III Domenica di Avvento - Arcidiocesi di Catanzaro

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per l’Omelia domenicale a cura dell’Arcivescovo Mons. Vincenzo Bertolone
III Domenica di Avvento
13 dicembre 2015
Essere gioia e profezia di Dio
Introduzione
Siamo giunti alla terza tappa del nostro cammino di preparazione al Natale, e dopo
tanti inviti alla speranza, in questa domenica si fa strada l’invito alla gioia. Invito
preannunciato, in un certo senso, dal Salmo di domenica scorsa: esortazione ad
intonare un canto nuovo. Il nuovo canto da intonare è canto di gioia. Esso ritma i
passi del messaggero di Dio, Giovanni il Battista che, insieme all’annuncio del
profeta Sofonia e all’accorato appello dell’apostolo Paolo, orienta verso la meta da
raggiungere per essere veramente felici. Quanto costa, però, percorrere la strada che
porta alla vera felicità? Se è vero che “il problema della vita coincide con quello della
felicità” (F.W. Nietzsche), non dovrà essere un prezzo da poco. Eppure, Giovanni il
battezzatore dà indicazioni spicciole, all’apparenza banali, per “risolvere il problema
della felicità”: egli, infatti, fa appello al primo verbo del mondo nuovo: “dare”,
“donare e lo presenta come legge di vita: per essere felici e stare bene dobbiamo
“dare”. E “dare”, ci insegna il Vangelo, coincide con “amare”: non c’è amore più
grande che dare la vita…; c’è più gioia nel dare che nel ricevere…; chiunque avrà
dato anche solo un bicchiere di acqua…. Dunque, si è felici quando si dona, quando
si ama veramente. Semplici verbi, “amare” e “donare”, che, tuttavia, aprono il cuore
all’accoglienza. Infatti, solo facendo bene ciò che si è chiamati a fare, solo agendo
con gioia, con semplicità, generosità e passione, ci si prepara ad accogliere il Messia,
diventando sua profezia e suo canto di gioia.
Il canto di gioia di Dio
La gioia è il filo rosso che unisce le letture di questa domenica. Dal profeta Sofonia
apprendiamo della gioia di Dio per l’uomo. Il Profeta celebra un Dio felice, il cui
grido di festa risuona ancora oggi nelle nostre Chiese e, soprattutto, scandisce questo
tempo d’Avvento, giacché ribadisce con forza che Dio continua a ripeterci: “Tu mi
fai felice”. E di un simile Dio ci si può innamorare. Paolo fa eco al Profeta: “Siate
sempre lieti, ve lo ripeto, siate lieti”. E come non accogliere l’invito dell’Apostolo?
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Sapendo di essere tanto amati da meritare che Dio, per renderci felici, è venuto, e
viene, a cercarci. E di un simile Dio ci si può innamorare. Ma come è possibile
trasferire la gioia di Dio nel nostro quotidiano, come è possibile rispondergli da
“quaggiù” con la stessa gioia? Come è possibile, in definitiva, vivere da innamorati?
La sola risposta a queste domande è da ricercarsi nella testimonianza e nelle parole di
Giovanni il Battista. Il suo cuore, infatti, è sempre stato colmo di gioia, nonostante
fosse ancora impossibilitato a “vedere”. Tuttavia, Egli ha sempre annunciato nella
gioia la “BUONA NOVELLA”. In mezzo a tante orribili notizie, oggi come allora, la
sua voce non smette di rassicurarci: è giunta a noi “la buona notizia”, Dio ci ama al
punto da venire a cercarci in Cristo Gesù. L’ “equazione” è semplice: accogliendo
Gesù si ha il cuore pieno di gioia, perché accogliendo Lui sarà più facile per noi
amare e donare. Infatti, se ci si innamora di Cristo, delle sue parole, dei suoi gesti,
della sua passione di accendere nei cuori un amore senza misura, non c’è più nulla
che possa spaventare, neanche ciò che sembra costare molto. Allora si arriva a
sperimentare la leggerezza, la spontaneità, la gioia di una esistenza che si considera
dono e si vive nel segno della gratitudine. Paolo insiste: “Rallegratevi”, perché la fede
cristiana è anzitutto gioia che va condivisa. Va reso noto a tutti che quanto accade a
Natale rende la vita umana veramente piena, colma di gioia e di luce. E se anche le
tenebre dovessero momentaneamente oscurare la luce e la gioia, ciò non impedirebbe
all’uomo di fede di continuare a sperare e a gioire, perché, come dice il profeta
Sofonia, l’uomo non cessa mai di essere la gioia di Dio, la sua festa. Per questo il
cammino d’Avvento deve essere cammino di attesa e di conversione nella gioia,
giacché ci si prepara ad accogliere l’amore di Dio fattosi carne. E da sempre, dalla
storia d’Israele prima, a quella della Chiesa poi, il volto e lo sguardo amorevole di
Dio è azione generatrice del vero volto dell’uomo.
