Cap. 6 – L’Italia delle Signorie Tra il XIV e il XV secolo l'Italia si presentava in condizioni di grave frammentarietà.Il crollo delle organizzazioni comunali diede ampio spazio all'affermarsi delle Signorie e di principati in continuo contrasto tra di loro. 1. La nascita delle Signorie. Dalla metà del XIII secolo il sistema comunale entrò in crisi: le istituzioni si mostrarono incapaci sia di allargare la propria base politica, sia di far fronte alle istanze delle classi sociali più umili, consentendo l'ascesa e l'affermarsi dei ceti borghesi più facoltosi.Il popolo grasso, oltre ad affrontare il popolo minuto, si trovò a fare i conti anche con i nobili che ancora occupavano importanti ruoli di magistratura (magnati). In realtà la differenza tra borghesi e magnati era solo nominale e ben presto si passò dalla lotta di famiglie appartenenti a classi diverse a quella intestina tra gruppi che avevano uno stesso stile di vita. Non mancarono le rivolte popolari dei salariati e di coloro che erano esclusi dalle corporazioni... In alcune città si decise di arginare il problema delle lotte sanguinose tra famiglie dando ad una sola persona (Signore) il potere assoluto fino alla fine delle discordie.Il Signore quindi poteva arrivare al potere o con un consenso generale o con un atto di forza.Nacquero così le prime Signorie che a partire dagli Estensi che si affermarono nella Ferrara del XIII secolo per poi estendere il loro potere in altre città, conobbero una crescita esponenziale in numerose città dell'Italia centrosettentrionale ed entrarono molte volte in guerra fra di loro quando crebbe la loro ambizione espansionistica.(per i nomi e la collocazione geografica dei principali domini signorili vedi la mappa a pagina 228). 2. Il ducato di Milano Milano già all'inizio del XIII secolo affermò la sua superiorità sugli altri comuni del nord Italia. Prosperità economica (crocevia delle principali vie commerciali), floride industrie tessili e metallurgiche e soprettutto l'organizzazione militare garantiva questa superiorità.Per contrastare lo strapotere dei nobili e dei ricchi mercanti ed acquisire maggior peso politico una parte del popolo minuto si aggregò tramite l'associazione chiamata Credenza di Sant'Ambrogio, mentre il popolo più facoltoso si associò alla Motta (adunanza). Ambedue le associazioni avevano istituzioni proprie e un proprio esercito e, sebbene all'inizio sembravano ispirate ad obietivi comuni, si trovarono ben presto a contendersi il potere, dietro la spinta di interessi di parte di alcune famiglie.Così si imposero dapprima i guelfi guidati dalla famiglia Della Torre o Torriani (legati alla Credenza) e poi la famiglia ghibellina dei Visconti.Questi, arrivati al potere con il vescovo Ottone Visconti, intrapresero poi una politica espansionistica. Il culmine del loro potere si avrà con Gian Galeazzo Visconti, che cercherà di creare un unico grande stato nell'Italia centrosettentrionale sia attraverso attacchi a importanti città (Verona, Vicenza, Padova) che rendendo legittimo il suo potere con l'acquisto del titolo ereditario di Duca di Milano (dall'imperatore Venceslao). Il ducato divenne principato con la trasmissibilità del titolo. Gian Galeazzo si orientò alla conquista della Toscana (conquistando Lucca, Pisa e Siena) e dell'Umbria (Perugia, Spoleto, Assisi). Aveva posto sotto assedio Firenze quando fu colpito dalla peste e morì. Dopo di lui la divisione del ducato ai suoi tre figli e la disgregazione del potere. 