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Sommario
15 maggio 2017
20
Redditi d'impresa
Regime ‘‘misto’’ cassa/competenza per la determinazione del reddito delle imprese
minori
Il regime di determinazione del reddito delle imprese minori, in vigore dal 18 gennaio 2017, è misto. Si applica
per taluni componenti reddituali il principio di cassa, ed in altri casi il principio di competenza. L’Agenzia delle entrate ha fornito, con la circolare n. 11/E/2017, una ‘‘chiave’’ di lettura per comprendere quale sia l’ambito di operatività della novità in oggetto o quando l’art. 66 del T.U.I.R. non abbia subı̀to alcuna modifica.
1547
di Nicola Forte
Sanzioni
La doppia sanzione per gli illeciti fiscali commessi dalla società (e dai
suoi amministratori)
Il divieto di doppia punizione per il medesimo fatto, calato nel principio del ne bis in idem, non si estende all’ipotesi di reato fiscale, nel caso di omesso versamento dell’IVA, imputabile all’amministratore di un ente giuridico,
responsabile, quest’ultimo, per le sanzioni amministrative. L’intervento della Corte europea, con sentenza in
cause riunite C-217/15 e C-350/15, nega l’esistenza della identità della persona (profilo soggettivo) sebbene la
sanzione comminata alle due persone, nel caso di specie, giuridica e fisica, sia derivante dal medesimo fatto
(profilo oggettivo). Nella definizione della controversia, la Corte europea, sulla scia dei precedenti in tema, pone
in evidenza la differenza applicativa che intercorre tra le disposizioni riguardanti il principio del ne bis in idem, rispettivamente, nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e nella Convenzione Europea dei Diritti
dell’Uomo.
1554
di Paolo Centore
Fiscalità internazionale
Il credito di imposta ‘‘indiretto’’ per gli utili provenienti da soggetti esteri Black List
L’istituto del credito di imposta indiretto, introdotto dal Decreto Internazionalizzazione, rappresenta un importante correttivo alle disposizioni in materia di tassazione degli utili provenienti da paradisi fiscali, in quanto elimina
un effetto distorsivo che si verificava quando il socio residente otteneva la disapplicazione della disciplina CFC
per l’esimente dell’effettiva attività commerciale svolta dalla partecipata estera. Le modalità di determinazione
del credito possono presentare peculiarità applicative in determinate fattispecie, che sono state oggetto di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 108/E/2016.
1564
di Giacomo Albano e Fabrizio Iachini
Patent Box
Patent Box: la riduzione del foreign tax credit può far perdere appeal all’incentivo
L’agevolazione rappresentata dal regime Patent Box per i redditi generati dagli intangibles potrebbe scontrarsi
con un’applicazione formale del principio dettato dall’art. 165, comma 10, del T.U.I.R., che prevede la rilevanza
delle imposte pagate all’estero in misura proporzionale alla quota di reddito estero che concorre alla formazione
del reddito complessivo. Siccome è ragionevole attendersi che molti degli asset immateriali agevolabili producano redditi all’estero, tipicamente attraverso la concessione in uso a fronte di royalties soggette a withholding
tax, la riduzione del credito per le imposte estere comporterebbe una penalizzazione importante rispetto al medesimo intangibile che sia sfruttato (licenziato) soltanto nel territorio dello Stato. Si rischia, cosı̀, di frustrare gli
Corriere Tributario 20/2017
1543
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Sommario
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15 maggio 2017
obiettivi della norma, che è rivolta certamente anche (se non soprattutto) agli intangibili di maggiore importanza,
per i quali lo sfruttamento all’estero è una regola.
1571
di Gian Marco Committeri e Mauro Sebastianelli
Processo tributario
Le garanzie per l’esecuzione delle sentenze di condanna a favore del contribuente
Il D.M. 6 febbraio 2017 ha determinato l’oggetto della garanzia per l’esecuzione delle sentenze di condanna a
favore del contribuente. La garanzia deve essere prestata sotto forma di cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, al valore nominale, ovvero da fideiussione rilasciata da una banca o da una impresa commerciale che,
a giudizio dell’ente a favore del quale deve essere prestata, offra adeguate garanzie di solvibilità ovvero di polizza fideiussoria rilasciata da un’impresa di assicurazione.
1579
di Saverio Capolupo
IVA
E-book con aliquota IVA ordinaria
La Corte di Giustizia, con la sentenza resa nella causa C-390/15 del 2017, ha affermato che l’applicazione dell’aliquota IVA ordinaria ai prodotti editoriali on line non dà luogo ad una disparità di trattamento rispetto all’aliquota
IVA ridotta applicabile agli analoghi prodotti cartacei o diffusi su supporto fisico. Tale conclusione si basa sull’attuale normativa, che non considera però gli sviluppi tecnologici ed economici del settore, tant’è che la stessa
Commissione europea, raccogliendo l’invito del Consiglio, ha presentato una proposta di Direttiva che modifichi
le disposizioni relative alle aliquote IVA per le pubblicazioni elettroniche in modo da equipararle a quelle cartacee.
1583
di Marco Peirolo
Disciplina dei distributori automatici, anche ‘‘misti’’ (tabacchi e merci varie)
I corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi realizzati tramite i distributori automatici devono
essere memorizzati in forma elettronica e trasmessi in via telematica all’Agenzia delle entrate. L’obbligo è già
operante, dal 18 aprile 2017, per i distributori automatici dotati di un particolare dispositivo tecnico di trasmissione (‘‘porta di comunicazione’’), mentre per gli apparecchi privi di tale dispositivo la decorrenza è stata rinviata al
18 gennaio 2018. Nel frattempo, con la risoluzione n. 44/E/2017, è stato affrontato il problema degli apparecchi
distributori c.d. misti, cioè quelli che erogano sia beni soggetti allo speciale regime IVA ‘‘monofase’’ (tabacchi,
schede telefoniche, biglietti di trasporto o di sosta, ecc.) o biglietti delle lotterie ad estrazione istantanea (c.d.
gratta e vinci), sia beni soggetti al regime IVA ordinario (‘‘merci varie’’). Per essi, l’Agenzia ha precisato che l’esercente ha l’obbligo di trasmettere solo i dati relativi ai corrispettivi di questi ultimi. Ciò in quanto nelle altre ipotesi le operazioni non costituiscono cessioni di beni ai fini IVA (per effetto del regime monofase), ovvero l’importo incassato dall’esercente non ha natura di corrispettivo ma di aggio (lotteria).
1597
di Francesco Scopacasa
Dogane
Tempo e luogo dell’obbligazione doganale: limiti all’attività di accertamento
Individuare con precisione il momento e il luogo in cui sorge l’obbligazione doganale è un’operazione fondamentale, al fine di determinare con precisione il giorno da cui inizia a decorrere il termine di prescrizione e per
identificare l’Ufficio legittimato all’accertamento. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 26045/2016, induce
a una riflessione sui limiti del potere di accertamento a posteriori, in relazione a due fattori: il tempo entro cui il
provvedimento impositivo deve essere notificato all’operatore e la competenza territoriale dell’Ufficio, legittimato a svolgere l’attività di rettifica della dichiarazione. Tali problematiche tornano a essere di grande attualità, alla
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Sommario
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15 maggio 2017
luce delle norme del nuovo codice doganale dell’Unione, che contiene importanti novità, sia per la disciplina della prescrizione, sia quanto alla regolamentazione della competenza territoriale.
1605
di Elena Fraternali
Accertamento
Il declino del raddoppio dei termini per il Quadro RW tra principio di irretroattività e
censure europee
Il raddoppio dei termini è un meccanismo che agevola l’Amministrazione finanziaria nella propria attività accertatrice ed è stato introdotto nel nostro ordinamento nel 2006 in relazione a fattispecie che, oltre a violare norme
tributarie, integrano verosimilmente una condotta penalmente rilevante. Le numerose incertezze applicative e i
frequenti abusi hanno sin da subito messo in discussione tale disciplina introdotta dal c.d. Decreto Bersani-Visco, la quale, dopo un salvataggio da parte della Corte costituzionale, è stata sostanzialmente abrogata dal legislatore nel 2015. Un destino analogo lo sta vivendo il raddoppio dei termini per violazioni della normativa sul
monitoraggio fiscale previsto dall’art. 12, comma 2-bis, D.L. n. 78/2009, che, dopo aver visto la prevalente giurisprudenza di merito attestarsi su una posizione che gli attribuisce natura di norma sostanziale e ne impedisce
un’applicazione retroattiva, rischia di essere del tutto spazzato via dal diritto UE. Con una decisione del 15 febbraio 2017, la Corte di Giustizia UE ha, infatti, stabilito che la disciplina di uno Stato membro che prevede maggiori termini di accertamento per capitali detenuti in Stati terzi costituisce una restrizione incompatibile con la libera circolazione del capitale ex art. 63 T.F.U.E., che può essere considerata giustificata solo nell’ipotesi in cui
già esistente al 31 dicembre 1993.
1613
di Pietro Mastellone
Asterischi
* Tappeti rossi ai soggetti ‘‘non residenti’’ con alto potenziale di ricchezza
Una specifica disposizione contenuta nella Legge di bilancio di quest’anno favorisce il radicamento nel nostro
territorio di soggetti (persone fisiche) stranieri con alto potenziale di ricchezza. Basta il trasferimento della residenza in Italia e una specifica istanza di interpello all’Agenzia delle entrate. A fronte di una imposta (ritenuta) sostitutiva (e assai modesta nell’ammontare), il non residente può lucrare l’importo delle imposte sui redditi ‘‘estere’’ e, persino, di quelle di successione. Mancano, però, nella legge le indicazioni per misurare l’idoneità del
‘‘non residente’’ ad essere considerato particolarmente ‘‘agiato’’.
di Tommaso Lamedica
1621
Per la consultazione della normativa, della prassi e della giurisprudenza tributaria citate nel presente fascicolo si
rinvia alla Banca Dati BIG Suite, IPSOA.
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Settimanale di attualità, critica e opinione
Direzione scientifica
Cesare Glendi - Professore Emerito di diritto processuale civile presso l’Università di Parma e Avvocato in Genova
Coordinamento scientifico
Gianfranco Ferranti - Professore ordinario della Scuola nazionale dell’amministrazione
Comitato scientifico
Sara Armella - Avvocato in Genova e Milano
Massimo Basilavecchia - Professore ordinario di diritto tributario presso l’Università di Teramo e Avvocato in Pescara
Mauro Beghin - Professore ordinario di diritto tributario presso l’Università di Padova, Avvocato e Dottore
commercialista in Padova
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Angelo Busani - Notaio in Milano
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Primo Ceppellini - Dottore commercialista in Milano
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modulo J. Monnet della Commissione europea
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Circ. 13 aprile 2017, n. 11/E
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Redditi d’impresa
F. Telch, “Nuovo regime di determinazione del reddito per le ‘imprese minori’: disciplina IRPEF ed IRAP”, in Pratica Fiscale n. 19/2017, pag. 41
Regime “misto” cassa/competenza
per la determinazione del reddito
delle imprese minori
di Nicola Forte (*)
Il regime di determinazione del reddito delle imprese minori, in vigore dal 1° gennaio 2017, è misto. Si applica per taluni componenti reddituali il principio di cassa, ed in altri casi il principio
di competenza. L’Agenzia delle entrate ha fornito, con la circolare n. 11/E/2017, una “chiave”
di lettura per comprendere quale sia l’ambito di operatività della novità in oggetto o quando
l’art. 66 del T.U.I.R. non abbia subìto alcuna modifica.
L’Agenzia delle entrate ha fornito, con la circolare n. 11/E del 13 aprile 2017, i primi chiarimenti relativi al nuovo regime di cassa applicabile, dal 1° gennaio 2017, alle imprese c.d.
minori.
In realtà alcuni dubbi erano stati risolti in occasione nell’incontro con la stampa specializzata del 2 febbraio 2017, ma le incertezze erano
ancora numerose e gli operatori avvertivano
l’esigenza di un ulteriore intervento dell’Agenzia delle entrate.
Il tema è molto ampio. L’attenzione, in questa
sede, si soffermerà sugli aspetti più controversi,
come l’individuazione dei componenti negativi
di reddito per i quali, nonostante le modifiche,
continuano ad applicarsi ancora oggi i medesimi criteri di partecipazione alla determinazione
del reddito di impresa in vigore fino al 31 dicembre 2016. A tal proposito la circolare in
esame ha rilevato preliminarmente come la relazione illustrativa al disegno di Legge di bilancio 2017 abbia chiarito come sia stato introdotto “un regime di contabilità semplificata
improntato alla cassa”. In buona sostanza alcuni componenti negativi di reddito continuano
ad assumere rilevanza in base al principio di
competenza.
Ulteriori chiarimenti hanno interessato gli obblighi contabili. Gli operatori hanno manife-
stato in più occasioni il fondato timore che i
nuovi adempimenti potessero compromettere,
facendole venire meno, alcune semplificazioni,
che sono state introdotte negli anni e riguardanti i soggetti di minori dimensioni (1).
La circolare ha altresì chiarito come comportarsi qualora il contribuente abbia esercitato in
precedenza, prima dell’entrata in vigore della
novità in rassegna, l’opzione per un diverso regime di determinazione dell’imposta con vincolo triennale.
(*) Dottore commercialista in Roma, Studio Forte
(1) Ad esempio il dubbio riguardava la possibilità di conciliare l’obbligo di annotazione cronologica (nel nuovo registro degli incassi) dei corrispettivi percepiti dai contribuenti che eser-
citano una delle attività di commercio al minuto di cui all’art.
22 del D.P.R. n. 633/1972, e la possibilità di continuare ad annotare mensilmente i corrispettivi ai fini IVA e non giorno per
giorno.
Corriere Tributario 20/2017
Modalità di determinazione del reddito
L’art. 1, commi da 17 a 23, della Legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Legge di bilancio 2017)
ha modificato i criteri di determinazione della
base imponibile IRPEF ed IRAP per le imprese
minori in contabilità semplificata.
L’intervento normativo, però, è stato parziale
nel senso che le modifiche hanno riformulato
solo in parte i commi 1 e 3 dell’art. 66 del
T.U.I.R. Si pone quindi il problema di coordinare la novella legislativa con la parte della disposizione non interessata dall’intervento ed
ancora oggi in vigore.
Ulteriori novità hanno anche interessato, di
conseguenza, i relativi obblighi contabili di cui
all’art. 18 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.
600.
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Redditi d’impresa
Subito dopo l’approvazione della Legge di bilancio 2017 è apparso immediatamente evidente come il regime di determinazione del
reddito conseguente al nuovo testo del citato
art. 66 non fosse un regime di cassa “puro”,
bensì un regime misto che richiede l’applicazione, a seconda dei singoli componenti reddituali, sia del principio di competenza che quello di cassa.
Criterio di cassa
La modifica più rilevante, cioè l’applicazione
del nuovo regime di cassa, è prevista dal testo
novellato del comma 1 dell ’ art. 66 de l
T.U.I.R. La nuova disposizione prevede che il
reddito delle imprese minori è costituito “dalla
differenza tra l’ammontare dei ricavi di cui all’art. 85 e degli altri componenti di cui all’art.
89 percepiti nel periodo di imposta e quello
delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività d’impresa”.
L’utilizzo delle espressioni “percepiti” e “sostenute” vuol significare che si deve fare riferimento agli incassi e ai pagamenti (2) come
previsto per gli esercenti arti e professioni ai
sensi dell’art. 54 del T.U.I.R. (3).
Ai fini dell’individuazione dei beni e servizi
che danno luogo a componenti positivi di reddito ai quali è attribuibile la qualificazione di
ricavi, si deve fare riferimento all’art. 85 del
T.U.I.R. In particolare, il comma 1, lett. a) e
b) attribuisce la predetta qualificazione ai corrispettivi:
- delle cessioni di beni e delle prestazioni di
servizi alla cui produzione o al cui scambio è
diretta l’attività d’impresa;
- delle cessioni di materie prime e sussidiarie,
di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi
quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione.
(2) “Specularmente, è da ritenere che lo stesso criterio di
cassa sia applicabile anche alle ‘spese sostenute’ nell’esercizio
d’impresa, ancorché la formulazione letterale della disposizione in commento non sia mutata. In tal senso, depone la relazione illustrativa al disegno di Legge di bilancio 2017, laddove
afferma che si deroga al criterio di competenza ‘sia per i ricavi
che per le spese’, nonché la soppressione, al comma 3 dell’art.
66 del T.U.I.R., del rinvio ai commi 1 e 2 dell’art. 109 del
T.U.I.R., che sanciscono e declinano il principio di competen-
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Circ. 13 aprile 2017, n. 11/E
Si considerano tali le indennità percepite a titolo di risarcimento danni, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento
di beni la cui cessione dà origine a ricavi (cfr.
la successiva lettera f) (4).
Sono considerati ricavi anche i corrispettivi
derivanti dalla cessione dei seguenti beni, anche se non rientrano tra quelli al cui scambio
è diretta l’attività d’impresa. Le imprese in
contabilità semplificata non redigono il bilancio di esercizio. Pertanto non è prevista la possibilità di iscrivere i beni sotto indicati tra le
immobilizzazioni finanziarie. Le imprese conseguiranno sempre ricavi e mai plusvalenze per
le cessioni di:
- azioni o quote di partecipazione in società ed
enti commerciali, soggetti passivi dell’IRES;
- obbligazioni;
- altri titoli in serie o di massa.
Invece per gli altri proventi si deve fare riferimento al successivo art. 89. Si tratta, in questo
caso, dei dividendi e degli interessi. Il legislatore ha utilizzato, con riferimento ai predetti proventi, l’espressione percepiti, analogamente ai
ricavi. Assumono quindi rilevanza esclusivamente al momento dell’incasso, indipendentemente dal momento di maturazione.
Per quando riguarda, invece, l’individuazione
del momento in cui i ricavi si considerano percepiti e le spese sono effettivamente pagate, il
documento di prassi ha fatto riferimento ad
una serie di risoluzioni e circolari emanate negli anni scorsi (5). In particolare, per ciò che
riguarda gli assegni bancari e circolari, si deve
fare riferimento al momento in cui avviene la
consegna del titolo. Per ciò che riguarda i bonifici, il movimento finanziario si considera
avvenuto allorquando l’ordinante perde la disponibilità della somma di denaro sul conto
corrente, ovvero quando il beneficiario la acquisisce, mentre le movimentazioni effettuate
za” (cfr. circolare n. 11/E in commento).
(3) Avente ad oggetto i criteri di determinazione dei redditi
di lavoro autonomo.
(4) Ad esempio l’indennità percepita da una compagnia di
assicurazione a causa dell’incendio del magazzino (della merce).
(5) Risoluzione n. 138/E/2009; circolare n. 38/E/2010; risoluzione n. 77/E/2007.
Corriere Tributario 20/2017
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Redditi d’impresa
Circ. 13 aprile 2017, n. 11/E
tramite carte di credito o
di debito si considerano
avvenute al momento dell’utilizzo della carta. È
dunque irrilevante la data
di effettivo addebito sul
conto corrente bancario.
La prima di esse riguarda
l’ipotesi di autoconsumo.
Momento in cui i ricavi si considerano
La norma precisa testualpercepiti e le spese pagate
mente che “Si comprende
Per quando riguarda l’individuazione del
tra i ricavi anche il valore
momento in cui i ricavi si considerano
normale dei beni ivi indipercepiti e le spese sono effettivamente
cati destinati al consumo
pagate, la circolare dell’Agenzia delle
personale o familiare delentrate n. 11/E/2017 ha chiarito che, per gli
Prima deroga
l’imprenditore”.
assegni bancari e circolari, si deve fare
al principio di cassa
riferimento al momento in cui avviene la
L’applicazione del princiconsegna del titolo. Per i bonifici, il
pio di cassa “puro” avrebL’art. 66, comma 1, ultimovimento finanziario si considera avvenuto be di fatto determinato
mo periodo, del T.U.I.R. allorquando l’ordinante perde la
l’esclusione dal computo
individua la prima deroga disponibilità della somma di denaro sul
del reddito dei ricavi conal principio di cassa. Si conto corrente, ovvero quando il
seguenti alle operazioni di
tratta dei componenti red- beneficiario la acquisisce, mentre le
autoconsumo. Ciò in
dituali che non sono mai movimentazioni effettuate tramite carte di
quanto le predette operain grado di generare alcun credito o di debito si considerano avvenute
al momento dell’utilizzo della carta. È
zioni non danno mai luomovimento finanziario
dunque irrilevante la data di effettivo
go all’incasso della relati(incasso o pagamento). Le addebito sul conto corrente bancario.
va prestazione. Per tale raeccezioni hanno diversa
gione il legislatore ha preorigine in ragione delle
visto la rilevanza tout court dei ricavi consesingole componenti reddituali. In particolare
guenti alle predette operazioni di autoconsudevono essere tenuti distinti:
mo. Il periodo di imputazione sarà quello di
- i componenti positivi di reddito per i quali,
competenza cioè quello in cui avviene l’asseove non fosse stata prevista la deroga al princignazione o l’estromissione dei beni in grado di
pio di cassa, non sarebbero in grado di parteci- generare ricavi.
pare alla determinazione del reddito d’impresa La medesima ratio riguarda il riferimento nor(dell’imprenditore individuale o della società mativo all’art. 90, comma 1. La disposizione
di persone);
disciplina le modalità di partecipazione al red- i componenti straordinari di reddito che, teo- dito d’impresa degli immobili diversi da quelli
ricamente, avrebbero potuto concorrere in ba- strumentali e diversi dai c.d. beni merce. Quese al nuovo principio di cassa ma per i quali, ste due tipologie di immobili concorrono alla
presumibilmente proprio in ragione del loro determinazione del reddito d’impresa sulla base
carattere straordinario, il legislatore ha deciso di un sistema di costi e ricavi effettivi. Ad
di conservare l’applicazione del principio di esempio il costo sostenuto per l’acquisto di un
competenza.
ufficio (categoria catastale A10) è ammortizzaIl legislatore ha previsto che la differenza tra i bile, quindi partecipa alla formazione del redricavi e gli altri proventi percepiti e le relative dito d’impresa tramite la procedura di ammorspese sostenute (pagate) debba essere aumenta- tamento (6).
ta dei ricavi di cui all’art. 57 del T.U.I.R. e dei L’art. 90, comma 1, primo periodo, fa riferiproventi di cui all’art. 90, comma 1, del mento ai redditi degli immobili c.d. patrimoT.U.I.R. Le ragioni dell’indicazione normativa nio che “concorrono a formare il reddito nelsono immediatamente intuibili a seguito della l’ammontare determinato secondo le disposizioni del capo II del titolo I per gli immobili simera lettura delle due disposizioni citate.
LA PRASSI AMMINISTRATIVA
(6) Nell’ipotesi in cui lo stesso immobile fosse concesso in
locazione i relativi canoni costituiranno un componente positi-
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vo di reddito tassabile al momento dell’effettivo incasso. La
novità si applica con decorrenza dal 1° gennaio 2017.
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tuati nel territorio dello
detto componente positiLA PRASSI AMMINISTRATIVA
Stato”. In buona sostanza
vo di reddito in un’unica
il legislatore ha previsto, Spese di manutenzione ordinaria
soluzione nell’anno di reatrovando applicazione il e canoni di leasing
lizzo o, a scelta del contri“principio di attrazione”, Secondo le indicazioni dell’Agenzia delle
buente, “in quote costanti
entrate, le spese di manutenzione ordinaria
che i redditi dei predetti si considerano deducibili nel periodo di
nell’esercizio stesso e nei
immobili debbano in ogni imposta di pagamento, sia pure nei limiti del successivi, ma non oltre il
caso partecipare alla for- plafond del 5% previsto dall’art. 102 del
quarto”. Tale possibilità
mazione del reddito d’im- T.U.I.R. In questo caso, quindi, trova
di rateazione è subordinapresa, ma che la relativa applicazione il nuovo principio di cassa.
ta, però, al possesso dei
quantificazione debba es- Diversamente, in considerazione del
beni che danno origine alsere effettuata sulla base principio di analogia di trattamento fiscale
la plusvalenza, da almeno
dei criteri catastali/forfeta- dell’acquisto dei beni in proprietà e in
tre anni.
leasing, l’Agenzia è dell’avviso che i canoni
ri previsti dal T.U.I.R.
di leasing siano deducibili in capo alle
L’imprenditore dovrà in- imprese minori a norma del comma 7
Cassa o competenza:
la “chiave” di lettura
cludere nel quadro RG dell’art. 102 del T.U.I.R. Quindi, il maxidell’Agenzia delle entrate
del Modello di dichiara- canone di leasing deve essere dedotto per
zione un componente po- competenza, essendo in tal caso irrilevante
I maggiori dubbi circa
sitivo di reddito rappre- il momento del pagamento.
l’applicazione del criterio
sentato dalla rendita catadi cassa o di competenza
stale rivalutata dell’immobile. Si tratta, evi- trovano origine nei commi 2 e 3 del testo nodentemente, di un componente di tipo figura- vellato dell’art. 66 del T.U.I.R.
tivo forfetario che non risulterà mai incassato
Preliminarmente la circolare in commento ha
dall’imprenditore. Per tale ragione l’art. 66 del
precisato che “nonostante la soppressione delT.U.I.R. ha richiamato il citato art. 90. Diverl’espresso richiamo ai commi 1 e 2 dell’art. 109
samente, il mancato riferimento alla predetta
del T.U.I.R., prima recato al comma 3 dell’art.
disposizione avrebbe dato luogo all’esclusione
66 del Testo Unico, è da ritenere che lo stesso
dei predetti componenti ai fini della determiart. 66, laddove richiami l’applicazione di spenazione del reddito d’impresa.
La disposizione in oggetto, almeno sotto questo cifiche norme del T.U.I.R., rinvii per queste
profilo, è rimasta sostanzialmente immutata. ultime anche ai loro criteri ordinari di imputaL’unica differenza è costituita dalla cancellazio- zione temporale”. In questi casi l’interprete done del riferimento alle rimanenze iniziali e fi- vrà verificare se, sulla base delle disposizioni
nali, che nel nuovo “sistema”, fondato essen- precedentemente in vigore, sia applicabile il
zialmente sul principio di cassa, non sono più criterio di cassa o di competenza, considerato
rilevanti. Invece continuano a partecipare alla che il nuovo “sistema” di determinazione del
determinazione del reddito, in base al principio reddito delle imprese minori è comunque “midi competenza, le plusvalenze, le minusvalenze, sto”, cioè improntato alla cassa. Ad esempio
gli oneri fiscali e contributivi di cui all’art. 99,
le sopravvenienze attive e passive.
Il testo novellato della disposizione continua commi 1 e 3, del T.U.I.R. sono deducibili, coad utilizzare la stessa espressione del preceden- me pure in passato, nell’anno in cui avviene il
te testo normativo: “plusvalenze realizzate”. pagamento. L’art. 66 richiama espressamente
Non sussistono dubbi, quindi, sull’applicazione l’art. 99, che, anche prima delle modifiche apdella medesima disciplina già prevista negli an- portate dalla Legge di bilancio del 2017, suborni precedenti, quindi anche prima dell’introdu- dinava la deducibilità del componente negatizione del nuovo regime di cassa. Rimane quin- vo di reddito all’avvenuto pagamento. Ad
di ferma anche la possibilità, prevista dall’art. esempio il contribuente può considerare in de86, comma 4, di sottoporre a tassazione il pre- duzione il 20% dell’IMU nell’anno di paga-
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mento, ma il criterio di
D.Lgs. 18 agosto 2015, n.
LA PRASSI AMMINISTRATIVA
139, i predetti oneri non
cassa, come ricordato, non
è variato rispetto al passa- Spese di pubblicità e di ricerca
siano più capitalizzabili.
La
circolare
n.
11/E/2017
ha
osservato
come,
to.
Conseguentemente, in
La circolare ha chiarito a seguito delle modifiche al Codice civile,
questo caso trova applicaapportate dal D.Lgs. n. 139/2015, le spese di
zione il principio di cassa
definitivamente i criteri pubblicità e di ricerca non siano più
puro e la deduzione del
di deducibilità delle spese capitalizzabili. Conseguentemente, in
di manutenzione. Gli ope- questo caso trova applicazione il principio di costo in un’unica soluzione può essere fatta valere
ratori non sapevano come cassa puro e la deduzione del costo in
nel periodo di imposta in
comportarsi, in quanto un’unica soluzione può essere fatta valere
cui avviene il relativo panel corso dell’incontro nel periodo di imposta in cui avviene il
gamento.
con la stampa specializzata relativo pagamento.
Non sussistono dubbi, indel 2 febbraio 2017 non
vece, sui criteri di deducibilità delle quote di
era stata fornita alcuna indicazione.
A tal proposito la circolare ha osservato come ammortamento dei beni materiali (anche a uso
l’art. 66, comma 2, del T.U.I.R., nel richiama- promiscuo), delle perdite di beni strumentali e
re l’art. 102, fa esclusivamente riferimento alla delle perdite su crediti di cui all’art. 101 del
disciplina degli ammortamenti e non ha inteso T.U.I.R. In tutti questi casi si applica il criteaffermare l’applicazione di tutto il contenuto rio di competenza. La medesima soluzione ridella predetta disposizione. Conseguentemen- guarda gli accantonamenti di quiescenza e prete, secondo questa indicazione, le spese di ma- videnza, le spese per prestazioni di lavoro e gli
nutenzione ordinaria si considerano deducibili oneri di utilità sociale.
nel periodo di imposta di pagamento, sia pure Gli interessi di mora si considerano in deduzionei limiti del plafond del 5% previsto dall’art. ne, invece, nell’esercizio in cui avviene l’effet102. In questo caso, quindi, trova applicazione tivo pagamento. La circostanza è dovuta non
il nuovo principio di cassa. “Diversamente, in all’applicazione del nuovo principio di cassa,
considerazione del principio di analogia di trat- ma al testo della disposizione, l’art. 109, comtamento fiscale dell’acquisto dei beni in pro- ma 7, del T.U.I.R., che è rimasta pressoché
prietà e in leasing, si è dell’avviso che i canoni immutata. In pratica continua ad applicarsi la
di leasing siano deducibili in capo alle imprese disposizione già in vigore negli anni precedena n o r m a d e l c o m m a 7 d e l l ’ a r t . 1 0 2 d e l ti.
T.U.I.R. Quindi, anche il maxi-canone di leasing deve essere dedotto per competenza, essen- Obblighi contabili: continuano ad applicarsi
do in tal caso irrilevante il momento del paga- le semplificazioni in vigore
mento”.
Il legislatore è intervenuto modificando anche
La soluzione è pienamente condivisibile. D’al- il testo dell’art. 18 del D.P.R. n. 600/1973. Ciò
tra parte, sarebbe stato paradossale affermare in quanto, a seguito dell’applicazione del prinche le imprese minori avrebbero potuto consi- cipio di cassa, è necessario dare evidenza del
derare in deduzione i canoni di locazione fi- momento in cui avviene l’incasso dei ricavi ed
nanziaria in base ad un criterio di cassa puro, il pagamento delle spese. Per tali ragioni è nediversamente dagli esercenti arti e professioni, cessario istituire appositi registri degli incassi e
che, sulla base dell’art. 54 del T.U.I.R., consi- dei pagamenti.
derano in deduzione i medesimi canoni in base In alternativa il contribuente può non istituire
agli importi maturati, quindi per competenza.
i predetti registri con la mera tenuta dei regiUlteriori chiarimenti hanno interessato anche stri IVA integrati anche con le movimentaziole spese di pubblicità e di ricerca. La circolare ni irrilevanti ai fini IVA. L’indicazione è conin commento ha osservato come, a seguito del- tenuta nel successivo comma 4 del testo novelle modifiche al Codice civile, apportate dal lato del predetto art. 18. Nello specifico si preCorriere Tributario 20/2017
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vede che “i registri tenuti
cifiche disposizioni o semLA PRASSI AMMINISTRATIVA
plificazioni ai fini IVA”.
ai fini dell’imposta sul valore aggiunto sostituisco- Esercenti di attività di commercio al minuto Si è posto dunque il problema di come conciliare
no i registri indicati al Con riferimento ai soggetti che applicano
specifiche disposizioni o semplificazioni ai
la tenuta del registro crocomma 2, qualora vi siano fini IVA, la necessità di osservare l’obbligo
iscritte separate annota- di cronologia preclude, di fatto, la possibilità nologico degli incassi, da
p a r t e d e i so g g e t t i ch e
zioni non soggette a regi- di tenuta degli incassi e dei pagamenti, che
esercitano un’attività di
strazione ai fini della sud- devono essere tenuti nel rispetto delle
commercio al minuto
detta imposta. In luogo regole contenute nel comma 2 dell’art. 18
(con corrispettivi), con la
del
D.P.R.
n.
600/1973.
Pertanto,
la
circolare
delle singole annotazioni
facoltà di cui all’art. 6,
relative a incassi e paga- n. 11/E/2017 ha chiarito che tali soggetti
possono adottare il regime di cassa,
comma
4, del D.P.R. n.
menti, nell’ipotesi in cui
applicando il comma 4 del medesimo
695/1996. Tale norma
l’incasso o il pagamento articolo, secondo cui i registri IVA
prevede la possibilità di
non sia avvenuto nell’an- sostituiscono i registri degli incassi e dei
no di registrazione, nei re- pagamenti qualora vi siano iscritte separate registrare cumulativamente le operazioni effettuate
gistri deve essere riportato annotazioni delle operazioni non soggette
in ciascun mese solare enl’importo complessivo dei ad IVA, sia indicato l’importo complessivo
tro il giorno 15 del mese
mancati incassi o paga- dei mancati incassi o pagamenti nonché i
successivo.
menti con indicazione documenti contabili - fatture ove emesse Fino all’ultimo intervento
cui gli stessi si riferiscono.
delle fatture cui le operaad opera della circolare in
zioni si riferiscono” (7).
commento non era chiaro come conciliare
È prevista, poi, anche una terza possibilità. Ai
l’obbligo di registrazione cronologica dei corrisensi del successivo comma 5 il contribuente
spettivi nel registro degli incassi e l’obbligo di
può optare per la mera tenuta dei registri IVA
indicazione degli estremi del cliente (o il codisenza fornire alcuna indicazione degli incassi e
ce fiscale) “per lo più sconosciute al cedente”.
dei pagamenti. In tal caso si presume che la La necessità di osservare l’obbligo di cronolodata di registrazione dei documenti coincida gia preclude, di fatto, la possibilità di tenuta
con quella in cui è intervenuto il relativo in- degli incassi e dei pagamenti, che devono essecasso o pagamento. L’opzione è vincolante per re scritturati nel rispetto delle regole previste
un triennio e la presunzione è assoluta, quindi dall’art. 18, comma 2, del D.P.R. n. 600/1973.
non è consentita la prova contraria. Rimane Pertanto, l’adozione del regime di cassa impofermo l’obbligo di annotare separatamente le ne l’applicazione del successivo comma 4 del
operazioni non soggette a registrazione ai fini medesimo art. 18, il quale prevede che “i regiIVA.
stri IVA sostituiscono i registri degli incassi e
Sotto il profilo contabile gli operatori erano dei pagamenti qualora vi siano iscritte separate
preoccupati di conciliare le nuove regole di de- annotazioni delle operazioni non soggette ad
terminazione del reddito di impresa con le di- IVA, sia indicato l’importo complessivo dei
sposizioni che, nel corso degli anni passati, mancati incassi o pagamenti nonché i docuhanno previsto una serie di semplificazioni menti contabili - fatture ove emesse - cui gli
contabili proprio per le imprese minori.
stessi si riferiscono”.
Preliminarmente il documento di prassi ha os- In buona sostanza il contribuente, esercente
servato che l’art. 18 del D.P.R. n. 600/1973 un’attività di commercio al minuto, si trova di
“non contiene alcuna preclusione all’accesso al fronte ad una duplice scelta. È possibile adottaregime in parola per coloro che applicano spe- re i registri cronologici degli incassi e dei paga(7) “In tal caso, i ricavi percepiti e i costi sostenuti devono
essere annotati separatamente nei registri stessi nel periodo
d’imposta in cui vengono incassati o pagati, indicando ai sensi
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del comma 2, lettera c), il documento contabile già registrato
ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”.
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menti, ma in questo caso si deve rinunciare alla semplificazione rappresentata dalla possibilità di annotare cumulativamente i corrispettivi
del mese. La registrazione dovrà essere effettuata giorno per giorno. Tuttavia tale possibilità è
meramente teorica, essendo necessario, non solo effettuare la registrazione con periodicità (e
cronologia) giornaliera, ma essendo parimenti
obbligatoria l’indicazione del codice fiscale del
cliente, che però non è conosciuto. L’altra possibilità, invece, concretamente applicabile
consiste nella tenuta dei soli registri IVA. In
calce, al termine dell’esercizio, potranno essere
indicati i mancati incassi e i mancati pagamenti che non concorreranno alla determinazione
del reddito di impresa.
I corrispettivi non incassati potranno essere indicati per “massa” nel registro. L’importo dei
corrispettivi incassati, al netto dell’IVA, concorrerà alla formazione del reddito imponibile.
Per esigenze di controllo nel registro dei corrispettivi devono essere indicati le generalità e
gli importi dei soggetti debitori ai quali si riferiscono i mancati pagamenti. Detti importi de-
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vono essere poi annotati entro 60 giorni dalla
data dell’effettivo incasso, indicando le generalità del soggetto che ha effettuato il pagamento.
I predetti contribuenti riescono così a salvaguardare una rilevante semplificazione, ma, come detto, la circostanza non rende possibile la
tenuta dei registri cronologici degli incassi e
dei pagamenti.
Opzioni precedentemente espresse
La circolare ha chiarito la possibilità di applicare l’art. 1 del D.P.R. n. 442/1997, in base al
quale è possibile revocare o variare l’opzione
precedentemente espressa qualora siano intervenute nuove disposizioni normative.
Pertanto, se nel 2016 il contribuente ha esercitato l’opzione per il regime di contabilità ordinaria, con l’applicazione del vincolo triennale,
è possibile revocare la scelta ed applicare, con
decorrenza dal 1° gennaio 2017, il regime di
cassa in commento.
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Sanzioni
Corte di Giustizia UE, 5 aprile 2017, cause riunite C-217/15 e C-350/15
La doppia sanzione per gli illeciti fiscali
commessi dalla società
(e dai suoi amministratori)
di Paolo Centore (*)
Il divieto di doppia punizione per il medesimo fatto, calato nel principio del ne bis in idem, non
si estende all’ipotesi di reato fiscale, nel caso di omesso versamento dell’IVA, imputabile all’amministratore di un ente giuridico, responsabile, quest’ultimo, per le sanzioni amministrative.
L’intervento della Corte europea, con sentenza in cause riunite C-217/15 e C-350/15, nega l’esistenza della identità della persona (profilo soggettivo) sebbene la sanzione comminata alle due
persone, nel caso di specie, giuridica e fisica, sia derivante dal medesimo fatto (profilo oggettivo). Nella definizione della controversia, la Corte europea, sulla scia dei precedenti in tema, pone in evidenza la differenza applicativa che intercorre tra le disposizioni riguardanti il principio
del ne bis in idem, rispettivamente, nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e
nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Stralciate dal coevo rinvio C-524/15 Menci (1), le cause rimesse dal Tribunale di Santa
Maria Capua Vetere sono giunte a sentenza
con una conclusione che conferma le conclusioni depositate dall’Avvocato Generale in data 12 gennaio 2017 (2), a riguardo nella irrilevanza del principio del ne bis in idem, quando
la sanzione penale sia comminata all’amministratore di una società, essendo quest’ultima responsabile della sanzione amministrativa.
La questione decisa, oltre che rilevante in sé
per l’esclusione, nel caso di specie, del divieto
di doppia punizione, merita particolare attenzione per la sovrapposizione delle norme giudicabili dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, rispetto a quelle devolute alla cognizione della Corte dei Diritti dell’Uomo, il cui range applicativo, come dimostra la sentenza della
Corte di Giustizia, cause riunite C-217/15 e C350/15 (3), non coincide perfettamente.
(*) Avvocato, Professore a contratto di diritto tributario presso
l’Università di Parma e Avvocato in Genova e Milano
(1) Cfr. CGE, ord. 25 gennaio 2017. Sul tema cfr. P. Centore,
“Aspettando la Grande Chambre sulla doppia sanzione per le
infrazioni tributarie”, in Corr. Trib., n. 17/2017, pag. 1336.
(2) Secondo cui: “L’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea non è applicabile quando, in caso di
dualità di procedimenti e sanzioni di carattere amministrativo
1554
Il riassunto dei fatti di causa
Dalla parte motiva (4) si intende che “Il sig.
Orsi ed il sig. Baldetti sono imputati dinanzi al
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per il
reato previsto e punito dall’art. 10-ter del Decreto legislativo n. 74/2000, in combinato disposto con l’art. 10-bis del medesimo, con la
motivazione che, nella loro qualità di legali
rappresentanti di tali società, avrebbero omesso di versare entro i termini previsti dalla legge
l’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale per i periodi di imposta di cui ai procedimenti principali. L’IVA non pagata ammonterebbe, in ciascun caso, a più di un milione di
euro”.
