LA VOCE DEL POPOLO ce vo /la .hr dit w.e ww il pentagramma musica An no VII • n. 1 201 e r mb 54 • Mercoledì, 28 dice De «homuncolo globalis» et de «traditione» antiqua di Patrizia Venucci Merdžo Gentilissimi, mi sto chiedendo con quale stato d’animo la gente si prepari a “festeggiare” questo “morente” (amen) 2011 e a salutare l’imminente anno nuovo, la cui nascita avviene sotto gli auspici più preoccupanti. Ma la speranza – per quanto a volte infondata - e la voglia di vivere sono le ultime a morire (meglio così), per cui, probabilmente, come tradizione vuole, ancora una volta le persone cercheranno stordimento per un paio d’ore in lustrini, spumanti, feste fracassone e nella barbarie dei petardi, con il solito bilancio di incidenti ed accidenti. Il Natale, invece, è un’altra cosa. A parte i forti significati prettamente teologici – il Logos che si fa carne per riscattare l’uomo dalla sua natura malata di peccato, per riportalo, previa purificazione, in uno stato di Grazia e quindi a nuova e incorruttibile vita -, il Natale è l’unica festa in Occidente che celebra la nascita, la genitorialità, la famiglia; ed è anche da questo profondo umanesimo, nel quale le persone si riconoscono, che attraverso i secoli è scaturita l’immensa e antica produzione di canti natalizi, patrimonio spirituale dell’umanità. Ora, siccome l’“homo globalis” o meglio, il “nanerottolo globale” - che si ciba di hot dog e big brother e veste da cowboy – più in là di “Jingle bells” non ci arriva, colgo l’occasione per ricordare per sommi capi, le melodie natalizie del popolo, come pure quelle d’autore - spesso palpitanti di poesia e commozione, pur nella loro semplicità, veri e propri veicoli d’ identità storica e culturale. A Dignano, il canto natalizio autoctono è considerato “Siam pastori e pastorele”, melodia nota pure come “U se vrime godišća” e cantata in tutta la Croazia, tanto da es- sere ritenuto un canto tipicamente croato. In realtà, come dimostra Giuseppe Radole nel suo libro dedicato ai canti dell’Istria, la detta melodia era in origine il tema di un Capriccio per organo di Dino Frescobaldi, che fu importato in Istria nel ‘700 probabilmente dai sacerdoti della Serenissima e quindi diffuso nel Quarnero, in Dalmazia e nel resto della Croazia. A Rovigno veniva e viene tuttora intonato, dopo la rituale messa di mezzanotte, il “Canto della Natività”, - conosciuto pure con il suo primo verso “Siam venuti in questa casa” e/o “El xe nato il venticinque”- e la melodia “Venite su pastori” di C. Fabretto. Il cuore dei fiumani si è allargato e commosso per decenni al canto di “Pastori festeggiate”, la raffinata pastorella ed unico canto natalizio autoctono di Fiume. Lievitante in tempo ternario nella deliziosa ed ondulante quanto semplice melodia sfocia nel ritornello festoso di “Gioite, festeggiate, con gli angeli cantate, sia gloria a Dio d’amore e pace agli uomini ancor”, con un basso a modo di bordone, per esaltare appunto il carattere rustico e popolareggiante. Esiste un manoscritto d’ inizio Novecento di questa Pastorella, nella versione, abbastanza fiorita, per pianoforte e voce, che apparteneva alla biblioteca del Duomo di Fiume. E che dire dell’Italia, patria del Presepe e della straordinaria fioritura di melodie natalizie avvenuta nel corso dei secoli? Dalle gustose laudi popolari quali, “Io scesi giù dal cielo” risalente al Quattrocento (!), alle laude filippine “Oggi è nato un bel bambino” e “Questo nobil bambino”, a “Cantiam tutti cantiam”, “Porta celato”, “O bambino celeste mio sole”, “Lieti pastori”, “Resonet in laudibus”, “Puer nobis nascitur”... antichi e poetici canti risalen- ti al ‘500. Ed ancora le austere e nobili melodie gregoriane quali “Puer natus in Bethleem” (siamo nel Trecento!), “Tota silescit”, “Parvulus filius”, “In Natali Domini”, “Magnum nomen Domini”.... basta, ci fermiamo qua. Le melodie sono una più bella dell’altra, spesso in tempo ternario e rivelano l’interiore spinta gioiosa dell’autore anonimo che si fa interprete dello spirito creativo degli animi più semplici. Su questa tradizione si inserì S. Alfonso Maria de’ Liguori, autore della celebe “Tu scendi dalle stelle”, e di una serie di novene natalizie che ancora oggi vengono cantate in molte chiese dell’Italia centro-meridionale. Austero e di antico lignaggio, intenso e soave nel regale incedere dell’armonia, è “Adeste fideles” un piccolo capolavoro di canto liturgico del tardo barocco. L’autore (testo e musica) è un oscuro musicista inglese del ‘700, tale John Francis Wade, 1711-1786), un compositore inglese, epigono del grande Haendel. Il testo è stato attribuito a San Bonaventura. Splendida e doviziosa fonte di melodie natalizie è la Croazia, i cui canti raccolti e solenni, sono pervasi a volte del colorito elemento popolare folkloristico e animati da schiettezza e letizia contagiosa. In Polonia si cantano le antiche kolenda, le kodgy e le pastoralki. E ancora “Stille Nacht”...“Oh Tannenbaum!”... ecc. Ora, mi chiedo: ma come fanno - con tutto questo po’ po’ di roba, molta della quale risale a prima della scoperta dell’America - i lobotomizzati della TV, ogni anno, puntualmente, ad infliggerci con banalità al quadrato tipo “Jingle jingle”? Sarà sicuramente una politica mediatica che si ispira al rispetto delle diversità di culture e popoli! Specificamente e identitariamente Vostra 2 musica Mercoledì, 28 dicembre 2011 VITA NOSTRA Laboratorio alla «S. Nicolò» con Sandi Bratonja e Hrvoje Puškarić Quando la classica e il rock vanno a braccetto di Patrizia Chiepolo Mihočić FIUME - Musica rock o classica? Vediamo... i musicisti della prima sembrano degli scalmanati, urlatori, personaggi che provocano un baccano insoportabile. Ribadisco il „sembrano“. I classici? Per la maggior parte possono risultare noiosi, incomprensibili. Queste in breve le descrizioni dei due stili di musica dati dai ragazzi. Ognuno ha i propri gusti, e qui non si discute. Cosa si può fare per far amare questi due tipi di musica ai ragazzi spiegando loro che tra questi due mondi esiste un’unica armonia? Ce lo spiegano Sandi Bratonja (URBAN&4) e il professore di pianoforte Hrvoje Puškarić, durante il laboratorio musicale presso la SEI San Nicolò di Fiume, dal titolo “Rock vs Classica – un mondo unico”. Questa storia musicale, pensata come un duello musicale