Vivere da innamorati
Il vero volto dell’uomo, quale esce dall’amore di Dio, reca in sé i segni dello stesso
amore, da cui è generato, e della stessa gioia con cui è amato. È dunque un volto
gioioso e innamorato. Ma per sentire la forza di questo amore e agire seguendo i
battiti di una simile gioia, ovvero per costruire una esistenza fiduciosa, veramente
piena e protesa verso mete alte, verso orizzonti divini, non basta essere eticamente
corretti. Non si può vivere riducendo la Novità del Vangelo a un precetto morale da
seguire. È necessario invece ricordarsi che dentro di noi abita il “cielo stellato”. E di
fatto il Vangelo è “buona notizia” perché che fa incontrare Cristo, nostro cielo. Il
Vangelo ci porta a conoscerLo, ad amarLo tanto da far dire a ciascuno di noi: “Gesù
mi hai sedotto, conquistato. E ora non saprei immaginare la mia vita senza di te”.
Quando riusciremo a pronunciare questa verità, allora sì che saremo profeti della sola
Novità che salva, capaci anche di vivere secondo lo stile degli innamorati, ovvero
preoccupandoci solo di scomparire per lasciare posto a Colui che nasce nel nostro
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cuore. Quando ciò accadrà riusciremo nella quotidianità a portare la gioia e l’amore
di Dio: santa tensione alla comunione, alla verità, alla giustizia, alla carità. Allora,
non ci si chiederà più “come” essere veramente cristiani, ma come “fare”. Così
scopriremo che in qualunque condizione di vita ci troveremo ad operare (
parlamentari o preti, contadini o professionisti, docenti o militari, casalinghe o
impiegati: l’importante è la qualità del proprio agire), ciò che conta è quanta giustizia,
impegno, umanità, passione e autenticità riverseremo nel nostro compito. Infatti, è là
dove siamo chiamati a vivere, nel quotidiano, che dovremo essere persone nuove, di
speranza e di gioia, capaci di giustizia, carità e comunione. Se vogliamo essere
veramente profeti del Natale, diventare canto di gioia del nostro Dio, discepoli di
Colui che è fuoco e dona lo Spirito di vita, dobbiamo riscoprire la gioia di essere
amati e rigenerati come atteggiamento fondante della fede, e dobbiamo vivere questa
gioia non costretti ma consapevoli che la gioia viene da Cristo, scaturisce dal suo
amore fedele. Questo fa la gioia cristiana profetica: essa è segno della presenza viva
del Cristo nel mondo. Infatti, se lo Sposo amato ci sta accanto non può esserci
tristezza, e la vita stessa non può che essere, già da ora, una festa senza fine. Ecco
allora che il mosaico del Natale lentamente si compone delle tessere essenziali: la
speranza e la gioia, entrambe incarnate nelle persona di Cristo, la sola verità che
resiste, tiene, prende consistenza allorché tutto il resto svanisce.
Conclusione
Che cosa dobbiamo fare perché questo cammino d’attesa, che volge alla fine possa
veramente portare il suo frutto più bello? La cosa principale da fare è “gioire”. Gioire
perché Dio viene a cercarci, gioire perché non ci ha mai lasciato e continua a
camminare in mezzo a noi, ad abitare in noi. E tutte le volte che ci lasciamo guidare
dalla Sua volontà, Egli nasce nel nostro cuore e nel cuore degli altri. E se la gioia di
seguirlo sui suoi sentieri cede il passo alla stanchezza e alla fatica, basta fare spazio al
silenzio e abbandonarsi alla preghiera: perché il Signore ci doni la capacità di capire
che cosa vuol dir portare dentro il fuoco e lo Spirito del Battesimo per raggiungere
non la semplice competenza della persona onesta, ma il fervore della santità che ama,
spera, gioisce, gode di quella pace che, come dice Paolo, è oltre ogni nostra
intelligenza.
Serena domenica
 Vincenzo Bertolone
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