28.12.2011 - La Voce del Popolo

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LA VOCE
DEL POPOLO
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54 • Mercoledì, 28 dice
De «homuncolo globalis» et de «traditione» antiqua
di Patrizia Venucci Merdžo
Gentilissimi,
mi sto chiedendo con quale stato d’animo la gente si
prepari a “festeggiare” questo “morente” (amen) 2011 e
a salutare l’imminente anno nuovo, la cui nascita avviene sotto gli auspici più preoccupanti. Ma la speranza – per
quanto a volte infondata - e la voglia di vivere sono le ultime a morire (meglio così), per cui, probabilmente, come
tradizione vuole, ancora una volta le persone cercheranno
stordimento per un paio d’ore in lustrini, spumanti, feste
fracassone e nella barbarie dei petardi, con il solito bilancio di incidenti ed accidenti.
Il Natale, invece, è un’altra cosa. A parte i forti significati prettamente teologici – il Logos che si fa carne per riscattare l’uomo dalla sua natura malata di peccato, per riportalo, previa purificazione, in uno stato di Grazia e quindi a nuova e incorruttibile vita -, il Natale è l’unica festa in
Occidente che celebra la nascita, la genitorialità, la famiglia; ed è anche da questo profondo umanesimo, nel quale
le persone si riconoscono, che attraverso i secoli è scaturita
l’immensa e antica produzione di canti natalizi, patrimonio
spirituale dell’umanità.
Ora, siccome l’“homo globalis” o meglio, il “nanerottolo globale” - che si ciba di hot dog e big brother e veste
da cowboy – più in là di “Jingle bells” non ci arriva, colgo
l’occasione per ricordare per sommi capi, le melodie natalizie del popolo, come pure quelle d’autore - spesso palpitanti di poesia e commozione, pur nella loro semplicità, veri e propri veicoli d’ identità storica e culturale.
A Dignano, il canto natalizio autoctono è considerato
“Siam pastori e pastorele”, melodia nota pure come “U se
vrime godišća” e cantata in tutta la Croazia, tanto da es-
sere ritenuto un canto tipicamente croato. In realtà, come
dimostra Giuseppe Radole nel suo libro dedicato ai canti
dell’Istria, la detta melodia era in origine il tema di un Capriccio per organo di Dino Frescobaldi, che fu importato
in Istria nel ‘700 probabilmente dai sacerdoti della Serenissima e quindi diffuso nel Quarnero, in Dalmazia e nel
resto della Croazia.
A Rovigno veniva e viene tuttora intonato, dopo la rituale messa di mezzanotte, il “Canto della Natività”, - conosciuto pure con il suo primo verso “Siam venuti in questa casa” e/o “El xe nato il venticinque”- e la melodia “Venite su pastori” di C. Fabretto.
Il cuore dei fiumani si è allargato e commosso per decenni al canto di “Pastori festeggiate”, la raffinata pastorella ed unico canto natalizio autoctono di Fiume. Lievitante in tempo ternario nella deliziosa ed ondulante quanto
semplice melodia sfocia nel ritornello festoso di “Gioite, festeggiate, con gli angeli cantate, sia gloria a Dio d’amore e
pace agli uomini ancor”, con un basso a modo di bordone,
per esaltare appunto il carattere rustico e popolareggiante. Esiste un manoscritto d’ inizio Novecento di questa Pastorella, nella versione, abbastanza fiorita, per pianoforte e
voce, che apparteneva alla biblioteca del Duomo di Fiume.
E che dire dell’Italia, patria del Presepe e della straordinaria fioritura di melodie natalizie avvenuta nel corso
dei secoli? Dalle gustose laudi popolari quali, “Io scesi giù
dal cielo” risalente al Quattrocento (!), alle laude filippine
“Oggi è nato un bel bambino” e “Questo nobil bambino”,
a “Cantiam tutti cantiam”, “Porta celato”, “O bambino
celeste mio sole”, “Lieti pastori”, “Resonet in laudibus”,
“Puer nobis nascitur”... antichi e poetici canti risalen-
ti al ‘500. Ed ancora le austere e nobili melodie gregoriane quali “Puer natus in Bethleem” (siamo nel Trecento!), “Tota silescit”, “Parvulus filius”, “In Natali Domini”,
“Magnum nomen Domini”.... basta, ci fermiamo qua. Le
melodie sono una più bella dell’altra, spesso in tempo ternario e rivelano l’interiore spinta gioiosa dell’autore anonimo che si fa interprete dello spirito creativo degli animi
più semplici. Su questa tradizione si inserì S. Alfonso Maria de’ Liguori, autore della celebe “Tu scendi dalle stelle”,
e di una serie di novene natalizie che ancora oggi vengono
cantate in molte chiese dell’Italia centro-meridionale.
Austero e di antico lignaggio, intenso e soave nel regale incedere dell’armonia, è “Adeste fideles” un piccolo
capolavoro di canto liturgico del tardo barocco. L’autore
(testo e musica) è un oscuro musicista inglese del ‘700, tale
John Francis Wade, 1711-1786), un compositore inglese, epigono del grande Haendel. Il testo è stato attribuito a
San Bonaventura.
Splendida e doviziosa fonte di melodie natalizie è la
Croazia, i cui canti raccolti e solenni, sono pervasi a volte del colorito elemento popolare folkloristico e animati da
schiettezza e letizia contagiosa. In Polonia si cantano le
antiche kolenda, le kodgy e le pastoralki. E ancora “Stille
Nacht”...“Oh Tannenbaum!”... ecc.
Ora, mi chiedo: ma come fanno - con tutto questo po’
po’ di roba, molta della quale risale a prima della scoperta dell’America - i lobotomizzati della TV, ogni anno,
puntualmente, ad infliggerci con banalità al quadrato tipo
“Jingle jingle”? Sarà sicuramente una politica mediatica
che si ispira al rispetto delle diversità di culture e popoli!
Specificamente e identitariamente Vostra
2 musica
Mercoledì, 28 dicembre 2011
VITA NOSTRA Laboratorio alla «S. Nicolò» con Sandi Bratonja e Hrvoje Puškarić
Quando la classica e il rock
vanno a braccetto
di Patrizia Chiepolo Mihočić
FIUME - Musica rock o classica? Vediamo... i musicisti della
prima sembrano degli scalmanati,
urlatori, personaggi che provocano un baccano insoportabile. Ribadisco il „sembrano“. I classici?
Per la maggior parte possono risultare noiosi, incomprensibili.
Queste in breve le descrizioni dei
due stili di musica dati dai ragazzi. Ognuno ha i propri gusti, e qui
non si discute. Cosa si può fare
per far amare questi due tipi di
musica ai ragazzi spiegando loro
che tra questi due mondi esiste
un’unica armonia? Ce lo spiegano Sandi Bratonja (URBAN&4) e
il professore di pianoforte Hrvoje
Puškarić, durante il laboratorio
musicale presso la SEI San Nicolò di Fiume, dal titolo “Rock
vs Classica – un mondo unico”.
