD di Formia e di Ponza. Con emozione Longagnani ha visitato i cameroni e i luoghi del suo confino ed è stato ricevuto in Comune con tutti gli onori. Il 23 novembre successivo, nel 60° della Costituzione, Longagnani è stato solennemente festeggiato nella sala del Consiglio comunale di Racconigi con parole di saluto del Sindaco Adriano Tosello e del presidente del Consiglio regionale Piemonte Davide Gariglio. Nell’occasione numerosi messaggi di felicitazioni sono giunti al Nostro da varie personalità istituzionali. A cominciare da quelli del Presidente Napolitano e del Sindaco della sua città natale, Reggio Emilia. “Tante storie di grandi personaggi e di tantissimi ‘eroi normali’ come Gino Longagnai – scrive tra l’altro Delrio – che seppero dare dignità all’Italia e gettare le basi della libertà e della democrazia”. Lungo gli anni del dopoguerra Longagnani è tornato di tanto in tanto a Reggio, anche per incontrare la sorella. Una delle ultime visite dalle nostre parti la fece nell’estate 2003, quando ebbe un affettuoso incontro col suo antico compagno di confino Vivaldo Salsi. (a.z.) aprile 2009 25 notiziario anpi LO STRANO CASO DELLE 8 CIRCRIZIONI CITTADINE CHE DOVEVANO DIVENTARE 5 E, INVECE, SARANNO 4 Ma questa vicenda, che obbliga ad accorpamenti improvvisati, non può penalizzare la voce degli abitanti del Centro storico A ll’inizio di questa strana vicenda c’è la legge 244/2007 del governo Prodi, la quale, nell’intento di ridurre i cosiddetti “costi della politica” ha deciso di dare una sforbiciata alle circoscrizioni dei comuni italiani. Infatti, per i comuni con popolazione compresa tra 100.000 e 250.000 la nuova norma prevede che le circoscrizioni siano facoltative e che, qualora siano istituite, la popolazione media delle stesse non possa essere inferiore a 30.000 abitanti. Poiché si faceva conto sul fatto che la popolazione del comune di Reggio Emilia fosse di circa 162.000 abitanti, il numero delle circoscrizioni doveva essere ridotto, dalle attuali otto a non più di cinque. Da questo semplice conteggio è nato il progetto di prevedere una configurazione con cinque circoscrizioni. La prima conseguenza dell’aumento a 30.000 abitanti della soglia media delle circoscrizioni è stata quella di dover ampliare i confini dell’attuale Circoscrizione 1 “Centro Storico”. E’ noto, infatti, che il numero degli abitanti dentro le mura è di poco superiore a 12.000. Da qui l’idea di evolvere, anche mediante un perimetro più ampio, dal concetto di Centro storico a quello di Città storica che si estende ben oltre l’“esagono”, fino a ricomprendere il Gattaglio, la Gardenia, ecc. Attorno a questa circoscrizione centrale sono state previste le altre quattro circoscrizioni, 26 aprile 2009 notiziario anpi anch’esse frutto di accorpamenti e revisione dei confini. Reso compatibile il numero delle circoscrizioni comunali alle prescrizioni della nuova legge, l’amministrazione comunale ha avviato un lungo e impegnativo progetto riorganizzativo basato sulla realizzazione di quattro “poli” di servizio sul territorio: uno per ciascuna circoscrizione esterna. Questi poli sono destinati a divenire sede dei servizi che l’Amministrazione comunale intende decentrare, a partire da: anagrafe, uffici di relazione con il pubblico, polizia municipale, servizi sociali. Dopo lunghi confronti e discussioni, il tutto sembrava avviato a concludersi con l’approvazione di questo progetto. Infatti, il Consiglio comunale il 7 febbraio scorso ha approvato il progetto proposto dalla Giunta, istituendo cinque circoscrizioni (Centro, Nord, Sud, Est e Ovest) introducendo il concetto di Città storica, cioè includendovi anche la città consolidata novecentesca e prevedendo, infine le Consulte di Villa e di quartiere rinnovabili anche più volte nel corso del mandato amministrativo. Tutto finito? No. E’ a questo punto, che il diavolo ha voluto metterci la coda. Lunedì 2 marzo il vice sindaco Ferretti è costretto a tornare in Consiglio e a fare la seguente dichiarazione: “Questa mattina ci è stato comunicato dalla Prefettura di Reggio Emilia il parere del ministero dell’Interno che afferma che il numero delle circoscrizioni va determinato prendendo a riferimento i residenti alla data dell’ultimo censimento, cioè al 2001”. In altre parole i conteggi vanno fatti con 25.000 abitanti in meno, quindi le circoscrizioni dovranno essere quattro e non più cinque. Qualcuno mormora che vi siano state pressioni politiche da parte di esponenti politici dell’opposizione locale sul ministero dell’Interno, affinché pronunciasse un tal parere, ma, comunque siano andate le cose, non v’è dubbio che si è determinato un notevole imbarazzo e l’apertura di un problema politico. A questo punto, la Consigliatura sta per finire e, con le elezioni alle porte, probabilmente non c’è più tempo per un ridisegno ragionato con quattro circoscrizioni. Non resta che accorparne due, almeno fino a quando il nuovo censimento del 2011 non certificherà che la popolazione di Reggio è anche formalmente superiore e, quindi, potrà essere istituita anche la quinta. Il timore è che in questa vicenda il Centro storico debba essere accorpato ad un’altra circoscrizione e, data la sua esigua popolazione, rispetto a tutte le altre circoscrizioni, i rappresentanti della nuova, improvvisata circoscrizione, siano inadeguatamente espressivi degli abitanti del Centro. A conti fatti, questa è la conseguenza politica da evitare. di Massimo Becchi Fusione Enía-Iride: MA AL CITTADINO CONVIENE? La fusione fra Enìa e Iride porterebbe alla nascita della seconda multiutility italiana, servendo una realtà molto vasta, comprendente ampie fette del Piemonte, Liguria ed Emilia. Q uesto processo aggregativi è già in atto da alcuni anni soprattutto nel nord Italia, con qualche “testa di ponte” in altre realtà, teso soprattutto a creare una sinergia fra aziende che spesso forniscono gli stessi servizi su aree limitrofe o che hanno servizi complementari. Alla base di questo progetto non può esserci solo la regola o il convincimento che “grande è bello”, e che, per divenire grandi senza nulla perdere delle proprie specificità, sia sufficiente porsi sotto le ali protettrici di una holding animata da intenzioni regional-patriottiche. Ogni fusione comunque è un caso a sé stante, anche se è logico e comprensibile aspettarsi una ricerca dell’aumento del profitto. I Comuni, i principali azionisti, si troverebbero così in mano un’azienda competitiva e con maggiori profitti, che significano un dividendo maggiore a fine anno da reinvestire sul territorio. Ma per il cittadino, meglio forse dire utente in questo caso, spesso poco o nulla interessato alla governance della nuova società, al concambio fra le azioni delle due società o ai ricorsi e controricorsi del caso, cosa comporta tutto questo processo aggregativo? Se ci pensiamo lo abbiamo peraltro già visto con la nascita di Enìa, dalle ceneri di AGAC, AMPS e TESA. La maggior dimensione aziendale non ha portato ad un abbassamento dei costi per i cittadini, mentre è sempre più difficile per un singolo comune, anche se di grosse dimensioni, interloquire con i vertici aziendali, quindi di fatto i veri detentori delle scelte politiche strategiche di fondo sul sistema idrico integrato e sulla gestione dei rifiuti. Se prima AGAC era comunque un’azienda radicata sul territorio, che quindi permetteva ai Comuni una certa scelta dei servizio da offrire ai cittadini, adesso questo rapporto è molto ma molto più flebile. Lo si è visto piuttosto bene dalla scomparsa pressoché totale di politiche sulla raccolta differenziata, spesso nate da idee dei singoli assessori e messe in pratica dall’azienda, che hanno generato fra la fine degli anni ’80 ed inizio ’90 un fiorire di esperienze, ora solo un ricordo. La mission di queste aziende è aumentare il profitto per i soci e gli amministratori delegati sono chiamati a questo. Questo può essere fatto con economie di scala o molto più semplicemente con un aumento delle tariffe. Mediterranea Acque del gruppo Iride ha aumentato le tariffe dell’acqua del 14 per cento per garantire i dividendi ai soci privati, che non è proprio in linea con il benessere dei cittadini, così come l’inverno relativamente mite del 2007 ha ridotto drasticamente i consumi di gas metano, infastidendo sia Enìa che Iride, che si sono viste mancare una quota importante del fatturato, questioni quindi ben al di là delle dichiarazioni di tono ambientale delle aziende stesse. E’ inoltre evidente, come già accennato prima, come in tutte queste fusioni il ruolo politico forte non è più giocato dai Sindaci delle città capoluogo, ma dal consiglio di amministrazione e dall’amministratore delegato. E se la quota del 51 percento detenuta dagli enti pubblici può sembrare una garanzia, in realtà è ben lungi dall’esserlo: controllare una multiutilities non è facile e in pochissimi anni per la necessità dei Comuni di fare cassa, vendendo loro quote dell’Azienda si scenderebbe sotto questa soglia psicologica. Questo venir meno dei patti para-sociali nel giro di cinque anni, nella migliore delle ipotesi, farà si che il nuovo gruppo quasi sicuramente perderà la maggioranza della compartecipazione pubblica per lasciare spazio ad una maggioranza di azionisti privati. Come noto la privatizzazione ha sempre significato per un’azienda la ricerca di un miglior e massimo profitto a discapito del servizio offerto e delle tariffe applicate. Occorre inoltre ragionare sulla proprietà di un bene fondamentale come l’acqua, ora delle aziende. Su questa questione, non certo di lana caprina, è in corso un ampio dibattito, per portare la proprietà dell’acqua in mano pubblica, in modo che non possa essere fonte di profitto, come in molte parti del nostro Paese accade. Il presupposto è, infatti, che l’acqua è un bene comune ed è un bene finito indispensabile all’esistenza di tutti gli esseri viventi. La disponibilità e l’accesso all’acqua potabile sono diritti umani inalienabili e inviolabili di ciascuno. Per questo è necessario sottrarre l’acqua alle leggi del mercato e della concorrenza ed è urgente delineare politiche pubbliche che garantiscano una quantità minima vitale di acqua a tutti gli esseri umani del mondo assieme al diritto delle persone a partecipare attivamente alla gestione di questo bene. Il caso di Veolia (con l’aumento delle bollette del 300 percento) e di Parigi (il 24 novembre 2008 ha votato per una ripubblicizzazione dell’acqua a seguito dell’esperimento di privatizzazione) credo siano precedenti da tenere bene a mente; infatti il primo probabile risultato di questa privatizzazione sarebbe proprio l’aumento dei costi dei servizi, quindi,delle bollette. E’ fondamentale inoltre procedere pensando all’ammodernamento delle reti che offrono servizi così importanti, ormai in molte realtà obsolete, realizzate perlopiù negli anni ’70 e ’80 e che oggi perdono circa il 25 percento dell’acqua durante il percorso. Per fare questo è necessario che il potere di indirizzo rimanga in mano pubblica. In pratica per il cittadino-utente si tratterà di pagare tariffe più alte per gli allacciamenti, di pagare di più le bollette di utenza, di dover confrontarsi con un’azienda privata che ha necessità e modi di gestire il cliente finale in maniera completamente diversa dall’azienda pubblica o a maggioranza pubblica. aprile 2009 27 notiziario anpi COSÌ VA IL MONDO Gaza 1300 morti – G8 2001, “pest...aggio alla genove genovese” – le centrali nucleari nucleari: il ritorno? GAZA – Con comprensibile lentezza, sta ormai diventando ufficiale il bilancio dei 22 giorni di guerra nella Striscia di Gaza: 1300 morti e 5430 feriti, di cui 1200 in gravi condizioni rappresentano i cosiddetti “costi umani” pagati dai Palestinesi. E’ appena il caso di ricordare che un terzo di queste vittime sono bambini. L’area interessata (appena 360 kmq), è praticamente distrutta: 4150 case demolite, 20.000 danneggiate, sedici luoghi di culto inceneriti, almeno sette scuole rase al suolo, così come sei stazioni radio-TV, mentre la principale centrale elettrica di Gaza non esiste più. A tutto ciò occorre aggiungere la strage di animali da allevamento e l’insieme di magazzini, abitazioni agricole, serre, coltivazioni di oliveti e di alberi da