Per la medesima infrazione, l’Amministrazione
fiscale ha proceduto alla emissione degli atti di
accertamento a carico della società da essi amministrate, mediante i quali ha chiesto il pagamento del tributo non corrisposto ed ha irrogato una sanzione tributaria nella misura del
e di carattere penale per gli stessi fatti, le sanzioni tributarie
sono imposte a una persona giuridica, quale una società commerciale, e il procedimento penale viene promosso nei confronti di una persona fisica, sebbene quest’ultima sia il rappresentante legale dell’altra”.
(3) Il testo della sentenza è riportato a seguire.
(4) Cfr. punto 10 della sentenza.
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Corte di Giustizia UE, 5 aprile 2017, cause riunite C-217/15 e C-350/15
Sanzioni
Sebbene il giudice remittente richiami unitariamente l’art. 4 del protocollo n. 7 alla CEDU
e l’art. 50 della Carta dei Diritti Fondamentali (5), come l’una complementare dell’altra, la
sentenza in commento pone in luce la differenza non solo operativa ma di struttura delle
due norme. Ed il distinguo sorge, innanzi tutto,
in relazione alla portata applicativa delle due
disposizioni.
L’art. 50 della Carta (6) è certamente parte del
diritto europeo (7), ma la domanda è se ed a
quali condizioni questa norma possa essere invocata innanzi alla Corte di Giustizia, considerando il contenuto dell’art. 51 (8). La risposta
viene fornita dall’art. 10 delle Raccomandazioni ai giudici nazionali (9), secondo cui: “10.
Per quanto concerne i rinvii pregiudiziali vertenti sull’interpretazione della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione Europea, occorre ricordare che, in forza dell’art. 51, paragrafo 1,
della stessa, le disposizioni della Carta si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Sebbene le
ipotesi di una siffatta attuazione possano essere
diverse, è tuttavia necessario che dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulti in maniera
chiara e inequivoca che una norma di diritto
dell’Unione diversa dalla Carta è applicabile
nel procedimento principale. Posto che la Corte non è competente a statuire su una domanda di pronuncia pregiudiziale se una situazione
giuridica non rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, le disposizioni della
Carta eventualmente richiamate dal giudice
del rinvio non possono giustificare, di per sé,
tale competenza”.
Dal che si intende che l’incidenza delle disposizioni della Carta sono non immediate ma indirettamente evocate attraverso il richiamo di
una disposizione del diritto dell’Unione: calando il principio nel sistema tributario, il riferimento può essere, ad esempio, all’art. 325, paragrafo 1, del TFUE (10), ad una norma, cioè,
(5) Il testo (aggiornato) della Carta è pubblicato in G.U.U.E.,
parte C, 7 giugno 2016 (2016/C 202/02).
(6) Secondo cui: “Art. 50 - Diritto di non essere giudicato o
punito due volte per lo stesso reato
Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato
per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla
legge”.
(7) La Carta dei diritti fondamentali ha la stessa valenza dei
trattati, ai sensi dell’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea
(TUE), ed è vincolante per le istituzioni europee e per gli Stati
membri.
(8) Secondo cui: “Art. 51 - Ambito di applicazione
1. Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i sud-
detti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze e
nel rispetto dei limiti delle competenze conferite all’Unione nei
trattati.
2. La presente Carta non estende l’ambito di applicazione
del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione, né
introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né
modifica le competenze e i compiti definiti nei trattati”.
(9) Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale, in G.U.U.E., parte C, 25 novembre 2016, n. 439/01.
(10) Secondo cui: “L’Unione e gli Stati membri combattono
contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi
finanziari dell’Unione stessa mediante misure adottate a norma del presente articolo, che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri e nelle istituzioni, organi e organismi dell’Unione”.
30% dell’importo dovuto a titolo di IVA. In
seguito ad una transazione, gli atti sono divenuti definitivi.
Investito del dossier penale, il giudice del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere si interroga sulla legittimità della doppia sanzione (alla
società ed ai suoi amministratori) in riferimento ad un unico illecito (l’omesso versamento
dell’IVA) e formula alla Corte europea il seguente quesito: “Se ai sensi degli artt. 4 del
protocollo n. 7 alla CEDU e 50 della Carta,
sia conforme al diritto dell’Unione la disposizione di cui all’art. 10-ter del Decreto legislativo n. 74/2000 nella parte in cui consente di
procedere alla valutazione della responsabilità
penale di un soggetto il quale, per lo stesso fatto (omissione del versamento dell’IVA), sia
già stato destinatario di un accertamento definitivo da parte dell’Amministrazione finanziaria dello Stato, con irrogazione di una sanzione
amministrativa”.
Il principio ne bis in idem
nella Carta dei diritti fondamentali UE
e nella CEDU
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Sanzioni
Corte di Giustizia UE, 5 aprile 2017, cause riunite C-217/15 e C-350/15
che riguarda specificamente un principio unionale.
L’ulteriore osservazione riguarda l’ambito applicativo della Convenzione Europea sui Diritti
dell’Uomo e, per quanto ne occupa, il contenuto dell’art. 4 del protocollo n. 7 (11). È noto
che il processo di adesione dell’Unione alla
Convenzione è stato bloccato dal Parere
espresso dalla Corte di Giustizia sul tema (12),
osservando in sintesi che “L’accordo sull’adesione dell’Unione Europea alla Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali non è compatibile con l’art. 6, paragrafo 2, TUE, né con il
protocollo (n. 8) relativo all’art. 6, paragrafo 2,
del Trattato sull’Unione Europea sull’adesione
dell’Unione alla Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali”.
L’effetto è di biforcazione giurisdizionale (13):
sebbene tutti gli Stati membri dell’Unione siano aderenti alla Convenzione (14), l’Unione,
di per sé stessa, non vi aderisce, almeno per il
momento e, con tutta probabilità, per il prossi-
mo futuro, considerando la decisa opposizione
espressa nel Parere della Corte di Giustizia.
(11) Secondo cui: “Art. 4 - Diritto di non essere giudicato o
punito due volte
1. Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza
definitiva conformemente alla legge e alla procedura penale di
tale Stato.
2. Le disposizioni del paragrafo precedente non impediscono la riapertura del processo, conformemente alla legge e alla
procedura penale dello Stato interessato, se fatti sopravvenuti
o nuove rivelazioni o un vizio fondamentale nella procedura
antecedente sono in grado di inficiare la sentenza intervenuta.
3. Non è autorizzata alcuna deroga al presente articolo ai
sensi dell’art. 15 della Convenzione”.
(12) V. il Parere della CGE (seduta plenaria) n. 2/13 del 18 dicembre 2014.
(13) Biforcazione che dovrebbe essere composta: si v. le
conclusioni dell’Avvocato Generale J. Kokott, presentate in data 8 settembre 2011, causa C-17/10, Toshiba, punti 114-117:
“Finora nei procedimenti in materia di concorrenza i giudici
dell’Unione sono partiti dal presupposto che l’applicazione del
principio del ne bis in idem sia soggetta alla triplice condizione
della identità dei fatti, del contravventore e del bene giuridico
tutelato (…). Il principio del ne bis in idem vieterebbe, quindi,
di sanzionare lo stesso soggetto più di una volta per un medesimo comportamento illecito al fine di tutelare lo stesso bene
giuridico (…). Delle tre citate condizioni la validità delle prime
due - identità dei fatti e identità del contravventore - non è
controversa. È, invece, controversa la validità della terza condizione, vale a dire del criterio dell’identità del bene giuridico tutelato o dell’interesse giuridico tutelato. Facendo leva su tale
ultimo criterio la Corte ha negato, in casi concernenti intese,
l’esistenza di un divieto di punire due volte il medesimo fatto
nei rapporti dell’Unione con Stati terzi (…). In settori giuridici
diversi dal diritto in materia di concorrenza la Corte, tuttavia,
non ha utilizzato questa terza condizione. Così, in relazione ad
un procedimento disciplinare in materia di pubblico impiego,
essa ha dato rilevanza solo alla vicenda di fatto (chiedendosi
se si trattasse di ‘fatti diversi’) (…). Nel settore delle normative
sullo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (art. 54 della CAAS
(…) e mandato d’arresto europeo (…)) la Corte, in termini addirittura espressi, ha dichiarato irrilevante il criterio dell’identità
dell’interesse giuridico tutelato (…). Quale unico criterio pertinente in tale materia essa, in una giurisprudenza consolidata,
individua l’identità dei fatti materiali, intesi come esistenza di
un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate
tra loro (…).
117. Una tale variabilità nell’interpretazione e nell’applicazione del principio del ne bis in idem a seconda del settore giuridico nuoce all’unità dell’ordinamento giuridico dell’Unione.
Dall’importanza basilare di tale principio quale principio portante del diritto dell’Unione, fornito del rango di diritto fondamentale, consegue che il suo contenuto non può essere sostanzialmente diverso a seconda del settore giuridico interessato (126). Per la determinazione del contenuto garantistico
del principio del ne bis in idem, come ora formulato all’art. 50
della Carta dei diritti fondamentali, dovrebbero valere, in tutti i
settori dell’intero diritto dell’Unione, i medesimi criteri. Sul
punto ha giustamente richiamato l’attenzione l’Autorità di vigilanza EFTA”.
(14) Si v. la lista dei Paesi aderenti alla CEDU, disponibile all’indirizzo: www.echr.coe.int/Pages/home.aspx?p=press/factsheets&c.
(15) CGE, 26 febbraio 2013, causa C-617/10, Hans Åkerberg
Fransson.
1556
I precedenti e il distinguo
fra le norme CEDU e della Carta
sul principio ne bis in idem
È bene partire dal confronto delle due norme,
ovviamente ispirate ad un medesimo principio,
che, però, viene coniugato in forma e contenuto diversi, il che spiega, ma non giustifica, il
diverso approccio interpretativo discendente
dal confronto delle sentenze della Corte EDU,
rispetto a quelle della Corte di Giustizia.
Per quest’ultima il richiamo è al precedente
specifico nel caso Fransson (15).
Il precedente:
il caso Hans Åkerberg Fransson
Il rinvio pregiudiziale alla Corte europea di
Lussemburgo trae origine da un procedimento
penale per frode fiscale aggravata nei confronti
del Fransson, accusato di violazione dell’obbligo di dichiarazione ai fini dell’IVA, o per averle fornite in modo inesatto. Per la medesima
infrazione, l’Autorità fiscale aveva già commi-
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Corte di Giustizia UE, 5 aprile 2017, cause riunite C-217/15 e C-350/15
Sanzioni
vrattasse né di quello su
nato una sanzione ammiLA GIURISPRUDENZA UE
cui si fondano i procedinistrativa, divenuta defimenti penali. Conformenitiva. Nutrendo dubbi Applicazione dei diritti fondamentali
garantiti
nell’ordinamento
giuridico
UE
mente all’art. 51, paragrasulla compatibilità della
fo 1, della Carta, tali sodoppia punizione (ammi- La Corte di Giustizia ha disposto che i diritti
fondamentali garantiti nell’ordinamento
nistrativa e penale) rispet- giuridico dell’Unione europea si applicano in vrattasse e procedimenti
non sarebbero quindi rito al principio ne bis in tutte le situazioni disciplinate dal diritto
compresi nell’ambito di
idem, quale sancito all’art. dell’Unione, ma non al di fuori di esse. La
applicazione del principio
50 della Carta, siccome Corte UE, per quanto riguarda la Carta, non
del ne bis in idem garantito
ammessa dalla normativa può valutare una normativa nazionale che
dall’art. 50 della Carsvedese, il giudice penale non si colloca nell’ambito del diritto
ta” (17).
ha rinviato la questione dell’Unione. Per contro, una volta che una
siffatta
normativa
rientra
nell’ambito
di
La questione indubbiaalla Corte formulando
mente si pone, considecinque domande in te- applicazione di tale diritto, la Corte, adita in
via pregiudiziale, deve fornire tutti gli
rando l’inciso dell’art. 51
ma (16).
elementi di interpretazione necessari per la
della Carta, ove si prevede
Il primo aspetto di inte- valutazione, da parte del giudice nazionale,
che essa si applichi “escluresse riguarda la pronun- della conformità di tale normativa con i
sivamente nell’attuazione
cia della Corte sulla sua diritti fondamentali di cui essa garantisce il
del diritto dell’Unione”. E
competenza, considerando rispetto.
la Corte finalmente afche “I governi svedese, ceco e danese, l’Irlanda ed il governo olandese, fronta il punto osservando che “[d]a una cononché la Commissione europea, contestano stante giurisprudenza della Corte risulta infatti
la ricevibilità delle questioni pregiudiziali. La sostanzialmente che i diritti fondamentali gaCorte sarebbe competente a rispondere solo rantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione
qualora le sovrattasse inflitte al sig. Åkerberg si applicano in tutte le situazioni disciplinate
Fransson, nonché i procedimenti penali nei dal diritto dell’Unione, ma non al di fuori di
suoi confronti, che costituiscono oggetto del esse. A tal proposito la Corte ha già ricordato
procedimento principale, risultassero da un’at- che essa, per quanto riguarda la Carta, non
tuazione del diritto dell’Unione. Orbene, ciò può valutare una normativa nazionale che non
non si verificherebbe né nel caso del testo na- si colloca nell’ambito del diritto dell’Unione.
zionale sulla cui base sono state inflitte le so- Per contro, una volta che una siffatta normati(16) Precisamente:
“1) Considerato che, conformemente alla legislazione svedese, il giudice nazionale deve rinvenire un chiaro fondamento
nella [CEDU] oppure nella giurisprudenza della Corte europea
dei Diritti dell’Uomo, per poter disapplicare disposizioni nazionali che potrebbero essere in contrasto con il principio del ne
bis in idem di cui all’art. 4 del protocollo n. 7 della CEDU e,
quindi, in contrasto anche con l’art. 50 della [Carta], se siffatta
condizione contenuta nella legislazione nazionale per la disapplicazione delle disposizioni nazionali sia compatibile con il diritto dell’Unione e, in particolare, con i suoi principi generali,
fra tutti, i principi del primato e dell’efficacia diretta.
2) Se sia ammessa l’imputazione per reati fiscali, nell’ambito di applicazione del principio del ne bis in idem di cui all’art.
4 del protocollo n. 7 della CEDU e all’art. 50 della Carta, qualora all’imputato sia già stata inflitta una pena pecuniaria (sovrattassa) nell’ambito di un precedente procedimento amministrativo, a seguito di una stessa comunicazione di dati inesatti.
3) Se sia rilevante ai fini della soluzione della seconda questione la circostanza che dette sanzioni debbano essere coordinate in modo che un giudice ordinario possa ridurre la sanzione nel procedimento penale tenendo conto che all’imputato
sono già state applicate sovrattasse a seguito del medesimo
atto di comunicazione di dati inesatti.
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4) Nel quadro del principio del ‘ne bis in idem’ (...), poiché in
alcune circostanze è ammesso infliggere ulteriori sanzioni in
un nuovo procedimento per uno stesso fatto, che sia già stato
oggetto di esame e che abbia comportato sanzioni a carico
della persona, se, in caso di risposta affermativa alla seconda
questione, le condizioni previste da siffatto principio per l’applicazione di più sanzioni in procedimenti distinti siano soddisfatte qualora nel secondo procedimento sia svolto un esame
dei fatti nuovo e autonomo rispetto a quello avvenuto nel primo procedimento.
5) Poiché il sistema svedese che prevede l’imposizione di
sovrattasse e l’esame della responsabilità per frode fiscale in
procedimenti distinti, si basa su una serie di motivi di interesse
generale (...), in caso di risposta affermativa alla seconda questione, se sia compatibile con il principio del ‘ne bis in idem’
un regime come quello svedese, qualora fosse possibile introdurre un sistema non rientrante nell’ambito di applicazione di
detto principio, senza necessità di astenersi né dall’imposizione di sovrattasse né dal pronunciarsi sulla responsabilità per
frode fiscale, mediante trasferimento, nell’ambito di procedimenti penali, della decisione sull’imposizione di sovrattasse
dallo Skatteverket (Amministrazione tributaria), ed eventualmente dal giudice amministrativo, a un giudice ordinario”.
(17) Cfr. punto 16 della sentenza C-617/10.
1557
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Sanzioni
Corte di Giustizia UE, 5 aprile 2017, cause riunite C-217/15 e C-350/15
va rientra nell’ambito di
diritto dell’Unione, ai
LA GIURISPRUDENZA UE
applicazione di tale diritsensi dell’art. 51, paragrato, la Corte, adita in via Natura penale delle sanzioni tributarie
fo 1, della Carta” (19).
pregiudiziale, deve fornire Secondo la Corte di Giustizia, l’art. 50 della
Precisata la propria comCarta dei diritti fondamentali dell’Unione
tutti gli elementi di inter- Europea non osta a che uno Stato membro
petenza, la Corte risolve il
pretazione necessari per la imponga, per le medesime violazioni di
caso Fransson in senso nevalutazione, da parte del obblighi dichiarativi in materia di IVA, una
gativo, ed osserva (punto
giudice nazionale, della combinazione di sovrattasse e sanzioni
34) che “l’art. 50 della
conformità di tale norma- penali. Solo qualora la sovrattassa sia di
Carta non osta a che uno
tiva con i diritti fonda- natura penale e sia divenuta definitiva, tale
Stato membro imponga,
mentali di cui essa garan- disposizione osta a che procedimenti penali per le medesime violazioni
tisce il rispetto”, con ri- per gli stessi fatti siano avviati nei confronti
di obblighi dichiarativi in
di una stessa persona. Ai fini della
chiamo alla pregressa giu- valutazione della natura penale delle
materia di IVA, una comrisprudenza in tema (18). sanzioni tributarie, sono rilevanti tre criteri:
binazione di sovrattasse e
In definitiva, la Corte af- - la qualificazione giuridica dell’illecito nel
sanzioni penali. Infatti,
ferma (punto 21 della sen- diritto nazionale;
per assicurare la riscossiotenza Fransson) che, “dato - la natura dell’illecito;
ne di tutte le entrate proche i diritti fondamentali - la natura nonché il grado di severità della
venienti dall’IVA e tutegarantiti dalla Carta devo- sanzione in cui l’interessato rischia di
lare in tal modo gli inteincorrere.
no essere rispettati quanressi finanziari dell’Uniodo una normativa nazione, gli Stati membri dinale rientra nell’ambito di applicazione del dispongono di una libertà di scelta delle sanzioni
ritto dell’Unione, non possono quindi esistere
casi rientranti nel diritto dell’Unione senza applicabili (...). Esse possono quindi essere inche tali diritti fondamentali trovino applicazio- flitte sotto forma di sanzioni amministrative, di
ne. L’applicabilità del diritto dell’Unione im- sanzioni penali o di una combinazione delle
plica quella dei diritti fondamentali garantiti due. Solo qualora la sovrattassa sia di natura
penale, ai sensi dell’art. 50 della Carta, e sia
dalla Carta”.
divenuta
definitiva, tale disposizione osta a
Nella soluzione del caso di specie, la Corte
precisa che le disposizioni nazionali all’origine che procedimenti penali per gli stessi fatti siadel rinvio pregiudiziale ricadono nell’ambito di no avviati nei confronti di una stessa persona”.
applicazione della Carta, in quanto relative a E che (punto 35) “ai fini della valutazione del“sovrattasse e procedimenti penali per frode fi- la natura penale delle sanzioni tributarie, sono
scale, del tipo di quelli di cui è o è stato ogget- rilevanti tre criteri. Il primo consiste nella quato l’imputato nel procedimento principale a lificazione giuridica dell’illecito nel diritto nacausa dell’inesattezza delle informazioni fornite zionale, il secondo nella natura dell’illecito e il
in materia di IVA, costituiscono un’attuazione terzo nella natura nonché nel grado di severità
degli artt. 2, 250, paragrafo 1, e 273 della Di- della sanzione in cui l’interessato rischia di inrettiva 2006/112 (già artt. 2 e 22 della Sesta correre”, con richiamo alla sentenza 5 giugno
Direttiva) e dell’art. 325 TFUE e, pertanto, del 2012, causa C-489/10, Bonda, punto 37 (20).
(18) In particolare: sent. del 18 giugno 1991, causa C260/89, ERT, punto 42; 29 maggio 1997, causa C-299/95,
Kremzow, punto 15; 18 dicembre 1997, causa C-309/96, Annibaldi, punto 13; 22 ottobre 2002, causa C-94/00, Roquette Frères, punto 25; 18 dicembre 2008, causa C-349/07, Sopropé,
punto 34; 15 novembre 2011, causa C-256/11, Dereci e a.,
punto 72; 7 giugno 2012, causa C-27/11, Vinkov, punto 58.
(19) Cfr. punto 27 della sent. C-617/10.
(20) Secondo cui: “Secondo tale giurisprudenza, a tale ri-
1558
guardo sono pertinenti tre criteri. Il primo consiste nella qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, il secondo
nella natura dell’illecito e il terzo nella natura e nel grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere (v.,
in particolare, Corte eur. D.U., sentenze Engel e altri c. Paesi
Bassi dell’8 giugno 1976, serie A, n. 22, §§ 80-82, nonché Zolotukhin c. Russia del 10 febbraio 2009, ricorso n. 14939/03,
§§ 52 e 53)”.
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Corte di Giustizia UE, 5 aprile 2017, cause riunite C-217/15 e C-350/15
Sanzioni
Ed invoca le Spiegazioni
relative alla Carta dei diDifferenze tra le norme CEDU
ritti fondamentali (22), seIl medesimo principio sta- e norme della Carta sul ne bis in idem
condo cui “La regola ‘ne
b i l i t o n e l l a s e n t e n z a In attesa della Grande Chambre, appare
bis in idem’ si applica nel
Fransson viene ora appli- chiaro ad oggi che le norme CEDU e le
diritto dell’Unione (...).
cato ai casi riuniti Orsi e norme sulla Carta dei diritti fondamentali
Va
precisato che la regola
Baldetti, con la prelimina- dell’Unione Europea, sul principio del ne bis
che vieta il cumulo si rifere osservazione che il giu- in idem, seppur concorrenti fra loro,
risce al cumulo di due
dizio non può che riferirsi prescrivono un percorso giurisdizionale
sanzioni della stessa natuall’art. 50 della Carta, e diverso e, dunque, una diversa attenzione
del difensore tributario alla “sede” nella
ra, nella fattispecie penali.
non anche all’art. 4 del quale intende far valere i diritti violati del
Ai sensi dell’art. 50, la reprotocollo n. 7 CEDU, in proprio assistito.
gola ‘ne bis in idem’ non si
quanto (punto 15 della
applica solo all’interno
sentenza) “anche se, come conferma l’art. 6,
della giurisdizione di uno stesso Stato, ma anparagrafo 3, TUE, i diritti fondamentali ricoche tra giurisdizioni di più Stati membri. Ciò
nosciuti dalla CEDU fanno parte del diritto
corrisponde all’acquis del diritto dell’Unione;
dell’Unione in quanto principi generali e ancfr. articoli da 54 a 58 della Convenzione di
che se l’art. 52, paragrafo 3, della Carta preve- applicazione dell’accordo di Schengen, sentende che i diritti in essa contemplati corrispon- za della Corte di Giustizia, dell’11 febbraio
denti a quelli garantiti dalla CEDU hanno lo 2003, causa C-187/01 Gözütok (Racc. 2003,
stesso significato e la stessa portata di quelli lo- pag. I-1345), art. 7 della Convenzione relativa
ro conferiti dalla suddetta Convenzione, que- alla tutela degli interessi finanziari delle Cost’ultima non costituisce, fintantoché l’Unione munità europee e art. 10 della Convenzione
non vi abbia aderito, un atto giuridico formal- relativa alla lotta contro la corruzione. Le ecmente integrato nell’ordinamento giuridico cezioni, molto limitate, per le quali dette condell’Unione (...)” con richiamo alla pregressa venzioni consentono agli Stati membri di derogiurisprudenza in tema (21).
gare alla regola ‘ne bis in idem’ sono disciplinate
Nel merito, la Corte osserva (punti 17 e 18) dalla clausola orizzontale dell’art. 52, paragrafo
che il “principio del ne bis in idem, sancito dal- 1, sulle limitazioni. Per quanto riguarda le sil’art. 50 della Carta, presuppone in primo luo- tuazioni contemplate dall’art. 4 del protocollo
go, come rilevato dall’Avvocato Generale al 7, vale a dire l’applicazione del principio all’inparagrafo 32 delle sue conclusioni, che sia la terno di uno Stato membro, il diritto garantito
stessa persona ad essere oggetto delle sanzioni ha lo stesso significato e la stessa portata del
o dei procedimenti penali di cui trattasi. Infat- corrispondente diritto sancito dalla CEDU”. E
ti, dalla formulazione stessa di tale articolo, se- conclude ricordando (punto 19) che “detto
condo la quale “[n]essuno può essere perseguito principio non può, in ogni caso, essere violato
o condannato per un reato per il quale è già se non è la stessa persona ad essere stata sanstato assolto o condannato nell’Unione a se- zionata più di una volta per uno stesso comguito di una sentenza penale definitiva confor- portamento illecito”, con richiamo alla prememente alla legge”, deriva che esso vieta di gressa giurisprudenza in tema (23).
perseguire o sanzionare penalmente una stessa Sempre in attesa della Grande Chambre (24),
persona più di una volta per uno stesso reato”. appare chiaro ad oggi che le due norme, seppur
La sentenza
Orsi e Baldetti
NORME A CONFRONTO
(21) In particolare, le sent. 26 febbraio 2013, causa C617/10, Åkerberg Fransson, punto 44; 15 febbraio 2016, causa
C-601/15, PPU, punto 45.
(22) In G.U.U.E., parte C, 14 dicembre 2007 (2007/C
303/02).
(23) In particolare, sent. 7 gennaio 2004, cause riunite C-
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204/00, C-205/00, C-211/00, C-213/00, C-217/00, C-219/00,
Aalborg Portland e a./Commissione, punto 338; 18 dicembre
2008, cause riunite C-101/07 e C-110/07, Coop de France bétail et viande e a./Commissione, punto 127.
(24) V. nota 1.
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Sanzioni
Corte di Giustizia UE, 5 aprile 2017, cause riunite C-217/15 e C-350/15
concorrenti fra loro (25), prescrivono un percorso giurisdizionale diverso e, dunque, una diversa attenzione del difensore tributario alla
“sede” nella quale intende far valere i diritti
violati del proprio assistito.
LA SENTENZA
Corte di Giustizia UE, Sez. IV, Sent. 5 aprile 2017, cause riunite C-217/15 e C-350/15 - Pres. e
Rel. von Danwitz
L’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea deve essere interpretato nel senso
che non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente di avviare procedimenti penali per omesso versamento dell’IVA dopo l’irrogazione di una
sanzione tributaria definitiva per i medesimi fatti, qualora tale sanzione sia stata inflitta ad una società dotata di personalità giuridica, mentre i procedimenti penali sono stati avviati nei confronti di
una persona fisica.
1. Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono
sull’interpretazione dell’art. 50 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione Europea (in prosieguo: la
“Carta”) e dell’art. 4 del protocollo n. 7 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo
e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la “CEDU”).
2. Tali domande sono state presentate nell’ambito di
due procedimenti penali a carico, rispettivamente,
del sig. Massimo Orsi e del sig. Luciano Baldetti, per
reati che essi avrebbero commesso in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA).
Contesto normativo
La CEDU
3. L’art. 4 del protocollo n. 7 alla CEDU, intitolato
“Diritto di non essere giudicato o punito due volte”,
così dispone:
“1. Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dai giudici dello stesso Stato per un reato
per il quale è già stato assolto o condannato a seguito
di una sentenza definitiva conformemente alla legge
ed alla procedura penale di tale Stato.
2. Le disposizioni del paragrafo precedente non impediscono la riapertura del processo, conformemente alla legge ed alla procedura penale dello Stato interessato, se fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni o un
vizio fondamentale nella procedura antecedente sono
in grado di inficiare la sentenza intervenuta.
3. Non è autorizzata alcuna deroga al presente articolo ai sensi dell’art. 15 della Convenzione”.
Diritto dell’Unione
4. L’art. 2, paragrafo 1, della Direttiva 2006/112/CE
del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (G.U.
2006, L 347, pag. 1), determina le operazioni soggette
all’IVA.
5. Ai sensi dell’art. 273 di tale Direttiva:
“Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della
parità di trattamento delle operazioni interne e delle
operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le
evasioni, a condizione che questi obblighi non diano
luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.
(...)”.
Diritto italiano
6. L’art. 13, paragrafo 1, del Decreto legislativo 18
dicembre 1997, n. 471, Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a
norma dell’art. 3, comma 133, lettera q), della Legge
23 dicembre 1996, n. 662 (supplemento ordinario alla GURI n. 5, dell’8 gennaio 1998), è così formulato:
“Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte
scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi
casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo
non versato, anche quando, in seguito alla correzione
di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di con-
(25) Come indica Cass., SS.UU., 28 marzo 2013, n. 37424.
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trollo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. (...)”.
7. L’art. 10-bis del Decreto legislativo 10 marzo 2000,
n. 74, Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’art.
9 della Legge 25 giugno 1999, n. 205 (GURI n. 76,
del 31 marzo 2000, pag. 4; in prosieguo il “Decreto
legislativo n. 74/2000”), così dispone:
“È punito con la reclusione da sei mesi a due anni
chiunque non versa entro il termine previsto per la
presentazione della dichiarazione annuale di sostituto
di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta”.
8. L’art. 10-ter di tale Decreto, intitolato “Omesso
versamento di IVA”, prevede quanto segue:
“La disposizione di cui all’art. 10-bis si applica, nei limiti ivi previsti, anche a chiunque non versa l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo”.
Sanzioni
sanzione tributaria alla S.A. COM Servizi Ambiente
e Commercio e alla Evoluzione Maglia, nella misura
del 30% dell’importo dovuto a titolo di IVA. In seguito ad una transazione vertente sugli accertamenti
in parola, questi ultimi sono diventati definitivi, non
essendo stati oggetto di impugnazione.
13. In tale contesto, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha deciso di sospendere il procedimento e
di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
“Se ai sensi degli artt. 4 del protocollo n. 7 alla CEDU e 50 della Carta, sia conforme al diritto dell’Unione la disposizione di cui all’art. 10-ter del Decreto
legislativo n. 74/2000 nella parte in cui consente di
procedere alla valutazione della responsabilità penale
di un soggetto il quale, per lo stesso fatto (omissione
del versamento dell’IVA), sia già stato destinatario di
un accertamento definitivo da parte dell’Amministrazione finanziaria dello Stato, con irrogazione di una
sanzione amministrativa (...)”.
Sulla questione pregiudiziale
Procedimento principale e questione pregiudiziale
9. Nei periodi di imposta di cui trattasi nei procedimenti principali, il sig. Orsi era il legale rappresentante della S.A. COM Servizi Ambiente e Commercio S.r.l. ed il sig. Baldetti era il legale rappresentante
della Evoluzione Maglia S.r.l.
10. Il sig. Orsi ed il sig. Baldetti sono imputati dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per il
reato previsto e punito dall’art. 10-ter del Decreto legislativo n. 74/2000, in combinato disposto con l’art.
10-bis del medesimo, con la motivazione che, nella
loro qualità di legali rappresentanti di tali società,
avrebbero omesso di versare entro i termini previsti
dalla legge l’IVA dovuta in base alla dichiarazione
annuale per i periodi di imposta di cui ai procedimenti principali. L’IVA non pagata ammonterebbe,
in ciascun caso, a più di un milione di euro.
11. Tali procedimenti penali sono stati avviati dopo
che l’Agenzia delle entrate ha denunciato detti reati
alla Procura della Repubblica. Nel corso dei procedimenti penali in parola, è stato effettuato un sequestro
preventivo sia sui beni del sig. Orsi che su quelli del
sig. Baldetti, sequestro nei confronti del quale entrambi hanno presentato una richiesta di riesame.
12. Prima dell’instaurazione di detti procedimenti penali, gli importi dell’IVA di cui ai procedimenti principali sono stati oggetto di accertamento da parte
dell’Amministrazione finanziaria, la quale, oltre a liquidare il debito tributario, ha anche irrogato una
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14. Con la sua questione il giudice del rinvio chiede,
in sostanza, se l’art. 50 della Carta e l’art. 4 del protocollo n. 7 alla CEDU debbano essere interpretati nel
senso che ostano ad una normativa nazionale, come
quella di cui ai procedimenti principali, che consente
di avviare procedimenti penali per omesso versamento dell’IVA dopo l’irrogazione di una sanzione tributaria definitiva per i medesimi fatti.
15. Dato che il giudice del rinvio fa riferimento non
soltanto all’art. 50 della Carta, ma anche all’art. 4
del protocollo n. 7 alla CEDU, occorre ricordare che,
anche se, come conferma l’art. 6, paragrafo 3, TUE, i
diritti fondamentali riconosciuti dalla CEDU fanno
parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali e anche se l’art. 52, paragrafo 3, della Carta prevede che i diritti in essa contemplati corrispondenti
a quelli garantiti dalla CEDU hanno lo stesso significato e la stessa portata di quelli loro conferiti dalla
suddetta Convenzione, quest’ultima non costituisce,
fintantoché l’Unione non vi abbia aderito, un atto
giuridico formalmente integrato nell’ordinamento
giuridico dell’Unione (sentenze del 26 febbraio 2013,
Åkerberg Fransson, C-617/10, EU: C: 2013: 105,
punto 44, nonché del 15 febbraio 2016, N., C601/15 PPU, EU: C: 2016: 84, punto 45 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, l’esame della questione
sollevata deve essere condotto alla luce unicamente
dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta (v., in
tal senso, sentenze del 28 luglio 2016, Conseil des
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Sanzioni
Corte di Giustizia UE, 5 aprile 2017, cause riunite C-217/15 e C-350/15
ministres, C-543/14, EU: C: 2016: 605, punto 23 e
giurisprudenza ivi citata, nonché del 6 ottobre 2016,
Paoletti e a., C-218/15, EU: C: 2016: 748, punto 22).
16. Per quanto riguarda l’art. 50 della Carta, occorre
rilevare che le sanzioni tributarie ed i procedimenti
penali aventi ad oggetto reati in materia di IVA e
volti ad assicurare l’esatta riscossione di tale imposta
e ad evitare le evasioni, come quelli di cui ai procedimenti principali, costituiscono un’attuazione degli
artt. 2 e 273 della Direttiva 2006/112, nonché dell’art. 325 TFUE e, quindi, del diritto dell’Unione ai
sensi dell’art. 51, paragrafo 1, della Carta (v., in tal
senso, sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C-617/10, EU: C: 2013: 105, punti da 24 a 27,
nonché dell’8 settembre 2015, Taricco e a., C105/14, EU: C: 2015: 555, punti 49, 52 e 53). Pertanto, le disposizioni di diritto nazionale che disciplinano procedimenti penali aventi ad oggetto reati in
materia di IVA, come quelli di cui ai procedimenti
principali, rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 50 della Carta.
17. L’applicazione del principio del ne bis in idem sancito dall’art. 50 della Carta presuppone in primo luogo, come rilevato dall’Avvocato Generale al paragrafo 32 delle sue conclusioni, che sia la stessa persona
ad essere oggetto delle sanzioni o dei procedimenti
penali di cui trattasi.
18. Infatti, dalla formulazione stessa di tale articolo,
secondo la quale “[n]essuno può essere perseguito o
condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge”, deriva che esso vieta di perseguire o sanzionare penalmente una stessa persona più di una volta per uno
stesso reato.
19. Tale interpretazione dell’art. 50 della Carta è
confermata dalle spiegazioni relative alla Carta dei
diritti fondamentali (G.U. 2007, C 303, pag. 17),
che devono essere prese in considerazione per l’interpretazione della stessa (v., in tal senso, sentenza del
26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C-617/10, EU:
C: 2013: 105, punto 20). Per quanto riguarda tale articolo, le spiegazioni in parola si riferiscono alla giurisprudenza della Corte relativa al principio del ne bis
in idem, quale riconosciuto come principio generale
del diritto dell’Unione prima dell’entrata in vigore
della Carta. Secondo tale giurisprudenza, detto principio non può, in ogni caso, essere violato se non è la
stessa persona ad essere stata sanzionata più di una
volta per uno stesso comportamento illecito (v., in
tal senso, in particolare, sentenze del 7 gennaio 2004,
Aalborg Portland e a./Commissione, C-204/00 P, C-
1562
205/00 P, C-211/00 P, C-213/00 P, C-217/00 P e C219/00 P, EU: C: 2004: 6, punto 338, nonché del 18
dicembre 2008, Coop de France bétail et viande e
a./Commissione, C-101/07 P e C-110/07 P, EU: C:
2008: 741, punto 127).
20. La Corte ha confermato detta giurisprudenza successivamente all’entrata in vigore della Carta (v., in
tal senso, sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg
Fransson, C-617/10, EU: C: 2013: 105, punto 34).
21. Nel caso di specie, dalle informazioni contenute
nelle ordinanze di rinvio, confermate tanto da alcuni
elementi del fascicolo di cui dispone la Corte, quanto
dal governo italiano nell’udienza dinanzi a quest’ultima, risulta che le sanzioni tributarie di cui ai procedimenti principali sono state inflitte a due società dotate di personalità giuridica, ossia la S.A. COM Servizi
Ambiente e Commercio e la Evoluzione Maglia,
mentre i procedimenti penali di cui trattasi riguardano il sig. Orsi ed il sig. Baldetti, che sono persone fisiche.
22. Risulta pertanto, come rilevato dall’Avvocato
Generale al paragrafo 36 delle sue conclusioni, che,
nei due procedimenti penali in discussione, la sanzione tributaria ed i procedimenti penali riguardano persone distinte, ossia, nella causa C-217/15, la S.A.
COM Servizi Ambiente e Commercio, oggetto di
una sanzione tributaria, ed il sig. Orsi, nei confronti
del quale è stato avviato un procedimento penale, e,
nella causa C-350/15, la Evoluzione Maglia, cui è stata inflitta una sanzione tributaria, ed il sig. Baldetti,
oggetto di un procedimento penale, cosicché sembra
mancare la condizione per l’applicazione del principio del ne bis in idem secondo la quale la stessa persona deve essere oggetto delle sanzioni e dei procedimenti in questione, circostanza che spetta tuttavia al
giudice del rinvio verificare.
23. A tale riguardo, il fatto che il sig. Orsi ed il sig.
Baldetti siano perseguiti penalmente per fatti commessi in qualità di legali rappresentanti delle società
che sono state oggetto di sanzioni tributarie non è
idoneo a rimettere in discussione la conclusione di
cui al punto precedente.
24. Infine, ai sensi dell’art. 52, paragrafo 3, della Carta, nella misura in cui l’art. 50 della medesima contiene un diritto corrispondente a quello previsto all’art. 4 del protocollo n. 7 alla CEDU, occorre garantire che la predetta interpretazione dell’art. 50 della
Carta non sia in contrasto con il livello di tutela garantito dalla CEDU (v., per analogia, sentenza del 15
febbraio 2016, N., C-601/15 PPU, EU: C: 2016: 84,
punto 77).
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Corte di Giustizia UE, 5 aprile 2017, cause riunite C-217/15 e C-350/15
25. Ebbene, secondo la giurisprudenza della Corte
europea dei Diritti dell’Uomo, il fatto di infliggere sia
sanzioni tributarie che sanzioni penali non costituisce
una violazione dell’art. 4 del protocollo n. 7 alla CEDU, qualora le sanzioni di cui trattasi riguardino persone, fisiche o giuridiche, giuridicamente distinte
(Corte EDU, 20 maggio 2014, Pirttimäki c. Finlandia, CE: ECHR: 2014: 0520JUD00353211, § 51).
26. Poiché manca, nell’ambito dei procedimenti
principali, la condizione secondo la quale la stessa
persona deve essere oggetto delle sanzioni e dei procedimenti in discussione, non occorre esaminare le
altre condizioni per l’applicazione dell’art. 50 della
Carta.
27. Pertanto, si deve rispondere alla questione posta
dichiarando che l’art. 50 della Carta deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa
nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente di avviare procedimenti penali per
omesso versamento dell’IVA dopo l’irrogazione di
una sanzione tributaria definitiva per i medesimi fatti, qualora tale sanzione sia stata inflitta ad una società dotata di personalità giuridica, mentre detti procedimenti penali sono stati avviati nei confronti di una
persona fisica.
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Sanzioni
Sulle spese
28. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi
statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono
dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione)
dichiara:
L’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea deve essere interpretato nel senso che
non osta ad una normativa nazionale, come quella di
cui ai procedimenti principali, che consente di avviare procedimenti penali per omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto dopo l’irrogazione di
una sanzione tributaria definitiva per i medesimi fatti, qualora tale sanzione sia stata inflitta ad una società dotata di personalità giuridica, mentre detti procedimenti penali sono stati avviati nei confronti di una
persona fisica.
