[doc web n. 42106] Lavoro e previdenza sociale - Investigazioni sul luogo di lavoro e trattamento dei dati personali - 21 novembre 2001 Le informazioni raccolte da investigatori privati in occasione di una specifica attività d'indagine svolta sul luogo di lavoro e commissionate dal datore di lavoro, in quanto associate od associabili ai singoli lavoratori, possono essere oggetto di istanza d'accesso da parte di ciascun dipendente interessato. Detto trattamento di dati personali, ove svolto dal titolare in ossequio alle disposizioni contenute nella legge n. 300/1970 e per il solo periodo strettamente necessario per far valere, anche in sede giudiziaria, i diritti connessi al rapporto di lavoro, non necessita della preventiva acquisizione del consenso dell'interessato. IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI In data odierna, con la partecipazione del prof. Stefano Rodotà, presidente, del prof. Giuseppe Santaniello, vice presidente, del prof. Gaetano Rasi e del dottor Mauro Paissan, componenti e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale; esaminato il ricorso presentato dai Sig.ri XY, XZ, XW, rappresentati e difesi dagli avv.ti D. Vitale e D. Santacroce; nei confronti di Autostrade Meridionali S.p.A., rappresentata e difesa dall'avv. Enzo Morrico; VISTA la documentazione in atti; VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000; RELATORE il prof. Stefano Rodotà; PREMESSO: I ricorrenti, dipendenti di Autostrade Meridionali S.p.A. addetti ai servizi di esazione presso i caselli autostradali, lamentano che la predetta società, al fine di contestare addebiti disciplinari, abbia effettuato nei confronti degli interessati "mirati controlli occulti", inserendo gli stessi "presuntivamente…in una lista nera di soggetti inaffidabili". Inoltre, la società non avrebbe fornito riscontro ad una istanza ai sensi dell'art. 13 con la quale gli interessati chiedevano di "conoscere il nome, la denominazione…nonché la residenza e la sede dei soggetti che hanno provveduto alla raccolta dei dati personali…" degli stessi e "le modalità del trattamento" che si sarebbe svolto, a loro giudizio, in maniera non conforme ai principi della direttiva comunitaria e della legge n. 675 sulla protezione dei dati personali. Con il ricorso i ricorrenti chiedono che il Garante disponga, in via provvisoria, il blocco di tutti i dati personali agli stessi riferiti ordinando al titolare del trattamento la cessazione del comportamento, asseritamente illegittimo, tenuto nella vicenda. All'invito ad aderire spontaneamente alle richieste dei ricorrenti, formulato da questa Autorità con nota n. 12249 del 26 settembre 2001, Autostrade Meridionali S.p.A. ha risposto con memorie in data 5 e 9 novembre 2001 con le quali ha sostenuto la legittimità dei trattamenti in questione svolti, con l'ausilio di investigatori privati, al solo fine della tutela del patrimonio aziendale e della verifica di comportamenti illeciti tenuti da lavoratori dipendenti. Tali particolari indagini, che non travalicherebbero i limiti fissati anche dal cd. Statuto dei lavoratori, si sarebbero rese necessarie a seguito delle segnalazioni di irregolarità pervenute dalla clientela. Nelle predette memorie il titolare del trattamento ha fornito gli estremi identificativi della società di investigazione incaricata dei controlli, ha specificato il tipo di attività investigativa svolta, precisando di non aver ricevuto "fotografie, né riprese dei ricorrenti", ma, esclusivamente, "una minuziosa descrizione dei tratti somatici e dei segni distintivi appartenenti ai predetti incaricati alla riscossione". Sempre secondo Autostrade Meridionali S.p.A. "gli illeciti in forza dei quali la società ha provveduto alla contestazione disciplinare" si evincerebbero poi da documenti aziendali "…che nulla hanno a che vedere con i dati personali" degli interessati. Le posizioni delle parti sono state ribadite nel corso dell'audizione svoltasi il 13 novembre 2001. In tale occasione, come già dichiarato con memoria del 7 novembre 2001, i ricorrenti hanno ribadito la natura di dati personali delle informazioni contenute nei "rapporti investigativi" che la società di investigazione avrebbe fornito al titolare del trattamento, ritenendo illegittima la complessiva attività di trattamento effettuato, attesa la "non adeguatezza, non pertinenza, eccessività e scorrettezza del controllo" svolto