Il Museo Civico Aufidenate di Castel di Sangro (AQ)

Claudia Di Cino
Il Museo Civico Aufidenate
di Castel di Sangro (AQ):
la sezione preistorica e lo studio
del materiale litico di raccolta
Claudia Di Cino, Il Museo Civico Aufidenate di Castel di Sangro (AQ):
la sezione preistorica e lo studio del materiale litico di raccolta
Copyright© 2015 Edizioni del Faro
Gruppo Editoriale Tangram Srl
Via Verdi, 9/A – 38122 Trento
www.edizionidelfaro.it – [email protected]
Prima edizione: luglio 2015 – Printed in EU
ISBN 978-88-6537-316-3
Ai miei cari nonni, ai miei genitori,
e a chi mi ha sempre amata e sostenuta…
Sommario
Prefazione
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I. Elementi di tecnologia e tipologia litica
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1. La Produzione Materiale e le Tecniche di
lavorazione delle materie prime
2. La scheggiatura
3. Gli incidenti di scheggiatura
4. Metodi di débitage
5. Façonnage e Ritocco
6. Particolari tecniche di lavorazione degli
strumenti: la tecnica del colpo di bulino
7. Le industrie litiche del Paleolitico inferiore
8. Le industrie litiche del Paleolitico medio
9. Le industrie del Paleolitico superiore
10.Il Mesolitico
11.Il Neolitico. L’industria “Campignana”
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II. Storia delle ricerche e studi paleoetnologici in
Abruzzo
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1. Storia delle Ricerche e Studi sull’Industria
Paleolitica in Abruzzo
III.La morfologia del territorio Alto Sangrino
1. La geomorfologia del territorio Alto Sangrino e
zone limitrofe
2. I principali luoghi di rinvenimento del­
l’industria litica conservata nel Museo Civico
Aufidenate
IV.Le origini del Museo Civico Aufidenate di Castel
di Sangro
1. L’antico Convento della Maddalena
2. La Chiesa di Santa Maria Maddalena
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3. Il Chiostro
4. Sezione di Preistoria e Protostoria
5. La Sezione Romana, Medievale e Moderna
6. L’Orto Botanico
7. Il Museo della Pesca a Mosca
V. Lo studio tecno-tipologico sull’industria litica del
Museo Civico Aufidenate di Castel di Sangro
1. I risultati dello studio tecno-tipologico
dell’industria litica del Museo Aufidenate di
Castel di Sangro
2. Il Paleolitico inferiore: località di rinvenimento
e caratteristiche tecno-tipologiche dei materiali litici
3. Il Paleolitico Medio-Musteriano: località di
rinvenimento e caratteristiche tecno-tipologiche
dei materiali litici
3. Il Paleolitico Superiore: località di rinvenimento
e caratteristiche tecno-tipologiche dei materiali litici
4. Il Paleolitico Superiore-Mesolitico: località di
rinvenimento e caratteristiche tecno-tipologiche
dei materiali litici
5. Il Neolitico. Industria Campignana
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Considerazioni conclusive
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Bibliografia
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Appendice
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Tavole fotografiche
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Disegni tipologici
299
Cartine
303
Ringraziamenti
311
Sitografia
Il Museo Civico Aufidenate
di Castel di Sangro (AQ):
la sezione preistorica e lo studio
del materiale litico di raccolta
Prefazione
L’archeologia preistorica si qualifica come una branca che,
spesso per le difficoltà connesse con il recupero di evidenze
e ritrovamenti significativi, si avvolge di fascino e mistero e
che è soggetta a essere continuamente messa in discussione
dalle novità scientifiche, dalle ricerche in progress, dall’unicità
delle scoperte che entrano a far parte della ricostruzione del
nostro passato.
Studiare le tracce della presenza più antica dell’uomo in
un territorio permette di trovare le origini della frequentazione, dello sfruttamento e del popolamento di quello stesso
territorio e tali tracce, il più delle volte labili, sono affidate
ai prodotti della cultura materiale dell’uomo, quei prodotti
che hanno determinato lo sviluppo dell’intelligenza umana
e la sua capacità di soddisfare le proprie esigenze di vita e di
adattamento all’ambiente.