frutto, letteralmente spazzati via dai bulldozer e dai cingolati israeliani. I danni materiali sono stati stimati ottimisticamente in 1,9 miliardi di dollari e una economia già povera è sottoterra. Ed allora, come in tutte le guerre che si rispettino, ecco presentarsi la necessità della ricostruzione, del ripristino delle condizioni di vita precedenti, una sorta di ritorno alla normalità dopo una – come dire – spiacevole interruzione. I Palestinesi ne hanno viste tante, supereranno anche questa. Il vertice su Gaza, tenutosi agli inizi di marzo a Sharm El Sheikh, ha ribadito che la guerra è un grande motore dell’economia: certo, leggere dei 4,5 miliardi di dollari di aiuti per i prossimi due anni decisi da 75 donatori può fare scalpore e ridurre a silenzio molte coscienze, ma non può certo far ignorare che rappresenta un grande affare per tutte le imprese (alimentari, sanitarie, edilizie, di infrastrutture, di macchinari e quant’altro) che di questi aiuti dovranno farsi carico. Ovvero, distruzione e “business” a braccetto. L’Iraq ne è solo l’ultimo esempio. In questo caso, tuttavia, l’aspetto economico va di pari passo con quello politico: la ricostruzione dovrà passare esclusivamente attraverso l’Autorità Nazionale Palestinese, 28 aprile 2009 notiziario anpi l’unica organizzazione ad essere riconosciuta dalla comunità internazionale, mentre Hamas, che controlla la Striscia di Gaza dal 2007, non avrà voce in capitolo. La reazione non si è fatta attendere: secondo Hamas, la conferenza non ha dato dettagli sui “meccanismi o un calendario” di ricostruzione, né ha preso “ decisioni concrete per porre fine alla sofferenza della striscia di Gaza, revocare l’assedio (israeliano) e aprire i punti di passaggio”. Gli aiuti sarebbero solo uno strumento di ricatto per rafforzare Abu Mazen e l’ANP anche nella Striscia. Per la cronaca, occorre segnalare l’appello rivolto dal ministro degli Esteri egiziano a nome del vertice ad Israele affinché, per il futuro, rispetti le leggi internazionali e umanitarie nei confronti della popolazione della Striscia e si impegni a stemperare lo stato di tensione. Siamo sicuri che lo farà, nello stesso modo in cui ha ottemperato alle decine e decine di risoluzioni ONU. E lo farà, magari, iniziando con i 73.000 nuovi alloggi per gli insediamenti dei coloni in Cisgiordania, così come previsto dal progetto preliminare del ministero per l’Edilizia di Tel Aviv. DIAZ – “Ciò che è avvenuto alla Diaz è al di fuori di ogni principio di umanità e di rispetto per le persone. In uno Stato di diritto non è accettabile che proprio colo che dovrebbero essere i tutori dell’ordine e della legalità pongano in essere azioni lesive di tale entità”. Così si legge nella motivazione della sentenza che l’11 novembre scorso ha concluso il processo per l’irruzione-massacro alla scuola dormitorio durante il G8 del 2001. Fin qui, non ci piove: l’hanno visto tutti ciò che è accaduto. Però, però…è ben vero che 13 condanne (miti) su 28 richieste significano – nelle conclusioni dei magistrati giudicanti - qualcosa di altro che lascia intatta tutta l’insoddisfazione e lo sdegno scaturiti in modo irrefrenabile alla lettura della sentenza. I nodi rimangono irrisolti: per i magistrati non è del tutto incredibile “che l’inconsulta esplosione di violenza all’interno della Diaz abbia avuto un’origine spontanea e si sia quindi propagata per un effetto attrattivo e per suggestione tanto da provocare, anche per un forte rancore sino ad allora represso, libero sfogo all’istinto determinando il superamento di ogni blocco psichico e morale”. Il che, tradotto, significa esplicitamente non avvalorare la tesi di un’azione premeditatamente organizzata dai vertici della Polizia, bensì ipotizzare l’esplosione improvvisa di uno stato di frustrazione latente in un gruppo di celerini. Significa, altresì, che i funzionari firmatari dei verbali seguiti al pestaggio, nei quali senza mezzi termini si sostenevano balle colossali, tra cui quella delle “famose” bottiglie molotov, “non erano consapevoli di quanto accaduto”. Si arriva, cioè al punto di sostenere che avere ruoli di alta responsabilità istituzionale e sottoscrivere atti non corrispondenti al vero non sia perseguibile penalmente in mancanza di prove a sostegno della consapevolezza di tali falsità! Una curiosa versione del concetto di insufficienza di prove a favore dell’ex direttore dello SCO Francesco Gratteri e dell’ex direttore dell’UCIGOS Giovanni Luperi (entrambi assolti). A margine, ma significativamente, la Corte non può fare a meno di sottolineare l’atteggiamento non collaborativo della Polizia che non ha permesso in buona parte di arrivare alla identificazione dei massacratori. In nome di un “malinteso senso di tutela dell’onore della istituzione”, si assistito alla spregiudicata volontà di nascondere i fatti quali la mancata trasmissione dell’elenco dei partecipanti alla irruzione, l’invio delle foto dei funzionari al momento del loro ingresso in polizia anziché quelle più recenti, la mancata identificazione dell’agente “con la coda di cavallo” ripreso a manganellare selvaggiamente, la sparizione delle bottiglie molotov e quant’altro. I Pubblici ministeri hanno confermato che presenteranno appello. BERLUSCONI-SARKOZY – Il fine, per come è uscito dall’incontro bilaterale Berlusconi-Sarkozy, è dichiarato: produrre in Italia entro il 2020 circa il 20 percento del nostro fabbisogno energetico attraverso la costruzione di almeno quattro centrali nucleari e otto reattori, in un grande lavoro di sinergia con la Francia. Nucleare che gli esperti (ovviamente di parte) definiscono “quasi pulito”, dai bassi rischi e una quantità di scorie inferiore a quella prodotta dalle vecchie centrali. Insomma, quello che viene chiamato “di terza generazione”. I numeri del progetto prevedono da sei a dieci anni di tempo per la costruzione di ogni centrale e un costo unitario che varia da 1,5 a 3 miliardi di euro. La legge delega per il via definitivo langue ancora al Senato, ma si può affermare che la strada intrapresa è quella di mettere nell’albo dei ricordi i tre referendum che l’8 novembre 1987 portarono allo smantellamento degli impianti esistenti in Italia. Naturalmente, il dibattito tra i fautori di questa scelta e quello che Berlusconi ha definito il “fanatismo ideologico” di una certa parte politica (quel fanatismo che nel 1987 portò ad esprimersi contro il nucleare circa 21.000.000 italiani, ovvero l’80 percento dei voti espressi…) è riesploso con veemenza e sicuramente continuerà nei prossimi anni: costi, convenienza, sicurezza, smaltimento delle scorie e opzione a favore delle energie rinnovabili sono argomenti troppo importanti per pensare che si possano risolvere con un voto parlamentare. Ma è la localizzazione dei siti e il suo legame con il necessario consenso democratico a rappresentare un problema non eludibile. Chissà perché più la maggioranza di governo parla di energia pulita più le zone ipoteticamente destinate ad ospitarla si uniscono in un coro di no che prescinde dall’appartenenza politica di chi le amministra. A cominciare da quei comuni che già in passato hanno ospitato le centrali. “Abbiamo già dato”, ha affermato il presidente della Provincia di Vercelli (Alleanza Nazionale), unitamente al Consiglio comunale al completo di Trino Vercellese. Chissà quanto ha inciso in questo pronunciamento il fatto che le scorie giacciono ancora lì a distanza di 22 anni. A Caorso, dove ancora sono ancora presenti 130 tonnellate di materiale radioattivo, mettono le mani avanti (“Bisognerebbe prima coinvolgere la gente, discutere con gli enti locali, creare il consenso”, dice il Sindaco di Forza Italia), a Sessa Aurunca, sul Fiume Garigliano, ancora si discute sulla dismissione della struttura mentre a Latina l’Osservatorio epidemiologico regionale cerca tutt’oggi di accertare se esistono correlazioni tra le patologie tumorali di cui sono affetti i residenti del territorio e la centrale stessa. Non meglio va in Alto Adige, Toscana, La- zio e Puglia, dove i governatori si sono già preventivamente espressi per il no, mentre il neo Presidente della Sardegna annuncia bellicoso che “Dovrebbero passare sul mio corpo”. Possibiliste la Sicilia e la Lombardia. Vedremo quello che succederà. Vedremo se l’arguta(?) semplificazione di Bossi identificherà l’italica sensibilità: “I Padani sono pronti ad accettare le centrali nucleari perché sono persone civili e non vogliono rinunciare al frigorifero e al condizionatore”. Va mo là! AFGHANISTAN – Tempo fa, anche in Italia, qualcuno sommessamente ipotizzò la necessità di coinvolgimento dei Talebani “moderati” nel processo di pacificazione dell’Afghanistan. Questo qualcuno fu pubblicamente condannato come fiancheggiatore del terrorismo internazionale. Ora che il Presidente americano Barack Obama ha ufficialmente parlato della necessità di aprire più fronti di dialogo con la variegata realtà etnica e politica di quel Paese, tutti ad applaudire il nuovo corso. Chissà, forse sarebbe bastato rendersi conto della situazione reale, che vede oltre il 70% del territorio sfuggire al controllo del contingente americano ed alleato, per capire che una strategia puramente militare non avrebbe portato alla fine del conflitto. Largo, quindi, alla cosiddetta “dottrina Petraeus” di irachena applicazione, ovvero un’idea che consiste in un’apertura di canali di dialogo con la popolazione e le autorità locali, per ottenere la collaborazione delle tribù non necessariamente schierate e spingerle a togliere l’appoggio ad Al Qaida. Spazio, inoltre, a un massiccio addestramento della polizia e dell’esercito locali, a un rafforzamento delle strutture civili del Paese nonché a un incremento delle attività di ricostruzione volte soprattutto a ricreare una realtà politica in grado di governare il paese e gestire autonomamente il conflitto. Il tutto accompagnato da un considerevole aumento delle truppe (oltre 12.000 uomini) per accentuare la pressione militare ai confini del Pakistan e per garantire una maggior copertura del territorio. Infine, un coinvolgimento vero nel progetto di pacificazione del Paese di Pakistan e Iran, dei quali è annunciata la presenza alla Conferenza Internazionale sull’Afghanistan prevista per il 31 marzo 2009 all’Aja. D’altra parte, i numeri del conflitto hanno indotto Obama a rispondere seccamente no a chi gli chiedeva se la guerra fosse stata vinta: secondo l’Associated Press, dall’inizio della presenza americana il numero del- le vittime sarebbe già arrivato a quota 5300, mentre nel solo 2008 i militari USA caduti sarebbero 61. Continuano ad aumentare gli attentati suicidi, gli attacchi e le imboscate, mentre un crescente sentimento antioccidentale sta penetrando persino nel parlamento afghano, anche in considerazione dei numerosi effetti collaterali dei bombardamenti aerei che fanno strage di civili. La strategia proposta aspetta, pertanto, un riscontro dalla popolazione locale, mentre il portavoce talebano Zabihullah Mujahed, ha già puntualizzato: “E’ ridicolo distinguere tra moderati e fondamentalisti. Noi siamo un movimento unito sotto l’unica guida del Mullah Omar, il quale ha sempre detto che nessun dialogo sarà possibile senza il completo ritiro delle truppe straniere”. L’italiano Ettore Sequi, rappresentante dell’Unione Europea a Kabul, ha recentemente coniato uno slogan per qualificare il nuovo corso obamiano: “Conquistiamo i cuori e lo stomaco degli afghani”. Per quanto riguarda lo stomaco, prevediamo ci vorrà poco. Per i cuori, il discorso è un po’ più complesso. SCARPE A BUSH – Ha meritato solo qualche marginale trafiletto sui giornali la condanna a tre anni di carcere di Muntazer al Zaidi, l’indimenticato autore dello storico lancio delle scarpe a Bush. Come è noto, nella cultura islamica la suola della scarpa è considerata la parte più impura al mondo e pertanto il gesto del giornalista trentenne ha significato ostentare un disprezzo elevato all’ennesima potenza. La Corte Federale Irachena lo ha condannato per il reato di “vilipendio a un capo di stato straniero” ma ha concesso le attenuanti generiche, forse imbarazzata dall’eccezione sollevata dalla difesa circa l’ufficialità della visita in questione. “Si tratta di una condanna dura”, ha