3. Genova e Venezia La struttura repubblicana rimase solida solo a Venezia. Ciò fu garantito anche dalla serrata del Maggior Consiglio, un provvedimento che rese ereditaria la carica dei membri della maggiore istituzione cittadina (che eleggeva anche il doge), frenando così le aspirazioni di potere dei nuovi ricchi e affidando effettivamente la guida della città a una oligarchia (formata da circa trecento famiglie).Intanto era rafforzata la contesa con Genova. Nel 1298 Venezia era stata sconfitta presso l'isola dalmata di Curzola ma si era immediatamente ripresa.. Genova invece soffriva per le lotte interne tra alcune potenti famiglie: i Fieschi e i Grimaldi da parte guelfa, i Doria e gli Spinola da parte ghibellina.Nelle loro contese coinvolsero forze esterne: i Doria e gli Spinola chiesero aiuto ai Visconti di Milano (che poi devastarono la città), mentre i Fieschi e i Grimaldi offrirono il titolo di Signore della città al re di napoli Roberto d'Angiò. Fra il 1318 e il 1334 Genova cadde sotto il dominio di Napoli.Nel 1339 la città ottenne nuovamente un governo autonomo sotto la guida di un doge, Simon Boccanegra. Con lui comincia la serie dei dogi pepetui, cioè eletti a vita, che durera fino al XVI secolo.Stabilizzata all'interno, Genova trovò molte difficoltà nella politica estera. Il suo predominio sul mediterraneo occidentale venne ostacolato da una nuova potenza: il regno di Aragona. Ne approfittarono i veneziani che si allearono con gli aragonesi. Nel 1377 iniziò la cruenta Guerra di Chioggia, in cui le due città si contendevano le porte commerciali con l'Oriente. Al loro fianco si schierarono diverse potenze che avevan conti in sospeso o che volevano approfittare del conflitto per estendere potere ed influenza commerciale. Inizialmente ebbe la meglio la coalizione anti-veneziana.Ma nel 1380 la flotta genovese rimase bloccata presso Chioggia e la sconfitta fu catastrofica.La pace di Torino (1381) lasciava due città profondamente segnate dalla guerra. Venezia si riprese con più facilità: oltre alla sua posizione preminente nel Mediterraneo (Stato da Mar), cercò di espandere il suo domino anche nell'entroterra (Stato da terra). Conquistò Padova nel 1405 ed estese gradualmente i suoi confini nella Pianura Padana. La sua attività economica inizio a diversificarsi aprendo anche all'agricoltura. 4. Firenze Firenze è la città che più di ogni altra è riuscita a mantenere le sue istituzioni comunali.Già dal Duecento era uno dei principali centri manufatturieri di Europa grazie ai pregiati panni di lana.Il popolo grasso era riuscito in qualche modo a ridurre il potere magnatizio creando nel 1251 il Comune del Popolo guidato da un forestiero (capitano del popolo).Roccaforte dei Guelfi in Italia riuscì, grazie all'amicizia del Papa, ad accrescere il potere dei suoi banchieri (Bardi e Peruzzi) e tramite una riforma costituzionale venne creato un Priorato delle Arti, formato da sei magistrati, i priori, che rappresentavano gli interessi delle arti maggiori. I magnati, intanto, continuavano ad esercitare il potere poiché tramite attività economiche redditizie si assimilavano ai ricchi borghesi. Ma ad arginare le loro aspirazioni e prerogative giunsero le iniziative di Giano della Bella (aristocratico ma favorevole al popolo). Nel 1293, eletto priore, promulgò gli Ordinamenti di Giustizia, che condizionavano l'accesso ad una carica pubblica all'iscrizione ad una delle Arti. In questo modo i magnati venivano esclusi da questa possibilità. Nacque una nuova figura di magistrato, il Gonfaloniere di Giustizia che controllava la forza pubblica.Giano fu esiliato e i suoi ordinamenti furono emendati. Si stabilì che poteva avere una carica chi fosse iscritto anche solo formalmente ad una delle Arti anche senza esercitarla di fatto. (Ecco perché Dante Alighieri, aristocratico, si iscrisse alla corporazione dei Medici e degli Speziali). Altre rivalità videro contrapporsi due fazioni guelfe tra loro: da una parte i Neri vicini alla famiglia dei Donati (per il poter aristocratico); dall'altra i Bianchi attorno alla famiglia dei Cerchi (con la ricca borghesia cittadina). Intervenne anche il papa, Bonifacio VIII che appoggiò i Neri imponendo col ruolo di pacificatore e mediatore Carlo di Valois; questi mandò in esilio i principali esponenti dei Bianchi tra cui lo stesso Dante. I Neri, successivamente, aprirono le porte alla borghesia. Ma da sempre erano ignorate le istanze dei lavoratori che non avevano diritto di appartenere ad una corporazione ma che avrebbero voluto partecipare attivamente alla vita politica per applicare decisione