Di Mina Laterza
Le grotte di Famosa
biografia
Attività finalizzata alla fruizione del patrimonio
storico-ambientale e naturalistico dei siti rupestri
Il parco a tema le grotte di Famosa nasce nel 2000 da un’idea di Mina Laterza, una
giovane ragazza con il pallino della speleologia e del recupero degli habitat naturali.
Ma cos’è vi chiederete? Si tratta di un posto non distante da Taranto che sembra invece
lontano, lontanissimo, non solo per l’era che rievoca ma soprattutto perché avulso dai
nostri abituali contesti.
Si tratta di una gravina sita nella zona di Massafra, un sito
non troppo lontano dalla “sorella maggiore della Madonna della Scala.
Questo sito bellissimo e suggestivo, era sempre sembrato troppo grande all’ intraprendente
donna del sud!, ma che ci doveva fare di tutto questo spazio verde, degradante verso valle,
ricco di macchia mediterranea con specie botaniche rare, il tutto permeato da antichi segni
della presenza umana,uno spettacolo grandioso vecchio di migliaia di anni?
Per Mina tutto questo non poteva rimanere solo suo, aveva bisogno di condividerlo con
altri. Ecco perché ha iniziato a studiare proprio speleologia, ad informarsi, a ripulire tutto,
e classificare le specie…e poi con l’aiuto dell’ architetto , degli amici e di alcuni
importanti supporter , gli hanno permesso di indirizzare questa sua bella idea verso
un’attività concreta finalizzata alla fruizione del patrimonio, storco, ambientale e
naturalistico dei siti rupestri.
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Dov’è Colombata Famosa
un po’ di storia…..
La Gravina di Colombata Famosa deve il suo nome alla Masseria di Colombato Grande,
da qui proviene un’ antica iscrizione latiana, e alla terra di Famosa, dove s i sviluppò il
piccolo insediamento rupestre di cui fa parte la chiesa di San Simeone, a due absidi ed aula
unica.
La Gravina di Colombata Famosa, situata, a circa 5 km da Massafra e 2 Km dal Monte
Sant’Elia, rappresenta un imponente fenomeno geologico; snodandosi per 12 km,
raggiunge una profondità di circa 70 metri. Sul fianco occidentale è arricchita da ben 12
terrazzamenti naturali, determinati dal corso del paleo fiume. Un riparo sottoroccia e due
ipogei neolitici testimoniano la frequentazione umana tra Colombato e Famosa sin dalla
Preistoria. Ulteriori ritrovamenti di reperti classici di epoca greca e romana, passati al
mercato clandestino, arricchiscono la sua collocazione storica.
Un viaggio a ritroso nel tempo
Quello che vi proponiamo è un viaggio
a ritroso nel tempo alla scoperta di un
mondo perduto, che ancora affascina
grandi e bambini. Il parco dei dinosauri
si presenta con la ricostruzione di oltre
23 animali preistorici in scala naturale.
Tra i più interessanti troviamo il
Tirannosauro,il
Triceratopo,
Brontosauro,il
lo
Stegosauro,
il
Plesiosauro, e l’Anatosauro. Queste
riproduzioni, scientificamente ricostruite a grandezza naturale, riportano a ben 430 milioni
di anni fa.
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A completare il percorso, le indicazioni botaniche che caratterizzano l’area verde del
parco.
Sono
state
altresì
realizzate
ricostruzioni in grandezza naturale della
vita
primitiva
degli
uomini
che
popolavano le caverne e della fauna.
Una serie di cartelli illustra le principali
caratteristiche dei soggetti riprodotti.
Sono presenti anfibi, rettili arcaic i,
rettili
aerei,
dinosauri,
mammiferi,
uccelli e uomini.
Una
panoramica
attraverso
la
quale
straordinaria
è
possibile
ripercorrere l’evoluzione degli animali,
le comparse e le estinzioni, gli avvenimenti geologici ed antropologici. Infine, s i può
visitare la mostra “Fossili, alle origini della vita”, con oltre cinquecento reperti autentici,
che costituisce il museo del Parco.
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DESCRIZIONE DEL PROGETTO
Le grotte di Famosa, mettono a disposizione una struttura in grado di ospitare scolaresche
e comitive finalizzata alla conoscenza e valorizzazione del patrimonio storico-ambientale
del nostro territorio.