infatti dichiarato il fratello di Muntazer, “perché Bush non era un capo di stato in visita, ma il Presidente di un Paese occupante”. Interrogato in aula, Muntazer al Zaidi, si è sempre dichiarato innocente. La sua, ha affermato, è stata una reazione “naturale” che avrebbe avuto “qualsiasi iracheno”: “il sorriso glaciale” di Bush lo aveva fatto infuriare pensando al “milione di martiri” dell’invasione americana di cui a suo avviso Bush è “il primo responsabile”. Qualche attento osservatore ha rilevato che vi sono luoghi lontani in cui i giornalisti tirano scarpe ai potenti in segno di disprezzo e altri luoghi, molto più vicini a noi, in cui i giornalisti ai potenti le scarpe le leccano. Così va il mondo. aprile 2009 29 notiziario anpi CORREGGIO MON AMOUR Storia di storie della musica rock in una città della provi provincia emiliana P erché un libro sul rock a Correggio? Sarebbe lungo elencarne tutte le ragioni. Limitiamoci a dire che avvertivamo l’esigenza, quasi il bisogno, fisico, di tenere fra le mani un libro dove fossero presenti tutti quei gruppi, quei musicisti, quei cantanti che abbiamo conosciuto o di cui abbiamo tante volte sentito parlare. E di poter udire, dalla loro viva voce, le numerose storie che avevano da raccontarci. Per questo ci siamo detti: facciamolo! È evidente, infatti, per chiunque conosca un po’ Correggio, che da diversi anni la nostra scena musicale si è dimostrata assai ricca, tanto da farci guadagnare l’appellativo, negli anni Novanta, di “piccola Seattle emiliana”, un paragone sicuramente eccessivo ma di certo emblematico di qualcosa che qui stava avvenendo. Fra le nostre intenzioni, tuttavia, non c’è mai stata quella di sostenere la tesi che Correggio fosse un posto migliore di altri. Non siamo in grado di dirlo né è questo che ci preme dimostrare. Più semplicemente, eravamo mossi da curiosità: quali gruppi si sono avvicendati nel nostro Comune dagli anni Sessanta a oggi? Chi ne faceva parte? Cosa suonavano? Quali erano i generi musicali di riferimento? Quali gli stili, le influenze? E inoltre: come vestivano, come pensavano, a cosa s’ispiravano? E perché tutta questa attenzione verso la musica rock? Da dove nasce, come si sviluppa, quali forme assume nel tempo questa passione, tipicamente emiliana, verso questo genere musicale? Una domanda molto complessa, alla quale speriamo che il nostro libro riesca a fornire, almeno fra le righe, qualche abbozzo di risposta. L’intenzione iniziale di effettuare una ricostruzione “enciclopedica” della musica nella nostra città ha lasciato gradualmente il posto alle storie, ai racconti di vita, che hanno seguito un loro flusso interno, “emozionale”, in quanto legato all’esperienza e al vissuto delle persone che avevamo di fronte. Allo stesso modo si potrebbe vedere questo libro come una sorta di “storia dei giovani”,un modo per far conoscere ai giovani di oggi chi erano i giovani di ieri. Far loro sapere che i loro padri e i loro nonni, sebbene in epoche storiche differenti, hanno nutrito degli ideali e delle aspirazioni simili alle loro e talvolta le hanno espresse attraverso la musica, proprio come fanno loro oggi. Così nel libro trovano spazio i gruppi, i cantanti (più o meno famosi), ma anche i dj’s, i locali, le sale prove, le birrerie dove si suona e si ascolta musica; i negozi di strumenti musicali, i fornitori di service, gli studi di registrazione e le agenzie; poi, ancora, le radio libere, 30 aprile 2009 notiziario anpi le rassegne musicali (Correggio Mon Amour e Terremoto Rock soprattutto), le scuole di musica e i concerti alle feste dell’Unità, che negli anni hanno visto transitare, fra gli altri, artisti del calibro di Bob Dylan, Neil Young, Jethro Tull, Patti Smith, Siouxsie and the Banshees, Sonic Youth, Ramones, Lou Reed, Jeff Buckley, Iggy Pop, solo per citarne alcuni. Senza tralasciare l’importante ruolo svolto dalle istituzioni – Comune, Istituti culturali e teatro Asioli in primis – nel rafforzare e diffondere una cultura musicale nella nostra città. Dunque, Ligabue ma non solo! Anche Griminelli e le sue frequentazioni rock, gli En Manque D’Autre e gli Afa, i Black Box, i Rio, Little Taver, i Mamamicarburo, Stefano Belluzzi, Alfonso Borghi, i Giambattista Vico, la Gerusalemme Liberata, Betty Vezzani, per ricordare solo i nomi più noti. Con alcune vere sorprese, emerse di recente, come Frankie Magellano, che negli ultimi anni ha saputo mettersi in evidenza grazie a sicure doti musicali e compositive, o Patrizio Ligabue, l’originale suonatore di didjeridoo from Correggio. Non solo rock, quindi! Forse la definizione più corretta sarebbe quella di “popular music”, secondo l’accezione di Franco Fabbri, che comprende anche il jazz, l’elettronica, la fusion, il folk, fino alla canzonetta di San Remo, per intenderci. Ed è quella che, comunemente e con molti limiti, viene definita “musica leggera”, sebbene la parte preponderante nel nostro libro spetti al rock in senso stretto. Per questo, in una prima sezione introduttiva, intitolata “Brodo primordiale”, abbiamo deciso di inserire cenni a tutto ciò che non rientra strettamente nell’ambito da noi scelto ma costituisce lo sfondo, il contesto, la radice sulla quale si sono innestate le esperienze rock del ’900: la musica bandistica, con l’annessa scuola di musica, il liscio, le canzoni delle mondine e l’“altra” musica a Correggio, ossia quella così detta “colta”, che viene ripercorsa nella sua evoluzione dal Rinascimento ai giorni nostri nella documentata sintesi di Sara Dieci. Un intero capitolo, inoltre, è stato dedicato a Pier Vittorio Tondelli, lo scrittore correggese che per primo ha attinto a piene mani dall’immaginario rock trasferendolo nello stile e nei contenuti dei suoi romanzi, testimoniando, attraverso un assiduo lavoro di cronaca, il meglio (e il peggio…) della cultura pop degli anni Settanta e Ottanta. Di Tondelli abbiamo l’onore di pubblicare una Sceneggiatura per videotape, finora inedita, scoperta durante una delle numerose interviste che hanno costellato la lunga fase realizzativa del nostro libro. La grande mole di materiale raccolto e l’argomento trattato, inoltre, ci hanno spinti a pre- vedere un cd aallegato, dove far confluire tutti quei materiali che, per esigenze editoriali, non potevano trovar spazio nella versione a stampa ma che di sicuro costituiscono un interessante spunto di approfondimento e di indagine : testi (articoli, interviste, saggi, racconti), immagini e, naturalmente canzoni. Ci piacerebbe che questo libro fosse visto come il primo tassello di un puzzle che arrivasse ad assumere una dimensione più ampia, regionale o nazionale, in relazione con tutte le altre province (“del mondo”…). Per evitare, dunque, che una visione troppo “ravvicinata” degli eventi offuscasse il nostro sguardo, rendendolo troppo autoreferenziale, abbiamo chiesto ad altri, più esperti di fornirci quella visione d’insieme necessaria per comprendere lo sviluppo musicale correggese nel contesto reggiano, emiliano e nazionale. In questo senso, gli interventi, prestigiosi, di Franco Fabbri, Ernesto De Pascale, Massimo Zamboni, Alberto Cottica, Giuseppe Caliceti, Fulvio Panzeri, Antonio Spadaro e altri, oltre che innalzare il livello della trattazione da un punto di vista teorico, hanno soprattutto avuto lo scopo di inquadrare il nostro discorso in un più ampio ambito geografico e culturale con il quale siamo inevitabilmente interconnessi. Forse così è stato possibile cercare una risposta alla domanda iniziale e capire un meglio da dove scaturisca il rapporto fra Emilia e rock, se questa passione sia prerogativa della nostra regione o sia presente anche in altre realtà, se abbia a che vedere con la politica, con una tradizione che possiamo chiamare “di sinistra”, con una visione ribelle e anarcoide diffusa dalle nostre parti o con qualche altra causa recondita ancora da scoprire. Naturalmente, non tutto il merito spetta a noi. Innanzitutto bisogna ringraziare il Comune di Correggio, che da subito ha approvato e sostenuto la nostra iniziativa; il centro culturale Lucio Lombardo Radice, senza il quale questo progetto non avrebbe mai visto la luce e, soprattutto, tutti i gruppi e i musicisti che con la loro passione hanno assicurato la buona riuscita del libro, nonché, di nuovo, gli autori, che hanno saputo arricchire il testo di tutta la loro cultura e dei loro sguardi particolari. Per maggiori informazioni: Redazione Correggio Mon Amour, Lucio Lombardo Radice Editore 335 8176586 - 329 9273805, www.correggiomonamour.it, [email protected] Gli autori del libro: Marco Colarossi, Luigi Levrini, Lucia Pergreffi, Fabrizio Tavernelli Artrosi alla mano Serve una diagnosi precisa C aro prof. Iori Sono una donna di 75 anni e soffro da tempo di una progressiva deformazione alle dita di entrambe le mani. Secondo il medico fino ad oggi consultato mi si dice che, avendo sofferto di uguali disturbi mia madre (artrosi deformante), si tratta di un fatto ereditario. Unico rimedio, mi si dice, il trattamento con cortisonici. Ma siccome soffro anche di una pur lieve forma diabetica, non vorrei che il cortisone avesse effetti negativi per il diabete. Secondo mia figlia, che armeggia col computer, su Internet ci sarebbero dei suggerimenti circa medicinali non cortisonici recentemente sperimentati negli USA che farebbero al mio caso. Le risulta che ciò corrisponda al vero? Mi rivolgo alla Sua competenza di specialista in Geriatria sperando di avere un suggeriemnto che faccia al mio caso. Grazie per quanto mi potrà dire. Francesca S. P iù d’una, cara Francesca, sono le malattie reumatiche che possono provocare progressiva deformazione delle dita delle mani, con danno non solo estetico, ma soprattutto funzionale, a questi nostri preziosi strumenti di comunicazione e di lavoro. Tra queste molto diffusa è la artrosi, caratterizzata dalla lenta e progressiva degenerazione della cartilagine articolare; esiste una tendenza familiare a sviluppare l’artrosi delle mani, ma spesso c’è anche un rapporto con l’attività svolta. L’artrosi può colpire la mano sia nelle articolazioni tra il metacarpo (il palmo) e le falangi, sia tra le falangi medesime; le articolazioni tra “il palmo e le dita” sono maggiormente colpite in chi esegue lavori manuali pesanti, nei pugili e anche nei pianisti, con deformità dell’articolazione ma scarso dolore; le articolazioni tra le falangi delle dita sono colpite maggiormente nelle donne, soprattutto in quelle dedite ai lavori domestici, con frequente contatto con l’acqua; può dare difficoltà funzionale soprattutto per quanto riguarda i movimenti fini delle dita con atteggiamento in flessione e nodosità. I noduli artrosici colpiscono tipicamente le articolazioni distali (le più vicine all’unghia). Possono essere rigonfiamenti dolorosi che si sviluppano inizialmente in modo graduale e di solito colpiscono un dito alla volta; altre volte invece i sintomi sono tanto acuti da assomigliare ad una infezione. Anche l’articolazione alla base del pollice (trapezio-metacarpale) può essere colpita dalla artrosi (rizoartrosi), maggiormente nelle donne e da un solo lato; provoca deformità e dolore importante, è invalidante perché impedisce la normale funzionalità del pollice nella presa e nei movimenti fini. L’artrosi della mano inizia con dolori vaghi alle dita, rigidità ed intorpidimento, soprattutto al risveglio al mattino; il dolore interessa alternativamente le articolazioni, con rigidità e difficoltà al movimento, la cute può essere calda e arrossata; col tempo arriva a dare deformazioni articolari. Per l’artrosi esiste una terapia “di fondo” farmacologia con FANS (antinfiammatori non cortisonici) e/o cortisonici per limitare la progressione della malattia; può anche essere utile la fisiochinesiterapia (ionoforesi, laser, rieducazione funzionale nella fase acuta, per recuperare la mobilità); in alcuni casi sono utilizzati tutori per riportare in asse e tenere a riposo le articolazioni; in rari casi si ricorre anche alla chirurgia per l’applicazione di protesi o la sostituzione di un tendine. Sebbene l’artrosi della mano sia molto frequente, tuttavia non si deve interpretare come artrosica ogni patologia che provochi nodosità delle dita; esistono anche le artriti croniche, come