più giuste ed eque. In particolare, erano i lavoratori dipendenti e salariati e soprattutto quelli dell'Arte della lana, i Ciompi; si ribellarono più volte per richiedere l'autorizzazione a costituirsi in corporazione autonoma. Più imponente fu il "tumulto dei Ciompi" del 1378. I rivoltosi riuscirono ad imporsi e a dare vita alle tre nuove corporazioni del popolo di Dio (Tintori, Farsettai, Ciompi). Persino come gonfaloniere di giustizia fu eletto un membro dei Ciompi. Ma nel giro di due mesi fu tutto cancellato e si impose nuovamente un governo oligarchico guidato dalla famiglia degli Albizi. In questo periodo Firenze si rafforzò nelle attività esterne conquistando Pisa e controllando Livorno; ottenne così uno sbocco diretto sul mare per le proprie attività commerciali. Nel secolo XV gli Albizi videro opporsi la casata dei Medici, una famiglia di banchieri proveniente dal contado e che riceveva i favori del popolo.Il capofamiglia, Cosimo il Vecchio acquisì il benestare del Comune ed ottenne l'esilio degli avversari. Si delineò un regime signorile pur rimanendo in vigore le istituzioni comunali.Cosimo non si fece mai chiamare Signore ed in 30 anni esercitò un potere indiscusso facendosi amare dal popolo per la sua attività di benefattore e mecenate. Alla sua morte venne insignito del titolo di"padre della patria". 5. L'Italia meridionale Il regno di Napoli, governato dagli Angioini (dal 1266), era lo stato più vasto della penisola italiana.Gli Angioini erano vassalli dela Santa Sede, paladini del partito guelfo, una sorta di longa manus della politica pontificia in Italia.Roberto d'Angiò, il Saggio, si oppose con fermezza alla riscossa ghibellina in Italia e fu anche molto apprezzato per il suo amore alla cultura che manifesto anche con iniziative alla corte partenopea.Il suo regno tuttavia soffriva di una debolezza strutturale causata dallo strapotere dei feudatari e dalle scarse disponibilità finanziarie. A quest'ultimo problema cercò di ovviare con la richiesta di prestiti a mercanti e banchieri, soprattutto i fiorentini Bardi e Peruzzi. Quando questi nel 1342 dichiararono fallimento i problemi aumentarono. Alla morte di Roberto la fragilità della corte angioina si manifestò nella sua totalità.Al trono rimase per trent'anni la nipote, Giovanna. Schieratasi durante il grande scisma con il papa di Avignone, Clemente VII, a cui aveva ceduto per 80.000 fiorini proprio il feudo di Avignone, fu scomunicata da Urbano VI che favorì un parente di un ramo collaterale degli Angioini, Carlo III di Durazzo; questi, giunto a Napoli imprigionò e fece uccidere la regina. Il suo successore, il figlio Ladislao cerco di estendere i domini all'interno dello Stato pontificio ma morì improvvisamente lasciando il regno alla sorella, Giovanna II, ultima regnante degli Angiò a Napoli. In Sicilia il potere degli Aragonesi si era rafforzato. Trascurati gli accordi della Pace di Caltabellotta che prevedevano il ritorno del regno agli Angioini, gli Aragonesi si impossessarono definitivamente della Sicilia prima facendosi riconoscere dal popolo (con Pietro II che attirò così l'interdetto pontificio sull'isola); poi, per rimediare alle evidenti debolezze politiche ed economiche, con l'associazione della corona del Regno di Sicilia a quella di Aragona, Questa associazione venne formalizzata dal re Ferdinando I e la Sicilia fu trasformata in un viceregno. 6. Lo Stato della Chiesa L'inizio del Trecento vede lo Stato pontificio in una situazione molto tormentata. Nel 1309 la sede pontificia viene trasferita ad Avignone. Roma cade nelle mani delle principali famiglie aristocratiche della città. Inoltre l'Urbe viene investita da una grave crisi economica dovuta all'assenza dei funzionari pontifici e alla drastica riduzione del numero dei pellegrini.Il popolo, per fermare le prepotenze nobiliari, invia un'ambasceria ad Avignone per chiedere al Papa l'autorizzazione ad instaurare un governo repubblicano. La delegazione ottenne successo anche per la partecipazione di un giovane notaio, abile oratore, Cola