NOVECENTO INQUIETO TESTI E STUDI Direttori Arnaldo B Università degli Studi di Firenze Simone C Università degli Studi di Perugia Comitato scientifico Alberto C Università degli Studi di Pisa Andrea F Université la Sorbonne–Paris Giulio F Sapienza – Università di Roma NOVECENTO INQUIETO TESTI E STUDI «Tendono alla chiarità le cose oscure» La responsabilità di misurarsi con l’inaugurazione di una Collana di studi e testi dedicata al Novecento deve considerare subito la complessità della cultura coinvolta. Non si andrà lontani dal vero ravvisando nelle scoperte di Bergson, Freud e Einstein, concentrate nel debutto del secolo trascorso, l’inizio di una vicenda inedita che disegna una linea di faglia rispetto all’Ottocento. Ne deriva la necessità di allargare il fuoco dell’attenzione a contributi che non ricalchino sentieri già battuti, a norma di una prospettiva intesa a smuovere e rimuovere analisi insufficienti, nell’ottica di una rilettura di quanto risulti ancora oscuro o impreciso. Sotto il rispetto tematico e della varietà delle proposte, l’apertura di credito di «Novecento inquieto» sarà necessariamente a vasto raggio. Se la letteratura sembrerà l’ambito privilegiato, lo sarà solo perché nella disciplina possono convergere tutte le esperienze e tutti i saperi: perciò tutte le esperienze e tutti i saperi che condividono la stessa feconda inquietudine troveranno qui uno spazio senza preconcetti di genere. Stefano Redaelli è autore dell’Introduzione, del Capitolo II ed è coautore delle Conclusioni. Klaus Colanero è autore del Capitolo I ed è coautore delle Conclusioni. Il volume è stato pubblicato con il contributo di: “Centro Nazionale delle Scienze della Polonia, attraverso il Grant nr DEC//D/HS/”. Il volume è stato sottoposto a referaggio. Stefano Redaelli Klaus Colanero Le due culture Due approcci oltre la dicotomia Aracne editrice www.aracneeditrice.it [email protected] Copyright © MMXVI Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale www.gioacchinoonoratieditore.it [email protected] via Sotto le mura, Canterano (RM) () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: novembre Indice Introduzione Una, due, molte culture?, – La Terza Cultura, – A quattro mani, – Due approcci al problema, . Capitolo I Quattro atteggiamenti culturali .. Oltre le due culture: come identificare l’atteggiamento di un autore nei riguardi della scienza e della letteratura, – ... L’analisi di Preti, – ... Quattro diversi atteggiamenti nei riguardi dell’attività scientifica e dell’attività letteraria, – ... Aspetti rivelatori, – ... Vantaggi dell’analisi dei quattro atteggiamenti, – .. Levi e Calvino: facce diverse di diverse medaglie, – ... Temi rilevanti, – ... Conoscenza, – ... Interazione tra conoscenza e valori, – ... Facce diverse di diverse medaglie, – .. Il caso Gadda, – ... Conoscenza, – ... Sul metodo, – ... Interazione tra conoscenza e valori, – ... Natura dell’uomo: frammento consapevole della Natura, o elemento esterno in interazione con essa?, – ... Due diverse anime di Gadda, . Capitolo II Quattro costumi di frontiera .. Transiti, alleanze, – ... Linguaggi, – ... Metafore e modelli, – .. Sconfinamenti, conflitti, – ... Conflitti esteriori, – ... Conflitti interiori, . Conclusioni Bibliografia Indice analitico Introduzione S R Una, due, molte culture? Il problema delle ‘due culture’, della diversità e lontananza tra cultura letterario–umanistica e scientifico–tecnica non solo è rimasto aperto — dalla polemica sollevata da Snow negli anni Sessanta ad oggi —, ma è diventato sempre più attuale — considerando l’accelerazione dello sviluppo tecnologico–scientifico e le nuove domande di carattere fondamentale che esso pone all’uomo moderno. L’ingegnere e romanziere Giuseppe O. Longo, nella sua postfazione all’ultima edizione italiana del saggio di Snow, parla di «una vera e propria rivoluzione: la velocità dell’innovazione tecnica è cresciuta a dismisura, soprattutto grazie alle macchine che elaborano e trasmettono l’informazione», per cui «l’importanza della tecno–scienza nel mondo attuale e il superamento della scienza da parte della tecnologia impongono una ridefinizione del