NOVECENTO INQUIETO
TESTI E STUDI

Direttori
Arnaldo B
Università degli Studi di Firenze
Simone C
Università degli Studi di Perugia
Comitato scientifico
Alberto C
Università degli Studi di Pisa
Andrea F
Université la Sorbonne–Paris
Giulio F
Sapienza – Università di Roma
NOVECENTO INQUIETO
TESTI E STUDI
«Tendono alla chiarità le cose oscure»
La responsabilità di misurarsi con l’inaugurazione di una Collana di studi e testi dedicata al Novecento deve considerare subito
la complessità della cultura coinvolta. Non si andrà lontani dal
vero ravvisando nelle scoperte di Bergson, Freud e Einstein,
concentrate nel debutto del secolo trascorso, l’inizio di una
vicenda inedita che disegna una linea di faglia rispetto all’Ottocento. Ne deriva la necessità di allargare il fuoco dell’attenzione
a contributi che non ricalchino sentieri già battuti, a norma
di una prospettiva intesa a smuovere e rimuovere analisi insufficienti, nell’ottica di una rilettura di quanto risulti ancora
oscuro o impreciso. Sotto il rispetto tematico e della varietà
delle proposte, l’apertura di credito di «Novecento inquieto»
sarà necessariamente a vasto raggio. Se la letteratura sembrerà
l’ambito privilegiato, lo sarà solo perché nella disciplina possono convergere tutte le esperienze e tutti i saperi: perciò tutte
le esperienze e tutti i saperi che condividono la stessa feconda
inquietudine troveranno qui uno spazio senza preconcetti di
genere.
Stefano Redaelli è autore dell’Introduzione, del Capitolo II ed
è coautore delle Conclusioni. Klaus Colanero è autore del Capitolo I ed è coautore delle Conclusioni.
Il volume è stato pubblicato con il contributo di: “Centro Nazionale delle Scienze della Polonia, attraverso il Grant nr DEC//D/HS/”.
Il volume è stato sottoposto a referaggio.
Stefano Redaelli
Klaus Colanero
Le due culture
Due approcci oltre la dicotomia
Aracne editrice
www.aracneeditrice.it
[email protected]
Copyright © MMXVI
Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale
www.gioacchinoonoratieditore.it
[email protected]
via Sotto le mura, 
 Canterano (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: novembre 
Indice

Introduzione
Una, due, molte culture?,  – La Terza Cultura,  – A quattro
mani,  – Due approcci al problema, .

Capitolo I
Quattro atteggiamenti culturali
.. Oltre le due culture: come identificare l’atteggiamento di un
autore nei riguardi della scienza e della letteratura,  – ... L’analisi di Preti,  – ... Quattro diversi atteggiamenti nei riguardi
dell’attività scientifica e dell’attività letteraria,  – ... Aspetti
rivelatori,  – ... Vantaggi dell’analisi dei quattro atteggiamenti,  – .. Levi e Calvino: facce diverse di diverse medaglie,  –
... Temi rilevanti,  – ... Conoscenza,  – ... Interazione tra
conoscenza e valori,  – ... Facce diverse di diverse medaglie, 
– .. Il caso Gadda,  – ... Conoscenza,  – ... Sul metodo,  – ... Interazione tra conoscenza e valori,  – ... Natura
dell’uomo: frammento consapevole della Natura, o elemento esterno in
interazione con essa?,  – ... Due diverse anime di Gadda, .

Capitolo II
Quattro costumi di frontiera
.. Transiti, alleanze,  – ... Linguaggi,  – ... Metafore
e modelli,  – .. Sconfinamenti, conflitti,  – ... Conflitti
esteriori,  – ... Conflitti interiori, .