nei confronti dei lavoratori. CIÒ PREMESSO IL GARANTE OSSERVA: Il ricorso verte sulla liceità di una complessa operazione di investigazione, condotta da apposita agenzia specializzata, per verificare eventuali comportamenti illeciti o non corretti ascrivibili a lavoratori addetti al servizio di esazione autostradale, nonché sul mancato riscontro ad una istanza proposta ai sensi dell'art. 13, volta a conoscere le "modalità" del trattamento dei dati e l'indicazione del soggetto che lo aveva svolto. Per quanto riguarda tale richiesta, che può essere intesa quale istanza di venire a conoscenza della logica e delle finalità del trattamento (sebbene sia stata formulata in modo generico e impreciso, senza specifico richiamo alle particolari posizioni giuridiche citate nell'art. 13, comma 1, della legge n. 675), va dichiarato non luogo a provvedere sul ricorso avendo il titolare del trattamento fornito indicazioni idonee relative alle modalità ed alle finalità di tale trattamento, menzionando anche gli elementi identificativi del soggetto incaricato dei riscontri investigativi. L'insieme delle informazioni raccolte dagli investigatori nel corso delle operazioni di riscontro svolte ai caselli autostradali ed associate ai singoli lavoratori (e quindi presumibilmente non solo agli attuali ricorrenti) potrebbe contenere, contrariamente a quanto sostenuto dal titolare del trattamento, alcuni dati personali riferiti agli stessi lavoratori. Nei confronti di tali dati potrà essere eventualmente presentata, ove ne ricorrano i presupposti, una ulteriore istanza di accesso ai sensi dell'art. 13, comma 1, della legge n. 675 (di cui non vi è traccia nella documentazione in atti). Per quanto concerne, invece, le censure rivolte dagli interessati nei confronti del titolare del trattamento nella parte in cui le risultanze della verifica potrebbero aver riguardato alcuni dati personali relativi a lavoratori identificabili, le stesse devono essere dichiarate infondate. Il trattamento in questione, che deve rispettare anche le pertinenti disposizioni del c.d. "Statuto dei lavoratori", è stato svolto dal titolare per soddisfare una legittima esigenza di far valere i propri diritti, anche ai fini della loro tutela in sede giudiziaria, acquisendo materiale probatorio per concretizzare specifici addebiti disciplinari che hanno portato, fra l'altro, al recente licenziamento degli interessati medesimi. Si tratta di fattispecie che è espressamente contemplata dalla legge n. 675 la quale prevede che in tali casi il trattamento sia lecito anche senza il consenso dell'interessato, sempreché i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento (art. 12, comma 1, lett. h); art. 20, comma 1, lett. g), della citata legge). Tali limiti, già richiamati in altro provvedimento del Garante in data 9 novembre 2000 (pubblicato sul sito internet dell'Autorità: www.garanteprivacy.it), non appaiono travalicati nel caso di specie. Il particolare ambito lavorativo considerato e le modalità tecniche di svolgimento dell'attività potevano rendere giustificata, specie in presenza di segnalazioni pervenute dall'utenza, la necessità di riscontrare con l'impiego di investigatori privati la correttezza dei comportamenti posti in essere dagli addetti all'esazione. Non risulta inoltre eccedente la breve durata temporale dell'operazione, resa necessaria, tra l'altro, dalla necessità di verificare la reiterazione dei comportamenti e la non riconduzione, di singoli comportamenti a occasionali errori materiali. La complessiva operazione di trattamento svolta non risulta quindi in contrasto con il disposto della legge n. 675. Tale conformità non spiega ovviamente rilievo in ordine al profilo dell'univocità e della sufficienza dei riscontri effettuati dalla società rispetto ai provvedimenti di sospensione dal servizio e di licenziamento dei lavoratori coinvolti, profilo di competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria. PER QUESTI MOTIVI IL GARANTE: a) dichiara non luogo a provvedere sul ricorso, ai sensi dell'art. 20, comma 2, del d.P.R. n. 501 del 1998, in ordine alla richiesta volta a conoscere, nei termini di cui in motivazione, le modalità del trattamento svolto; b) infondato il ricorso, nei termini di cui in motivazione, in ordine ai restanti profili. Roma, 21 novembre 2001 IL PRESIDENTE Rodotà IL RELATORE Rodotà IL SEGRETARIO GENERALE Buttarelli