di Rienzo. A capo di una rivolta, nel 1347 Cola istituì la Repubblica romana. Suo obiettivo era fare di Roma la potente città dell'antichità radunando tutte le altre città italiane sotto la sua guida. Ma appena si alleò con altri stati italiani perse il favore del Papa. Anche il popolo lo abbandonò a causa della sua politica arbitraria e dispotica. Costretto ad andare via da Roma alla fine dello stesso anno, ritornerà nel 1354 ma sarà ucciso durante una rivolta. Papa Innocenzo VI aveva intanto mandato a Roma il Cardinale Egidio Albornoz che sarà in grado di ricondurre alla fedeltà al pontefice molte famiglie romane e a dare inizio ad una importante riforma attraverso le Costituzioni egidiane. Il frammentato patrimonio di San Pietro tornò ad essere uno stato centralizzato ed al ritorno della sede pontificia a Roma, con Gregorio XI nel 1377, tutta l'Italia centrale (tranne Siena e Firenze) era tornata sotto il potere dello Stato pontificio. Ma il grande scisma porterà nuovo scompiglio. Lo Stato pontificio tornò ben presto in condizioni di anarchia e in balìa dei capitani di ventura, uomini spregiudicati che approfittarono della situazione non solo per depredare le poche ricchezze presenti, ma anche per instaurare domini personali. Solo alla fine del grande scisma e con il ritorno definitivo del papa a Roma lo stato riuscì a ritrovare la sua unità e a dotarsi di un forte sistema centralizzato utilizzando le valide modifiche amministrative e fiscali delle Costituzioni egidiane.A fortificare questa amministrazione fu anche l'acuirsi della pratica del nepotismo (gli storici parlano di questa epoca come quella del "grande nepotismo") e una riorganizzazione del sistema fiscale basata sul riutilizzo di vecchie pratiche: la vendita dei benefici ecclesiastici e la riscossione della decima.Venne inoltre intensificata l'influenza nella politica internazionale tramite numerosi ambasciatori, i nunzi apostolici, presso le corti dei sovrani d'Europa. Grandi attività di ricostruzione e di restauro furono avviate nella Roma dei Papi, sempre più simile alle corti principesche. I pontefici cercavano di dar lustro allo stemma della propria casata, gareggiando con le altre corti in attività di mecenatismo.Tra i nomi più importanti ricordiamo Niccolo V, Pio II, Sisto IV. 7. Lo scacchiere politico italiano tra conflitti e nuove alleanze Inizia il XV secolo e l'Italia si trova politicamente frazionata. Nessuno tra i diversi stati, grandi o piccoli, tantomeno tra le Signorie, era riuscito a creare una struttura politicamente e militarmente solida e a porre fine al clima di costante conflittualità. A Milano, il secondogenito di Gian Galeazzo, Filippo Maria Visconti, aveva ripreso la politica espansionistica del padre. Ciò suscito l'allarme di Venezia, la Serenissima, che riuscì a sconfiggere il Visconti in battaglia nella battaglia di Maclodio (1427) grazie all'aiuto di un capitano di ventura, il Carmagnola (Francesco da Bussone). Venezia si confermò la più grande potenza territoriale dell'Italia settentrionale. Altri problemi sorsero nel regno di Napoli. Una crisi dinastica interessò il regno alla morte dell'ultimo esponente degli angioini, la regina Giovanna II. Tra i contendenti c'era Alfonso V d'Aragona, il Magnanimo, che regnava in Sicilia. Grazie all'aiuto di Francesco Sforza, un capitano di Ventura che era passato al servizio del duca di Milano e ne aveva sposato la figlia, riuscì ad ottenere l'appogio di Filippo Maria Visconti e venne riconosciuto re di Napoli con il nome di Alfonso I. Alla sua morte i territori vennero ancora divisi: le isole (Sicilia e Sardegna) andarono al fratello Giovanni I, re d'Aragona, mentre Napoli fu governata dal figlio legittimo di Alfonso, Ferrante I. E' ancora Milano ad interessare la scena politica: morto Filippo Maria ed estinta la casata dei Visconti, per un breve periodo fu instaurato un regime repubblicano. Si manifestò subito la sua debolezza e dovette anche affrontare le incursioni degli stati vicini e gli attacchi di Venezia. La popolazione chiese