Questa storia musicale, pensata
come un duello musicale tra un
chitarrista rock e un pianista di
musica classica, ha tenuto con il
fiato sospeso gli alunni delle VII
e VIII classi. Il fine di questa performance musicale è stato quello
di mostrare per primo, le differenze tra i due tipi di musica, per
poi, passo dopo passo, presentare le similitudini e l’armonia tra
questi due mondi, trasformandoli
in uno solo, con un bellissimo finale musicale.
- Com’è nata la vostra collaborazione?
“A dire il vero l’idea è nata in
modo spontaneo non appena ho
conosciuto Hrvoje. Come ci siamo conosciuti? Durante una mia
visita dal dentista. Me ne stavo
lì, seduto sulla sedia con la bocca aperta, quando ad un tratto ho
sentito una musica bellissima. Ho
chiesto da dove venisse ed il mio
dentista mi ha risposto: “È mio
fratello che suona al piano di sotto. Sta tutto il giorno chiuso in
casa a suonare!” Devo dire che
è stato per così dire un colpo di
fulmine. Hrvoje componeva brani
splendidi che per lo più rimanevano chiusi in un cassetto. Ho sentito il bisogno di suonarli e di presentarli a tutti, volevo unire i nostri due mondi: il mio, rock, con
quello classico di Hrvoje. Così in
breve tempo è nata la nostra collaborazione. Ci trovavamo spesso per esercitarci, però all’inizio
c’era un qualcosa che non andava.
Questo tipo di connubio non convinceva chi ci ascoltava. Abbiamo allora deciso di adeguare un
po’ la forma e dopo tanti tentativi
ci siamo riusciti. Abbiamo inciso dei CD, li abbiamo fatti girare
tra i nostri conoscenti e abbiamo
ascoltato i loro consigli e le loro
impressioni. Abbiamo trascorso
la notte di fine anno del 2004 a
suonare in casa, perché era l’unico periodo quando non avevamo
altri impegni. Poi abbiamo deciso
di inserire nel nostro “gruppo” un
batterista e abbiamo messo l’annuncio sul giornale. A rispondere è stato Goran Pleić il quale ha
suonato per breve tempo con noi,
poi è “scappato” (risata n.d.r.).”
- Scappato? Come mai?
“All’inizio non riusciva a capire questa fusione di due tipi di
musica e se n’è andato. Poi, dopo
un po’ di tempo abbiamo rimesso l’annuncio, lui si è fatto vivo
nuovamente e da allora fa parte del nostro gruppo Sinteza. Dal
2007 ad oggi abbiamo avuto una
cinquantina di concerti in vari
club.”
Il laboratorio che abbiamo visto oggi in classe fa parte del vo-
stro progetto intitolato “Rock vs
Classica”. Qual è lo scopo di questo laboratorio?
“Come hai potuto sentire in
classe, i ragazzi hanno solo un’ora
di educazione musicale alla settimana. Pochissimo! Se prendi in
considerazione le ore di matematica… E poi chissà perché pur facendo tutti questi calcoli succede che abbiamo perennemente il
conto in rosso! (ride n.d.r.). Bisogna educare i bambini e i ragazzi alla musica, insegnare loro ad
ascoltare, mostrare gli strumenti… Noi tutti percepiamo la musica come uno sfondo mentre lavoriamo, guidiamo la macchina
ecc. Pochi però sono quelli che
si rendono conto che la musica
è sempre intorno a noi, che molti film non sarebbero tali senza
una colonna sonora. Se un film ci
fa piangere è anche merito della
musica. Proviamo a guardare un
film dell’horrore senza l’audio; fa
molto meno paura vero?”
- Tu inizialmente suonavi la
fisarmonica. Oggi invece sei per
così dire un musicista a 360°:
ho sentito che non esiste praticamente uno strumento che tu
non sappia suonare.
“Io ho iniziato a suonare da
bambino. A dire il vero da buon
principio la fisarmonica non mi
piaceva. Avrei voluto suonare subito qualcosa di “più importante”.
Poi però mi sono reso conto che
con le mie mani, le mie dita avrei
potuto creare delle cose bellissime; creare una melodia, una musica. Dieci dita che si muovono
e fanno nascere un qualcosa. Ed
ero io a muoverle! Ho capito poi
che le note sono sempre quelle,
formate da 12 tonalità, indipendentemente dallo strumento che
suoni. Quindi, con molto esercizio, avrei potuto suonare tutti gli
strumenti del mondo.”
- Con la vostra performance
avete voluto spiegare ai ragazzi
che grazie alla musica si diventa più tolleranti.
“Vero. Se accetti le diversità nella musica, significa che sei
pronto a farlo anche nella vita di
tutti i giorni. Diventi tollerante
nei confronti di chi non la pensa come te, cosa che spesso viene
dimenticata; sia nel campo della
musica, dello sport e anche nella politica. Per questo motivo vogliamo divulgare questo messaggio attraverso la musica. Contattiamo le scuole e quelle che sono
aperte a questo tipo di progetti ci
ospitano volentieri.”
- I ragazzi interessati ad imparare a suonare possono rivolgersi a voi?
“Certamente, tutti gli interessati possono contattarci al nostro
indirizzo e-mail [email protected] e riceveranno tutte le
informazioni necessarie. Il corso
dura due mesi dopo di che i ragazzi hanno le basi musicali necessarie per poter suonare e continuare a studiare musica. Ci possono contattare anche solamente
per ricevere qualche informazione, consiglio o per scoprire se
sono portati a suonare o meno.
Anche se sono convinto che tutti
possono farlo, basta avere la forza di volontà.”
musica 3
Mercoledì, 28 dicembre 2011
L’INTERVISTA Lucia Malner e i vent’anni di attività del Coro Fedeli Fiumani
La passione e l’impegno di una vita
all’insegna del canto corale
di Viviana Car
FIUME - Correva l’anno 1963
quando una giovane maestrina iniziò il suo percorso pedagogico in
due scuole elementari italiane di Fiume insegnando ai bimbi educazione
musicale. Nei seguenti 42 anni continuerà ininterrottamente a riversare
il suo sapere, ad infondere le prime
nozioni di musica, a far conoscere le
note a numerose generazioni di alunni tanto che ancor oggi, dopo essersi
ritirata in pensione rimane per tanti
semplicemente la “maestra Lucia”.
La buona educazione impone che
alle signore non si chieda l’età e non
lo faremo neppure noi, ma quattro
lustri d’ insegnamento parallelo, alla
“Gelsi” e “San Nicolò” (un tempo
“Mario Gennari”), non hanno lasciato il segno su Lucia Scrobogna Malner che rimane attiva anche nel “riposo” con tante cose da fare, come
portare avanti il Coro Fedeli Fiumani e, ancora, ad insegnare pianoforte alla Centro Studi Musica Classica
“Luigi Dallapiccola” di Fiume.
UN CORO TUTTO AL FEMMINILE E non solo, la professoressa Malner assieme a Giulia Šantić,
infaticabile promotrice di numerosi
eventi della Comunità degli Italiani
di Fiume, 32 anni addietro fonda la
corale femminile della SAC “Fratellanza”, un gruppo che continuerà a
mietere successi negli anni a venire.