tra un chitarrista rock e un pianista di musica classica, ha tenuto con il fiato sospeso gli alunni delle VII e VIII classi. Il fine di questa performance musicale è stato quello di mostrare per primo, le differenze tra i due tipi di musica, per poi, passo dopo passo, presentare le similitudini e l’armonia tra questi due mondi, trasformandoli in uno solo, con un bellissimo finale musicale. - Com’è nata la vostra collaborazione? “A dire il vero l’idea è nata in modo spontaneo non appena ho conosciuto Hrvoje. Come ci siamo conosciuti? Durante una mia visita dal dentista. Me ne stavo lì, seduto sulla sedia con la bocca aperta, quando ad un tratto ho sentito una musica bellissima. Ho chiesto da dove venisse ed il mio dentista mi ha risposto: “È mio fratello che suona al piano di sotto. Sta tutto il giorno chiuso in casa a suonare!” Devo dire che è stato per così dire un colpo di fulmine. Hrvoje componeva brani splendidi che per lo più rimanevano chiusi in un cassetto. Ho sentito il bisogno di suonarli e di presentarli a tutti, volevo unire i nostri due mondi: il mio, rock, con quello classico di Hrvoje. Così in breve tempo è nata la nostra collaborazione. Ci trovavamo spesso per esercitarci, però all’inizio c’era un qualcosa che non andava. Questo tipo di connubio non convinceva chi ci ascoltava. Abbiamo allora deciso di adeguare un po’ la forma e dopo tanti tentativi ci siamo riusciti. Abbiamo inciso dei CD, li abbiamo fatti girare tra i nostri conoscenti e abbiamo ascoltato i loro consigli e le loro impressioni. Abbiamo trascorso la notte di fine anno del 2004 a suonare in casa, perché era l’unico periodo quando non avevamo altri impegni. Poi abbiamo deciso di inserire nel nostro “gruppo” un batterista e abbiamo messo l’annuncio sul giornale. A rispondere è stato Goran Pleić il quale ha suonato per breve tempo con noi, poi è “scappato” (risata n.d.r.).” - Scappato? Come mai? “All’inizio non riusciva a capire questa fusione di due tipi di musica e se n’è andato. Poi, dopo un po’ di tempo abbiamo rimesso l’annuncio, lui si è fatto vivo nuovamente e da allora fa parte del nostro gruppo Sinteza. Dal 2007 ad oggi abbiamo avuto una cinquantina di concerti in vari club.” Il laboratorio che abbiamo visto oggi in classe fa parte del vo- stro progetto intitolato “Rock vs Classica”. Qual è lo scopo di questo laboratorio? “Come hai potuto sentire in classe, i ragazzi hanno solo un’ora di educazione musicale alla settimana. Pochissimo! Se prendi in considerazione le ore di matematica… E poi chissà perché pur facendo tutti questi calcoli succede che abbiamo perennemente il conto in rosso! (ride n.d.r.). Bisogna educare i bambini e i ragazzi alla musica, insegnare loro ad ascoltare, mostrare gli strumenti… Noi tutti percepiamo la musica come uno sfondo mentre lavoriamo, guidiamo la macchina ecc. Pochi però sono quelli che si rendono conto che la musica è sempre intorno a noi, che molti film non sarebbero tali senza una colonna sonora. Se un film ci fa piangere è anche merito della musica. Proviamo a guardare un film dell’horrore senza l’audio; fa molto meno paura vero?” - Tu inizialmente suonavi la fisarmonica. Oggi invece sei per così dire un musicista a 360°: ho sentito che non esiste praticamente uno strumento che tu non sappia suonare. “Io ho iniziato a suonare da bambino. A dire il vero da buon principio la fisarmonica non mi piaceva. Avrei voluto suonare subito qualcosa di “più importante”. Poi però mi sono reso conto che con le mie mani, le mie dita avrei potuto creare delle cose bellissime; creare una melodia, una musica. Dieci dita che si muovono e fanno nascere un qualcosa. Ed ero io a muoverle! Ho capito poi che le note sono sempre quelle, formate da 12 tonalità, indipendentemente dallo strumento che suoni. Quindi, con molto esercizio, avrei potuto suonare tutti gli strumenti del mondo.” - Con la vostra performance avete voluto spiegare ai ragazzi che grazie alla musica si diventa più tolleranti. “Vero. Se accetti le diversità nella musica, significa che sei pronto a farlo anche nella vita di tutti i giorni. Diventi tollerante nei confronti di chi non la pensa come te, cosa che spesso viene dimenticata; sia nel campo della musica, dello sport e anche nella politica. Per questo motivo vogliamo divulgare questo messaggio attraverso la musica. Contattiamo le scuole e quelle che sono aperte a questo tipo di progetti ci ospitano volentieri.” - I ragazzi interessati ad imparare a suonare possono rivolgersi a voi? “Certamente, tutti gli interessati possono contattarci al nostro indirizzo e-mail [email protected] e riceveranno tutte le informazioni necessarie. Il corso dura due mesi dopo di che i ragazzi hanno le basi musicali necessarie per poter suonare e continuare a studiare musica. Ci possono contattare anche solamente per ricevere qualche informazione, consiglio o per scoprire se sono portati a suonare o meno. Anche se sono convinto che tutti possono farlo, basta avere la forza di volontà.” musica 3 Mercoledì, 28 dicembre 2011 L’INTERVISTA Lucia Malner e i vent’anni di attività del Coro Fedeli Fiumani La passione e l’impegno di una vita all’insegna del canto corale di Viviana Car FIUME - Correva l’anno 1963 quando una giovane maestrina iniziò il suo percorso pedagogico in due scuole elementari italiane di Fiume insegnando ai bimbi educazione musicale. Nei seguenti 42 anni continuerà ininterrottamente a riversare il suo sapere, ad infondere le prime nozioni di musica, a far conoscere le note a numerose generazioni di alunni tanto che ancor oggi, dopo essersi ritirata in pensione rimane per tanti semplicemente la “maestra Lucia”. La buona educazione impone che alle signore non si chieda l’età e non lo faremo neppure noi, ma quattro lustri d’ insegnamento parallelo, alla “Gelsi” e “San Nicolò” (un tempo “Mario Gennari”), non hanno lasciato il segno su Lucia Scrobogna Malner che rimane attiva anche nel “riposo” con tante cose da fare, come portare avanti il Coro Fedeli Fiumani e, ancora, ad insegnare pianoforte alla Centro Studi Musica Classica “Luigi Dallapiccola” di Fiume. UN CORO TUTTO AL FEMMINILE E non solo, la professoressa Malner assieme a Giulia Šantić, infaticabile promotrice di numerosi eventi della Comunità degli Italiani di Fiume, 32 anni addietro fonda la corale femminile della