L’itinerario comprende visite alla “ Grotta dei dinosauri” questi ultimi riprodotti in
cartapesta, e alle grotte naturali ed artificiali della gravina di Colombaia, con ricostruzione
della vita preistorica , in particolare dal Giurassico al medioevo.
Interessante è anche il percorso botanico ( con numerose specie) posizionato nel contesto
delle gravina.
Durante la vis ita con guida speleologica verranno offerte informazioni sui dinosauri, sulle
specie botaniche, sulla geologia, sulla speleologia e sulla civiltà rupestre.
Si effettuano inoltre cicli di lezioni teorico-pratiche sulla speleogenesi carsica e tecnica
speleologica, che si tengono nell’insediamento rupestre.
L’ iniziativa vede la collaborazione dell’associazione gruppo speleo Statte.
Il progetto è stato inserita nella guida nazionale turistica e nel turismo scolastico regionale
scolastico per la sua innovazione, e riveste una notevole importanza dal punto di vista
didattico, è un’esperienza diretta con il mondo delle gravine.
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Com’è organizzato il parco
Il Parco Preistorico rupestre delle grotte di Famosa, allestito nella gravina di Colombata
Famosa di Massafra (TA), offre ai vis itatori e in particolare alle scolaresche, una struttura
all’interno della quale sono previste diverse attività fra le quali.
- visita alla “Grotta dei dinosauri”, grotta
carsica che risale al Cretaceo (epoca dei
dinosauri) con la presenza di zone
calcarenitiche e numerosi addensamenti di
conchiglie fossili.
Al suo interno sono stati riprodotti rettili
preistorici
in
cartapesta
(arte
tipica
di
lavorazione del Carnevale Massafrese) nelle loro
dimensioni naturali;
- informazioni sui dinosauri, sui reperti
fossili, sulla flora e sulla fauna del posto,
nonché sulle varie tecniche di lavorazione
della cartapesta;
- ricostruzione
grotta
di
spaccato
di
in
uno
vita
preistorica.
Le
riproduzioni
degli
animali del Parco sono
state affidate ai Maestri
Cartapestai di Massafra,
che hanno ben interpretato,
con la loro esperienza,
l’epoca
più
suggestiva
della storia.
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Alcuni articoli di giornale…….
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Le Gravine
Il territorio di Massafra si caratterizza per la presenza di formazioni carsiche conosciute
col nome di “gravine”. Si tratta di profondi solchi che incidono, prevalentemente in
direzione Nord-Sud, le rocce calcaree delle Murge. Originates i tra il Pliocene e il
Pleistocene, le gravine furono per l’uomo preistorico un rifugio naturale. Esse conservano
un patrimonio ingente di flora e fauna. La vegetazione che le caratterizza è tipica della
“macchia mediterranea” con delle varianti tendenti verso il bosco oppure verso la gariga, a
seconda delle condizioni edafiche, orografiche e micro-climatiche; spesso si incontrano
piante rare, erbe officinali ed orchidee selvatiche. Le specie animali comprendono
fondamentalmente piccoli roditori e carnivori, volatili ed un numero cospicuo di
invertebrati. Ma l’unicità delle gravine è rappresentata dal conservarsi dei villaggi rupestri,
ovvero quell’insieme di grotte che, in epoca medievale, furono scavate dall’uomo nella
roccia, per farne abitazioni, rifugi e luoghi di preghiera. Da annoverare la Gravina
Madonna della Scala, con un esempio superbo di villaggio rupestre, la Gravina S. Marco,
che attraversa l’intero abitato, e la Gravina di Monte Sant’Elia, la più lunga del territorio.
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La gravina di famosa
La Gravina di Colombata Famosa è situata a circa 5 km a nord di Massafra e a circa 2 km
dal Monte Sant’ Elia.
Questo imponente fenomeno geologico (è lunga circa 12 km, profonda sino a 70 metri, e
presenta sul fianco occidentale, fino a 12 terrazzamenti naturali determinati dal corso del
paleofiume) è stata poco o nulla abitata, almeno nelle epoche storiche.
Tuttavia, la presenza umana è testimoniata con continuità nei canali minori che, in numero
di sei, vi afferiscono e nelle zone contigue.
Dalla masseria di Colombato Grande proviene un’iscrizione Latina recuperata nel 1962
in condizioni di difficile leggibilità, per aver fatto parte per tempo incalcolabile del
selciato dell’aia della masseria stessa, e poco più a nord, in regione Famosa, è il piccolo
insediamento rupestre di cui fa parte la chiesa di San Simeone, a due absidi e ed aula unica
come il Sant’Andrea di Matera ed il Santu Pedru di Alghero completamente coperta di
affreschi, prima di subire una serie di spoliazioni vandaliche.
