Per incominciare vorrei ringraziare il mio amico Andrea Fogli per l

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Michael Zoe DeWitt
KIA E CTHULHU
Schizzi per un modello non-dualistico dell’universo
La mia idea per questa conferenza è di fare una breve sintesi della mia filosofia e di presentare due modelli,
o meglio due stadi di sviluppo di un modello, descrivendo la nostra esperienza della realtà, e in particolare il
rapporto fra la nostra mente individuale (l’ego) e la realtà esterna (il mondo).
Il mio percorso nella filosofia ha preso avvio dall’esercizio della magia. Quando ero giovane ho sperimentato
le tecniche di Austin Osman Spare, un artista inglese dell’occulto che aveva sviluppato dei metodi semplici
per l’appagamento dei desideri attraverso la creazione di simboli e immagini dei desideri inconsci.
Siccome queste tecniche funzionano, per lo meno in molti casi, mi sono chiesto: qual è il meccanismo che
permette un tale impatto della mente individuale sugli eventi della realtà esterna ? Anche se mio approccio
alla filosofia ha avuto inizio attraverso l’esperienza della magia di Spare, non è necessario collegare questa
domanda a pratiche così misteriose e lontane.
Sono certo che tutti noi possiamo trovare casi nelle nostre vite in cui possiamo osservare una tale
connessione tra la mente e le realtà esterne. Esempi in questa direzione li ha illustrati C. G. Jung attraverso
l’analisi del fenomeno della “sincronicità”, ma anche Sigmund Freud con “Il ritorno degli esclusi”, elemento
essenziale della sua teoria della psicoanalisi. Nel suo saggio “Oltre il Principio del Piacere” Freud scrive che
questo ritorno degli esclusi può apparire sotto forma di eventi esterni che ritornano frequentemente nella vita
di una persona. Questa forma di ripetizione compulsiva, individuata come “Destino compulsivo”, è
esattamente quello di cui sto parlando: ovvero l’influenza dei concetti inconsci sugli eventi della realtà
esterna. Eventi che sembrano in qualche modo collegati tra loro, anche se non c’è una relazione causale tra
di loro, scientificamente o razionalmente oggettiva.
1) Il modello KIA
Per spiegare come questo processo possa funzionare ho sviluppato un primo modello, che ho tentato di
visualizzare attraverso la prima lettera dell’ “Alfabeto Sacro” di Austin Osman Spare, tramite va quale
simbolizza Kia o Postura della Morte. Non è necessario sapere cosa Spare intendesse dire con queste
parole, l’importante è osservare solo que la lettera consiste in due sovrapposti campi ellittici, in posizione
leggermente ruotata, cosi che ci siano due estremità nella parte superiore ed una in quella inferiore.
Nel mio modello, uno di questi campi rappresenta la mente dell’ individuo che osserva (l'ego), mentre l'altro
rappresenta la realtà osservata (il mondo).
Questi due campi possono anche essere intesi con il tradizionale concetto di soggetto e oggetto. Ma nel
modello di pensiero che sto cercando di illustrare la parte superiore della figura rappresenta la nostra
esperienza cosciente, mentre la parte inferiore, dove si sovrappongono le realtà esterne ed interne, il mondo
dell'inconscio.
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Il punto cruciale di questa disposizione è che ciò che sembra essere – a livello della coscienza - un sistema
composto in due parti, si rivela invece come un tutt’uno unificato a livello del subconscio.
Con riferimento al “Raum-Zeit-Kontinuum”, il “continuum spazio-temporale” di Albert Einstein, ho chiamato
questo campo unificato di realtà interiore ed esteriore il “continuum-ego-mondo”. Quindi ne ho ricavato un
modello che sembra offrire delle possibilità molto interessanti e anche delle spiegazioni: ad un primo livello
superficiale, che è rappresentato dalla parte superiore, la parte conscia, descrive l’esperienza della realtà
tipica del modo di pensare del buon senso, che è poi anche quella dell’approccio tradizionale della scienza:
abbiamo un osservatore (il soggetto) che riceve dei dati da una indipendente realtà esistente (l'oggetto). Tra
questi due poli di esperienza è costituito il processo della percezione. Ma nella parte inferiore vediamo che
questi due poli sono interconnessi in un modo che fugge alla nostra esperienza cosciente. E 'il regno dei
desideri dimenticati, degli inconsci concetti del passato, realtà invisibili che predeterminano quella realtà che
sperimentiamo come destino nelle nostre vite.