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Fiscalità internazionale
Il credito di imposta “indiretto”
per gli utili provenienti
da soggetti esteri Black List
di Giacomo Albano (*) e Fabrizio Iachini (**)
L’istituto del credito di imposta indiretto, introdotto dal Decreto Internazionalizzazione, rappresenta un importante correttivo alle disposizioni in materia di tassazione degli utili provenienti da
paradisi fiscali, in quanto elimina un effetto distorsivo che si verificava quando il socio residente otteneva la disapplicazione della disciplina CFC per l’esimente dell’effettiva attività
commerciale svolta dalla partecipata estera. Le modalità di determinazione del credito possono presentare peculiarità applicative in determinate fattispecie, che sono state oggetto di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 108/E/2016.
L’art. 3, comma 1, lett. a) ed e), del D.Lgs. 14
settembre 2015, n. 147 (c.d. Decreto Internazionalizzazione) ha introdotto un nuovo e particolare credito di imposta (c.d. credito di imposta indiretto) spettante al socio di controllo
residente in Italia a fronte di utili provenienti
da Paesi e territori a fiscalità privilegiata (1).
In particolare, il Decreto Internazionalizzazione ha modificato gli artt. 47, comma 4 e 89,
comma 3, del T.U.I.R., applicabili rispettivamente ai soggetti IRPEF e ai soggetti IRES,
stabilendo che, in caso di disapplicazione della
disciplina CFC per effetto dell’esimente dell’effettiva attività commerciale (art. 167, comma
5, lett. a), del T.U.I.R.), “è riconosciuto al soggetto controllante residente, ovvero alle sue
controllate percipienti gli utili, un credito
d’imposta ai sensi dell’art. 165 in ragione delle
imposte assolte dalla società partecipata sugli
utili maturati durante il periodo di possesso
della partecipazione, in proporzione degli utili
conseguiti e nei limiti dell’imposta italiana relativa a tali utili”.
La disposizione in questione, pertanto, attribuisce un credito di imposta al socio di controllo
di una società o ente residente in uno Stato o
territorio a fiscalità privilegiata, non attratta
alla disciplina CFC per effetto della prima esimente, qualora i dividendi percepiti e provenienti da quest’ultima concorrano integralmente alla formazione della propria base imponibile (2).
Trattasi, dunque, di un credito di imposta “indiretto” (c.d. underlying tax credit), da ritenersi
una species del c.d. Foreign tax credit, in quanto
viene riconosciuto in ragione delle imposte pagate all’estero, non dal contribuente beneficiario del credito stesso, ma dalla società partecipata dalla quale provengono gli utili tassati in
Italia. La peculiarità dell’istituto, dunque, risie-
(*) Dottore commercialista, Partner Studio Legale Tributario
informazioni e con un livello di tassazione inferiore al 50 per
cento di quello applicato in Italia. Da ultimo, a partire dal 2016
in poi, la modifica al comma 4 dell’art. 167 del T.U.I.R. operata
dalla Legge di stabilità 2016, ha nuovamente modificato i
menzionati criteri eliminando la codificazione fatta nel Decreto
Black List e prevedendo che “i regimi fiscali, anche speciali, di
Stati o territori, si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello
applicabile in Italia”. Al contempo, ai fini che qui rilevano, sono
stati eliminati gli Stati membri dell’Unione Europea e gli Stati
aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni.
(2) Non operando, dunque, l’esclusione di cui all’art. 47,
comma 1 e 89, comma 1, del T.U.I.R.
EY
(**) Dottore commercialista, Manager Studio Legale Tributario EY
(1) Le modalità di individuazione degli Stati o territori a fiscalità privilegiata ha subito numerose modifiche nel corso degli ultimi anni e per effetto delle novità introdotte, tra l’altro,
dal medesimo Decreto Internazionalizzazione. Fino al 31 dicembre 2014, l’individuazione dei Paesi a fiscalità privilegiata
veniva effettuata in base all’elenco di cui al D.M. 21 novembre
2001 (c.d. Black List); a partire dal 1° gennaio 2015 e fino al 31
dicembre 2015, la Legge di stabilità 2015 ha adeguato i parametri normativi del Decreto Black List stabilendo che, ai fini
dell’individuazione dei regimi fiscali privilegiati, occorre considerare quei Paesi che non assicurano un adeguato scambio di
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de nel fatto che tale credito per imposte estere
è azionabile da un soggetto (socio residente),
diverso da quello che ha subìto il prelievo fiscale (società estera distributrice dei dividendi)
a fronte del quale il medesimo credito viene riconosciuto.
La novità ha la chiara finalità di ovviare a una
distorsione (3) che nel sistema preesistente veniva a determinarsi a danno del socio residente
allorquando il medesimo, una volta disapplicata la disciplina sulle Controlled Foreign Companies (CFC rule) mediante la dimostrazione dello svolgimento di un’attività economica effettiva radicata nel mercato di insediamento (4)
(“prima esimente”), subiva un’integrale tassazione nel momento della distribuzione degli
utili. Il sistema previgente, infatti, non consentiva lo scomputo delle imposte assolte all’estero dal soggetto controllato sui propri utili nel
momento in cui questi venivano distribuiti sotto forma di dividendi al socio residente, nel caso in cui quest’ultimo avesse disapplicato la
CFC rule per effetto della prima circostanza
esimente di cui all’art. 167, comma 5, lett. a),
del T.U.I.R. La sussistenza della c.d. prima esimente (effettiva attività commerciale), dunque, se da una parte consentiva al contribuente di disapplicare la tassazione per trasparenza
dei redditi conseguiti dalla CFC, non esplicava
alcuna rilevanza ai fini del regime di tassazione
integrale dei dividendi provenienti da Stati o
territori a fiscalità privilegiata (5).
Di contro, in caso di “applicazione diretta” della CFC rule, le imposte estere versate dalla
controllata Black List erano immediatamente
scomputabili all’atto della determinazione del-
l’imponibile estero da assoggettare a tassazione
separata in capo al socio residente (6) e - parimenti - l’eventuale distribuzione dei medesimi
utili era esclusa da tassazione fino a concorrenza dell’ammontare del reddito assoggettato a
tassazione per trasparenza, anche negli esercizi
precedenti (7). Dall’imposta sul reddito prodotto dalla CFC (imputato per trasparenza al socio residente) vengono, dunque, scomputate le
imposte assolte all’estero a titolo definitivo
dalla medesima CFC.
Anteriormente alle modifiche introdotte dal
Decreto Internazionalizzazione si assisteva, pertanto, al paradosso per cui il socio di controllo
residente che applicava direttamente la CFC
rule si vedeva riconoscere il credito per le imposte estere versate dalla controllata in abbattimento dell’imposta sul reddito oggetto di imputazione per trasparenza in Italia. Al contrario, lo stesso socio di controllo residente, qualora avesse ottenuto la disapplicazione della
CFC rule dimostrando la prima esimente, nel
momento di effettiva percezione dei dividendi
distribuiti dalla controllata estera non avrebbe
potuto scomputare alcun credito per le imposte
assolte da quest’ultima (relativamente agli utili
oggetto di distribuzione) nella giurisdizione
estera Black List.
Tale ingiustificata anomalia è stata finalmente
eliminata dal Decreto Internazionalizzazione,
che, per l’appunto, ha stabilito la spettanza in favore del socio di controllo residente (ovvero delle sue controllate residenti qualora la
catena partecipativa preveda un controllo indiretto) - di un credito di imposta, ai sensi dell’art. 165 del T.U.I.R. (8), in ragione delle im-
(3) La Relazione Illustrativa al Decreto Internazionalizzazione
chiarisce che l’attribuzione al socio di controllo di un credito
d’imposta indiretto in presenza della prima circostanza esimente ha la finalità di ovviare agli effetti distorsivi connessi alle
differenze tra il trattamento fiscale degli utili provenienti da
una CFC i cui redditi - in virtù di una norma antielusiva - siano
tassati per trasparenza in Italia e quello dei dividendi provenienti da una CFC che costituisce un’effettiva realtà imprenditoriale nel Paese di insediamento.
(4) Si veda l’art. 167, comma 5, lett. a), secondo cui “Le disposizioni del comma 1 non si applicano se il soggetto residente dimostra che […] la società o altro ente non residente
svolga un’effettiva attività industriale o commerciale, come
sua principale attività, nel mercato dello Stato o territorio di insediamento. Per le attività bancarie, finanziarie e assicurative
quest’ultima condizione si ritiene soddisfatta quando la mag-
gior parte delle fonti, degli impieghi o dei ricavi originano nello
Stato o territorio di insediamento”.
(5) La detassazione dei dividendi (e plusvalenze) derivanti da
partecipazioni Black List può essere conseguito solo dimostrando la seconda delle esimenti di cui all’art. 167, comma 5,
lett. b), secondo cui “Le disposizioni del comma 1 non si applicano se il soggetto residente dimostra che […] dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al comma 4”.
(6) Art. 167, comma 6, ultimo periodo, del T.U.I.R.
(7) Art. 167, comma 7, del T.U.I.R.
(8) Il credito di imposta di cui all’art. 165 del T.U.I.R. è riconosciuto esclusivamente per il pagamento, a titolo definitivo,
di tributi esteri “sul reddito”. Con la circolare 5 marzo 2015, n.
9/E l’Agenzia delle entrate ha chiarito che “il credito d’imposta
per i redditi prodotti all’estero è organicamente inserito nella
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d’imposta ai sensi dell’art.
poste assolte dalla CFC
OSSERVAZIONI CRITICHE
165 in ragione delle impo“sugli utili maturati duste assolte dalla società
rante il possesso della par- Credito di imposta
in
favore
del
socio
di
controllo
residente
partecipata sugli utili matecipazione in proporzione
degli utili conseguiti e nei Il Decreto Internazionalizzazione ha stabilito turati durante il periodo
la spettanza - in favore del socio di controllo
di possesso della partecilimiti dell’imposta italiana residente o delle sue controllate residenti
pazione, in proporzione
relativa a tali utili”.
qualora la catena partecipativa preveda un
L’introduzione del credito controllo indiretto - di un credito di imposta
delle partecipazioni cedud’imposta in questione, (underlying tax credit), in ragione delle
te e nei limiti dell’imposta
nelle ipotesi di sussistenza imposte assolte dalla CFC sugli utili maturati italiana dovuta su tali pludella prima esimente, co- durante il possesso della partecipazione in
svalenze”. La detrazione di
proporzione
degli
utili
conseguiti
e
nei
limiti
stituisce dunque un rimetale credito è riconosciuta
dio agli effetti distorsivi dell’imposta italiana relativa a tali utili.
nei limiti in cui non sia
L’attribuzione di un credito d’imposta
che hanno determinato
già stato utilizzato dal ceindiretto al socio di controllo residente è
un’eccessiva penalizzazio- stata altresı̀ introdotta anche nelle ipotesi di dente a scomputo delle
ne per investimenti in realizzo di una plusvalenza al momento
imposte dovute sugli utili
soggetti rappresentanti ef- della cessione della partecipazione in una
provenienti dalla medesifettive realtà imprendito- società residente in uno Stato o territorio a
ma CFC.
riali e dovuti, come anti- fiscalità privilegiata, per la quale sussiste la
La modalità
cipato, dal precedente di- dimostrazione della prima esimente
di determinazione
(plusvalenza
integralmente
tassata
in
capo
sallineamento di norme
dell’underlying tax credit
al
socio
IRPEF
o
IRES).
domestiche di stampo
Come evidenziato, l’art. 3,
prettamente anti-elusicomma 1, lett. a) ed e), del Decreto internavo (9).
L’attribuzione di un credito d’imposta indiretto zionalizzazione ha attribuito al soggetto conal socio di controllo residente è stata altresì in- trollante residente nel territorio dello Stato,
trodotta anche nelle ipotesi di realizzo di una ovvero alle sue controllate residenti, un “crediplusvalenza al momento della cessione della to d’imposta ai sensi dell’art. 165 del T.U.I.R.
partecipazione in una società residente in uno in ragione delle imposte assolte dalla società
Stato o territorio a fiscalità privilegiata, per la partecipata sugli utili maturati durante il perioquale sussiste la dimostrazione della prima esi- do di possesso della partecipazione, in propormente (plusvalenza integralmente tassata in zione agli utili conseguiti e nei limiti dell’imcapo al socio IRPEF o IRES). L’art. 3 del De- posta italiana relativa a tali utili”.
creto Internazionalizzazione ha, infatti, inserito Il Decreto, dunque, introduce un meccanismo
il nuovo comma 4-bis nell’art. 68 (per i sogget- di credito di imposta in virtù del quale il socio
ti IRPEF) e nell’art. 86 (per i soggetti IRES) residente è posto nella condizione di ottenere
del T.U.I.R., ai sensi del quale per le suddette il riconoscimento del prelievo fiscale assolto in
plusvalenze “al cedente controllante residente loco dalla società controllata estera Black List
nel territorio dello Stato, ovvero alle cedenti (CFC) che ha realizzato gli utili da cui i diviresidenti sue controllate, spetta un credito dendi promanano. Il Decreto, in particolare,
disciplina delle imposte sui redditi ed è condizionato dalla presenza di redditi esteri nel reddito complessivo. Ciò implica che
l’operatività dell’istituto è limitata ai tributi stranieri che si sostanziano in un’imposta sul reddito o, quanto meno, in tributi
con natura similare”.
(9) Sul punto, di estremo interesse, i contributi di F. Gallio,
“Le soluzioni ai possibili effetti distorsivi della disciplina sui dividendi black list”, in Corr. Trib., n. 9/2017; G. Scifoni, “Holding
intermedia e credito d’imposta indiretto su dividendi di fonte
black list”, ivi n. 3/2017; E. Vial, “Black list, così il credito d’im-
1566
posta sui dividendi”, in Quotidiano del Fisco del 17 gennaio
2017; S. Calavena, “Il regime dei dividendi Black List: alcune
considerazioni a seguito della circolare n. 35/E/2016”, in La gestione straordinaria delle imprese, n. 5/2016; A. Mastroberti,
“Decreto Internazionalizzazione. Tassazione piena dei dividendi
‘black list’”, in Pratica Fiscale e Professionale, n. 39/2015; A.
Vasapolli - G. Vasapolli, “Credito di imposta indiretto per gli
utili distribuiti da soggetti esteri controllati”, in Il Sole - 24 Ore
- Norme e Tributi, novembre 2016.
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detenzione nonché in raha stabilito la spettanza di
LA PRASSI AMMINISTRATIVA
tale credito in favore del
gione della percentuale di
socio di controllo residen- Determinazione dell’underlying tax credit
partecipazione agli utili
L’underlying
tax
credit
è
riconosciuto
fino
a
te (ovvero delle sue condel soggetto estero, che
trollate residenti, qualora concorrenza della quota d’imposta lorda
potrebbe non coincidere
italiana corrispondente al rapporto tra gli
il controllante di “ultimo utili conseguiti (di fonte estera) e il reddito
con la quota di partecipalivello” detenga le parteci- complessivo (domestico) al netto delle
zione al relativo capitale.
pazioni nell’entità Black perdite di precedenti periodi di imposta
Conseguentemente, seList per il tramite di una o ammesse in deduzione. Al pari, occorre
condo le disposizioni conpiò controllate residenti) considerare il limite dell’imposta netta
tenute nell’art. 165, il crein ragione delle imposte italiana relativa all’anno di conseguimento
dito di imposta indiretto è
assolte dal soggetto estero dei predetti utili e, ai fini della
riconosciuto fino a consugli utili maturati duran- determinazione di tale limite, è necessario
correnza della quota d’imte il possesso della parteci- tenere conto anche del credito già utilizzato posta lorda italiana corriin precedenti dichiarazioni e riferito allo
pazione, in proporzione stesso periodo di conseguimento degli utili. spondente al rapporto tra
agli utili conseguiti e nei L’Agenzia delle entrate, con la circolare n.
gli utili conseguiti (di fonlimiti dell’imposta italiana 35/E/2016, ha in proposito chiarito come
te estera) e il reddito
relativa ai medesimi utili.
debba ritenersi applicabile la regola della
complessivo (domestico)
Come già accennato, il “per country limitation”, in base alla quale
al netto delle perdite di
credito di imposta (indi- la detrazione si applica separatamente Stato
precedenti periodi di imretto) spetta anche nel ca- per Stato, a prescindere dall’unicità o dalla
posta ammesse in deduzioso di realizzo, da parte del pluralità delle fonti di reddito ivi localizzate.
ne. Al pari, occorre consisocio controllante resi- Pertanto, deve ritenersi superato il
riferimento alla regola “per company
derare il limite dell’impodente, di una plusvalenza limitation” inizialmente indicato nelle
sta netta italiana relativa
all’atto di cessione della istruzioni per la compilazione dei modelli di
all’anno di conseguimento
partecipazione detenuta dichiarazione 2016, periodo d’imposta 2015.
dei predetti utili e, ai fini
nel soggetto estero Black
della determinazione di
List; anche tale fattispecie, invero, poteva dar
tale
limite,
è
necessario
tenere conto anche
luogo a fenomeni di doppia imposizione economica dal momento che la cennata plusva- del credito già utilizzato in precedenti dichiaralenza concorre integralmente alla formazione zioni e riferito allo stesso periodo di conseguidella base imponibile del soggetto residente mento degli utili. L’Agenzia delle entrate, nel(non sussistendo i presupposti per l’applicazio- la circolare 4 agosto 2016, n. 35/E, ha in prone della Participation Exemption ai sensi dell’art. posito chiarito come debba ritenersi applicabi87 del T.U.I.R.), senza possibilità di computare le la regola della “per country limitation”, di cui
in diminuzione il carico fiscale assolto all’este- al comma 3 dell’art. 165 del T.U.I.R., in base
ro dalla controllata Black List, come nel caso di alla quale “la detrazione si applica separatamente Stato per Stato”, a prescindere dall’uniapplicazione diretta della CFC rule.
o dalla pluralità delle fonti di reddito ivi
cità
In conformità alle disposizioni contenute nel
richiamato art. 165 del T.U.I.R. (10), l’under- localizzate. Pertanto, deve ritenersi superato il
lying tax credit spetta al socio residente (o alla/e riferimento alla regola “per company limitation”
sua/e controllata/e residente/i) in misura pro- inizialmente indicato nelle istruzioni per la
porzionalmente corrispondente alla rispettiva compilazione dei modelli di dichiarazione
quota di partecipazione, al periodo di relativa 2016, periodo d’imposta 2015.
(10) Che al comma 1 prevede che “Se alla formazione del
reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le
imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concor-
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renza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i
redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione”.
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imposta indiretto in una
L’art. 3 del Decreto InterLA PRASSI AMMINISTRATIVA
particolare fattispecie
nazionalizzazione prevede
inoltre che, “Ai soli fini Ammontare del credito d’imposta
nonché a chiarire alcune
Il
Decreto
Internazionalizzazione
prevede
modalità applicative deldell’applicazione dell’imche, ai soli fini dell’applicazione
posta, l’ammontare del
l’istituto.
dell’imposta, l’ammontare del credito
credito d’imposta [...] è d’imposta è computato in aumento del
Il caso presentato riguarcomputato in aumento reddito complessivo. Al riguardo, l’Agenzia
dava la distribuzione di didel reddito complessivo”. delle entrate ha precisato che tale
videndi da una società reAl riguardo, la citata cir- ammontare deve essere determinato avendo sidente ad Hong Kong a
colare 4 agosto 2016, n. riguardo al credito teoricamente fruibile e
favore di una controllata
35/E ha precisato che tale non a quello effettivamente spettante.
intermedia con sede in
L’importo
del
credito
risulta
quindi
ammontare deve essere
Lussemburgo. Quest’ultideterminato avendo ri- coincidente con l’imposta estera (che
ma, limitatamente al perappresenta l’ammontare massimo
guardo al credito teorica- accreditabile in Italia), a prescindere dalla
riodo di imposta 2015
mente fruibile e non a circostanza che sia possibile usufruire
(anno in cui è avvenuta
q u e l l o e f f e t t i v a m e n t e immediatamente per intero della relativa
la distribuzione dei divispettante. L’importo del detrazione oppure che, a causa
dendi dalla controllata di
dell’incapienza
della
quota
d’imposta
credito risulta quindi
Hong Kong), era assoggetcoincidente con l’imposta italiana, si determini un’eccedenza
tata alla disciplina CFC
d’imposta
estera
riportabile
in
avanti.
Anche
estera (che rappresenta
White List ai sensi dell’art.
l’ammontare massimo ac- in quest’ultima ipotesi, secondo l’Agenzia,
167, comma 8-bis, del
deve ritenersi che il credito d’imposta
creditabile in Italia) a preT.U.I.R.
spettante sia pari, non soltanto a quanto in
scindere dalla circostanza concreto detraibile, ma anche all’importo
La peculiarità della fattiche sia possibile usufruire che, pur non essendo attualmente
specie presentata dall’iimmediatamente per inte- accreditabile, è memorizzato come
stante era rappresentata
ro della relativa detrazio- eccedenza e potrà, in seguito, dare luogo
dal fatto che i dividendi
ne oppure che, a causa alla formazione di un credito.
di fonte Black List non afdell’incapienza della quota
fluissero direttamente neld’imposta italiana, si determini un’eccedenza le mani del socio di controllo residente (o ad
d’imposta estera riportabile in avanti. Anche una sua controllata residente) ma fossero perin quest’ultima ipotesi, secondo la circolare n. cepiti da una società intermedia, residente in
35/E, deve ritenersi che il credito d’imposta Lussemburgo. Quest’ultima, infatti, era conspettante sia pari, non soltanto a quanto in trollata in via totalitaria dalla società italiana,
concreto detraibile, ma anche all’importo che, la quale, a sua volta, deteneva il controllo topur non essendo attualmente accreditabile, è talitario anche nella società Black List che pomemorizzato come eccedenza e potrà, in segui- neva in distribuzione i propri utili.
to, dare luogo alla formazione di un credito.
Da un punto di vista tecnico, sia la società di
Hong Kong che la sub-holding lussemburghese
Le particolarità applicative
erano assoggettate - in linea di principio - alla
e la risoluzione n. 108/E/2016
disciplina CFC, seppur a diverso titolo. Invero,
Chiarimenti interpretativi sono stati forniti la società distributrice dei dividendi, in quanto
dall’Agenzia delle entrate nella risoluzione n. residente a Hong Kong (11), era attratta alla
108/E del 24 novembre 2016. L’Amministra- disciplina CFC di cui all’art. 167, comma 1,
zione finanziaria, infatti, era stata chiamata a del T.U.I.R.; al riguardo, tuttavia, era stata otpronunciarsi circa la spettanza del credito di tenuta la disapplicazione della CFC rule in vir(11) Paese che, per il periodo di imposta 2015, era incluso
nella Black List di cui al D.M. 21 novembre 2001.
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in caso di risposta posititù della dimostrazione delLA PRASSI AMMINISTRATIVA
l’esimente dell’effettiva
va, tale importo fosse
attività commerciale (art. Verifica dei presupposti per il regime
scomputabile nell’anno di
di
tassazione
integrale
dei
dividendi
esteri
167, comma 5, lett. a),
distribuzione dei dividendi
Con riferimento alla definizione delle
del T.U.I.R.). Tuttavia, la
alla holding lussemburghecorrette modalità di computo del credito di
società lussemburghese, imposta indiretto, l’Agenzia delle entrate ha
se (coincidente con l’anseppur successivamente chiarito come, anche in fattispecie
no di sostanziale tassaziotrasferita fiscalmente in particolari, occorre verificare la sussistenza ne degli stessi in capo al
Italia, integrava entrambe dei presupposti per l’applicazione del
socio di controllo residenle condizioni previste dal- regime di tassazione integrale dei dividendi te) e le relative modalità
l ’ a r t . 1 6 7 , c o m m a 8 - esteri (vale a dire la provenienza dei
di calcolo.
bis (12) e, conseguente- medesimi da un Paese a fiscalità
La società istante riteneva
mente, era attratta alla di- privilegiata), verifica che deve essere
soddisfatte le condizioni
effettuata utilizzando il criterio vigente al
sciplina CFC White List.
per la spettanza dell’undermomento della loro distribuzione.
Sebbene - in prima battulying tax credit direttamenta - gli utili realizzati dalla
te nell’esercizio di distrisocietà di Hong Kong non fossero confluiti di- buzione dei dividendi di fonte Black List poirettamente nella base imponibile della società ché soltanto in tale periodo sarebbe esistita
controllante italiana (in virtù della dimostrauna quota di imposta italiana afferente tali dizione della prima circostanza esimente e la
videndi (per effetto del loro “incasso fiscale”
conseguente disapplicazione della CFC rule
derivante dall’applicazione della CFC rule WhiBlack List), i medesimi erano stati comunque
te List a livello della società lussemburghese), a
attratti a tassazione in Italia poiché formavano
nulla rilevando una successiva (ed eventuale)
oggetto di successiva distribuzione a favore della società lussemburghese - materialmente per- distribuzione degli stessi utili dalla società luscettrice degli utili in parola sotto forma di di- semburghese alla società italiana, poiché non
videndi - che, per quell’annualità, era soggetta rilevanti ai fini fiscali stante quanto stabilito
dall’art. 167, comma 7, del T.U.I.R. Diversaalla disciplina CFC per le società White List.
In altre parole, i dividendi di fonte Hong Kong mente, se per poter fruire del credito di impoerano stati comunque imputati per trasparenza sta indiretto fosse necessario attendere il perio(ai fini fiscali) in capo al socio di controllo re- do di imposta di effettiva distribuzione di tali
sidente, dal momento che la società interposta dividendi a favore del socio di controllo resiresidente in Lussemburgo - cui i medesimi utili dente, si determinerebbe una distorsione, in
erano pervenuti come dividendi - soggiaceva quanto la quota di imposta italiana relativa
alla disciplina CFC (White List), con la conse- agli stessi dividendi (su cui si calcola il credito
guente imputazione reddituale per trasparenza di imposta indiretto ai sensi dell’art. 165 del
del proprio reddito imponibile a carico del so- T.U.I.R.) verrebbe ad essere calcolata in un
esercizio in cui tali redditi de facto non concorcio di controllo residente in Italia.
Ciò detto, l’istante società aveva chiesto se, rono alla formazione della base imponibile del
nel caso di specie, ricorressero le condizioni socio controllante residente (avendovi già conper fruire del credito di imposta indiretto e se, corso nell’anno di applicazione della CFC rule
(12) “La disciplina di cui al comma 1 trova applicazione […],
qualora ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:
a) sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore a più
della metà di quella a cui sarebbero stati soggetti ove residenti
in Italia;
b) hanno conseguito proventi derivanti per più del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall’investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione o dal-
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la concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà
industriale, letteraria o artistica nonché dalla prestazione di
servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l’ente non residente, ne sono
controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla
la società o l’ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari”.
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White List - cioè nel 2015 nel caso oggetto di
interpello).
L’Agenzia delle entrate, accogliendo le soluzioni proposte dall’istante, ha fornito importanti
precisazioni con la finalità di definire le corrette modalità di computo del credito di imposta
indiretto.
Preliminarmente, infatti, l’Agenzia ha chiarito
come, anche in fattispecie particolari come
quella appena descritta, occorre verificare la
sussistenza dei presupposti per l’applicazione
del regime di tassazione integrale dei dividendi
esteri (vale a dire la provenienza dei medesimi
da un Paese a fiscalità privilegiata), verifica
che deve essere effettuata utilizzando il criterio
vigente al momento della loro distribuzione.
Pertanto, in prima battuta, gli utili oggetto di
distribuzione da parte della società di Hong
Kong (inclusa nella Black List per l’esercizio
2015) devono considerarsi provenienti da un
territorio a fiscalità privilegiata. Secondo le
Entrate, dunque, alla società lussemburghese,
al pari di quanto previsto con riguardo al soggetto controllante residente, deve essere riconosciuto il credito di imposta indiretto in ragione delle imposte assolte dalla società di
Hong Kong sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione e dal momento in cui è stata ottenuta la disapplicazione
della disciplina CFC a seguito della dimostrazione della circostanza esimente di cui all’art.
167, comma 5, lett. a), del T.U.I.R.
Conseguentemente, il socio di controllo residente, in sede di determinazione delle imposte
dovute in Italia con riguardo ai redditi della
controllata lussemburghese (CFC White List),
dovrà tenere conto del credito di imposta (indiretto) relativamente alle imposte pagate dalla società di Hong Kong e afferenti agli utili
oggetto di distribuzione.
Tale credito dovrà, si ricorda, essere determinato “in proporzione agli utili conseguiti e nei
limiti dell’imposta italiana relativa a tali utili”
nonché in virtù delle disposizioni dettate dall’art. 165 del T.U.I.R. Sul punto, l’Agenzia
delle entrate ha ulteriormente chiarito come,
coerentemente con le modalità di tassazione
separata prevista per i redditi della CFC lussemburghese e con la circostanza che è quest’ultima a fruire del credito di imposta indiretto, il denominatore del rapporto (13) debba essere costituito dal reddito imponibile della medesima CFC. Per le medesime ragioni, conclude l’Agenzia, il socio di controllo residente potrà scomputare l’importo di tale credito esclusivamente dalle imposte dovute sul reddito della
CFC, reddito comprensivo dei dividendi provenienti dalla controllata di Hong Kong (14).
(13) Cfr. art. 165, comma 1, del T.U.I.R. (si veda supra).
(14) Si ribadisce, inoltre, quanto già affermato dalla circolare
4 agosto 2016, n. 35/E, secondo cui le imposte dovute in Italia
(sul reddito della CFC) devono essere liquidate assumendo come base di calcolo il reddito della CFC al lordo dell’ammontare
del credito di imposta.
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Patent Box
Patent Box: la riduzione
del foreign tax credit
può far perdere appeal all’incentivo
di Gian Marco Committeri (*) e Mauro Sebastianelli (**)
L’agevolazione rappresentata dal regime Patent Box per i redditi generati dagli intangibles potrebbe scontrarsi con un’applicazione formale del principio dettato dall’art. 165, comma 10, del
T.U.I.R., che prevede la rilevanza delle imposte pagate all’estero in misura proporzionale alla
quota di reddito estero che concorre alla formazione del reddito complessivo. Siccome è ragionevole attendersi che molti degli asset immateriali agevolabili producano redditi all’estero, tipicamente attraverso la concessione in uso a fronte di royalties soggette a withholding tax, la
riduzione del credito per le imposte estere comporterebbe una penalizzazione importante rispetto al medesimo intangibile che sia sfruttato (licenziato) soltanto nel territorio dello Stato. Si
rischia, così, di frustrare gli obiettivi della norma, che è rivolta certamente anche (se non soprattutto) agli intangibili di maggiore importanza, per i quali lo sfruttamento all’estero è una regola.
L’art. 1, commi da 37 a 45, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (1) (Legge di stabilità
2015), così come modificata con il c.d. Decreto
investment compact (2), ha introdotto un regime
opzionale agevolativo per i titolari di reddito
d’impresa che sfruttano, direttamente o indirettamente, beni immateriali quali marchi (registrati o in corso di registrazione), brevetti industriali
(concessi o in corso di concessione), software
protetti da copyright, disegni e modelli giuridicamente tutelabili e ciò che genericamente viene
definito know how (proteggibile come informazioni segrete o giuridicamente tutelabili) (3).
La modalità di fruizione dell’agevolazione (Patent Box) è quella della detassazione di parte
del reddito imponibile generato dallo sfruttamento del bene immateriale secondo aliquote
crescenti nel tempo (30% nel periodo di imposta 2015, 40% nel 2016 e 50% a partire dal
2017 ed a regime). È evidente che gli intangible
di maggior valore hanno una notorietà ed un
riconoscimento che varca i confini nazionali e
spesso, quindi, vengono concessi in uso a soggetti fiscalmente non residenti in Italia; laddove fra concedente e concessionario non vi siano rapporti di controllo e, conseguentemente,
la possibilità di applicare quanto previsto dall’art 26-quater del D.P.R. n. 600/1973 (in applicazione della Direttiva interessi royalty
2003/49/CE), e considerato che la maggior
(*) Dottore commercialista in Roma
(**) Dottore commercialista in Ancona
(1) La norma primaria è stata integrata con il Decreto del
MISE, 30 luglio 2015 ed interpretata dalle circolari 1° dicembre
2015, n. 36/E e 7 aprile 2016, n. 11/E (“circolare PB”), oltre
che dalle risoluzioni 9 marzo 2017, n. 28/E (in materia attività
di sviluppo, mantenimento e accrescimento del software protetto da copyright) e 27 settembre 2016, n. 81/E (in materia di
possibilità di accedere all’opzione anche per i marchi in corso
di registrazione e con procedimenti di opposizione ancora pendenti).
(2) Cfr. D.L. 24 gennaio 2015, n. 3 (convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2015, n. 33).
(3) L’art. 56 del D.L. n. 50/2017 (al momento di andare in
stampa in attesa di conversione) ha previsto l’uscita dei marchi
fra i beni cui si applicano le disposizioni del Patent Box. È stato
inoltre previsto che le disposizioni sul Patent Box si applicano
anche ai redditi derivanti dall’utilizzo congiunto di beni imma-
teriali, collegati tra loro da vincoli di complementarietà, ai fini
della realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti
o di un processo o di un gruppo di processi, sempre che tra i
beni immateriali utilizzati congiuntamente siano compresi unicamente quelli rientranti tra i beni agevolabili. Infine, per i costi
di attività di ricerca e sviluppo, rilevanti ai fini fiscali, sostenuti
per il mantenimento, l’accrescimento e lo sviluppo del bene
immateriale, viene eliminata la disposizione che prevedeva
l’aumento di un importo corrispondente ai costi sostenuti per
l’acquisizione del bene immateriale o per contratti di ricerca,
relativi allo stesso bene, stipulati con società che direttamente
o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o
sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa fino a concorrenza del 30% del medesimo ammontare (c.d.
meccanismo dell’uplift). Le nuove disposizioni si applicano dal
periodo di imposta 2017 per i soggetti c.d. solari. Rimane tutto
invariato per i soggetti che hanno esercitato le opzioni relativamente ai periodi di imposta 2015 e 2016.
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Patent Box
“previsione di tale regime
parte delle convenzioni
SOLUZIONI OPERATIVE
di tassazione agevolata dei
contro le doppie imposiredditi derivanti dalla
zioni in vigore fra l’Italia Agevolazione Patent Box
Il
legislatore,
accortosi
che
negli
anni
il
e gli altri Paesi OCSE preconcessione in uso o dalcapitale intangibile aveva preferito emigrare
vede l’applicazione della
l’utilizzo diretto di beni
verso Stati con legislazioni maggiormente
ritenuta in uscita sui “ca- attraenti, ha introdotto, a decorrere dal
immateriali si pone in linoni”, è evidente che una periodo di imposta 2015, un regime
nea di continuità con i
tematica ricorrente sarà opzionale di durata quinquennale (Patent
modelli progressivamente
quella del recupero, ai Box), che consente di escludere dal
introdotti in altri Stati
concorso
alla
formazione
della
base
sensi dell’art. 165,
Membri della Comunità
T.U.I.R., del foreign tax imponibile IRES e IRAP una quota dei
Europea (Belgio, Francia,
redditi
(il
50%
a
partire
dal
2017)
derivanti
credit relativo all’imposta
Gran Bretagna, Lussemdefinitivamente assolta al- dall’utilizzazione di alcuni beni immateriali.
burgo, Paesi Bassi e SpaLa fruizione del beneficio prevede una
l’estero. Il suddetto artico- variazione in diminuzione ai fini IRES/IRPEF gna) ed è conforme ai
lo del T.U.I.R., tuttavia, ed IRAP pari alla quota di reddito derivante
principi elaborati in ambiprevede al comma 10 che, dall’utilizzo diretto o indiretto del bene
to OCSE con riferimento
“nel caso in cui il reddito immateriale agevolabile moltiplicata per una alla disciplina fiscale preprodotto all’estero concor- certa percentuale e per il c.d. nexus ratio.
vista per la tassazione dei
ra parzialmente alla for- Sono agevolabili, sia l’utilizzo diretto dei
proventi derivanti dall’ubeni
immateriali,
sia
l’utilizzo
indiretto,
con
mazione del reddito comtilizzo dei beni immateriaplessivo, anche l’imposta cui si intende la concessione in uso del
li”. Pertanto, prosegue la
diritto.
estera va ridotta in misura
relazione, “l’introduzione
corrispondente”: un’applidel predetto regime opziocazione letterale della norma porterebbe ad nale renderebbe il mercato italiano maggioruna riduzione proporzionale della rilevanza ai mente attrattivo per gli investimenti nazionali
fini del credito d’imposta domestico della with- ed esteri di lungo termine, tutelando la base
holding tax applicata dal licenziatario, con una imponibile italiana” e “la norma è finalizzata a
conseguente perdita di appeal del beneficio del ‘premiare’ le imprese che svolgono attività idoPatent Box che vedrebbe notevolmente depo- nee ad accrescere il valore di un bene immatetenziata la propria portata agevolativa.
riale nel nostro Paese (sostenendo i relativi coIl presente intervento, in assenza di disposizio- sti)”. È evidente, pertanto, che il legislatore
ni normative di coordinamento, nonché di in- domestico, accortosi che negli anni il capitale
terpretazioni da parte dell’Amministrazione fi- intangibile, uno dei pilastri dell’economia itananziaria, si propone di affrontare il rapporto liana (specie con riferimento ai marchi), aveva
fra le due disposizioni (4).
preferito emigrare verso Stati con legislazioni
maggiormente attraenti, ha introdotto, a dePatent Box: ratio della norma e suoi effetti
correre dal periodo di imposta 2015, un regime
nell’ambito dell’utilizzo indiretto
opzionale di durata quinquennale che consente
Il regime Patent Box è stato introdotto al fine di escludere dal concorso alla formazione della
di adeguare il sistema normativo italiano a base imponibile IRES ed IRAP una quota dei
quello di molti altri Stati europei e non. Infat- redditi (ben il 50% a partire dal 2017 e succesti, come ricordato nella relazione illustrativa al sivi) derivanti dall’utilizzazione di alcuni beni
Decreto 30 luglio 2015 (“Decreto PB”), la immateriali.
(4) In dottrina, la tematica è stata affrontata solo marginalmente. Si veda: R. Gabrielli - A. Fasolino, “Disciplina del credito di imposta per i redditi prodotti all’estero dalle stabili organizzazioni”, in il fisco, n. 18/2015, pag. 1762, R. Villa, “Il prelievo sulla royalty decide la convenienza”, in Il Sole - 24 Ore del
1572
14 gennaio 2016, D. David, “Patent box e credito per le imposte pagate all’estero”, in Euroconference News del 19 aprile
2016, G.M. Committeri - E. Ribacchi, “L’applicazione del ‘regime CFC’ e l’utilizzo del credito per le imposte estere in UNICO
SC2016”, in Corr. Trib., n. 19/2016, pag. 1493.
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Patent Box
L’agevolazione, che per
za di non operare una diIL PROBLEMA APERTO
essere fruita richiede un
scriminazione fra i contriiter complesso (5), è fina- Utilizzo indiretto dell’intangible
buenti che concedono in
Con
particolare
riferimento
all’utilizzo
lizzata (6) ad incentivare
uso i beni immateriali a
indiretto dell’intangible, agevolabile con il
la collocazione in Italia di
terzi e coloro che, invece,
Patent Box, da un lato si ravvisa una
intangibili detenuti all’e- maggior semplicità (teorica) nella
li utilizzano direttamenstero nonché a mantenere determinazione della quota di reddito
te (9).
in Italia quelli esistenti e, agevolabile, stante il fatto che lo stesso è
Con particolare riferimeninfine, a favorire l’investi- determinato dai relativi canoni diminuito dei to all’utilizzo indiretto
mento in attività di ricer- costi diretti ed indiretti fiscalmente
dell’intangible, da un lato
riconosciuti ad essi connessi di competenza si ravvisa una maggior
ca e sviluppo (7).
La fruizione del beneficio del periodo; dall’altro lato, si evidenzia una
semplicità (teorica) nella
prevede una variazione in maggior incertezza nei rapporti con
determinazione della quol’Amministrazione finanziaria, che può
diminuzione ai fini IRE- sfociare in un maggior rischio di
ta di reddito agevolabile,
S/IRPEF ed IRAP pari al- contestazioni, stante il fatto che,
stante il fatto che lo stesso
la quota di reddito deri- contrariamente a quanto sembrava
“è determinato dai relativi
vante dall’utilizzo diretto emergere dalle prime indicazioni di prassi,
canoni diminuito dei costi
o indiretto del bene im- qualora lo sfruttamento indiretto dell’asset
diretti ed indiretti fiscalmateriale agevolabile mol- immateriale avvenga nei confronti di
mente riconosciuti ad essi
soggetti
non
appartenenti
al
medesimo
tiplicata per una certa
connessi di competenza
percentuale e per il c.d. gruppo, secondo l’Amministrazione
del periodo” (10); dall’alfinanziaria, non è possibile attivare la
nexus ratio (8).
tro lato, si evidenzia una
procedura di accordo preventivo con
Come previsto dall’art. 7 l’Agenzia delle entrate.
maggior incertezza nei
del Decreto PB, sono agerapporti con l’Amminivolabili, sia l’utilizzo diretstrazione finanziaria che
to dei beni immateriali (“per tale intendendosi può sfociare in un maggior rischio di contestal’utilizzo nell’ambito di qualsiasi attività che i zioni, stante il fatto che, contrariamente a
diritti sui beni immateriali riservano al titolare quanto sembrava emergere dalle prime indicadel diritto stesso”), sia l’utilizzo c.d. indiretto, zioni di prassi (11), qualora lo sfruttamento incon cui si intende la concessione in uso del di- diretto dell’asset immateriale avvenga nei conritto. La previsione di una doppia modalità di fronti di soggetti non appartenenti al medesifruizione dell’agevolazione è ispirata all’esigen- mo gruppo, “non è possibile attivare la proce(5) Con comunicato del 29 dicembre 2016, l’Agenzia delle
entrate ha reso noto che erano stati conclusi i primi accordi di
relativamente a quattro aziende (con fatturato superiore a 300
milioni di euro e come tali di competenza della Direzione Centrale) che avevano presentato domanda entro il 31 dicembre
2015.