l’artrite reumatoide, la gotta cronica o la artropatia pso- riasica; anche queste malattie presentano vari tipi di tumefazioni articolari, pertanto il medico dovrà valutare attentamente ogni elemento utile alla diagnosi. L’artrite reumatoide è una malattia cronica autoimmune che predilige le donne di età media: nelle malattie autoimmuni alcune cellule del sistema immunitario, che è deputato a difenderci da agenti patogeni, si modificano e attaccano invece strutture dell’organismo medesimo; in particolare nell’artrite reumatoide viene principalmente attaccata la membrana sinoviale che ricopre ossa e cartilagini. Di solito questa malattia interessa le articolazioni in modo simmetrico, inizialmente le articolazioni intermedie delle dita e con il tempo provoca gravi deformità articolari; frequente è l’interessamento delle piccole articolazioni appunto delle mani e dei piedi, ma anche dei polsi, dei gomiti e delle caviglie. L’artrite reumatoide viene curata con FANS e cortisonici, ma anche con i sali d’oro, il methotrexate, le sulfasalazine, i farmaci biologici ed altri ancora, tutte cure naturalmente di prescrizione specialistica. Nei malati di artrite reumatoide giova poi anche un idoneo stile di vita con equilibrio tra riposo e movimento, le cure fisiochinesiterapiche (nei periodi di remissione della terapia); in alcuni casi si ricorre a cure chirurgiche con ricostruzione delle articolazioni (protesi), dei tendini (prevalentemente delle dita delle mani ) o con sinoviectomia. Come vedi, cara Francesca, le possibilità di cura per i disturbi della mano sono molteplici, ma è importante arrivare prima ad una diagnosi precisa per poter accedere a quelle giuste caso per caso; lo specialista cui ti consiglio di rivolgerti è il Reumatologo, al quale riferirai anche le altre tue problematiche sanitarie, in modo che possa scegliere lo schema di terapia più adatto a te. aprile 2009 31 notiziario anpi di Riccardo Bertani ALBANI E ALBANESI Un solo etnomino per diverse identita’ A nche se spesso Albani ed Albanesi sembrano indicare la stessa identità, in realtà questi due etnonimi hanno significati che si discostani alquanto l’uno dall’altro, sia a livello storico che linguistico. Infatti, quando si parla degli Albani, di solito l’attenzione va rivolta a quel popolo di origine ibero-caucasica un tempo abitante la cosiddetta Albania caucasica, il cui territorio si estendeva nel Caucaso settentrionale, diviso tra l’odierno Daghestan e l’Azerbajgian; popolo, questo, considerato ormai completamente scomparso. Le prime notizie sugli Albani caucasici, il cui etnonimo proviene dall’antico armeno Aluank, che stava a designare l’insieme delle tribù abitanti un tempo il potente regno dell’Albania caucasica, ci provengono dallo storico Dionigi di Alicarnasso, che tra l’altro prospettava l’idea che tali genti caucasiche fossero i fondatori della nostra Alba. Molto preziose appaiono poi le notizie lasciateci dal grande geografo Stradone il qaule descrive gli Albani caucasici come un popolo semplice e onesto, adoratore del Sole e della Luna, considerata quest’ultima, come la “Grande Madre Celeste”. Ma sicuramente le più copiose notizie sugli Albani caucasici le abbiamo nelle epigrafi risalenti al VI-VIII secolo, perioo in cui essi si convertirono al cristianesimo, portato tra loro da Bisanzio assieme alla scrittura. Si trattava di una singolare scrittura composta da 52 segni e due digrammi la cui forma si avvicinava molto ai segni dell’antica scrittura armena e georgiana. I resti di tali iscrizioni si possono trovare ancora tra i ruderi delle antiche chiese. La scomparsa storica degli Albani caucasici avvenne quando, alla metà del VII secolo, l’impero persiano dei Sassanidi, di cui essi facevano parte, venne sconfitto dagli Arabi, e fu in quel periodo che buona parte degli Albani, convertendosi all’Islam, finirono ben presto per confondersi con gli Azerbajgiani, mentre quanti di loro rimasero legati alla fede cristiana si fusero totalmente con gli Armeni del Nagorno-Karabah tra il X e l’XI secolo. Per quanto riguarda l’origne degli attuali Albanesi balcanici, il primo a far cenno di loro è stato il geografo greco-egiziano Claudio Tolomeo che già nel II secolo d.C. segnalava che nelle regioni dell’attuale Albania centrale viveva a quei tempi la tribù degli Albanoi. Etnonimo del resto confermato anche dagli antichi storici bizantini i quali chiamavano tale popolo Alban o Arvani, cioè abitanti di Alvanon o Arbanon, come era chiamata a quei tempi la regione del loro insediamento. Nei secoli seguenti tali etnonimi furono poi latinizzati in Albanum e Arvanum, e da qui il npome di Albanesi che noi oggi 32 aprile 2009 notiziario anpi conosciamo. In verità nei testi letterari risalenti al medioevo gli Albanesi venivano di solito menzionti quale Arberor, nome derivato dai loro vicini slavi che li chiamavano Arbanasi poiché abitavano la terra di Raban, come essi denotavano il territorio dell’attuale Albania. L’etnonimo Arberesh è rimasto è sopravvissuto per indicare le comunità albanesi che vivono in Grecia e in Italia. Tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, con la nascita di una propria scrittura nazionale, gli albanesi cominciaroo a chiamare se stessi Shipitar, quali abitanti di Shqiperia, come essi hanno sempre chiamato la loro terra, cioè il paese della “gente sincera”. Anche se alcuni, ma la cosa resta ancora discussa, vogliono che tale toponimo derivi da Shqniponje, che significherebbe “terra delle aquile”. Bibliografia S.K. ALIEV, Kvuprosu o plemenah Kavazkoj Albanii, Mosca, 1960 B. JUBANI, Monnedha ilire me etnikonin “Abiatan”, te zbuluara ne Kukes (Studime historike), n. 2, 1972 R. BERTANI, Albanesi, un etnonimo alquanto discusso, in “Katundi Yne”, n. 1 (103), 2001 Costumi nazionali albanesi islamici F i n i a Re g g i o : s tra t eg i a p e r u n a n u o v a d im e n s io n e FINI l’opinione ANTIFASCISTA E ANTIBERLUSCONIANO Sul numero precedente abbiamo accennato ad una lettera di Paolo Tadolini, preannunciandone la pubblicazione integrale. Lo facciamo di seguito. Nonostante che il tema della a suo tempo ipotizzata visita di Fini a Casa Cervi, sia stato superato dai fatti e dal tempo trascorso, la lettera di Paolo Tadolini (da non confondere con Luca…) contiene una serie di stimoli a riflettere che non sono affatto superati e che si connettono anzi anche alle più attuali vicende della nascita del PdL e della “opposizione interna” di Fini al capo carismatico su temi di notevole rilevanza. L’ipotesi maliziosa di Tadolini è che le prese di posizione di Fini si inseriscano nella strategia della nuova destra per impossessarsi di tematiche peculiari alla sinistra. Già anni addietro, un Fini giovane, fu a capo di quel Fronte della Gioventù che nel nome e nel simbolo (fiaccola impugnata con fiamma tricolore) occupava – cancellandola ? – la memoria di Eugenio Curiel, ebreo, scienziato, comunista, fondatore del FdG, medaglia d’oro della Resistenza alla m. Ma venendo all’oggi, il problema è di capire se le prese di posizione di Fini contro Berlusconi siano qualcosa che segni definitivamente una mutazione completa delle impostazioni politico-culturali dell’ex pupillo di Almirante. Lo stato fascista era uno “stato etico”. E Fini denuncia come scivolamento verso la stato etico il decreto legge berlusconiano sul fine vita. Afferma, di fronte alle impazienze del cavaliere (votino solo i capigruppo), la primazia del Parlamento. Berlusconi non risponde nel merito e tira dritto per la sua strada osannato dai suoi adoratori. Ora alcuni commentatori ipotizzano che tra i due ci sia una sorta di gioco delle parti, tendente a far sì che, all’interno del grande partitone della libertà, ci stia tutto. La questione è destinata a durare a lungo. Attendiamo interventi in merito. (a.z.) Fini in piazza a Reggio nel segno del Tricolore, Fini in procinto di visitare il museo Cervi. Sono fatti nuovi che irrompono in un posizionamento delle parti su cui è vissuta la dialettica politica nazionale per oltre cinquant’anni. L’episodio reggiano inoltre si snoda su precedenti “forti” come la definizione del nazifascismo in “male assoluto” o la più recente accettazione dei “valori della resistenza”. Ma cosa significa? Perché un uomo di solide radici fasciste, nonché definito il “delfino” di Almirante, parla in questo modo? E queste affermazioni saranno realmente bagaglio per rafforzare la storiografia antifascista? La prima chiave di lettura mi viene data dalla strategia della nuova destra per impossessarsi di tematiche peculiari della sinistra. Con il populismo “berlusconiano” e “tremontiano” sono stati approntati in campo sociale interventi-regalia che per tempestività e incisività fanno breccia nel consenso popolare, Fini invece si è esposto dal punto di vista storico. Questo però non ha significato aperture bipartisan, Berlusconi opera quotidianamente un frontismo insolente, mentre Fini è ben lungi dal distanziarsi dai valori storici della destra. Esiste quindi solo l’intenzione di invadere un area dove la sinistra manteneva una autorità culturale indiscussa. Per restare nel merito si intravede la volontà di “normalizzare” la Resistenza legandola ad un fattore nazionale piuttosto che ad un risvolto sociale. Quindi operare un controllo, in quanto una destra che parla di antifascismo costringe la sinistra a contenere il significato politico della lotta partigiana, abbassando quei toni che fungevano da barriera etica verso ogni forma di autoritarismo. Perché non pensare a Putin che omologa il suo capitalismo nazionalista allineando gli zar e Stalin sul percorso utilitaristico dell’ideale patriottico? La sinistra deve stare attenta, l’epoca della società del consumo ha già appiattito molte coscienze, non sono sicuro che giovi togliere gli ultimi “paletti” seppure in presenza di un uomo di destra apparentemente redento. Anche se a tutt’oggi risulta un tema poco gradito, faccio notare che all’uscita dal pensiero marxista è seguita una fase di “fobia ossessiva” verso ogni approfondimento che avesse un retroterra ideologico al punto che oggi ci troviamo con il fiato corto nell’esprimere un nuovo pensiero di grande respiro popolare. Il sindacalismo ha abbassato il suo profilo, le lotte studentesche sono ondate che non lasciano traccia, la questione morale mortifica la partecipazione alla politica. Insomma non è il momento per generare aperture partendo da punti forza. La destra ha colto tali affanni e ipotizza varchi per inserirsi in questi spazi. Di fronte al dilemma se le aperture di Fini costituiscano un opportunità per ampliare i confini dei valori antifascisti o siano fonte di strumentali ed equivoche generalizzazioni, esprimo massime riserve verso la prima ipotesi. Se poi Fini verrà al Cervi eviterei contesti solenni e celebrativi e lo accoglierei in austero e severo silenzio, espressione del significato, che la paternità di quel luogo e di ciò che rappresenta, passa primaria attraverso coloro che di quelle tristi vicende furono partecipi e vittime. Che ne senta il prezzo e il peso. Paolo Tadolini aprile 2009 33 notiziario anpi commemorazioni Un momento della cerimonia davanti al Torrazzo, dove vennero fucilati dieci bagnolesi FEBBRAIO ’45 BAGNOLO A BAGNOLO DICIOTTO CADUTI SOTTO IL PIOMBO FASCISTA Il 14 febbraio u.s. a Bagnolo in Piano è stato commemorato il 64° anniversario degli eccidi fascisti del Torrazzo e di San Michele. Il 14 febbraio 1945 ai piedi del gonzaghesco “Torrazzo” che sorge nel centro del paese vennero fucilati per rappresaglia, dopo essere stai brutalmente prelevati dalle loro case, Primo Malaguti, Evres Lazzaretti, Emilio Mattioli, Otello e Oreste Gibertoni, Imerio Tondelli, Licinio Tedeschi, Carlo Formentini, Aristide Carboni e Armando Storchi. Il 3 marzo successivo, otto giovani imprigionati come ostaggi nelle carceri di Reggio, vennero prelevati e brutalmente ammazzati presso il cimitero della frazione di San Michele: Annibale Bruschi, Renato Corradini, Angelo Grassi, Elio Sesena, Guido Signorelli, Ottorino Vecchi, Luigi Brandolisio, e un ottavo rimasto sconosciuto. 