I prodotti dell’attività umana possono variare dagli oggetti più durevoli, realizzati in materiale non deperibile, come
la pietra, e facilmente recuperabile in natura, oltre che lavorabile, a quelle ottenute con materie prime più soggette
al deterioramento naturale, come i legni e le ossa ecc. Sono
proprio i manufatti in pietra i più antichi prodotti della cultura dell’uomo, che si datano a milioni di anni da oggi, con
tecniche e caratteristiche che si sono modificate nel tempo e
che sono l’indicatore più evidente dello sviluppo della cognizione umana. Sono anche gli oggetti più facilmente rintracciabili in un contesto territoriale, sia che si trovino sommersi
da depositi di terreno che li hanno conservati nel tempo, sia
che si trovino in superficie, portati alla luce da fenomeni naturali e/o antropici.
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Oggetto di studio di questa pubblicazione sono proprio i
reperti litici che, grazie all’impegno e alla dedizione di appassionati e amatori della storia locale e dell’archeologia, sono
stati raccolti negli anni nel territorio dell’Alto Sangro e che
sono stati poi accuratamente esposti nella sezione preistorica
del Museo Civico Aufidenate di Castel di Sangro, con una
dovizia di particolari che rendono merito del lavoro svolto e
della passione che se ne evince.
Questo lavoro fornisce un contributo importante, in quanto, oltre a rappresentare un approfondimento metodologico
e tecnico dello studio e della descrizione dei reperti litici,
al passo con i nuovi approcci tecno-tipologici sviluppatisi
negli ultimi anni per l’interpretazione degli stessi, si inserisce anche nel quadro della ricostruzione più generale delle
conoscenze preistoriche del territorio abruzzese. L’Abruzzo
preistorico è stato in passato oggetto di studio soprattutto da
parte del prof. A. Radmilli che negli anni ’50-’70 ha dato un
forte impulso alle ricerche nella parte interna dell’Abruzzo,
in siti pedemontani e in conche oltre che in depositi di grotta, abbracciando un periodo cronologico lungo, con testimonianze dirette a partire dal Paleolitico inferiore al Neolitico.
La zona dell’Alto Sangro, forse, risulta a tutt’oggi poco nota
e le testimonianze raccolte e contenute in questo museo ben
rappresentano un indicatore dell’estensione areale interessata dai ritrovamenti, con località che si diversificano anche
dal punto di vista geomorfologico e dell’arco di tempo in
cui queste stesse località (Valle Giumentina, Monte Pratello,
Località Pantaniello, Fonte della Guardia, solo per citarne
alcune) sono state abitate e sfruttate dall’uomo, in quanto
presentavano le caratteristiche ambientali ottimali per l’insediamento e la sopravvivenza umana. Sebbene i materiali
siano il risultato di raccolte di superficie, e non stratigraficamente contestualizzati, le informazioni ricavate dallo studio
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tecno-tipologico degli stessi ha permesso comunque di ricostruire un quadro generale sulla presenza umana preistorica
del territorio dell’Alto Sangro, della sua continuità abitativa,
che va altresì a integrare una lacuna informativa che riguarda
tutta la conoscenza della preistoria della Regione Abruzzo.
Prof.ssa Antonella Minelli
Università degli Studi del Molise
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I. Elementi di tecnologia
e tipologia litica
1. La Produzione Materiale e le Tecniche di
lavorazione delle materie prime
In un breve passo di Dante: “A che natura non scalda ferro mai, né batte ancude” si riassume il pensiero, già esposto
da alcuni filosofi dell’antichità, sull’originalità umana del
saper produrre cose che in natura non esistono. Le conoscenze scientifiche di oggi ci consentono di capire le cause di
tale peculiarità; in tutti gli esseri viventi il saper fare qualche
cosa dipende, in larga parte, dal loro programma genetico e
non può essere cambiato, quindi, senza che avvenga qualche
mutazione in tale patrimonio biologico. Ciò non va assolutamente confuso con l’intelligenza che permette a molti animali, nell’ambito dell’istinto ereditato, le scelte strategiche
per la sopravvivenza.