(6) Cfr. relazione illustrativa alla Legge 23 dicembre 2014, n.
190 (Legge di stabilità 2015) e circolare n. 11/E del 7 aprile
2016, par. 2.
(7) Sul punto, si ricordano le agevolazioni consistenti nel
credito “Ricerca & Sviluppo” introdotto con Legge 23 dicembre 2014, n. 190; successivamente, con Decreto 27 maggio
2015, il quale ha subito importanti modificazioni con la Legge
di stabilità 2017 (cfr. G. Sepio - F.M. Silvetti, “Rafforzato il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo”, in il fisco, n.
6/2017, pag. 513). Fra gli interventi da annoverarsi fra quelli finalizzati a favorire l’innovazione aziendale, assumono particolare rilievo tutti quelli ricompresi in “Industria 4.0” e, in particolare quelli noti come iper ammortamento e maggiorazione del
40% per i beni immateriali, oggetto di una recente e copiosa
circolare scritta a quattro mani da Agenzia delle entrate e Ministero per lo Sviluppo Economico (circolare n. 4/E del 30 mar-
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zo 2017).
(8) La definizione di nexus ratio è fornita dal comma 42 dell’art. 1 della Legge n. 190/2014, in base al quale si intende: “la
quota di reddito agevolabile è determinata sulla base del rapporto tra:
a) i costi di attività di ricerca e sviluppo, rilevanti ai fini fiscali, sostenuti per il mantenimento, l’accrescimento e lo sviluppo
del bene immateriale di cui al comma 39;
b) i costi complessivi, rilevanti ai fini fiscali, sostenuti per
produrre tale bene”.
(9) In tal senso si esprime la relazione illustrativa alla Legge
n. 190/2014.
(10) Cfr. circolare n. 11/E del 7 aprile 2016, par. 6.2. che interpreta letteralmente la previsione dell’art. 7 del D.M. 30 luglio 2015.
(11) Nella circolare n. 36/E del 1° dicembre 2015, non vi era
alcun esplicito riferimento all’esclusione dalla possibilità di attivare la procedura di ruling nel caso di utilizzo indiretto non intercompany. Il par. 4 della suddetta circolare, si limitava ad affermare che “la procedura è su base opzionale, invece, nel caso di utilizzo indiretto dei beni immateriali”.
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Patent Box
dura di accordo preventivo con l’Agenzia delle
entrate” (12).
Ricordato che nella tipologia di utilizzo indiretto dei beni immateriali rientrano, sia le concessioni intercompany (per le quali vi è la facoltà di azionare la procedura di accordo preventivo), sia quelle nei confronti di soggetti terzi, ai
fini della presente trattazione appare di fondamentale rilievo la previsione in base alla quale
è agevolabile allo stesso modo lo sfruttamento
indiretto sia nel caso in cui lo stesso abbia come utilizzatori parti (terze o di gruppo) nazionali sia parti (terze o di gruppo) non residenti (13). E non potrebbe essere altrimenti vista
la ratio della norma, che è appunto quella di
far ritornare ovvero mantenere in Italia i beni
immateriali che giocano un ruolo fondamentale nella creazione di valore aggiunto per il sistema Paese, favorendo, in questo modo, gli investimenti in innovazione che “contribuiscono
alla crescita media delle produttività del lavoro
per una quota percentuale dal 20 al 34 per
cento” (14). Tuttavia, nel prevedere identiche
modalità di determinazione del reddito agevolabile sia per le licenze nei confronti di soggetti domestici che nei confronti di soggetti esteri, non si è tenuto conto, evidentemente, delle
penalizzazioni potenziali che subiscono le seconde per effetto del meccanismo del foreign
tax credit e della scelta adottata dall’Italia nelle
previsioni convenzionali in materia di canoni (15).
(12) La circolare n. 11/E del 7 aprile 2016 al par. 6.2, ha definitivamente chiarito la non azionabilità del ruling nel caso di
utilizzo indiretto nell’ambito di operazioni che non avvengano
all’interno del medesimo gruppo. La soluzione offerta dall’Agenzia delle entrate appare ragionevole nella misura in cui valorizza il fatto che nelle operazioni fra soggetti indipendenti è il
mercato che stabilisce il royalty rate at arm’s length; tuttavia la
possibilità di addivenire ad un accordo preventivo, in special
modo relativamente alle modalità di imputazione dei costi diretti ed indiretti afferenti l’intangible avrebbe posto i contribuenti al riparo da future contestazioni. Si pensi, nello specifico, a soggetti che detengono numerosi intangible agevolabili e
che li sfruttano sia direttamente che indirettamente (sia all’interno del gruppo che nei confronti di soggetti terzi): in questi
casi appare di non agevolabile individuazione quale quota di
costi variabili afferisce una tipologia di utilizzo e quale un altro,
oltre che stabilire i criteri in base ai quali ripartire i costi fissi.
(13) Cfr. circolare PB, par. 6.2.
(14) Cfr. relazione illustrativa alla Legge di stabilità 2015,
commi da 3 a 11, che cita il documento OCSE “Supporting Investment in Knowledge Capital, Growth and Innovation”.
(15) I sistemi tributari dei diversi Paesi, al fine di evitare il fenomeno della doppia imposizione giuridica, prevedono due
metodi alternativi: il metodo dell’esenzione, in base al quale il
Paese di residenza del soggetto che produce reddito all’estero
esenta detto reddito poiché lo stesso ha già scontato tassazio-
ne nell’altro Paese ed il metodo del credito d’imposta, il quale
prevede che l’imposta pagata all’estero dal contribuente residente, al verificarsi di particolari condizioni, è detraibile dall’imposta dovuta sul medesimo reddito nel Paese di residenza. Relativamente ai canoni, il Modello OCSE di convenzione contro
le doppie imposizioni non prevede una tassazione nel Paese
della fonte, preferendo, dunque il metodo dell’esenzione. Le
convenzioni stipulate dall’Italia, invece, si discostano dallo
standard internazionale, prevedendo, generalmente una tassazione concorrente fra i due Paesi, accordando quindi la propria
preferenza al metodo del credito di imposta. Fra i pochi Paesi
con cui l’Italia ha stipulato una convenzione contro le doppie
imposizioni che non prevede tassazione nel Paese della fonte
dei canoni, si segnalano: Cipro, Irlanda, Federazione Russa,
Georgia, Macedonia e Ungheria.
(16) L’art. 165, T.U.I.R. è stato oggetto di una copiosa circolare (circolare n. 9/E del 5 marzo 2015) che per la prima volta
ha fornito un’interpretazione organica del delicato tema del foreign tax credit.
(17) In merito alle novità recate dal Decreto internazionalizzazione all’art. 165, T.U.I.R., cfr. G. Marianetti, “Nuovo ‘foreign
tax credit’ per i lavoratori dipendenti”, in Corr. Trib., n.
27/2016, pag. 2121 e S. Battistini - N. Fasano, “Recupero per
‘competenza’ del credito sulle imposte estere anche per le persone fisiche”, in il fisco, n. 22/2016, pag. 2123.
1574
Credito di imposta estero
e redditi parzialmente non assoggettati
a imposizione
Il credito per le imposte assolte all’estero è disciplinato dal Testo Unico delle Imposte sui
Redditi, all’art. 165 (16), il quale, a seguito
della riforma tributaria operata con D.Lgs. 12
dicembre 2003, n. 344, ha sostituito il previgente art. 15 del “vecchio” T.U.I.R. L’articolo,
più recentemente, ha subìto una revisione ad
opera del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147
(c.d. Decreto internazionalizzazione) (17).
L’articolo, nell’attuale formulazione, si compone di dieci commi, i quali disciplinano i presupposti soggettivi ed oggettivi di applicazione
della norma, le complesse modalità di calcolo
e di riporto indietro o in avanti delle eventuali
eccedenze, le circostanze al ricorrere delle quali il beneficio decade e le modalità di applicazione della disposizione ai redditi parzialmente
esenti. L’art. 165 del T.U.I.R. si applica a tutti
i soggetti passivi residenti, siano essi assoggettati ad IRPEF ovvero ad IRES. Da un punto di
vista oggettivo, il credito spetta esclusivamente
per quei redditi prodotti all’estero, identificabili in base ad una lettura “a specchio” dell’art.
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23 del T.U.I.R., che concorrono alla formazione del reddito complessivo; il “beneficio” non
è riconosciuto, pertanto, per quei redditi di
fonte estera esenti, soggetti ad imposizione sostitutiva o a ritenuta alla fonte a titolo di imposta (18). Il credito spetta fino a concorrenza
della quota di imposta italiana relativa al medesimo reddito realizzato all’estero (19). Opera,
inoltre, la c.d. per country limitation, in base alla quale il credito d’imposta derivante dal reddito prodotto in un Paese estero può essere utilizzato esclusivamente in proporzione alla quota di reddito prodotta in detto Paese, non essendo possibili compensazioni con redditi prodotti in altri Paesi o considerare unitariamente
i redditi prodotti in diversi Stati esteri (c.d.
principio overall).
Per quanto qui di interesse, il comma 10 del
succitato articolo prevede che, “nel caso in cui
il reddito prodotto all’estero concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo,
anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente”: pertanto, quando il reddito estero non viene integralmente tassato in Italia, la
ritenuta operata da parte del Paese della fonte (20) non può essere integralmente recuperata attraverso il meccanismo del credito d’imposta né in altro modo (21). È il caso tipico dei
dividendi di fonte estera, per i quali gli artt. 89
e 47, T.U.I.R. prevedono espressamente l’esclusione dalla formazione del reddito rispettivamente nella misura del 95% e del 50.28%
del loro ammontare: in questi casi, come chiarito anche dalla circolare n. 9/E/2015, “le imposte pagate all’estero in via definitiva su tali
redditi devono essere assunte, ai fini del calcolo del credito spettante, in misura pari al 5 o al
49,72 per cento del loro ammontare, ossia nel(18) È il caso, ad esempio, delle partecipazioni non qualificate detenute da persone fisiche che sono assoggettate ad imposizione sostitutiva (obbligatoria) del 26% e per le quali non è
possibile scomputare dall’imposta italiana l’eventuale ritenuta
operata dallo Stato della fonte.
(19) Il Fisco domestico, infatti, è disposto a rinunciare alla
percezione di somme ma non anche a “finanziare” le entrate
del Paese straniero.
(20) Il riferimento alla ritenuta è il più coerente con lo specifico approfondimento ma il principio è generale ed opera,
quindi, anche nel caso di tassazione diretta del reddito estero.
(21) Sul punto, infatti, la circolare n. 9/E/2015, par. 5, prevede che “l’imposta estera che risulta non detraibile in applica-
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la stessa percentuale nella quale i dividendi
concorrono - avuto riguardo alla natura del socio - alla formazione del reddito”.
Nel caso del reddito agevolato attraverso il
meccanismo del Patent Box (regime opzionale
e “a tempo”), la formulazione letterale della
norma primaria è la medesima di quella prevista dagli artt. 89 e 47, T.U.I.R., ovvero si parla
di redditi che “non concorrono a formare il
reddito complessivo in quanto esclusi per il 50
per cento del relativo ammontare” anche se,
nel caso di reddito derivante da dividendi di
fonte estera (regime naturale e strutturale),
l’importo esentato coincide con quello corrisposto dal soggetto estero, mentre, nel caso del
regime Patent Box, il reddito agevolabile deve
essere decurtato dei costi diretti ed indiretti ad
esso afferenti (22).
Rapporto fra le due disposizioni
per soggetti che concedono
beni agevolabili a soggetti non residenti
Una volta delineate le linee essenziali del Patent Box ed il meccanismo previsto dall’art.
165, comma 10, T.U.I.R. relativamente alle
modalità di utilizzo parziale del foreign tax credit
nel caso di redditi di fonte estera che concorrono parzialmente a tassazione in Italia, occorre evidenziare il rapporto fra le due normative
e le possibili penalizzazioni per i contribuenti
che, fruendo del Patent Box “indiretto”, concedono i propri intangible asset a soggetti non residenti rispetto a coloro che, invece, ne concedano l’uso sul mercato domestico.
Con riferimento al reddito estero è importante
stabilire innanzitutto se lo stesso vada assunto
al lordo, ovvero al netto, dei costi e, in secondo luogo, se vada riportato l’intero importo
zione del comma 10 dell’art. 165 del T.U.I.R. non è deducibile,
né altrimenti recuperabile in Italia”.
(22) La circolare n. 9/E/2015, par. 5, chiarisce che “la riduzione dell’imposta estera detraibile, nei limiti della quota imponibile del reddito estero, non riguarda le ipotesi in cui - per effetto di differenti modalità di determinazione del reddito nei vari ordinamenti - l’ammontare del reddito estero assoggettato a
tassazione in Italia non corrisponda al quantum tassato nello
Stato estero” e conclude nel senso che “la disciplina del comma 10 si rende applicabile solo laddove il reddito estero - come determinato secondo le regole interne - sia totalmente o
parzialmente escluso dalla formazione dell’imponibile”.
1575
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vo. Qualora si optasse per
delle somme percepite
LA PRASSI AMMINISTRATIVA
l’interpretazione letterale
(royalties) ovvero detto
delle disposizioni del comimporto decurtato della Determinazione del reddito estero
La
circolare
n.
9/E/2015
ha
affermato
che
il
ma 10 dell’art. 165,
quota non imponibile per
reddito estero, cosı̀ come rideterminato in
T.U.I.R., gli effetti sarebeffetto del regime Patent
base alle disposizioni fiscali italiane, deve
Box.
essere assunto al “lordo” dei costi sostenuti bero decisamente penalizzanti per i contribuenti
Per quanto attiene ai co- per la sua produzione, in ragione delle
che licenziano i propri ins t i , l a c i r c o l a r e n . obiettive difficoltà nella determinazione e
tangibili solo, ovvero pre9/E/2015 ha fugato ogni nel controllo dei costi effettivamente
imputabili
a
singoli
elementi
reddituali.
valentemente, all’estero,
dubbio, affermando, al parispetto a quelli che li
ragrafo 3.1, che “il reddito
estero, così come rideterminato in base alle di- concedono esclusivamente, o prevalentemente
sposizioni fiscali italiane, deve essere assunto al in Italia.
‘lordo’ dei costi sostenuti per la sua produzione, Un esempio può aiutarci a comprendere l’eviin ragione delle obiettive difficoltà nella deter- dente disparità di trattamento: una società che
minazione e nel controllo dei costi effettiva- nel 2017 ha maturato quali unici ricavi royalmente imputabili a singoli elementi redditua- ties per euro 500.000 licenziando il suo unico
li”: pertanto, sulla scorta dell’interpretazione brevetto (per il quale ha optato per il regime
dell’Amministrazione finanziaria, dettata da agevolato del Patent Box) ad un soggetto non
evidenti esigenze di semplificazione, il reddito appartenente al medesimo gruppo, residente in
estero deve essere assunto al lordo dei costi Messico: la convenzione contro le doppie imposizioni vigente fra Italia e Messico prevede
eventualmente sostenuti per la sua produzione.
Una volta chiarito il primo punto, appare di l’applicazione di una withholding tax del 15%
secondaria importanza l’inclusione o meno del- sui canoni. Il licenziatario messicano, quindi,
la quota agevolabile da Patent Box nel calcolo pagherà al contribuente italiano euro 425.000
del reddito estero, stante il fatto che, laddove [500.000 - (500.000*15%)]; da un punto di vila stessa venisse inclusa, il rapporto fra reddito sta IRES, supponendo per semplicità l’assenza
estero e reddito complessivo (nel quale ovvia- di costi, il reddito imponibile del licenziante
mente il reddito estero concorre alla formazio- sarà pari ad euro 500.000 - (500.000*50%) =
ne del reddito complessivo solo per la quota 250.000 sul quale l’IRES dovuta sarà pari ad
imponibile) sarebbe superiore ad uno, mentre, euro 60.000 (tenendo conto della nuova aliladdove non venisse inclusa, sarebbe uguale quota del 24%). Nel caso in cui la ritenuta
uno: tuttavia, come precisato dalla stessa circo- estera fosse integralmente scomputabile dallare n. 9/E (23), nonché dalle istruzioni mini- l’imposta italiana, nulla sarà dovuto a titolo di
steriali (24), non possono essere assunti valori IRES, stante il fatto che la stessa (euro
75.000) è superiore all’imposta dovuta; laddodel rapporto superiori all’unità.
Ben più rilevante, invece, appare la questione ve, invece, si propendesse per l’interpretazione
che qui si solleva, ovvero quella della corri- letterale dell’art. 165, comma 10, T.U.I.R., la
spondente riduzione dell’imposta assolta all’e- società italiana dovrebbe corrispondere euro
stero, stante il parziale concorso del reddito be- 22.500 a titolo di IRES, poiché la withholding
neficiato dalla Patent Box al reddito complessi- tax messicana sarebbe fruibile solo nella misura
(23) La circolare n. 9/E/2015, par. 3.1 precisa che “il rapporto in esame, tra il reddito estero (RE) e il reddito complessivo
al netto delle perdite di esercizi precedenti (RCN), può risultare
superiore ad ‘1’ quando le perdite, coeve e/o pregresse, sono
così elevate da assorbire interamente il reddito di fonte italiana
e parte di quello estero. In tal caso, come conferma anche la
relazione al Decreto legislativo n. 344 del 2003, e come già
chiarito nelle istruzioni ai modelli di dichiarazione, il rapporto si
1576
considera pari a ‘1’, non potendo l’imposta relativa al reddito
estero essere riconosciuta in misura superiore all’imposta effettivamente dovuta, poiché, altrimenti, si determinerebbe un
finanziamento delle imposte estere”.
(24) Cfr. Istruzioni a Dichiarazione dei REDDITI SC 2017,
Quadro CE - pag. 205 in cui “si precisa che se il rapporto tra
reddito estero e reddito complessivo assume un valore maggiore di 1, tale rapporto deve essere ricondotto ad 1”.
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di euro 37.500 (75.000*50%) e la restante parte sarebbe indetraibile (25). In altre parole, nel
primo caso, il carico fiscale complessivo della
società italiana sarebbe pari ad euro 60.000 (la
withholding copre integralmente l’imposta italiana e l’eccedenza è riportabile in avanti secondo il meccanismo del carry forward previsto
dal comma 6 dell’art. 165), nel secondo caso
sarebbe pari ad euro 97.500 pari alla somma
dell’IRES italiana (calcolata considerando indetraibile l’eccedenza di imposta estera sul reddito esente) più l’intera ritenuta estera posto
che l’eccedenza, come detto, non sarebbe utilizzabile né riportabile in avanti poiché correlata a reddito esente. La seconda impostazione
evidenzia una palese discriminazione senza che
questo possa trovare una qualche ragionevole
giustificazione, apparendo, anzi, in contrasto
con la ratio legis. Proseguendo con l’esempio di
cui sopra, qualora la società italiana avesse licenziato il brevetto ad un soggetto italiano, il
carico fiscale IRES complessivo sarebbe stato
pari ad euro 60.000 [(500.000 (500.000*50%)]*24%.
Licenziatario italiano
Licenziatario messicano
(applicazione letterale art. 165,
comma 10, T.U.I.R.)
500.000
500.000
500.000
250.000 (50%)
250.000 (50%)
250.000 (50%)
250.000
250.000
250.000
–
75.000
75.000
24%
24%
24%
IRES dell’esercizio
60.000
60.000
60.000
Cash out
60.000
22.500 [60.000 - (75.000 x 50%)]
0*
Carico fiscale complessivo (IRES)
60.000
97.500 (75.000 + 22.500)
60.000/75.000**
Ricavi da licenza
Beneficio Patent Box
Reddito imponibile IRES
Withholding tax
Aliquota IRES
Licenziatario messicano
(applicazione non letterale
art. 165, comma 10, T.U.I.R.)
* La withholding copre integralmente l’imposta italiana e l’eccedenza (pari ad euro 15.000) è riportabile in avanti secondo il meccanismo del carry
forward previsto dal comma 6 dell’art. 165.
** Dipenderà dalla capacità del soggetto residente di recuperare in futuro l’eccedenza di ritenuta subita. Tenuto conto della natura temporanea dell’agevolazione Patent Box è ragionevole immaginare che l’eccedenza possa essere recuperata in futuro dall’impresa residente così da condurre il
carico fiscale complessivo al medesimo livello dei soggetti che licenziano gli intangibili a soggetti residenti.
Dall’esempio di cui sopra, è evidente la penalizzazione che subiscono coloro che licenziano
intangible a soggetti non residenti (laddove,
beninteso, prevalga l’interpretazione letterale
dell’art. 165, comma 10, T.U.I.R.) rispetto a
coloro che operano con soggetti residenti: ciò
appare apertamente in contrasto con la ratio
del legislatore, che, introducendo il regime
c.d. Patent Box, ha inteso rendere “il mercato
italiano maggiormente attrattivo per gli investimenti nazionali ed esteri di lungo termine”
e “‘premiare’ le imprese che svolgono attività
idonee ad accrescere il valore di un bene immateriale nel nostro Paese (sostenendo i rela(25) Cfr. nota 22.
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tivi costi)” (26). Laddove l’art. 165, comma
10, T.U.I.R. venisse interpretato in modo letterale, quindi, si rischierebbe di ridurre in
modo non marginale il beneficio per quegli
intangibili di maggiore importanza che godono di uno sfruttamento internazionale, ossia
proprio per quelle categorie la cui attrazione
(o permanenza) in Italia ha ragionevolmente
spinto il legislatore all’introduzione del regime di favore. È infatti agevole dimostrare come l’incremento della tassazione effettiva in
misura pari al 50% della ritenuta alla fonte
subita conduce ad un valore significativamente superiore a quello immaginato dal legisla(26) Cfr. relazione illustrativa della Legge di stabilità 2015.
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tore (circa 16%, pari al
50% dell’aliquota IRES
ordinaria oltre all’IRAP),
giungendo a soglie che
potrebbero far scegliere
diverse localizzazioni per
gli intangibili, facendo
tornare appetibili altre
giurisdizioni (quali Paesi
Bassi, Lussemburgo e Regno Unito) cui l’Italia
giustamente intende fare
una sana concorrenza fiscale.
Considerazioni
conclusive
IL PROBLEMA APERTO
Riduzione del beneficio per gli intangibili
Laddove l’art. 165, comma 10, T.U.I.R.,
secondo cui, nel caso in cui il reddito
prodotto all’estero concorra parzialmente
alla formazione del reddito complessivo,
anche l’imposta estera va ridotta in misura
corrispondente, venisse interpretato in modo
letterale, si rischierebbe di ridurre in modo
non marginale il beneficio per quegli
intangibili di maggiore importanza che
godono di uno sfruttamento internazionale,
ossia proprio per quelle categorie la cui
attrazione (o permanenza) in Italia ha
ragionevolmente spinto il legislatore
all’introduzione del regime di favore. Infatti,
l’incremento della tassazione effettiva in
misura pari al 50% della ritenuta alla fonte
subita conduce ad un valore superiore a
quello immaginato dal legislatore (circa
16%, pari al 50% dell’aliquota IRES ordinaria
oltre all’IRAP), giungendo a soglie che
potrebbero far scegliere diverse
localizzazioni per gli intangibili e facendo
tornare appetibili altre giurisdizioni (quali
Paesi Bassi, Lussemburgo e Regno Unito)
cui l’Italia intende fare una sana
concorrenza fiscale.
Per evitare di frustrare la
ratio dell’introduzione di
un regime di Patent
Box, l’unica strada appare
quella di sostenere una
lettura “adeguatrice” del
comma 10 dell’art. 165
del T.U.I.R., nel senso
cioè di ritenere non operante la limitazione all’utilizzo delle imposte estere in presenza di redditi esclusi da imposizione in virtù di disposizioni
(27) In questo senso potrebbe essere d’aiuto l’interpretazione fornita dalla circolare n. 9/E/2015, par. 5, nel passaggio in
cui sostiene che “la riduzione dell’imposta estera detraibile,
nei limiti della quota imponibile del reddito estero, non riguarda le ipotesi in cui - per effetto di differenti modalità di determinazione del reddito nei vari ordinamenti - l’ammontare del
reddito estero assoggettato a tassazione in Italia non corri-
1578
agevolative (e non quindi
in applicazione di norme
che strutturalmente escludono da tassazione, in tutto o in parte, alcuni componenti reddituali, come è
il caso dei dividendi) (27).
Non si ignora come la soluzione più corretta sarebbe quella di una previsione normativa che disapplicasse espressamente il
richiamato comma dell’art. 165 del T.U.I.R. per
i flussi reddituali che beneficiano del regime opzionale del Patent Box,
ma, in attesa di un intervento legislativo, sarebbe
certamente auspicabile un
chiarimento da parte dell’Agenzia delle entrate per
fornire agli operatori quella necessaria certezza per
compiere scelte consapevoli e valorizzare adeguatamente il regime intro-
dotto dall’Italia.
sponda al quantum tassato nello Stato estero”: con ciò implicitamente affermando che il comma 10 non è applicabile a tutte
le fattispecie, bensì esclusivamente a quelle in cui le basi imponibili italiana ed estera coincidono, cosa che non avviene
nell’ambito dei canoni di fonte estera che in Italia beneficiano
(temporaneamente e su base opzionale) del regime Patent
Box.
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Processo tributario
Le garanzie per l’esecuzione
delle sentenze di condanna
a favore del contribuente
di Saverio Capolupo (*)
Il D.M. 6 febbraio 2017 ha determinato l’oggetto della garanzia per l’esecuzione delle sentenze
di condanna a favore del contribuente. La garanzia deve essere prestata sotto forma di cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, al valore nominale, ovvero da fideiussione rilasciata
da una banca o da una impresa commerciale che, a giudizio dell’ente a favore del quale deve
essere prestata, offra adeguate garanzie di solvibilità ovvero di polizza fideiussoria rilasciata da
un’impresa di assicurazione.
L’art. 69, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992
prevede che “il pagamento delle somme superiori a 10.000 euro, diverse dalle spese di lite,
può essere subordinato dal giudice, anche tenuto conto delle condizioni di solvibilità dell’istante, alla prestazione di idonea garanzia” (1).
Fino all’emanazione del Decreto di attuazione
l’Agenzia delle entrate ha posto, in modo ingiustificato, sullo stesso piano i crediti fino a
10.000 euro e quelli di importo superiore. Se,
al limite, può essere compresa la scelta per
questi ultimi, non si giustifica il mancato rimborso per i primi, per i quali il legislatore ha
escluso la garanzia, a prescindere dalla personalità del contribuente e dei suoi precedenti.
Trattandosi di una valutazione già effettuata
dal Parlamento, è innegabile che l’Amministrazione finanziaria sia andata oltre, ancorché
nel lodevole intento di salvaguardare gli interessi erariali.
Non è stato casuale, d’altra parte, che si sia registrata qualche sentenza della giurisprudenza
di merito che ha condannato l’Agenzia delle
entrate a dare immediata esecuzione del rimborso riconosciuto dalla Commissione tributa-
ria a seguito di giudizio, sebbene di primo grado e, quindi, non definitivo.
Come si vedrà infra, il D.M. 6 febbraio 2017,
n. 22 ha fissato importanti paletti, i quali, però, potrebbero non incidere sul libero convincimento del giudice cui, in ultima analisi,
compete la valutazione volta a verificare la sussistenza o meno di rischi per un eventuale futuro recupero della somma rimborsata.
Con riferimento al costo della fideiussione, il
legislatore ha fatto proprio l’orientamento della Corte di cassazione in merito al costo sostenuto dal contribuente per prestare fideiussione.
Invero, è stato precisato che, laddove il giudizio si chiude riconoscendo definitivamente che
l’imposta non era dovuta, in tutto o in parte,
l’Amministrazione finanziaria deve procedere
al rimborso del relativo costo.
(*) Professore a contratto di Diritto tributario presso l’Università degli Studi di Cassino e Consigliere di Stato
(1) Per una disamina delle modifiche all’art. 69, cfr. S. Capo-
lupo, “L’esecutività delle sentenze: una riforma parziale”, in
Corr. Trib., n. 19/2017, pag. 1484.
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L’oggetto della garanzia
Per effetto dell’art. 1 del D.M. 6 febbraio 2017,
n. 22 è stato determinato l’oggetto della garanzia, che deve essere prestata sotto forma di cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato,
al valore nominale, ovvero da fideiussione rilasciata da una banca o da una impresa commerciale che, a giudizio dell’ente a favore del quale
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Processo tributario
Relativamente ai gruppi
deve essere prestata, offra
SOLUZIONI OPERATIVE
di società, con patrimonio
adeguate garanzie di solviDurata
della
garanzia
risultante dal bilancio
bilità ovvero di polizza fiIl D.M. 6 febbraio 2017 dispone che la
consolidato superiore a
deiussoria rilasciata da garanzia abbia come termine di scadenza il
250 milioni di euro, la gaun’impresa di assicurazio- nono mese successivo a quello del
ranzia può essere prestata
ne.
passaggio in giudicato del provvedimento
L’erogazione delle garan- che definisce il giudizio o fino al termine del mediante diretta assunzione dell’obbligazione da
zie è stata disciplinata an- nono mese successivo a quello
dell’estinzione
del
processo.
Tale
vincolo
parte della società capoche con riferimento al
permane anche nel caso in cui la sentenza
gruppo o controllante. A
profilo soggettivo, essenche ha disposto il pagamento di somme in
tal fine il riferimento deve
do stata operata una netta favore del contribuente venga
e s s e r e o p e r a t o a l l ’ a rt .
distinzione, a seconda successivamente riformata con una
2359 c.c., quindi al condelle dimensioni del sog- sentenza non ancora divenuta definitiva.
trollo di diritto e di fatto,
getto creditore. Invero,
per le piccole e medie imprese - definite se- nonché all’ipotesi di collegamento. Sono concondo i criteri stabiliti dal Decreto del 18 siderate collegate le società sulle quali un’altra
aprile 2005 del Ministro delle Attività pro- società esercita un’influenza notevole.
duttive, con il quale sono state fornite le indi- La prestazione di garanzia resta ferma anche in
cazioni per la determinazione della dimensio- caso di cessione della partecipazione nella sone aziendale ai fini della concessione di aiuti cietà controllata o collegata.
alle attività produttive e che si applica alle In ogni caso, la società capogruppo o controlimprese operanti in tutti i settori produttivi - lante deve comunicare in anticipo all’ente a
dette garanzie possono essere prestate anche favore del quale è prestata la garanzia l’intendidai consorzi o cooperative di garanzia colletti- mento di cedere la partecipazione nella società
controllata o collegata.
va (2).
Per quanto di interesse, può essere sufficiente La garanzia deve avere ad oggetto l’integrale
ricordare che la categoria delle microimprese, restituzione della somma pagata al contridelle piccole imprese e delle medie imprese è buente, comprensiva di interessi. Qualora dalcostituita dalle imprese che hanno meno di l’atto impugnato possa derivare un danno gra250 occupati e hanno un fatturato annuo non ve ed irreparabile e la Commissione provinsuperiore a 50 milioni di euro, oppure un tota- ciale ne disponga la sospensione, questa è sule di bilancio annuo non superiore a 43 milio- bordinata alla prestazione di idonea garanzia
mediante cauzione o fideiussione bancaria. In
ni di euro.
Va poi precisato che, nell’àmbito della catego- tal caso la garanzia comporta il versamento
ria delle PMI, si definisce piccola impresa l’im- integrale della somma dovuta, comprensiva di
presa che ha meno di 50 occupati e ha un fat- interessi.
turato annuo oppure un totale di bilancio an- Analogo principio vale relativamente ai provnuo non superiore a 10 milioni di euro. Inol- vedimenti sull’esecuzione provvisoria della sentre, per microimpresa deve intendersi l’impresa tenza impugnata per cassazione, di sospensione
che ha meno di 10 occupati, e ha un fatturato dell’atto di riscossione delle sanzioni ovvero
annuo oppure un totale di bilancio annuo non come ipotesi alternativa alla iscrizione dell’ipoteca e del sequestro conservativo (3).
superiore a 2 milioni di euro.
(2) Il riferimento è all’art. 29 della Legge 5 ottobre 1991, n.
317, iscritti nell’albo previsto dall’art. 106 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385.
(3) Cfr., rispettivamente, gli artt. 47, comma 5, 52, comma
1580
6, e 62-bis, comma 5, del D.Lgs. n. 546/1992, e degli artt. 19,
comma 3 e 22, comma 6, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n.
472.
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Processo tributario
Qualora i tributi oggetto
zione, la garanzia a cui sia
SOLUZIONI OPERATIVE
di contenzioso afferiscano
subordinata la sospensione
a risorse proprie tradizio- Escussione della garanzia
dell’atto impugnato è preAi fini dell’escussione della garanzia, l’ente
stata fino al termine del
nali (4), il tasso di interesa favore del quale è prestata comunica al
nono mese successivo al
se è determinato ai sensi garante l’ammontare delle somme dovute
passaggio in giudicato del
dell’art. 112, paragrafo 2, mediante posta elettronica certificata o
provvedimento che defidel Reg. UE 952/2013.
lettera raccomandata con avviso di
nisce il giudizio ovvero fiIn merito alla sua durata, ricevimento ovvero con altro mezzo idoneo,
entro
la
fine
del
sesto
mese
successivo
alla
no al termine del nono
il Decreto dispone che la
mese successivo all’estingaranzia abbia come ter- scadenza del termine previsto dall’art. 69,
comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992, per
zione del processo.
mine di scadenza il nono
l’adempimento del contribuente. Ferma
La stessa durata è stata
mese successivo a quello restando l’efficacia della garanzia, il
del passaggio in giudicato pagamento delle somme dovute deve essere stabilita per la sospensiodel provvedimento che effettuato dal garante entro trenta giorni dal ne prevista per le altre
ipotesi in precedenza ridefinisce il giudizio ovve- ricevimento della suddetta comunicazione.
chiamate.
ro fino al termine del nono mese successivo a quello dell’estinzione del
L’escussione della garanzia
processo.
Tale vincolo permane anche nel caso in cui la Qualora nel giudizio il contribuente dovesse risentenza che ha disposto il pagamento di som- sultare, in tutto o in parte, soccombente, ai
me in favore del contribuente venga successi- sensi dell’art. 69, comma 2, del D.Lgs. n.
vamente riformata con una sentenza non anco- 546/1992, deve provvedere alla restituzione
ra divenuta definitiva.
delle somme garantite. Tale termine decorre
Ovviamente, potrebbe anche verificarsi un ri- dal passaggio in giudicato del provvedimento
baltamento del giudicato nei gradi successivi al che definisce il giudizio ovvero dall’estinzione
primo. In tal caso, la garanzia cessa a condizio- del processo.
ne che il giudice del grado successivo di giudi- Nei casi di sospensione l’indicato termine dezio ritenga di non subordinare la condanna al corre dal deposito del provvedimento che conpagamento di somme in favore del contribuen- clude la fase di giudizio nella quale la sospente alla prestazione della garanzia. Trattasi, evi- sione è disposta.
dentemente, di una valutazione che è rimessa Nel caso previsto dall’art. 2, comma 4, il teresclusivamente al libero convincimento del mine di tre mesi per il pagamento da parte del
giudice, da valutare caso per caso.
contribuente delle somme garantite decorre
In caso di sospensione, la sottostante garanzia dalla definitività dell’atto impositivo, dell’atto
è prestata fino al termine del nono mese suc- di contestazione o del provvedimento di irrocessivo a quello del deposito del provvedimen- gazione delle sanzioni.
to che conclude la fase di giudizio nella quale Ai fini dell’escussione della garanzia, l’ente a
la stessa è stata disposta.
favore del quale è prestata comunica al garante
Ancorché del tutto evidente, è stato anche l’ammontare delle somme dovute mediante poesplicitamente previsto che la garanzia cessi, in sta elettronica certificata o lettera raccomanvia automatica, dalla data di deposito della data con avviso di ricevimento ovvero con altro mezzo idoneo, entro la fine del sesto mese
sentenza favorevole al contribuente.
Nei giudizi aventi ad oggetto risorse proprie successivo alla scadenza del termine previsto
tradizionali, nonché l’IVA riscossa all’importa- dal citato art. 69, comma 2, per l’adempimento
(4) Cfr. art. 2, paragrafo 1, lett. a), della decisione n.
2014/335/UE, Euratom del Consiglio del 26 maggio 2014.
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1581
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Processo tributario
del contribuente. Ferma restando l’efficacia
della garanzia, il pagamento delle somme dovute deve essere effettuato dal garante entro
trenta giorni dal ricevimento della suddetta comunicazione.
L’eventuale mancato pagamento dei premi o
delle commissioni della garanzia da parte del
1582
contribuente non può in nessun caso essere opposto all’ente a favore del quale è prestata la
garanzia ed è escluso, sia il beneficio della preventiva richiesta di pagamento al debitore
principale, sia quello della preventiva escussione dello stesso.
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Corte di Giustizia UE, 7 marzo 2017, causa C-390/15
IVA
E-book con aliquota IVA ordinaria
di Marco Peirolo (*)
La Corte di Giustizia, con la sentenza resa nella causa C-390/15 del 2017, ha affermato che l’applicazione dell’aliquota IVA ordinaria ai prodotti editoriali on line non dà luogo ad una disparità
di trattamento rispetto all’aliquota IVA ridotta applicabile agli analoghi prodotti cartacei o diffusi su supporto fisico. Tale conclusione si basa sull’attuale normativa, che non considera però
gli sviluppi tecnologici ed economici del settore, tant’è che la stessa Commissione europea, raccogliendo l’invito del Consiglio, ha presentato una proposta di Direttiva che modifichi le disposizioni relative alle aliquote IVA per le pubblicazioni elettroniche in modo da equipararle a quelle
cartacee.
Secondo le regole attuali, i prodotti editoriali
digitali sono soggetti ad aliquota ordinaria
(non inferiore al 15%), mentre quelli tradizionali, cioè cartacei o comunque diffusi su supporto fisico, beneficiano della possibilità, da
parte degli Stati membri, di essere assoggettati
ad aliquota ridotta (non inferiore al 5%) o “super-ridotta” (inferiore al 5%).
La circostanza che la fornitura di prodotti editoriali on line costituisca un servizio elettronico
e non possa essere considerata alla stessa stregua della fornitura di pubblicazioni su qualsiasi
supporto fisico trova conferma, altresì, nelle
sentenze della Corte di Giustizia del 5 marzo
2015, relative alle cause C-479/13 (Commissione/Francia) e C-502/13 (Commissione/Lussemburgo), con le quali è stato affermato che
la Francia e il Lussemburgo, avendo applicato,
rispettivamente, un’aliquota IVA ridotta e
un’aliquota “super-ridotta” alla fornitura di libri digitali, hanno violato le disposizioni della
Direttiva 2006/112/CE e del relativo Regolamento di esecuzione n. 282/2011. Con il nuovo arresto giurisprudenziale, di cui alla causa
C-390/15 del 7 marzo 2017 (1), la Corte ha
escluso che il descritto quadro normativo sia
contrario al principio della parità di trattamento, enunciato dall’art. 20 della “Carta di Nizza”, in quanto “ammettere che gli Stati membri abbiano la possibilità di applicare un’ali-
quota IVA ridotta alla fornitura di libri digitali
per via elettronica, come consentito per la fornitura di libri del genere su qualsiasi tipo di
supporto fisico, equivarrebbe a pregiudicare la
coerenza d’insieme della misura voluta dal legislatore dell’Unione, consistente nell’escludere
tutti i servizi elettronici dalla possibilità di applicare un’aliquota IVA ridotta”.
(*) Dottore commercialista in Torino, Advisor scientifico di
Adacta Studio Associato e Componente del Fiscal Committee
della Confédération Fiscale Européenne
(1) Il testo della sentenza è riportato a seguire.
(2) Cfr. art. 93 della Direttiva 2006/112/CE.
(3) Cfr. art. 62 della Direttiva 2006/112/CE.
(4) Cfr. art. 97 della Direttiva 2006/112/CE, sostituito dall’art.