“In Comunità – racconta Lucia
Malner – si cantava sempre, alle feste, ai vari appuntamenti e incontri,
e c’era un ‘grupo de mule che ghe
piaseva cantar e che gaveva anche
bona voce’. Giulia Šantić a capo della combriccola mi propose di provare a formare un coro tutto femminile. L’idea andò avanti molto presto e
la corale iniziò il suo percorso musicale in seno alla SAC ‘Fratellanza’, diventando da buon principio
un elemento importante nell’ambito delle sezioni musicali, tanto che
dopo un po’ di tempo divenne automatico fondere, saltuariamente, i due
cori, femminile e maschile, e formare un’altra compagine, il grande coro
misto. Fu un periodo pieno di impegni, ma di tante soddisfazioni”.
La sua attività come maestra del
coro femminile, purtroppo, fu drasticamente interrotta. “Iniziai ad avere grossi problemi alle corde vocali
-, continua la professoressa Malner
- e perciò dovetti cancellare tutte le
mie attività e limitare quelle lavorative. Per lunghi anni sono rimasta ‘una
spettatrice attiva’ seguendo le attività musicali in seno alla nostra CI e a
tutta la Comunità Nazionale”.
LA SFIDA DI UNA CORALE
DI MUSICA SACRA Nel 1991,
venti anni fa, dopo una pausa prolungata, per Lucia si apre una nuova
avventura, tutta particolare. Fondare e portare avanti un coro specifico.
Un esperimento eccezionale, unico
nell’universo comunitario. Inizierà così un percorso che dura fino ai
giorni nostri come direttrice del Coro
Fedeli Fiumani.
“In quell’anno, spiega Lucia Malner, sono stata contattata da Mario
Zoia che faceva parte di un gruppo di
devoti fiumani che durante la messa
in lingua italiana della domenica nella Cattedrale di San Vito, ‘improvvisavano’ i canti e si davano da fare per
mantenere viva la fede nella nostra
lingua accompagnati dell’organista
Rosi Mohović, la quale di recente si
è ritirata dall’incarico, ora svolto dal
prof. Bruno Picco. Mi sentivo pronta
per ricominciare, anche perché dopo
il prolungato riposo, desideravo essere attiva e utile. Così, in poco tempo, è nata una nuova corale, il Coro
Fedeli Fiumani, grazie all’impegno
dei credenti che desideravano con le
proprie voci elevare le lodi al Signore nei canti liturgici.
Fino a quel momento non avevo
mai diretto un coro che curava esclusivamente un repertorio religioso e
perciò rappresentava una sfida da superare. Dirigere un coro, sia formato
da bambini che da adulti, è una cosa
molto impegnativa che richiede un
impegno costante, una concentrazione continua e una mano ferrea, ma le
soddisfazioni sono tante.
IMPEGNO SERIO E COSTANTE Ritornando al coro Fedeli Fiumani, l’approccio iniziale si
è svolto in Cattedrale. Al gruppo si
sono pure aggregati un paio di coristi
dei cori della SAC “Fratellanza” che
hanno continuato a ‘militare’ in ambedue le corali. Oggi, dopo vent’anni, il Coro Fedeli Fiumani conta 35
coristi, un numero stabile che si mantiene dalla sua fondazione”.
La professoressa Malner non
pensava di rimanere a lungo alla guida del coro, eppure sono passati tanti
anni e ancor oggi non ha intenzione
di smettere. “Questi anni sono volati,
sono cresciuta, per non dire maturata, con il coro. Ci sono stati alti e bassi, ma la corale ha mantenuto sempre
un livello costante, anzi, posso affermare che ha progredito tanto”.
Il coro si riunisce due volte alla
settimana negli spazi della Comunità degli Italiani dove si svolgono le
prove. Essendo tutti i coristi legati
ad altre attività, lavorative o private,
una trentina di membri partecipa attivamente alle prove e in quanto fedeli alle messe domenicali, mentre il
coro completo si trova due volte al
mese. Ma questo compito viene lasciato alla capo coro Ardea Juranić
che organizza gli incontri.
LUSINGHIERE AFFERMAZIONI I successi non si sono fatti
I festeggiamenti per il 20.esimo dalla fondazione del Coro fedeli
Fiumani nel giugno del 2011
Il Coro Fedeli Fiumani si esibisce durante la Messa pasquale di quest’anno
mancare, la maestria della corale Fedeli Fiumani ha ben presto superato i
confini comunitari e religiosi fiumani facendosi valere anche in tantissime uscite nelle parrocchie istriane,
in Italia, Slovenia e Croazia sempre
ed esclusivamente ad arricchire con i
canti liturgici le funzioni religiose ed
offrire ai fedeli un assaggio del ricco
repertorio sacro.
“Il programma è molto impegnativo, continua Lucia, basti pensare
che il coro partecipa ogni domenica alla messa nella Cattedrale, e poi
sono frequenti le uscite. Perciò anche
il repertorio deve essere adeguato ad
ogni occasione, ad ogni festività religiosa, ad ogni evento celebrato dai
nostri fedeli.
UN REPERTORIO IMPEGNATIVO E RICERCATO Si
spazia nella musica sacra composta dai grandi come Bach, Haendel, Mozart, Vivaldi, Gounod, Lisinski e altri prestigiosi autori ma
si interpretano pure canti natalizi,
pasquali, per la ricorrenza di San
Vito, della giornata di Ognissanti,
per i pellegrinaggi e tante altre ricorrenze. I nostri coristi considerano le melodie natalizie altrettanto
impegnative e di buon augurio.
Nessuna canzone o inno viene
ritenuto frivolo o di poco conto.
Per ogni singolo canto ci si impegna al massimo. La nostra maggior
soddisfazione è quando, dopo aver
cantato in qualche paese dell’Istria
o in Italia gli inni liturgici, in italiano o latino, dopo la funzione religiosa i parrocchiani ci avvicinano e
si congratulano con noi esprimendo la loro felicità per
aver potuto risentire i
canti religiosi della
loro infanzia”.
Incontestabile
“cavallo di battaglia”
della corale è “L’alleluia” di Georg Friedrich
Händel. “La grande perizia nell’interpretazione
da parte dei Fedeli Fiumani di questo pezzo è un
punto d’orgoglio per tutta la corale” afferma Lucia
Malner.
CANTARE
PER
GIOVANNI PAOLO II
L’evento che ci ha segnato profondamente, in senso
spirituale, è stata la partecipazione alla Santa messa officiata in Delta a Fiume dal Santo
Padre Giovanni Paolo II nel giugno del 2003 nella sua centesima
visita pastorale.
“E stato un momento magico,
racconta Lucia, siamo stati invitati a
partecipare ed a far parte del grande
coro formato da tutte le maggiori corali di Fiume. In quel momento abbiamo capito di essere maturati e di
essere ben accettati nella grande famiglia dei cori religiosi.