Ma tra Colombato e Famosa la frequentazione umana è attestata sin dalla Preistoria: si
tratta di un riparo sotto roccia e di due ipogei eneolitici; vi fù certamente – ed intesa – in
epoca classica, ben oltre quanto si potrebbe credere sulla base delle informazioni edite che
parlano quas i esclusivamente di reperti di età Romana, mentre si sa di reperti vascolari di
epoca Greca passati al mercato clandestino.
Se ci si sposta brevemente ad est, rispetto a Famosa, e si torna alle prime propaggini della
Gravina di Colombato, a Citignano (si noti che il toponimo è un prediale latino), abbiamoa partire dal 1883 – tutta una serie di informazioni riguardanti, in particolare, i secoli
A.C., ma anche l’età Romana.
Chi attraverso Varcaturo (toponimo trasparente da riferirsi a viabilità certamente antica),
scenda verso Sud-Est e raggiunga i dirupati canali di Pantaleo, vi trova il complesso
rupestre di San Simine, importante per la storia dell’architettura bizantina nell’Italia
Meridionale, perché uno dei pochi che presenta una chiesa con iconostasi completa.
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Schede geologiche
L’uso del territorio, le rocce, i minerali, hanno sempre rivestito per l’uomo un interesse
primario, fin dagli albori dell’umanità.
Spesso si usano i termini “minerale” e “roccia” come sinonimi: ciò non è corretto in
quanto i minerali sono sostanze inorganiche, formate da elementi chimici a loro volta
scomponibili in altre sostanze, le rocce, invece, sono composte da minerali diversi.
Il nome assegnato ad ogni tipo di roccia dipende poi dal rapporto percentuale dei minerali
che la compongono, mentre non si fa distinzione esplicita tra terreni compatti e sciolti.
L’origine delle rocce può essere organica (zoogenica o fitogenica), inorganica (eolica,
idrica, ignea) oppure mista.
Come è noto, nell’ambito della Geologia, è la Litologia la disciplina che si occupa dello
studio e della classificazione delle rocce; si distinguono in tre gruppi principali di rocce
ignee, sedimentarie e metamorfiche.
In particolare, nella quasi totalità del territorio della Puglia (con l’eccezione delle rocce
della Punta delle Pietre Nere al Gargano) troviamo una grande varietà di rocce
sedimentare.
Queste si presentano stratificate o con depositi ventricolari, derivanti dal disfacimento di
altre rocce di origine chimica o organogena. Ad esempio, queste caratteristiche, nel
territorio di Massafra, sono immediatamente visibili al vis itatore non distratto che percorre
il sentiero del fondovalle delle nostre gravine.
Origini e geomorfologia
La litificazione dei sedimenti accumulatisi durante il Mesozoico (ca. 65 milioni di anni fa)
ha formato un grande corpo carbonitico di rilevante spessore che si è conclusa con la
definitiva emersione di quella che è la piattaforma carbonitica Apulo-garganica.
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La piattaforma costituita da calcare compatto “ Calcare di Altamura” è emersa in una fase
di regressione marina, questo imponente corpo geologico mesozoico affiorava da solo su
un’area di gran lunga più vasta di quella appartenente alla sola Puglia.
Nel passaggio dell’era Mesozoica al Cenozoico la piattaforma carbonitica dopo aver
subito un parziale sbloccamento per faglie ad una prima suddivis ione in grossi blocchi,
diede inizio ad una evoluzione differenziata su tutta la sua superficie.
L’attuale Murgia, costituente uno dei blocchi, rimase costantemente emersa durante l’era
Cenozoica mentre, per contro, gli altri blocchi carbonitici (corrispondenti al promotorio
del Gargano ed alla penisola salentina ) subirono ripetuti fenomeni tettonici accompagnati
da ingressioni marine e regressioni .
Queste ingressiooni
marine giunsero a sommergere gran parte dell’attuale Puglia,
concludendosi con la più vasta verificatasi circa sette milioni di anni fa, portando la
regione all’assetto geografico oggi conosciuto.