1 della Direttiva 25 maggio 2016, n. 2016/856/UE.
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Struttura delle aliquote IVA
Come regola generale, l’aliquota applicabile alle operazioni imponibili è quella in vigore nel
momento in cui si verifica il fatto generatore
dell’imposta (2), vale a dire il fatto per il quale
si realizzano le condizioni di legge necessarie
per l’esigibilità dell’imposta, intesa - a sua volta - come il diritto che l’Erario può far valere
nei confronti del debitore per il pagamento,
immediato o differito, dell’imposta (3).
Riguardo alla misura delle aliquote, ciascuno
Stato membro dell’Unione Europea fissa un’aliquota normale, cioè ordinaria, che rappresenta una percentuale della base imponibile identica per le cessioni di beni e le prestazioni di
servizi; fino al 31 dicembre 2017, tale aliquota
non può essere inferiore al 15% (4).
Gli Stati membri possono applicare una o due
aliquote ridotte unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi riconducibili alle
categorie elencate nell’allegato III della Diret-
1583
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IVA
Corte di Giustizia UE, 7 marzo 2017, causa C-390/15
tiva, ma con esclusione dei servizi forniti per
via elettronica, che restano soggetti ad aliquota ordinaria (5); le aliquote ridotte non possono essere inferiori al 5% (6) ed è compito del
Consiglio europeo riesaminarne ogni due l’ambito di applicazione, modificando, se del caso,
l’elenco dei beni e dei servizi di cui al citato
allegato III (7).
In talune ipotesi, tassativamente previste, gli
Stati membri possono continuare ad applicare
le aliquote c.d. super-ridotte, cioè inferiori alla
misura del 5%, già in vigore al 1° gennaio
1991, alla duplice condizione che le stesse siano conformi alla legislazione comunitaria e
che siano state adottate per ragioni di interesse
sociale ben definite e a favore dei consumatori
finali (8). Le aliquote “super-ridotte” sono,
inoltre, ammesse, essenzialmente per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi riconducibili alle categorie di cui all’allegato III, nei
confronti degli Stati membri che, al 1° gennaio 1993, sono stati obbligati ad aumentare
l’aliquota normale in vigore all’inizio dell’anno
1991 di oltre il 2% (9).
Divieto di applicazione dell’aliquota ridotta
o “super-ridotta” per gli e-book
Con le citate sentenze di cui alle cause C479/13 e C-502/13, i giudici comunitari si sono
espressi sulla legittimità, rispetto al descritto
quadro normativo, dell’aliquota IVA applicata
dalla Francia e dal Lussemburgo per le cessioni
di libri in formato elettronico.
La Francia, per tali operazioni, applica l’aliquota del 7% dal 1° gennaio 2012, ulteriormente
ridotta al 5,5% dal 1° gennaio 2013, mentre in
Lussemburgo l’aliquota è quella “super-ridotta”
del 3% a partire dal 1° gennaio 2012.
La Commissione europea, nel ricorso per inadempimento proposto innanzi alla Corte di
Giustizia, ha correttamente osservato che l’aliquota ridotta, per i libri digitali, è incompatibile con gli artt. 96 e 98 della Direttiva
2006/112/CE, dato che le aliquote agevolate
sono ammesse soltanto per le operazioni di cui
(5) Cfr. art. 98, par. 1 e 2, della Direttiva 2006/112/CE.
(6) Cfr. art. 99, par. 1, della Direttiva 2006/112/CE.
(7) Cfr. art. 100 della Direttiva 2006/112/CE.
1584
all’allegato III alla Direttiva, il cui punto 6) nella formulazione risultante dalla Direttiva
2009/47/CE del 5 maggio 2009 - si limita a richiamare la “fornitura di libri su qualsiasi tipo
di supporto fisico”.
Del resto, gli e-book non possono in ogni caso
rientrare nelle categorie di beni e servizi soggetti ad aliquota ridotta in quanto l’applicazione dell’IVA agevolata è vietata per i servizi
forniti per via elettronica (10), che comprendono i prodotti editoriali digitali; in proposito,
infatti, è di fondamentale rilevanza evidenziare
che l’allegato I al Reg. UE 15 marzo 2011, n.
282, nel definire il contenuto dei “servizi prestati tramite mezzi elettronici” di cui al punto
3) dell’allegato II alla Direttiva 2006/112/CE,
richiama il “contenuto digitalizzato di libri e
altre pubblicazioni elettroniche”, anche sotto
forma di “abbonamento a giornali o riviste on
line”.
La Francia e il Lussemburgo, entrambi sostenuti dal Belgio, si sono opposti all’interpretazione
della Commissione, ritenendo che la fornitura
di libri elettronici può beneficiare dell’aliquota
ridotta, in quanto riconducibile al menzionato
punto 6) dell’allegato III della Direttiva
2006/112/CE, che contempla però la “fornitura
di libri su qualsiasi tipo di supporto fisico”; il
Lussemburgo, inoltre, ha sostenuto che la fornitura in esame, ove esclusa dal punto 6), beneficerebbe dell’IVA agevolata ai sensi del successivo punto 9), riferito alle “prestazioni di
servizi fornite da o diritti da versare a scrittori,
compositori e artisti interpreti”.
Nell’analisi compiuta dalla Corte di Giustizia,
è stato agevole dimostrare l’erroneo inquadramento normativo operato dagli Stati interessati.
L’art. 96 della Direttiva 2006/112/CE prevede
che l’aliquota normale si applica sia alle cessioni di beni, sia alle prestazioni di servizi. In deroga a tale principio, l’art. 98, par. 1, riconosce
agli Stati membri la facoltà di applicare una o
due aliquote ridotte, ma il successivo par. 2
dello stesso art. 98 dispone che le aliquote ri(8) Cfr. art. 110 della Direttiva 2006/112/CE.
(9) Cfr. art. 114 della Direttiva 2006/112/CE.
(10) Cfr. art. 98, par. 2, della Direttiva 2006/112/CE.
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Corte di Giustizia UE, 7 marzo 2017, causa C-390/15
IVA
dotte possono essere applicate unicamente alle
cessioni di beni e alle prestazioni di servizi di
cui all’allegato III della Direttiva.
Come anticipato, secondo la Francia, il Lussemburgo e il Belgio, la fornitura di libri elettronici può beneficiare dell’aliquota ridotta in
quanto rientra nel punto 6) del citato allegato
III, dal cui tenore letterale si evince che l’aliquota ridotta è applicabile all’operazione consistente nel fornire un libro contenuto in un
supporto fisico.
Orbene, è vero che il libro elettronico necessita, ai fini della sua lettura, di un supporto fisico, quale un computer, ma - secondo i giudici
comunitari - un simile supporto non è incluso
nella fornitura di libri elettronici, con la conseguenza che nell’ambito di applicazione del
punto 6) dell’allegato III della Direttiva
2006/112/CE non è compresa la fornitura di libri elettronici.
Questa conclusione si giustifica anche nella
considerazione che le disposizioni relative alle
aliquote ridotte devono essere interpretate restrittivamente, in quanto costituiscono una deroga alla regola generale secondo la quale le
operazioni sono assoggettate a IVA in base all’aliquota normale (11).
È inoltre vero che, mediante l’estensione, a seguito della modifica introdotta dalla Direttiva
2009/47/CE, dell’ambito di applicazione del
punto 6) dell’allegato III della Direttiva
2006/112/CE alla “fornitura di libri su qualsiasi
tipo di supporto fisico”, il legislatore comunitario, come risulta dal 4° considerando della Direttiva 2009/47/CE, ha perseguito l’obiettivo
di precisare e adeguare al progresso tecnologico
il riferimento alla nozione di “libri” che appare
in tale punto. Allo stesso modo, quando ha redatto l’allegato III della Direttiva
2006/112/CE, il legislatore europeo si è prefisso
che i beni essenziali, nonché i beni e i servizi
corrispondenti a scopi sociali o culturali, pur-
ché non presentassero alcun rischio o presentassero pochi rischi di distorsione della concorrenza, potessero essere assoggettati ad un’aliquota ridotta (12).
Tuttavia, resta il fatto che, ai sensi dell’art. 98,
par. 2, della Direttiva 2006/112/CE, è espressamente esclusa la possibilità di applicare un’aliquota ridotta ai “servizi forniti per via elettronica” e, a questo riguardo, la fornitura di libri
elettronici rappresenta un “servizio fornito per
via elettronica” ai sensi di tale disposizione.
In proposito, la fornitura di libri elettronici si
qualifica come prestazione di servizi, tale essendo ogni operazione che non costituisce una
cessione di beni (13), laddove quest’ultima
identifica il trasferimento del potere di disporre
di un bene materiale come proprietario (14).
Dunque, la fornitura di libri elettronici non
può essere considerata come una cessione di
beni, in quanto il libro elettronico non è un
bene materiale, dato che il supporto fisico che
consente la lettura di tale libro non è presente
al momento della cessione.
Ad ulteriore conferma di questa conclusione,
occorre rammentare che la fornitura di libri
elettronici rientra nella definizione di “servizi
prestati tramite mezzi elettronici” contenuta
nell’art. 7, par. 1, del Reg. UE 282/2011, secondo cui sono tali “i servizi forniti attraverso
internet o una rete elettronica e la cui natura
rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della
tecnologia dell’informazione”. Tale interpretazione è confermata dal punto 3) dell’allegato II
della Direttiva 2006/112/CE, letto in combinato disposto con l’art. 7, par. 1 e 2, del Reg. UE
282/2011 e con il punto 3) dell’allegato I di tale Regolamento, dal quale risulta che la fornitura del contenuto digitale di libri costituisce
un servizio elettronico.
(11) Secondo la giurisprudenza comunitaria, le disposizioni
in materia di aliquote ridotte vanno interpretate restrittivamente, con il conseguente divieto, per gli Stati membri, di estendere l’applicazione delle aliquote ridotte ad operazioni non previste dalla Direttiva IVA, ovvero alle aliquote inferiori al 5%, se
non già in vigore al 1° gennaio 1991 (CGE, 17 gennaio 2013,
causa C-360/11, Commissione/Spagna; Id., 12 giugno 2008,
causa C-462/05, Commissione/Portogallo; Id., 7 dicembre
2006, causa C-240/05, Eurodental; Id., 7 marzo 2002, causa C169/00, Commissione/Finlandia).
(12) Cfr. CGE, 3 marzo 2011, causa C-41/09, Commissione/Paesi Bassi.
(13) Cfr. art. 24, par. 1, della Direttiva 2006/112/CE.
(14) Cfr. art. 14, par. 1, della Direttiva 2006/112/CE.
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IVA
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nell’allegato III della DiCome anticipato, qualora
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la fornitura di libri eletrettiva, l’applicazione di
tronici non rientrasse nel Divieto di applicazione dell’aliquota ridotta
un’aliquota ridotta a una
per
gli
e-book
punto 6) dell’allegato III
tale fornitura non è conGli e-book non possono rientrare nelle
della Direttiva, il Lussemforme all’art. 98, par. 2,
categorie di beni e servizi soggetti ad
burgo ha sostenuto che aliquota ridotta in quanto l’applicazione
della stessa Direttiva.
una tale fornitura sarebbe dell’IVA agevolata è vietata per i servizi
Come anticipato, con il
riconducibile al successivo forniti per via elettronica, che comprendono nuovo arresto giurisprupunto 9), che consente i prodotti editoriali digitali; in proposito,
denziale, la Corte di Giuagli Stati membri di appli- l’allegato I al Reg. UE 282/2011, nel definire il stizia ha escluso che la
care l’aliquota ridotta alle contenuto dei servizi prestati tramite mezzi
normativa IVA attual“prestazioni di servizi for- elettronici, richiama il contenuto
mente vigente sul piano
nite da o diritti da versare digitalizzato di libri e altre pubblicazioni
unionale sia contraria al
elettroniche, anche sotto forma di
a scrittori, compositori e abbonamento a giornali o riviste on line.
principio della parità di
artisti interpreti”. Anche
trattamento, enunciato
questa tesi è stata smentidall’art. 20 della “Carta di
ta dalla Corte di Giustizia, sia perché non ri- Nizza”.
sulta giustificata dalla formulazione della dispo- Innanzi tutto, i giudici comunitari hanno rilesizione in esame, sia perché comporta l’esten- vato che, “dal momento che l’art. 98, paragrafo
sione dell’ambito di applicazione della stessa
2, della Direttiva 2006/112 modificata, in comquando invece, come precedentemente punbinato disposto con il punto 6 dell’allegato III
tualizzato, è necessario interpretare in modo
a tale Direttiva, ha l’effetto di escludere l’aprestrittivo le previsioni in materia di aliquote
plicazione di un’aliquota IVA ridotta alla forridotte.
nitura di libri digitali per via elettronica menInfine, contrariamente a quanto sostenuto da
tre una siffatta applicazione è autorizzata per la
Francia, Lussemburgo e Belgio, la conclusione
raggiunta nelle pronunce in commento non è fornitura di libri digitali su qualsiasi tipo di
rimessa in discussione dal principio di neutrali- supporto fisico, si deve ritenere che tali dispotà fiscale, il quale costituisce la traduzione, sizioni instaurino una differenza di trattamento
operata dal legislatore comunitario in materia tra due situazioni peraltro comparabili sotto il
di IVA, del principio generale di parità di trat- profilo dell’obiettivo perseguito dal legislatore
dell’Unione”, che è quello di “incentivare la
tamento.
Invero, il principio di neutralità fiscale non lettura, che si tratti di letteratura, di pubblicaconsente di estendere l’ambito d’applicazione zioni tecniche, di giornali o di periodici”.
di un’aliquota ridotta in assenza di una disposi- A questo punto, l’indagine si è spostata sulla
zione non equivoca (15) ed infatti il punto 6) possibilità di giustificare l’indicata differenza di
dell’allegato III della Direttiva 2006/112/CE trattamento alla luce del principio della parità
non è una disposizione che, in modo non equi- di trattamento, in quanto la giurisprudenza
voco, estende l’ambito di applicazione delle della Corte di Giustizia ha specificato che non
aliquote ridotte alla fornitura di libri elettroni- si verifica alcuna violazione del diritto comunici. Al contrario, la stessa disposizione esclude tario “quando la differenza di trattamento sia
dal suo ambito applicativo una siffatta fornitu- collegata a un legittimo scopo perseguito dalla
ra e, dato che è altresì pacifico che la fornitura misura che ha l’effetto di instaurare una diffedi libri elettronici non rientra in nessun’altra renza siffatta e quest’ultima sia proporzionata a
categoria di prestazioni di servizi menzionata tale scopo” (16).
(15) Cfr. CGE, 15 novembre 2002, causa C-174/11, Zimmermann.
1586
(16) Cfr. CGE, 22 maggio 2014, causa C-356/12, Glatzel e
Id., 17 ottobre 2013, causa C-101/12, Schaible.
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Corte di Giustizia UE, 7 marzo 2017, causa C-390/15
Nella pronuncia in commento, si rileva che,
“come chiarito dal Consiglio e dalla Commissione in risposta a un quesito scritto posto dalla Corte e in udienza, l’esclusione dell’applicazione di un’aliquota IVA ridotta alla fornitura
di libri digitali per via elettronica, di cui all’art. 98, paragrafo 2, della Direttiva 2006/112
modificata, va intesa come parte di un sistema
particolare di IVA per il commercio elettronico. Dalle spiegazioni date da tali istituzioni risulta infatti che si è ritenuto necessario assoggettare i servizi forniti per via elettronica a
norme chiare, semplici e uniformi, affinché l’aliquota IVA applicabile a tali servizi potesse
essere stabilita con certezza e la gestione di tale
imposta da parte dei soggetti passivi e delle
Amministrazioni fiscali nazionali fosse così facilitata”.
Tale obiettivo è considerato legittimo, in
quanto conforme, in particolar modo, al principio della certezza del diritto: “escludendo
l’applicazione di un’aliquota IVA ridotta ai servizi forniti per via elettronica, il legislatore
dell’Unione evita ai soggetti passivi e alle Amministrazioni fiscali nazionali di dover esaminare, per ogni tipo di servizio elettronico fornito, se esso rientri in una delle categorie di servizi che possono beneficiare di una simile aliquota in forza dell’allegato III alla Direttiva
2006/112 modificata”.
Di conseguenza, “ammettere che gli Stati
membri abbiano la possibilità di applicare
un’aliquota IVA ridotta alla fornitura di libri
digitali per via elettronica, come consentito
per la fornitura di libri del genere su qualsiasi
tipo di supporto fisico, equivarrebbe a pregiudicare la coerenza d’insieme della misura voluta
dal legislatore dell’Unione, consistente nell’escludere tutti i servizi elettronici dalla possibilità di applicare un’aliquota IVA ridotta”.
Proposta di Direttiva che uniforma
l’aliquota IVA applicabile ai prodotti editoriali
È il caso, però, di osservare che l’esigenza di armonizzazione dell’IVA applicabile ai prodotti
editoriali s’impone a seguito delle novità entrate in vigore il 1° gennaio 2015 sul luogo impositivo delle prestazioni di servizi di telecomuniCorriere Tributario 20/2017
IVA
cazioni, teleradiodiffusione ed elettronici. Dato
che l’IVA risulta dovuta nel Paese del committente anche quando il destinatario del servizio
è un “privato consumatore”, la mancata uniformazione delle aliquote previste, sul piano unionale, per i diversi formati delle pubblicazioni
implica, infatti, che il medesimo prodotto editoriale sia soggetto ad una differente tassazione
in funzione del formato con il quale viene
commercializzato, con inevitabili effetti distorsivi a danno degli operatori che utilizzano il
canale telematico ai fini della vendita.
Di tale esigenza è consapevole la Commissione
europea, che nel Piano d’azione sull’IVA, di
cui al doc. COM (2016) 148 del 7 aprile 2016,
ha rilevato, in conformità alle indicazioni
espresse nel “Libro verde sul futuro dell’IVA”
del 1° dicembre 2010 e nel successivo “Libro
bianco sul futuro dell’IVA” del 6 dicembre
2011, come le norme vigenti in materia di aliquote IVA non tengano pienamente conto degli sviluppi tecnologici ed economici per quanto riguarda i libri e i giornali elettronici.
Il mancato adeguamento della normativa IVA
allo sviluppo della tecnologia, con riguardo sia
ai beni che ai servizi, è stato ribadito dalla
Commissione anche nel documento avente ad
oggetto la “Strategia per la realizzazione del
mercato unico digitale” (doc. n. 192 del 6
maggio 2015). In tale sede, è stato annunciato
che la Commissione avrebbe presentato entro
la fine dell’anno 2016 una proposta legislativa
per modernizzare e semplificare l’IVA che grava sul commercio elettronico transfrontaliero,
tale da garantire, fra l’altro, che le pubblicazioni on line possano beneficiare delle aliquote ridotte applicabili alle pubblicazioni cartacee.
Più recentemente, nelle conclusioni del 25
maggio 2016 sul Piano d’azione sull’IVA, il
Consiglio europeo ha invitato la Commissione
a presentare una proposta legislativa che integri le disposizioni relative alle aliquote IVA
per le pubblicazioni elettroniche nell’ambito
delle iniziative per il mercato unico digitale
entro la fine dell’anno 2016 e ad elaborare la
relativa valutazione d’impatto.
In linea con le conclusioni del Consiglio e con
l’impegno assunto nel Piano d’azione sull’IVA,
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IVA
Corte di Giustizia UE, 7 marzo 2017, causa C-390/15
la Commissione, con la
ranno in materia, nell’amLA PRASSI AMMINISTRATIVA
proposta di Direttiva di
bito di un generale procui al doc. COM (2016) Prodotti editoriali elettronici
cesso di revisione delle
Secondo
l’Agenzia
delle
entrate,
sono
758 del 1° dicembre 2016,
aliquote attualmente allo
in esito ai risultati della riconducibili alla categoria dei prodotti
studio degli organi comueditoriali elettronici i prodotti diffusi per via
consultazione pubblica av- telematica ed oggetto di “commercio
nitari e che, per quanto
viata il 25 luglio 2016, in- elettronico diretto”, da considerare, ai fini
riguarda le pubblicazioni,
tende accordare a tutti gli IVA, come prestazioni di servizi e alle quali
si è concretizzato con la
Stati membri la possibilità non torna applicabile il regime speciale per
proposta di Direttiva 758
di applicare alle pubblica- l’editoria.
del 1° dicembre 2016.
zioni fornite per via eletSi ricorda, infatti, che il
tronica le stesse aliquote IVA attualmente ap- n. 18) della Tabella A, Parte II, allegata al
plicate alle pubblicazioni stampate, incluse le D.P.R. n. 633/1972, nel prevedere l’applicazioaliquote ridotte, le aliquote “super-ridotte” e le ne dell’aliquota ridotta del 4% per i prodotti
aliquote “zero”.
editoriali, è stata oggetto di un duplice interLa Direttiva 2006/112/CE è conseguentemente vento interpretativo da parte del legislatore
modificata prevendendo, all’art. 98, par. 2, che nazionale. In particolare, l’art. 1, comma 667,
“le aliquote ridotte non si applicano ai servizi della Legge n. 190/2014 (Legge di stabilità
forniti per via elettronica, ad eccezione di 2015), con effetto dal 1° gennaio 2015, ha staquelli che rientrano nell’allegato III, punto 6)” bilito che nella nozione di libri rientrano tutte
e, nel nuovo par. 3 del successivo art. 99, che, le pubblicazioni identificate da codice ISBN e
“in deroga al paragrafo 1, gli Stati membri pos- veicolate attraverso qualsiasi supporto fisico o
sono applicare aliquote ridotte inferiori al mi- tramite mezzi di comunicazione elettronica, innimo prescritto nel presente articolo o possono cludendo quindi in tale nozione non solo i liaccordare esenzioni con diritto a detrazione bri in formato cartaceo, ma anche quelli realizdell’IVA pagata nella fase precedente ai beni e zati su CD o CD-ROM, nonché i libri in forai servizi di cui all’allegato III, punto 6)”. Ne mato digitale, fruibili tramite internet.
discende, inoltre, che il contenuto del punto L’art. 1, comma 637, della Legge n. 208/2015
6) dell’allegato III è sostituito, eliminando il (Legge di stabilità 2016), con effetto dal 1°
riferimento al supporto fisico attraverso il qua- gennaio 2016, è ulteriormente intervenuto sulle il libro deve essere veicolato per beneficiare la materia, modificando il citato art. 1, comma
dell’aliquota ridotta, per cui la nuova formula- 667, della Legge di stabilità 2015, al fine di
zione della disposizione richiama, più generica- estendere l’applicazione dell’aliquota IVA del
mente, la “fornitura di libri, giornali e periodi- 4%, già prevista per i libri realizzati su qualsiasi
ci, inclusi quelli in locazione nelle biblioteche, supporto fisico o in formato digitale, anche ai
escluse le pubblicazioni interamente o essen- giornali, ai notiziari quotidiani, ai dispacci delzialmente destinate alla pubblicità ed escluse le le agenzie di stampa e ai periodici, sia se forniti
pubblicazioni consistenti interamente o essen- su CD, CD-ROM o altro analogo supporto fisizialmente in contenuto musicale o video”.
co, sia se forniti in formato digitale, purché
identificati con codice ISSN.
Aliquota IVA ridotta applicata dall’Italia
Come indicato dalla circolare Assonime n. 15
per le pubblicazioni on line
del 23 maggio 2016 (§ 4.1), resta da chiarire
La scelta del legislatore italiano di introdurre se, anche per le cessioni di giornali, notiziari
l’aliquota ridotta per le operazioni in parola, ri- quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa e
conducibili ai servizi elettronici, nonostante periodici veicolati su qualsiasi supporto fisico,
ciò non sia conforme alle attuali previsioni co- quali CD o CD-ROM, l’imposta si applichi
munitarie, deve essere pertanto intesa come con il regime speciale per l’editoria (analogaun’anticipazione delle modifiche che interver- mente a quanto già riconosciuto con la circola-
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Corte di Giustizia UE, 7 marzo 2017, causa C-390/15
re dell’Agenzia delle entrate n. 23/E del 24 luglio 2014 per i libri forniti su qualsiasi supporto fisico). Dato, invece, che le cessioni di prodotti editoriali elettronici sono da considerare,
ai fini IVA, come prestazioni di servizi, deve
ritenersi esclusa la possibilità di applicare il regime speciale dell’editoria ed in tal senso si è
già espressa anche l’Agenzia con la risoluzione
n. 186/E del 30 settembre 2003. Con la richia-
IVA
mata circolare n. 23/E/2014, è stato ulteriormente confermato che sono riconducibili alla
categoria dei prodotti editoriali elettronici i
prodotti diffusi per via telematica ed oggetto di
“commercio elettronico diretto”, da considerare, ai fini IVA, come prestazioni di servizi e alle quali non torna applicabile il regime speciale per l’editoria.
LA SENTENZA
Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, Sent. 7 marzo 2017, causa C-390/15 - Pres. Lenaerts Rel. Malenovský (stralcio)
L’art. 98, paragrafo 2, della Direttiva 2006/112/CE, modificata, in combinato disposto con il punto 6
dell’allegato III alla medesima Direttiva, che ha l’effetto di escludere la possibilità per gli Stati membri di applicare un’aliquota IVA ridotta alla fornitura di libri digitali per via elettronica, autorizzandoli al contempo ad applicare un’aliquota IVA ridotta alla fornitura di libri digitali su qualsiasi tipo
di supporto fisico, non viola il principio della parità di trattamento, come enunciato all’art. 20 della
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Sentenza
1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla
validità dell’art. 98, paragrafo 2, e del punto 6 dell’allegato III alla Direttiva 2006/112/CE del Consiglio,
del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune
d’imposta sul valore aggiunto (G.U. 2006, L 347,
pag. 1), come modificata dalla Direttiva 2009/47/CE
del Consiglio, del 5 maggio 2009 (G.U. 2009, L 116,
pag. 18) (in prosieguo: la “Direttiva 2006/112 modificata”).
2. Tale domanda è stata presentata in seguito alla
proposizione, da parte del Rzecznik Praw Obywatelskich (Difensore civico, Polonia), di un ricorso volto
a far constatare la non conformità alla costituzione
polacca di disposizioni nazionali che escludono l’applicazione di un’aliquota ridotta di imposta sul valore
aggiunto (IVA) alla fornitura di libri e di altre pubblicazioni digitali per via elettronica.
(Omissis)
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
16. Con ricorso del 6 dicembre 2013 il Difensore civico ha chiesto al Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale, Polonia) di constatare la non conformità
alla costituzione polacca, da un lato, delle posizioni
da 72 a 75 dell’allegato 3 alla Legge sull’IVA, in
combinato disposto con l’art. 41, paragrafo 2, di tale
Legge, nonché, dall’altro, delle posizioni da 32 a 35
dell’allegato 10 alla medesima Legge, in combinato
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disposto con l’art. 41, paragrafo 2a, di questa stessa
Legge, in quanto tali disposizioni prevedono l’applicazione di aliquote IVA ridotte alle sole pubblicazioni messe a disposizione su supporto fisico, restando
escluse le pubblicazioni trasmesse per via elettronica.
17. Nel corso del procedimento principale, il Marszałek Sejmu Rzeczypospolitej Polskiej (Maresciallo della Camera bassa del Parlamento della Repubblica di
Polonia) e il Prokurator Generalny (Procuratore generale, Polonia) hanno sottolineato che, poiché le
disposizioni della legge polacca in esame erano state
adottate al fine di trasporre nel diritto interno l’art.
98, paragrafo 2, e il punto 6 dell’allegato III alla Direttiva 2006/112 modificata, il legislatore polacco
non se ne poteva discostare senza violare i propri obblighi derivanti dal diritto dell’Unione. La stessa opinione è stata sostenuta dai membri del governo polacco invitati dal giudice del rinvio ad esprimere il
loro parere relativamente a tale causa.
18. Il giudice del rinvio ritiene che vi siano tuttavia
ragioni per dubitare della validità di queste due disposizioni della Direttiva 2006/112 modificata.
19. In primo luogo, tale giudice rileva che la Direttiva 2009/47, da cui trae origine il punto 6 dell’allegato III alla Direttiva 2006/112 modificata, potrebbe
essere inficiata da un vizio di procedura, in quanto il
tenore letterale di tale punto differisce dal testo della
proposta di Direttiva che era stata trasmessa al Parlamento.
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IVA
Corte di Giustizia UE, 7 marzo 2017, causa C-390/15
20. In secondo luogo, detto giudice ritiene che l’art.
98, paragrafo 2, della Direttiva 2006/112 modificata,
in combinato disposto con il punto 6 dell’allegato III
a tale Direttiva, potrebbe essere contrario al principio
di neutralità fiscale. Infatti, mentre i libri digitali
messi a disposizione su supporto fisico e quelli trasmessi per via elettronica presentano proprietà analoghe e rispondono agli stessi bisogni dei consumatori,
il suddetto art. 98, paragrafo 2, autorizza l’applicazione di un’aliquota IVA ridotta solo alla fornitura di libri digitali su supporto fisico.
21. Di conseguenza, il Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali:
“1) Se il punto 6 dell’allegato III alla Direttiva
2006/112 modificata sia invalido per il fatto che nel
processo legislativo è stata violata la formalità sostanziale consistente nella consultazione del Parlamento
europeo.
2) Se l’art. 98, paragrafo 2, in combinato disposto
con il punto 6 di cui all’allegato III alla Direttiva
2006/112 modificata, sia invalido perché viola il
principio di neutralità fiscale nella parte in cui esclude l’applicazione delle aliquote ridotte ai libri pubblicati in forma digitale e ad altre pubblicazioni elettroniche”.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
22. Con la sua prima questione il giudice del rinvio
chiede sostanzialmente se il punto 6 dell’allegato III
alla Direttiva 2006/112 modificata sia invalido per il
fatto che il procedimento legislativo che ha portato
alla sua adozione sarebbe stato viziato da una violazione delle forme sostanziali. Infatti, dal momento
che il tenore letterale del punto 6 dell’allegato III alla Direttiva 2006/112 modificata è diverso dal testo
contenuto nella proposta di Direttiva sulla cui base il
Parlamento è stato consultato, il giudice del rinvio si
chiede se quest’ultimo non avrebbe dovuto essere
consultato nuovamente.
23. Nel caso di specie, si deve rilevare che, conformemente all’art. 93 TCE, divenuto art. 113 TFUE,
che prevede una procedura legislativa speciale, il Parlamento doveva essere consultato prima dell’adozione
della Direttiva 2009/47 e, di conseguenza, prima della
sostituzione, da parte di tale Direttiva, del punto 6
dell’allegato III alla Direttiva 2006/112.
24. Infatti, la regolare consultazione del Parlamento
nei casi previsti dal Trattato CE, divenuto Trattato
1590
FUE, costituisce una formalità sostanziale la cui inosservanza implica la nullità dell’atto considerato (sentenza del 10 maggio 1995, Parlamento/Consiglio, C417/93, EU: C: 1995: 127, punto 9).
25. La partecipazione effettiva del Parlamento all’iter
legislativo, conformemente alle procedure previste
dal Trattato, rappresenta infatti un elemento essenziale dell’equilibrio istituzionale voluto dal Trattato
stesso, e ciò in quanto la competenza del Parlamento
riflette un fondamentale principio della democrazia,
secondo cui i popoli partecipano all’esercizio del potere per il tramite di un’assemblea rappresentativa
(v., in tal senso, sentenze del 5 luglio 1995, Parlamento/Consiglio, C-21/94, EU: C: 1995: 220, punto
17, e del 10 giugno 1997, Parlamento/Consiglio, C392/95, EU: C: 1997: 289, punto 14).
26. L’obbligo di consultare il Parlamento nel corso
del procedimento legislativo, nei casi previsti dal
Trattato, implica che esso sia nuovamente consultato
ogni volta che l’atto infine adottato, considerato
complessivamente, sia diverso quanto alla sua stessa
sostanza da quello sul quale il Parlamento è già stato
consultato, eccetto i casi in cui gli emendamenti corrispondono essenzialmente al desiderio espresso dal
Parlamento stesso (v., in tal senso, sentenza del 5 ottobre 1994, Germania/Consiglio, C-280/93, EU: C:
1994: 367, punto 38 e giurisprudenza citata).
27. Occorre pertanto esaminare se il punto 6 dell’allegato III alla Direttiva 2006/112 modificata sia diverso, quanto alla sua stessa sostanza, dal testo contenuto nella proposta di Direttiva sulla cui base il Parlamento è stato consultato.
28. A tale riguardo, si deve rilevare che la proposta
di Direttiva prevedeva che il punto 6 dell’allegato III
alla Direttiva 2006/112 menzionasse da quel momento in poi, tra le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che potevano essere oggetto delle aliquote IVA
ridotte, la “fornitura di libri, inclusi quelli in locazione nelle biblioteche (compresi gli stampati, i fogli illustrativi ed il materiale stampato analogo, gli album,
gli album da disegno o da colorare per bambini, la
musica stampata o manoscritta, le mappe e le carte
idrografiche o altri tipi di carte, nonché audiolibri,
CD, CD-ROM o qualunque supporto fisico analogo
che riproduca essenzialmente le stesse informazioni
contenute nei libri stampati), giornali e periodici,
escluso il materiale interamente o essenzialmente destinato alla pubblicità”.
29. Orbene, il punto 6 dell’allegato III alla Direttiva
2006/112 modificata fa riferimento alla “fornitura di
libri su qualsiasi tipo di supporto fisico, inclusi quelli
in locazione nelle biblioteche (compresi gli stampati,
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i fogli illustrativi ed il materiale stampato analogo,
gli album, gli album da disegno o da colorare per
bambini, la musica stampata o manoscritta, le mappe
e le carte idrografiche o altri tipi di carte), giornali e
periodici, escluso il materiale interamente o essenzialmente destinato alla pubblicità”.
30. Dal raffronto tra i testi rispettivi della proposta
di Direttiva e del punto 6 dell’allegato III alla Direttiva 2006/112 modificata risulta quindi che tale punto si distingue dalla suddetta proposta in quanto non
menziona, quali tipi di supporto fisico che possono
dar luogo all’applicazione di un’aliquota IVA ridotta,
gli “audiolibri, i CD, e i CD-ROM”, elencati dalla
proposta, né riguarda espressamente i libri “che riproducano essenzialmente le stesse informazioni contenute nei libri stampati”, contrariamente alla suddetta
proposta, bensì fa riferimento alla fornitura di libri su
“qualsiasi tipo di supporto fisico”.
31. Tuttavia, da tali differenze non si può dedurre
che il punto 6 dell’allegato III alla Direttiva
2006/112 modificata sia diverso, quanto alla sua stessa sostanza, dal testo contenuto nella proposta di Direttiva.
32. Infatti, dato che tale proposta precisava che essa
riguardava anche i libri forniti su “qualunque supporto fisico analogo” ai libri stampati, agli audiolibri, ai
CD e ai CD-ROM, l’elenco contenuto nella suddetta
proposta deve essere considerato non tassativo, ma
avente ad oggetto di illustrare il fatto che erano compresi tutti i tipi di supporto fisico ipotizzabili, come
ha infine stabilito il Consiglio al punto 6 dell’allegato
III alla Direttiva 2006/112 modificata.
33. Vero è che il punto 6 dell’allegato III alla Direttiva 2006/112 modificata non indica espressamente
che, perché si possa applicare un’aliquota IVA ridotta, i supporti fisici di cui trattasi devono riprodurre
essenzialmente le stesse informazioni contenute nei
libri stampati. Tuttavia, dal momento che tale testo
precisa di riguardare solo i “libri”, nozione che designa, nel senso ordinario di tale termine, un’opera
stampata, ne consegue che, per rientrare nell’ambito
di applicazione di tale disposizione, i supporti di cui
trattasi devono riprodurre essenzialmente le stesse informazioni contenute nei libri stampati.
34. Di conseguenza, occorre constatare, come ha fatto la Corte al punto 53 della sentenza del 5 marzo
2015, Commissione/Lussemburgo (C-502/13, EU: C:
2015: 143), che il testo del punto 6 dell’allegato III
alla Direttiva 2006/112 modificata non è altro che
una semplificazione redazionale del testo contenuto
nella proposta di Direttiva e la cui sostanza è stata integralmente mantenuta.
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IVA
35. In tali circostanze, il Consiglio non era tenuto a
consultare nuovamente il Parlamento.
36. Da quanto precede risulta che il punto 6 dell’allegato III alla Direttiva 2006/112 modificata non è
invalido per il fatto che il procedimento legislativo
che ha portato alla sua adozione sarebbe stato viziato
da una violazione delle forme sostanziali.
Sulla seconda questione
37. Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede se l’art. 98, paragrafo 2, della Direttiva
2006/112 modificata, in combinato disposto con il
punto 6 dell’allegato III a tale Direttiva, sia invalido
in quanto, escludendo l’applicazione delle aliquote
IVA ridotte alla fornitura di libri pubblicati in forma
digitale e di altre pubblicazioni elettroniche, lede il
principio di neutralità fiscale.
Osservazioni preliminari
38. In primo luogo, si deve rilevare che, anche se il
giudice del rinvio fa riferimento, nel testo della sua
questione, al principio di neutralità fiscale, dalla decisione di rinvio risulta che tale giudice solleva in sostanza la questione della validità dell’art. 98, paragrafo 2, della Direttiva 2006/112 modificata, in combinato disposto con il punto 6 dell’allegato III a tale
Direttiva, alla luce del principio della parità di trattamento, come enunciato all’art. 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (in prosieguo:
la “Carta”).
39. In secondo luogo, sebbene, nella formulazione
della sua questione, il giudice del rinvio menzioni, oltre ai libri pubblicati in forma digitale, le “altre pubblicazioni elettroniche”, dalla decisione di rinvio risulta altresì che i dubbi espressi da tale giudice vertono esclusivamente sull’esistenza di un’eventuale disparità di trattamento, operata dalla Direttiva
2006/112 modificata, nella fornitura di libri digitali a
seconda che questi ultimi siano trasmessi mediante
un supporto fisico o per via elettronica.
40. In tali circostanze, occorre considerare che il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’art. 98, paragrafo 2, della Direttiva 2006/112 modificata, in
combinato disposto con il punto 6 dell’allegato III a
tale Direttiva, sia invalido per il fatto che, escludendo ogni possibilità per gli Stati membri di applicare
un’aliquota IVA ridotta alla fornitura di libri digitali
per via elettronica, detto articolo viola il principio
della parità di trattamento, come enunciato all’art.
20 della Carta.
Giudizio della Corte
41. Si deve anzitutto ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, il principio della
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IVA
Corte di Giustizia UE, 7 marzo 2017, causa C-390/15
parità di trattamento impone che situazioni comparabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a
meno che tale trattamento non sia obiettivamente
giustificato (sentenze del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione, C580/12 P, EU: C: 2014: 2363, punto 51, e del 4 maggio 2016, Pillbox 38, C-477/14, EU: C: 2016: 324,
punto 35).
- Sul trattamento di situazioni comparabili
42. Secondo una giurisprudenza costante della Corte,
gli elementi che caratterizzano situazioni diverse nonché l’eventuale comparabilità di queste ultime devono essere determinati e valutati alla luce dell’oggetto
e dello scopo delle disposizioni in esame, fermo restando che devono essere presi in considerazione, a
tale fine, i principi e gli obiettivi del settore di cui
trattasi (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre
2008, Arcelor Atlantique e Lorraine e a., C-127/07,
EU: C: 2008: 728, punto 26 nonché giurisprudenza
citata).
43. Nel caso di specie, il trattamento differenziato
cui fa riferimento il giudice del rinvio risulta dall’impossibilità per gli Stati membri di prevedere l’applicazione di un’aliquota IVA ridotta alla fornitura di libri
digitali per via elettronica, mentre l’applicazione di
una siffatta aliquota è autorizzata per quanto riguarda
la fornitura di libri digitali su qualsiasi tipo di supporto fisico. Di conseguenza, gli elementi che caratterizzano queste due situazioni, nonché la loro eventuale
comparabilità, devono essere determinati e valutati
alla luce degli scopi perseguiti dal legislatore allorché
esso ha consentito agli Stati membri di applicare
un’aliquota IVA ridotta alla fornitura di libri digitali
su qualsiasi tipo di supporto fisico.
44. A tale riguardo, occorre rilevare che la facoltà
per gli Stati membri di applicare un’aliquota IVA ridotta alla fornitura di libri stampati è stata prevista,
per la prima volta, dalla Direttiva 92/77/CEE del
Consiglio, del 19 ottobre 1992, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica
la Direttiva 77/388/CEE (ravvicinamento delle aliquote dell’IVA) (G.U. 1992, L 316, pag. 1), che, con
il suo art. 1, ha inserito nella Sesta Direttiva un allegato H, relativo all’elenco delle forniture di beni e
delle prestazioni di servizi suscettibili di essere soggette ad aliquote ridotte dell’IVA, il cui punto 6 è stato
ripreso al punto 6 dell’allegato III alla Direttiva
2006/112, nella sua versione precedente l’entrata in
vigore della Direttiva 2009/47. Tale facoltà è stata
estesa da quest’ultima Direttiva alla fornitura di libri
su “qualsiasi tipo di supporto fisico”.