I preparativi furono incessanti ed estenuanti. Il maestro Nino
Načinović che doveva dirigere il
grande ‘coro papale’, venne a sentirci ed espresse il suo entusiasmo
per la nostra grande professionalità. Quella domenica, nella nostra
città, sotto il
sole co-
cente fummo parte di un evento
particolare, unico, irripetibile: cantare per il Santo Padre. I nostri cuori erano colmi di gioia e fede. Non
è stato il nostro unico incontro con
il Papa, siamo stati pure due volte
in pellegrinaggio a Roma dove negli incontri settimanali con i fedeli
abbiamo avuto modo di far sentire
il nostro canto a lui”.
Oltre che guidare la corale, la
professoressa Lucia Malner è impegnata come insegnante di pianoforte al Centro di studi di musica
classica “Luigi Dallapiccola” attorniata da tanti giovani e bravi piccoli pianisti perché come sottolinea “tutti i bambini sono bravi,
basta saperli avvicinare alla
musica nel modo giusto”.
Quando si parla del
futuro, la professoressa
Malner è sicura di continuare il suo operato con
il Coro Fedeli Fiumani
con l’impegno che la
contraddistingue, anche se, ammette con un
sorriso, “ogni cosa ha il
suo principio e la sua
fine ma non oggi, né
domani...”.
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mus
Mercoledì, 28 dicembre 2011
IL SAGGIO L’articolata e puntuale analisi storico-musicale-esecutiva del tipico can
La bitinada, espressione genuina
di Libero Benussi
ROVIGNO - Poco sinora si è
parlato e scritto di una espressione
particolare del canto popolare rovignese e cioè della Bitinada. Le Bitinade, assieme alle arie da nuoto,
sono le uniche modalità della tradizione canora rovignese circoscritte
al solo microcosmo culturale della
città di Rovigno e pertantanto trattarne è estremamente doveroso.
LA
RIPARTIZIONE
“STRUMENTALE”
NELLA
BITINADA˝Che tipo di canto è la
bitinada? La bitinada è un modo alquanto originale di eseguire con la
sola voce un accompagnamento musicale atto ad accompagnare qualunque canzone un solista volesse cantare. (Oggi la si potrebbe definire
una “base musicale”, un arcaico ma
funzionale “ karaoke “). Quando il
solista, o i solisti in duetto, intonano
la canzone prescelta, i “bitinadùri”,
così vengono definiti i cantori di
questo complesso, composto in media da una quindicina o più di membri, si destreggiano a imitare i suoni
degli strumenti musicali di una ipotetica orchestra. Gli strumenti maggiormente imitati sono: la chitarra, il
contrabbasso e i mandolini. Per ottenere un effetto armonico complessivamente buono, almeno tre o quattro
“bitinaduri” imitano il “basso” della
chitarra a mo’ di contrabbasso, conferendo il ritmo necessario all’esecuzione (il vero registro del contrabbasso non è imitabile dalla voce
umana poiché tonalmente troppo
basso). Poi, a gruppetti o singolarmente, vengono imitati i suoni delle altre corde della chitarra, almeno
tre le voci, che definiscono così l’accordo e di conseguenza l’armonia.
Codeste parti vengono sostenute dai
cosiddetti preîmi (tenori), sagondi
(tenori II) e tièrsi (baritoni). I rimanenti membri del gruppo a piacere
imitano il suono di alcuni strumenti di complemento quali mandolini e
mandole, che vengono in gergo detti tintini, (etimo chiaramente di origine onomatopeica); più raramente
vengono imitati anche strumenti a
fiato, tromba e oboe, nonché chitarra hawayana, che eseguono origina-
li controcanti con voce di falsetto o
con un registro “alterato”.
LA BRAVURA NELL’IMPROVVISARE Di regola si preferiscono canzoni a ritmo di valzer
o marcetta. L’articolazione e la successione degli accordi per l’accompagnamento fondamentale di basso
e chitarra sono determinati ovviamente dalla canzone portante. Questa è l’unica cosa da rispettare. Le
modalità degli interventi degli strumenti di complemento (mandolini e mandole - tintini) viene lasciata a pura discrezione e bravura degli
esecutori che scelgono autonomamente il loro momento, conferendo
all’insieme uno squisito sapore armonico unico e, spesso, irripetibile poichè all’insegna dell’improvvisazione. Difatti l’inventiva dei singoli è spesso condizionata soltanto
dal momento “magico” che si crea
nell’istante dell’esecuzione. A volte tra i tintini può esserci un’intesa
in modo che all’orecchio il suono
prodotto da due o più cantori risulti quello di un mandolino suonato su
due corde, per terze, come si può notare nella Boscaiola. (v. allegato).
UNA RICCA TRADIZIONE
MUSICALE La tradizione vuole
che la bitinada nasca tra i pescatori
rovignesi che, intenti per ore a cucire
e riparare le loro reti, oppure durante
il mestiere, non avendo le mani libere ed essendo logisticamente molto
vicini, si fossero dilettati ad accompagnare alla loro maniera colui che
avesse avuto la voglia e la bravura
di trainare il gruppo con una canzone. La capacità di creare un’armonia non semplice per una prestazione di tipo prettamente popolare, risiede nella ricca tradizione musicale
rovignese, da secoli tramandata con
la concomitanza di una forte presenza di musicisti dilettanti tra la popolazione. A cavallo tra il XIX e XX
secolo, periodo del dominio AustroUngarico, a Rovigno troviamo ben
tre bande di ottoni, tre complessi
corali, un teatro comunale (poi dedicato ad A.Gandusio) che ospitava
opere liriche e operette, nelle quali i
solisti da “fuori” sostenevano i ruo-
li principali ed erano affiancati dai
cantanti locali in parti secondarie.
Pure l’orchestra era locale. Una prova palese di tale capacità sono pure
le tradizionali arie da nuoto, (L. Benussi, 1975-1981), genere armonicamente molto impegnativo. Nella
prima metà del XX secolo appaiono
pure le prime canzoni d’autori rovignesi in vernacolo, che caratterizzeranno ancor di più l’originalità della
tradizione canora della città.
BRAVURA, VOLONTÀ, CAPACITÀ, ARMONIA Nel novembre del 1934, in una trasferta per
l’inaugurazione di un Dopolavoro a Roma, il coro della “Manifattura Tabacchi” di Rovigno, guidato
dal giovane maestro Domenico-Mimi Garbin (pittore), riesce a stupire i presenti per la bravura proprio
grazie alle bitinade. Ne dà notizia
A.Segariol (2000, p.128) nelle sue
Cronache di Rovigno adducendo
che: “I rappresentanti del monopolio di stato, non persuasi che l’accompagnamento nella bitinada fosse fatto senza strumento, chiamarono alcuni coristi a ripeterli davanti a
loro, al che rimasero sbalorditi. De-
Bitinadori
gno di rilievo è il giovane falegname
Tromba che, colla bocca, senza strumento di sorta, pare che suoni effettivamente una cornetta”. L’autore riporta che i canti rovignesi furono trasmessi per radio la domenica,
25 novembre 1934. Sempre il Segariol (2000, p.165) menziona un’altra uscita del coro del Dopolavoro di
Rovigno, il 1 novembre 1936 a Trieste, questa volta per radiotrasmettere
all’EIAR cori scelti e bitinade. Si fa
menzione del “bravo solista (tenore) Costantino Mauro (Maurovich),
bandaio.”