La successiva stratificazione delle rocce ha portato infine a distinguere, partendo dagli
strati più profondi:
calcari dolomitici del Giurassico-Cretacico;
a) calcari dolomitici detrito-organogeni del Paleocene (trasgressivi sul Mesozoico);
b) calcareniti organogene del Miocene (trasgressive sul Mesozoico)
c) depositi essenzialmente calcarenitico-sabbiosi ed argillosi ( Pleistocene );
d) depositi essenzialmente sabbiosi e calcarenitic i (post-calabriani).
Questi tipi stratigrafici sono individuabili per effetto di uno sprofondamento
a gradinata; in particolare, nel territorio di Massafra si rilevano:
- a nord l’altopiano delle Murge (calcare compatto del Cretacico, a quote tipiche di 450
metri s.l.m.) con morfologia tipicamente carsica con dolline e valli morte, che raccolgono
le acque meteoriche sul fono valle formando in alcuni casi laghetti o deflussi temporanei;
- a sud e a valle dell’altopiano murgiano si colloca la scarpata Murgiana costituita in parte
da calcari di Altamura ed in parte da depositi sabbiosi di origine quaternaria, presentante
una serie di gradini morfologici paralleli alla linea della costa con quote variabili;
- infine bagnata dal mare Jonio, si presenta una piana costiera costituita da materiale
detritico e limoso.
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Nella Scarpata Murgiana sono altresì visibili una serie di solchi erosivi sedi di corsi
d’acqua temporanei o permanenti, paralleli tra loro e collocati in maniera ortogonale alla
costa.
In dipendenza della forma e delle dimensioni questi solchi assumono la denominazione di
“fossi” e di “gravine”.
Un fosso è una breve e stretta incisione che intacca quasi esclusivamente i cigli di Scarpata
e, in qualche caso, fino alla spianata sottostante.
Le gravine, invece corrispondono a solchi profondamente incisi con pareti sub-verticali e
versanti ravvicinati; il profilo di fondo è piuttosto irregolare, a tratti pianeggiante e in altri
casi irregolare; il fondo di una gravina può presentare apporti di terra rossa nei tratti
pianeggianti e accumuli di materiale roccioso nei tratti più irregolari .
Le gravine prendono origine dal ciglio dell’altopiano delle Murge tuttavia non tutte si
sviluppano in uguale lunghezza.
Nel territorio comunale di Massafra la gravina di Monte Sant’Elia- Colombato si sviluppa
coprendo radicalmente l’intera Scarpata Murgiana; le altre Gravine, quali, ad esempio
quella della Madonna della Scala, ha lo stesso ciglio ma si interrompono prima di giungere
ai piedi della Scarpata Murgiana.
Sulla piana costiera, infine, si rilevano le “lame” che rappresentano i naturali depositi
conglomeratici e sabbios i a valle delle Gravine, depositi abbandonati in parte dalle
regressioni marine e in parte da materiali trasportati dall’azione dei corsi d’acqua;
naturalmente all’epoca della formazione del sistema delle Gravine, le condizioni ambientali
erano profondamente diverse da quelle attuali e non deve sorprendere la particolare
morfologia con cui si presenta il nostro territorio, a fronte della scarsa consistenza
idrografica.
Addensamento di conchiglie fossili nella calcarenite
I reperti fossili sono elementi preziosissimi per lo studio delle rocce e per la ricostruzione
delle ere passate.
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Il processo che cambia i resti di un animale o di un vegetale in un fossile è molto lungo ma
abbastanza semplice da esemplificare.
Prendiamo ad esempio un animale che muore in una palude o in una zona acquitrinosa,
invece di decomporsi la carcassa, o il guscio in questo caso, sprofonda nel fango e là
rimane per milioni di anni, mentre in superficie tutto si trasforma: la palude s i prosciuga e
strati di terriccio, sabbia e altri detriti si depositano uno sull'
altro comprimendosi.
Gradualmente sabbia e fango si trasformano in roccia le cui sostanze chimiche
mineralizzano le parti dure (ossa, denti, guscio).
In migliaia di anni l'
animale è diventato un fossile, ma la stessa cosa poteva accadere nelle
medesime condizioni alle parti dure di una pianta (semi), e ai resti di un uomo e persino
alle orme lasciate su un terreno molle.
I dinosauri
Il Paleontologo ‘ Richard Owen’ definì questi rettili Dinosauri, questo nome deriva dalle
due parole Greche ‘ Denois e Saurus’ che significano terribile lucertola.
I dinosauri comparvero sulla Terra 225 milioni di anni fà alla fine del Triassico, quando il
nostro continente era formato da un’ unico continente chiamato Pangea, e si estinsero alla
fine del Cretaceo.