34 aprile 2009 notiziario anpi Il palco degli oratori durante l’incontro svoltosi nell’attiguo Teatro sul tema “La nostra memoria: seme per un futuro di pace”. Da sinistra: Danilo Morini, presidente ALPI-APC, il sindaco di Bagnolo Giovanni Rossini, l’assessore di La Spezia Cristiano Ruggia (spezzino era Brandolisio), il rappresentante della Provincia commemorazioni Gli scolari della 5a elementare impegnati nella lettura di loro elaborati e nell’esecuzione di un canto della Resistenza CALERNO ANCHE GLI ALUNNI DELLE ELEMENTARI A RICORDARE I 20 MARTIRI DI CALERNO Domenica 15 febbraio erano in tanti al corteo che si è snodato lungo la Via Emilia e alla cerimonia commemorativa svoltasi davanti al monumento che a Calerno di Sant’Ilario ricorda i venti giovani fucilati dai nazifascisti per rappresaglia il 14 febbario del ’45. Alla cerimonia hanno partecipato anche alunni della 5.a classe delle locali scuole elementari “Italo Calvino”, i quali hanno letto gli elaborati da loro prodotti dopo il lavoro preparatorio di ricerca svolto con gli insegnanti Spezzani e Caliceti. Quella domenica di 64 anni or sono venti detenuti furono prelevati dalle car- ceri di Parma per essere ammazzati quale rappresaglia per le attività della resistenza. I cadaveri furono lasciati a lungo sul posto quale “monito” alla popolazione. Ricordiamo i nomi dei caduti, quasi tutti di Parma e Piacenza: Nello e Pierino Avanzi, Corrado Barresi, Giuseppe Bellini, Giacomo Bernardelli, Guido Botti, Bruno Faustini, Raimondo Fermi, Antonio Gandolfi, Egidio Gardini, Renzo Melloni, Franco Molinari, Amos Montecchi, Aldo Pasqua, Giulio Resini, Salvo Cosimo, Angiolino Tanzi, Oreste Tosini, Luigi Viglio, Paride Zanatti. - Al microfono Andrea Fellini, assessore comunale di Salsomaggiore. Alla sua destra, Sveno Ferri, sindaco di Sant’Ilario e Silvia Cabassi, presidente ANPI di Salso. A destra, giù dai gradini, Rossella Cantoni sindaco di Gattatico - Un aspetto del corteo lungo la Via Emilia. In testa anche i gonfaloni delle province e dei comuni di appartenenza dei caduti aprile 2009 35 notiziario anpi commemorazioni Villa Cadè, 8 febbraio 2009 CA’ MARASTONI 64° anniversario della battaglia di Ca’ VILLA CADE’ STRAGI NAZIFASCISTE Marastoni Commemorato il 10 febbraio scorso il 64° anniversario dell’assassinio di 21 ostaggi Domenica 29 marzo si è tenuta la commemorazione del 64° anniversario della battaglia di Ca’ Marastoni, avvenuta il 1° aprile 1945, la domenica di Pasqua. Alla manifestazione hanno partecipato don Aldo Benevelli, vice presidente della Federazione italiana volontari della Libertà di Cuneo, il sindaco di Toano Michele Lombardi, l’assessore provinciale Luciano Gobbi, il presidente dell’ALPI provinciale Danilo Morini. La commemorazione è stata curata dagli studenti della scuola media di Toano. A Cerrè Marabino, ricordiamo, è stata deposta una corona di fiori presso il cippo dedicata alla Partigiana Valentina Guidetti. La commemorazione del 64° anniversario dell’eccidio si è svolta domenica 8 febbraio alla presenza delle autorità istituzionali. Giorgio Carpi, dell’ANPI provinciale, ha tenuto l’orazione ufficiale. Il 9 febbraio 1945 furono fucilati dall’esercito tedesco, nei pressi di Villa Cadè, 21 ostaggi prelevati dalle carceri di Parma, per reazione ad attacchi partigiani sulla via Emilia ad una colonna di camion tedeschi avvenuti la sera del 7. I reggiani fucilati furono: Fausto Abbati e Stefano Mazzacani di Casalgrande, Lino Ghidoni di Albinea; da altre province vicine: Bruno Affanni, Mirco Andreoli, Athos Bolzani, Lino Bottali, Marcello Cavazzini, Elio Dresda, Eugenio Fontana, Servente Gabelli, Arnaldo Ghirelli, Umberto Guareschi, Silvio Monica, Angelo Padovani, Ettore Plathbec, Flaminio Ragazzi, Paride Sacco, Antonio Schiavi, Bruno Ghinolfi e un altro senza nome. 36 aprile 2009 notiziario anpi commemorazioni BORETTO- CANNETO SULL’OGLIO “NERO” il partigiano di 18 anni suicida per non cadere nelle mani del nemico Il 5 gennaio i comuni di Boretto e di Canneto sull’Oglio hanno ricordato la figura eroica del partigiano Felice Montanari, Nero, nativo di Canneto morto suicida in territorio borettese per non lasciarsi catturare dai nazisti che lo assediavano nel casello n. 23. In mattinata, dopo un corteo per le vie di Boretto, la cerimonia si è spostata a Canneto, dove si è recato un omaggio floreale alla tomba del giovane eroe. Nel pomeriggio un mazzo di fiori è stato deposto presso il casello 23. Alle 17 commemorazione nella sala consiliare di Boretto. Hanno preso la parola il prof. Galliano Gagnolati e la Sen. Albertina Soliani Nella foto: un momento della cerimonia nel cimitero di Canneto. Da sinistra: la vice sindaca di Boretto, Righi dell’ANPI mentre pronuncia un breve saluto, penultima Adriana Zoboletti, presidente dell’ANPI e consigliera comunale di Boretto. BOTTEGHE DI ALBINEA 64° anniversario del fatto d’armi di Villa Rossi e Villa Calvi Sabato 28 marzo commemorazione del 64° anniversario del fatto d’armi di Villa Rossi e Villa Calvi, a Botteghe di Albinea. Dopo la deposizione di una corona alla lapide che ricorda i tre paracadutisti inglesi caduti (Riccomini, Guscott, Bolden), la cerimonia è proseguita con parole di saluto del Sindaco Antonella Incerti, di Jochim Schmidt, consigliere comunale di Treptow (Berlino, gemellata con Albinea) e del prof. Franco Razzoli, preside dell’Istituto comprensivo albinetano. Conclusione con gli interventi dell’assessore provinciale Luciano Gobbi e del Vice Presidente del Senato Vannino Chiti. Foto al centro: un aspetto del pubblico davanti a Villa Rossi Foto in basso, da sinistra: i due rappresentanti di Treptow, Danilo Morini, Luciano Gobbi, Lorenzo De Medici, assessore del comune di Quattro Castella, Vannino Chiti, Antonella Incerti aprile 2009 37 notiziario anpi lutti Un figlio a un padre partigiano I Montanari di Fabbrico Gent.le Presidente, mi chiamo Giancarlo Montanari e sono il figlio di Afro Montanari, mio padre è stato partigiano nella 77a Bgt. SAP ed è purtroppo scomparso il 24 Febbraio c.m. Mi permetto di scriverle perché vorrei che mio padre fosse ricordato da parte di questa associazione che ha sempre portato nel cuore, associazione di cui è sempre stato orgoglioso di essere membro. Mio padre se n’è andato silenziosamente, logorato dalla malattia che lo ha spento un po’ alla volta, fino all’ultimo respiro, il 24 Febbraio. Purtroppo anche quest’anno non è riuscito a partecipare a quella che per lui era la manifestazione più importante, la ricorrenza del 27 Febbraio qui a Fabbrico. Negli ultimi tre anni la malattia PAOLINA LUSUARDI VED.CIGNACCHI Per ricordare la cognata Paolina Lusuardi deceduta il giorno 8 marzo 2009, Angelo Zecchi e Anna Paraluppo di Reggiolo offrono pro “Notiziario”. Le amiche Daniela, Giuseppina, Zara, Franca, Gina per ricordare con affetto offrono pro “Notiziario”. BRUNO PONZINI Il 3 marzo u.s. è deceduto Bruno Ponzini, partigiano nella divisione “Modena Armando”, Brigata Corsini. Operaio alle Reggiane, nel dopoguerra partecipò alla lotta per la salvezza del grande stabilimento. In seguito fu cuoco alla casa di riposo di Ospizio, impegnato politicamente prima nel PCI e successivamente nel PD, fu fin dal suo inizio protagonista del glorioso coro dell’ANPI. Lo ricorda con rimpianto il fratello Aldo, partigiano della 144a Brg.Garibaldi, offrendo pro “Notiziario”. PRIMO MONTECCHI Il 6 febbraio u.s. è scomparso Primo Montecchi. L’onestà fu il suo ideale, il lavoro la sua vita, la famiglia il suo affetto. La moglie, insieme a quanti lo hanno apprezzato, sottoscrive pro “Notiziario”. lo ha costretto a non parteciparvi, obbligandolo ad assistere al corteo dalla finestra della nostra sala; fazzoletto al collo assisteva impotente e con le lacrime agli occhi al passaggio del corteo, lo stesso fazzoletto tricolore che lo ha accompagnato anche nel suo ultimo viaggio. Mio padre era un persona speciale, una persona che come tante altre ha contribuito a darci un mondo migliore; con lui non devono morire quei valori e quegli ideali che ci sono stati trasmessi con tanto amore. Mio padre era questo, una persona che ha vissuto pienamente la sua vita onorando una causa e combattendo per il rispetto dei più deboli e della libertà. Ed è così che oggi vorrei ricordare quella persona straordinaria che era mio padre. Grazie. Cordiali Saluti Giancarlo Montanari, Fabbrico (RE) Esprimiamo all’amico Giancarlo le nostre più sentite condoglianze e lo ringraziamo per la toccante testimonianza. FERNANDO IBATICI Domenica 15 marzo 2009, è deceduto presso la casa protetta “don Cavalletti” di Poiago (Carpineti), l’amico e compagno Fernando Ibatici. Nato a Carpineti il 22 maggio 1920, Ha vissuto assieme alla mamma fino alla età di anni 33. Una volta rimasto solo, ha abitato in una modesta residenza di due locali a Poiago, in via Casa Contino. Ha vissuto modestamente ma con tanta dignità, rispetto e tanta benevolenza. La sua vita per certi aspetti è stata anche avventurosa. Basti ricordare che il 30 giugno 1944, durante il grande rastrellamento messo in atto in tutta la montagna dalle truppe nazifasciste, fu catturato assieme ad altri dodici carpinetani e deportato come lavoratore coatto in Germania, nelle vicinanze di Norimberga, dove lavorò in una fabbrica costruttrice di motori per aeroplani. Era analfabeta, per molti una “macchietta”, ma riuscì a imparare anche la lingua tedesca, con sorpresa, e rammarico, di persone molto più “intelligenti”, ma che non vi riuscirono. I tedeschi lo presero come loro “jolly” e tre mesi prima della fine della guerra, con un lasciapassare del comando di polizia giunse a Poiago il 20 febbraio 1945, con somma sorpresa della mamma, dei parenti e dei tanti amici. Nel giorno della cattura a Carpineti, le truppe SS di Goering uccisero lungo le strade ben sette persone, compresa una donna madre di sette figli, Luigia Dori in Campani. Il documento tedesco sempre tenuto gelosamente in tasca da Ibatici è stato utilizzato come attestato di lavoro nei Campi KZ per ottenere, nel 2006, l’indennizzo concesso dal governo tedesco a coloro che lavorarono come Deportati. Lo ricordiamo con affetto e benevolenza essendo stato una persona mite, rispettosa e di ideali progressisti e di libertà. SECONDO CASTAGNETTI RENATO ORLANDINI Dedito alla famiglia e al volontariato nella cooperazione, la moglie lo ricorda con affetto e rimpianto per la sua scomparsa avvenuta il 2 marzo u.s. Offre pro “Notiziario”. 38 aprile 2009 notiziario anpi Il vice presidente dell’ALPI-APC, Terzo Comi, per ricordare l’amico Socio Benemerito della Resistenza Secondo Castagnetti di Carpineti Valestra, deceduto il 23 febbraio 2009 all’età di anni 74, e nell’esprimere la fraterna partecipazione al grave lutto della famiglia e le sentite condoglianze anche dagli amici dell’ANPI di Carpineti, offre pro “Notiziario”. lutti VALDIMIRO CAMPARI (NINO) Il giorno 28 marzo scorso è scomparso, all’età di 85 anni, l’amico e compagno, collaboratore della Resistenza a Varese, dove si era trasferito. È stato un instancabile attivista e dirigente della sezione ANPI “Risorgimento” nonché delle Comitato provinciale. Il Presidente Giacomo Notari, l’Associazione tutta e la Redazione del “Notiziario” si stringono attorno ai familiari in questo momento di dolore e nel porgere loro le più sentite condoglianze, vogliamo ribadire che Nino sarà ricordato sempre con affetto. LAURO RIGHI (FILA) Il 7 febbraio u.s. è deceduto a Roma Lauro Righi Fila. Nato a Limiti di Carpi (MO), partigiano nella zona di Montefiorino, nel dopoguerra fu impegnato, per anni, nel servizio di vigilanza a Togliatti, Colombi e infine Berlinguer. Lo ricorda Lorenzo Rabitti, che gli fu compagno a Roma negli anni Cinquanta. Offre pro “Notiziario”. GENOEFFA RICCÒ (NÈNA) Ci ha lasciato per sempre Genoeffa Riccò, esempio per tutti di volontariato sociale. Dalla nascita della Cooperativa Tempo Libero di Bagnolo in Piano, Genoeffa, meglio conosciuta come “Nèna”, ha creduto fortemente in quel progetto socio/culturale, tanto da farne la sua seconda casa. Ha dedicato, ininterrottamente, da allora, la maggior parte del Suo tempo libero in lavori a sostegno delle molte iniziative svolte dalla Cooperativa, disinteressatamente, e preoccupandosi che le cose andassero bene. Persona, con valori sociali radicati, i quali oggi si sono notevolmente affievoliti nella società contemporanea, è giusto ricardarLa per quello che ha fatto e per quello che ci