sapere, tanto più urgente alla luce del predominio esercitato dall’economia e dal mercato.» Le materie umanistiche corrono il rischio di non portare il passo dello sviluppo scientifico e tecnologico della società, restando arroccate su posizioni arretrate, scettiche o polemiche, cedendo il ruolo che gli è proprio a nuove correnti di pensiero, espressione del mondo tecno–scientifico. Già nel , nella prefazione alla prima edizione italiana del saggio di Snow, Ludovico Geymonat scriveva: «Nessuno può . G O. L, in C S, Le due culture, Marsilio, , a cura di A L, p. . . Ivi, p. . Introduzione essere, oggi, così cieco da non rendersi conto che l’esistenza di due culture, tanto diverse e lontane una dall’altra quanto la cultura letterario–umanistica e quella scientifico–tecnica, costituisce un grave motivo di crisi della nostra civiltà». Successivamente, negli anni ottanta, Gerald Holton sottolineava la frammentazione e settorializzazione nell’ambito della stessa cultura scientifica, per cui anche l’unità culturale che Snow attribuiva agli scienziati risultava compromessa da «una proliferazione di ‘sottocomunità di esperti’ prive di riferimenti e motivazioni non settoriali — una vera e propria ‘minaccia’ a quello stesso ideale di moderna società aperta che pure la scienza aveva così potentemente contribuito a creare». Analogamente, Piergiorgio Odifreddi, a commento dell’ultima edizione italiana del saggio di Snow, evidenzia la complessità della scienza moderna, cresciuta non solo in verticale, ma anche in orizzontale, e la necessità di relazioni tra i saperi, senza i quali è impossibile farsi una visione del mondo corrispondente alle conoscenze attualmente acquisite: La tragedia dello scollamento culturale è provocata non tanto dalla crescita in profondità delle singole scienze, perché i dettagli dell’equazione d’onda e della doppia elica sono tutto sommato superflui per avere un’idea delle problematiche sollevate dai quanti o dal DNA, quanto piuttosto dell’allargamento orizzontale delle discipline: una visione anche sommaria di ciò che si sa della natura e dell’uomo richiede ormai infatti un’infarinatura di fisica atomica, relatività, cosmologia, chimica, etologia, antropologia, genetica, biologia, intelligenza e vita artificiali, reti e realtà virtuale, per non parlare degli strumenti matematici necessari per orizzontarsi nel labirinto. Risulta, dunque, compromessa non solo la distinzione tra arte, filosofia e scienza che, secondo Levi, non esisteva un tempo e non dovrebbe esistere neanche oggi («non la conoscevano Empedocle, Dante, Leonardo, Galilei, Cartesio, Goethe, Ein. L G, in C S, Le due culture, cit., p. . . G G, in C S, Le due culture, cit., p. . . P O, in C S, Le due culture, cit., p. . Introduzione stein, né gli anonimi costruttori delle cattedrali gotiche, né Michelangelo; né la conoscono i buoni artigiani di oggi, né i fisici esitanti sull’orlo dell’inconoscibile» ), ma anche l’unità della scienza in se stessa. È ancora pensabile (prima che necessaria) una sintesi tra le due culture, una riunificazione? O per lo meno un rappacificamento, se conflitto c’è stato o permane? Nel saggio Filosofia e letteratura, del , Calvino auspicava un ménage à trois per scienza, filosofia e letteratura: La scienza si trova di fronte a problemi non dissimili da quelli della letteratura: costruisce modelli del mondo continuamente messi in crisi, alterna metodo induttivo e deduttivo, e deve stare sempre attenta a non scambiare per leggi obiettive le proprie convinzioni linguistiche. Una cultura all’altezza della situazione ci sarà soltanto quando la problematica della scienza, quella della filosofia e quella della letteratura si metteranno continuamente in crisi a vicenda. Calvino non credeva solo nella necessità di un dialogo, ma attribuiva alla letteratura stessa il compito di farsene promotrice; compito arduo, definito ‘sfida’, forse la più importante tra quelle lanciate nelle Lezioni americane per il millennio a venire: Solo se poeti e scrittori si proporranno imprese che nessun altro osa immaginare la letteratura continuerà ad avere una funzione. Da quando la scienza diffida delle spiegazioni