Alcuni mammiferi mostrano già la possibilità di rudimentali apprendimenti autonomi. L’uomo invece, pur mantenendo alcuni comportamenti istintivi, ha sempre avuto
una predisposizione genetica a comunicare attivamente con
l’ambiente fisico e sociale, a risolvere problemi, ad apprendere un linguaggio in grado di descrivere una situazione o
un procedimento, e di criticarli. Con il linguaggio oggettivo si sviluppa, a contatto con altri uomini, una mente
autocosciente che è in grado di avere sensazioni, esperienze, aspirazioni e decisioni soggettive ma anche di pensare
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e produrre progetti tecnici e di opere d’arte, e teorie sul
mondo: prodotti oggettivi della mente che, spesso realizzati fisicamente, diventano patrimonio della società umana.
Non a caso, forse con l’homo sapiens neandertalensis, si sono
avute le prime manifestazioni di culto dei morti, segno evidente di una precisa visione della vita. Fra i progetti tecnici
spiccano le produzioni di strumenti adatti a produrre altri
manufatti.
La tendenza alla manipolazione dei cibi e degli oggetti è
già molto evidente in alcuni mammiferi; molti utilizzano bastoni per rompere o per percuotere, e talvolta giungono a
modificarli per facilitarne l’uso immediato ma poi li abbandonano, e non ne conoscono la conservazione.
I lavori manuali fanno molto uso del controllo a vista,
abbonato al commento verbale, durante la fase di apprendimento; fino a quando le operazioni non diventino quasi
automatiche, trasformando cioè il “fare” in un preciso programma acquisito e memorizzato dal cervello. Tuttavia, in
molte produzioni le mani rappresentano dei limiti: la poca
resistenza al calore elevato e a certi agenti chimici; scarsa
durezza dei loro componenti esterni (le unghie hanno una
durezza superiore a pochi materiali naturali); ecc. È per
questo che l’uomo, dopo i primi esperimenti degli ominidi, ha iniziato a produrre utensili foggiati con materiali
duri, tenaci, pesanti, appuntiti e taglienti. Essi costituivano dei veri e propri prolungamenti delle mani. I prodotti
dell’attività dell’uomo vengono tradizionalmente distinti
sulla base di materiali impiegati per fabbricarli e secondariamente sulla base del metodo di lavorazione. Si parla perciò di industria litica, di industria su materie dure animali,
di ceramica, di metalli e si suddivide la litica in industria
della pietra scheggiata e industria della pietra levigata. Già
nella prima metà del secolo scorso i tempi preistorici furo16
no suddivisi su tali basi: Età della Pietra (poi scissa in Età
della pietra scheggiata o Paleolitico, ed Età della pietra levigata o Neolitico), Età del rame, Età del bronzo. Gli insiemi
di manufatti possono essere considerati da due differenti
punti di vista: come espressione della tecnologia del gruppo
umano che li ha prodotti; e come oggetti che hanno avuto
un utilizzo e che pertanto sono espressione delle attività
svolte nel sito.
Tra i materiali largamente utilizzati dall’uomo troviamo la
pietra, che è una delle risorse naturali più diffuse sulla crosta
terrestre. Esse furono usate non solo per costruire edifici ma
anche per produrre oggetti mobili e strumenti di lavoro.
Con il termine “pietre” s’intendono tutte le rocce coerenti,
ovvero suscettibili di essere modellate mantenendo la forma
che gli viene conferita. Esse venivano scelte per alcune caratteristiche ben precise come la durezza all’incisone o all’abrasione, la tenacità alla percussione, la presenza di una maggiore
o minore sfaldabilità, la refrattarietà al calore.