Conclusioni

Bibliografia

Indice analitico

Introduzione
S R
Una, due, molte culture?
Il problema delle ‘due culture’, della diversità e lontananza tra
cultura letterario–umanistica e scientifico–tecnica non solo è
rimasto aperto — dalla polemica sollevata da Snow negli anni
Sessanta ad oggi —, ma è diventato sempre più attuale — considerando l’accelerazione dello sviluppo tecnologico–scientifico
e le nuove domande di carattere fondamentale che esso pone all’uomo moderno. L’ingegnere e romanziere Giuseppe O.
Longo, nella sua postfazione all’ultima edizione italiana del
saggio di Snow, parla di «una vera e propria rivoluzione: la
velocità dell’innovazione tecnica è cresciuta a dismisura, soprattutto grazie alle macchine che elaborano e trasmettono
l’informazione», per cui «l’importanza della tecno–scienza nel
mondo attuale e il superamento della scienza da parte della
tecnologia impongono una ridefinizione del sapere, tanto più
urgente alla luce del predominio esercitato dall’economia e dal
mercato.» Le materie umanistiche corrono il rischio di non
portare il passo dello sviluppo scientifico e tecnologico della
società, restando arroccate su posizioni arretrate, scettiche o
polemiche, cedendo il ruolo che gli è proprio a nuove correnti
di pensiero, espressione del mondo tecno–scientifico.
Già nel , nella prefazione alla prima edizione italiana del
saggio di Snow, Ludovico Geymonat scriveva: «Nessuno può
. G O. L, in C S, Le due culture, Marsilio, , a cura
di A L, p. .
. Ivi, p. .


Introduzione
essere, oggi, così cieco da non rendersi conto che l’esistenza
di due culture, tanto diverse e lontane una dall’altra quanto
la cultura letterario–umanistica e quella scientifico–tecnica,
costituisce un grave motivo di crisi della nostra civiltà». Successivamente, negli anni ottanta, Gerald Holton sottolineava
la frammentazione e settorializzazione nell’ambito della stessa
cultura scientifica, per cui anche l’unità culturale che Snow
attribuiva agli scienziati risultava compromessa da «una proliferazione di ‘sottocomunità di esperti’ prive di riferimenti
e motivazioni non settoriali — una vera e propria ‘minaccia’
a quello stesso ideale di moderna società aperta che pure la
scienza aveva così potentemente contribuito a creare».
Analogamente, Piergiorgio Odifreddi, a commento dell’ultima edizione italiana del saggio di Snow, evidenzia la complessità della scienza moderna, cresciuta non solo in verticale, ma
anche in orizzontale, e la necessità di relazioni tra i saperi, senza
i quali è impossibile farsi una visione del mondo corrispondente
alle conoscenze attualmente acquisite:
La tragedia dello scollamento culturale è provocata non tanto dalla
crescita in profondità delle singole scienze, perché i dettagli dell’equazione d’onda e della doppia elica sono tutto sommato superflui
per avere un’idea delle problematiche sollevate dai quanti o dal DNA,
quanto piuttosto dell’allargamento orizzontale delle discipline: una
visione anche sommaria di ciò che si sa della natura e dell’uomo
richiede ormai infatti un’infarinatura di fisica atomica, relatività,
cosmologia, chimica, etologia, antropologia, genetica, biologia, intelligenza e vita artificiali, reti e realtà virtuale, per non parlare degli
strumenti matematici necessari per orizzontarsi nel labirinto.
Risulta, dunque, compromessa non solo la distinzione tra
arte, filosofia e scienza che, secondo Levi, non esisteva un tempo e non dovrebbe esistere neanche oggi («non la conoscevano
Empedocle, Dante, Leonardo, Galilei, Cartesio, Goethe, Ein. L G, in C S, Le due culture, cit., p. .
. G G, in C S, Le due culture, cit., p. .
. P O, in C S, Le due culture, cit., p. .
Introduzione