SAC “Fratellanza”, un gruppo che continuerà a mietere successi negli anni a venire. “In Comunità – racconta Lucia Malner – si cantava sempre, alle feste, ai vari appuntamenti e incontri, e c’era un ‘grupo de mule che ghe piaseva cantar e che gaveva anche bona voce’. Giulia Šantić a capo della combriccola mi propose di provare a formare un coro tutto femminile. L’idea andò avanti molto presto e la corale iniziò il suo percorso musicale in seno alla SAC ‘Fratellanza’, diventando da buon principio un elemento importante nell’ambito delle sezioni musicali, tanto che dopo un po’ di tempo divenne automatico fondere, saltuariamente, i due cori, femminile e maschile, e formare un’altra compagine, il grande coro misto. Fu un periodo pieno di impegni, ma di tante soddisfazioni”. La sua attività come maestra del coro femminile, purtroppo, fu drasticamente interrotta. “Iniziai ad avere grossi problemi alle corde vocali -, continua la professoressa Malner - e perciò dovetti cancellare tutte le mie attività e limitare quelle lavorative. Per lunghi anni sono rimasta ‘una spettatrice attiva’ seguendo le attività musicali in seno alla nostra CI e a tutta la Comunità Nazionale”. LA SFIDA DI UNA CORALE DI MUSICA SACRA Nel 1991, venti anni fa, dopo una pausa prolungata, per Lucia si apre una nuova avventura, tutta particolare. Fondare e portare avanti un coro specifico. Un esperimento eccezionale, unico nell’universo comunitario. Inizierà così un percorso che dura fino ai giorni nostri come direttrice del Coro Fedeli Fiumani. “In quell’anno, spiega Lucia Malner, sono stata contattata da Mario Zoia che faceva parte di un gruppo di devoti fiumani che durante la messa in lingua italiana della domenica nella Cattedrale di San Vito, ‘improvvisavano’ i canti e si davano da fare per mantenere viva la fede nella nostra lingua accompagnati dell’organista Rosi Mohović, la quale di recente si è ritirata dall’incarico, ora svolto dal prof. Bruno Picco. Mi sentivo pronta per ricominciare, anche perché dopo il prolungato riposo, desideravo essere attiva e utile. Così, in poco tempo, è nata una nuova corale, il Coro Fedeli Fiumani, grazie all’impegno dei credenti che desideravano con le proprie voci elevare le lodi al Signore nei canti liturgici. Fino a quel momento non avevo mai diretto un coro che curava esclusivamente un repertorio religioso e perciò rappresentava una sfida da superare. Dirigere un coro, sia formato da bambini che da adulti, è una cosa molto impegnativa che richiede un impegno costante, una concentrazione continua e una mano ferrea, ma le soddisfazioni sono tante. IMPEGNO SERIO E COSTANTE Ritornando al coro Fedeli Fiumani, l’approccio iniziale si è svolto in Cattedrale. Al gruppo si sono pure aggregati un paio di coristi dei cori della SAC “Fratellanza” che hanno continuato a ‘militare’ in ambedue le corali. Oggi, dopo vent’anni, il Coro Fedeli Fiumani conta 35 coristi, un numero stabile che si mantiene dalla sua fondazione”. La professoressa Malner non pensava di rimanere a lungo alla guida del coro, eppure sono passati tanti anni e ancor oggi non ha intenzione di smettere. “Questi anni sono volati, sono cresciuta, per non dire maturata, con il coro. Ci sono stati alti e bassi, ma la corale ha mantenuto sempre un livello costante, anzi, posso affermare che ha progredito tanto”. Il coro si riunisce due volte alla settimana negli spazi della Comunità degli Italiani dove si svolgono le prove. Essendo tutti i coristi legati ad altre attività, lavorative o private, una trentina di membri partecipa attivamente alle prove e in quanto fedeli alle messe domenicali, mentre il coro completo si trova due volte al mese. Ma questo compito viene lasciato alla capo coro Ardea Juranić che organizza gli incontri. LUSINGHIERE AFFERMAZIONI I successi non si sono fatti I festeggiamenti per il 20.esimo dalla fondazione del Coro fedeli Fiumani nel giugno del 2011 Il Coro Fedeli Fiumani si esibisce durante la Messa pasquale di quest’anno mancare, la maestria della corale Fedeli Fiumani ha ben presto superato i confini comunitari e religiosi fiumani facendosi valere anche in tantissime uscite nelle parrocchie istriane, in Italia, Slovenia e Croazia sempre ed esclusivamente ad arricchire con i canti liturgici le funzioni religiose ed offrire ai fedeli un assaggio del ricco repertorio sacro. “Il programma è molto impegnativo, continua Lucia, basti pensare che il coro partecipa ogni domenica alla messa nella Cattedrale, e poi sono frequenti le uscite. Perciò anche il repertorio deve essere adeguato ad ogni occasione, ad ogni festività religiosa, ad ogni evento celebrato dai nostri fedeli. UN REPERTORIO IMPEGNATIVO E RICERCATO Si spazia nella musica sacra composta dai grandi come Bach, Haendel, Mozart, Vivaldi, Gounod, Lisinski e altri prestigiosi autori ma si interpretano pure canti natalizi, pasquali, per la ricorrenza di San Vito, della giornata di Ognissanti, per i pellegrinaggi e tante altre ricorrenze. I nostri coristi considerano le melodie natalizie altrettanto impegnative e di buon augurio. Nessuna canzone o inno viene ritenuto frivolo o di poco conto. Per ogni singolo canto ci si impegna al massimo. La nostra maggior soddisfazione è quando, dopo aver cantato in qualche paese dell’Istria o in Italia gli inni liturgici, in italiano o latino, dopo la funzione religiosa i parrocchiani ci avvicinano e si congratulano con noi esprimendo la loro felicità per aver potuto risentire i canti religiosi della loro infanzia”. Incontestabile “cavallo di battaglia” della corale è “L’alleluia” di Georg Friedrich Händel. “La grande perizia nell’interpretazione da parte dei Fedeli Fiumani di questo pezzo è un punto d’orgoglio per tutta la corale” afferma Lucia Malner. CANTARE PER GIOVANNI PAOLO II L’evento che ci ha segnato profondamente, in senso spirituale, è stata la partecipazione alla Santa messa officiata in Delta a Fiume dal Santo Padre Giovanni Paolo II nel giugno del 2003 nella sua centesima visita pastorale. “E stato un momento magico, racconta Lucia, siamo stati invitati a partecipare ed a far parte del grande coro formato da tutte le maggiori corali di Fiume. In quel momento abbiamo capito di essere maturati e di essere ben accettati nella grande famiglia dei cori religiosi. I preparativi furono incessanti ed estenuanti. Il