generali e delle soluzioni che non siano settoriali e specialistiche, la grande sfida per la letteratura è il saper tessere insieme i diversi saperi e i diversi codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo. L’auspicio di Calvino appare tanto fondato e urgente (lo era già negli anni ottanta, lo è ancor più oggi) quanto utopico, se come soggetto di simile letteratura non si pone un letterato opportunamente preparato: dotato di una formazione scientifica, . P L, L’altrui mestiere, Einaudi, Torino, , p. VI. . I C, Filosofia e letteratura, in Una pietra sopra, in I.C., Saggi I, Meridiani, Mondadori, , p. . . I C, Lezioni americane, Molteplicità, in I.C., Saggi I, Meridiani, Mondadori, , p. . Introduzione o per le meno in costante e serio dialogo con il mondo della scienza. Non di meno la tradizione letteraria italiana ha fornito illustri esempi di simili letterati, dai coevi di Calvino: Primo Levi, Carlo Emilio Gadda, Leonardo Sinisgalli, Gianni Rodari, fino ai contemporanei Daniele del Giudice, Bruno Arpaia, Giuseppe O. Longo, tanto che Calvino la definiva: Una vocazione profonda della letteratura italiana che passa da Dante a Galilei: l’opera letteraria come mappa del mondo e dello scibile, lo scrivere mosso da una spinta conoscitiva che è ora teologica ora speculativa ora stregonesca ora enciclopedica ora di filosofia naturale ora di osservazione trasfigurante e visionaria. Ribaltando il problema, possiamo osservare che il discorso sulle due culture in Italia oggi è portato avanti prevalentemente da scienziati che si occupano anche di letteratura, arte, religione. Si pensi al genetista Edoardo Boncinelli, al filosofo della scienza Giulio Giorello (allievo di Ludovico Geymonat) e soprattutto al matematico Piergiorgio Odifreddi. Solo negli anni . I C, Due interviste su scienza e letteratura, in I.C., Una pietra sopra, Mondadori, Milano, , pp. –. . E B–M A, La forma universal di questo nodo. La cultura di Dante, Mondadori Education, ; E B–V M–U N, Arte filosofia scienza. Assonanze e dissonanza sulla fuga, Mimesis, ; E B, Poema cosmogonico, La vita felice, . G G, Il fantasma e il desiderio, Mondadori, ; G G–E B, Noi che abbiamo l’animo libero. Quando Amleto incontra Cleopatra, Longanesi, ; G G, Lussuria. La passione della conoscenza, Il Mulino, . . G G, Il fantasma e il desiderio, Mondadori, ; G G–E B, Noi che abbiamo l’animo libero. Quando Amleto incontra Cleopatra, Longanesi, ; G G, Lussuria. La passione della conoscenza, Il Mulino, . . P O, Il giro del mondo in pensieri, Rizzoli, ; P O, Come stanno le cose. Il mio Lucrezio, la mia Venere, Rizzoli, ; P O, Il Vangelo secondo la Scienza. Le religioni alla prova del nove, Torino, Einaudi, ; P O, Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici), Milano, Longanesi, ; P O, Hai vinto, Galilei! La vita, il pensiero, il dibattito su scienza e fede, Milano, Mondadori, , P O–S V, La Via Lattea. [Un ateo impenitente e un cattolico dubbioso in cammino verso Santiago de Compostela], Milano, Longanesi, . Introduzione –, i tre autori succitati hanno pubblicato complessivamente trentotto libri ( Boncinelli, Odifreddi, Giorello). Sono cifre sintomatiche di un grande interesse tanto degli Editori quanto dei lettori: c’è un pubblico sempre più sensibile a problemi a cavallo tra le due culture, che vuole formarsi, tenersi aggiornato, ricorrendo a saggi, racconti, poemi scritti da scienziati (nettamente più numerosi e accattivanti di quelli scritti da letterati sul medesimo tema). È un fenomeno molto significativo, come osserva anche Pierpaolo Antonello nel suo recente saggio sulle due culture in Italia: È altresì innegabile che negli ultimi decenni ci sia stata una inversione di rilevanza culturale fra la scienza e la letteratura: mentre quest’ultima fino a poco tempo fa aveva un ruolo centrale nella definizione del dibattito intellettuale nazionale e la scienza viveva di un sostanziale isolamento sociale, operativa solo all’interno dell’università e dei laboratori di ricerca, ora la situazione sembra essersi invertita, con il mondo delle lettere confinato a una funzione sociale residuale, o a autoreferenziali ‘riserve indiane’, mentre la