stein, né gli anonimi costruttori delle cattedrali gotiche, né
Michelangelo; né la conoscono i buoni artigiani di oggi, né i
fisici esitanti sull’orlo dell’inconoscibile» ), ma anche l’unità
della scienza in se stessa. È ancora pensabile (prima che necessaria) una sintesi tra le due culture, una riunificazione? O per
lo meno un rappacificamento, se conflitto c’è stato o permane?
Nel saggio Filosofia e letteratura, del , Calvino auspicava
un ménage à trois per scienza, filosofia e letteratura:
La scienza si trova di fronte a problemi non dissimili da quelli della
letteratura: costruisce modelli del mondo continuamente messi in
crisi, alterna metodo induttivo e deduttivo, e deve stare sempre
attenta a non scambiare per leggi obiettive le proprie convinzioni
linguistiche. Una cultura all’altezza della situazione ci sarà soltanto
quando la problematica della scienza, quella della filosofia e quella
della letteratura si metteranno continuamente in crisi a vicenda.
Calvino non credeva solo nella necessità di un dialogo, ma
attribuiva alla letteratura stessa il compito di farsene promotrice; compito arduo, definito ‘sfida’, forse la più importante tra
quelle lanciate nelle Lezioni americane per il millennio a venire:
Solo se poeti e scrittori si proporranno imprese che nessun altro
osa immaginare la letteratura continuerà ad avere una funzione. Da
quando la scienza diffida delle spiegazioni generali e delle soluzioni
che non siano settoriali e specialistiche, la grande sfida per la letteratura è il saper tessere insieme i diversi saperi e i diversi codici in una
visione plurima, sfaccettata del mondo.
L’auspicio di Calvino appare tanto fondato e urgente (lo era
già negli anni ottanta, lo è ancor più oggi) quanto utopico, se
come soggetto di simile letteratura non si pone un letterato opportunamente preparato: dotato di una formazione scientifica,
. P L, L’altrui mestiere, Einaudi, Torino, , p. VI.
. I C, Filosofia e letteratura, in Una pietra sopra, in I.C., Saggi I,
Meridiani, Mondadori, , p. .
. I C, Lezioni americane, Molteplicità, in I.C., Saggi I, Meridiani,
Mondadori, , p. .

Introduzione
o per le meno in costante e serio dialogo con il mondo della
scienza. Non di meno la tradizione letteraria italiana ha fornito
illustri esempi di simili letterati, dai coevi di Calvino: Primo
Levi, Carlo Emilio Gadda, Leonardo Sinisgalli, Gianni Rodari, fino ai contemporanei Daniele del Giudice, Bruno Arpaia,
Giuseppe O. Longo, tanto che Calvino la definiva:
Una vocazione profonda della letteratura italiana che passa da Dante
a Galilei: l’opera letteraria come mappa del mondo e dello scibile,
lo scrivere mosso da una spinta conoscitiva che è ora teologica ora
speculativa ora stregonesca ora enciclopedica ora di filosofia naturale
ora di osservazione trasfigurante e visionaria.
Ribaltando il problema, possiamo osservare che il discorso
sulle due culture in Italia oggi è portato avanti prevalentemente
da scienziati che si occupano anche di letteratura, arte, religione. Si pensi al genetista Edoardo Boncinelli, al filosofo della
scienza Giulio Giorello (allievo di Ludovico Geymonat) e soprattutto al matematico Piergiorgio Odifreddi. Solo negli anni
. I C, Due interviste su scienza e letteratura, in I.C., Una pietra sopra,
Mondadori, Milano, , pp. –.
. E B–M A, La forma universal di questo nodo.
La cultura di Dante, Mondadori Education, ; E B–V M–U N, Arte filosofia scienza. Assonanze e dissonanza sulla fuga, Mimesis,
; E B, Poema cosmogonico, La vita felice, . G G,
Il fantasma e il desiderio, Mondadori, ; G G–E B,
Noi che abbiamo l’animo libero. Quando Amleto incontra Cleopatra, Longanesi, ;
G G, Lussuria. La passione della conoscenza, Il Mulino, .
. G G, Il fantasma e il desiderio, Mondadori, ; G G–E B, Noi che abbiamo l’animo libero. Quando Amleto incontra
Cleopatra, Longanesi, ; G G, Lussuria. La passione della conoscenza,
Il Mulino, .
. P O, Il giro del mondo in  pensieri, Rizzoli, ; P O, Come stanno le cose. Il mio Lucrezio, la mia Venere, Rizzoli, ;
P O, Il Vangelo secondo la Scienza. Le religioni alla prova del nove,
Torino, Einaudi, ; P O, Perché non possiamo essere cristiani (e
meno che mai cattolici), Milano, Longanesi, ; P O, Hai vinto,
Galilei! La vita, il pensiero, il dibattito su scienza e fede, Milano, Mondadori, , P O–S V, La Via Lattea. [Un ateo impenitente e un cattolico
dubbioso in cammino verso Santiago de Compostela], Milano, Longanesi, .
Introduzione