maestro Nino Načinović che doveva dirigere il grande ‘coro papale’, venne a sentirci ed espresse il suo entusiasmo per la nostra grande professionalità. Quella domenica, nella nostra città, sotto il sole co- cente fummo parte di un evento particolare, unico, irripetibile: cantare per il Santo Padre. I nostri cuori erano colmi di gioia e fede. Non è stato il nostro unico incontro con il Papa, siamo stati pure due volte in pellegrinaggio a Roma dove negli incontri settimanali con i fedeli abbiamo avuto modo di far sentire il nostro canto a lui”. Oltre che guidare la corale, la professoressa Lucia Malner è impegnata come insegnante di pianoforte al Centro di studi di musica classica “Luigi Dallapiccola” attorniata da tanti giovani e bravi piccoli pianisti perché come sottolinea “tutti i bambini sono bravi, basta saperli avvicinare alla musica nel modo giusto”. Quando si parla del futuro, la professoressa Malner è sicura di continuare il suo operato con il Coro Fedeli Fiumani con l’impegno che la contraddistingue, anche se, ammette con un sorriso, “ogni cosa ha il suo principio e la sua fine ma non oggi, né domani...”. 4 mus Mercoledì, 28 dicembre 2011 IL SAGGIO L’articolata e puntuale analisi storico-musicale-esecutiva del tipico can La bitinada, espressione genuina di Libero Benussi ROVIGNO - Poco sinora si è parlato e scritto di una espressione particolare del canto popolare rovignese e cioè della Bitinada. Le Bitinade, assieme alle arie da nuoto, sono le uniche modalità della tradizione canora rovignese circoscritte al solo microcosmo culturale della città di Rovigno e pertantanto trattarne è estremamente doveroso. LA RIPARTIZIONE “STRUMENTALE” NELLA BITINADA˝Che tipo di canto è la bitinada? La bitinada è un modo alquanto originale di eseguire con la sola voce un accompagnamento musicale atto ad accompagnare qualunque canzone un solista volesse cantare. (Oggi la si potrebbe definire una “base musicale”, un arcaico ma funzionale “ karaoke “). Quando il solista, o i solisti in duetto, intonano la canzone prescelta, i “bitinadùri”, così vengono definiti i cantori di questo complesso, composto in media da una quindicina o più di membri, si destreggiano a imitare i suoni degli strumenti musicali di una ipotetica orchestra. Gli strumenti maggiormente imitati sono: la chitarra, il contrabbasso e i mandolini. Per ottenere un effetto armonico complessivamente buono, almeno tre o quattro “bitinaduri” imitano il “basso” della chitarra a mo’ di contrabbasso, conferendo il ritmo necessario all’esecuzione (il vero registro del contrabbasso non è imitabile dalla voce umana poiché tonalmente troppo basso). Poi, a gruppetti o singolarmente, vengono imitati i suoni delle altre corde della chitarra, almeno tre le voci, che definiscono così l’accordo e di conseguenza l’armonia. Codeste parti vengono sostenute dai cosiddetti preîmi (tenori), sagondi (tenori II) e tièrsi (baritoni). I rimanenti membri del gruppo a piacere imitano il suono di alcuni strumenti di complemento quali mandolini e mandole, che vengono in gergo detti tintini, (etimo chiaramente di origine onomatopeica); più raramente vengono imitati anche strumenti a fiato, tromba e oboe, nonché chitarra hawayana, che eseguono origina- li controcanti con voce di falsetto o con un registro “alterato”. LA BRAVURA NELL’IMPROVVISARE Di regola si preferiscono canzoni a ritmo di valzer o marcetta. L’articolazione e la successione degli accordi per l’accompagnamento fondamentale di basso e chitarra sono determinati ovviamente dalla canzone portante. Questa è l’unica cosa da rispettare. Le modalità degli interventi degli strumenti di complemento (mandolini e mandole - tintini) viene lasciata a pura discrezione e bravura degli esecutori che scelgono autonomamente il loro momento, conferendo all’insieme uno squisito sapore armonico unico e, spesso, irripetibile poichè all’insegna dell’improvvisazione. Difatti l’inventiva dei singoli è spesso condizionata soltanto dal momento “magico” che si crea nell’istante dell’esecuzione. A volte tra i tintini può esserci un’intesa in modo che all’orecchio il suono prodotto da due o più cantori risulti quello di un mandolino suonato su due corde, per terze, come si può notare nella Boscaiola. (v. allegato). UNA RICCA TRADIZIONE MUSICALE La tradizione vuole che la bitinada nasca tra i pescatori rovignesi che, intenti per ore a cucire e riparare le loro reti, oppure durante il mestiere, non avendo le mani libere ed essendo logisticamente molto vicini, si fossero dilettati ad accompagnare alla loro maniera colui che avesse avuto la voglia e la bravura di trainare il gruppo con una canzone. La capacità di creare un’armonia non semplice per una prestazione di tipo prettamente popolare, risiede nella ricca tradizione musicale rovignese, da secoli tramandata con la concomitanza di una forte presenza di musicisti dilettanti tra la popolazione. A cavallo tra il XIX e XX secolo, periodo del dominio AustroUngarico, a Rovigno troviamo ben tre bande di ottoni, tre complessi corali, un teatro comunale (poi dedicato ad A.Gandusio) che ospitava opere liriche e operette, nelle quali i solisti da “fuori” sostenevano i ruo- li principali ed erano affiancati dai cantanti locali in parti secondarie. Pure l’orchestra era locale. Una prova palese di tale capacità sono pure le tradizionali arie da nuoto, (L. Benussi, 1975-1981), genere armonicamente molto impegnativo. Nella prima metà del XX secolo appaiono pure le prime canzoni d’autori rovignesi in vernacolo, che caratterizzeranno ancor di più l’originalità della tradizione canora della città. BRAVURA, VOLONTÀ, CAPACITÀ, ARMONIA Nel novembre del 1934, in una trasferta per l’inaugurazione di un Dopolavoro a Roma, il coro della “Manifattura Tabacchi” di Rovigno, guidato dal giovane maestro Domenico-Mimi Garbin (pittore), riesce a stupire i presenti per la bravura proprio grazie alle bitinade. Ne dà notizia A.Segariol (2000, p.128) nelle sue Cronache di Rovigno adducendo che: “I rappresentanti del monopolio di stato, non persuasi che l’accompagnamento nella bitinada fosse fatto senza strumento, chiamarono alcuni coristi a ripeterli davanti a loro, al che rimasero sbalorditi. De- Bitinadori gno di rilievo è il giovane falegname Tromba che, colla bocca, senza strumento di sorta, pare che suoni