lascia. Grazie Nèna Werther Borelli, presidente CTL Bagnolo In ricordo di Genoeffa Riccò “Nèna”, da sempre sostenitrice della Resistenza, scomparsa il 29 gennaio 2009, i parenti tutti sottoscrivono pro “Notiziario”. anniversari MAURA FERRARI 4° ANNIVERSARIO Il 1° maggio ricorre il 4° anniversario della scomparsa di Maura Ferrari figlia di Didimo Ferrari Eros commissario partigiano. Il marito Mario Peca, la sorella Anna con Attilio, i nipoti Riccardo e Valerio Braglia non dimenticheranno mai il suo sorriso, il suo altruismo, l’amore che dedicava a chi le era vicino e nell’occasione offrono pro “Notiziario”. La sorella Anna, nel rammaricarsi che non si sia ancora avverato quanto papà Eros scriveva loro durante la lontananza forzata per spiegare i valori della sua vita, il perché della medaglia d’argento che gli era stata conferita per la battaglia di Cerrè Sologno, il significato del 25 Aprile, i valori di onestà e altruismo, la speranza di un mondo migliore; ne approfitta per dedicarle la conclusione di una lettera del 1950, scritta dal padre, sul significato del 25 aprile e ancora attuale. “E poiché dopo la liberazione i partigiani hanno mantenuto fede a questi principi, come ha fatto il vostro papà continuando a sostenere la lotte pacifiche dei lavoratori e spesso mettendosi alla loro testa, perché fossero garantite la pace e la libertà, perché fossero assicurati il pane e il lavoro, ecco che i governanti di oggi vogliono immobilizzare i partigiani, li vogliono screditare di fronte all’opinione pubblica, per meglio realizzare gli stessi scopi del fascismo, guerra, miseria ed asservimento nazionale. Ma questi governanti non riusciranno nel loro intento. Non riusciranno perché il 25 aprile ha un significato che va al di là dei calcoli dei signori governanti; esso è radicato nell’animo dei lavoratori e non sarà mai più cancellato; non riusciranno perché i partigiani manterranno fede al giuramento fatto sulla tomba dei loro compagni caduti, malgrado le persecuzioni, non riusciranno perché il popolo lotterà sempre per mantenere la pace, e sarà disposto ad insorgere contro la guerra. Ecco cosa significa il 25 aprile mie care bambine. Significa inizio di marcia di tutto il nostro popolo verso obiettivi di giustizia, di pace e di benessere; verso una meta dove splende perennemente il sole, la primavera e la felicità…”. FIORINDA CANTONI VED. FERRARI 11° ANNIVERSARIO Il 10 aprile ricorreva l’11° anniversario del decesso di Fiorinda Cantoni vedova di Didimo Ferrari Eros. Con tutto l’affetto che conservano nel cuore per l’altruismo e l’onestà che la distingueva, i nipoti Riccardo e Valerio Braglia, la figlia Anna il genero Attilio la ricordano. aprile 2009 39 notiziario anpi anniversari TALINO FIACCADORI (RIBIN) WERTER BIZZARRI 38° ANNIVERSARIO 11° ANNIVERSARIO Il 20 gennaio 1971 moriva Talino Fiaccadori Ribin partigiano combattente, decorato di medaglia d’argento al valor militare; partecipò alla guerra di Liberazione nella 76a SAP concludendo quella esperienza con il grado di comandante di battaglione. In occasione dell’11° anniversario della scomparsa di Werter Bizzarri, ex internato militare, avvenuta il 5 gennaio 1998, la moglie Valentina Rinaldi e la nipote Annusca, per onorare la memoria, sottoscrivono pro “Notiziario”. OLIMPIA BENEVENTI VED. FIACCADORI ATHOS BEDOGNI (VITTORIO) 10° ANNIVERSARIO 5° ANNIVERSARIO Il 12 febbraio 1999 moriva la partigiana Olimpia Benedenti ved. Fiaccadori. Il figlio Ermete, a nome delle nuore e dei nipoti, vuole ricordarli con immutato affetto e sottoscrive pro “Notiziario”. Per onorare la memoria del partigiano Athos Bedogni Vittorio, appartenente alla 144a Brigata Garibaldi, scomparso il 23 febbraio 2004, la moglie Adelo Chiossi sottoscrive pro “Notiziario”. BRUNO MANZOTTI VALTER REVERBERI (FRESA) 6° ANNIVERSARIO 5° ANNIVERSARIO Il 25 febbraio ricorreva il 6° anniversario della scomparsa di Bruno Manzotti, antifascista, deportato nel 1943 in un campo di prigionia in Germania. Lo ricordano con tanto affetto la moglie Bruna Pecchini, i figli Marzia e Flavio con le loro famiglie. Nell’occasione sottoscrivono pro “Notiziario”. EMILIO MESSORI (TARZAN) 8° ANNIVERSARIO Il 18 gennaio ricorreva l’8° anniversario della morte del partigiano Emilio Messori. La moglie e i figli lo ricordano con tanto affetto e sottoscrivono pro “Notiziario”. Il 7 aprile ricorreva il 35° anniversario della scomparsa di Valter Riverberi Fresa, la moglie Laura Cavazzoni per onorarlo offre pro “Notiziario”. CARLO CAMELLINI ANNIVERSARIO La moglie Loredana Reverberi con i figli in ricordo di Carlo Camellini offrono pro “Notiziario. MARIO BAGNACANI ERO BENADUSI 19° ANNIVERSARIO Nel 19° anniversario della scomparsa del compagno Ero Benadusi, la moglie Franca e la figlia Lorena, nel ricordarlo con immutato affetto, sottoscrivono pro “Notiziario”. 2° ANNIVERSARIO Il 3 maggio ricorre il 2° anniversario della scomparsa di Mario Bagnacani. Nell’occasione la moglie Dimma, i figli Claudio e Silvia, il nipote Simone lo ricordano con immutato affetto e sottoscrivono pro “Notiziario”. GIUSEPPE CARBONI FRANCESCO NERONI 12° ANNIVERSARIO La tua scomparsa è avvenuta il 23 marzo 1997, ma la tua memoria è ogni giorno viva in noi tutti. La moglie Pompilia Ferrari, le figlie, i generi e i nipoti Francesco e Andrea sottoscrivono pro “Notiziario”. 40 aprile 2009 notiziario anpi 9° ANNIVERSARIO Sono passati 9 anni dalla scomparsa del partigiano Giuseppe Carboni, ma nei cuori di chi lo ha tanto amato, neppure un minuto è trascorso senza la mancanza di quel sorriso che scaldava, quella voce che guidava e quelle braccia che accoglievano. La moglie, le figlie, le nipoti Giulia, Elena e il genero lo ricordano con affetto. anniversari IVO GUIDETTI (FERMO) ROMUALDO SBERVEGLIERI (VIPERA) 3° ANNIVERSARIO 11° ANNIVERSARIO In memoria del partigiano Ivo Guidetti Fermo, i famigliari sottoscrivono pro “Notiziario”. FRINA BASTOLI ANNIVERSARIO In ricordo della moglie, Telemaco Arleoni offre pro “Notiziario”. Il 7 febbraio scorso ricorreva l’11° anniversario della scomparsa del nostro indimenticabile Romualdo Sberveglieri, il Partigiano Vipera. La moglie Alma, la figlia Ciria, la nipote Ilenia, con Cristiano,Tommaso Vilson, per onorarne la memoria, sottoscrivono pro “Notiziario”. OLDANO PATERLINI (ENOS) 7° ANNIVERSARIO Il 12 aprile ricorre il 7° anniversario della scomparsa del Partigiano Oldano Paterlini Enos. La moglie Iones Baschieri lo ricorda con tanto affetto e sottoscrive pro “Notiziario”. GIUSEPPE BELTRAMI (KRAMER) ATHOS BRUGNOLI 15° ANNIVERSARIO ANNIVERSARIO Il 19 maggio ricorre il 15° anniversario della scomparsa del compagno Giuseppe Beltrami Kramer della sezione ANPI di Cadelbosco Sopra, figura popolarissima da tutti amata e stimata. La sua immagine ancora viva è presente in tutta Cadelbosco. I valori dell’amicizia, della lealtà e della solidarietà sono stati sempre i tratti che hanno caratterizzato la sua esistenza. Il fratello Amos e la sorella Adelma, ricordandolo con immutato affetto, sottoscrivono pro “Notiziario”. SERGIO FERRARINI (SPARTACO) In memoria dello zio Athos Brugnoli Alvaro, Iolanda Freddi sottoscrive pro “Notiziario”. SERGIO BEDESCHI 3° ANNIVERSARIO Nel 3° anniversario della scomparsa di Sergio Bedeschi di Casalgrande, i figli Emanuele e Giuseppe lo ricordano con immutato affetto, offrendo al “Notiziario”. 7° ANNIVERSARIO Nel 7° anniversario della scomparsa di Sergio Ferrarini Spartaco, la moglie e la figlia lo ricordano e offrono pro “Notiziario. “La libertà è come l’aria, ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare. Ricordatevi, ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica”. (Piero Calamandrei – discorso agli studenti milanesi nel gennaio 1955) GINO FURGHIERI (BRUNELLO) 11° ANNIVERSARIO A 11 anni dalla tua scomparsa, avvenuta il 13 marzo 1998, il tuo ricordo non è mai svanito ma soprattutto non sono e non svaniranno mai gli insegnamenti che ci hai lasciato, di onestà, sincerità e pace. Sei stato e sarai sempre il nostro punto di riferimento e per questo sottoscriviamo in tua memoria pro “Notiziario”. Dimma, Katia, Nicoletta, Mario ALDO MUSSINI 7° ANNIVERSARIO In occasione del 25 Aprile, per onorare, nel 7° anniversario della scomparsa, Aldo Mussini, il partigiano Eros, del distaccamento “Rolando Iotti” di Roncocesi appartenente alla 76a Brg. SAP, e in ricordo del suo impegno politico e del suo attivismo sociale, la moglie Velia Verzelloni, la figlia Maela, il genero Rino e i nipoti Marco e Sofia, con affetto e rimpianto, sottoscrivono pro “Notiziario”. LINO BERTANI-VINA CAMPANINI Per onorare la memoria dei genitori, Carla e Vera Bertani sottoscrivono pro “Notiziario”. aprile 2009 41 notiziario anpi anniversari MARIA SCHIATTI VED. BAGNACANI ATTILIO BAGNACANI ITALO BONEZZI MIRELLA CODELUPPI ANNIVERSARI ANNIVERSARI Il 6 aprile ricorre il Per ricordare la mam7° anniversario della ma Maria Schiatti e il scomparsa del patriota padre Attilio BagnaItalo Bonezzi, mentre cani, i figli Albertina, il 21 ottobre ricorre il Arto e Romeo, con 16° anniversario della scomparsa della moglie Mirella Codeluprinnovato affetto, offrono pro “Notiziario”. pi. La figlia Silvia, il marito, i nipoti li ricordano con affetto e gratitudine e in loro onore offrono a sostegno pro “Notiziario”. JAMES MALAGUTI (SMITH) - IDA DONELLI ANNIVERSARI RINA GARLASSI (BARBARA)ERIO CAMELLINI (GEK) Il 3 aprile ed il 29 marzo ricorrono rispettiLa figlia Ivana Capelvamente il 12° ed il lini e il nipote Ric2° anniversario della cardo ricordano con scomparsa dei coniuimmutato affetto la gi James Malaguti Smith e Ida Donelli. Lui, noto comandante generosa disponibilità, partigiano e uomo politico impegnato nel movimento dell’Anil rispetto per tutti e amore che i partigiani Gek e Barbara hanno tifascismo della Sinistra e della Democrazia a tutti rivolta e con ispirato nella loro vita. tutti condivisa. Lei, staffetta partigiana, che durante la guerra di Liberazione incontrò James e lo sposò. Papà e mamma carissimi, sempre impegnati a donare il loro amore con l’entusiasmo di chi LORIS CONFETTI (GIUlotta per i propri ideali. Sono sempre con noi e ci confortano nei LIO) - ENERMERE BEGGI momenti difficili. E li vogliamo ancora insieme a noi, nella festa più amata, il 25 aprile, la festa della Resistenza, della primavera, della gioventù, con la speranza sempre intatta e rinnovata di Per onorare la memopoter costruire un mondo migliore. Oggi ce n’è tanto bisogno, ria dei genitori Loris come un tempo, tanti anni fa.Il figlio Claudio Malaguti, la soConfetti, il Partigiano rella Lolita Morici Malaguti ed i parenti tutti, li ricordano con Giulio, ed Enermere affetto immutato e nella ricorrenza offrono un contributo pro Beggi, i figli Ileana e “Notiziario”. Mauro sottoscrivono pro “Notiziario”. ANNIVERSARI ANNIVERSARI ADORNO TAGLIAVINI – ADRIANA ORLANDINI In ricordo di Adriana Orlandini deceduta il 28 novembre 2008, e di Adorno Tagliavini, Mirca ed Emore offrono pro “Notiziario”. LIDIA BELLESIA LINO FERRETTI ANNIVERSARI Protagonisti tra quelli di una generazione che hanno fatto una scelta giusta di una lotta che ha aperto la strada alla Liberazione, alla democrazia e ai diritti sociali e civili di uomini e donne per la prima volta sanciti dalla Costituzione. Matteo, Lorena e Tiziano li ricordano con affetto in occasione del 25 aprile anniversario della Liberazione. 