–, i tre autori succitati hanno pubblicato complessivamente trentotto libri ( Boncinelli,  Odifreddi,  Giorello).
Sono cifre sintomatiche di un grande interesse tanto degli Editori quanto dei lettori: c’è un pubblico sempre più sensibile
a problemi a cavallo tra le due culture, che vuole formarsi,
tenersi aggiornato, ricorrendo a saggi, racconti, poemi scritti
da scienziati (nettamente più numerosi e accattivanti di quelli
scritti da letterati sul medesimo tema). È un fenomeno molto
significativo, come osserva anche Pierpaolo Antonello nel suo
recente saggio sulle due culture in Italia:
È altresì innegabile che negli ultimi decenni ci sia stata una inversione di rilevanza culturale fra la scienza e la letteratura: mentre
quest’ultima fino a poco tempo fa aveva un ruolo centrale nella
definizione del dibattito intellettuale nazionale e la scienza viveva di
un sostanziale isolamento sociale, operativa solo all’interno dell’università e dei laboratori di ricerca, ora la situazione sembra essersi
invertita, con il mondo delle lettere confinato a una funzione sociale
residuale, o a autoreferenziali ‘riserve indiane’, mentre la scienza
ha preso coscienza della sua funzione pubblica ed è stata costretta a
‘mescolarsi’ con la società, diventando sì il discorso dominante, ma a
patto di farsi carico della sua comunicabilità e del rispetto di vincoli
sociale, etici e delle aspettative di senso comune.
Se da una parte il ritorno della scienza al centro del dibattito
intellettuale è un’innegabile conquista, rispetto alla sua storica
. P A, Contro il materialismo. Le ‘due culture’ in Italia: bilancio
di un secolo, Aragno, , pp. XXXVII–XXXVII.
. Nel suo saggio storico sulle due culture, intitolato Contro il materialismo
Pierpaolo Antonello analizza in modo esteso le ragioni del rifiuto, o per lo meno
della marginalizzazione della scienza nel Novecento italiano: «Certamente hanno
giocato a favore una serie di fattori, quali l’accentuata arretratezza educativa e di
sviluppo tecnologico–industriale dell’Italia che non ha mai seriamente posto l’urgenza della necessità strategica della industrializzazione e diffusione del metodo e
della conoscenza scientifici sia all’interno dei curricula scolastici che della cultura
nazionale in generale. Dal punto di vista educativo nessuna riforma ha segnato
un effettivo progresso nel livello di alfabetizzazione scientifica della popolazione
italiana e la nostra scuola rimane ancorata sostanzialmente al profilo pedagogico
attualistico–gentiliano che voleva gli studi umanistici e classici in una posizione di
indiscusso privilegio gnoseologico. Il dominio politico e culturale delle ‘due chiese’