Il maestro C.Noliani direttore
del coro “ARUPINUM” di Trieste
(composto in prevalenza da coristi
esuli) ricorda le bitinade. Cito: “ a
Trieste - nel 1946 - (..) per la pura
gioia, anzi per una vera necessità di
cantare, essi (i cantori rovignesi) si
riunirono nei pubblici ritrovi ed intonavano le loro canzoni, le loro bitinade guidati dal semplice istinto,
senza che alcuno li dirigesse.” Questa è la bitinada, l’insieme di bravura, volontà, capacità, armonia e tradizione.
AFFINITÀ CON ALTRI CANTI ITALIANI Il prof. Roberto Starec, nel 1983, volle documentare per
studio alcuni aspetti del canto popolare rovignese (e istriano). Registrò
tra i tanti anche alcune bitinade. Ne
da notizia nel suo Album discografico. Nel commento all’ Album (1985,
p.10), l’autore riferisce sulle possibili somiglianze della bitinada con
altri canti consimili. Cito: “Forme
analoghe di polivocalità ritmica, con
imitazione più o meno evidenti di
strumenti, sono in uso in Italia in Liguria (soprattutto a Genova in modi
maggiormente sofisticati) e nel Piacentino (tralallero), in Toscana nel
Grossetano e sul Monte Amiata (bei)
e in Sardegna nella Barbagia (tenores). (...) e in Georgia sovietica”.
A differenza delle citate polivocalità ritmiche, per la bitinada
non esiste una regione di diffusio-
sica
Mercoledì, 28 dicembre 2011
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nto delle genti del microcosmo rovignese
dello spirito creativo di un popolo
ne. Essa è circoscritta alla sola città
di Rovigno. Già nel contado non la
sanno fare. Ma da dove ha origine
il termine?
ORIGINI ETIMOLOGICHE
DELLA “BITTINADA” Per primo ne parla Antonio Angelini nel
suo Repertorio delle Cronache di
Rovigno, manoscritto del 185862, edito per mano di G. Radossi
e A.Pauletich (1976-77) e precisamente:
”BITTINADA. Una volta quando i giovani del popolo avevano incontrata matrimoniale obbligazione
la festeggiavano con certo suono e
canto, intermezzato da qualche scarica d’arma da fuoco, che facevano
eseguire sotto le finestre delle loro
fidanzate, e ciò anche si praticava
nella ricorrenza di alcuni Santi eletti e protettori di diverse classi del
popolo alle case dei loro primari. I
quali suoni e canti corrispondevano
all’antico bagordare, chiamato da
noi con voce popolaresca bittinada.
Questa festosa usanza venne abbolita dalla Politica Autorità del
luogo da oltre 30 anni (Vedi racc.ta
Docum.ti).”
In ordine di tempo segue l’Ive.
(Ive Antonio, 1877). Nella sua raccolta Canti popolari istriani raccolti
a Rovigno, a p.3, canzone N.5, nel
capitolo Canti e serenate si legge:
Canto la bitinada e i’ nun te vido
Ti son in lieto e meî cripo de frido;
.........
a p.10, canto N.14 dello stesso
capitolo:
’Sta sira i’ ghe vuoi fa ‘na bitinada,
A la muru∫a del cumpagno
meîo;
.........
a p.254, tra i Canti satirici, nel
canto N.15 si dice:
.........
Nardo Bujolo ghe xi calumà,
Perchì che Cucalito aviva oûna
sor.
Li bitinade i ghe l’u’ fate fà,
I ghe l’u’ fate sunà de Mazarol.
............
Nella nota in calce alla canzone
di p.3, nota che specifica i vocaboli
particolari, si legge testualmente: “
Bitinada, mattinata, serenata.”
Nel Vocabolario del dialetto di
Rovigno d’istria di Antonio e Giovanni Pellizzer (1992), sotto la voce
bitinada leggiamo:
” s.f. - Tipica maniera di accompagnare uno o più solisti, imitando i
suoni dei vari strumenti con la bocca, caratteristica specifica dei rovignesi per cui vanno famosi. Probabilmente vale mattinata, serenata negli altri luoghi, adoperata anche come canto satirico. Nei riflessi
istriani si fusero insieme mattinata e
botonata.”
Si può quindi costatare che anticamente il termine bitinada, e mi
riferisco ai testi citati dall’Angelini
e dall’Ive, significava serenata eseguita probabilmente con strumenti musicali. Non trapelano dai testi se l’esecuzione coinvolgeva un
cantante solista o se c’erano anche
altri coristi. Certo è però che a memoria d’uomo, di persone provette
che hanno per tutta la vita coltivato il canto popolare, nate nei primi
anni del secolo, riferendosi ai ricordi dei loro nonni e prozii cantori,
hanno sempre affermato che già negli ultimi anni dell’800 la bitinada
era già quella che conosciamo e che
si è conservata fino a noi.
LA ANTICHE BITINADE
DELLA TRADIZIONE Di quanto affermo ne è certamente prova
il repertorio delle canzoni che allo-
ra venivano eseguite. Esse sono state tramandate fino ai giorni nostri:
le belle esecuzioni di Remator del
1870 (vedi trascrizione in allegato)
e Spunta il sole, ovvero i rifacimento rovignese dell’ Addio al garibaldino del 1860, canzonette gia tutte
pubblicate nella seconda metà del
XIX secolo (Barbini (1876). Alle
succitate, delle quali si sa il periodo di produzione, si affiancano pure
altre altrettanto pregevoli e arcaiche
tra le quali vanno menzionate El
cucù, L’eco, Il giardiniere, La Danimarchese, Santa lucia.
Accanto alle canzonette più antiche con testo rigorosamente in italiano letterario (più o meno storpiato, data la scarsità di preparazione
culturale dei cantori), con il 1900 si
fanno apprezzare pure i primi componimenti originali in dialetto rovignese. Li tabacheîne meglio nota
come Li ven soûn par li Casale è
del 1907 per mano del maestro Giuseppe Peitler su testo di Alvise Rismondo. Seguiranno Vien fiamita e
Li muriede ruvignise (Vignì sul mar
muriede) del maestro Carlo Fabretto, scritte negli anni ‘20/’30, aprendo quello che sarà poi un vero e
proprio filone di canzonette di autori rovignesi molte delle quali si presteranno ad essere accompagnate in
bitinada. A partire dagli anni ‘70 la
produzione riprende. Ricorderemo:
di Domenico-Mimi Garbin O bella Rovigno e L’alba del pascadur,
quest’ultima su testo di G.Curto, di
Piero Soffici El piso gira gruoso, parole di Matteo Benussi, e Vlado Benussi con Figarola, ∫ i bitinade. Vlado Benussi ha pure composto due
operette di carattere folcloristico rimaste sinora inedite, una anche premiata al Concorso “Istria Nobilissima”, nelle quali le bitinade, nuove
di zecca, non mancano di certo.