42 aprile 2009 notiziario anpi ADELMO BEGGI (PADELLA) - IOLANDA CROTTI ANNIVERSARI Valerio Beggi e la famiglia intendono ricordare, sottoscrivendo pro “Notiziario”, la scomparsa del padre Adelmo, Partigiano combattente con il nome di battaglia Padella, e della madre Iolanda Crotti, che hanno lasciato un grande vuoto. L’affetto per loro rimane tuttora immutato. DINO ROSSI (BOZAMBO) 4° ANNIVERSARIO Il 9 aprile ricorre il 4° anniversario della scomparsa del partigiano fabbricese Dino Rossi Bozambo, appartenente alla 77a brigata SAP “fratelli Manfredi”. Lo ricordano con immutato affetto la moglie, i figli ed i nipoti sottoscrivendo pro “Notiziario”. anniversari ELENA RICCO (NELLA) DELFINA SPAGGIARI VED. FRANCHI 4° ANNIVERSARIO 6° ANNIVERSARIO NELLO LUSOLI IDIMO LUSETTI (IVANO) 2° ANNIVERSARIO 4° ANNIVERSARIO Il 4 aprile ricorre il 4° anniversario della scomparsa di Elena Riccò Nella. Il figlio Marco, la nuora Marina e la carissima nipote Roberta la ricordano con immutato affetto e amore sottoscrivendo pro “Notiziario”. sociale. Per onorare la memoria della madre, donna tenerissima, intelligente, giusta e in ricordo dei momenti indimenticabili vissuti, il figlio Silvano Franchi, fratello di Ovidio martire del 7 luglio, sottoscrive pro “Notiziario”. Il 22 giugno ricorre il 2° anniversario della scomparsa del partigiano senatore Nello Lusoli. La moglie Liduina, le figlie Zita, Valeria e i nipoti Tania e Roberto lo ricordano con immutato affetto nel 64° anniversario della Liberazione insieme a quanti lo conobbero e ne apprezzarono l’impegno In memoria del padre Idimo Lusetti Ivano partigiano di Roncocesi, la figlia Ermelinda Lusetti offre pro “Notiziario”. DINO SASSI 10° ANNIVERSARIO 16° ANNIVERSARIO Il 15 aprile 2009 ricorre il 16° anniversario della scomparsa del combattente Dino Sassi. Lo ricordano con tanto affetto la moglie Ines, i figli con le loro famiglie i parenti. In suo onore offrono a sostegno pro “Notiziario”. GIUSEPPE FERRETTI 34° ANNIVERSARIO Il 5 aprile ricorre il 34° anniversario della morte di Giuseppe Ferretti di Villa Cadè. La moglie Ilde e i figli con le rispettive famiglie, nel ricordarLo, offrono a sostegno pro “Notiziario”. EDDA MONTANARI ANNIVERSARIO Per ricordare la partigiana Edda Montanari, Marino Signorelli offre a sostegno pro “Notiziario”. TINA FERRARINI 4° ANNIVERSARIO Il 25 aprile di 4 anni fa ci ha lasciato Tina Ferrarini, partigiana della 76a Bgt. SAP. La figlia, il figlio, la nipote, il genero e la nuora ricordano che il suo primo valore fu la libertà. Per onorarne la memoria, sottoscrivono pro “Notiziario”. ADELMO BELLONI (AQUILA) Il 10 aprile ricorre il 10° anniversario della scomparsa del partigiano Adelmo Belloni Aquila. La moglie Maria, la nuora Nicoletta, i nipoti Erik e Greta lo ricordano con tanto affetto e sottoscrivono pro “Notiziario”. Nell’occasione, i famigliari uniscono nel ricordo Gianni Belloni. GIULIO GUIDOTTI 6° ANNIVERSARIO Il 16 aprile ricorre il 6° anniversario della scomparsa del partigiano Giulio Guidotti, appartenente alla Divisione Dalmazia dell’esercito di liberazione della Jugoslavia. Nel ricordarlo con infinito affetto, la moglie Selene, il figlio Gianni, la nuora Donatella, i nipoti Lisa e Marco, i cognati, le cognate e i parenti tutti sottoscrivono pro “Notiziario”. AMARENZIO MONTANARI-MARINA NOTARI I figli Mirco e Rino, con le rispettive famiglie e i nipoti Marco, Sofia e Francesca, in occasione del 25 Aprile, ricordano Amarenzio Montanari Mirco, comandante del distaccamento “Rolando Iotti” di Roncocesi della 76a Brg. SAP, insieme alla moglie Marina Notari recentemente scomparsa, sottoscrivendo pro “Notiziario”. aprile 2009 43 notiziario anpi Il “Notiziario ANPI” è una voce della resistenza e della democrazia. PER VIVERE HA BISOGNO DEL TUO AIUTO - NN – a sostegno Notiziaro ...................................................................... euro 20,00 - SEZ. ANPI CADELBOSCO SOPRA – a sostegno notiziario e a ricordo dei f.lli Carrettii.......................................................................................... “ 150,00 - JONES BARTOLI – a sostegno Notiziario .................................................... “ 50,00 - ACHILLE CORGINI – a sostegno Notiziario .................................................. “ 20,00 - SEZ. SAN PELLEGRINO – a sostegno Notiziario .......................................... “ 50,00 - POMPILIA FERRARI-GIULIA E GILDA NERONI in ricordo del marito Francesco nel 12° anniversario decesso......................................... “ 40,00 - IOLANDA FERRETTI – a sostegno Notiziario in memoria dello zio Athos Brugnoli........................................................... “ 50,00 - SERSE FABBI e ANGELA TELAMI pro-notiziario ........................................... “ 70,00 - DORANDO TURCI – a sostegno Notiziario ................................................... “ 40,00 - UGO GIUDETTI – a sostegno Notiziario ....................................................... “ 20,00 - ELDA CASALI – a sostegno Notiziario......................................................... “ 10,00 - GIACOMINA CASTAGNETTI – a sostegno Notiziario ..................................... “ 30,00 - EMO GHIRELLI – a sostegno Notiziario ...................................................... “ 30,00 - EDDA ROMEI – RENZO SIRONI – a sostegno Notiziario .............................. “ 40,00 - MIRCA E EMORE TAGLIAVINI in ricordo di Orlandini Adriana e Adorno Tagliavini “ 100,00 - VALENTINA RINALDI in ricordo di Bizzarri Werter nell’11°anniversario decesso con nipote Annusca ..................................... “ 50,00 - MARISA INCERTI – a sostegno Notiziario ................................................... “ 20,00 - SEZ.ANPI BUSANA – a sostegno Notiziario in occasione del tesseramento . “ 92,00 - RAFFAELE CAMPIOLI – a sostegno Notiziario ............................................ “ 25,00 - FERDINANDO CAMPIOLI – a sostegno Notiziario ....................................... “ 30,00 - CARLO GRASSELLI – a sostegno Notiziario ............................................... “ 40,00 - FAM.BENADUSI nel 19° anniversario della scomparsa del compagno ERO la moglie Franca e la figlia Lorena ............................... “ 50,00 - DIOMIRA MESSORI in ricordo del partigiano Messori Emilio “Tartan” ......... “ 25,00 - ALVINO E LAURA FORNACIARI – a sostegno Notiziario ............................... “ 20,00 - FAM. DINOLFI – a sostegno Notiziario ....................................................... “ 20,00 - GOZZI FRANCA – POVIGLIO – a sostegno Notiziario ................................... “ 30,00 - MARZI E MANZOTTI per ricordare Bruno Manzotti ...................................... “ 30,00 - ALFREDO BERNINI – GUASTALLA – a sostegno Notiziario .......................... “ 10,00 - ENZA MALAGUTI – GUASTALLA – a sostegno Notiziario ............................. “ 10,00 - ALGELO DALL’AGLIO –– a sostegno Notiziario ........................................... “ 10,00 - CLAUDIO MALAGUTI – – a sostegno Notiziario .......................................... “ 10,00 - ANPI GUASTALLA – contributo a sostegno attività provinciale..................... “ 1000 - ALCESTE BASSI – – a sostegno Notiziario ................................................. “ 15,00 - BRUNO Prof. OLIVI – – a sostegno Notiziario ............................................. “ 10,00 - VALTER CROCI in ricordo del padre Giulio ................................................... “ 30,00 - I PARENTI – a sostegno Notiziario in ricordo di Genoeffa Riccò................... “ 100,00 - ORNELLA FERRETTI – a sostegno Notiziario .............................................. “ 25,00 - ALBERTINA, ARTO, ROMEO BAGNACANI per ricordare il padre Attilio e la madre Maria Schiatti .................................................... “ 60,00 - CLAUDIO MALAGUTI in ricordo del dodicesimo e 2° anniversario della scomparsa di James e Ida ................................................................ “ 150,00 - ODDINO BENASSI – S.ILARIO – a sostegno Notiziario ................................ “ 25,00 - ERMETE FIACCADORI per onorare la memoria di Italino Fiaccadori e Olimpia Benedenti ved. Fiaccadori ....................................................................... “ 100,00 - KATIA FURGHIERI E FAM. in memoria del padre Gino Furghieri “Brunello .... ” 50,00 - LAURA CAVAZZONI per onorare la memoria del marito Riverberi Walter “Fresa” nel 15° anniversario ............................................ “ 50,00 - LOREDANA REVERBERI per onorare la memoria del marito Camellini Carlo “Disaster” ........................................................................ “ 50,00 - FAM. PINOTTI – per onorare la memoria del partigiano Mombello Pinotti, la moglie e i figli sottoscrivono....................................... “ 50,00 - GERMANO GAZZINI – Correggio in ricordo del padre Tonino sottoscrivono – a sostegno Notiziario .............................................................................. “ 20,00 - WILLIAM ING. GORINI contributo a sostegno............................................... “ 50,00 - PAOLO TAMAGNINI contributo a sostegno .................................................. “ 30,00 - IONES BASCHIERI sottoscrizione in onore di Oldano Paterlini ..................... “ 50,00 - SECONDO SPAGGIARI E DELISA FANTUZZI contributo a sostegno ............... “ 30,00 - GELINDO CERVI contributo a sostegno ....................................................... “ 10,00 - CARLO E STEFANIA GOVI – Campegine per onorare la staffetta partigiana Vanda Conti ............................................................. “ 40,00 - LISETTA GRUZZA – MARINO CERVI a sostegno notiziario............................ “ 100,00 - ALFREDO CAMPIOLI contributo a sostegno ................................................ “ 50,00 - IVO CORRADI contributo a sostegno ........................................................... “ 50,00 - GIUSEPPE CODELUPPI – a sostegno Notiziario .......................................... “ 20,00 - FAM. SASSI – VIANO per onorare Armando Sassi partigiano 76a Brig. SAP . “ 15,00 - FAM. MONTANARI GAUDENZIO – ANPI Scandiano per onorare i 4 martiri eccidi di Fellegara ..................................................................... “ 50,00 - ENZO RABITTI – ANPI Scandiano – a sostegno Notiziario .......................... “ 20,00 - ANDREA NASCIUTI – ANPI Scandiano – a sostegno Notiziario..................... “ 15,00 - ERIO PRANDI – a sostegno Notiziario ......................................................... “ 20,00 - TILDE VERONA sostegno al notiziario1 ....................................................... “ 00,00 - ILEANA CONFETTI per onorare la memoria del padre Loris e della madre Beggi Elermere ................................................................... “ 150,00 - ANNA FERRARI E FAM. in ricordo della sorella e della madre ..................... “ 100,00 - BRUNO GRULLI – a sostegno Notiziario ..................................................... “ 30,00 - IVO MAREGGINI E F.LLI per onorare la memoria del padre Primo e della madre Malvina Benedenti............................................................... “ 50,00 - ANPI SEZIONE SAN POLO contributo a sostegno ........................................ “ 100,00 44 aprile 2009 notiziario anpi - ALMA MORSIANI per memoria del marito Mario Borselli ............................ “ 50,00 - ANPI SEZIONE SAN PELLEGRINO contributo a sostegno ............................. “ 1000,00 - FAM. GUIDETTI RONCOCESI in memoria del partigiano Ivo Guidetti “Fermo” – a sostegno Notiziario ............................................. “ 200,00 - SILVIA BAGNACANI per onorare la memoria del padre Mario Bagnacani ..... “ 100,00 - FERDINANDO MANZINI contributo a sostegno ............................................ “ 20,00 - SILVANO FERRARI contributo a sostegno .................................................... “ 20,00 - KATIA CASOLI contributo a sostegno .......................................................... “ 40,00 - ARMANDO GIBERTINI contributo a sostegno............................................... “ 30,00 - ANPI SEZIONE RUBIERA contributo a sostegno ........................................... “ 50,00 - CENTRO SOCIALE RUBIERA contributo a sostegno ..................................... “ 50,00 - LINO VERONI – RUBIERA contributo a sostegno ......................................... “ 25,00 - ARCI MASSENZATICO - LAGHI DEL SOLE - contributo a sostegno ............... “ 50,00 - TELEMACO ARLEONI per onorare la moglie Bastoli Frina ............................ “ 150,00 - ELEONORA OROSEI VED.MASONI in ricordo del marito Mario Masoni ......... “ 100,00 - ANNA FIORANI in ricordo del marito Sergio Ferrarini “Spartaco”................. “ 100,00 - ANGELO ZECCHI, ANNA PARALUPPI – REGGIOLO per onorare la memoria della cognata Paolina Lusuardi ............................. “ 20,00 - DANIELA, GIUSEPPINA, ZORA, FRANCA, LINA – - REGGIOLO in memoria dell’amica Paolina Lusuardi.................................... “ 50,00 - MARIO ANDREOLI E DANIELA - Reggiolo - contributo a sostegno Notiziario “ 15,00 - AMOS E ADELINA BELTRAMI nel 15° anniversario scomparsa del fratello Giuseppe “Kramer” .................................................................. “ 100,00 - LIBERO BONINI in ricordo dei genitori Arturo e Mafalda I Virtus e Abdon gli amici Zorè Manzotti e Giuseppe Carretti e tutti i partigiani .......... “ 50,00 - FRABRIZIO BOTTAZZI – contributo a sostegno Notiziario ............................ “ 30,00 - UMBERTO ORLANDINI– contributo a sostegno Notiziario ............................ “ 10,00 - SILVANO FRANCHI – in onore di Spaggiari Delfina, madre anche di Ovidio, martire del 7 luglio 1960....................................... “ 100,00 - ERMELINDA LUSETTI in memoria del partigiano Idimo Lusetti “Ivano” ....... “ 50,00 - LINO CORRADINI in ricordo di Giuseppe Carretti “Dario” ............................ “ 25,00 - LINO CORRADINI in memoria della moglie Maria Attilia Cagarelli ................ “ 50,00 - ERIO LANZONI a sostegno Notiziario .......................................................... “ 30,00 - ARTIOLI in memoria della madre Tina Ferrarini nel 4° ann.rio della scomparsa ........................................................................................ “ 250,00 - ROMANO CATELLANI – CAMPEGINE – contributo a sostegno Notiziario ..... “ 25,00 - OLIMPIO GIOVANARDI – CAMPEGINE – contributo a sostegno Notiziario ..... “ 25,00 - IDEMMA BARUFFI – CAMPEGINE – contributo a sostegno Notiziario........... “ 50,00 - MARIANO SIGNORELLI per ricordare la compagna partigiana Edda Montanari a sostegno Notiziario ........................................................ “ 50,00 - ELIO BONACINI – contributo a sostegno Notiziario ..................................... “ 50,00 - REDENTO BERNI – CORREGGIO – contributo a sostegno Notiziario............. “ 25,00 - ANTONIO TIRELLI – contributo a sostegno Notiziario .................................. “ 25,00 - ILDE PASTURINI E FIGLI nel 5° anniversario del marito e padre Giuseppe Ferretti, Villa Cadè ......................................................... “ 30,00 - SEZ.CITTADINA ANPI – a sostegno Notiziario.............................................. “ 200,00 - RICCARDO TREVISAN-IVANA CAMELLINI per onorare il partigiano Erio Capellini “jek” la nonna “Barbara” ................................... “ 60,00 - MARISA BONACINI contributo in memoria di Aldo Carpi.............................. “ 25,00 - VANDA CARPI per onorare la memoria del fratello Aldo Carpi ..................... “ 25,00 - ROSANNA CASTELLARI per onorare la memoria del marito Renato Orlandini ....................................................................................... “ 100,00 - IRIS SASSI in ricordo del marito Dino Sassi ................................................ “ 25,00 - LIDUINA TINCANI in ricordo del sen. Nello Lusoli ........................................ “ 400,00 - LELLI ANGIOLINA per onorare la memoria del marito Primo Montecchi scomparso il 6 Febbraio 2009 ....................................... “ 100,00 - GIAN PAOLO ARTIOLI – a sostegno Notiziario per anniversario del decesso di Augustina Ferrarini ............................................................. “ 250,00 - LORENA FERRETTI – a sostegno Notiziario in ricordo di Lino Ferretti e Lidia Bellesia .................................................................. “ 200,00 - ROSELLA CARBONI E FAM. per onorare la scomparsa del partigiano Giuseppe Carboni ..................................................................................... “ 50,00 - LORENZO E LEDA RABITTI per ricordare Lauro Righi .................................. “ 100,00 - ALDO PANZINI per ricordare il fratello Bruno deceduto il 4-3-2009 ............ “ 100,00 - RAFFAELLA LONGAGNANI per il 96° completanno del fratello Gino antifascista, perseguitato e partigiano ............................................... “ 50,00 - MARIA SALTINI in memoria del marito Adelmo Bedogni.............................. “ 50,00 - GIANNI GUIDOTTI in memoria di Giulio Guidotti scomparso il 16/11/2003 .. “ 50,00 - LAILA MALAVASI in ricordo del partigiano dott. Malavasi Ennio “Royal”...... “ 100,00 - GIANFRANCO SARATI – a sostegno Notiziario ............................................ “ 35,00 - SILVIA BONEZZI in ricordo dei genitori offre – a sostegno Notiziario .......... “ 100,00 - MARCO FERRATI nel 4° anniversario della scomparsa di Elena Riccò Nella “ 30,00 - PAOLINA DALLARI, i figli Valentino e Willer, in ricordo di Monbello Pinotti, partigiano di Correggio offrono al Notiziario .................... “ 50.00 GERMANO GAZZINI in ricordo del padre Tonino offre al Notiziario .............. “ 20.00 - ANPI Carpineti in memoria di Fernando Ibatici ........................................... “ 20,00 - TERZO COMI in memoria di Secondo Castagnetti ....................................... “ 10,00 - CARLA E VERA BERTANI in memoria dei genitori Lino e Vina ...................... “ 60,00 - FAM MUSSINI in memoria di Amarenzio Montanari e Marina Notari............ “ 150,00 - SEZIONE ANPI CANOSSA a sostegno Notiziario ANPI .................................. “ 115,00 - FAM BEDESCHI, Casalgrande per onorare la memoria di Sergio Bedeschi . “ 40,00 REGGIOCHEPARLA Il buon sama...ritano “A Reggio Emilia questa amministrazione e i Servizi sociali sul territorio si disinteressano completamente delle famiglie reggiane bisognose aiutando gli extracomunitari” (Gianfranco Sammartano, UDC) 21 marzo, san Benedetto le rondini al tetto... “L’arrivo della primavera porta alle persone una frizzante voglia di protagonismo, ma loro parole ci fanno dire che il vento marzolino ha scompigliato la logica del loro pensiero politico” (Mario Poli, UDC) A bé! Sì, bé! (1) “Ho dato la mia disponibilità a mettermi a servizio per un progetto civico programmatico e territoriale” (Antonella Spaggiari) A bé! Sì, bé! (2) “Nelle mie parole non c’è rivalsa né rancore...” (Antonella Spaggiari) Gregoriano muto (?) “Non ho niente da commentare” (s. Graziano Delrio) Grillo parlante “Le scelte sbagliate della Spaggiari parlano da sole, è una discesa in campo alla faccia del ricambio generazionale” (Matteo Oliviero, grillino) Sturm und drang “Desta in me un grande stupore e mi lascia profonda amarezza” Il candore “Sono sorpresa, non pensavo che si candidasse” (Laura Salsi, PD) Fede, speranza e... carità “Credo che Delrio uscirà rafforzato da questa novità” (Giulio Fantuzzi) L’ago della bilancia “Questa candidatura nasce dall’esigenza di coniugare l’innovazione con la solidità dimostrata negli anni scorsi dai governi di Antonella” (Uris Cantarelli, ?) I riformisti di Lenin “Giudicheremo dai fatti e ci confronteremo con lei come con gli altri candidati” Forse... “Mi chiedo quanti sacerdoti, per esempio, parlano di ragazzi ma trovano così poco tempo per stare con loro” (don Frrrrrrranco RRRRRRRRRanza) I preliminari “Diamoci del tu, è giusto che entriamo in confidenza...” (Emilio De Tata, dottore) A bé! Sì, bé (3)! “I pareri che Iride ci ha fornito sul tema della moratoria fiscale sono anch’essi tranquillizzanti” (Andrea Viero, amministratore delegato Enìa) (Ildo Cigaririni, Legacoop) Intingoli “Una continuità in cui un ex sindaco si cucina un posto di potere in città come la Fondazione Manodori e da lì cerca di continuare a fare in qualche modo il sindaco” (Mimmo Spadoni) Unità nel partito! “Concordo con le parole di ieri di Fantuzzi” (Maino Marchi, PD) Il placido don “Bullismo stop!” (don Frrrrrrranco RRRRRRRRRanza) (Giulio Fantuzzi, PD) Ohhhhh!?!? Dopo Sophie... “La scelta di Antonella Spaggiari mi ha sorpresa e stupita e devo dire anche dispiaciuta” (Sonia Masini) ...E REGGIOCHEPEDALA aprile 2009 45 notiziario anpi IL NOTIZIARIO ANPI – Periodico di politica, storia, memoria, cultura e informazione varia la finestra sul cortile di Nicoletta Gemmi Hasta la victoria siempre! Un progetto titanico. Più di dieci anni di lavoro di documentazione, sette anni di letture e indagini, tre di riprese. Queste sono le premesse per capire la cinebiografia su Che Guevara, firmata Steven Soderbergh e interpretata da Benicio del Toro, Premio come Migliore Attore a Cannes 2008. Quattro ore e mezza di film, divise in due parti, il secondo arriverà il 1° maggio CHE – L’Argentino racconta l’ascesa del Che nella rivoluzione cubana, da medico a comandante a eroe rivoluzionario. Il 26 novembre del 1956 Fidel Castro salpa per Cuba con 80 ribelli. Uno di quei ribelli è Ernesto “Che” Guevara, un medico argentino che condivide il sogno di Fidel: rovesciare la dittatura corrotta di Fulgencio Batista e creare una società nuova ispirata a ideali di giustizia e uguaglianza. Come testimoniano le sequenze che mostrano il Che all’Onu nel ’64. Il Che si rivela indispensabile come combattente e impara presto l’arte della guerriglia, diventando il beniamino dei suoi compagni e del popolo cubano. La marcia per arrivare all’Avana dura più di due anni: dopo un lungo periodo sulle montagne della Sierra Maestra, senza mezzi, armi, tra combattimenti, litigi, arruolamento e addestramento di volontari, istruzione minima per gli analfabeti, cura dei malati, la colonna del Che conquista Santa Clara. La corruzione del potere locale e la scelta dei soldati di passare nelle fila dei rivoluzionari si rivelano decisive per i passi successivi. Le altre fazioni di oppositori, reduci dalla conquista di Santiago e di Yaguajay, si uniscono a loro. La presa di Cuba si rivela lunga e faticosa. Solo nel gennaio del 1959 l’Avana sarà in mano dei rivoluzionari. “Il vero rivoluzionario è guidato da grandi sentimenti d’amore”, diceva Ernesto Che Guevara. E questi sentimenti di amore hanno anche motivato il regista Steven Soderbergh a intraprendere questa imponente avventura, un biopic per raccontare un mito, un’icona, un rivoluzionario appassionato e serio che ha fatto la Storia. Uno dei guerriglieri più amati al mondo e il più emblematico delle tradizioni latino-americane. “Non ho mai voluto raccontare l’immagine politica del Che – afferma il regista – né avvalorare le sue teorie ma solo riportare sullo schermo il suo percorso umano. E’ questo il lato di Guevara che mi ha sempre conquistato”. Il film uscito negli Usa l’anno scorso non ha sbancato il botteghino, forse per la lunghezza, per la decisione di girarlo in spagnolo e per il tema politico, critico con il governo americano. CHE ha, invece, trionfato in Spagna e a Cuba. “Ci aspettavamo – afferma Del Toro (anche produttore della pellicola) – una reazione freddina negli USA, ringrazio però il mio amico Sean Penn che ci ha aiutato moltissimo a promuovere il film, dato che lo considera un lavoro straordinario”. “E’ il ruolo più difficile – conclude l’attore – e ambizioso che abbia mai interpretato. Ma anche quello di cui vado più fiero dato che Guevara era un essere umano con una forza di volontà eccezionale, una straordinaria capacità di sacrificio e un grande altruista”. 10 aprile CHE – L’Argentino (CHE – The Argentine, Francia/Spagna/Usa, 2008) Regia di Steven Soderbergh con Benicio Del Toro, Demián Bichir, Santiago Cabrera, Elvira Mínguez, Jorge Perugorría, Catalina Sandino Moreno, Rodrigo Santoro - 131’, Bim, storico/ biografico aprile 2009 47 notiziario anpi CENTRO TURISTICO MODENESE DI ROBINTUR in collaborazione con: ANPI - Associazione Nazionale partigiani d’Italia di Reggio Emilia e di Modena ANPI REGGIO EMILIA Via Farini, 1 tel. 0522/432991 - 453689 SOGGIORNI 2009 ESTATE/AUTUNNO MARE ADRIATICO MILANO MARITTIMA (RA); MISANO BRASILE (RN), RIVAZZURRA (RN); CERVIA (RA); PESARO (PU), SENIGALLIA (AN); SAN BENEDETTO DEL TRONTO (AP) novità 2009 SOGGIORNO TERMALE (13 giorni/12 notti) in bus ABANO TERME MONTAGNA DOLOMITI: MOLVENO (TN); LEVICO (TN); ALMAZZAGO (TN); ANDALO (TN); MALE’ (TN). APPENNINO: SESTOLA (MO); PIEVEPELAGO (MO) Hotel 3 stelle – Maggio e Ottobre Richiedete il volantino dettagliato presso la vostra Associazione ISCHIA con aliscafo – aereo con supplemento TOSCANA TERME CHIANCIANO (SI) SICILIA (aereo) ISCHIA PORTO; LACCO AMENO; ISCHIA PORTO RICHIEDETE IL CATALOGO PER ALTRI HOTELS PRENOTABILI SU ISCHIA Per tutti gli Hotels: CAMERE SINGOLE SU RICHIESTA ISOLA DELLE FEMMINE (PA); SELINUNTE (TP) BUS CALABRIA DIAMANTE (CS); SLOVENIA PORTOROSE Loc.STRUNJA; PUGLIA VIESTE RISERVATO AI SOCI A.N.P.I. Associazione Provinciale di Reggio Emilia via Maiella, 4 - Tel. 0522 3561 www.cnare.it