Introduzione
esclusione, le cui ragioni principali, secondo Antonello, sono:
«il rifiuto del positivismo e l’espandersi dell’influenza intellettuale del crocianesimo a inizio secolo», dall’altra comporta un
rischio: che gli umanisti perdano la propria voce, la possibilità
di dare il loro specifico contributo, affiancando il discorso sui valori (assiologico), caratteristico della cultura umanista, a quello
sulla verità (teoretico), caratteristico della cultura scientifica.
La loro voce rischia di venire progressivamente inglobata nel
discorso degli scienziati. Il matematico Piergiorgio Odifreddi è
un esempio di tale tendenza. Nel suo commento al saggio di
Snow leggiamo:
Se la formazione umanistica diventa inadeguata per l’appropriazione
degli strumenti necessari all’analisi del mondo moderno, e gli umanisti non possono più seguire il passo della scienza, non per questo
diminuisce dunque il bisogno di letteratura e filosofia: l’unica soluzione sembra allora che siano gli uomini di formazione scientifica
ad appropriarsene.
Come vedremo nel secondo capitolo, in diversi saggi di Odifreddi emerge il tentativo di mostrare come sintesi delle due
culture — sua riunificazione — ciò che in realtà è un inglobamento della cultura umanistica da parte di quella scientifica ed
una sostituzione, nel ruolo di ‘intellettuale’, degli scienziati agli
umanisti.
ha poi ritardato la discussione delle prospettive emancipatorie dell’evoluzione della
società a partire da premesse di ordine tecnologico negativo o ‘apocalittico’. [. . . ]
si è spesso confuso scienza e tecnica, come attività conoscitive e pratiche, con lo
‘scientismo’ e il ‘tecnicismo’ come forme di assolutismo quasi–religioso» (XVI–XVII)
. P A, Il ménage a quattro. Scienza, filosofia, tecnica nella
letteratura italiana del Novecento, Firenze, Le Monnier, , p. .
. Secondo la distinzione di Giulio Preti. Vedi: G P, Retorica e logica.
Le due culture, Torino, Einaudi, .
. P O, in C S, Le due culture, cit., p. .
Introduzione

La Terza Cultura
Nel contesto americano, il fenomeno di cui parliamo è già da
tempo diffuso sotto il nome di ‘Terza Cultura’. Se ne è fatto
promotore John Brockman, scrittore ed agente letterario di
illustri scienziati (inclusi premi Nobel), autore nel  del volume The Third Culture (pubblicato e tradotto nello stesso anno
in Italia), presidente della Edge Foundation, nata con lo scopo
di promuovere ‘La Terza Cultura’. Sul sito della Fondazione
leggiamo la seguente definizione data da Brockman: «La terza
cultura è costituita da scienziati e altri pensatori del mondo empirico che, con il loro lavoro e la loro scrittura espositiva, stanno
prendendo il posto dell’intellettuale tradizionale nel rendere
visibili i significati più profondi della nostra vita, ridefinendo
chi e cosa siamo».
Il programma è chiaramente formulato nel suo manifesto. Dietro l’auspicabile fine di diffondere «la conoscenza oltre
i confini angusti dell’accademia», in particolare quelle idee
che «rappresentano le conoscenze di frontiera dei campi della
biologia evoluzionistica, della genetica, dell’informatica, della
neurofisiologia, della psicologia e della fisica», e di rispondere
«a domande basilari del tipo: Da dove viene l’Universo? Qual
è l’origine della vita? Come nasce la mente?», c’è una precisa
visione del mondo ed una dichiarata posizione nei riguardi della
cultura umanistica. Innanzitutto, a far parte della ‘terza cultura’
sono quasi esclusivamente «pensatori del mondo empirico»,
non troviamo filosofi, letterati, psicologi, teologi, fatta eccezione per Daniel Dennett, studioso del funzionamento della
mente, l’unico filosofo (e logico) tra i ventitré autori del volume
. J B, The Third Culture, Simon & Schuster, New York .
. www.edge.org.
. http://edge.org/about-edgeorg.
. J B, La terza Cultura. Oltre la rivoluzione scientifica, Garzanti,
Milano , p. .
. Ivi, p. .
. http://edge.org/about-edgeorg.