CONSERVARE IL CANTO
ROVIGNESE La bitinada è uno
dei simboli della tradizione rovignese e a curarne le caratteristiche e la
continuità ci pensa esclusivamente
la SAC “Marco Garbin”, che opera
in seno alla Comunità degli Italiani di Rovigno. In questo momento
il gruppo corale è guidato dal maestro Vlado Benussi. Dal 1965 in poi
sono stati incisi anche parecchi dischi, musicassette, CD, nonchè esistono riprese televisive di vari spettacoli di arte varia e documentari,
in sede e all’estero. Manca però un
approcio documentativo adeguato di tutto questo materiale prezioso che, spero, si possa completare in
un prossimo futuro.
Non esistono sinora complete trascrizioni di bitinade su spartito. Lo Starec (1985, p.21,es.11), è il
primo a tentarne una, ma non riporta che poche battute della parte del
solista con un un accenno alla parte
di “basso”. Non riporta traccia delle
altre voci, nè la canzone è completata fino alla fine.
Trascrivere su partitura una bitinada non è un’impresa semplice soprattutto perchè, come si è detto in
precedenza, ogni esecuzione si differenzia dalla precedente. Generare varianti, in genere, è tipico del
canto popolare. Nel nostro caso è la
bravura degli esecutori, le caratteristiche peculiari del solista che porta il canto, l’inventiva dei singoli
che, improvvisando, di volta in volta danno all’insieme delle sfumature
diverse, lo scambio dei ruoli, poiché
l’alto registro dei controccanti stanca e i cantori si alternano e si sostituiscono via via nei controccanti; è
questo che genera le varianti.
Difficile è poi descrivere a parole i vari suoni emessi dai canto-
ri. In tutte le frazioni comunque c’è
la tendenza ad imitare il suono degli
strumenti non solo in maniera tonale ma pure timbrica: I bassi faranno
VUN, arrotondando la VU, allungando la U e tenendo nasalmente la
N sfumandola fino al prossimo “pizzico di contrabbasso”; l’imitazione
delle tre note fondamentali dell’accordo della chitarra (anche nei rivolti dell’accordo a seconda della tonalità della canzone) si avvalgono di
un DAN-DAN per il tempo ternario
o di un DARARÀNDAN nel tempo
quadrato, sempre seguendo al VUN
del basso. Anche qui il DA è dentale quanto più “metallico” possibile
e la N finale, nasale, è leggermente
prolungata.
LE PARTICOLARI TECNICHE VOCALI-ESECUTIVE I
contraccanti, tintini, vengono eseguiti con voce di falsetto sul registro di soprano o mezzosoprano, a
seconda delle canzoni e delle capacità canore degli esecutori. Si imitano di solito il suono del mandolino o della mandola, su una corda
singola o per terze (ovviamente in
duetto), con un DIN unico, o ripetuto quanto necessita, e facendo vibrare la lingua tra i denti superiori e
il palato per ottenere il trillo ad imitazione dell’azione del plettro. Nei
tintini c’è pure un registro più bas-
so detto dai rovignesi baritono, che
si avvale di un BLUN o di un BULULÙN oppure da un secco susseguirsi di DAN più o meno sincopati
con la A che è quasi una O, sempre
dentali e metallici. Anche i tintini
possono essere sincopati. Talvolta
vengono imitati anche suoni “similoboe” o anche quelli della tromba o
del trombone, nonché l’arpa e ciò in
particolar modo nelle riprese tra una
strofa e l’altra, riprese volutamente prolungate proprio per mettere in
evidenza tutti i controcanti.
I “TINTINI” VIRTUOSI Per
realizzare le due trascrizioni che ho
allegato a titolo di esempio (e mi auguro che in futuro si possa fare una
raccolta completa), mi sono avvalso di due bitinade incise dal gruppo
corale della Società Artistico Culturale “Marco Garbin” di Rovigno
nel 1965 presso la Casa discografica “Jugoton” nell’album: La viecia
batana (1966). I coristi in quella occasione furono quindici, mentre la
voce solista quella di Liliana Budicin-Manestar. I tintini di maggior rilievo son quelli di Romano Chiurco (pompiere) che si destreggia nel
registro di soprano, Giacomo Quarantotto - Meto (pescatore) e di Cristoforo Sponza - Catalàn (agricoltore). Lo Sponza in quella occasione
ha pure guidato e istruito il gruppo.
Ho scelto questa incisione perché i
cantori sono molto affiatati e, la bitinada creata in quell’occasione, è
risultata armonicamente ben articolata. Da tener sempre presente che
la tracce melodiche dei tintini nello spartito sono da considerarsi solo
un esempio. Siccome Remator è articolato in tre strofe le riporto come
testo a parte:
REMATOR
Brilla il ciel, tranquilla è l’onda
suona l’ora dell’amor,
deh mi porti all’altra sponda
giovanetto remator.
Deh mi porti all’altra sponda,
giovanetto, giovanetto.
Deh mi porti all’altra sponda,
giovanetto remator.
Remator la barca è pronta
se tu vuoi venir a vogar,
vogheremo al’’altra sponda
giovanetto remator.
Vogheremo all’altra sponda, giovanetto, giovanetto.
vogheremo all’altra sponda, giovanetto remator.
I tuoi sguardi con i miei
si incontran con amor,
che dolcissimi momenti
giovanetto remator.
Che dolcissimi momenti, giovanetto, giovanetto.
Che dolcissimi momenti, giovanetto remator.
6 musica
Mercoledì, 28 dicembre 2011
SULLE ALI DELLA FELIX AUSTRIA La complessa metamorfosi di «An der schönen bl
Le straordinarie vicissitudini del
A cura di Helena Labus Bačić
È
riconosciuto mondialmente
come il più celebre valzer
e uno fra i più famosi brani
di musica classica di tutti i tempi.
Parliamo di “An der schönen blauen Donau“ (Sul bel Danubio blu)
op. 314, di Johann Strauss figlio,
la cui storia si rivela piuttosto interessante.
QUATTRO VALZER PER
CORO Agli inizi del mese di luglio del 1865, Johann Strauss, appena tornato a Vienna dopo un periodo di riposo in cui si era sottoposto a delle cure termali, ricevette
una lettera da parte del prestigioso Wiener Männergesang-Verein
(Associazione corale maschile di
Vienna) che lo invitava a partecipare alla loro Sommer-Liedertafel (Festival estivo di canto) in
del suo primo valzer corale, che
sarebbe poi diventato celebre in
tutto il mondo con il titolo di “Sul
bel Danubio blu“.
