Da Broadway a Piacenza attraversando la “linea bianca”

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La Cronaca Spettacoli & Arte
D OMENICA 1
MARZO
2009
32
Da Broadway a Piacenza
attraversando la “linea bianca”
PALAZZO FARNESE
In Cappella Ducale
il concerto
di musica klezmer
Il musical “A Chorus Line” sarà in
scena al Teatro Municipale da lunedì a
giovedì
È
stato uno dei più grandi successi del musical di tutti i tempi; è
stato lo spettacolo che, prodotto dalla Compagnia della Rancia nel
1990, ha convinto tutti che anche in
Italia si potesse mettere in scena un
musical. La nuova edizione americana, attualmente, è il più grande successo in cartellone a Broadway: “A
Chorus Line”, il “re” dei musical, sarà
in scena al Teatro Municipale di Piacenza da lunedì a mercoledì, sempre
alle 21, per la Stagione di Prosa “Tre
per te” 2008/2009. Anche questa edizione di “A Chorus Line” vede la regia associata di Baayork Lee e Saverio
Marconi - che già avevano firmato le
precedenti edizioni – con l’allestimento curato da Luis Villabon nel 2008 e
da Gianluca Grasso nel 2009.
Baayork Lee è una delle più profonde conoscitrici di “A Chorus Line”:
oltre ad essere stata la ballerina che ha
originariamente ispirato, con la sua vita reale, la storia di Connie, uno dei
personaggi del musical di Michael
Bennett, ha diretto e riallestito le coreografie originali di decine di edizioni
del musical in America e in tutto il
mondo e ha curato le coreografie dell’edizione attualmente in scena a
Broadway.
“A Chorus Line”, il musical più
emozionante, tra coreografie straordinarie e canzoni coinvolgenti, è una
storia che conquista il cuore. Nella penombra di un teatro di Broadway,
l’audizione per un nuovo spettacolo è
quasi terminata. Una linea bianca sul
palcoscenico divide la zona del corpo
di ballo dal proscenio riservato alle
star: lungo questa “linea del coro” si
susseguono i racconti di diciassette
personaggi che, attraverso la musica e
la danza, condividono con gli spettatori le storie delle loro vite. Diciassette
storie bellissime, alcune divertenti, altre commoventi, tutte straordinariamente toccanti, regalano così la “rara
sensazione” di un musical indimenticabile che, dopo 30 anni, conserva ancora un messaggio profondo anche
per le nuove generazioni.
Questo è “A Chorus Line”. Emozionante, innovativo, creativo, a tratti
drammatico, “A Chorus Line” (concepito e originariamente diretto da
Michael Bennett, scritto da James
Kirkwood e Nicholas Dante, con le
bellissime musiche di Marvin Hamlisch) nasce nel 1974 da un workshop
in cui un gruppo di ballerini (i cosiddetti “gypsies”, coloro che passano da
un musical all’altro), dopo le prove di
uno spettacolo, si incontrano per parlare delle proprie esperienze personali
e professionali, e di come la danza abbia condizionato le loro vite. L’incontro fu registrato su un nastro e trascritto: da lì fu tratto il testo dello
spettacolo.
Dopo la leggendaria prima del 25
luglio 1975 al Public Theatre di New
York, alla presenza di 300 spettatori,
partì un passaparola che portò a una
svolta nella storia di Broadway: era
nato il “Re dei musical”. Lo spettacolo, negli anni, è stato rappresentato in
oltre 22 paesi nel mondo, 104 città
negli Usa e ha coinvolto, solo a
Broadway, oltre 500 performers.
In scena, il “teatro nel teatro”, la
storia non solo di un regista che sceglie, tra i numerosi candidati, il corpo
di ballo per un nuovo spettacolo ma,
soprattutto, la vita di giovani artisti
messa a nudo sul palcoscenico con le
speranze, i sogni, le debolezze e i fallimenti della realtà quotidiana. Per tutti
è una sfida con la vita. Michael Bennett ha voluto raccontare al pubblico
le verità dei ballerini di fila, nude e
crude, come nuda e scarna è la scena
che esalta aspetti a tratti drammatici:
Sopra, nella foto di Antonio Agostini, un momento dello spettacolo in scena al Teatro Municipale
il lavoro che non c’è, le sconfitte che si
susseguono, la passione che costringe
questi giovani ad arrancare sperando
di farcela a ogni nuova audizione per
entrare, dopo durissime selezioni, in
un corpo di ballo in cui tutti dovranno
essere identici nei costumi, nelle movenze, addirittura nei sorrisi, annullando personalità e individualità. La
musica, le coreografie, la recitazione,
sono tutta un’esaltazione del musical,
che mai come qui rappresenta la vita
stessa degli attori e, metaforicamente,
tocca i tasti più profondi dell’animo
umano.
LIBRERIA ROMAGNOSI
Ieri la presentazione de “I Signori delle colline”
“I Signori delle colline alla conquista dello Stivale” titolavano le
nostre pagine solo qualche giorno
fà. E, proprio ieri, alle 17.30, alla libreria Internazionale Romagnosi, è
stato presentato l’ultimo romanzo
della piacentina Antonia Romagnoli (anche collaboratrice di Cronaca)
che ha recentemente conquistato
un’ampia pagina sul sito del Corriere del Mezzogiorno.
“I signori delle colline” (edizioni
L’Età dell’Acquario) è la seconda
parte di una saga di genere fantasy
alla quale auguriamo sempre maggiore successo.
Mostre/LABORATORIO DELLE ARTI
Sopra, una delle foto esposte in mostra
Oggi prenderà vita un nuovo appuntamento del ciclo "Domeniche a Palazzo Farnese", organizzato dal Centro Culturale Italo - Tedesco Goethe Zentrum di
Piacenza e Lodi, in collaborazione con il Comune di Piacenza,
l'Amministrazione Provinciale di
Piacenza, i Musei Civici di Palazzo Farnese ed il Consolato Generale di Germania di Milano.