effettivamente una cornetta”. L’autore riporta che i canti rovignesi furono trasmessi per radio la domenica, 25 novembre 1934. Sempre il Segariol (2000, p.165) menziona un’altra uscita del coro del Dopolavoro di Rovigno, il 1 novembre 1936 a Trieste, questa volta per radiotrasmettere all’EIAR cori scelti e bitinade. Si fa menzione del “bravo solista (tenore) Costantino Mauro (Maurovich), bandaio.” Il maestro C.Noliani direttore del coro “ARUPINUM” di Trieste (composto in prevalenza da coristi esuli) ricorda le bitinade. Cito: “ a Trieste - nel 1946 - (..) per la pura gioia, anzi per una vera necessità di cantare, essi (i cantori rovignesi) si riunirono nei pubblici ritrovi ed intonavano le loro canzoni, le loro bitinade guidati dal semplice istinto, senza che alcuno li dirigesse.” Questa è la bitinada, l’insieme di bravura, volontà, capacità, armonia e tradizione. AFFINITÀ CON ALTRI CANTI ITALIANI Il prof. Roberto Starec, nel 1983, volle documentare per studio alcuni aspetti del canto popolare rovignese (e istriano). Registrò tra i tanti anche alcune bitinade. Ne da notizia nel suo Album discografico. Nel commento all’ Album (1985, p.10), l’autore riferisce sulle possibili somiglianze della bitinada con altri canti consimili. Cito: “Forme analoghe di polivocalità ritmica, con imitazione più o meno evidenti di strumenti, sono in uso in Italia in Liguria (soprattutto a Genova in modi maggiormente sofisticati) e nel Piacentino (tralallero), in Toscana nel Grossetano e sul Monte Amiata (bei) e in Sardegna nella Barbagia (tenores). (...) e in Georgia sovietica”. A differenza delle citate polivocalità ritmiche, per la bitinada non esiste una regione di diffusio- sica Mercoledì, 28 dicembre 2011 5 nto delle genti del microcosmo rovignese dello spirito creativo di un popolo ne. Essa è circoscritta alla sola città di Rovigno. Già nel contado non la sanno fare. Ma da dove ha origine il termine? ORIGINI ETIMOLOGICHE DELLA “BITTINADA” Per primo ne parla Antonio Angelini nel suo Repertorio delle Cronache di Rovigno, manoscritto del 185862, edito per mano di G. Radossi e A.Pauletich (1976-77) e precisamente: ”BITTINADA. Una volta quando i giovani del popolo avevano incontrata matrimoniale obbligazione la festeggiavano con certo suono e canto, intermezzato da qualche scarica d’arma da fuoco, che facevano eseguire sotto le finestre delle loro fidanzate, e ciò anche si praticava nella ricorrenza di alcuni Santi eletti e protettori di diverse classi del popolo alle case dei loro primari. I quali suoni e canti corrispondevano all’antico bagordare, chiamato da noi con voce popolaresca bittinada. Questa festosa usanza venne abbolita dalla Politica Autorità del luogo da oltre 30 anni (Vedi racc.ta Docum.ti).” In ordine di tempo segue l’Ive. (Ive Antonio, 1877). Nella sua raccolta Canti popolari istriani raccolti a Rovigno, a p.3, canzone N.5, nel capitolo Canti e serenate si legge: Canto la bitinada e i’ nun te vido Ti son in lieto e meî cripo de frido; ......... a p.10, canto N.14 dello stesso capitolo: ’Sta sira i’ ghe vuoi fa ‘na bitinada, A la muru∫a del cumpagno meîo; ......... a p.254, tra i Canti satirici, nel canto N.15 si dice: ......... Nardo Bujolo ghe xi calumà, Perchì che Cucalito aviva oûna sor. Li bitinade i ghe l’u’ fate fà, I ghe l’u’ fate sunà de Mazarol. ............ Nella nota in calce alla canzone di p.3, nota che specifica i vocaboli particolari, si legge testualmente: “ Bitinada, mattinata, serenata.” Nel Vocabolario del dialetto di Rovigno d’istria di Antonio e Giovanni Pellizzer (1992), sotto la voce bitinada leggiamo: ” s.f. - Tipica maniera di accompagnare uno o più solisti, imitando i suoni dei vari strumenti con la bocca, caratteristica specifica dei rovignesi per cui vanno famosi. Probabilmente vale mattinata, serenata negli altri luoghi, adoperata anche come canto satirico. Nei riflessi istriani si fusero insieme mattinata e botonata.” Si può quindi costatare che anticamente il termine bitinada, e mi riferisco ai testi citati dall’Angelini e dall’Ive, significava serenata eseguita probabilmente con strumenti musicali. Non trapelano dai testi se l’esecuzione coinvolgeva un cantante solista o se c’erano anche altri coristi. Certo è però che a memoria d’uomo, di persone provette che hanno per tutta la vita coltivato il canto popolare, nate nei primi anni del secolo, riferendosi ai ricordi dei loro nonni e prozii cantori, hanno sempre affermato che già negli ultimi anni dell’800 la bitinada era già quella che conosciamo e che si è conservata fino a noi. LA ANTICHE BITINADE DELLA TRADIZIONE Di quanto affermo ne è certamente prova il repertorio delle canzoni che allo- ra venivano eseguite. Esse sono state tramandate fino ai giorni nostri: le belle esecuzioni di Remator del 1870 (vedi trascrizione in allegato) e Spunta il sole, ovvero i rifacimento rovignese dell’ Addio al garibaldino del 1860, canzonette gia tutte pubblicate nella seconda metà del XIX secolo (Barbini (1876). Alle succitate, delle quali si sa il periodo di produzione, si affiancano pure altre altrettanto pregevoli e arcaiche tra le quali vanno menzionate El cucù, L’eco, Il giardiniere, La Danimarchese, Santa lucia. Accanto alle canzonette più antiche con testo rigorosamente in italiano letterario (più o meno storpiato, data la scarsità di preparazione culturale dei cantori), con il 1900 si fanno apprezzare pure i primi componimenti originali in dialetto rovignese. Li tabacheîne meglio nota come Li ven soûn par li Casale è del 1907 per mano del maestro Giuseppe Peitler su testo di Alvise Rismondo. Seguiranno Vien fiamita e Li muriede ruvignise (Vignì sul mar muriede) del maestro Carlo Fabretto, scritte negli anni ‘20/’30, aprendo quello che sarà poi un vero e proprio filone di canzonette di autori rovignesi molte delle quali si presteranno ad essere accompagnate in bitinada. A partire dagli anni ‘70 la produzione riprende. Ricorderemo: di Domenico-Mimi Garbin O bella Rovigno e L’alba del pascadur, quest’ultima su testo di G.Curto, di Piero Soffici El piso gira gruoso, parole di Matteo Benussi, e Vlado Benussi con Figarola, ∫ i bitinade. Vlado Benussi ha pure composto due operette di carattere folcloristico rimaste sinora inedite, una anche premiata al Concorso “Istria Nobilissima”, nelle quali le bitinade, nuove di