Cap. 2 – ELEMENTI DI MECCATRONICA

Cap. 2 – ELEMENTI DI MECCATRONICA
2.1
2.2
2.3
2.4
La meccatronica
Componenti di un azionamento elettromeccanico
Accoppiamento motore-carico
Regolazione di un azionamento
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2.1 - la meccatronica
La meccatronica non è una disciplina ben definita e quindi
separata dal resto dell’ingegneria, ma è una materia che si integra
con il processo di progettazione.
Nasce dalla combinazione di tre discipline fondamentali:
INGEGNERIA MECCANICA
INGEGNERIA ELETTRONICA
INGEGNERIA INFORMATICA
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L’approccio meccatronico
SEMPLIFICAZIONE: Un sistema meccanico complesso può
essere semplificato adottando un approccio meccatronico: il
controllo del moto non è più ottenuto con meccanismi ma
con microprocessore e attuatori
MIGLIORAMENTO: un sistema che combini adeguatamente
il progetto meccanico con un controllo ad anello chiuso offre
prestazioni più alte e maggiore flessibilità
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Esempi di passaggio da approccio
tradizionale ad approccio meccatronico
Macchina per scrivere meccanica
PC + stampante +
software di word
processing
Fig. 1
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Esempi di passaggio da approccio
tradizionale ad approccio meccatronico
Macchina fotografica reflex meccanica
funzionalità basate su meccanismi
Fig. 2
Macchina fotografica reflex moderna
funzionalità basate su meccanismi, motori
elettrici e circuiti elettronici
autofocus
controllo automatico di esposizione e diaframmi
altre funzionalità
Fig. 3
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Esempi di passaggio da approccio
tradizionale ad approccio meccatronico
Macchina fotografica digitale
passaggio diretto al formato digitale
maggiore economia (eliminazione della pellicola)
controllo immediato del risultato
Fig. 4
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Esempi di passaggio da approccio
tradizionale ad approccio meccatronico
Fabbrica tradizionale
Fig. 6
Fig. 5
Cella di produzione flessibile
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2.2 – Componenti di un azionamento
elettromeccanico
Fig. 7
• motore elettrico
• convertitore: posto fra la rete ed il motore elettrico, è costituito da:
– adattatore delle grandezze elettriche (un trasformatore se la tensione
richiesta dal motore differisce da quella di rete e/o un raddrizzatore se il
motore funziona in corrente continua)
– converititore statico (spesso impropriamente detto azionamento), che
converte le caratteristiche elettriche a quelle richieste per regolare
posizione, velocità o coppia del motore; comprende due sezioni:
– sezione di comando: sempre più diffusamente a microprocessore;
calcola come modulare tensione e corrente per far muovere il motore
come richiesto
– sezione di potenza: eroga effettivamente tensione e corrente
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• controllore: dispositivo a microprocessore che gestisce la legge di
moto di una macchina, inviando riferimenti di posizione, velocità o
coppia alle sezioni di comando dei convertitori statici; può essere
assente, se il moto è comandato dal microprocessore
dell’azionamento; di solito il controllore è unico per la macchina,
mentre esiste un convertitore statico separato per ogni azionamento;
il convertitore può ricevere informazioni sullo stato del motore dai
dispositivi di retroazione; i controllori per applicazioni complesse (ad
es: robot) sono detti CN o CNC (Computer Numeric Control), quelli
per applicazioni semplici sono detti PLC (Programmable Logic
Circuit).