Dalle 16.30 e alle 17 si terrà
una visita guidata alle collezioni
dei musei dal titolo “I Ritratti di
Palazzo Farnese’’; a seguire, alle 17.30, nella splendida cornice di Cappella Ducale, ci sarà
il concerto “Yiddish, deve parlare yiddish il tuo violino se vuoi
che ci racconti la vita”.
Di particolare interesse e pregio sarà l’esecuzione dei brani
musicali da parte dell’Ensemble
Klezmerata Fiorentina, composta da musicisti dell’Orchestra
del Maggio Musicale Fiorentino:
Igor Polesitsky violino, Riccardo
Crocilla clarinetto, Francesco
Furlanich fisarmonica, Riccardo
Donati contrabbasso. Il programma del concerto, trattandosi di musica di improvvisazione, sarà presentato dal gruppo
al momento dell’esecuzione.
«Per musica klezmer, o musica
dei klezmorim - spiega Igor Polesitsky - s’intende la musica
strumentale degli ebrei ashkenaziti dell’Europa dell’est. In effetti, a partire dagli anni ’70 in
America, e in seguito anche in
Europa, un po’ sulla scia del
successo della musica etnica,
c’è stata una grande rinascita
di questa musica, nella quale è
entrato in gioco anche un desiderio di ritorno alle radici. Ci si
è basati su vecchie registrazioni
perché la linea diretta di trasmissione di questa musica si è
interrotta per tutto quello che è
successo in Europa nel periodo
della Guerra».
Jenifer, oracolo automatico
tra l’angelico e il diabolico
«Jenifer vuole farsi spazio nei tuoi pensieri. Jenifer vuole trovare casa nel
profondo del tuo cuore. Jenifer non è
un gioco. Non è un oggetto. Non è
una donna. Jenifer è un sogno che non
dimenticherai». “Jenifer. Oracolo automatico # 1” è la prima personale di
Roberto Dassoni che, al Laboratorio
delle Arti, presenta opere fotografiche
realizzate con macchine Lomo Diana+ 120 mm, Lomo Smeana Symbol
Vintage 35 mm, Panasonic Lumix; poi
una serie di light box e tre video “The
story of Jenifer”, “Profezie automatiche” e “I am Jenifer”.
Così il videomaker, autore televisivo e
patron di “Location Piacenza” dà vita
a fotografie ricche d’effetti di luce, di
sovrapposizioni ottenute grazie ad
esposizioni multiple, alle ottiche imperfette di quelle macchine di plastica.
Ma facciamo un passo indietro. La lomografia è un fenomeno fotografico di
moda e culto. Nate come macchine
fotografiche a basso costo sono diventate oggetto di desiderio per fotografi,
amanti del design e della cultura pop;
tanto che le macchine Lomo sono
passate dai mercatini dell’usato ai
bookshop dei musei d’arte.
Siamo nel 1992, in un mercato di Pra-
ga, quando nasce la lomografia. Due
studenti austriaci, Matthias Fiegl e
Wolfgang Stranzinger, sono attratti da
delle macchine fotografiche, delle 35
mm, di marca Lomo (l’acronimo di
Leningradskoe Optiko-Mechaniãeskoe Ob"edinenie). Il resto è storia.
Noi aggiungiamo che l’obiettivo di
queste macchine, dalla focale di
32mm, si può paragonare ad un grandangolo; nelle foto la luce è bizzarra, i
colori sono saturi, non mancano effetti di vignettatura, e, poi, alterazioni
che rendono i contorni nitidi o indefiniti. Le foto di queste “macchine giocattolo” sono ravvicinate e sproporzionate, sfacciate, e raffigurano incredibilmente quello che vedono. Queste le
caratteristiche di pregio delle macchine usate per la realizzazione della mostra; ad esse va aggiunta l’esperienza
di Dassoni che ha lavorato tra Londra
e Los Angeles realizzando video, spot,
documentari e format televisivi. Il tema è quello di una bambola: Jenifer,
che si aggira tra scenari idilliaci e paesaggi urbani. E non è un tema nuovo
per Dassoni che l’aveva trattato nel video “Baby Doll” (dove una bambola,
come accadeva a Pinocchio, sognava
di divenire una donna in carne ed os-
sa) vincitore, nel 2008, del pitch di
Diesel al festival More Than Zero.
Con Jenifer l’artista riflette sulle immagini; e con quelle, come scrive Elisa
Bozzi nel catalogo della mostra, «traspone un oggetto da supermercato su
un altro piano creando un feticcio mistico tra l’angelico ed il diabolico».
L’allestimento della mostra è suggestivo. Così, su teli, poi sui muri illuminati dai neon, si succedono le immagini.
Immagini che sono, ad una ad una,
accompagnate da una frase, la frase di
Jenifer in occasione dello scatto.
«Tre giorni dopo l’inaugurazione della
mostra – ci hanno comunicato i galleristi - abbiamo rinvenuto nella cassetta della posta del Laboratorio delle
Arti un nastro magnetico anonimo.
Dalla decodificazione abbiamo tratto
il cd, “Jenifer, meravigliosa sorella”,
che presenteremo venerdì prossimo
alle 21.30». Allora aspettiamo di vedere questa performance.
“Jenifer. Oracolo automatico # 1”,
personale di Roberto Dassoni. Laboratorio delle Arti di piazzetta
Barozzieri. Sino al 14 marzo, da
martedì a sabato dalle 16 alle 19.
Info 0523.330057.
Giovanna Ravazzola
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