Nel Triassico questi animali potevano migrare da una zona all’altra.
Molte sono le teorie di estinzione dei Dinosauri ; dal clima alla caduta di asteroidi sulla
terra.
I dinosauri potevano essere bipedi o quadrupedi, erbivori, Carnivori oppure onnivori, cioè
che non facevano distinzione tra il c ibo. Essi respiravano dai polmoni, deponevano fino a
30 uova di forma allungata in buche di terra di 2 metri di larghezza da cui nascevano i
piccoli.
I dinosauri furono classificati in base alla struttura del bacino in due gruppi: Saurischi ed
Ornitischi.
I Saurischi avevano il bac ino simile a quello delle lucertole, ed appartenevano le forme
carnivore, erano bipedi.
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Gli Ornitischi invece avevano il bacino di uccello ed erano tutti erbivori.
Gli insediamenti rupestri
A noi tutti è stato insegnato sin dell'
infanzia che " l'
uomo primitivo" viveva nelle grotte...
Ebbene nelle gravine si può vedere quel che ci è stato detto: qui infatti il fenomeno carsico
e la natura delle rocce, hanno creato nei tempi geologici le condizioni di riparo per l'
uomo,
appunto le grotte.
Queste però sono state utilizzate non solo nella preistoria; infatti gli studios i hanno
evidenziato che il fenomeno del "vivere in grotta" nelle gravine è stato caratteristico anche
nel medioevo.
Per un certo periodo si è creduto che l'
origine di questi insediamenti fosse legata alla
colonizzazione dei monac i bizantini fuggiti all'
Oriente a seguito della lotta iconoclastica
promossa dall'imperatore Leone III L'
Isaurico nel 726 d.C. , il quale intendeva combattere,
per più ragioni, il culto e la diffusione delle immagini sacre.
Cosi i monaci fuggitivi s i sarebbero insediati in queste grotte dei "costoni tufacei"
dell'
Italia meridionale.
Oggi appare ridimensionata l'
idea dell'influenza monastica nell'
origine di questi
insediamenti e si riconosce il loro carattere "civile" e precedente alla presenza monastica.
Probabilmente il fenomeno degli insediamenti rupestri va collocato nel periodo della fine
dell'
impero Romano d'
Occidente e inquadrato nel generale clima di insicurezza reale e
psicologica di quei secoli: entrarono in crisi le strutture statali e quelle della città,
aumentarono le impos izioni dei popoli Barbari ed inoltre si accrebbero le incursioni dal
mare, per cui le popolazioni delle pianure costiere si rifuggiarono nelle gravine, pur
conservando abitudini della loro originaria civiltà urbana.
Può darsi che in seguito, nei secoli centrali del medioevo, la scelta di "vivere in grotta"
sarà dipesa anche da motivazioni economiche: probabilmente era più conveniente
asportare materiale, "scolpire l'
abitazione", piuttosto che realizzare costruzioni all'
aria
aperta.
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Questi luoghi hanno espresso infatti una cultura materiale, spirituale e artistica ancora oggi
visibilmente riconoscibile:<< vilaggi cinti da mura di fortificazioni o sbarramenti, serviti
da strade d'
accesso, attraversati da sentieri e scalette, con magazzini, impianti igienici,
sepolcretti organici con tombe familiari >>.
La vita spirituale e artistica delle chiese rupestri è rintracciabile negli affreschi (o ciò che
resta di essi) e nelle loro architetture che ricalcano per molti versi le forme di quelle all'
aria
aperta.
Proprio la fioritura artistica è l'
elemento che meglio evidenzia, rimarca e sottolinea gli
scambi culturali ed i collegamenti tra queste comunità e il più ampio panorama storico
Pugliese del medioevo: dal periodo in cui la nostra regione gravitava nell'
orbita politica
bizantina al successivo periodo di dominio Normanno, per giungere poi a quello Svevo e
Angioino( XV sec.), nel quale si assiste ad Un declino quasi generale dei villaggi rupestri
a causa di molti fattori interagenti, non ultimi le conseguenze della crisi economica e
demografica della metà del ' 300 e le varie riforme dell'
organizzazione fondiaria
Aragonese.
Le case- grotte
La storia delle gravine è leggibile inoltre nelle abitazioni, le case-grotte: il periodo
preistorico si riconosce nelle cavità naturali poco o per nulla modificate dall'
intervento
dell'
uomo; l'
età medioevale presenta invece grotte modificate e adattate dall'
uomo oppure
interamente scavate per propri usi specifici.