zecca, non mancano di certo. CONSERVARE IL CANTO ROVIGNESE La bitinada è uno dei simboli della tradizione rovignese e a curarne le caratteristiche e la continuità ci pensa esclusivamente la SAC “Marco Garbin”, che opera in seno alla Comunità degli Italiani di Rovigno. In questo momento il gruppo corale è guidato dal maestro Vlado Benussi. Dal 1965 in poi sono stati incisi anche parecchi dischi, musicassette, CD, nonchè esistono riprese televisive di vari spettacoli di arte varia e documentari, in sede e all’estero. Manca però un approcio documentativo adeguato di tutto questo materiale prezioso che, spero, si possa completare in un prossimo futuro. Non esistono sinora complete trascrizioni di bitinade su spartito. Lo Starec (1985, p.21,es.11), è il primo a tentarne una, ma non riporta che poche battute della parte del solista con un un accenno alla parte di “basso”. Non riporta traccia delle altre voci, nè la canzone è completata fino alla fine. Trascrivere su partitura una bitinada non è un’impresa semplice soprattutto perchè, come si è detto in precedenza, ogni esecuzione si differenzia dalla precedente. Generare varianti, in genere, è tipico del canto popolare. Nel nostro caso è la bravura degli esecutori, le caratteristiche peculiari del solista che porta il canto, l’inventiva dei singoli che, improvvisando, di volta in volta danno all’insieme delle sfumature diverse, lo scambio dei ruoli, poiché l’alto registro dei controccanti stanca e i cantori si alternano e si sostituiscono via via nei controccanti; è questo che genera le varianti. Difficile è poi descrivere a parole i vari suoni emessi dai canto- ri. In tutte le frazioni comunque c’è la tendenza ad imitare il suono degli strumenti non solo in maniera tonale ma pure timbrica: I bassi faranno VUN, arrotondando la VU, allungando la U e tenendo nasalmente la N sfumandola fino al prossimo “pizzico di contrabbasso”; l’imitazione delle tre note fondamentali dell’accordo della chitarra (anche nei rivolti dell’accordo a seconda della tonalità della canzone) si avvalgono di un DAN-DAN per il tempo ternario o di un DARARÀNDAN nel tempo quadrato, sempre seguendo al VUN del basso. Anche qui il DA è dentale quanto più “metallico” possibile e la N finale, nasale, è leggermente prolungata. LE PARTICOLARI TECNICHE VOCALI-ESECUTIVE I contraccanti, tintini, vengono eseguiti con voce di falsetto sul registro di soprano o mezzosoprano, a seconda delle canzoni e delle capacità canore degli esecutori. Si imitano di solito il suono del mandolino o della mandola, su una corda singola o per terze (ovviamente in duetto), con un DIN unico, o ripetuto quanto necessita, e facendo vibrare la lingua tra i denti superiori e il palato per ottenere il trillo ad imitazione dell’azione del plettro. Nei tintini c’è pure un registro più bas- so detto dai rovignesi baritono, che si avvale di un BLUN o di un BULULÙN oppure da un secco susseguirsi di DAN più o meno sincopati con la A che è quasi una O, sempre dentali e metallici. Anche i tintini possono essere sincopati. Talvolta vengono imitati anche suoni “similoboe” o anche quelli della tromba o del trombone, nonché l’arpa e ciò in particolar modo nelle riprese tra una strofa e l’altra, riprese volutamente prolungate proprio per mettere in evidenza tutti i controcanti. I “TINTINI” VIRTUOSI Per realizzare le due trascrizioni che ho allegato a titolo di esempio (e mi auguro che in futuro si possa fare una raccolta completa), mi sono avvalso di due bitinade incise dal gruppo corale della Società Artistico Culturale “Marco Garbin” di Rovigno nel 1965 presso la Casa discografica “Jugoton” nell’album: La viecia batana (1966). I coristi in quella occasione furono quindici, mentre la voce solista quella di Liliana Budicin-Manestar. I tintini di maggior rilievo son quelli di Romano Chiurco (pompiere) che si destreggia nel registro di soprano, Giacomo Quarantotto - Meto (pescatore) e di Cristoforo Sponza - Catalàn (agricoltore). Lo Sponza in quella occasione ha pure guidato e istruito il gruppo. Ho scelto questa incisione perché i cantori sono molto affiatati e, la bitinada creata in quell’occasione, è risultata armonicamente ben articolata. Da tener sempre presente che la tracce melodiche dei tintini nello spartito sono da considerarsi solo un esempio. Siccome Remator è articolato in tre strofe le riporto come testo a parte: REMATOR Brilla il ciel, tranquilla è l’onda suona l’ora dell’amor, deh mi porti all’altra sponda giovanetto remator. Deh mi porti all’altra sponda, giovanetto, giovanetto. Deh mi porti all’altra sponda, giovanetto remator. Remator la barca è pronta se tu vuoi venir a vogar, vogheremo al’’altra sponda giovanetto remator. Vogheremo all’altra sponda, giovanetto, giovanetto. vogheremo all’altra sponda, giovanetto remator. I tuoi sguardi con i miei si incontran con amor, che dolcissimi momenti giovanetto remator. Che dolcissimi momenti, giovanetto, giovanetto. Che dolcissimi momenti, giovanetto remator. 6 musica Mercoledì, 28 dicembre 2011 SULLE ALI DELLA FELIX AUSTRIA La complessa metamorfosi di «An der schönen bl Le straordinarie vicissitudini del A cura di Helena Labus Bačić È riconosciuto mondialmente come il più celebre valzer e uno fra i più famosi brani di musica classica di tutti i tempi. Parliamo di “An der schönen blauen Donau“ (Sul bel Danubio blu) op. 314, di Johann Strauss figlio, la cui storia si rivela piuttosto interessante. QUATTRO VALZER PER CORO Agli inizi del mese di luglio del 1865, Johann Strauss, appena tornato a Vienna dopo un periodo di riposo in cui si era sottoposto a delle cure termali, ricevette una lettera da parte del prestigioso Wiener Männergesang-Verein (Associazione corale maschile di Vienna) che lo invitava a partecipare alla loro Sommer-Liedertafel (Festival estivo di canto) in del suo primo valzer corale, che sarebbe poi diventato celebre in tutto il mondo con il titolo di “Sul bel Danubio blu“. ...E UNA FRETTOLOSA INTRODUZIONE STRUMENTALE La sconfitta militare dell’Austria da parte delle forze prussiane a Königgrätz (oggi Sadowa) il 3 luglio 1866, gettarono nella disperazione tutti i settori dell’Impero asburgico, e ciò mise in dubbio anche i festeggiamenti del carnevale del 1867. In considerazione dello stato d’animo prevalente, l’Associazione corale maschile di