Introduzione
(prevalentemente fisici, biologi e matematici). Il loro progetto
non si limita alla divulgazione, ma è esplicitamente quello di
creare «una nuova filosofia naturale» di stampo materialista:
La terza cultura si configura come l’abbozzo di una nuova filosofia
naturale, incardinata sui concetti di complessità ed evoluzione. Sistemi altamente complessi — come gli organismi, il cervello, la biosfera
o l’universo — non rispondono al piano di una mente superiore;
sono piuttosto il frutto di una lunga evoluzione.
Alla fine degli anni sessanta, Calvino aveva parlato di «letteratura come filosofia naturale»; questa formula — unitamente
all’idea di «opera letteraria come mappa del mondo e dello scibile», di una scrittura mossa «da una spinta conoscitiva» — è ora
sostituita dalla formula «scienza come filosofia naturale». Non
è la letteratura a creare ponti tra saperi diversi, ma la scienza;
non è l’opera letteraria degli scrittori del «nuovo millennio» a
fornirne «una mappa», ma l’opera saggistico–divulgativa degli
scienziati della terza cultura.
Dell’idea di Calvino rimane la centralità del mondo naturale come oggetto di rappresentazione, descrizione, racconto e
della scienza, che Primo Levi, dalla prospettiva della chimica,
considerava «un immenso patrimonio di metafore», «una lunga
ombra simbolica», ma a farsene autori e divulgatori, secondo
Brockman, non possono essere gli umanisti — ‘intellettuali
tradizionali’ —, poiché non possiedono gli strumenti adeguati,
ma gli scienziati: «C’è una nuova serie di metafore per descrivere noi stessi, la nostra mente, l’universo, e tutte le cose che
. L’espressione compare in una lettera a Giuseppe Bonaviri del  aprile :
«Sono veramente contento di questo risultato, per te e per la letteratura italiana che
ritrova quella che era la sua vocazione specifica nei suoi primi secoli: letteratura
come ‘filosofia naturale”» (I C, Lettere –, a cura di L. B,
Milano, , p. ). Nel suo approfondito studio a riguardo, Mario Porro sottolinea:
«la centralità nella poetica calviniana della dimensione gnoseologica della letteratura,
la volontà di affidare alla scrittura il compito di organizzare l’insieme disperso dei
dati del mondo, storico e naturale» (M P, Letteratura come filosofia naturale,
in “Riga”  (), p. ).
. P L, L’altrui mestiere, Torino, Einaudi, , p. .
Introduzione

sappiamo di esso, e sono gli intellettuali con queste nuove idee
e immagini, gli scienziati e gli altri che fanno cose e scrivono
libri, a guidare i nostri tempi».
Una simile proposta, sebbene abbia incontrato grande interesse e plauso negli Stati Uniti (così come, con le dovute
proporzioni in Italia), grazie soprattutto all’abilità divulgativa
degli autori e alla brillante politica editoriale del loro agente,
ha incontrato anche critiche. In un articolo apparso su Science,
Kevin Kelly descrive gli appartenenti alla terza cultura (che lui
associa alla cultura nerd) come coloro che sono principalmente
interessati a produrre cose nuove, senza necessariamente prendere posizione riguardo alla possibilità di un insieme di valori
condivisi o alle questioni epistemologiche fondamentali:
La scienza si propone di cercare la verità nell’universo. L’arte si propone di esprimere la condizione umana. La cultura nerd si distanzia
da entrambe. Sebbene essa renda profondamente onore al rigore
del metodo scientifico, ciò che la muove non è la ricerca della verità,
ma la ricerca della novità.
Presentando la Terza Cultura Brockman dichiara esplicitamente: «Siamo interessati al pensare sagace, non siamo interessati alla saggezza tramandata».
Mario Gargantini, a sua volta, si domanda se si tratti di «una
posizione veramente nuova e super partes o se non sia piuttosto
una riedizione aggiornata e ben confezionata di una delle due
culture precedenti, quella scientifica, che tende ad assumere
il ruolo di ‘prima cultura’» e se «nasca da un vero clima di
dibattito e di pluralismo scientifico o rispecchi piuttosto l’interesse di circoli ristretti, intenzionati a conservare le posizioni
acquisite nell’opinione pubblica e preoccupati di non mettere
. http://edge.org/about-edgeorg.
. K K, The Third Culture, Science,  (), , pp. –.
. «We are interested in ‘thinking smart’; we are not interested in received
‘wisdom’»(http://edge.org/about-edgeorg).