1592
45. Come rilevato dall’Avvocato Generale al paragrafo 56 delle conclusioni, l’obiettivo sotteso all’applicazione di un’aliquota IVA ridotta alla fornitura di
libri consiste nell’incentivare la lettura, che si tratti
di letteratura, di pubblicazioni tecniche, di giornali o
di periodici.
46. Si deve pertanto ritenere che la Direttiva
2006/112 modificata, allorché consente agli Stati
membri di applicare aliquote IVA ridotte alla fornitura di libri su qualsiasi tipo di supporto fisico, persegua un siffatto obiettivo.
47. Una simile conclusione è peraltro rafforzata dal
fatto che il punto 6 dell’allegato III alla Direttiva
2006/112 modificata esclude la possibilità di applicare un’aliquota IVA ridotta alla fornitura del “materiale interamente o essenzialmente destinato alla pubblicità”. Infatti, un materiale di tal genere è caratterizzato dal fatto che esso non persegue in alcun modo
l’obiettivo di cui al punto 45 della presente sentenza.
48. Ciò detto, affinché un simile obiettivo possa essere raggiunto, ciò che rileva è che i cittadini dell’Unione Europea possano effettivamente accedere al
contenuto dei libri, mentre le modalità di fornitura
dei medesimi non rivestono a tale riguardo un ruolo
determinante.
49. Di conseguenza, si deve constatare che, tenuto
conto dell’obiettivo perseguito dall’art. 98, paragrafo
2, della Direttiva 2006/112 modificata, in combinato
disposto con il punto 6 dell’allegato III a tale Direttiva, la fornitura di libri digitali su qualsiasi tipo di supporto fisico, da un lato, e la fornitura di libri digitali
per via elettronica, dall’altro, costituiscono situazioni
comparabili.
50. Tale conclusione non è rimessa in discussione
dal fatto che, conformemente all’art. 14, paragrafo 1,
della Direttiva 2006/112 modificata, la fornitura di
un libro digitale su supporto fisico costituisce, in linea di principio, una cessione di beni, mentre, in forza dell’art. 24, paragrafo 1, e dell’art. 25 di tale Direttiva, la fornitura di un libro digitale per via elettronica costituisce una prestazione di servizi. Infatti, poiché le norme sull’IVA mirano, in linea di principio,
a tassare allo stesso modo il consumo di beni e quello
di servizi, questa diversa qualificazione non appare
determinante sotto il profilo dell’obiettivo perseguito
dall’art. 98, paragrafo 2, di tale Direttiva, in combinato disposto con il punto 6 dell’allegato III alla medesima, richiamato al punto 45 della presente sentenza.
51. Di conseguenza, dal momento che l’art. 98, paragrafo 2, della Direttiva 2006/112 modificata, in combinato disposto con il punto 6 dell’allegato III a tale
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Corte di Giustizia UE, 7 marzo 2017, causa C-390/15
Direttiva, ha l’effetto di escludere l’applicazione di
un’aliquota IVA ridotta alla fornitura di libri digitali
per via elettronica mentre una siffatta applicazione è
autorizzata per la fornitura di libri digitali su qualsiasi
tipo di supporto fisico, si deve ritenere che tali disposizioni instaurino una differenza di trattamento tra
due situazioni peraltro comparabili sotto il profilo
dell’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione.
- Sulla giustificazione
52. Qualora si constati una differenza di trattamento
tra due situazioni comparabili, il principio della parità di trattamento non risulta tuttavia violato se tale
differenza è debitamente giustificata (v., in tal senso,
sentenza del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique e
Lorraine e a., C-127/07, EU: C: 2008: 728, punto
46).
53. Ciò avviene, secondo una giurisprudenza costante della Corte, quando la differenza di trattamento
sia collegata a un legittimo scopo perseguito dalla misura che ha l’effetto di instaurare una differenza siffatta e quest’ultima sia proporzionata a tale scopo (v., in
tal senso, sentenze del 17 ottobre 2013, Schaible, C101/12, EU: C: 2013: 661, punto 77, e del 22 maggio
2014, Glatzel, C-356/12, EU: C: 2014: 350, punto
43).
54. In tale contesto, resta inteso che il legislatore
dell’Unione è chiamato, quando adotta una misura di
carattere fiscale, a operare scelte di natura politica,
economica e sociale, nonché a stabilire un ordine di
priorità tra interessi divergenti o a effettuare valutazioni complesse. Di conseguenza, occorre riconoscergli, in tale ambito, un ampio potere discrezionale, di
modo che il controllo giurisdizionale del rispetto delle condizioni menzionate al punto precedente della
presente sentenza si deve limitare al controllo dell’errore manifesto v., in tal senso, sentenze del 10 dicembre 2002, British American Tobacco (Investments) e
Imperial Tobacco, C-491/01, EU: C: 2002: 741, punto 123, nonché del 17 ottobre 2013, Billerud Karlsborg e Billerud Skärblacka, C-203/12, EU: C: 2013:
664, punto 35.
55. Nel caso di specie, si deve ricordare che la differenza di trattamento constatata al punto 51 della presente sentenza risulta dall’art. 98, paragrafo 2, della
Direttiva 2006/112 modificata, in combinato disposto
con il punto 6 dell’allegato III a tale Direttiva, il quale esclude l’applicazione di un’aliquota IVA ridotta
alla fornitura di tutti i servizi elettronici e, di conseguenza, alla fornitura di libri digitali per via elettronica, contrariamente alla fornitura di libri, eventualmente, digitali, su qualsiasi tipo di supporto fisico.
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IVA
56. A tale riguardo, dai lavori preparatori della Direttiva 2002/38 risulta che le modifiche proposte dalla Commissione hanno costituito, per quanto riguarda la tassazione dei servizi forniti per via elettronica,
una prima tappa verso l’attuazione di una nuova politica in materia di IVA, diretta a semplificare e a rafforzare il sistema di IVA, in modo da incoraggiare le
transazioni commerciali legittime nell’ambito del
mercato interno. Emerge infatti da tali lavori preparatori che il commercio elettronico rappresenta un
importante potenziale di creazione di ricchezza e di
impiego nell’Unione, e che la realizzazione di un
contesto normativo chiaro e preciso costituisce un
presupposto indispensabile per instaurare un clima di
fiducia che stimoli le imprese a investire e a commerciare.
57. Come chiarito dal Consiglio e dalla Commissione in risposta a un quesito scritto posto dalla Corte e
in udienza, l’esclusione dell’applicazione di un’aliquota IVA ridotta alla fornitura di libri digitali per via
elettronica, di cui all’art. 98, paragrafo 2, della Direttiva 2006/112 modificata, va intesa come parte di un
sistema particolare di IVA per il commercio elettronico. Dalle spiegazioni date da tali istituzioni risulta
infatti che si è ritenuto necessario assoggettare i servizi forniti per via elettronica a norme chiare, semplici e uniformi, affinché l’aliquota IVA applicabile a
tali servizi potesse essere stabilita con certezza e la gestione di tale imposta da parte dei soggetti passivi e
delle Amministrazioni fiscali nazionali fosse così facilitata.
58. Orbene, la legittimità di un obiettivo siffatto non
può ragionevolmente essere messa in dubbio.
59. Il principio di certezza del diritto, sotteso a tale
obiettivo, esige infatti che una normativa dell’Unione consenta agli interessati di conoscere senza ambiguità la portata dei propri diritti e obblighi, affinché
essi possano regolarsi con cognizione di causa (v., in
tal senso, sentenza del 15 luglio 2010, Commissione/Regno Unito, C-582/08, EU: C: 2010: 429, punto 49
e giurisprudenza citata).
60. Inoltre, la Corte ha già riconosciuto la legittimità
dell’obiettivo consistente, per un legislatore, nello
stabilire norme generali che possano essere facilmente applicate da parte degli operatori economici e agevolmente controllate dalle autorità nazionali competenti (v., in tal senso, sentenza del 24 febbraio 2015,
Sopora, C-512/13, EU: C: 2015: 108, punto 33).
61. Per quanto concerne l’idoneità della misura, di
cui all’art. 98, paragrafo 2, della Direttiva 2006/112
modificata, in combinato disposto con il punto 6 dell’allegato III a tale Direttiva, a realizzare l’obiettivo
1593
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IVA
Corte di Giustizia UE, 7 marzo 2017, causa C-390/15
perseguito, quale precisato ai punti 56 e 57 della presente sentenza, non risulta che la valutazione operata
dal legislatore dell’Unione abbia ecceduto il potere
discrezionale di cui quest’ultimo dispone.
62. Infatti, escludendo l’applicazione di un’aliquota
IVA ridotta ai servizi forniti per via elettronica, il legislatore dell’Unione evita ai soggetti passivi e alle
Amministrazioni fiscali nazionali di dover esaminare,
per ogni tipo di servizio elettronico fornito, se esso
rientri in una delle categorie di servizi che possono
beneficiare di una simile aliquota in forza dell’allegato III alla Direttiva 2006/112 modificata.
63. Pertanto, la misura in questione deve essere considerata idonea a realizzare l’obiettivo di stabilire con
certezza l’aliquota IVA applicabile ai servizi forniti
per via elettronica e a facilitare così la gestione di tale imposta da parte dei soggetti passivi e delle Amministrazioni fiscali nazionali.
64. Per quanto riguarda l’esigenza, legata al requisito
di proporzionalità, che sia scelta la misura meno gravosa rispetto alle altre misure appropriate ipotizzabili
e che gli inconvenienti causati non siano sproporzionati rispetto agli obiettivi perseguiti, si deve rilevare
che il legislatore dell’Unione avrebbe eventualmente
potuto dissociare la fornitura di libri digitali per via
elettronica dall’insieme dei servizi elettronici e, di
conseguenza, consentire l’applicazione a tali libri di
un’aliquota IVA ridotta.
65. Tuttavia, una siffatta soluzione potrebbe essere in
contrasto con l’obiettivo perseguito dal legislatore
dell’Unione attinente alla necessità di porre rimedio
all’incertezza giuridica provocata dalle continue evoluzioni cui sono soggetti i servizi elettronici nel loro
complesso, ragion per cui il legislatore dell’Unione
ha escluso tutti questi servizi dall’elenco delle operazioni che possono beneficiare di un’aliquota IVA ridotta in forza dell’allegato III alla Direttiva 2006/112
modificata.
66. A tale riguardo, ammettere che gli Stati membri
abbiano la possibilità di applicare un’aliquota IVA ridotta alla fornitura di libri digitali per via elettronica,
come consentito per la fornitura di libri del genere su
qualsiasi tipo di supporto fisico, equivarrebbe a pregiudicare la coerenza d’insieme della misura voluta
dal legislatore dell’Unione, consistente nell’escludere
tutti i servizi elettronici dalla possibilità di applicare
un’aliquota IVA ridotta.
67. Quanto all’eventualità di estendere la possibilità
di applicare un’aliquota IVA ridotta a tutti i servizi
elettronici, si deve rilevare che l’adozione di una misura siffatta avrebbe introdotto, in via generale, una
disparità di trattamento tra i servizi non elettronici,
1594
che in linea di principio non beneficiano di un’aliquota IVA ridotta, e i servizi elettronici.
68. Di conseguenza, il legislatore dell’Unione era legittimato, nell’ambito del margine discrezionale di
cui dispone, a ritenere che nessuna delle due misure
teoricamente prospettabili fosse appropriata per realizzare i diversi obiettivi da esso perseguiti.
69. Occorre aggiungere che dagli artt. 4 e 5 della Direttiva 2002/38 nonché dall’art. 6 della Direttiva
2008/8/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che
modifica la Direttiva 2006/112 per quanto riguarda il
luogo delle prestazioni di servizi (G.U. 2008, L 44,
pag. 11), risulta che il Consiglio ha previsto di riesaminare il sistema impositivo specifico dei servizi forniti per via elettronica, al fine di tener conto dell’esperienza acquisita. Peraltro la Commissione ha annunciato, in una comunicazione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale
europeo su un Piano d’azione sull’IVA COM (2016)
148 final, la propria intenzione di esaminare l’elaborazione di un progetto di Direttiva recante modifica
della Direttiva 2006/112 modificata.
70. In simili circostanze, la differenza di trattamento
risultante dall’art. 98, paragrafo 2, della Direttiva
2006/112 modificata, in combinato disposto con il
punto 6 dell’allegato III a tale Direttiva, tra la fornitura di libri digitali per via elettronica e la fornitura
di libri su qualsiasi tipo di supporto fisico deve essere
ritenuta debitamente giustificata.
71. Occorre pertanto constatare che l’art. 98, paragrafo 2, della Direttiva 2006/112 modificata, in combinato disposto con il punto 6 dell’allegato III a tale
Direttiva, che ha l’effetto di escludere la possibilità
per gli Stati membri di applicare un’aliquota IVA ridotta alla fornitura di libri digitali per via elettronica,
autorizzandoli al contempo ad applicare un’aliquota
IVA ridotta alla fornitura di libri digitali su qualsiasi
tipo di supporto fisico, non viola il principio della parità di trattamento, come enunciato all’art. 20 della
Carta.
72. Come risulta dalle suesposte considerazioni, dall’esame delle questioni pregiudiziali non è emerso alcun elemento idoneo a inficiare la validità del punto
6 dell’allegato III alla Direttiva 2006/112 modificata
o dell’art. 98, paragrafo 2, di tale Direttiva, in combinato disposto con il punto 6 dell’allegato III alla medesima.
Sulle spese
73. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sol-
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IVA
Corte di Giustizia UE, 7 marzo 2017, causa C-390/15
levato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi
statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono
dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte
(Grande Sezione) dichiara:
Dall’esame delle questioni pregiudiziali non è emerso
alcun elemento idoneo a inficiare la validità del punto 6 dell’allegato III alla Direttiva 2006/112/CE del
Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema
comune d’imposta sul valore aggiunto, come modifi-
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cata dalla Direttiva 2009/47/CE del Consiglio, del 5
maggio 2009, o dell’art. 98, paragrafo 2, di tale Direttiva, in combinato disposto con il punto 6 dell’allegato III alla medesima.
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Ris. 5 aprile 2017, n. 44/E
➡
F. Gavioli, “‘Vending machine’: invio dei corrispettivi”, in Pratica Fiscale n. 18/2017, pag. 26
Disciplina dei distributori automatici,
anche “misti” (tabacchi e merci varie)
di Francesco Scopacasa (*)
I corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi realizzati tramite i distributori
automatici devono essere memorizzati in forma elettronica e trasmessi in via telematica all’Agenzia delle entrate. L’obbligo è già operante, dal 1° aprile 2017, per i distributori automatici dotati di un particolare dispositivo tecnico di trasmissione (“porta di comunicazione”), mentre per
gli apparecchi privi di tale dispositivo la decorrenza è stata rinviata al 1° gennaio 2018. Nel frattempo, con la risoluzione n. 44/E/2017, è stato affrontato il problema degli apparecchi distributori c.d. misti, cioè quelli che erogano sia beni soggetti allo speciale regime IVA “monofase” (tabacchi, schede telefoniche, biglietti di trasporto o di sosta, ecc.) o biglietti delle lotterie
ad estrazione istantanea (c.d. gratta e vinci), sia beni soggetti al regime IVA ordinario (“merci
varie”). Per essi, l’Agenzia ha precisato che l’esercente ha l’obbligo di trasmettere solo i dati
relativi ai corrispettivi di questi ultimi. Ciò in quanto nelle altre ipotesi le operazioni non costituiscono cessioni di beni ai fini IVA (per effetto del regime monofase), ovvero l’importo incassato
dall’esercente non ha natura di corrispettivo ma di aggio (lotteria).
Nella disciplina dell’IVA, il settore della distribuzione automatica di beni o servizi (c.d. vending) è stato sempre esonerato, sia dall’obbligo
della fatturazione (art. 22, comma 1, n. 1) del
D.P.R. n. 633/1972), sia dall’obbligo della certificazione dei corrispettivi con scontrini fiscali
o ricevute fiscali (art. 2, comma 1, lett. g), del
D.P.R. n. 696/1997).
In considerazione di ciò l’art. 2, comma 2, del
D.Lgs. n. 127/2015 (1), aveva disposto per tale
settore - inizialmente con effetto limitato ai soli distributori automatici di “beni” - il regime
“obbligatorio” della nuova disciplina della trasmissione telematica dei corrispettivi già con
decorrenza dal 1° gennaio 2017; ciò a differenza del regime “opzionale” che è stato invece
stabilito per gli altri settori del commercio al
minuto e delle attività assimilate. Tuttavia, la
norma aveva “temperato” tale obbligo stabilendo che le caratteristiche tecniche del relativo
strumento tecnologico di certificazione non
devono incidere sull’attuale funzionamento de-
gli apparecchi distributori nel rispetto dei normali tempi di obsolescenza e rinnovo degli
stessi.
Sulla base di tali indicazioni l’Agenzia delle
entrate, con il Provvedimento del 30 giugno
2016 e con ampio anticipo sulla scadenza prevista, ne aveva disciplinato gli aspetti tecnicooperativi, adottando soluzioni tecnologiche interessanti ed innovative. La soluzione indicata
nel Provvedimento è tuttavia “transitoria” per
consentire agli operatori di mantenere temporaneamente le apparecchiature attualmente
utilizzate e di provvedere alla loro sostituzione
in funzione dell’ordinaria obsolescenza dei prodotti; la soluzione “definitiva” sarà invece indicata con un successivo Provvedimento (2).
(*) Consulente in affari legali e fiscali d’azienda
(1) D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 127, emanato in attuazione della Legge di delega per la riforma del sistema fiscale (Legge 11
marzo 2014, n. 23 (art. 9, comma 1, lett. d)).
(2) Per un commento al Provvedimento 30 giugno 2016 e
per la distinzione tra soluzione transitoria e soluzione definiti-
va, V. F. Scopacasa, “Fisco tecnologico per i distributori automatici”, in Corr. Trib., n. 31/2016, pag. 2421.
(3) V. art. 4, comma 6, lett. a), del D.L. 22 ottobre 2016, n.
193, convertito, con modificazioni, dalla Legge 1° dicembre
2016, n. 225.
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Modifiche introdotte con il D.L. n. 193/2016
L’art. 2, comma 2, del D.Lgs. n. 127/2015 è
stato successivamente “riscritto” per effetto del
D.L. n. 193/2016 (3) che ha introdotto tre sostanziali modifiche:
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IVA
Ris. 5 aprile 2017, n. 44/E
a) ha esteso l’obbligo della memorizzazione e
della trasmissione telematica dei corrispettivi
anche agli apparecchi distributori automatici
non solo di “beni” ma anche di “servizi” (4);
b) ha spostato la decorrenza dell’obbligo dal 1°
gennaio 2017 al 1° aprile 2017;
c) ha stabilito che l’Agenzia delle entrate con
propri Provvedimenti può fissare termini differiti, rispetto al 1° aprile 2017, di entrata in vigore dell’obbligo di memorizzazione elettronica
e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, in relazione alle specifiche variabili tecniche di peculiari distributori automatici.
Modifiche introdotte con il Provvedimento
Agenzia delle entrate 30 marzo 2017
L’Agenzia delle entrate ha utilizzato la predetta
facoltà concessa dal D.L. n. 193/2016 e, con il
Provvedimento del 30 marzo 2017 ha stabilito
termini differiti di entrata in vigore dell’obbli-
go di memorizzazione elettronica e trasmissione
telematica dei dati dei corrispettivi in funzione
delle caratteristiche tecniche dei distributori
automatici. A tal fine, ha integrato la definizione di “distributore automatico” che aveva
già delineato nei tratti essenziali, nel Provvedimento Agenzia delle entrate 30 giugno
2016 (5), distinguendo tra apparecchi dotati o
non dotati di una “porta di comunicazione” e
stabilendo, per questi ultimi, l’obbligo di censimento a partire dal 1° settembre 2017 e l’obbligo di memorizzazione dei dati e di trasmissione telematica dei corrispettivi a partire dal
1° gennaio 2018.
Per una migliore comprensione delle diverse tipologie di distributori automatici, nello schema che segue si riportano le caratteristiche delle parti componenti il distributore automatico (6) e le date di decorrenza dell’obbligo.
Distributore automatico: parti componenti e decorrenza degli obblighi
Provvedimento Agenzia delle entrate 30 giugno 2016 - Distributore automatico dotato di tutte le componenti a + b + c + d. Obbligo
di memorizzazione e trasmissione dei dati dal 1° aprile 2017.
Provvedimento Agenzia delle entrate 30 marzo 2017 - Distributore automatico dotato delle sole
componenti a + b + c. Nota - punto 1.4: rientrano nella definizione di vending machine di cui al punto 1.1 anche gli apparecchi che erogano indirettamente prodotti e servizi agli utenti finali (come, ad
esempio, il distributore che eroga, previo pagamento, gettoni o schede elettroniche da inserire in altre macchine per usufruire del prodotto o del servizio).
Apparecchi da censire a partire dal 1° settembre 2017; obbligo di memorizzazione e trasmissione dei
dati dal 1° gennaio 2018.
(a)
(b)
(c)
(d)
una o più
“periferiche di
pagamento”
un
“sistema master”
un
“erogatore”
di prodotti o servizi
una
“porta di comunicazione”
Sistemi elettronici funzionali a
riconoscere la validità di un credito da utilizzare per il pagamento del bene o del servizio
da erogare.
Nota - Provvedimento Agenzia
delle entrate 30 marzo 2017,
Sistema elettronico costituito,
generalmente ma non esclusivamente, da una o più schede
elettroniche dotate di processore con memoria, capace di memorizzare e processare dati al
fine di erogare il bene o il servi-
Insieme dei meccanismi (meccanici, elettromeccanici o elettronici) che consentono l’erogazione dei beni o dei servizi selezionati dall’utente finale.
(4) Su questo argomento, commentando l’estensione ai
“servizi” introdotta con il D.L. n. 193/2016, l’Agenzia delle entrate ha precisato di ritenere che: Attraverso l’espresso riferimento, senza distinzione alcuna, alle “prestazioni di servizi” con perfetta corrispondenza rispetto alla qualificazione di distributori automatici riportata nel Provvedimento del Direttore
dell’Agenzia delle entrate n. 10287 del 30 giugno 2016 - il legislatore ha chiarito come la “cessione di beni” inizialmente prevista in via esclusiva dall’art. 2, comma 2, del D.Lgs. n. 127,
sia sempre stata da intendere in senso economico e, dunque,
siano da ricomprendere in tale dizione anche le prestazioni di
servizi vere e proprie, nonché quelle “distribuzioni” di generi,
quali bevande ed alimenti, che sono più propriamente da qualificarsi, sotto il profilo IVA, come somministrazioni e, quindi,
1598
—
prestazioni di servizi (cfr. l’art. 3, comma 2, n. 4, del D.P.R. n.
633/1972). (V. risoluzione n. 116/E del 21 dicembre 2016).
(5) V. Provvedimento Agenzia delle entrate 30 giugno 2016,
punto 1.3: La vending machine è costituita da una o più “periferiche di pagamento” che controllano uno o più apparecchi
erogatori. Le periferiche di pagamento controllano l’erogazione di beni e servizi di una vending machine mediante un “sistema master”, che registra ogni somma incassata dalle periferiche di pagamento.
(6) Il dettaglio delle caratteristiche riportato negli ultimi due
righi della Tabella è contenuto, rispettivamente (penultimo rigo) nel punto 1.2 e (ultimo rigo) nelle “Motivazioni” che accompagnano il Provvedimento Agenzia delle entrate del 30
marzo 2017.
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Ris. 5 aprile 2017, n. 44/E
Distributore automatico: parti componenti e decorrenza degli obblighi
punto 1.5: È considerato, inoltre, sistema di pagamento anche la c.d. torre di ricarica, apparecchio mediante il quale,
previo pagamento di una determinata somma, è possibile generare un credito, utilizzabile
mediante una “chiavetta” o altro apparecchio mobile, per l’erogazione di beni e servizi da
vending machine.
zio selezionato dall’utente finale.
Ad esempio, rientrano in tale
ambito: gettoniere rendiresto,
validatori, selettori di moneta o
di altri supporti, lettori di banconote, dispositivi cashless di tipo
contact o contactless, bluetooth,
lettori di carte di debito/credito
e/o altri supporti, sistemi basati
su riconoscimento di caratteristiche fisionometriche, schede
PC o PC dedicati allo scopo, periferiche di comunicazione con
dispositivi esterni - smartphone
o tablet - e qualsiasi altro dispositivo elettronico in grado di
abilitare l’erogazione di un bene/servizio.
Costituito da un sistema elettronico dotato di CPU e memoria,
capace di raccogliere i dati dalle singole periferiche di pagamento e memorizzarli (ad
esempio, vi rientrano le schede
di controllo generalmente definite “scheda CPU”, “scheda
madre”, “scheda di controllo o
VMC - Vending Machine Controller”, ecc.).
Apparecchi non soggetti agli obblighi
di memorizzazione e trasmissione dei dati
La puntuale esposizione delle parti che caratterizzano i “distributori automatici” soggetti agli
obblighi di memorizzazione e di trasmissione
dei dati imposti dalla normativa, ha consentito
all’Agenzia delle entrate di escludere, per converso, da tali obblighi, quegli apparecchi che
ne sono privi in tutto o in parte, ancorché siano comunque utilizzati per la distribuzione
automatica al pubblico di determinati oggetti.
Così, ad esempio, è stato precisato che sono
escluse dall’obbligo previsto dall’art. 2, comma
2, del D.Lgs. n. 127/2015 tutte quelle ipotesi
in cui “non si è in presenza di un distributore
automatico, così come sopra descritto (si pensi,
ad esempio, ai tradizionali distributori meccanici di palline contenenti piccoli giochi per
bambini, privi di allacciamento elettrico e di
una scheda elettronica che controlla l’erogazione - diretta o indiretta - e memorizza le somme
incassate (v. risoluzione n. 116/E del 21 dicembre 2016).
Parimenti, è stata escluso dal ricordato obbligo
un apparecchio distributore che “non eroga direttamente (come avviene, invece, ad esempio,
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——
La “porta di comunicazione” è
necessaria al fine di comunicare/trasferire digitalmente i dati,
tra cui quelli di interesse fiscale,
ad un dispositivo esterno atto a
memorizzarli e trasmetterli al Sistema dell’Agenzia delle entrate. Rientrano in tale ambito anche le vending machine che
possiedono almeno una porta
di comunicazione che, attraverso update o adattamenti e/o comandi software, sia capace di
trasferire digitalmente i dati ad
un dispositivo esterno.
per cibi e bevande) o indirettamente (si pensi
all’acquisto di gettoni poi inseriti in altre macchine per farle funzionare o alla ricarica di
chiavette) beni/servizi, ma fornisce solo l’attestazione/quantificazione di servizi resi in altro
modo o tempo (come avviene, ad esempio, per
i pedaggi autostradali)” (v. risoluzione n. 116/E
del 21 dicembre 2016).
Esclusione per i distributori
di biglietti di trasporto e di sosta
Anche i distributori automatici di biglietti di
trasporto o di sosta sono stati esclusi dagli obblighi di memorizzazione e di trasmissione dei
dati. Si tratta delle biglietterie automatiche
per il trasporto di passeggeri (treno, aereo,
pullman, bus, metro, ecc.) e quelle per la sosta
dei veicoli stradali (regolamentata - parcheggi
nelle c.d. strisce blu - e non regolamentata).
In proposito, l’Agenzia delle entrate ha osservato che il comma 5 dell’art. 2 del D.Lgs. n.
127/2015 dispone che “La memorizzazione
elettronica e la trasmissione telematica di cui
ai commi 1 e 2 sostituiscono la modalità di assolvimento dell’obbligo di certificazione fiscale
dei corrispettivi di cui all’art. 12, comma 1,
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IVA
Ris. 5 aprile 2017, n. 44/E
della Legge 30 dicembre
tamente, senza rilasciare
LA PRASSI AMMINISTRATIVA
alcun titolo certificativo”.
1991, n. 413, e al Decreto
A supporto di tale tesi
del Presidente della Re- Distributori di biglietti di trasporto e di sosta
L’Agenzia delle entrate ha affermato che gli
l’Agenzia ha affermato
pubblica 21 dicembre
apparecchi automatici distributori dei biglietti
che,
“nel caso dei biglietti
1996, n. 696. Resta co- di trasporto e di sosta non possono rientrare
di trasporto e/o di sosta
munque fermo l’obbligo di nell’obbligo di memorizzazione ed invio
veicolare, anche la disciemissione della fattura su telematico dei corrispettivi in quanto, non
plina fiscale delle apparecrichiesta del cliente”.
solo fungono da mero strumento di
chiature è peculiare. InfatPoiché il legislatore del pagamento di un servizio che sarà reso
ti, ai sensi dell’art. 2,
altrimenti,
ma
erogano
ciò
che
a
tutti
gli
effetti
successivo D.L. n.
comma 3, del D.M. 30
193/2016 non ha modifi- è una certificazione fiscale di tale servizio,
risultando del tutto illogico duplicare una
giugno 1992, “Le appareccato il predetto comma 5,
stessa attività (ossia la certificazione del
chiature atte alla emissiol’Agenzia delle entrate ne corrispettivo reso per il servizio, prima con
ne o che consentono la
ha dedotto che resta im- l’emissione del biglietto e, poi, con l’invio
riutilizzazione dei titoli di
plicitamente confermato telematico degli stessi dati). Al contrario,
viaggio di cui al presente
che “l’obbligo di invio dei prosegue l’Agenzia, le vending machine
articolo devono registrare
dati dei corrispettivi, pur erogano beni e servizi direttamente, senza
le operazioni eseguite su
sostitutivo delle ordinarie rilasciare alcun titolo certificativo.
un giornale di fondo costimodalità di certificazione
tuito da un apposito supporto cartaceo predidei corrispettivi incassati tramite distributori
sposto da tipografie autorizzate dal Ministero
automatici, non ha inciso sulle regole ad esse
delle Finanze ai sensi del Decreto del Presidenalternative, quali l’obbligo di emissione di fatte della Repubblica 6 ottobre 1978, n. 627, e
tura dietro richiesta del cliente, ovvero quelle
successive modificazioni”. Il successivo comma
previste da altre leggi speciali (come, ad esem4 dispone, poi, che “Il supporto cartaceo di cui
pio, i D.M. 30 giugno 1992 e 30 luglio 2009 in al comma precedente deve contenere una protema di documenti di viaggio relativi ai tra- pria numerazione lungo uno dei bordi, oltre la
sporti urbani di persone e dei documenti di so- espressa dizione ‘giornale di fondo’, nonché i
sta relativi ai parcheggi veicolari)” (v. risolu- dati identificativi della tipografia e gli estremi
zione n. 116/E del 21 dicembre 2016).
della autorizzazione alla stampa. Questi ultimi
In sostanza, ha affermato l’Agenzia delle entra- dati possono essere apposti anche sul retro del
te, gli apparecchi automatici distributori dei supporto stesso”.
biglietti di trasporto e di sosta non possono In particolare, per quanto riguarda il D.M. del
rientrare nell’obbligo di memorizzazione ed in- 30 luglio 2009, è stato osservato che “nell’agvio telematico dei corrispettivi in quanto “non giornare le caratteristiche dei biglietti di trasolo fungono da mero strumento di pagamento sporto e di parcheggio, ha equiparato la gestiodi un servizio che sarà reso altrimenti, ma ero- ne dei dati fiscali memorizzati dalle macchine
gano ciò che a tutti gli effetti null’altro è se emettitrici dei titoli di trasporto a quella dei tinon una certificazione fiscale di tale servizio toli di parcheggio.”.
(cfr. gli artt. 12, comma 1, della Legge n. 413 Questa posizione è stata peraltro confermata
del 1991 e 1, comma 1, del D.M. 30 giugno più recentemente, nella risoluzione n. 44 del 5
1992), risultando del tutto illogico duplicare aprile 2017.
una stessa attività (ossia la certificazione del
corrispettivo reso per il servizio, prima con l’e- Esclusione per i distributori di skipass
missione del biglietto e, poi, con l’invio tele- Anche le apparecchiature che consentono l’acmatico degli stessi dati)”.
quisto di skipass sono state escluse dagli obbliAl contrario, prosegue l’Agenzia delle entrate, ghi di memorizzazione e trasmissione dei dati,
“le vending machine erogano beni e servizi diret- nella considerazione che esse sono sostanzial-
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Ris. 5 aprile 2017, n. 44/E
mente assimilabili ai distributori automatici di
biglietti di trasporto (v. risoluzione n. 116/E
del 21 dicembre 2016).
L’Agenzia delle entrate ha fatto presente che
gli skipass, in base alla Legge n. 413/1991 e al
D.M. 30 giugno 1992 sono a tutti gli effetti titoli di viaggio ed ha ricordato, in proposito,
che “È, altresì, biglietto di trasporto ai sensi
del presente Decreto il titolo di viaggio costituito da un supporto con banda magnetica o
con microprocessore, anche interattivo, suscettibile di riprogrammazione per ulteriori utilizzi”
(art. 2, comma 1, del D.M. 30 giugno 1992).
Distributori “misti” di tabacchi,
biglietti “gratta e vinci” e “merci varie”
Altre esclusioni dagli obblighi di memorizzazione e trasmissione dei dati sono state riconosciute dall’Agenzia delle entrate, non tanto
sulla base delle caratteristiche tecniche dell’apparecchio di distribuzione, ma piuttosto sulla
base del disconoscimento della natura di “cessione di beni” ai fini IVA dell’operazione effettuata, ovvero della natura di “corrispettivo”
dell’importo pagato dall’utilizzatore.
Una Federazione ha fatto presente che i propri
associati si avvalgono di distributori automatici
per la vendita di tabacchi e per la cessione di
ulteriori beni; tra questi, alcuni sono soggetti
al regime IVA ordinario (c.d. merce varia), altri al regime speciale “monofase” di cui all’art.
74 del D.P.R. n. 633/1972 (ad esempio, ricariche telefoniche, biglietti per il parcheggio, biglietti di trasporto, ecc.), altri ancora sono
esenti da imposta ex art. 10, comma 1, n. 6,
dello stesso D.P.R. n. 633 (è il caso delle lotterie ad estrazione istantanea, c.d. gratta e vinci).
In particolare, in presenza di distributori c.d.
misti (ossia eroganti anche beni diversi dai tabacchi) è stato chiesto se gli obblighi di memorizzazione e di trasmissione siano applicabili
al complesso dei corrispettivi derivanti da tutte
le vendite effettuate (merce varia, tabacchi e
gratta e vinci) e se la trasmissione dei dati deb-
IVA
ba avvenire distinguendo la specifica tipologia
di prodotti, in virtù del differente trattamento
IVA.
Rispondendo in regime di consulenza giuridica
al quesito richiesto (7), l’Agenzia delle entrate
ha innanzitutto ripercorso il quadro normativo
che disciplina la materia e le indicazioni di
prassi amministrativa già fornite in precedenza,
soffermandosi sulle caratteristiche che l’apparecchio “distributore automatico” deve possedere per essere soggetto agli obblighi di memorizzazione e trasmissione dei dati.
Tra queste, oltre alle caratteristiche prettamente “tecniche” e costruttive già ricordate,
ha aggiunto che “necessario presupposto della
previsione normativa è che la cessione eseguita
dia luogo ad un corrispettivo, rilevante ai fini
IVA, imputabile in capo al soggetto che la effettua”.
In altre parole - ha ulteriormente precisato
l’Agenzia - “qualora l’imposta sull’operazione
avvenuta tramite distributori automatici sia già
stata assolta in una fase precedente e chi la effettua non ne può determinare alcun elemento
- fungendo, di fatto, da semplice mandatario di
altro soggetto che ha adempiuto gli obblighi
del caso - le previsioni del D.Lgs. n. 127 del
2015 non troveranno applicazione”.
Da tale affermazione consegue che l’obbligo di
cui all’art. 2, comma 2, del D.Lgs. n. 127/2015
non è applicabile alle operazioni effettuate nel
regime IVA, c.d. monofase, di cui all’art. 74
del D.P.R. n. 633/1972.
Questo articolo, infatti, introduce, nel comma
1, una espressa deroga alle disposizioni del regime ordinario IVA, stabilendo che unico soggetto debitore dell’imposta è il primo cedente
e ponendo altresì, nel comma 2, le ulteriori
cessioni a valle fino al consumatore finale in
regime di “non imponibilità” (rectius: “non assoggettamento” o “fuori campo IVA”) equiparandole, a tutti gli effetti del Decreto IVA, alle
operazioni che “non sono considerate cessioni
di beni” di cui al comma 3 dell’art. 2 del medesimo D.P.R. n. 633/1972.
(7) V. risoluzione Agenzia delle entrate n. 44/E del 5 aprile
2017.
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IVA
Ris. 5 aprile 2017, n. 44/E
Tra queste operazioni l’AInfine, ha concluso l’ALA PRASSI AMMINISTRATIVA
genzia, “l’art. 2, comma 2,
genzia delle entrate ha ridel D.Lgs. n. 127 del 2015
cordato (oltre ai biglietti Distributori misti di tabacchi,
biglietti
“gratta
e
vinci”
e
merci
varie
troverà, invece, applicadi viaggio e di sosta già ciRispondendo a un quesito riguardante
zione per tutte le altre titati) le cessioni di:
distributori automatici per la vendita di
pologie di cessione (ivi
“a) tabacchi e di altri beni tabacchi e per la cessione di ulteriori beni,
comprese, come visto, le
commercializzati esclusi- alcuni dei quali soggetti al regime IVA
prestazioni di servizi).”.
vamente dall’Amministra- ordinario (“merce varia”), altri al regime
zione autonoma dei mo- speciale “monofase” (ad esempio, ricariche Ne consegue che, in caso
di utilizzo di un distributonopoli di Stato, che ‘de- telefoniche, biglietti per il parcheggio,
re automatico “misto” e
vono essere pagati dal ri- biglietti di trasporto, ecc.), altri ancora
venditore all’atto dell’ac- esenti da imposta (è il caso delle lotterie ad rientrante nella definizione di “distributori autoquisto, con le modalità estrazione istantanea, c.d. gratta e vinci),
l’Agenzia delle entrate ha stabilito che, in
matici” come sopra indiprescritte dall’Amminicaso di utilizzo di un distributore automatico
cata, l’esercente sarà tenustrazione, e sono venduti “misto” e rientrante nella definizione di
to ad effettuare l’invio dei
al pubblico ai prezzi stabi- “distributori automatici”, l’esercente sarà
liti dalla tariffa di vendi- tenuto ad effettuare l’invio dei dati relativi ai dati relativi ai soli servizi
e prodotti non esclusi dalta’, e per le quali ‘i riven- soli servizi e prodotti non esclusi
l’obbligo (c.d. merce vaditori sono retribuiti ad dall’obbligo (c.d. merce varia).
ria).
aggio’ (si veda l’art. 24
Per l’adempimento di tali obblighi e per il ridella Legge n. 1293 del 1957);
b) ricariche telefoniche. In merito, l’Agenzia spetto della relativa decorrenza, l’esercente doha più volte precisato che ‘il soggetto passivo vrà seguire le disposizioni dei distinti Provvedid’imposta è il titolare della concessione o auto- menti dell’Agenzia delle entrate (prot. n.
rizzazione ad esercitare la fornitura di servizi di 102807/2016 del 30 giugno 2016 e prot. n.
telecomunicazione, il quale, con il pagamento 61936/2017 del 30 marzo 2017), in funzione
dell’imposta sulla base del corrispettivo dovuto della tipologia di apparecchio utilizzato. Per
dall’utente, assolve altresì l’IVA relativa ai quanto riguarda invece le informazioni da mecompensi, comunque denominati, da esso rico- morizzare elettronicamente e trasmettere telenosciuti ai soggetti terzi per i servizi relativi al- maticamente, l’Agenzia delle entrate ha ricorla distribuzione, vendita, abilitazione, riabilita- dato che sono quelle riportate nell’allegato dezione e ricarica dei mezzi tecnici suddetti, non- nominato “Tipi dati per i corrispettivi” delle
ché per le prestazioni dei gestori di telefoni po- specifiche tecniche allegate al Provvedimento
sti a disposizione del pubblico’ (così la circola- del 30 giugno 2016.
re n. 328/E del 1997, successivamente ripresa
Distributori automatici di carburanti
dalla risoluzione n. 140/E del 2004);
c) la vendita dei biglietti delle lotterie istanta- Il punto 1.6 del Provvedimento Agenzia delle
nee - esente da IVA e non soggetta a fattura- entrate del 30 marzo 2017 stabilisce che “Con
zione (ex artt. 10, comma 1, n. 6 e 21, comma successivo Provvedimento del Direttore dell’A6, lett. c), del D.P.R. n. 633 del 1972) - che genzia delle entrate saranno disciplinati le rerientrano tra i beni ceduti in via esclusiva dal- gole tecniche, gli strumenti e i termini per la
l’Amministrazione autonoma dei monopoli di memorizzazione elettronica e la trasmissione
Stato e per i quali i rivenditori non percepisco- telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri
no veri e propri ‘corrispettivi’, ma un aggio derivanti dall’utilizzo di distributori automatici
(cfr. il D.M. n. 183 del 1991, recante ‘Regola- di carburanti”.
mento delle lotterie nazionali ad estrazione Anche se la norma al momento non lo precisa,
istantanea’ nonché il D.P.R. n. 1677 del dovrebbe trattarsi (esclusivamente) dei distributori automatici collocati presso gli impianti
1948)”.