Vienna decise di sostituire l’annuale Sommer-Liedertafel con un programma serale più tranquillo. Strauss, in gran fretta, cominciò ad adattare gli schizzi del suo La prima esecuzione fu affidata ai 130 componenti dell’Associazione corale maschile di Vienna diretti dal loro maestro Rudolf Weinwurm, e accompagnati dall’orchestra del 42.esimo Reggimento di Fanteria del re Giorgio V di Hannover, temporaneamente di stanza a Vienna programma per il 17 luglio, chiedendogli di comporre per l’occasione un nuovo valzer. A distanza di diciotto anni da quando aveva scritto il suo primo valzer dedicato all’associazione, “Sängerfahrten“ op. 41, Strauss fu tuttavia costretto a rifiutare la proposta. Il compositore diede la motivazione del suo rifiuto in una lettera, nella quale promise di comporre un valzer per l’estate seguente. Questa promessa, tuttavia, non venne mantenuta nemmeno per il 1866; ma, in ogni caso, durante l’estate e l’autunno di quell’anno, dietro le insistenti sollecitazione da parte dell’Associazione, Strauss cominciò la composizione valzer in tempo per poter essere presentato all’inaugurazione del Faschings-Liedertafel (Festival di Carnevale di canto), originariamente previsto per il 10 febbraio 1867 nella Dianabad-Saal, ma successivamente rimandato al 15 febbraio. Inizialmente l’associazione ricevette un accompagnamento per coro formato da quattro sezioni di valzer, senza introduzione e con una breve coda (tale versione andò in stampa nel gennaio 1867), e poco dopo Strauss presentò un accompagnamento completo per pianoforte scritto frettolosamente e recante le scuse dell’autore: “Chiedo scusa per la grafia di- Frontespizio della prima edizione di “An der schönen blauen Donau“ sordinata, ma sono stato costretto a finirlo in pochi minuti. Johann Strauss.“ LE ORIGINI DEL TITOLO Il poeta ufficiale dell’associazione corale, Josef Weyl (1821-1895), di professione funzionario di polizia e amico d’infanzia del compositore, ebbe il compito di scrivere un testo, a tratti spiritoso, a tratti satirico e ironico, da accompagnare ai quattro valzer e alla coda, che fosse in grado di esortare i contadini, i finanzieri, i costruttori, i proprietari terrieri, gli artisti e i politici a tornare a ballare durante i festeggiamenti del carnevale, nonostante la gravità della situazione politica che l’Impero e tutti gli strati della società stavano vivendo in quel momento. Weyl aveva già completato il suo compito quando Strauss presentò una quinta sezione valzer, che obbligò il poeta a modificare il testo del quarto valzer e aggiungere un testo riveduto alla coda. Le prove iniziarono a metà gennaio, ma alla fine del mese non era stato ancora trovato un nome adatto per il valzer. Il titolo “An der schönen blauen Donau“ venne scelto estrapolandolo da una delle poesie malinconiche della raccolta Stille Lieder (Canti tranquilli) di Carl Isidor Beck (18171879), „An der Donau“. In tale lavoro era contenuta anche la frase “An der schönen, blauen Donau liegt mein Dorfchen...“ che venne appunto scelta come titolo ma, tuttavia, non si è certi chi abbia scel- LA PRIMA ESECUZIONE to di attribuire tale titolo al valzer di Strauss; infatti nel testo di Weyl CORALE E ORCHESTRALE non vi è alcun riferimento al Da- Soltanto poco prima della prima rappresentazione si decise di arnubio. ricchire il nuovo valzer con un accompagnamento orchestrale, e Strauss vi aggiunse la celebre introduzione con il tremolio dei violini, oggi nota in tutto il mondo. Poiché al momento della prima esecuzione il compositore e l’orchestra Strauss si sarebbero già dovuti esibire alla Corte Imperiale, i circa 130 componenti della Associazione corale maschile di Vienna vennero diretti dal loro maestro di coro Rudolf Weinwurm, e vennero accompagnati dall’orchestra del 42.esimo Reggimento di Fanteria del re Giorgio V di Hannover, temporaneamente di stanza a Vienna. Nonostante l’eccessiva durata della serata (5 ore nel caldo soffocante, con due file di signore sedute sulle sedie e oltre 1.200 spettatori di sesso maschile in piedi dietro di loro), “Sul bel Danubio blu“ (sesto punto di nove nel programma) venne applaudito ripetutamente Monumento viennese a Strauss “An der schönen blauen Donau“ nell’autografo di Strauss musica 7 Mercoledì, 28 dicembre 2011 auen Donau» del geniale Johann Strauss tra commissioni, accidenti e casi fortuiti valzer più famoso del mondo «Sul bel Danubio blu» ebbe la sua consacrazione a livello internazionale, all’ Esposizione Internazionale di Parigi con grande entusiasmo del pubblico. Anche se il recensore del „Die Debatte und Wiener“ Lloyd affermò che “...Solo il testo di Weyl ha lasciato molto a desiderare“. Il critico del “Fremden Blatt“ osservò che “Il valzer è stato davvero splendido, pieno di melodie che scorrevano dalle labbra dei cantanti come un ruscello di acqua sorgiva e dalle cui onde ritmicamente scorre la melodia che ha magicamente aggiunto colore al divertente testo. La composizione è stata accolta con gioia“. Il recensore per la „Die Presse“, fece eco al collega, aggiungendo profeticamente: “Questo valzer di charme, con i suoi ritmi orecchiabili, entrerà presto a far parte della produzione delle danze più popolari del compositore, e di fatto è stato il migliore pezzo di tutto il carnevale“. STRAORDINARIO SUCCESSO CON I TRE FRATELLI STRAUSS I viennesi poterono ascoltare la versione orchestrale del valzer (completa di in- troduzione e coda), domenica 10 marzo 1867 nel Volksgarten al tradizionale concerto dell’orchestra Strauss, quell’anno straordinariamente sotto la direzione congiunta di tutti e tre i fratelli, in occasione del carnevale. Johann stesso condusse il suo lavoro, (terzo punto su un programma di 24 brani composti per le celebrazioni del carnevale dai tre fratelli) che venne accolto da un tripudio di applausi. Il successo fu strepitoso. Nel 1867, in seguito a un invito del mecenate parigino Comte d’Osmond, Strauss si recò a Parigi per dirigere alcuni concerti in occasione dell’Esposizione Universale, dirigendo l’orchestra berlinese del compositore di musica da ballo Benjamin Bilse. Durante uno della serie di concerti nella capitale francese, Johann ripropose “Sul bel Danubio blu” che ebbe lì la sua consacrazione a livello internazionale, ricevendo un’accoglienza trionfale. IN AMERICA CON UN’ORCHESTRA