...E UNA FRETTOLOSA INTRODUZIONE STRUMENTALE La sconfitta militare dell’Austria da parte delle forze prussiane a Königgrätz (oggi Sadowa) il
3 luglio 1866, gettarono nella disperazione tutti i settori dell’Impero asburgico, e ciò mise in dubbio anche i festeggiamenti del carnevale del 1867. In considerazione dello stato d’animo prevalente,
l’Associazione corale maschile di
Vienna decise di sostituire l’annuale Sommer-Liedertafel con un
programma serale più tranquillo. Strauss, in gran fretta, cominciò ad adattare gli schizzi del suo
La prima esecuzione fu affidata ai
130 componenti dell’Associazione
corale maschile di Vienna diretti
dal loro maestro Rudolf Weinwurm,
e accompagnati dall’orchestra del
42.esimo Reggimento di Fanteria
del re Giorgio V di Hannover,
temporaneamente di stanza a Vienna
programma per il 17 luglio, chiedendogli di comporre per l’occasione un nuovo valzer. A distanza
di diciotto anni da quando aveva
scritto il suo primo valzer dedicato
all’associazione, “Sängerfahrten“
op. 41, Strauss fu tuttavia costretto a rifiutare la proposta. Il compositore diede la motivazione del suo
rifiuto in una lettera, nella quale
promise di comporre un valzer per
l’estate seguente.
Questa promessa, tuttavia, non
venne mantenuta nemmeno per
il 1866; ma, in ogni caso, durante l’estate e l’autunno di quell’anno, dietro le insistenti sollecitazione da parte dell’Associazione,
Strauss cominciò la composizione
valzer in tempo per poter essere
presentato all’inaugurazione del
Faschings-Liedertafel (Festival di
Carnevale di canto), originariamente previsto per il 10 febbraio 1867 nella Dianabad-Saal, ma
successivamente rimandato al 15
febbraio.
Inizialmente l’associazione ricevette un accompagnamento per
coro formato da quattro sezioni di valzer, senza introduzione e
con una breve coda (tale versione
andò in stampa nel gennaio 1867),
e poco dopo Strauss presentò un
accompagnamento completo per
pianoforte scritto frettolosamente e recante le scuse dell’autore:
“Chiedo scusa per la grafia di-
Frontespizio della prima edizione di “An der schönen blauen Donau“
sordinata, ma sono stato costretto
a finirlo in pochi minuti. Johann
Strauss.“
LE ORIGINI DEL TITOLO
Il poeta ufficiale dell’associazione
corale, Josef Weyl (1821-1895), di
professione funzionario di polizia
e amico d’infanzia del compositore, ebbe il compito di scrivere un
testo, a tratti spiritoso, a tratti satirico e ironico, da accompagnare ai
quattro valzer e alla coda, che fosse in grado di esortare i contadini,
i finanzieri, i costruttori, i proprietari terrieri, gli artisti e i politici a
tornare a ballare durante i festeggiamenti del carnevale, nonostante la gravità della situazione politica che l’Impero e tutti gli strati
della società stavano vivendo in
quel momento. Weyl aveva già
completato il suo compito quando Strauss presentò una quinta sezione valzer, che obbligò il poeta a
modificare il testo del quarto valzer e aggiungere un testo riveduto
alla coda.
Le prove iniziarono a metà
gennaio, ma alla fine del mese non
era stato ancora trovato un nome
adatto per il valzer. Il titolo “An
der schönen blauen Donau“ venne scelto estrapolandolo da una
delle poesie malinconiche della
raccolta Stille Lieder (Canti tranquilli) di Carl Isidor Beck (18171879), „An der Donau“. In tale lavoro era contenuta anche la frase
“An der schönen, blauen Donau
liegt mein Dorfchen...“ che venne
appunto scelta come titolo ma, tuttavia, non si è certi chi abbia scel-
LA PRIMA ESECUZIONE
to di attribuire tale titolo al valzer
di Strauss; infatti nel testo di Weyl CORALE E ORCHESTRALE
non vi è alcun riferimento al Da- Soltanto poco prima della prima
rappresentazione si decise di arnubio.
ricchire il nuovo valzer con un
accompagnamento orchestrale, e
Strauss vi aggiunse la celebre introduzione con il tremolio dei violini, oggi nota in tutto il mondo.
Poiché al momento della prima
esecuzione il compositore e l’orchestra Strauss si sarebbero già
dovuti esibire alla Corte Imperiale,
i circa 130 componenti della Associazione corale maschile di Vienna vennero diretti dal loro maestro
di coro Rudolf Weinwurm, e vennero accompagnati dall’orchestra
del 42.esimo Reggimento di Fanteria del re Giorgio V di Hannover, temporaneamente di stanza a
Vienna.
Nonostante l’eccessiva durata
della serata (5 ore nel caldo soffocante, con due file di signore sedute sulle sedie e oltre 1.200 spettatori di sesso maschile in piedi dietro
di loro), “Sul bel Danubio blu“ (sesto punto di nove nel programma)
venne applaudito ripetutamente
Monumento viennese a Strauss
“An der schönen blauen Donau“ nell’autografo di Strauss
musica 7
Mercoledì, 28 dicembre 2011
auen Donau» del geniale Johann Strauss tra commissioni, accidenti e casi fortuiti
valzer più famoso del mondo
«Sul bel Danubio blu» ebbe la sua
consacrazione a livello internazionale,
all’ Esposizione Internazionale di Parigi
con grande entusiasmo del pubblico. Anche se il recensore del „Die
Debatte und Wiener“ Lloyd affermò che “...Solo il testo di Weyl ha
lasciato molto a desiderare“.
Il critico del “Fremden Blatt“
osservò che “Il valzer è stato davvero splendido, pieno di melodie
che scorrevano dalle labbra dei
cantanti come un ruscello di acqua sorgiva e dalle cui onde ritmicamente scorre la melodia che ha
magicamente aggiunto colore al
divertente testo. La composizione
è stata accolta con gioia“. Il recensore per la „Die Presse“, fece eco
al collega, aggiungendo profeticamente: “Questo valzer di charme,
con i suoi ritmi orecchiabili, entrerà presto a far parte della produzione delle danze più popolari
del compositore, e di fatto è stato il migliore pezzo di tutto il carnevale“.
STRAORDINARIO SUCCESSO CON I TRE FRATELLI STRAUSS I viennesi poterono ascoltare la versione orchestrale del valzer (completa di in-
troduzione e coda), domenica 10
marzo 1867 nel Volksgarten al tradizionale concerto dell’orchestra
Strauss, quell’anno straordinariamente sotto la direzione congiunta
di tutti e tre i fratelli, in occasione
del carnevale. Johann stesso condusse il suo lavoro, (terzo punto
su un programma di 24 brani composti per le celebrazioni del carnevale dai tre fratelli) che venne accolto da un tripudio di applausi. Il
successo fu strepitoso.
Nel 1867, in seguito a un invito del mecenate parigino Comte
d’Osmond, Strauss si recò a Parigi per dirigere alcuni concerti in
occasione dell’Esposizione Universale, dirigendo l’orchestra berlinese del compositore di musica
da ballo Benjamin Bilse. Durante uno della serie di concerti nella
capitale francese, Johann ripropose “Sul bel Danubio blu” che ebbe
lì la sua consacrazione a livello
internazionale, ricevendo un’accoglienza trionfale.