Quando dico che la mente inconscia predetermina la realtà esterna, come dovremmo immaginare un tale
processo? Bene, per descrivere questo processo ho pensato che la mente inconscia è - tra gli altri - un
regno di concetti. Non dovete comprendere questa parola, il concetto, come idea astratta o come significato
di una rappresentazione linguistica, come indica la parola tedesca "Begriff", ma piuttosto come un disegno
preliminare della realtà, che collega un certo desiderio, con la sua realizzazione nella realtà. Per esempio il
concetto di un tavolo si basa sul nostro desiderio di avere una superficie elevata per lavorare, mangiare o
qualsiasi altra cosa. Questo è connesso all’uso pratico di una superficie materiale appoggiato su delle
gambe per raggiungere tale scopo. Questi concetti non sono neanche le idee Platoniche, ma disegni
dinamici di realtà che contengono e sostengono ciò que viene raggiunto nell’evoluzione. Questa
predeterminazione da concetti inconsci può essere applicata ad ogni parte della nostra realtà sensibile e di
conseguenza si può vedere tutta la realtà materiale come l’espressione di concetti inconsci. I concetti
sottostanti che condividiamo compongono la realtà di cui abbiamo esperienza nella nostra società e nel
mondo.
Se guardiamo l’insieme della figura, possiamo renderci conto che il processo di percezione, come la
ricezione passiva della realtà, possono essere integrati da questa creazione inconscia della realtà così che
otteniamo un circuito chiuso, in cui la percezione e la creazione della realtà sono solo diverse sezioni del
stesso movimento: quello che abbiamo percepito, ciò che abbiamo desiderato, sarà dimenticato, e diventerà
così parte dell’ inconscio; poi, inevitabilmente, questi concetti inconsci ritorneranno a costituire la trama della
nostra futura realtà. Questo circuito può essere considerato come il meccanismo di base di tutta la nostra
esperienza ed è radicato nel presupposto che – se non sono in conflitto l’uno con l'altro - tutti i nostri desideri
o proiezioni incoscie diventano – prima o poi - realtà, o - in senso inverso - che tutte le cose esistenti sono le
manifestazioni dei nostri desideri dimenticati. Questa idea può essere connessa con il ciclo eterno di
Samsara nelle filosofie orientali, o con il ciclo dell’ "eterno ritorno" formulato da Nietzsche. Nella filosofia del
ventesimo secolo idee simili sono state proposte da Gilles Deleuze e Jacques Derrida.
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Questa teoria dell'Continuum-Ego-Mondo l’avevo sviluppata intorno al diecianove-ottantanove, e io a volte la
chiamo il "modello KIA”, riprendendo il termine che Austin Osman Spares aveva raffigurato con la figuralettera della doppia ellissi da cui ha preso avvio la mia conferenza. Recentemente ho scoperto che il
fenomenologo Maurice Merlau-Ponty aveva descritto nella sua tarda filosofia un'analoga idea di
combinazione tra realtà interna ed esterna, tra l'ego e il mondo, che egli chiamò "chiasmo" (ispirandosi alla
lettera Chi - greca, che è formata da due linee incrociate). La idea del chiasmo dice que l’ego e il mondo
sono da stessa carne.
2. Il Modello Cthulhu
Sono stato molto soddisfatto da questo modello per molti anni, ma ho iniziato a sentirmi un po’ a disagio
quando mi sono reso conto del suo punto debole. Questo punto debole era lo status degli altri individui. Il
mio modello era la perfetta rappresentazione di un universo egocentrico elaborato da un individuo isolato in
se stesso: di un essere che percepiva se stesso come il centro del mondo e gli altri esseri viventi come
manifestazione e specchio dei suoi desideri, o per lo meno agenti capaci di soddisfare i suoi desideri. In
realtà non era così che avrei voluto vedere me stesso ed il mio ruolo tra gli altri nella vita di ogni giorno! Così
ho cercato di riformulare la mia teoria e dare anche all'altro una valida rappresentazione all’interno di un
nuovo modello. Non so esattamente come sia avvenuto, ma quando pensavo a questo problema apparve
nella mia mente la visione di un gigantesca piovra dei mari profondi, una piovra di dimensioni cosmiche, con
infiniti tentacoli senza fine coperti da innumerevoli ventose luminescenti che brillavano nella notte
dell'universo. Il corpo della piovra cosmica era invisibile come il vetro, mentre potevano essere viste solo
queste ventose luminose, queste sfere lucenti che alla fine apparvero come occhi sbarrati nelle tenebre che
osservavano i movimenti di altre ventose, di altri luminosi occhi-sfere.