scienza ha preso coscienza della sua funzione pubblica ed è stata costretta a ‘mescolarsi’ con la società, diventando sì il discorso dominante, ma a patto di farsi carico della sua comunicabilità e del rispetto di vincoli sociale, etici e delle aspettative di senso comune. Se da una parte il ritorno della scienza al centro del dibattito intellettuale è un’innegabile conquista, rispetto alla sua storica . P A, Contro il materialismo. Le ‘due culture’ in Italia: bilancio di un secolo, Aragno, , pp. XXXVII–XXXVII. . Nel suo saggio storico sulle due culture, intitolato Contro il materialismo Pierpaolo Antonello analizza in modo esteso le ragioni del rifiuto, o per lo meno della marginalizzazione della scienza nel Novecento italiano: «Certamente hanno giocato a favore una serie di fattori, quali l’accentuata arretratezza educativa e di sviluppo tecnologico–industriale dell’Italia che non ha mai seriamente posto l’urgenza della necessità strategica della industrializzazione e diffusione del metodo e della conoscenza scientifici sia all’interno dei curricula scolastici che della cultura nazionale in generale. Dal punto di vista educativo nessuna riforma ha segnato un effettivo progresso nel livello di alfabetizzazione scientifica della popolazione italiana e la nostra scuola rimane ancorata sostanzialmente al profilo pedagogico attualistico–gentiliano che voleva gli studi umanistici e classici in una posizione di indiscusso privilegio gnoseologico. Il dominio politico e culturale delle ‘due chiese’ Introduzione esclusione, le cui ragioni principali, secondo Antonello, sono: «il rifiuto del positivismo e l’espandersi dell’influenza intellettuale del crocianesimo a inizio secolo», dall’altra comporta un rischio: che gli umanisti perdano la propria voce, la possibilità di dare il loro specifico contributo, affiancando il discorso sui valori (assiologico), caratteristico della cultura umanista, a quello sulla verità (teoretico), caratteristico della cultura scientifica. La loro voce rischia di venire progressivamente inglobata nel discorso degli scienziati. Il matematico Piergiorgio Odifreddi è un esempio di tale tendenza. Nel suo commento al saggio di Snow leggiamo: Se la formazione umanistica diventa inadeguata per l’appropriazione degli strumenti necessari all’analisi del mondo moderno, e gli umanisti non possono più seguire il passo della scienza, non per questo diminuisce dunque il bisogno di letteratura e filosofia: l’unica soluzione sembra allora che siano gli uomini di formazione scientifica ad appropriarsene. Come vedremo nel secondo capitolo, in diversi saggi di Odifreddi emerge il tentativo di mostrare come sintesi delle due culture — sua riunificazione — ciò che in realtà è un inglobamento della cultura umanistica da parte di quella scientifica ed una sostituzione, nel ruolo di ‘intellettuale’, degli scienziati agli umanisti. ha poi ritardato la discussione delle prospettive emancipatorie dell’evoluzione della società a partire da premesse di ordine tecnologico negativo o ‘apocalittico’. [. . . ] si è spesso confuso scienza e tecnica, come attività conoscitive e pratiche, con lo ‘scientismo’ e il ‘tecnicismo’ come forme di assolutismo quasi–religioso» (XVI–XVII) . P A, Il ménage a quattro. Scienza, filosofia, tecnica nella letteratura italiana del Novecento, Firenze, Le Monnier, , p. . . Secondo la distinzione di Giulio Preti. Vedi: G P, Retorica e logica. Le due culture, Torino, Einaudi, . . P O, in C S, Le due culture, cit., p. . Introduzione La Terza Cultura Nel contesto americano, il fenomeno di cui parliamo è già da tempo diffuso sotto il nome di ‘Terza Cultura’. Se ne è fatto promotore John Brockman, scrittore ed agente letterario di illustri scienziati (inclusi premi Nobel), autore nel del volume The Third Culture (pubblicato e tradotto nello stesso anno in Italia), presidente della Edge Foundation, nata con lo scopo di promuovere ‘La Terza Cultura’. Sul sito della Fondazione leggiamo la seguente definizione data da Brockman: «La terza cultura è costituita da scienziati e altri pensatori del mondo empirico che, con il loro lavoro e la loro scrittura espositiva, stanno prendendo