Dure dovevano essere le pietre impiegate per produrre arnesi affilati atti a tagliare, incidere e raschiare altri materiali
più o meno resistenti; meno dure dovevano essere, invece, le
pietre usate per la foggiatura con forme dettagliate (sculture
e monili). Tenaci e dure dovevano essere le pietre destinate
a produrre strumenti in grado di percuotere altri materiali
resistenti. Grossi granuli duri sparsi devono essere contenuti
nelle pietre destinate alla macinazione delle granaglie.
Ciò che accomuna tra loro materie prime così differenti,
sono alcuni comportamenti uguali alla lavorazione:
La materia prima non viene mai trasformata chimicamente e fisicamente nella sua composizione e nella sua struttura
naturale;
Le lavorazioni consistono sempre nel dare una forma all’oggetto per asportazione di parte della materia.
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Le tecniche di tale lavorazione cambiano, tuttavia, a seconda dei generi e dei valori di resistenza della materia prima, e
della forma che si vuol ottenere. I cicli di lavorazione della
pietra hanno in comune una prima fase di coltivazione della
materia prima; si differenziano poi nei modi di “levare materia” per: scheggiatura; martellatura e levigatura; taglio; tornitura.
2. La scheggiatura
Le rocce utilizzate nel Paleolitico e nel Mesolitico sono
molto varie. Come già accennato, sono state ricercate rocce
di difficile frantumazione, rocce omogenee e di grana fine
(isotropa)1. In Europa la materia più sfruttata è stata la selce,
che si trova in varie formazioni calcaree sotto forma di noduli, di diverse dimensioni e forme, distribuiti in banchi o sotto
forma di straterelli lenticolari.
Assieme, o in alternativa, alla selce2 propriamente detta,
sono stati usati calcedonio, diaspro, calcare siliceo, quarzite
e ossidiana. Tutte queste rocce, se colpite da un percussore
o se soggette a una forte pressione in un punto, si fratturano lungo superfici concoidi, determinando il distacco di un
frammento con margini taglienti. In Africa e in Asia sono
stati largamente utilizzati anche altri materiali.
Le proprietà di una roccia isotropa sono identiche in tutte le direzioni.
La selce è una roccia silicea di origine biogenetica che deriva dalla
dissoluzione di gusci di protozoi (radiolari) o protofiti (diatomee)
marini, spicole di spugna e altri organismi unicellulari dal guscio
silice. Solitamente forma listo o noduli di diverso colore, dal rosso
vivo al nero.
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Selce3Ossidiana4
Il materiale litico, anche della medesima provenienza, può
essere stato raccolto in situazioni diverse, riconoscibili attraverso l’esame delle superfici esterne dei blocchi, parzialmente conservate nei nuclei dopo il loro sfruttamento. Noduli e
staterelli lenticolari di selce estratti dal calcare presentano un
cortice5 calcareo di aspetto fresco, che viene eroso dal trasporto idrico o alterato nel terreno; blocchi di selce provenienti
da suoli o da terreni residuali presentano un aspetto superficiale (patina)6 che ne consente il riconoscimento; nei noduli
e nei blocchi soggetti a intenso trasporto idrico o spiaggiati il
cortice e talora anche una certa quantità di selce è stata asportata dall’azione meccanica, cosicché la superficie del ciottolo
presenta delle picchiettature caratteristiche. Le strategie mes Vedi nota precedente.
L’ossidiana è un vetro vulcanico la cui formazione è dovuta al rapido raffreddamento della lava; utilizzata per fabbricare collane preziose e
punte di armi.
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Il cortice è parte integrante della materia prima nella sua forma naturale, prima di ogni azione di scheggiatura.
La sua presenza, o assenza, su di una scheggia fornisce delle informazioni
importanti sulla gestione e sull’origine della materia prima.
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La patina rappresenta un’alterazione di una superficie scheggiata (o
utilizzata) intenzionalmente. Dovuta a delle alterazioni chimiche o fisiche, consiste in una modificazione della superficie senza pertanto cambiarne la morfologia (es. cambio di colore).
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