• trasmissione: generalmente il motore è collegato al carico tramite
alcuni dei seguenti organi meccanici:
–adattatore meccanico di velocità, spesso un riduttore, in quanto le velocità ottimali dei
motori (generalmente 1000-6000 giri/min) sono di solito superiori a quelle utili del carico
–organo di trasformazione del moto: quasi sempre il motore elettrico è rotante, anche se
esistono motori elettrici lineari; per produrre moto lineare si può usare una coppia
vite/madrevite o una coppia pignone/cremagliera; oppure, per produrre moto vario, si
possono usare camme o sistemi articolati
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• trasduttori: per pilotare un motore possono essere utilizzati uno o
più trasduttori per rilevare posizione, velocità e/o coppia
trasmessa dal motore; i segnali dei trasduttori vengono inviati al
controllore e/o al convertitore
• altri dispositivi: innesti, freni meccanici, dispositivi di protezione
(per limitare sovracorrenti o temperature eccessive)
Fig. 8
Esempio: robot a cinematica
parallela a tre gradi di libertà,
prototipo progettato e realizzato
presso il DIMEC
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Fig. 9
tre motori brushless, accoppiati senza riduttore a sistemi articolati biellamanovella, muovono il robot
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Fig. 10
nell’armadio elettrico, tre azionamenti digitali comandano
separatamente ogni motore
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nell’armadio
elettrico, oltre agli
azionamenti, al
trasformatore e ad
altri dispositivi
ausiliari (cablaggi,
dispositivi di
sicurezza) è posto
il controllore,
dotato di
microprocessore,
che viene
programmato a
robot fermo per
via seriale da un
PC esterno
Fig. 11
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2.3 – Accoppiamento motore-carico
Curva caratteristica del motore: ogni motore è caratterizzato da una
curva sul piano velocità angolare-coppia; se esiste una variabile di
comando che è regolata dal convertitore, anziché una sola curva ne
esistono infinite (una sola fissata la variabile di comando); ad es., in
figura è riportata la variazione delle curve caratteristiche per:
- un motore asincrono regolato in frequenza (a)
- un motore a corrente continua regolato in tensione (b)
b
a
Fig. 12
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Funzionamento da motore, da freno o da generatore: la potenza
del motore è il prodotto di coppia e velocità angolare ( Wm=Cmωm )
- se la potenza è positiva (1° e 3° quadrante) si ha funzionamento da
motore (il motore eroga potenza)
- se è negativa (2° e 4° quadrante) si ha funzionamento da freno (il
motore assorbe potenza)
Nel secondo caso, se la
potenza è dissipata in
calore (frenatura
dissipativa) il motore è un
freno propriamente detto;
se invece la macchina
elettrica e il convertitore
sono reversibili e
recuperano energia
inviandola alla rete
(frenatura rigenerativa) il
motore funziona da
generatore
Fig. 13
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Curva caratteristica del carico: anche il carico può essere
caratterizzato da una curva sul piano velocità angolare-coppia, ma si
utilizza una convenzione sui segni opposta a quella adottata per il
motore; pertanto:
- nel 1° e 3° quadrante il carico è resistente (passivo)
- nel 2° e 4° quadrante il carico è motore (attivo)
Fig. 15
Fig. 14
funzionamento del
carico nei 4 quadranti
carico puramente passivo (a) o non
completamente passivo (b)
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Accoppiamento motore-carico diretto: se il carico è collegato
direttamente al motore (presa diretta) le velocità coincidono (ωm=ωr)
e, a regime, anche le coppie coincidono (Cm=Cr); il punto di
funzionamento è pertanto l’intersezione delle curve caratteristiche
(punto P).