il posto dell’intellettuale tradizionale nel rendere visibili i significati più profondi della nostra vita, ridefinendo chi e cosa siamo». Il programma è chiaramente formulato nel suo manifesto. Dietro l’auspicabile fine di diffondere «la conoscenza oltre i confini angusti dell’accademia», in particolare quelle idee che «rappresentano le conoscenze di frontiera dei campi della biologia evoluzionistica, della genetica, dell’informatica, della neurofisiologia, della psicologia e della fisica», e di rispondere «a domande basilari del tipo: Da dove viene l’Universo? Qual è l’origine della vita? Come nasce la mente?», c’è una precisa visione del mondo ed una dichiarata posizione nei riguardi della cultura umanistica. Innanzitutto, a far parte della ‘terza cultura’ sono quasi esclusivamente «pensatori del mondo empirico», non troviamo filosofi, letterati, psicologi, teologi, fatta eccezione per Daniel Dennett, studioso del funzionamento della mente, l’unico filosofo (e logico) tra i ventitré autori del volume . J B, The Third Culture, Simon & Schuster, New York . . www.edge.org. . http://edge.org/about-edgeorg. . J B, La terza Cultura. Oltre la rivoluzione scientifica, Garzanti, Milano , p. . . Ivi, p. . . http://edge.org/about-edgeorg. Introduzione (prevalentemente fisici, biologi e matematici). Il loro progetto non si limita alla divulgazione, ma è esplicitamente quello di creare «una nuova filosofia naturale» di stampo materialista: La terza cultura si configura come l’abbozzo di una nuova filosofia naturale, incardinata sui concetti di complessità ed evoluzione. Sistemi altamente complessi — come gli organismi, il cervello, la biosfera o l’universo — non rispondono al piano di una mente superiore; sono piuttosto il frutto di una lunga evoluzione. Alla fine degli anni sessanta, Calvino aveva parlato di «letteratura come filosofia naturale»; questa formula — unitamente all’idea di «opera letteraria come mappa del mondo e dello scibile», di una scrittura mossa «da una spinta conoscitiva» — è ora sostituita dalla formula «scienza come filosofia naturale». Non è la letteratura a creare ponti tra saperi diversi, ma la scienza; non è l’opera letteraria degli scrittori del «nuovo millennio» a fornirne «una mappa», ma l’opera saggistico–divulgativa degli scienziati della terza cultura. Dell’idea di Calvino rimane la centralità del mondo naturale come oggetto di rappresentazione, descrizione, racconto e della scienza, che Primo Levi, dalla prospettiva della chimica, considerava «un immenso patrimonio di metafore», «una lunga ombra simbolica», ma a farsene autori e divulgatori, secondo Brockman, non possono essere gli umanisti — ‘intellettuali tradizionali’ —, poiché non possiedono gli strumenti adeguati, ma gli scienziati: «C’è una nuova serie di metafore per descrivere noi stessi, la nostra mente, l’universo, e tutte le cose che . L’espressione compare in una lettera a Giuseppe Bonaviri del aprile : «Sono veramente contento di questo risultato, per te e per la letteratura italiana che ritrova quella che era la sua vocazione specifica nei suoi primi secoli: letteratura come ‘filosofia naturale”» (I C, Lettere –, a cura di L. B, Milano, , p. ). Nel suo approfondito studio a riguardo, Mario Porro sottolinea: «la centralità nella poetica calviniana della dimensione gnoseologica della letteratura, la volontà di affidare alla scrittura il compito di organizzare l’insieme disperso dei dati del mondo, storico e naturale» (M P, Letteratura come filosofia naturale, in “Riga” (), p. ). . P L, L’altrui mestiere, Torino, Einaudi, , p. . Introduzione sappiamo di esso, e sono gli intellettuali con queste nuove idee e immagini, gli scienziati e gli altri che fanno cose e scrivono libri, a guidare i nostri tempi». Una simile proposta, sebbene abbia incontrato grande interesse e plauso negli Stati Uniti (così come, con le dovute proporzioni in Italia), grazie soprattutto all’abilità divulgativa degli autori e alla brillante politica editoriale del loro agente, ha incontrato anche critiche. In un articolo apparso su Science, Kevin Kelly descrive gli appartenenti alla terza cultura (che lui associa alla cultura