Introduzione
in crisi i canoni di pensiero definiti nel proprio ambito». Ad
una attenta riflessione, sembra che la cosiddetta ‘terza cultura’
non costituisca una sintesi delle altre due, né un loro superamento, perché non pratica un dialogo onesto e paritario con
il mondo umanistico, non affronta questioni fondamentali, come il rapporto tra cultura teoretica ed assiologica, tra verità
intersoggettiva e soggettiva, tra materialismo e spiritualità. Tra
gli autori della terza cultura, in prevalenza legati a una visione
strettamente materialistica dell’esistenza, solo l’astrofisico Paul
Davies, pochi anni dopo la pubblicazione del libro edito da
Brockman, ha espresso l’esigenza di una riflessione più profonda che includa la dimensione metafisica e il dialogo con la
teologia:
Al nostro ingresso in un nuovo secolo probabilmente destinato ad
essere dominato da formidabili progressi scientifici e tecnologici, il
bisogno di una guida spirituale sarà più forte che mai. La scienza da
sola non può provvedere adeguatamente ai nostri bisogni spirituali,
ma qualsiasi religione che rifiuti di abbracciare la scoperta scientifica
difficilmente sopravvivrà nel XXI secolo.
Tornando al panorama italiano, è emblematica la posizione
di Piergiorgio Odifreddi, autore di numerosi saggi sul rap. M G, Divulgazione, in G. T – N–N e A. S
(a cura di), Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede, Urbaniana University Press
— Città Nuova, Roma , p. .
. Vedi anche: R B, Scienziati e letterati, due culture in guerra, “Vita e
Pensiero”, n. /, pp. –.
. P D, Scienza e Religione nel XXI secolo, in Dizionario Interdisciplinare
di Scienza e Fede, op.cit., p. .
. Nel libro–lettera indirizzato a papa Benedetto XVI, Odifreddi pronuncia la
sua professione di fede (il suo ‘Credo laico’): «Credo in un solo Dio, la Natura, Madre
onnipotente, generatrice del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore, l’Uomo, plurigenito figlio della Natura, nato dalla Madre
alla fine di tutti i secoli: natura da Natura, materia da Materia, natura vera da Natura
vera, generato, non creato, della stessa sostanza della Madre. Credo nello Spirito, che
è Signore e dà coscienza della vita, e procede dalla Madre e dal Figlio, e con la Madre
e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti dell’Intelletto.
Aspetto la dissoluzione della morte, ma non un’altra vita in un mondo che non
Introduzione