aiuto al genero di Filippo Maria, Francesco Sforza, che si proclamò Signore di Milano, eliminando la "repubblica ambrosiana". Si crearono nuove alleanze attorno a Venezia (l'imperatore Federico III d'Asburgo e Alfonso I di Napoli), e Milano (Cosimo de' Medici) nel loro incessante conflitto. La guerra fu interrotta nel1453 al sopraggiungere della notizia della caduta dell'Impero Bizantino sotto le incursioni di Maometto II. Venezia aveva interessi molto forti da difendere nel Mediterraneo e si giunse così a chiudere la guerra con Milano con la Pace di Lodi nel 1454. Tutti gli stati coinvolti si impegnarono a mantenere inalterato l'equilibrio delle forze ed a sostituire,per eventuali controversie, l'uso delle armi con quello della diplomazia. Per far fronte a nuove minacce, tra le quali la più grave era rappresentata dalle mire espansionistiche della Francia che era uscita rafforzata dalla guerra dei cent'anni, nel 1455 nasce la Lega italica, che vede uniti Milano Venezia, Firenze, lo Stato Pontificio, il regno di Napoli e vari staterelli confinanti sotto il patrocinio di Papa Niccolò V. Le compagnie di ventura furono rimpiazzate da un esercito regolare; tuttavia gli equilibri erano ancora fragili e la debolezza del sistema verrà fuori quando nel 1494 il re francese, Carlo VIII, deciderà di invadere l'Italia. 8. La politica della bilancia La pace di Lodi, del 1454, concesse alle terre italiane un periodo di relativa stabilità e serenità che permise una stagione di particolare sviluppo artistico, culturale, economico.Non mancarono ombre e fattori di debolezza: non si era in grado di costruire strutture politiche e impianti militari che consentissero di mirare ad obiettivi di ampio respiro; ci si limitava a mantenere l'equilibrio, fragile tra l'altro. Ma nel 1464 e 1466 i principali artefici della politica dell'equilibrio, Cosimo de' Medici e Francesco Sforza, morirono.A Firenze il potere andò al giovane nipote di Cosimo, Lorenzo, che insieme al fratello Giuliano, successe al padre, Pietro il Gottoso. Fu lui ad essere definito l'ago della bilancia, per l'abilità diplomatica che lo contraddistinse. Fu in grado di tessere relazioni economiche e familiari con lo Stato pontificio e con Milano. Sposando Clarice Orsini diede alla sua dinastia un carattere nobiliare. Per il suo amore per l'arte e la cultura, per la sua intensa attività mecenatistica fu definito dai suoi concittadini il "Magnifico". Nel 1478 il giorno di Pasqua fu oggetto di una congiura architettata dalla famiglia dei Pazzi ed appoggiata da Papa Sisto IV. Riuscì a salvarsi mentre il fratello Giuliano venne ucciso. La popolazione insorse contro i congiurati sterminandoli.Lorenzo entrò in guerra contro lo Stato pontificio e fu appoggiato da Milano e Venezia. Sisto IV fu inizialmente appoggiato da Siena e dal Regno di Napoli, Ferrante d'Aragona. Quest'ultimo, grazie all'abilità diplomatica di Lorenzo, decise di abbandonare il Papa che dopo solo due anni si vide costretto a firmare la pace (1480). Altri focolai di guerra si svilupparono a Ferrara, su cui aveva puntato Venezia, e Napoli, dove si era tentata una congiura contro il re Ferrante. Anche qui fu decisivo l'intervento diplomatico e militare di Lorenzo de' Medici. Morto Lorenzo l'equilibrio si infranse definitivamente.Prima manifestazione fu la crisi dinastica di Milano: morto Gian Galeazzo II, il re di Napoli, Ferrante d'Aragona chiedeva il riconoscimento degli eredi legittimi contro l'usurpatore, Ludovico Sforza, detto il Moro. Il conflitto sembrava inevitabile e Ludovico chiese aiuto a Carlo VIII, re di Francia. 