nerd) come coloro che sono principalmente interessati a produrre cose nuove, senza necessariamente prendere posizione riguardo alla possibilità di un insieme di valori condivisi o alle questioni epistemologiche fondamentali: La scienza si propone di cercare la verità nell’universo. L’arte si propone di esprimere la condizione umana. La cultura nerd si distanzia da entrambe. Sebbene essa renda profondamente onore al rigore del metodo scientifico, ciò che la muove non è la ricerca della verità, ma la ricerca della novità. Presentando la Terza Cultura Brockman dichiara esplicitamente: «Siamo interessati al pensare sagace, non siamo interessati alla saggezza tramandata». Mario Gargantini, a sua volta, si domanda se si tratti di «una posizione veramente nuova e super partes o se non sia piuttosto una riedizione aggiornata e ben confezionata di una delle due culture precedenti, quella scientifica, che tende ad assumere il ruolo di ‘prima cultura’» e se «nasca da un vero clima di dibattito e di pluralismo scientifico o rispecchi piuttosto l’interesse di circoli ristretti, intenzionati a conservare le posizioni acquisite nell’opinione pubblica e preoccupati di non mettere . http://edge.org/about-edgeorg. . K K, The Third Culture, Science, (), , pp. –. . «We are interested in ‘thinking smart’; we are not interested in received ‘wisdom’»(http://edge.org/about-edgeorg). Introduzione in crisi i canoni di pensiero definiti nel proprio ambito». Ad una attenta riflessione, sembra che la cosiddetta ‘terza cultura’ non costituisca una sintesi delle altre due, né un loro superamento, perché non pratica un dialogo onesto e paritario con il mondo umanistico, non affronta questioni fondamentali, come il rapporto tra cultura teoretica ed assiologica, tra verità intersoggettiva e soggettiva, tra materialismo e spiritualità. Tra gli autori della terza cultura, in prevalenza legati a una visione strettamente materialistica dell’esistenza, solo l’astrofisico Paul Davies, pochi anni dopo la pubblicazione del libro edito da Brockman, ha espresso l’esigenza di una riflessione più profonda che includa la dimensione metafisica e il dialogo con la teologia: Al nostro ingresso in un nuovo secolo probabilmente destinato ad essere dominato da formidabili progressi scientifici e tecnologici, il bisogno di una guida spirituale sarà più forte che mai. La scienza da sola non può provvedere adeguatamente ai nostri bisogni spirituali, ma qualsiasi religione che rifiuti di abbracciare la scoperta scientifica difficilmente sopravvivrà nel XXI secolo. Tornando al panorama italiano, è emblematica la posizione di Piergiorgio Odifreddi, autore di numerosi saggi sul rap. M G, Divulgazione, in G. T – N–N e A. S (a cura di), Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede, Urbaniana University Press — Città Nuova, Roma , p. . . Vedi anche: R B, Scienziati e letterati, due culture in guerra, “Vita e Pensiero”, n. /, pp. –. . P D, Scienza e Religione nel XXI secolo, in Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede, op.cit., p. . . Nel libro–lettera indirizzato a papa Benedetto XVI, Odifreddi pronuncia la sua professione di fede (il suo ‘Credo laico’): «Credo in un solo Dio, la Natura, Madre onnipotente, generatrice del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, l’Uomo, plurigenito figlio della Natura, nato dalla Madre alla fine di tutti i secoli: natura da Natura, materia da Materia, natura vera da Natura vera, generato, non creato, della stessa sostanza della Madre. Credo nello Spirito, che è Signore e dà coscienza della vita, e procede dalla Madre e dal Figlio, e con la Madre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti dell’Intelletto. Aspetto la dissoluzione della morte, ma non un’altra vita in un mondo che non Introduzione porto tra scienza e fede, tra i quali Il Vangelo secondo la Scienza, in cui la matematica assurge a vera e propria religione, come vedremo nel secondo capitolo. Più che un dialogo — in cui Odifreddi non crede — la sua sembra una crociata, il cui scopo non è ottenere parità di voce nel discorso intellettuale sui valori e sulla verità, ma sostituire alla religione la