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IVA
Ris. 5 aprile 2017, n. 44/E
stradali di carburanti per
autotrazione. La perentorietà dell’enunciato non
sembra lasciare spazio a
dubbi e, pertanto, gli operatori del settore dovranno a breve confrontarsi
con la necessità di porre
in essere quanto necessario per eseguire l’adempimento. Naturalmente, si
dovrà tenere conto della
particolare specificità della tipologia di impianto e
del prodotto trattato (impianto utilizzato come
“automatico” per l’intero
giorno o a tempo parziale,
procedure di rifornimento,
requisiti di sicurezza,
ecc.).
Distributori automatici
gestiti dai Comuni
SOLUZIONI OPERATIVE
Distributori automatici
collocati negli esercizi di vendita
Nel caso di distributori automatici collocati
negli esercizi di vendita, il gestore
dell’esercizio commerciale dotato di
Registratore Telematico a fine giornata
potrà:
1) rilevare i dati del “venduto” dal
distributore automatico utilizzando
l’ordinaria procedura per esso prevista
(manuale o elettronica);
2) suddividere l’ammontare complessivo per
aliquota IVA applicabile o “natura” per
eventuali operazioni non soggette
all’imposta;
3) imputare i dati nel Registratore
Telematico, che provvederà a evidenziarli
distintamente su un “documento
commerciale” e a memorizzarli in distinti
“reparti” di totalizzazione e nella memoria
permanente di dettaglio (dispositivo giornale
di fondo elettronico - DGFE), facendoli cosı̀
concorrere unitamente agli altri dati di
vendita dell’esercizio alla formazione del file
XML da trasmettere telematicamente
all’Agenzia delle entrate.
Per i distributori automatici gestiti direttamente
dai Comuni è prevista in via facoltativa una
procedura speciale e “riservata” di rilevazione e
trasmissione dei dati. In sostanza, anche i Comuni saranno tenuti a trasmettere i dati relativi ai distributori automatici dagli stessi direttamente gestiti, ma lo potranno fare con le modalità e i termini definiti nell’ambito della
Convenzione di cooperazione informatica che
sottoscrivono con l’Agenzia delle entrate. Il
punto 7.1 del Provvedimento Agenzia delle
entrate del 30 marzo 2017 stabilisce infatti che
“I Comuni che gestiscono direttamente distributori automatici, in deroga a quanto indicato
al precedente punto 4, possono adempiere all’obbligo di cui all’art. 2, comma 2, del Decreto
legislativo 5 agosto 2015, n. 127 secondo le
modalità e i termini definiti nella Convenzione di cooperazione informatica sottoscritta con
l’Agenzia delle entrate”.
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Distributori automatici
collocati negli esercizi
di vendita
Il punto 6.1 del Provvedimento Agenzia delle entrate del 30 marzo 2017
stabilisce che “I soggetti
passivi IVA di cui all’art.
2, comma 2, del Decreto
legislativo 5 agosto 2015,
n. 127 che esercitano l’opzione di cui all’art. 2,
comma 1, del medesimo
Decreto possono adempiere all’obbligo di memorizzazione e trasmissione delle informazioni di cui al
precedente punto 3.1 utilizzando un Registratore
telematico, avente le caratteristiche tecniche descritte nel Provvedimento
del Direttore dell’Agenzia
delle entrate del 28 ottobre 2016 (n. 182017).
Va tuttavia tenuto presente che il successivo punto 6.2 stabilisce che
questa modalità di adempimento è consentita
solo con riferimento ai distributori automatici
presenti nella medesima unità locale dell’attività commerciale dove è ubicato il Registratore
Telematico e nel pieno rispetto delle condizioni stabilite dalle specifiche tecniche allegate al
Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle
entrate del 28 ottobre 2016 (n. 182017).
A tal fine, nel punto 2.1, lett. g) delle predette
specifiche tecniche, è precisato che:
“I Registratori Telematici possono essere utilizzati anche per memorizzare elettronicamente e
trasmettere telematicamente i dati dei corrispettivi dei distributori automatici di cui all’art. 2, comma 2, del Decreto legislativo 5
agosto 2015, n. 127. Tale modalità di adempimento è consentita solo con riferimento ai dati
dei corrispettivi generati da distributori automatici presenti nella medesima unità locale
dell’attività commerciale dove è ubicato il Registratore telematico. Al riguardo, l’esercente/-
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IVA
Ris. 5 aprile 2017, n. 44/E
gestore - dopo aver rilevato il dato del ‘venduto’ dal distributore automatico - imputa tale
valore mediante apposita sezione del Registratore Telematico; il dato così acquisito viene
memorizzato nella memoria permanente di dettaglio, concorrendo al calcolo dei corrispettivi
giornalieri complessivi da trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate”.
Ciò significa, in sostanza, che la suddetta procedura potrà essere applicata solo dagli esercenti che, avendo optato per la trasmissione
telematica dei corrispettivi, utilizzano già un
Registratore Telematico, restandone invece
esclusi i soggetti che continuano a certificare i
corrispettivi mediante scontrini fiscali o ricevute fiscali.
Il gestore dell’esercizio commerciale dotato di
Registratore Telematico, invece, a fine giornata potrà:
1) rilevare i dati del “venduto” dal distributore
automatico utilizzando l’ordinaria procedura
per esso prevista (manuale o elettronica);
2) suddividere l’ammontare complessivo per
aliquota IVA applicabile o “natura” per eventuali operazioni non soggette all’imposta;
3) imputare i dati nel Registratore telematico,
che provvederà a evidenziarli distintamente su
un “documento commerciale”, a memorizzarli
in distinti “reparti” di totalizzazione e nella
memoria permanente di dettaglio (dispositivo
giornale di fondo elettronico - DGFE), facendoli così concorrere unitamente agli altri dati
di vendita dell’esercizio alla formazione del file
XML da trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate.
Nella Tabella che segue sono infine riepilogate
le diverse tipologie di distributori automatici e
le relative date di decorrenza degli obblighi di
memorizzazione e trasmissione dei dati.
Distributori automatici: tipologie
Apparecchi meccanici privi di allacciamento elettrico (distributori di palline e piccoli giochi per bambini)
Apparecchi che quantificano i servizi resi (pedaggi autostradali)
Distributori di biglietti di trasporto (treno, aereo, pullman, bus, metro, ecc.) o di sosta
(sosta regolamentata - parcheggi nelle c.d. strisce blu - e non regolamentata)
Apparecchiature che consentono l’acquisto di skipass, considerati a tutti gli effetti titoli
di viaggio (Legge n. 413/1991 e D.M. 30 giugno 1992)
esclusi dall’obbligo
(risoluzione Agenzia delle entrate n. 116/E
del 21 dicembre 2016;
risoluzione Agenzia delle entrate n. 44/E
del 5 aprile 2017)
Distributori di tabacchi, ricariche telefoniche, altri prodotti con “IVA monofase” e tagliandi delle lotterie istantanee (“gratta e vinci”) (se il distributore è “misto”, cioè contiene questi prodotti e anche “merce varia”, l’obbligo di memorizzare e trasmettere i dati
sussiste solo per quest’ultima)
Distributori automatici costituiti da: sistema di pagamento + sistema master + erogatore + porta di comunicazione
obbligo dal
1° aprile 2017
Distributori automatici costituiti da: sistema di pagamento + sistema master + erogatore
ma privi di porta di comunicazione, compresi i distributori che erogano beni o servizi
indirettamente (apparecchi che distribuiscono gettoni o ricarica di chiavette - “Torri di ricarica”)
obbligo dal
1° gennaio 2018
Distributori automatici gestiti direttamente dai Comuni
Distributori automatici collocati in unità locali che utilizzano un Registratore telematico
Distributori di carburanti
1604
I Comuni possono utilizzare una procedura
speciale di Convenzione con l’Agenzia
delle entrate
Gli esercenti possono trasmettere i dati
mediante il Registratore Telematico
in attesa di Provvedimento Agenzia
delle entrate
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Dogane
Cass., 16 dicembre 2016, n. 26045
Tempo e luogo
dell’obbligazione doganale:
limiti all’attività di accertamento
di Elena Fraternali (*)
Individuare con precisione il momento e il luogo in cui sorge l’obbligazione doganale è un’operazione fondamentale, al fine di determinare con precisione il giorno da cui inizia a decorrere il
termine di prescrizione e per identificare l’Ufficio legittimato all’accertamento. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 26045/2016, induce a una riflessione sui limiti del potere di accertamento a posteriori, in relazione a due fattori: il tempo entro cui il provvedimento impositivo
deve essere notificato all’operatore e la competenza territoriale dell’Ufficio, legittimato a
svolgere l’attività di rettifica della dichiarazione. Tali problematiche tornano a essere di grande
attualità, alla luce delle norme del nuovo codice doganale dell’Unione, che contiene importanti
novità, sia per la disciplina della prescrizione, sia quanto alla regolamentazione della competenza territoriale.
Il tema della prescrizione è stato, negli anni, al
centro di un vivo dibattito, sia a livello giurisprudenziale che dottrinale (1).
Nel caso in commento, la contribuente aveva
eccepito l’intervenuta prescrizione del termine
per l’esercizio del potere impositivo, rilevando
che la notitia criminis, sulla base della quale
l’Amministrazione doganale pretendeva di legittimare la proroga del termine di prescrizione
triennale, fosse intervenuta quando ormai tale
periodo era decorso.
Sul punto, la Corte di cassazione, con sentenza
n. 26045/2016 (2), ribadendo un indirizzo ormai consolidato, ha accolto la tesi sostenuta
dalla società, sottolineando che una diversa ri-
costruzione renderebbe “privo di riferimento
temporale e dilatabile all’infinito” il termine
per l’accertamento, compromettendo la certezza dei rapporti giuridici (3).
La pronuncia conferma l’orientamento della
giurisprudenza di legittimità e della Corte costituzionale (4) ed esprime un principio di diritto in grado di contemperare il Codice doganale comunitario del 1992 (5) con i principi
generali del diritto nazionale, tra cui quello del
divieto di indefinita soggezione del contribuente al potere impositivo (6).
Tale interpretazione, tuttavia, potrebbe essere
nuovamente messa in discussione dal nuovo
Codice doganale dell’Unione, il quale dispone
che, qualora l’obbligazione doganale sorga a seguito di un fatto penalmente rilevante, il termine di prescrizione, per l’accertamento, è
(*) Avvocato in Genova - Armella & Associati, Studio legale
(1) Sul punto, Cass., Sez. trib., 15 aprile 2015, n. 7569; Id.,
30 ottobre 2013, n. 24449; Id., 11 settembre 2013, n. 20775 e
20776; Id., 13 settembre 2013, n. 20966; Id., 3 agosto 2012, n.
14016; Id., 4 aprile 2012, n. 5384; Id., 3 febbraio 2012, n.
1581; Id., 23 aprile 2010, n. 9773; orientamento ribadito anche
da Corte cost., 25 luglio 2011, n. 247. Per approfondimenti,
cfr. S. Armella, “Prescrizione dell’accertamento doganale e depenalizzazione”, in Corr. Trib., 2016, pag. 2555; S. Armella - L.
Ugolini, “Notizia di reato e termine di prescrizione dell’accertamento doganale”, in Corr. Trib., 2016, pag. 538; S. Armella, “Il
termine di prescrizione dell’accertamento doganale”, in L’IVA,
n. 12/2010.
(2) Il testo della sentenza è riportato a seguire.
(3) Cfr. ex multis, Cass., Sez. trib., 20 novembre 2013, n.
26018; Id., 11 settembre 2013, n. 20768; Id., 3 agosto 2012, n.
14016; Id., 13 ottobre 2006, n. 22014.
(4) Corte cost., 25 luglio 2011, n. 247, secondo cui “in caso
di reato che ha causato il mancato pagamento, l’originario termine triennale, decorrente dalla contabilizzazione o dall’esigibilità dell’obbligazione doganale, è prorogato fino ai tre anni
successivi alla data di irrevocabilità della decisione penale, ma
ciò solo nel caso in cui sia stata formulata una ipotesi delittuosa, posta alla base di una ‘notitia criminis’, nel corso dell’originario termine triennale”.
(5) Ora sostituito dal codice doganale dell’Unione (Reg. UE
9 ottobre 2013, n. 952), in vigore dal 1° maggio 2016.
(6) Corte cost., 15 luglio 2005, n. 280.
Tempo dell’obbligazione:
prescrizione del potere accertativo
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1605
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Dogane
Cass., 16 dicembre 2016, n. 26045
ficio delle pratiche relatiesteso da un minimo di
IL NUOVO CODICE DOGANALE
cinque a un massimo di
ve alla revisione degli acdieci anni, conformemen- Termine di prescrizione
certamenti effettuati da
dell’accertamento
doganale
te a quanto disposto dal
dogane diverse era possiIl nuovo codice doganale dell’Unione,
diritto nazionale (art. 103, limitandosi a prevedere i termini minimo e
bile, in base a un’interprepar. 2, c.d.u.) (7).
tazione estensiva dell’art.
massimo dell’azione di accertamento e
La nuova disciplina, limi- rinviando, comunque, a un’ampia
6 del D.P.R. 23 gennaio
tandosi a prevedere i ter- discrezionalità per i legislatori dei singoli
1973, n. 43, solo in premini minimo e massimo Stati, non soddisfa la necessità di una
senza di un apposito e monormativa
unionale
uniforme,
rischiando
di
dell’azione di accertamentivato provvedimento del
to e rinviando, comunque, alimentare, al contrario, le disparità di
capo dell’unità territoriale
trattamento
da
Stato
a
Stato
e
le
a un’ampia discrezionalità
sovraordinata” (11). “Tale
conseguenti distorsioni dei traffici.
per i legislatori dei singoli L’operatore, infatti, potrebbe essere indotto
previsione costituisce una
Stati, non soddisfa la ne- a preferire un Paese di importazione nel
deroga al criterio generale,
cessità di una normativa quale è previsto un termine di prescrizione
secondo cui, per l’accertaunionale uniforme (8), ri- dell’accertamento più breve, rispetto ai
mento delle violazioni doschiando di alimentare, al Paesi che hanno adottato (o adotteranno) il
ganali, è territorialmente
termine
più
lungo.
contrario, le disparità di
competente l’autorità
trattamento da Stato a
presso cui è sorta l’obbliStato e le conseguenti distorsioni dei traffi- gazione tributaria”.
ci (9). L’operatore, infatti, potrebbe essere in- Benché il Codice doganale comunitario del
dotto a preferire un Paese di importazione nel 1992 non regolasse in maniera espressa il prinquale è previsto un termine di prescrizione del- cipio di competenza territoriale (ricavabile dall’accertamento più breve, rispetto ai Paesi che l’art. 215 c.d.c.), la giurisprudenza della Corte
hanno adottato (o adotteranno) il termine più di cassazione (12) ha riconosciuto l’esclusiva
lungo (10).
legittimazione alla rettifica nei confronti dell’Ufficio presso il quale è sorta l’obbligazione
Luogo dell’obbligazione
tributaria, ossia la dogana che ha emesso la
e legittimazione all’accertamento
bolletta d’importazione.
Un altro profilo di interesse della sentenza in Nell’aprile del 2012 (13), il legislatore nazionacommento riguarda la legittimazione attiva le ha modificato la disciplina dell’accertamendell’Ufficio a operare la rettifica dell’originaria to doganale, attribuendo espressamente la
dichiarazione. La pronuncia richiama l’indiriz- competenza alla revisione delle dichiarazioni
zo in forza del quale, in tema di dazi e diritti all’Ufficio che effettua le verifiche generali o
doganali, “l’accentramento presso un unico Uf- parziali, con accesso presso l’operatore, e ciò
(7) Per approfondimenti cfr. S. Armella, Diritto doganale dell’Unione europea, Milano, 2017, pag. 153 ss.
(8) CGE, 18 dicembre 2007, causa C-62/06, ZF Zefeser, in
Racc., 2007, pag. 11995.
(9) Cfr. Parlamento europeo, “Relazione sulla modernizzazione dei servizi doganali”, 25 novembre 2011, n. 2011/2083 INI,
pag. 27, in www.europarl.europa.eu.
(10) Sotto il profilo nazionale, in attesa di un provvedimento
di legge volto a modificare il dettato dell’art. 84 T.U.L.D., per
coordinarlo con il c.d.u. e con l’art. 11, D.Lgs. n. 374/1990, l’Agenzia delle dogane, con la circolare 19 aprile 2016, n. 8/D, ha
previsto che il termine si intende di cinque anni. Ha inoltre indicato una (discussa) disciplina transitoria, secondo la quale,
alle “obbligazioni accertate” mediante un processo verbale di
constatazione entro il 1° maggio 2016, sarebbe applicabile la
disciplina del previgente c.d.c. mentre, le violazioni accertate
successivamente a tale data sarebbero soggette al più ampio
1606
termine di cinque anni. Sul punto, cfr. S. Armella, “Prescrizione
dell’accertamento doganale e depenalizzazione”, in Corr. Trib.,
2016, pag. 2555.
(11) Cass., Sez. VI-T, 29 ottobre 2015, n. 22176.
(12) Cass., Sez. trib., 5 luglio 2011, n. 14786. In seguito, Id.,
16 dicembre 2016, n. 26045; Id., ord. 29 ottobre 2015, n.
22176; Id., 10 aprile 2013, n. 8699; Id., 8 marzo 2013, n. 5898;
Id., 6 marzo 2013, n. 5507; Id., 1° marzo 2013, nn. 5138, 5167
e 5187 e Id., 5 luglio 2011, nn. 14768, 14791 e 14805.
(13) È stato modificato l’art. 11, comma 9, D.Lgs. n.
374/1990, per effetto dell’art. 9, comma 3-decies, D.L. 2 marzo
2012, n. 16, convertito in Legge 24 aprile 2012, n. 44. Ove, invece, la revisione non implichi un’attività di verifica in loco
presso l’operatore, rimane ferma la regola generale, secondo
cui soltanto l’Ufficio che ha proceduto all’accertamento iniziale
è legittimato alla successiva revisione.
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Cass., 16 dicembre 2016, n. 26045
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presentata mentre, in tutti
anche nell’ipotesi in cui
IL NUOVO CODICE DOGANALE
gli altri casi, sorge nel luola revisione riguardi le
go in cui si verifica il fatto
bollette doganali emesse Criterio di competenza territoriale
Il
nuovo
codice
doganale
dell’Unione
che la fa sorgere (15).
da un diverso Ufficio.
Qualora non sia possibile
Tale novella, tuttavia, co- disciplina, in termini chiari e netti, il criterio
della competenza territoriale, rimarcando la
determinare il luogo, l’obme ha ribadito la pronun- necessità che l’accertamento a posteriori
bligazione
sorge ove le
cia in commento, non po- sia eseguito dall’autorità doganale
autorità doganali constatitendo considerarsi una competente, da determinarsi in relazione al
norma di interpretazione luogo in cui è sorta l’obbligazione doganale. no che “le merci si trovano in una situazione che
autentica, non ha fatto La legittimazione all’azione di accertamento
salvi tutti gli accertamenti si radica in base alla località in cui è venuto ha fatto sorgere l’obbligaprecedentemente emessi a esistenza il debito doganale, ossia il luogo zione doganale”.
Tale nuova disciplina poda un Ufficio incompe- in cui si è realizzata l’immissione in libera
pratica della merce non unionale.
ne un evidente problema
tente (14).
di compatibilità con la riA differenza del codice
previgente, l’attuale c.d.u. disciplina, in termi- chiamata normativa nazionale, novellata dal
ni più chiari e netti, il criterio della competen- legislatore del 2012, che prevede un criterio di
za territoriale, rimarcando la necessità che l’ac- competenza diverso e contrastante rispetto a
certamento a posteriori sia eseguito dall’autorità quello individuato dal legislatore europeo.
doganale competente, da determinarsi in relazione al luogo in cui è sorta l’obbligazione do- Limiti alla rinnovazione dell’accertamento
ganale (art. 101 c.d.u.).
Un ulteriore aspetto che merita di essere acLa legittimazione all’azione di accertamento si cennato concerne l’eventualità di una nuova
radica in base alla località in cui è venuto a attività di accertamento, pur in presenza di
esistenza il debito doganale, ossia il luogo in sentenze passate in giudicato che hanno accercui si è realizzata l’immissione in libera pratica tato l’incompetenza dell’Ufficio.
della merce non unionale.
Non è infrequente infatti che, in presenza di
Anche sotto questo punto di vista, il nuovo pronunce definitive in merito all’incompetenza
codice doganale manifesta una maggiore impo- territoriale, l’Agenzia rinnovi l’attività di acstazione sistematica, in coerenza con il princi- certamento. In particolare, secondo l’Agenzia,
pio per cui, nei tributi d’atto, il tempo e il luo- l’emissione di tali provvedimenti dovrebbe rigo dell’obbligazione sono individuati in base al tenersi legittima poiché, qualora il giudice abpresupposto impositivo e non a criteri, di natu- bia accertato l’incompetenza territoriale delra soggettiva, inerenti il luogo in cui ha sede o l’Ufficio, tale vizio potrebbe successivamente
è domiciliato il soggetto passivo.
essere sanato tramite il rinnovo degli atti imIl c.d.u. definisce la nozione di “luogo in cui positivi, da parte della dogana territorialmente
sorge l’obbligazione doganale”, dedicandogli competente.
un’apposita norma (art. 87 c.d.u.), la quale L’Amministrazione finanziaria, inoltre, ritiene
prevede che, se è stata presentata la dichiara- che neppure il proprio potere accertativo sazione, l’obbligazione sorge nel luogo in cui è rebbe venuto meno, in quanto il giudizio, con(14) Cass., Sez. trib., 10 aprile 2013, n. 8699; Id., 8 marzo
2013, n. 5898; Id., 1° marzo 2013, n. 5161.
(15) Il riferimento agli “altri casi” è da intendersi alle ipotesi
di inosservanza, contemplate dall’art. 79 c.d.u.
Si tratta, in particolare, di tutte quelle situazioni in cui l’obbligazione doganale sorge in seguito all’inosservanza: a) di
uno degli obblighi stabiliti dalla normativa doganale in relazione all’introduzione di merci non unionali nel territorio doganale
dell’Unione o alla loro sottrazione alla vigilanza doganale (o
per la circolazione, la trasformazione, il magazzinaggio, la cu-
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stodia temporanea, l’ammissione temporanea, o la rimozione
di siffatte merci, all’interno di tale territorio); b) di uno degli obblighi stabiliti nella normativa doganale per quanto concerne
le merci in regime di uso finale, all’interno del territorio doganale dell’Unione; c) di una condizione fissata per il vincolo di
merci non unionali a un regime doganale o per la concessione,
in virtù dell’uso finale delle merci, di un’esenzione dai dazi o di
un’aliquota ridotta di dazio all’importazione. Cfr. S. Armella, Diritto doganale dell’Unione europea, Milano, 2017, pag. 132 ss.
1607
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Cass., 16 dicembre 2016, n. 26045
cluso con sentenza passata
l’Amministrazione finanLA GIURISPRUDENZA
in giudicato, avrebbe inziaria, ma, soprattutto,
terrotto la prescrizione, ai Limiti alla rinnovazione dell’accertamento
con l’efficacia preclusiva
Non
è
infrequente
che,
in
presenza
di
sensi dell’art. 2945, comdel giudicato (16).
ma 2, del Codice civile e, pronunce definitive in merito
In secondo luogo, in meriall’incompetenza territoriale, l’Agenzia delle
pertanto, il termine previto alla prescrizione del poDogane rinnovi l’attività di accertamento. In
sto dalla legge per la rin- particolare, secondo l’Agenzia, l’emissione
tere di accertamento della
novazione degli atti impo- di tali provvedimenti dovrebbe ritenersi
dogana, si è già ricordato
sitivi non sarebbe potuto legittima poiché, qualora il giudice abbia
come quest’ultimo sia sogdecorrere.
getto a un termine legale
accertato l’incompetenza territoriale
Tale impostazione non dell’Ufficio, tale vizio potrebbe essere
chiaro, che ne rappresenta
pare tuttavia condivisibi- sanato tramite il rinnovo degli atti impositivi, un imprescindibile limite.
da parte della dogana territorialmente
le.
La tesi dell’Agenzia in
In primo luogo, è indubi- competente. Secondo l’orientamento
merito all’interruzione del
tabile che tale attività di espresso dalla giurisprudenza di merito,
termine di prescrizione
accertamento sollevi il te- ammettere la rinnovazione degli atti di
non pare allineata con
accertamento significherebbe assoggettare
ma dell’eventuale supera- il contribuente al potere impositivo più
quanto stabilito dalla normento dei limiti oggettivi volte, con riferimento alle medesime
mativa unionale, di direte soggettivi del giudicato, operazioni, in contrasto, non solo con i
ta applicazione, secondo
sanciti dagl i artt. 324 canoni di certezza dei rapporti giuridici e
cui l’obbligazione doganac.p.c. e 2909 c.c. In forza con il diritto del contribuente a non essere
le deve essere notificata al
assoggettato
per
un
tempo
indefinito
al
dell’art. 324 c.p.c., quando
debitore entro tre anni
sono decorsi i termini di potere impositivo dell’Amministrazione
dalla data in cui è sorta
finanziaria,
ma,
soprattutto,
con
l’efficacia
legge e la sentenza non è
(art. 103 c.d.u.).
più soggetta né ad appello, preclusiva del giudicato.
Una disciplina specifica è
né a ricorso per Cassazioprevista in caso di propone, né a revocazione o a regolamento di com- sizione di un ricorso, ai sensi dell’art. 44
petenza, la stessa diventa irretrattabile, ossia c.d.u. (17), giacché il termine di prescrizione è
incontestabile in giudizio a opera delle parti sospeso “dal giorno in cui è presentato il ricor(c.d. cosa giudicata formale) e, di conseguenza, so e per la durata del procedimento” giurisdii suoi effetti divengono immutabili (c.d. cosa zionale (18).
giudicata sostanziale, ex art. 2909 c.c.).
La sospensione prevista dalla normativa unioSecondo l’orientamento espresso da una recen- nale, pertanto, non può interessare né il periote giurisprudenza di merito in relazione alle fat- do che precede la presentazione del ricorso, né
tispecie ora descritte, ammettere la rinnovazio- quello successivo alla sentenza, che si sommane degli atti di accertamento significherebbe no tra loro, ai fini del calcolo del termine preassoggettare il contribuente al potere impositi- scrizionale. Ove tali periodi, sommati l’un l’alvo più volte, con riferimento alle medesime tro, superino il termine di tre anni, non vi sooperazioni, in contrasto, non solo con i canoni no ostacoli al riconoscimento dell’intervenuta
di certezza dei rapporti giuridici e con il diritto prescrizione del potere di accertamento, ai sendel contribuente a non essere assoggettato per si dell’art. 103 del nuovo codice doganale delun tempo indefinito al potere impositivo del- l’Unione.
(16) In tal senso, cfr. Comm. trib. prov. di Genova, Sez. II, 15
marzo 2017, n. 361; Comm. trib. prov. di Genova, Sez. IV, 15
ottobre 2015, n. 2086.
(17) Art. 44, par. 1, c.d.u.: “Qualsiasi persona ha il diritto di
1608
proporre ricorso avverso una decisione in materia di applicazione della normativa doganale presa dalle autorità doganali
che la riguardi direttamente e individualmente”.
(18) Art. 103, par. 3, c.d.u.
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Cass., 16 dicembre 2016, n. 26045
LA SENTENZA
Cassazione, Sez. trib., Sent. 16 dicembre 2016 (22 novembre 2016), n. 26045 - Pres. Tirelli Rel. Perrino
■ In tema di tributi doganali, ove il loro mancato pagamento derivi da un reato, sia il termine di
prescrizione dell’azione di recupero dei dazi all’importazione, che quello di decadenza per la revisione dell’accertamento, sono prorogati sino a tre anni successivi alla data d’irrevocabilità della decisione penale, a condizione che, nel triennio decorrente dall’insorgenza dell’obbligazione doganale, l’Amministrazione finanziaria emetta un atto nel quale venga formulata una notitia criminis tale
da individuare un fatto illecito, penalmente rilevante, ed idoneo ad incidere sul presupposto d’imposta.
■ In ordine ai dazi e diritti doganali, l’accentramento presso un unico ufficio doganale delle pratiche
relative alla revisione degli accertamenti effettuati da Uffici diversi è possibile, in base ad un’interpretazione estensiva dell’art. 6 del D.P.R. n. 43/1973, solo in presenza di un apposito e motivato
provvedimento del capo dell’unità territoriale sovraordinata, trattandosi di deroga al criterio generale secondo cui per l’accertamento delle violazioni doganali è territorialmente competente l’autorità presso cui è sorta l’obbligazione tributaria.
Fatto
In esito a revisioni degli accertamenti relative a bollette d’importazione di banane emesse dall’Agenzia
delle dogane di Genova negli anni 2004 e 2005, l’Ufficio ha notificato alla contribuente in data 5 maggio
2010 un avviso di rettifica col quale ha revocato il riconoscimento dell’agevolazione daziaria derivante
dall’impiego del titolo AGRIM del quale la Alfa era
titolare. Ciò in quanto, secondo l’Agenzia, la Alfa
era stata mero soggetto interposto nelle operazioni
tra Beta Ltd e S.p.A. Alfa, al fine di consentire a
quest’ultima il conseguimento dei benefici fiscali derivanti dall’applicazione del dazio agevolato.
La contribuente ha impugnato l’avviso senza successo
in primo grado. La Commissione tributaria regionale
ha poi respinto l’appello della società, giudicando
adeguatamente motivato l’atto impositivo, respingendo l’eccezione di decadenza triennale, poiché per i
medesimi fatti pendeva procedimento penale, escludendo l’incompetenza territoriale dell’Ufficio di Roma e, nel merito, riconoscendo la manovra elusiva
prospettata dall’Amministrazione.
Avverso questa sentenza propone ricorso la S.p.A.
Alfa per ottenerne la cassazione, che affida a cinque
motivi, che illustra con memoria, cui l’Agenzia delle
dogane replica con controricorso.
Diritto
1. - Col primo motivo, proposto ex art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 3, la contribuente si duole della violazione della Legge n. 212 del 2000, art. 7 e del D.Lgs.
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n. 374 del 2000, art. 11, comma 5-bis, là dove il giudice d’appello ha reputato adeguatamente motivato
l’avviso di rettifica, benché non vi fosse allegato il
processo verbale di constatazione sul quale pure esso
si basava. Il motivo è inammissibile, perché si scontra
con l’accertamento di fatto contenuto in sentenza,
non aggredito con vizio di motivazione, secondo cui
“... l’avviso impugnato ... contiene tutti gli elementi
idonei a rendere possibile una compiuta difesa della
società contribuente, che del resto nel caso di specie
ha dimostrato di conoscere esattamente le ragioni di
fatto e di diritto che hanno determinato l’emissione
dell’avviso ...”.
Conviene osservare al riguardo che, nel regime introdotto dalla Legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere
adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante
il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri
atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato, oppure che lo stesso ne
riproduca il contenuto essenziale (fra varie, Cass. n.
6914/11; n. 13110/12; ord. n. 9032/13). A tanto si
aggiunge la considerazione che un’interpretazione
meramente formalistica dell’art. 7, si porrebbe in
contrasto con il criterio ermeneutico che impone di
dare alle norme procedurali una lettura che, nell’interesse generale, faccia bensì salva la funzione d garanzia loro propria, limitando al massimo le cause
d’invalidità o d’inammissibilità chiaramente irragionevoli (in termini, fra varie, Cass. n. 15327/14; n.
407/15; n. 24254/15).
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2. - Col secondo motivo, proposto ex art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 3, la società lamenta la violazione del
D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, D.P.R. n. 43 del
1973, art. 84, commi 2 e 3, art. 217, art. 221, comma
4, Reg. CEE 2913/92, là dove il giudice d’appello ha
escluso la maturazione della decadenza dal termine
triennale per la revisione dell’accertamento.
La censura è fondata nei limiti che seguono.
L’art. 221, nn. 3 e 4, del Codice Doganale Comunitario (nella versione successiva alle modifiche apportate dal Regolamento CE n. 2700/2000) stabilisce (paragrafo n. 3) che “la comunicazione al debitore non
può più essere effettuata tre anni dopo la data in cui
è sorta l’obbligazione doganale. Detto termine è sospeso a partire dal momento in cui è presentato un ricorso a norma dell’art. 243 e per la durata del relativo procedimento”, aggiungendo (paragrafo n. 4) che
“qualora l’obbligazione doganale sorga a seguito di un
atto che era nel momento in cui è stato commesso
perseguibile penalmente, la comunicazione al debitore può essere effettuata, alle condizioni previste dalle
disposizioni vigenti, dopo la scadenza del termine di
cui al paragrafo 3”.
La norma contempla dunque due diverse ipotesi, a
seconda che il mancato pagamento abbia o no causa
da un reato.
2.1. - Nel caso in cui non risulti che il mancato pagamento abbia avuto causa da reato, il termine decorre dal momento in cui l’importo dei diritti doganali originariamente richiesto sia stato contabilizzato
o, in difetto, sia divenuto esigibile; nell’ipotesi, invece, in cui il mancato pagamento abbia avuto causa da
reato, il termine decorre alle condizioni previste dalle
disposizioni vigenti.
Sul punto, la Corte di Giustizia ha chiarito che ...
“l’importo dei dazi può essere comunicato dopo la
scadenza del termine triennale qualora l’autorità doganale non abbia inizialmente potuto determinare
l’importo esatto dei dazi legalmente dovuti a causa di
un atto perseguibile a norma di legge, anche nell’ipotesi in cui tale debitore non sia l’autore dell’atto in
questione” (Corte di Giustizia 16 luglio 2009, C124/08 e C-125/08, Gilbert Snauwaert e altri, punti
30 e 32, che, peraltro, fa riferimento alla dizione del
paragrafo 4 antecedente alle modifiche apportate dal
Regolamento numero 2700/2000), successivamente
ribadendo che la comunicazione al debitore può essere effettuata, “alle condizioni previste dalle disposizioni vigenti”, dopo la scadenza del termine triennale
di cui al paragrafo 3, qualora l’obbligazione sorga a
seguito di un atto perseguibile penalmente (Corte di
1610
Cass., 16 dicembre 2016, n. 26045
Giustizia 17 giugno 2010 in causa C-75/09, Agra
S.r.l.).
La fissazione di una tale regola, che incide giustappunto sull’accertamento dei diritti doganali (ossia, seguendo il linguaggio della Corte, sulla determinazione dell’importo esatto dei dazi legalmente dovuti), si
sovrappone alle regole nazionali, prevalendo su di esse.
2.2. - Il che comporta che la regola comunitaria si
applica non soltanto al termine di prescrizione per la
riscossione dei diritti doganali, ma anche a quello di
decadenza per la revisione dell’accertamento, stabilito dal D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, in ovvia coerenza, del resto, con la loro ratio, che è quella di impedire che il decorso del tempo giovi a chi ha occultato il credito e di impedire altresì che giovi al debitore l’ostacolo all’azione amministrativa determinato
dal procedimento di indagine penale (in termini, sia
pure con riguardo alle omologhe norme stabilite dal
Regolamento CEE del Consiglio numero 1697 del
1979, vedi Cass. n. 9253/13).
2.3. - Si deve dunque ritenere che la causa di “sospensione” operi sino alla data di irrevocabilità del
provvedimento che definisce il procedimento penale
instaurato a seguito dell’atto perseguibile penalmente: la soluzione è nel sistema delle leggi nazionali e,
segnatamente, nella regola fissata dall’art. 84, comma
3, del T.U. leggi doganali.
Spetta difatti ad ogni Stato membro determinare il
regime della prescrizione e della decadenza delle obbligazioni doganali che è stato possibile accertare in
relazione all’atto perseguibile penalmente, non prevedendo il diritto dell’Unione regole comuni in materia
(Corte giust. in causa Agra S.r.l., punto 35, che richiama ulteriore giurisprudenza conforme).
2.5. - Il caso del compimento dell’atto perseguibile
penalmente è quello che ricorre nella fattispecie, in
cui la stessa società dà conto dell’esistenza di comunicazioni di notizia di reato.
In tale ipotesi, peraltro, l’“originario” termine triennale, decorrente dalla contabilizzazione o dall’esigibilità dell’obbligazione doganale, è “prorogato” fino ai
tre anni successivi alla data di irrevocabilità della decisione penale, soltanto nel caso in cui sia stata formulata una “ipotesi delittuosa”, posta “alla base di
una notitia criminis”, nel corso dell’“originario” termine triennale; altrimenti, il periodo intercorrente tra
la data di contabilizzazione o di esigibilità del debito
doganale e la data in cui è divenuta irrevocabile la
decisione penale “sarebbe privo di riferimento temporale e dilatabile all’infinito”, compromettendo la certezza dei rapporti giuridici (vedi, tra molte, Cass. n.
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Cass., 16 dicembre 2016, n. 26045
9773/10, n. 19195, n. 20513, n. 21377 e n. 22014 del
2006, n. 14016/12, n. 20764, 20768 e 26018/13).
Sufficiente è quindi, ai fini della proroga, che le autorità che procedono al recupero dei dazi non riscossi
ravvisino una fattispecie prevista come reato dal diritto penale nazionale e comunichino la relativa notizia entro il termine triennale dalla contabilizzazione
o dall’esigibilità dell’obbligazione doganale.
Questa interpretazione, che è stata reputata costituzionalmente conforme dalla Consulta (come si legge
in un passaggio della sentenza 25 luglio 2011, n. 247,
che ne tiene conto come tertium comparationis), è destinata a rimanere ferma, soprattutto ove si consideri
che, come ha rimarcato la stessa Corte di Giustizia,
sia pure ai fini dell’applicazione dell’eccezione prevista dall’art. 3 del Reg. n. 1697/79, la norma non esige
che azioni giudiziarie repressive siano effettivamente
avviate dalle autorità penali dello Stato membro, con
la conseguenza che la qualificazione di un atto come
“passibile di un’azione giudiziaria repressiva” - o, va
aggiunto, come perseguibile penalmente - rientra nella competenza delle autorità doganali che devono
stabilire l’importo esatto dei dazi di cui si tratta (Corte giust. 18 dicembre 2007 in causa C-62/06, Fazenda
Publica).
2.6. - Di qui è stata tratta l’ulteriore statuizione della
irrilevanza, ai fini della configurabilità dell’atto “passibile di azione giudiziaria” e, conseguentemente, dell’idoneità della comunicazione della relativa notizia
di reato a prorogare l’originario termine triennale,
dell’identità degli agenti di reato (espressamente,
Cass. n. 9973/10 e n. 5898/13).
2.7. - Nel caso in esame, la sentenza impugnata non
fa parola di comunicazioni di notizia di reato compiute dall’Ufficio.
Le parti, tuttavia, non dubitano che tali comunicazioni vi siano state, anche se secondo la contribuente
la prima comunicazione utile risale al 12 giugno
2008, giacché quella precedente, datata 21 dicembre
2007, si riferirebbe ad operazioni diverse e ad altri
soggetti.
Ma una tale contestazione non è utile ad escludere la
rilevanza di questa prima comunicazione di notizia di
reato. Ciò in quanto è la stessa società a riconoscere
in ricorso che, in relazione alle importazioni relative
all’ultimo semestre dell’anno 2005, ... la dogana
avrebbe potuto comunque operare la rettifica nei tre
anni, in quanto l’Amministrazione era in possesso
(con la notitia criminis, dalla stessa richiamata, del 21
dicembre 2007), degli elementi per effettuare le revisioni (pag. 12): è irrilevante la prospettazione della
comunicazione in questione, in parte diversa, offerta
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in memoria, che può illustrare e non modificare le
deduzioni del ricorso.
Ne deriva che, in relazione alle sole bollette d’importazione del 2004, in relazione alle quali alla data del
21 dicembre 2007 era decorso il termine triennale, si
era ormai maturata la decadenza allorquando l’Amministrazione ha proceduto alle revisioni degli accertamenti funzionali all’avviso di rettifica.
3. - In relazione alle restanti importazioni, tuttavia,
si evidenzia la fondatezza del terzo motivo di ricorso,
proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, col quale
la contribuente si duole della violazione degli artt.
201 e 215 del Reg. CE 2913/92 e degli artt. 25 e 97
Cost., là dove il giudice d’appello ha escluso l’incompetenza per territorio dell’Ufficio di Roma dell’Agenzia delle dogane, benché diversa fosse la dogana dove
si sono svolte le operazioni d’importazione.
