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Rovereto: la filanda Bettini, oggi restaurata.
La foto Gellindosa
Rovereto, Vallagarina
Il Leone di San Marco
e l’epopea della seta
La coltura della pianta di gelso, le cui foglie nutrono
il baco da seta, si diffonde in Trentino e inizialmente
in Val Lagarina nel XV secolo, sotto il dominio della
Serenissima Repubblica di Venezia. Si racconta,
infatti, che portava fortuna iniziare ogni anni l’allevamento dei bachi da seta, chiamati cavaléri, il 25
aprile, giorno dedicato a San Marco (patrono di Venezia), mentre i frati andavano a benedire le case e
con esse i bachi! Recita così un proverbio: Chi vol na
bona galéta (il bozzolo) da san Marc la meta (chi vuole
un buon bozzolo deve cominciare ad allevarlo da San
Marco). Poi, al momento della filatura dei bozzoli, si
sarebbe ringraziato San Giobbe, protettore appunto
dei bachi da seta. La produzione del filo di seta, a
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di SILVIA
VERNACCINI
Rovereto, rimane oggi documentata in alcuni spazi
del Museo Civico e nei pannelli illustrativi di antiche
filande e filatoi situati in vari punti del centro storico. Nel Settecento a Rovereto si contavano ben 30
filatoi, distribuiti principalmente lungo tre canali che
prendevano l’acqua dal Torrente Leno, oggi in gran
parte intubati: la Róza grande, che si ricongiungeva
con la Róza picola e la Róza Paiari. L’energia idraulica,
fino all’Ottocento quando poi tutta l’economia muta,
serviva ad alimentare ciminiere e camini per le
caldaie, e ancora tintorie e fabbriche per la tessitura.
Ma Rovereto conserva in molti suoi angoli anche il
ricordo veneziano, come questa Porta San Marco
con il leone alato.
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