matematica. La presunta ‘Cultura’ unitaria di cui parla coincide con la cultura scientifica: «un particolare sostantivo non ha plurale: [. . . ] fino a quando ci saranno due culture, non ci sarà nessuna Cultura, ma soltanto mezze culture». A quattro mani Appare evidente la necessità di un dialogo tra le parti nel pieno rispetto delle competenze e peculiarità di ogni cultura, non scevro certo di critica, ma mirato a valorizzare il contributo specifico di ogni parte. Nell’ultimo decennio sono apparsi in Italia saggi scritti a quattro mani da rappresentanti delle due culture che rispecchiano questo spirito. Il più significativo è il libro del fisico Carlo Bernardini e del linguista Tullio de Mauro, intitolato Contare e raccontare. Dialogo sulle verrà» (P O, Caro papa ti scrivo. Un matematico ateo a confronto con un papa teologo, Mondadori, , p. ). . In un suo articolo intitolato «Contro gli anatemi religiosi (e atei)», Arrigo Levi dichiara inaccettabile anche per un laico come lui «la convinzione che il dialogo fra credenti e laici sia una cosa totalmente sbagliata, e che sia totalmente contrario alla «logica», e quindi inaccettabile, «riconoscere la ricchezza che a ciascuno può venire dal dialogo fra identità e convinzioni differenti» (come gli suggeriva, col garbo che gli è proprio, padre Enzo Bianchi); mentre per Odifreddi questo dialogo è sconveniente perché la verità «sta da una parte o dall’altra», giacché «quando in una disputa uno ha ragione l’altro ha torto»; e, in particolare, la Scienza ha sempre ragione, e la Religione sempre torto” (http://www.lastampa.it////cultura/opinioni/editoriali/ contro-gli-anatemi-religiosi-e-atei-eIvwlACoHnhpeiggINzM/pagina.html). . P O, Erwin Schrödinger — Sulla cresta dell’onda, ottobre http://netsaver.myds.me/sym/pub/Netsaver%Library/_NetsaverCatalog/ book/book_.html. . C B–T D M, Contare e raccontare. Dialogo sulle due Introduzione due culture, del , composto di due lunghe epistole: Carissimo Tullio. . . , Carissimo Carlo. . . Per Bernardini la storica polemica di Snow non si può considerare un «dibattito sorpassato», poiché persiste «un problema di incomunicabilità», dovuto in parte alla intrinseca diversità dei rispettivi linguaggi, «che diventano divergenti là dove il linguaggio scientifico si prende la sua autonomia e lascia in soffitta il linguaggio di tutti i giorni»,, e in parte all’atteggiamento degli interlocutori. Bernardini riconosce che i colleghi «fisici e matematici — ma i biologi molecolari li stanno raggiungendo — sono affetti da delirio di onnipotenza», probabilmente poiché si occupano «di cose astratte e invisibili», e «costituiscono un ambiente che vive freneticamente, ferocemente meritocratico, in cui perfino la ‘normalità’ è mal tollerata». Dall’altro lato, accusa il pensiero umanista che punta «solo ad essere erudito ed elegante e non si preoccupa minimamente del rigore semantico», critica il suo parlare che a volte non «appare più elegante, non è più sofisticato», ma «solo banalmente ‘ideologico’ (che ogni ideologia tragga forza dal fatto che supplisce a una incompetenza?)». Conclude, dunque, auspicando una convivenza «senza prevaricazioni»: Il concetto ‘cultura dominante’ è deprecabile; né più né meno di quanto non lo sia l’emarginazione culturale di particolari settori. Ma questo implica che ciascuno faccia il possibile per farsi capire. L’incomprensibiculture, Bari–Roma, Laterza, . . C B–T D M, Contare e raccontare, cit., p. . . Carlo Bernardini distingue il «linguaggio di comunicazione», tipico della cultura umanistica, usato per «la formulazione di registrazioni memorizzabili di informazioni (fatti, opinioni, idee), nell’impiego soggettivo; e per lo scambio di quelle informazioni, nell’impiego intersoggettivo», dal «linguaggio di elaborazione», tipico della cultura scientifica, che «usa le informazioni, particolarmente quelle della realtà circostante, per elaborarle secondo procedure concepite e collaudate al fine di conseguire risultati non contenuti già nelle informazioni di partenza» (C B, Prima lezione di fisica, Laterza, Roma, , p. ). . C B–T D M Contare e raccontare, cit., p. . . Ivi, p. . . Ivi, p. . . Ivi, p. .