9. Le guerre d'Italia. L'alleanza di Ludovico il Moro con Carlo VIII ebbe conseguenze negative per la penisola italiana. Da questo momento infatti inizierà una serie di guerre che vedrà combattere due delle maggiori potenze europee, la Spagna e la Francia, sul suolo italiano e che per questo verranno chiamate guerre d'Italia.Nel 1494, Carlo VIII decide di scendere in Italia alla guida di un esercito impressionante. Era sua intenzione rivendicare i diritti sui territori della dinastia angioina ed in particolare su Napoli.Entrò trionfalmente a Milano accolto dal duca Ludovico il Moro. Lasciata Milano cominciò una vera e propria invasione. Si diresse inizialmente su Firenze dove Piero de' Medici, terrorizzato, aprì le porte senza opporre alcuna resistenza. La città fu costretta a pagare duecentomila fiorini e a concedere ai francesi i porti toscani.La politica arrendevole dei Medici causò, dopo la partenza del re francese, un'insurrezione popolare e l'istituzione della Repubblica fiorentina, con a capo Girolamo Savonarola.Le intenzioni riformatrici di questo frate predicatore, di carattere molto radicale, gli attirarono l'inimicizia della borghesia, degli aristocratici e del Papa Alessandro VI Borgia, oggetto di molte sue invettive.Arrestato e processato come eretico fu impiccato ed il suo corpo bruciato in Piazza della Signoria. L aRepubblica continuerà a sussistere fino al 1512, anno in cui il potere tornerà ai Medici. Accolto anche a Roma, da Papa Alessandro VI, il re di Francia continuò la sua discesa verso Napoli, che raggiunse nel febbraio del 1495 e conquistò nell'arco di tredici giorni.Il suo successo destò forti preoccupazioni in numerosi governanti (e non solo italiani) che decisero di allearsi in funzione antifrancese. Nacque dunque una lega che vide insieme Venezia, Milano, lo Stato della Chiesa, l'imperatore Massimiliano d'Asburgo e il re di Spagna Ferdinando il Cattolico. Carlo VIII decise di rientrare in fretta in Francia ma dovette comunque affrontare le truppe della lega a Fornovo nel luglio del 1495 e riuscì a vincere a stento. Nulla di fatto, dunque, alla fine della sua calata in Italia, ma ancora una volta venne evidenziata la precarietà delle strutture politiche dei vari stati presenti sulla penisola. Il suo successore, Luigi XII, vantando legami di parentela con i Visconti, pretese anche dei diritti su Milano, oltre che su Napoli. Stretta una serie di alleanze con gli stati tradizionalmente ostili a Milano o che potevano trarre vantaggi, come Venezia, la Svizzera, il Papa Alessandro VI Borgia e suo figlio Cesare Borgia, conquistò facilmente la città ambrosiana nel 1500.Prima di proseguire per Napoli cercò anche qui una soluzione diplomatica: con il trattato di Granada, stipulato con Ferdinando d'Aragona, venne decisa la spartizione del Regno di Napoli. La Francia avrebbe avuto la Campania e l'Abruzzo, mentre la Spagna avrebbe regnato sulla Calabria e la Puglia.Ma il nuovo re di Napoli, Federico III, avendo scoperto questo complotto, decise di abdicare a favore del re di Francia in cambio del ducato d'Angiò.Allora l'alleanza tra Luigi XII e Ferdinando d'Aragona venne meno e i due si affrontarono duramente sul suolo italiano. La Spagna ebbe la vittoria e ottenne il regno di Napoli. I francesi rimasero a Milano.Ma proprio per Milano il dramma non era ancora finito. Nel 1503 viene eletto Papa Giulio II della Rovere, acerrimo nemico dei Borgia.Tre i suoi principali obiettivi (raggiunti): attaccare i possedimenti di Cesare Borgia per riportarli allo Stato pontificio, cui erano stati sottratti. Venezia, che aveva esteso i suoi domini nella Romagna ed in altre città del nord: con la creazione di una coalizione antiveneziana (re di Napoli, Imperatore, re di Francia) chiamata lega di Cambrai, il pontefice sconfisse la Serenissima ad Agnadello nel 1509, obbligandola a rinunciare alle terre conquistate. Milano: preoccupato per l'accresciuto potere del re di Francia, Giulio II diede vita alla Lega Santa (Cantoni svizzeri, Venezia, Spagna, Inghilterra) che nel 1513 scacciò i francesi da Milano riportandovi gli Sforza. I francesi tuttavia non si rassegnarono e con il nuovo sovrano, Francesco I, attaccarono nuovamente il ducato e i suoi alleati, gli svizzeri.La vittoria francese a Marignano nel 1515 fu travolgente ed anche gli svizzeri che avevano perso approfittarono della situazione per sottrarre al ducato di Milano i territori del canton Ticino.Il trattato di Noyon, sancì il dominio francese su Milano.