3.1. - In relazione a fattispecie in tutto similare, riguardante operazioni anche in quel caso svoltesi con
la S.p.A. Beta, questa Corte ha già avuto occasione
di ribadire (Cass., ord. n. 22176/15) che, in tema di
dazi e diritti doganali, l’accentramento presso un unico ufficio doganale delle pratiche relative alla revisione degli accertamenti effettuati da Uffici diversi è
possibile, in base ad un’interpretazione estensiva del
D.P.R. n. 43 del 1973, art. 6, solo in presenza di un
apposito e motivato provvedimento del capo dell’unità territoriale sovraordinata, trattandosi di deroga al
criterio generale secondo cui per l’accertamento delle
violazioni doganali è territorialmente competente
l’autorità presso cui è sorta l’obbligazione tributaria.
3.2. - Né può trovare applicazione il D.Lgs. n. 374
del 2000, art. 11, comma 9 (nel testo novellato dalla
Legge 26 aprile 2012, n. 44, che, in sede di conversione del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, ha introdotto dell’art. 9, comma 3-decies del Decreto), secondo cui
“l’Ufficio doganale che effettua le verifiche generali
o parziali con accesso presso l’operatore è competente
alla revisione delle dichiarazioni doganali oggetto del
controllo anche se accertate presso un altro ufficio
doganale”.
A questa norma non si può difatti riconoscere il rango di norma d’interpretazione autentica.
Anzitutto, in generale, la Legge n. 212 del 2000, art.
1, comma 2, limita a casi eccezionali, in materia tributaria, l’emanazione di norme di interpretazione autentica, richiedendo, inoltre, che la natura interpretativa della disposizione risulti da un’espressa qualificazione legislativa (in termini, Cass. n. 24192/13), là
dove, nel nostro caso, tale qualificazione manca nella
norma in questione.
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Dogane
Ad ogni modo, valutando il contenuto precettivo della norma, per indagarne la natura, va osservato che essa non risponde al modello di norma d’interpretazione
autentica, ravvisabile soltanto al cospetto di una norma diretta a chiarire il senso di quelle preesistenti, ovvero ad escludere o ad enucleare uno dei sensi tra
quelli ragionevolmente ascrivibili alle norme interpretate (vedi, al riguardo, Cass., Sez. Un., n. 9941/09, secondo cui la norma di interpretazione autentica esprime l’intento del legislatore di imporre un determinato
significato a precedenti disposizioni di pari grado, così
da far regolare dalla nuova norma fattispecie sorte anteriormente alla sua entrata in vigore).
La norma in questione, invece, si presenta come
un’ordinaria norma integrativa di quella preesistente,
ed è pertanto diretta, come di regola, a disporre -in
materia di competenza dell’autorità doganale - esclusivamente per l’avvenire, ai sensi dell’art. 11 preleggi
(conf., tra varie, Cass. n. 8699/13).
3.3. - In definitiva, mancando nel caso in esame sinanche l’allegazione dell’esistenza di un tale provvedimento ed essendo indubitabile che l’autorità presso
cui l’obbligazione tributaria è sorta non fosse quella
di Roma, bensì quella di Genova, la censura d’incompetenza è fondata.
1612
Cass., 16 dicembre 2016, n. 26045
4. - L’accoglimento del secondo e del terzo motivo
determinano l’assorbimento dei restanti, che riguardano il merito della controversia e comportano la
cassazione della sentenza impugnata. Non occorrendo
ulteriori accertamenti di fatto, il giudizio va deciso
nel merito, con l’accoglimento dell’impugnazione originariamente proposta.
Il recente consolidamento della giurisprudenza di legittimità induce a compensare le spese concernenti i
gradi di merito.
Quelle riguardanti il giudizio di legittimità seguono,
invece, la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo ed il terzo, assorbiti i restanti, cassa
la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’impugnazione originariamente proposta. Compensa le spese inerenti al merito e condanna l’Agenzia a rifondere quelle riguardanti il giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre al 15% per spese forfettarie ed oltre agli accessori.
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Accertamento
Il declino del raddoppio dei termini
per il Quadro RW tra principio
di irretroattività e censure europee
di Pietro Mastellone (*)
Il raddoppio dei termini è un meccanismo che agevola l’Amministrazione finanziaria nella propria attività accertatrice ed è stato introdotto nel nostro ordinamento nel 2006 in relazione a fattispecie che, oltre a violare norme tributarie, integrano verosimilmente una condotta penalmente rilevante. Le numerose incertezze applicative e i frequenti abusi hanno sin da subito messo in
discussione tale disciplina introdotta dal c.d. Decreto Bersani-Visco, la quale, dopo un salvataggio da parte della Corte costituzionale, è stata sostanzialmente abrogata dal legislatore nel
2015. Un destino analogo lo sta vivendo il raddoppio dei termini per violazioni della normativa
sul monitoraggio fiscale previsto dall’art. 12, comma 2-bis, D.L. n. 78/2009, che, dopo aver visto la prevalente giurisprudenza di merito attestarsi su una posizione che gli attribuisce natura
di norma sostanziale e ne impedisce un’applicazione retroattiva, rischia di essere del tutto spazzato via dal diritto UE. Con una decisione del 15 febbraio 2017, la Corte di Giustizia UE ha, infatti, stabilito che la disciplina di uno Stato membro che prevede maggiori termini di accertamento per capitali detenuti in Stati terzi costituisce una restrizione incompatibile con la libera circolazione del capitale ex art. 63 T.F.U.E., che può essere considerata giustificata solo nell’ipotesi in cui già esistente al 31 dicembre 1993.
Il raddoppio dei termini è un istituto particolarmente delicato e temuto, in quanto, al verificarsi dei presupposti previsti dalla legge, permette all’Amministrazione finanziaria di poter
effettuare un controllo sostanziale della fedeltà
fiscale del contribuente beneficiando di una
notevole estensione temporale per poter formalizzare la pretesa impositiva.
L’introduzione di tale meccanismo derogatorio
al normale termine di accertamento a disposizione del Fisco è avvenuta attraverso l’art. 37,
commi 24 e 25, D.L. 4 luglio 2006, n. 223
(c.d. Decreto Bersani-Visco) (1), il quale ha
previsto che sia per le imposte sul reddito sia
per l’IVA, in presenza di un reato fiscale comportante “obbligo di denuncia” ex art. 331
c.p.p., i termini di accertamento dovessero essere raddoppiati.
Sebbene la ratio della norma risultasse sulla
carta tutto sommato chiara - seppur poco ragionevole (2) - l’applicazione concreta della
stessa appariva subito foriera di problematiche
e si prestava, non di rado, ad abusi da parte dei
verificatori fatti al solo fine di guadagnare tempo prezioso (3).
Nel 2011 la Consulta interveniva per fare
chiarezza su alcuni degli aspetti più dibattuti,
statuendo che i termini raddoppiati non costituiscono una “proroga” di quelli ordinari e che
il diritto di difesa del contribuente non risultasse minimamente compromesso, poiché “il
sistema processuale tributario consente [...] il
controllo giudiziario della legittimità di tale
(*) Dottore di ricerca in Diritto tributario (Università di Bergamo). Avvocato in Firenze e Milano, Cordeiro Guerra & Associati
(1) Convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 luglio 2006,
n. 248.
(2) A. Carinci - D. Deotto, “Il raddoppio dei termini, ovvero
brevi considerazioni a margine di una cattiva normazione”, in il
fisco, n. 26/2016, pag. 2507.
(3) In dottrina, cfr. E. Marello, “Raddoppio dei termini per
l’accertamento e crisi del ‘doppio binario’”, in Riv. dir. trib., n.
5/2010, III, pag. 85 ss.; L. Salvini, “Ipotesi di reato tributario e
raddoppio dei termini per l’accertamento”, in C. Glendi - V.
Uckmar (cur.), La concentrazione della riscossione nell’accertamento, Padova, 2011, pag. 387 ss.; R. Schiavolin, (sub) “Art.
43, D.P.R. n. 600/1973”, in G. Falsitta - A. Fantozzi - G. Marongiu - F. Moschetti (dir.), Commentario breve alle leggi tributarie,
tomo II, a cura di F. Moschetti, “Accertamento e sanzioni”,
pag. 275 ss.
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Accertamento
che le attività localizzate
apprezzamento” (c.d. proLA PRASSI AMMINISTRATIVA
in Paesi black list sottognosi postuma) (4). Questanno alla presunzione
sta posizione, avallata an- Natura del raddoppio dei termini
(relativa) di evasione e
che di recente dalla Su- per violazioni del monitoraggio fiscale
L’Agenzia delle entrate attribuisce natura
che le sanzioni irrogabili
prema Corte (5), ha però
procedurale al raddoppio dei termini per
ex art. 1, D.Lgs. n.
messo in evidenza l’opina- violazioni della normativa sul monitoraggio
bilità dell’istituto (6) tan- fiscale di cui all’art. 12, comma 2-bis, D.L. n. 471/1997 sono raddoppiate (10). È però con l’art.
to da indurre il legislatore 78/2009, con la conseguenza di poter
1, comma 3, D.L. n.
a modificarlo per ben due confidare sulla relativa applicazione anche
194/2009 (c.d. Decreto
volte in un anno (7): la ad annualità precedenti alla sua entrata in
milleproroghe), convertiLegge n. 208/2015 elimina vigore, combinando tale estensione con la
presunzione
di
evasione
ed
il
raddoppio
to, con modificazioni, dalla distinzione tra termine
la Legge n. 25/2010, che
ordinario e raddoppiato, delle sanzioni.
l’accertamento basato sulprevedendo che, per i periodi d’imposta dal 2016 in poi, la decadenza la presunzione di evasione si arricchisce del
dal potere accertatore si verifica entro il 5° (in meccanismo del raddoppio dei termini se gli
caso di dichiarazione infedele) o entro il 7° an- assets esteri non dichiarati sono detenuti in un
no (in caso di omessa dichiarazione o nullità) Paese black list.
successivo a quello di presentazione della diIl contrasto nella giurisprudenza domestica
chiarazione (8).
circa la natura del raddoppio
ex art. 12, comma 2-bis, D.L. n. 78/2009
L’adozione del raddoppio dei termini
anche per le violazioni della disciplina
La norma in questione, che ha avuto una notesul c.d. monitoraggio fiscale
vole applicazione soprattutto dopo la diffusione
A distanza di soli tre anni dalla sua prima ap- della c.d. lista Falciani (11), è subito divenuta
plicazione, il meccanismo del raddoppio veni- oggetto di un contrasto interpretativo legato
va introdotto anche in relazione agli obblighi alla natura - procedurale o sostanziale - ed alle
derivanti dalle norme sul c.d. monitoraggio fi- ricadute in termini di applicazione retroattiva.
scale delle attività detenute all’estero da con- Com’è facile intuire, la tesi dell’Agenzia delle
tribuenti residenti in Italia.
entrate si è immediatamente consolidata nel
Subito dopo il “Big Bang” del G-20 di Londra senso di attribuire natura procedurale al raddel 2 aprile 2009, ove le economie mondiali doppio di cui all’art. 12, comma 2-bis, D.L. n.
hanno dichiarato letteralmente guerra ai para- 78/2009, con la conseguenza di poter confidare
disi fiscali per la loro politica tributaria “opaca” sulla relativa applicazione anche ad annualità
connotata dal rigido segreto bancario e dall’as- precedenti alla sua entrata in vigore, combisenza di scambio di informazioni, il Governo nando tale estensione con la presunzione di
varava il D.L. 1° luglio 2009, n. 78 (c.d. Tre- evasione ed il raddoppio delle sanzioni. Questa
monti-ter) (9), il cui art. 12, comma 2, prevede tesi è stata avallata anche da alcuni giudici di
(4) Corte cost. 25 luglio 2011, n. 247, Rel. Gallo.
(5) Cass. civ., Sez. VI-T, ord. 30 maggio 2016, n. 11171 e
Cass. civ., Sez. VI-T, ord. 20 aprile 2016, n. 7805.
(6) C. Righini - M. Secco - A. Vignoli, “Raddoppio dei termini tra pasticci contingenti e questioni di fondo: dalla decadenza alla prescrizione?”, in Dialoghi Tributari, n. 5/2014, pag. 71.
(7) F. Randazzo, “Per il raddoppio dei termini dell’accertamento tributario necessaria la denuncia di reato”, in Corr. Trib.,
n. 20/2015, pag. 1533.
(8) Sull’attuale disciplina, cfr. L.P. Murciano, “Raddoppio
dei termini per l’accertamento, potere impositivo e tutela del
contribuente”, in A. Giovannini (dir.), Trattato di diritto sanzionatorio tributario, tomo I, Diritto penale e processuale, a cura di A.
1614
Giovannini - A. Di Martino - E. Marzaduri, Milano, 2016, pag.
473 ss.
(9) Convertito, con modificazioni, dalla Legge 3 agosto
2009, n. 102.
(10) Sulla disposizione, cfr. M. Antonini, “Presunzione di imponibilità per attività e investimenti nei paradisi fiscali”, in Corr.
Trib., n. 30/2009, pag. 2444.
(11) P. Mastellone, “Tutela del contribuente nei confronti
delle prove illecitamente acquisite all’estero”, in Dir. prat. trib.,
n. 4/2013, pag. 791; Id., “Exchange of information vs. taxpayers’ rights protection: the evident imbalance impedes to
achieve a ‘fair’ international tax environment”, in Riv. Guardia
fin., n. 1/2017, pag. 93 ss.
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Accertamento
merito, i quali hanno ritenuto che non si tratterebbe di “una applicazione retroattiva di una
norma introdotta nel 2009, posto che tale normativa è stata emanata proprio per far emergere le attività detenute in precedenza e non dichiarate. [...] I termini raddoppiati non costituiscono una proroga di quelli ordinari, sono
termini fissati direttamente dalla legge, operanti automaticamente in presenza di una speciale condizione obiettiva” (12).
Tale giurisprudenza nella maggior parte dei casi si è occupata di fattispecie di attività offshore
non dichiarate che superavano le soglie quantitative previste dal D.Lgs. n. 74/2000: detto
altrimenti, si trattava di casi in cui trovava
contestuale applicazione sia la presunzione di
evasione ed il raddoppio delle sanzioni di cui
all’art. 12, D.L. n. 78/2009 sia il raddoppio dei
termini per notizia di reato (13). In tal senso,
si è sostenuto che l’art. 12, commi 2 e 2-bis,
“non può non ritenersi ad efficacia derogatoria
e retroattiva per natura, struttura, funzione e
definizione. La norma in questione, essendo finalizzata al recupero a tassazione di ingenti capitali già esportati in Paesi a fiscalità privilegiata o black list, come la Svizzera, fenomeno
assai diffuso il cui monitoraggio è affidato a
formalità comportamentali, quali, ad esempio,
la compilazione del Quadro RW della dichiarazione dei redditi, [...] non può che ritenersi
procedimentale (né può diventare semi-sostanziale perché la superiore presunzione può, per
principio generale, essere superata provandone
il già avvenuto assoggettamento o l’esenzione)
e non può che concernere gli anni d’imposta
antecedenti la entrata in vigore, per l’accertamento dei quali è stato legittimamente e opportunamente previsto, ed applicato alla fattispecie, ancora suscettibile di controllo il 31 dicembre 2009, dal momento che non era stato
compilato il Quadro RW e non era stato, né lo
è stato successivamente, provato durante l’iter
amministrativo che si trattava di capitali esenti
o già tassati, il raddoppio dei termini. Una retroattività giustificata anche dalla ragionevolezza di obiettivi e mezzi, nonché dal non contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti, non essendolo l’irretroattività” (14).
Questo orientamento, seguito sporadicamente
anche in tempi recenti (15), non appare affatto
condivisibile perché difficilmente può parlarsi
di “mera norma procedurale, così da applicarsi
pure a fattispecie pregresse” (16), se l’effetto
concreto della sua applicazione si traduce in
una violazione del diritto di difesa del contribuente.
La giurisprudenza si è, quindi, progressivamente attestata su una posizione garantista volta
ad impedire un’applicazione retroattiva tanto
della presunzione di evasione quanto del raddoppio per violazioni del Quadro RW, facendo
leva sull’art. 3 dello Statuto - il quale “pone a
garanzia del contribuente una regola non immediatamente desumibile dalle norme costituzionali” (17) - e sull’art. 11 delle preleggi, posto
che il contribuente può solo essere tenuto a
“precostituire la prova che deve fornire” in base “al sistema normativo vigente al momento
in cui si perfeziona la fattispecie” (18).
(12) Comm. trib. prov. di Prato, Sez. III, 14 marzo 2014, n.
57. Nello stesso senso, cfr. Comm. trib. prov. di Treviso, Sez. I,
5 giugno 2012, n. 64.
(13) In Comm. trib. reg. Toscana, Sez. XIII, 9 luglio 2015, n.
1259, si evidenzia come sia “illogica la tesi interpretativa che,
a fronte di una disposizione espressa che raddoppia i termini
dell’accertamento, limiti tale presunzione ai periodi che vanno
dall’anno 2009 in poi, essendo manifesta che una tale interpretazione renderebbe del tutto inutile e, quindi, spuntata, l’azione
volta all’emersione del fenomeno dei capitali esportati illegalmente all’estero e sottratti all’imposizione fiscale”.
(14) Comm. trib. reg. Lombardia, Sez. XXVII, 31 ottobre
2014, n. 5626. In tal senso, cfr. Comm. trib. reg. Toscana, Sez.
XXV, 29 settembre 2015, n. 1543 e Comm. trib. reg. Toscana,
Sez. I, 1° febbraio 2016, n. 135.
(15) Da ultimo, la Comm. trib. reg. Lombardia, Sez. XLV, 18
novembre 2016, n. 6015, rileva che “le disposizioni introdotte
con l’art. 12 citato non sono in contrasto con le norme conte-
nute nello Statuto del contribuente […], sia perché non si tratta di cambiare le regole nel corso di accertamenti di imposta
nel caso in esame il legislatore ha posto l’obiettivo di contrastare i c.d. paradisi fiscali nell’ambito di accordi internazionali
ed ha previsto per raggiungere questo obbiettivo un termine
più lungo, sia perché il predetto art. 3 è pur sempre una norma
ordinaria modificabile da altra norma di pari grado, tant’è che
le nuove disposizioni sono precedute dalla clausola ‘In deroga
ad ogni disposizione di legge’”.
(16) Comm. trib. prov. di Vicenza, Sez. III, 18 giugno 2012,
n. 61.
(17) Comm. trib. prov. di Lucca, Sez. IV, 18 luglio 2012, n.
103.
(18) Comm. trib. prov. di Milano, Sez. XII, 20 maggio 2014,
n. 4753. Nello stesso senso, cfr. Comm. trib. prov. di Milano,
Sez. II, 3 maggio 2013, n. 178; Comm. trib. prov. di Varese,
Sez. XII, 21 ottobre 2013, n. 96; Comm. trib. reg. Lombardia,
Sez. XX, 11 luglio 2014, n. 3878; Comm. trib. reg. Lombardia,
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1615
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Accertamento
norma, tali somme non
Sebbene l’introduzione di
LA GIURISPRUDENZA
erano tassabili come redpresunzioni legali pro-Fiditi sottratti a tassazione
sco siano scelte rimesse al- Impostazione contraria all’applicazione
retroattiva
della
presunzione
di
evasione
in Italia. [...] Le norme
la discrezionalità del legiLa giurisprudenza di merito si è
sulle prove pongono regos l a t o r e , q u e s t e u l t i m e progressivamente attestata su una
le di giudizio e, come tali,
“debbono pur sempre ri- posizione garantista volta ad impedire
hanno sempre natura sospettare i principi di ra- un’applicazione retroattiva, tanto della
stanziale, poiché la loro
gionevolezza e capacità presunzione di evasione, quanto del
applicazione comporta
contributiva” (19). In tal raddoppio per violazioni del Quadro RW,
facendo
leva
sull’art.
3
dello
Statuto
del
una decisione di merito,
senso, l’applicazione redi accoglimento o di rigettroattiva della presunzione contribuente - il quale pone a garanzia del
contribuente
una
regola
non
to della domanda” (21).
in questione è tale da porimmediatamente desumibile dalle norme
A riconferma della corretre seri dubbi in merito al
costituzionali - e sull’art. 11 delle preleggi,
tezza di questa impostazioprincipio di attualità della posto che il contribuente può solo essere
ne che smentisce un’apcapacità contributiva, ove tenuto a precostituire la prova che deve
dovesse essere interpretata fornire in base al sistema normativo vigente plicazione retroattiva del
raddoppio ex art. 12, ocnel senso di permettere il al momento in cui si perfeziona la
fattispecie.
corre ricordare tanto la
prelievo su una ricchezza
posizione della Consulta formatasi a grandi distanze
temporali dalla acquisizione, da parte dell’Am- secondo cui “l’affidamento del cittadino nella
ministrazione, della notizia circa l’esistenza del sicurezza giuridica - essenziale elemento dello
Stato di diritto - non può essere leso da dispopresupposto.
Queste considerazioni portano inevitabilmente sizioni retroattive, che trasmodino in regolaa ritenere che il raddoppio dei termini abbia mento irrazionale di situazioni sostanziali fonun’evidente valenza sostanziale o, quantome- date su leggi anteriori” (22) - quanto quella
no, “para-sostanziale” (20), nel senso che, pur della Cassazione - la quale ritiene che, “pur
apparendo prima facie di natura procedurale, non sussistendo nell’ordinamento un divieto
produce effetti sul piano sostanziale. Con due giuridico assoluto all’introduzione di norme fisentenze gemelle del 23 febbraio 2017, la scali che abbiano effetti retroattivi, in caso di
Commissione tributaria regionale Lombardia possibilità di interpretazioni alternative deve
ha, infatti, rilevato che ammettere l’estensione essere comunque preferita quella che non comtemporale della presunzione (relativa) di eva- porti la retroattività della disposizione fiscasione anche ad annualità precedenti al 2009 le” (23).
inciderebbe sull’efficacia che viene attribuita A ciò si aggiunge il fatto che il raddoppio di
all’assunzione della prova: questo porta a con- cui al comma 2-bis, oltre a costituire misura socludere che alla stessa debba riconoscersi por- stanziale (o para-sostanziale), integra altresì
tata sostanziale, “atteso che, prima di questa una c.d. sanzione impropria perché prevede
Sez. XXVII, 12 ottobre 2015, n. 4382; Comm. trib. prov. di Frosinone, Sez. II, 10 giugno 2014, n. 476; Comm. trib. reg. Lombardia, Sez. XXXV, 29 febbraio 2016, n. 1836; Comm. Trib.
prov. di Mantova, Sez. II, 13 maggio 2016, n. 100. In senso
analogo, seppur con argomentazioni meno nette, cfr. Comm.
trib. reg. Lombardia, Sez. XXIV, 6 marzo 2013, n. 26.
(19) Comm. trib. reg. Toscana, Sez. XXXI, 20 settembre
2016, n. 1600.
(20) In questi termini, cfr. G. Falsitta, Manuale di diritto tributario. Parte generale, 7a ed., Padova, 2010, pag. 90, secondo
il quale “le norme sulle prove, legali e non, e sui criteri di calcolo degli imponibili, sono di natura para-sostanziale” e che,
un’applicazione retroattiva della presunzione de qua implicherebbe un’evidente collisione con l’art. 24 Cost. In senso analo-
1616
go: R. Schiavolin, L’utilizzazione fiscale delle risultanze penali,
Milano, 1994, pagg. 34-35; M.V. Serranò, “Retroattività delle
disposizioni di prova legale e lesione del diritto di difesa”, in
Dial. dir. trib., n. 11/2005, pag. 1459 ss., ed, in particolare, la
replica di R. Lupi, “La necessità di una ‘terza via’ tra norme sostanziali e processuali”, ivi.
(21) Comm. trib. reg. Lombardia, Sez. II, 23 febbraio 2017,
nn. 692 e 693.
(22) Corte cost. 12 novembre 2002, n. 446. Nello stesso
senso, cfr. Id., 4 novembre 1999, n. 416; Id., ord. 3 luglio
1997, n. 211; Id., 26 luglio 1995, n. 390; Id., 22 novembre
2000, n. 525; Id., ord. 27 luglio 2001, nn. 319 e 327.
(23) Cass. civ., Sez. trib., 14 aprile 2004, n. 7080.
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Accertamento
una conseguenza sfavorevole per il contribuente, formulata in termini di estensione del termine decadenziale dell’azione fiscale, in grado
di incidere pesantemente sul patrimonio del
contribuente, il quale è colpito da una misura
ablatoria (24). Questa conseguenza risulta essere chiaramente in contrasto con l’art. 7 CEDU
(Nulla poena sine lege), il quale prevede che
nessuno può essere condannato per una azione
o una omissione che, al momento in cui è stata
commessa, non costituiva una criminal offence
secondo il diritto interno o internazionale. E
considerato che le sanzioni tributarie amministrative previste dal diritto italiano hanno una
natura spiccatamente afflittiva, stante la loro
matrice dichiaratamente para-penalistica (25),
tale principio di irretroattività non può che applicarsi anche al raddoppio legato ad omissioni
nel Quadro RW.
La posizione della recente
giurisprudenza UE in materia di raddoppio
Al quadro sinora illustrato, si aggiunge una recentissima decisione della Corte di Giustizia
UE che rischia concretamente di rendere tout
court illegittimo il raddoppio ex art. 12 per incompatibilità con la libera circolazione del capitale.
All’attenzione dei giudici europei è stata, infatti, sottoposta la legittimità dell’art. 16, commi
3-4, del Codice tributario olandese (Algemene
Wet inzake Rijksbelastingen, AWR), il quale
prevede che “il potere di emettere un avviso di
rettifica fiscale decade con il decorso di cinque
anni dal momento in cui è sorto il debito d’imposta. [...] Qualora sia stata prelevata un’imposta troppo bassa per un elemento imponibile
mantenuto o generato all’estero, il potere di
rettifica fiscale, in deroga a quanto stabilito al
terzo paragrafo, prima frase, decade con il decorso di dodici anni dal momento in cui è sorto il debito d’imposta”. Una norma, insomma,
(24) L. Del Federico, Le sanzioni amministrative nel diritto tributario, Milano, 1993, pag. 276 ss.
(25) Cfr. R. Cordeiro Guerra, “Il principio di personalità”, in
A. Giovannini (diretto da), Trattato di diritto sanzionatorio tributario, tomo II, Sistema sanzionatorio amministrativo tributario, a
cura di A. Giovannini - A. Di Martino - E. Marzaduri, Milano,
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quasi del tutto sovrapponibile con quella prevista in Italia.
Nel caso di specie, la norma era stata applicata
dal Fisco olandese ad un contribuente che aveva, sin dal 2004, conti bancari non dichiarati
in Svizzera e Lussemburgo.
Il contribuente impugnava gli avvisi di accertamento ricevuti sostenendo, in particolare,
che gli stessi si traducessero in una sostanziale
restrizione al movimento dei capitali tra Stati
membri (i.e. Olanda e Lussemburgo), nonché
tra uno Stato membro (i.e. Olanda) e uno Stato terzo (i.e. Svizzera), vietata dall’art. 63
T.F.U.E. La controversia arrivava fino alla Suprema Corte (Hoge Raad der Nederlanden), la
quale rinviava alla Corte UE la questione se
l’applicazione dell’art. 16, comma 4, AWR, al
conto detenuto dal ricorrente presso una banca
svizzera, fosse compresa nei termini “qualunque
restrizione [...] per quanto concerne i movimenti di capitali provenienti da Paesi terzi o
ad essi diretti, che implichino [...] la prestazione di servizi finanziari” ex art. 64, comma 1,
T.F.U.E.
I giudici europei, con sentenza del 15 febbraio
2017 (26), hanno statuito tre principi:
a) la deroga alla restrizione di cui all’art. 64,
comma 1, T.F.U.E. “si applica a una normativa
nazionale che impone una restrizione ai movimenti di capitali considerati in tale disposizione, come il termine di rettifica fiscale prolungato [...], anche allorché detta restrizione può
essere parimenti applicata in situazioni che
non implicano investimenti diretti, lo stabilimento, la prestazione di servizi finanziari o
l’ammissione di valori mobiliari nei mercati finanziari”;
b) l’apertura, da parte di un residente in uno
Stato membro, di un conto titoli presso un istituto di credito ubicato in un Paese terzo, quale
la Svizzera, “rientra nella nozione di movimenti di capitali che implicano la prestazione di
2016, pag. 1439 ss.
(26) CGE, Sez. IX, 17 febbraio 2017, causa C-317/15, in
Corr. Trib., n. 17/2017, pag. 1382 ss., con nota di E. Tito - G.
Giusti, “Il raddoppio dei termini per l’accertamento della detenzione di attività finanziarie all’estero”, ivi, pag. 1376 ss.
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Accertamento
di cui all’art. 12, comma
servizi finanziari” ex art.
LA GIURISPRUDENZA UE
2-bis, D.L. n. 78/2009:
64, comma 1, T.F.U.E.;
- riguarda la libera circolac) la deroga ex art. 64, Restrizione al movimento di capitali
La Corte di Giustizia UE chiarisce che può
zione del capitale, interescomma 1, T.F.U.E. che
configurarsi una restrizione al movimento di
“riconosce agli Stati mem- capitali che implichi la prestazione di servizi sando l’investitore;
- si applica a fattispecie
bri di applicare restrizioni finanziari anche qualora essa riguardi
che coinvolgono Stati
ai movimenti di capitali direttamente l’investitore piuttosto che il
non membri UE; ed
che implichino la presta- prestatore del servizio finanziario, ponendo
- è entrato in vigore ben
zione di servizi finanziari l’accento sul nesso causale intercorrente
oltre il 31 dicembre 1993.
tra
il
movimento
di
capitali
e
la
prestazione
vale parimenti per quelle
Si tratta, quindi, di una
che, come il termine di di servizi e, dunque, prescindendo dal
soggetto inciso. La decisione risulta
restrizione incompatibile
rettifica fiscale prolungato
dirompente nella prospettiva italiana, poiché con la libertà di circoladi cui trattasi nel procedi- il raddoppio dei termini di cui all’art. 12,
zione di capitale e non
mento principale, non ri- comma 2-bis, D.L. n. 78/2009 riguarda la
rientrante nella deroga
guardano né il prestatore libera circolazione del capitale,
per essere stata introdotta
di servizi né le condizioni interessando l’investitore, si applica a
- a differenza di quella
e le modalità della presta- fattispecie che coinvolgono Stati non
olandese - molto dopo la
membri UE, ed è entrato in vigore ben oltre
zione di servizi”.
deadline prevista dall’art.
La decisione della Corte il 31 dicembre 1993, pertanto
64 T.F.U.E.
successivamente alla deroga prevista
chiarisce che una restri- dall’art. 64 T.F.U.E. Si tratta, quindi, di una
Tale evidente illegittimità
zione può configurarsi an- restrizione incompatibile con la libertà di
alla luce del diritto euroche quando riguarda diret- circolazione di capitale.
peo primario dovrà essere
tamente l’investitore piutsenza dubbio invocata dai
tosto che il prestatore del
contribuenti nei numerosi contenziosi pendenservizio finanziario, ponendo l’accento sul nes- ti dinanzi alle Commissioni tributarie, in agso causale intercorrente tra il movimento di giunta al profilo di incompatibilità legato alla
capitali e la prestazione di servizi (e, dunque, sproporzione delle sanzioni irrogabili a fronte
prescindendo dal soggetto inciso).
di violazioni (tutto sommato formali) internaPer quanto concerne il caso di specie, sebbene zionali rispetto a violazioni (identiche) merala normativa olandese sia stata considerata in- mente domestiche (28), ma resta da capire
tegrante tutti i requisiti per essere ritenuta re- quali argomentazioni l’Amministrazione finanstrizione incompatibile ai sensi del diritto pri- ziaria potrà opporre. Si potrebbe, per esempio,
mario UE, la Corte l’ha salvata in corner per il ipotizzare un’invocazione dell’art. 65 T.F.U.E.,
fatto di essere entrata in vigore l’8 giugno il quale prevede la derogabilità della libera cir1991 e, dunque, prima del 31 dicembre colazione del capitale quando si tratti di “di
1993 (27).
prendere tutte le misure necessarie per impediLa decisione risulta, al contrario, dirompente re le violazioni della legislazione e delle regolanella prospettiva italiana poiché il raddoppio mentazioni nazionali, in particolare nel settore
(27) A dire il vero, già nel 2009 la Corte di Giustizia UE si
era occupata della presunta incompatibilità della normativa
olandese AWR sul raddoppio dei termini con la libera circolazione dei capitali, ma i tempi ancora non erano maturi per poter arrivare alla recente svolta giurisprudenziale, perché il contesto europeo (e, soprattutto, internazionale) era connotato da
una ancora embrionale cooperazione in materia tributaria, elemento che permetteva a severe misure domestiche volte a garantire l’efficacia dei controlli fiscali e di lotta all’evasione di risultare giustificate da “ragioni imperative di interesse generale”: così, CGE, Sez. IV, 11 giugno 2009, cause riunite C-155/08
e C-157/08.
1618
(28) M. Piazza, “Il nuovo quadro RW di UNICO 2014”, in
Corr. Trib., n. 11/2014, pag. 818, reputa condivisibilmente che
non sia “legittimo che - come avviene in Italia - ai redditi occultati in Paesi europei sia applicata una sanzione percentualmente più alta di quella applicata ai redditi occultati nello Stato
di residenza del contribuente”. In materia di IVA, la giurisprudenza europea ha considerato che una disciplina nazionale
che punisca le violazioni transfrontaliere in modo più severo rispetto a quelle meramente nazionali sia sproporzionata - e,
quindi, incompatibile con il diritto UE: CGE, Sez. VI, 25 febbraio 1988, causa C-299/86.
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Accertamento
fiscale e in quello della vigilanza prudenziale
sulle istituzioni finanziarie, o di stabilire procedure per la dichiarazione dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa
o statistica, o di adottare misure giustificate da
motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza”. Ma il richiamo all’ordine pubblico, in
un contesto in cui quasi tutti gli ex paradisi fiscali hanno deciso di collaborare scambiando
Corriere Tributario 20/2017
informazioni (in molti casi, addirittura, in modo automatico), appare molto debole.
Dunque, quale che sia l’angolo visuale sotto
cui si vuole osservare l’art. 12, D.L. n.
78/2009, emergono molteplici profili di illegittimità che debbono essere rilevati dalla giurisprudenza e necessitano di un rapido intervento legislativo.
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Asterischi
* Tappeti rossi ai soggetti “non residenti”
con alto potenziale di ricchezza
di Tommaso Lamedica
Da qualche mese - e in ogni dove - si è discusso di una singolare disposizione contenuta nella Legge di bilancio di quest’anno.
In particolare, si è parlato di una regola finalizzata a favorire il radicamento sul nostro territorio di persone fisiche straniere con alto potenziale di ricchezza. La finalità prefissata coincide
con il convincimento che “tali persone” possono essere l’occasione di una concreta opportunità di sviluppo anche nel nostro territorio.
Questo obiettivo, comunque, non richiede attenzione in questa sede, ove è preferibile, invece, considerare alcuni passaggi del testo normativo che, al primo impatto, segnalano una
qualche fragilità.
Allora, vediamo in concreto di cosa si tratta.
Una regola inusuale introduce nell’ordinamento delle imposte un regime fiscale - del tutto
speciale - riservato alle persone fisiche (quindi,
le società non fanno parte del discorso) che
trasferiscono nel nostro Stato la propria residenza fiscale.
Va subito detto che la regola - sul piano della
testualità - non rivela il suo contenuto “premiale”.
Occorre una lettura “conseguenziale” con altre
disposizioni (già a regime) per capire entro
quale spazio ci stiamo muovendo.
E, allora, in questa ottica, possiamo ricordare a
noi stessi che nel sistema delle imposte (riferite
ai redditi delle sole persone fisiche) è enunciato il principio secondo il quale l’imposta si applica, per i soggetti residenti, a tutti i redditi
ovunque posseduti. Quindi, anche a quelli posseduti all’estero (salva l’esistenza di eventuali
accordi internazionali per evitare doppie imposizioni).
In linea astratta, perciò, la persona fisica che
trasferisce la propria residenza in Italia diventa
- sul piano dell’imposta - un “soggetto residenCorriere Tributario 20/2017
te” come tutti gli altri, con tutto ciò che questa condizione comporta.
Da qui l’interesse (del legislatore) ad incentivare il trasferimento in Italia del non residente
rendendo premiale tale iniziativa riservata, però, nelle sole intenzioni del legislatore, a persone ritenute particolarmente “agiate”.
Il discorso riguarda, all’evidenza, una platea di
soggetti molto (ma molto) ristretta. Ed è, quindi, comprensibile che il dibattito si svolga tra
gli addetti ai lavori interessati a questioni del
genere.
A favore di tutti, peraltro, va detto che il percorso attraverso il quale i soggetti particolarmente “agiati” (che hanno appena trasferito in
Italia la propria residenza) possono “evitare” il
pagamento dell’imposta sui redditi prodotti all’estero è - nella previsione del legislatore - abbastanza agevole.
Basta optare per una imposta specificatamente
dichiarata sostitutiva per cancellare qualsiasi
obbligazione correlata alle effettive imposte
“estere”.
L’ammontare dell’imposta sostitutiva messa in
campo è, a dir poco, seducente: 100.000 euro
annui. All’apparenza, tutto sembra agevolmente comprensibile, ma non mancano i problemi
sul tappeto in attesa di soluzioni condivise.
Avremo possibilità di parlarne. Al momento
abbiamo motivi per ritenere che uno dei problemi da focalizzare sia riconducibile alla idoneità del non residente ad essere considerato
particolarmente “agiato” e, perciò, meritevole
del regime premiale.
Focalizziamo lo spazio della discussione.
Il testo normativo subordina l’agevolazione alla
presentazione di una preventiva istanza di interpello all’Agenzia delle entrate da parte del
non residente che vuole trasferirsi in Italia.
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Asterischi
Ma non dice nulla in ordine all’ampiezza della
necessaria potenziale ricchezza che sta alla base
dell’agevolazione.
E nulla dice - almeno espressamente - il Provvedimento dell’Agenzia delle entrate (appena
emanato), laddove si fa cenno (in apposito allegato alla istanza di interpello) ad indicazioni
correlate “ad elementi personali ed economici
di collegamento con lo Stato estero di residenza (c.d. centro degli interessi vitali), supportandoli da evidenze probatorie, idonee ad
escludere la residenza ai fini fiscali in Italia”.
Insomma, poco; ma, comunque, quanto basta
per capire che, per accedere al regime premiale, sarà sempre e sola l’Agenzia delle entrate a
dare un giudizio di fattibilità. Un giudizio, all’apparenza, del tutto discrezionale.
Una notazione conclusiva.
Con una mal celata disposizione della quale
non si è fatto rumore alcuno, lo stesso legislatore (in un comma di chiusura dell’art. 1: il
comma 158) fa sapere che “per le successioni
aperte e le donazioni effettuate nei periodi
d’imposta di validità dell’opzione esercitata dal
dante causa ... l’imposta sulle successioni e donazioni ... è dovuta limitatamente ai beni e ai
diritti esistenti nello Stato al momento della
successione o della donazione”.
Il che - per dirlo in chiaro - significa che, “accettata” l’opzione con i 100.000 euro (imposta
1622
sostitutiva delle imposte sui redditi esteri), il
regime premiale per l’ex non residente diventato residente si estende all’imposta sulle successioni e donazioni. I beni e i diritti esistenti all’estero non sono considerati nella tassazione
in Italia in deroga alla regola generale (prevista
dell’art. 2 del D.Lgs. n. 346/1990), secondo la
quale “l’imposta è dovuta in relazione a tutti i
beni e diritti trasferiti, ancorché esistenti all’estero”.
Il presupposto per il beneficio “aggiuntivo”,
pertanto, si configura solo se l’ex non residente
abbia (per quanto attiene alla imposta di successione) la fortuna di “passare a miglior vita”
durante il periodo di validità dell’opzione.
GLI ALTRI ASTERISCHI
• “Due padri e senza madre: è possibile adottare un minore?”,
in Corr. Trib., n. 14/2017, pag. 1133
• “Le imprese in contabilità semplificata adottano il ‘criterio di
cassa’ e perdono gli studi di settore”, in Corr. Trib., n. 8/2017,
pag. 645
• “Il legislatore a gamba tesa entra nella partita del contraddittorio?”, in Corr. Trib., n. 5/2017, pag. 409
• “Legge di bilancio 2017: per gli interventi antisismici serve un
credito d’imposta”, in Corr. Trib., n. 3/2017, pag. 241
• “La ‘soppressione’ di Equitalia con un provvedimento d’urgenza lascia spazi aperti alla discussione”, in Corr. Trib., n.
2/2017, pag. 157
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LE RELAZIONI
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IN CASSAZIONE: LA DEFINIZIONE DELLE LITI
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e del Massimario presso la Corte di Cassazione
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Tributario”; Professore Ordinario presso la Scuola Nazionale
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“Corriere Tributario”; Professore ordinario di Diritto Tributario,
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• RAPPORTI TRA IL PROCESSO TRIBUTARIO E QUELLO PENALE
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