In transitorio invece:
motore
carico
Cm − Cr = ( J m + J r )
dω
dt
Fig. 16
e, se Cm>Cr, il motore
tende ad accelerare
fino al punto P con
accelerazione:
d ω Cm − Cr
=
dt
Jm + Jr
Fig. 17
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Accoppiamento motore-carico con riduttore: solitamente un
motore elettrico può fornire coppia inferiore a quella richiesta dal
carico, ma può ruotare ad una velocità superiore; non è quindi
opportuno l’accoppiamento diretto ma è meglio interporre un riduttore
di giri; si introduce il rapporto di trasmissione:
τ=
ωr
<1
ωm
Nel caso di riduttore ideale, senza perdita di potenza:
Cmω m = Cr ω r
pertanto:
motore
riduttore
Cm = τ Cr
carico
Fig. 18
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Se si riconduce il carico all’albero motore, bisogna introdurre un
carico fittizio caratterizzato da:
- velocità ωm;
- stessa energia cinetica:
1
1
J r′ω m2 = J r ω r2 ⇒ J r′ = τ 2 J r
2
2
Pertanto l’equazione di equilibrio
dinamico ridotta all’albero motore è:
motore
riduttore
carico
dω
Cm − Cr′ = ( J m + J r′ ) m
dt
ovvero:
dω
Cm − τ Cr = ( J m + τ J r ) m
dt
motore
carico fittizio
2
Fig. 19
L’inerzia equivalente è ridotta del quadrato del rapporto di
trasmissione; nel transitorio diventa pertanto significativa l’inerzia del
rotore del motore, anche se in termini assoluti è piccola rispetto a
quella del carico.
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Stabilità del funzionamento a regime: il punto di funzionamento a
regime può essere stabile o instabile:
• i carichi 1 e 3 hanno un unico punto di funzionamento stabile: se la
velocità tende ad aumentare, la coppia resistente diventa maggiore della
coppia motrice e questo contrasta l’aumento della velocità; viceversa se la
velocità tende a diminuire
• il carico 2 ha due possibili condizioni
di funzionamento a regime,
rappresentate dai punti A e B di
intersezione delle curve
caratteristiche; A è un punto stabile; B
è instabile: se la velocità tende ad
aumentare o diminuire la differenza
delle coppie tende ad allontanare la
velocità dal valore di regime
• il motore si può avviare con i carichi
1 e 3 (Cm>Cr per ω = 0); con il carico
2 è necessario un dispositivo ausiliario
Fig. 20
per l’avviamento
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Transitorio e tempo di avviamento: consideriamo le curve
caratteristiche rappresentate in figura 21 (motore asincrono direttamente
collegato alla rete che muove una pompa centrifuga); quando il motore
viene acceso, impiega un certo tempo per raggiungere la velocità di regime;
la velocità di regime è data dalla somma:
ω = ∆ω1 + ∆ω 2 + ∆ω3 + ∆ω 4
Linearizzando per ogni intervallo in
cui le coppie variano poco si può
calcolare l’intervallo di tempo ∆Τi
necessario per ottenere la
variazione di velocità ∆ωi :
∆ωi Cmi − Cri
J + Jr
⇒ ∆Ti ∆ωi m
∆Ti
Jm + Jr
Cmi − Cri
Pertanto il tempo di avviamento è:
tavv ( J m + J r ) ∑
∆ω i
Cmi − Cri
Fig. 21
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2.4 – Regolazione di un azionamento
• la condizione di funzionamento a regime, la stabilità ed il tempo di
avviamento possono essere analizzati mediante le sole curve
caratteristiche esclusivamente nel caso in cui il motore abbia una
sola curva caratteristica (ad es: motore asincrono senza variatore
elettronico di frequenza)
• i convertitori più sofisticati sono però in grado di regolare il
funzionamento del motore cambiando la curva caratteristica (vedi
figura 12)
• in questo caso posizione e velocità del motore sono regolate dal
sistema di controllo; la stabilità del funzionamento a regime ed il
tempo di avviamento non dipendono solo dal carico ma anche dai
parametri del sistema di controllo
• si può controllare:
– la velocità angolare
– la posizione angolare
– la coppia (controllo più sofisticato, meno usuale)
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Comando in velocità ad anello aperto:
• il riferimento di velocità generato dalla parte di comando
elettronica (spesso un segnale in tensione 0 ÷ 10V, 0V indica
motore fermo, 10V indica velocità massima) è inviato al
convertitore (variatore) che alimenta opportunamente il motore
• la velocità effettiva non è misurata (anello aperto)