IN AMERICA CON UN’ORCHESTRA DI MILLE MUSI-
CISTI Cinque anni dopo, Strauss
si imbarcò per una tournée negli
Stati Uniti e tenne una serie di
colossali concerti a Boston, per
i quali gli venne offerta la somma, astronomica per l’epoca, di
100mila dollari. Assieme a cento direttori d’orchestra assistenti,
diresse un’orchestra di mille elementi e “Sul bel Danubio blu” fu
eseguito dinanzi a 100mila persone. Fu un concerto perfetto e il
grande successo dello spettacolo
gli portò nuove offerte strabilianti e la proposta di girare gli Stati Uniti in una tournée, che però
rifiutò. Strauss fu molto sorpreso
dall’enorme successo del valzer
che egli considerava nient’altro
che un brano adatto soltanto per
“riempire il programma”.
Il lavoro fu talmente famoso
che alcuni anni più tardi, il compositore Johannes Brahms, grande amico e ammiratore di Strauss,
sotto alcune note del valzer mise
una sua firma scrivendo “Sfortunatamente non di Johannes
Brahms“.
In seguito, un nuovo testo venne scritto nel 1890 da Franz von
Gernerth (1821-1900), con le parole “Donau so blau... (Danubio
così blu...)“. Il valzer “Sul bel
Danubio blu“ viene eseguito ogni
anno, come secondo fuori programma, durante il Concerto di
Capodanno dei Wiener Philharmoniker.
L’ Orchestra Strauss
Francobollo austriaco dedicato al centenario del “An der schönen
blauen Donau“
8 musica
Mercoledì, 28 dicembre 2011
Panoramica della Hofburg
GIRO GIRO TONDO QUANTO SUONA IL MONDO Eventi alla Hofburg
San Silvestro e Capodanno alla Corte di Vienna
I
l concerto di San Silvestro della Wiener Hofburg Orchester
si svolge sempre il 31 dicembre nella Redoutensaal dell’Hofburg di Vienna (il Palazzo imperiale di Vienna).Il programma è
composto dalle melodie più famose dei valzer e delle operette di Johann Strauss, Emmerich Kalman,
Franz Lehár e arie e duetti da opere di Wolfgang Amadeus Mozart.
L’ orchestra, composta da 52
musicisti e sei cantanti solisti internazionali da tutte le più importanti orchestre di Vienna sotto la
direzione musicale di Gert Hofbauer vi offre un cambio d’anno
indimenticabile al ritmo di melodie da “Le Nozze di Figaro”, “Il
flauto magico” e di operette come
“Il pipistrello”e “La vedova allegra”.
IL CONCERTO DI CAPODANNO DELLA WIENER
HOFBURG ORCHESTER Tutti gli anni il primo gennaio, la
Wiener Hofburg Orchester celebra l’Anno Nuovo con i suoi ospiti
nella sala delle feste e nella Redoutensaal dell’Hofburg, decorate di
fiori per l’occasione.
Vengono eseguiti i valzer e i
brani d’operetta più amati di Johann Strauss, Emmerich Kalman,
Franz Lehár e arie e duetti da opere di Wolfgang Amadeus Mozart.
VIENNA,
CAPITALE
MONDIALE DELLA MUSICA
Vienna è conosciuta come capitale mondiale della musica. Specialmente la musica della dinastia
Strauss, e in particolare il valzer
viennese, ha segnato ed incantato
Vienna a partire dal XIX secolo.
Nel 1971 i migliori musicisti
di tutte le più importanti orchestre
di Vienna si sono riuniti fondando
la Wiener Hofburg Orchester sotto la direzione di Gert Hofbauer.
L’obiettivo che si sono posti
è quello di conservare la musica
del valzer e dell’operetta viennesi
e farla conoscere a tutto il mondo.
L’orchestra è diventata famosa
grazie a produzioni radiofoniche
e televisive nazionali e straniere,
concerti sinfonici internazionali e
registrazioni.
Tiene concerti nelle fastose
sale dell’ Hofburg di Vienna così
come al Konzerthaus o al Musi-
La Grande Redoutensaal
La Wiener Hofburg Orchester
kverein. I concerti cominciano
sempre alle ore 20.30.
LA REDOUTENSAAL Nelle “Redoutensälen”, costruite come
sale delle feste a partire dal 1705 sotto il regno dell’imperatore Giuseppe
I, si eseguivano pompose opere barocche. L’imperatrice Maria Teresa fece modificare questa parte della Hofburg nel 1748 da Jean Nicolas Jadot. In queste sale, dove venivano organizzati numerosi concerti
e”Redouten” (balli in maschera), si
tenne anche il banchetto di nozze di
Giuseppe II con Isabella di Parma.
L’Ottava sinfonia di Ludwig
van Beethoven e la Sinfonia n. 8, in
si minore “L’incompiuta” di Franz
Schubert furono eseguite per la prima volta in queste splendide sale, i
compositori Josef Strauss e Franz
Liszt vi diressero concerti. Vi furono rappresentate anche una serie di
piccole opere mozartiane.
Il lunedì di carnevale del 3 marzo 1783 si celebrò un ballo in ma-
schera pubblico nella Redoutensaal di Vienna, durante la pausa Mozart eseguì la sua “Masquerade”,
una pantomima con musica ideata
da lui stesso.
In occasione delle nozze tra
Francesco e Maria Teresa, celebrate nel 1790 nella Redoutensaal di
Vienna Antonio Salieri compose la
musica da tavola.
Il 29 marzo 1828 il famoso violinista Niccolo Paganini diede un
concerto nella Grande Redoutensaal. Le massime autorità, l’imperatrice, l’arciduca Carlo e l’arciduchessa Sofia, onorararono questo
famoso “eroe del violino”.
Il 28 marzo 1842 Otto Nicolai diresse nella Grande Redoutensaal della Hofburg di Vienna
un “Gran Concerto”, che fu eseguito dal “Personale dell’Orchestra del Teatro della Corte imperiale e reale “. Questa “Accademia filarmonica”, così il titolo originale, si ritiene a ragione
l’ora della nascita dei Wiener
Philharmoniker.
Dopo l’incendio del 1992 i locali
sono stati restaurati, in parte seguendo fedelmente l’originale, ed in parte seguendo canoni contemporanei,
dotandoli quindi di un’infrastruttura
tecnica moderna adatta ai congressi.
Sono stati riaperti nel 1998.
La grande Redoutensaal è stata decorata dal pittore Josef Mikl,
che con Wolfgang Hollegha e
Markus Prachensky negli anni ’50
era stato un esponente dell’avanguardia austriaca sviluppando la
pittura del realismo astratto. Sulle
pitture murali della grande Redoutensaal Mikl ha dipinto scene ispirate ai suoi autori preferiti: Elias
Canetti, Johann Nestroy e Ferdinand Raimund. Nella grande pittura di 404 mq del tetto Mikl ha
immortalato, scrivendole a mano
e non visibili ai visitatori, 34 strofe del poema “Giovinezza” di Karl
Kraus.
Anno VII / n. 54 del 28 dicembre 2011
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina
IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina
La storica Redoutensaal
Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat
edizione: MUSICA [email protected]
Redattore esecutivo: Patrizia Venucci Merdžo / Impaginazione: Denis Host-Silvani
Collaboratori: Libero Benussi, Viviana Car, Patrizia Chiepolo Mihočić ed Helena Labus Bačić
Foto: Graziella Tatalović
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