Senza essere in grado di vedere la carne dell’essere che collegava tutte le ventose, ogni occhio pensava di
essere un' individuale entità separata, come tutti gli altri occhi che stavano guardando in senso inverso.
Nessun occhio era consapevole di essere solo un parte di un gigantesco essere vivente, e questo per la
semplice ragione che il suo corpo non era visibile. Ispirandomi a H. P. Lovecraft che aveva descritto nei suoi
misteriosi romanzi simili creature extraterrestri, ho chiamato questo modello della realtà il "Modello Cthulhu”,
che differiva dal primo modello solo in quel punto: non aveva una sola singola separata apertura come
modello della percezione sensoriale, ma infinite e in comunicazione tra loro.
Cosa ci può dire questo nuovo modello? Beh, in primo luogo ci si rende conto che qualsiasi descrizione
dell'universo fondata sul presupposto che esiste una realtà oggettiva ed un osservatore indipendente non
può che essere incompleta. Finché l'osservatore non è concepito come parte integrante dell’osservato
qualcosa di sostanziale mancherà sempre, come quando per cercare di raggiungere una prospettiva il più
possibile valida universalmente si tiene conto solo di una singola prospettiva o di un parziale punto di vista.
Quindi, per cercare di arrivare ad una generale comprensione dell’universo,
dobbiamo prendere in considerazione la totalità di tutte le prospettive da cui gli esseri viventi percepiscono il
loro mondo circostante. Questo porta ad un modello che descrive l'universo nella sua totalità, come in ogni
singola parte, come "l’autopercepito". Questo non significa che “noi” siamo gli osservatori dell'universo, ma
che l'universo osserva se stesso attraverso i nostri occhi, e insieme attraverso quello di altre creature
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viventi. Questo è il vero mistero del creato, che supera anche il distinzione tra soggetto e oggetto: l'oggetto
può essere compreso come una parte del soggetto che guarda solo se stesso, come pure il soggetto può
essere visto come una parte dell'oggetto. Non c'è alcuna differenza essenziale tra di loro. Se realizziamo
questo impulso verso l'auto-percezione, come uno degli stimoli fondamentali che sono inerenti ad ogni parte
dell'universo fisico, possiamo avvicinarci a una completa comprensione di ciò che la vita e la coscienza
possono essere.
Un altro punto è, che i tentativi superficiale della scienza per ridurre i fenomeni della realtà con descrizioni
scientifiche di una spiegazione ancora più semplice e comprensibile, deve necessariamente fallire. Piuttosto
è vero il contrario: se espandiamo la nostra realtà e vediamo il cosmo da una prospettiva piu ampia, la realtà
diventa ancora più misteriosa di prima.
C'è stato un filosofo che ha sviluppato l'idea del cosmo come un’ unica entità come nessun altro aveva fatto
prima di lui, e questo è stato Baruch de Spinoza. Egli ipotizzò nel dieciasettesimo secolo l’esistenza di una
sola comune sostanza nell'universo e che tutte le cose singole e gli esseri sono solo i modi finiti di questa
sostanza infinita. La sua grande eresia fu di identificare questa singola sostanza con tutta la natura e anche
con Dio, ciò che evidentemente riduce l’idea tradizionale di Dio ad una assurdità.
Una conferma pratica della mia teoria sul legame permanente ed intrinseco tra il mondo “interno” e quello
“esterno”, ci è stata data recentemente da un episodio di cronaca. Nel duemila-undici durante la Coppa del
Mondo FIFA un polpo di nome Paulo è stato utilizzato in Germania per fare previsioni sui risultati di otto
partite di calcio tra cui la finale. Le previsioni del polpo Paolo si sono rivelate essere vere per tutte le otto
partite!
Mentre la scienza di fronte a queste previsioni incredibilmente riuscite non ha saputo altro che appellarsi al
caso, per me era chiaro che il polpo in quanto simbolo dell'unità divina di tutti gli esseri doveva essere
necessariamente onnisciente. L’oracolo Paulo è morto alcuni mesi dopo ed è stato sostituito da un altro
polpo che ha ricevuto il nome di Paolo il secondo. Spero che non vi venga in mente di collegare questo
nome così importante ad un qualche papa del Vaticano e alla sua presunta infallibilità, o intravedere una
relazione tra la mia invisibile piovra filosofica e cosmica e il potere occulto e segreto della cosiddetta piovra
mafiosa.
© 2013 Zoe DeWitt
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