• un comando in velocità è spesso usato come componente per
realizzare un controllo di posizione
Fig. 22
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Comando in velocità ad anello chiuso:
• il controllore invia il riferimento di velocità al convertitore (variatore)
• il controllore e/o il variatore in base alla velocità effettiva del motore
riducono l’errore di velocità del motore
• il misuratore di velocità è spesso una dinamo (generatrice)
tachimetrica
• l’anello di velocità è di solito gestito dal solo variatore mediante un
controllo PID (proporzionale-integrale-derivativo)
• a volte il controllore interviene con una azione supplementare
Fig. 23
Corso di Meccanica Applicata alle Macchine 2 (SV) A.A. 2004/2005 - cap. 2 - pag. 24
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Comando in posizione ad anello aperto (figura 24):
• di solito solo con motori passo-passo (step motors), che effettuano
una rotazione angolare fissa, determinata dalle caratteristiche
costruttive del motore, per ogni impulso di comando
• in generale, se non si ha una retroazione di posizione, l’errore di
velocità porta ad accumulare nel tempo un errore di posizione che
diventa prima o poi inaccettabile
Comando in posizione ad anello chiuso (figura 25):
• un controllore, sulla base del confronto tra posizione di riferimento
e posizione misurata dal trasduttore, calcola la velocità di riferimento
(generalmente con logica PID) (anello di posizione)
• internamente all’anello di posizione, l’anello di velocità impone la
velocità di riferimento (generalmente con logica PID) (anello di
velocità)
• il tipo di comando interno all’anello di velocità dipende dal tipo di
motore elettrico; per motori a corrente continua (brushless o a
spazzole) esiste un terzo anello interno, che regola la corrente
(generalmente con logica PID) (anello di corrente)
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Fig. 24
Fig. 25
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Appendice: regolazione con retroazione di un
sistema SISO
Fig. 26
• sistema SISO: Single Input (u) - Single Output (y)
• in teoria, conoscendo il legame tra ingresso ed uscita di un
sistema, si potrebbe controllare l’uscita senza retroazione (anello
aperto)
• in pratica, il modello è imperfetto; inoltre esistono disturbi esterni
• tuttavia, si può misurare l’uscita con precisione e adottare un
regolatore, ovvero un dispositivo che sulla base dei valori effettivo
(y) e desiderato (y0) determina il valore da assegnare all’ingresso u
per ridurre l’errore e = y0 - y
Corso di Meccanica Applicata alle Macchine 2 (SV) A.A. 2004/2005 - cap. 2 - pag. 27
Appendice: regolazione con retroazione di un
sistema SISO con logica PID
Fig. 27
• u è la somma di tre termini proporzionali all’errore, al suo integrale
t
e alla sua derivata:
de
u = k P e + k I ∫ e(v)dv + k D
dt
• il termine proporzionale fornisce una azione tanto più forte quanto
più l’errore è grande
• l’azione derivativa osserva se l’errore sta crescendo o diminuendo,
cercando di “smorzare” il comportamento del sistema retroazionato
• l’azione integrale corregge errori piccoli che si mantengono nel
tempo, dovuti a disturbi costanti
0
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• casi particolari: regolatori PD (kI = 0), PI (kD = 0), P (kI = 0, kD = 0)
• il regolatore PD si può pensare in termini fisici come un sistema
molla-smorzatore (se il sistema è inerziale o perlomeno simile)
• un sistema massa-molla-smorzatore è infatti caratterizzato dalla
stessa equazione differenziale del moto di un sistema costituito da
una massa soggetta ad una forza determinata da un regolatore PD
(kP equivale alla rigidezza, kD allo smorzamento e y0 alla posizione a
molla indeformata)
• pertanto si può ragionare spesso in termini di sottosmorzamento o
sovrasmorzamento
• criterio generale: un regolatore ben tarato fa comportare il sistema
in maniera simile ad un sistema massa-molla-smorzatore con buon
compromesso tra overshoot limitato e tempo di risposta contenuto
(corrispondente ad un coefficiente di smorzamento 0,7 circa); per
certi sistemi l’overshoot è inaccettabile, e lo si deve eliminare a
scapito del tempo di risposta
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