DI MILLE MUSI- CISTI Cinque anni dopo, Strauss si imbarcò per una tournée negli Stati Uniti e tenne una serie di colossali concerti a Boston, per i quali gli venne offerta la somma, astronomica per l’epoca, di 100mila dollari. Assieme a cento direttori d’orchestra assistenti, diresse un’orchestra di mille elementi e “Sul bel Danubio blu” fu eseguito dinanzi a 100mila persone. Fu un concerto perfetto e il grande successo dello spettacolo gli portò nuove offerte strabilianti e la proposta di girare gli Stati Uniti in una tournée, che però rifiutò. Strauss fu molto sorpreso dall’enorme successo del valzer che egli considerava nient’altro che un brano adatto soltanto per “riempire il programma”. Il lavoro fu talmente famoso che alcuni anni più tardi, il compositore Johannes Brahms, grande amico e ammiratore di Strauss, sotto alcune note del valzer mise una sua firma scrivendo “Sfortunatamente non di Johannes Brahms“. In seguito, un nuovo testo venne scritto nel 1890 da Franz von Gernerth (1821-1900), con le parole “Donau so blau... (Danubio così blu...)“. Il valzer “Sul bel Danubio blu“ viene eseguito ogni anno, come secondo fuori programma, durante il Concerto di Capodanno dei Wiener Philharmoniker. L’ Orchestra Strauss Francobollo austriaco dedicato al centenario del “An der schönen blauen Donau“ 8 musica Mercoledì, 28 dicembre 2011 Panoramica della Hofburg GIRO GIRO TONDO QUANTO SUONA IL MONDO Eventi alla Hofburg San Silvestro e Capodanno alla Corte di Vienna I l concerto di San Silvestro della Wiener Hofburg Orchester si svolge sempre il 31 dicembre nella Redoutensaal dell’Hofburg di Vienna (il Palazzo imperiale di Vienna).Il programma è composto dalle melodie più famose dei valzer e delle operette di Johann Strauss, Emmerich Kalman, Franz Lehár e arie e duetti da opere di Wolfgang Amadeus Mozart. L’ orchestra, composta da 52 musicisti e sei cantanti solisti internazionali da tutte le più importanti orchestre di Vienna sotto la direzione musicale di Gert Hofbauer vi offre un cambio d’anno indimenticabile al ritmo di melodie da “Le Nozze di Figaro”, “Il flauto magico” e di operette come “Il pipistrello”e “La vedova allegra”. IL CONCERTO DI CAPODANNO DELLA WIENER HOFBURG ORCHESTER Tutti gli anni il primo gennaio, la Wiener Hofburg Orchester celebra l’Anno Nuovo con i suoi ospiti nella sala delle feste e nella Redoutensaal dell’Hofburg, decorate di fiori per l’occasione. Vengono eseguiti i valzer e i brani d’operetta più amati di Johann Strauss, Emmerich Kalman, Franz Lehár e arie e duetti da opere di Wolfgang Amadeus Mozart. VIENNA, CAPITALE MONDIALE DELLA MUSICA Vienna è conosciuta come capitale mondiale della musica. Specialmente la musica della dinastia Strauss, e in particolare il valzer viennese, ha segnato ed incantato Vienna a partire dal XIX secolo. Nel 1971 i migliori musicisti di tutte le più importanti orchestre di Vienna si sono riuniti fondando la Wiener Hofburg Orchester sotto la direzione di Gert Hofbauer. L’obiettivo che si sono posti è quello di conservare la musica del valzer e dell’operetta viennesi e farla conoscere a tutto il mondo. L’orchestra è diventata famosa grazie a produzioni radiofoniche e televisive nazionali e straniere, concerti sinfonici internazionali e registrazioni. Tiene concerti nelle fastose sale dell’ Hofburg di Vienna così come al Konzerthaus o al Musi- La Grande Redoutensaal La Wiener Hofburg Orchester kverein. I concerti cominciano sempre alle ore 20.30. LA REDOUTENSAAL Nelle “Redoutensälen”, costruite come sale delle feste a partire dal 1705 sotto il regno dell’imperatore Giuseppe I, si eseguivano pompose opere barocche. L’imperatrice Maria Teresa fece modificare questa parte della Hofburg nel 1748 da Jean Nicolas Jadot. In queste sale, dove venivano organizzati numerosi concerti e”Redouten” (balli in maschera), si tenne anche il banchetto di nozze di Giuseppe II con Isabella di Parma. L’Ottava sinfonia di Ludwig van Beethoven e la Sinfonia n. 8, in si minore “L’incompiuta” di Franz Schubert furono eseguite per la prima volta in queste splendide sale, i compositori Josef Strauss e Franz Liszt vi diressero concerti. Vi furono rappresentate anche una serie di piccole opere mozartiane. Il lunedì di carnevale del 3 marzo 1783 si celebrò un ballo in ma- schera pubblico nella Redoutensaal di Vienna, durante la pausa Mozart eseguì la sua “Masquerade”, una pantomima con musica ideata da lui stesso. In occasione delle nozze tra Francesco e Maria Teresa, celebrate nel 1790 nella Redoutensaal di Vienna Antonio Salieri compose la musica da tavola. Il 29 marzo 1828 il famoso violinista Niccolo Paganini diede un concerto nella Grande Redoutensaal. Le massime autorità, l’imperatrice, l’arciduca Carlo e l’arciduchessa Sofia, onorararono questo famoso “eroe del violino”. Il 28 marzo 1842 Otto Nicolai diresse nella Grande Redoutensaal della Hofburg di Vienna un “Gran Concerto”, che fu eseguito dal “Personale dell’Orchestra del Teatro della Corte imperiale e reale “. Questa “Accademia filarmonica”, così il titolo originale, si ritiene a ragione l’ora della nascita dei Wiener Philharmoniker. Dopo l’incendio del 1992 i locali sono stati restaurati, in parte seguendo fedelmente l’originale, ed in parte seguendo canoni contemporanei, dotandoli quindi di un’infrastruttura tecnica moderna adatta ai congressi. Sono stati riaperti nel 1998. La grande Redoutensaal è stata decorata dal pittore Josef Mikl, che con Wolfgang Hollegha e Markus Prachensky negli anni ’50 era stato un esponente dell’avanguardia austriaca sviluppando la pittura del realismo astratto. Sulle pitture murali della grande Redoutensaal Mikl ha dipinto scene ispirate ai suoi autori preferiti: Elias Canetti, Johann Nestroy e Ferdinand Raimund. Nella grande pittura di 404 mq del tetto Mikl ha immortalato, scrivendole a mano e non visibili ai visitatori, 34 strofe del poema “Giovinezza” di Karl Kraus. Anno VII / n. 54 del 28 dicembre 2011 “LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina La storica Redoutensaal Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat edizione: MUSICA [email protected] Redattore esecutivo: Patrizia Venucci Merdžo / Impaginazione: Denis Host-Silvani Collaboratori: Libero Benussi, Viviana Car, Patrizia Chiepolo Mihočić ed Helena Labus Bačić Foto: Graziella Tatalović