porto tra scienza e fede, tra i quali Il Vangelo secondo la Scienza,
in cui la matematica assurge a vera e propria religione, come
vedremo nel secondo capitolo. Più che un dialogo — in cui
Odifreddi non crede — la sua sembra una crociata, il cui scopo
non è ottenere parità di voce nel discorso intellettuale sui valori
e sulla verità, ma sostituire alla religione la matematica. La
presunta ‘Cultura’ unitaria di cui parla coincide con la cultura
scientifica: «un particolare sostantivo non ha plurale: [. . . ] fino
a quando ci saranno due culture, non ci sarà nessuna Cultura,
ma soltanto mezze culture».
A quattro mani
Appare evidente la necessità di un dialogo tra le parti nel pieno
rispetto delle competenze e peculiarità di ogni cultura, non scevro
certo di critica, ma mirato a valorizzare il contributo specifico di
ogni parte. Nell’ultimo decennio sono apparsi in Italia saggi scritti a
quattro mani da rappresentanti delle due culture che rispecchiano
questo spirito.
Il più significativo è il libro del fisico Carlo Bernardini e del linguista Tullio de Mauro, intitolato Contare e raccontare. Dialogo sulle
verrà» (P O, Caro papa ti scrivo. Un matematico ateo a confronto con
un papa teologo, Mondadori, , p. ).
. In un suo articolo intitolato «Contro gli anatemi religiosi (e atei)», Arrigo Levi
dichiara inaccettabile anche per un laico come lui «la convinzione che il dialogo fra
credenti e laici sia una cosa totalmente sbagliata, e che sia totalmente contrario alla
«logica», e quindi inaccettabile, «riconoscere la ricchezza che a ciascuno può venire
dal dialogo fra identità e convinzioni differenti» (come gli suggeriva, col garbo che gli
è proprio, padre Enzo Bianchi); mentre per Odifreddi questo dialogo è sconveniente
perché la verità «sta da una parte o dall’altra», giacché «quando in una disputa uno ha
ragione l’altro ha torto»; e, in particolare, la Scienza ha sempre ragione, e la Religione
sempre torto” (http://www.lastampa.it////cultura/opinioni/editoriali/
contro-gli-anatemi-religiosi-e-atei-eIvwlACoHnhpeiggINzM/pagina.html).
. P O, Erwin Schrödinger — Sulla cresta dell’onda, ottobre
 http://netsaver.myds.me/sym/pub/Netsaver%Library/_NetsaverCatalog/
book/book_.html.
. C B–T D M, Contare e raccontare. Dialogo sulle due

Introduzione
due culture, del , composto di due lunghe epistole: Carissimo
Tullio. . . , Carissimo Carlo. . .
Per Bernardini la storica polemica di Snow non si può considerare un «dibattito sorpassato», poiché persiste «un problema
di incomunicabilità», dovuto in parte alla intrinseca diversità dei
rispettivi linguaggi, «che diventano divergenti là dove il linguaggio scientifico si prende la sua autonomia e lascia in soffitta il
linguaggio di tutti i giorni»,, e in parte all’atteggiamento degli
interlocutori. Bernardini riconosce che i colleghi «fisici e matematici — ma i biologi molecolari li stanno raggiungendo — sono
affetti da delirio di onnipotenza», probabilmente poiché si occupano «di cose astratte e invisibili», e «costituiscono un ambiente che
vive freneticamente, ferocemente meritocratico, in cui perfino
la ‘normalità’ è mal tollerata». Dall’altro lato, accusa il pensiero
umanista che punta «solo ad essere erudito ed elegante e non si
preoccupa minimamente del rigore semantico», critica il suo
parlare che a volte non «appare più elegante, non è più sofisticato»,
ma «solo banalmente ‘ideologico’ (che ogni ideologia tragga forza
dal fatto che supplisce a una incompetenza?)». Conclude, dunque,
auspicando una convivenza «senza prevaricazioni»:
Il concetto ‘cultura dominante’ è deprecabile; né più né meno di quanto
non lo sia l’emarginazione culturale di particolari settori. Ma questo
implica che ciascuno faccia il possibile per farsi capire. L’incomprensibiculture, Bari–Roma, Laterza, .
. C B–T D M, Contare e raccontare, cit., p. .
. Carlo Bernardini distingue il «linguaggio di comunicazione», tipico della cultura
umanistica, usato per «la formulazione di registrazioni memorizzabili di informazioni
(fatti, opinioni, idee), nell’impiego soggettivo; e per lo scambio di quelle informazioni,
nell’impiego intersoggettivo», dal «linguaggio di elaborazione», tipico della cultura
scientifica, che «usa le informazioni, particolarmente quelle della realtà circostante, per
elaborarle secondo procedure concepite e collaudate al fine di conseguire risultati non
contenuti già nelle informazioni di partenza» (C B, Prima lezione di fisica,
Laterza, Roma, , p. ).
. C B–T D M Contare e raccontare, cit., p. .
. Ivi, p. .
. Ivi, p. .
. Ivi, p. .