In origine queste abitazioni sono formate da un ambiente polivalente, in seguito da più
ambienti, come le case a pianta quadrangolare articolate in più vani tra loro comunicanti.
Spesso nel prospetto di abitazioni basso medioevali si può vedere l'
ingresso della grotta
modellato in muratura.
All'
interno della casa-grotta si ricavano, nelle pareti, nicchie per ripostigli ed anche alcove
per letti, piccole cavità porta lucerne, buchi per cavicchi ed incassi per strutture lignee.
Sul soffitto o sopra la porta d'
ingresso si creavano aperture per l'
areazione e per la luce del
giorno.
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Inoltre si escavavano cisterne e contenitori o piccole conche sotto il pavimento.
Diverse abitazioni erano affiancate da stalle, magazzini per derrate ed attrezzi oppure da
recinti per il bestiame o per colture di ortaggi.
L'
aspetto generale dell'
insediamento visto dall'
alto si mostrava, grazie alla più ricca
presenza boschiva dell'
epoca, meglio nascosto di oggi e risultava essere un luogo
inaccessibile per chi non conoscesse i ripidi e tortuosi sentieri fiancheggiati da strapiombi.
La lavorazione della cartapesta
Questi rettili sono stati riprodotti in cartapesta, (arte tipica del carnevale Massafrese) nelle
loro dimensioni naturali. In questo breve testo verranno fornite informazioni sul processo
della lavorazione.
Si costruisce uno scheletro di ferro e si modella con un blocco di argilla una forma che
sarà poi quella definitiva, su questa forma si versa una colata di gesso liquido.
Una volta solidificato, il calco ottenuto ( il negativo) viene poi riempito da diversi strati di
giornali tagliati in piccole parti e fissati da colla di farina.
Dopo un idoneo asciugamento, si provvederà a rimuovere la cartapesta dal calco, e si
attuerà così la forma in positivo che verrà dipinta con colore ducotone.
La leggerezza dei manufatti ha permesso la crescita delle dimensioni dei carri allegorici.
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LA FLORA
Le gravine conservano le più interessanti presenze floristiche e faunistiche tipiche
dell’area mediterranea: lentisco, fillirea, acanto, terebinto, alterno, rosmarino, timo etc. Di
notevole importanza sono 5 specie paleogeiche, si tratta della campanula pugliese, del
raponzolo meridionale, della sabbia triloba, del salvione giallo e del fragno, che sono
presenti in Puglia grazie ai collegamenti avuti nel miocene con la penisola balcanica.
ALATERNO Rhamnus L.
Famiglia: RHAMNACEAE
Morfologia: Arbusto
perenne legnoso dioico,
fino a m. di altezza,
sempreverde privo di
spine.
Foglie
molto
differenti,
lunghe 1-6 cm, alterne, con
picciolo lungo 1-8 mm, da
lanceolate
ad
ovali,
appuntite o arrotondate,
con
distanziata
seghettatura
o
margine
intero;pagina superiore verde-scura con nervatura pronunciata, pagina inferiore verdechiara.
Infiorescenza a grappolo (marzo-aprile); fiori senza corolla, con calice gialliccio, per lo
più pentamero, che misura circa 4 mm. Frutti di circa 5 mm, dapprima rossi,in seguito
neri.
HABIT AT: Garighe, macchie, boschi; anche coltivato come arbusto ornamentale.
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AREALE: Bacino del mediterraneo, Canarie. FARMACOPEA:Nella medic ina popolare le
foglie le foglie e i frutti erano considerati purgativi ed emetici.ALTRI USI: Dai tronchetti
e dai rami si ricavava la carbonelle per il
riscaldamento domestico nei bracieri. Con i rami verdi si intrecciavano panieri e
canestri per gli usi agricoli .Foglie e fustI venivano utilizzati per ottenere unatintura gialloaranciata.
ACANTO
ACANTHUS MOLLIS L
Famiglia: ACANTHACEAE
Morfologia: Perenne erbacea, alta 4090 cm, robusta pianta con fusto
eretto,
semplice.
Foglie
basali
picciolate,con lamina oblunga, incisa,
lunghe fino a 60 cm, segmenti non
assottigliati alla base.
Fiori (aprile-agosto) in una densa
spiga
terminale
cilindrica,
con
brattee.
Corolla di circa 4 cm , bianca, con
venature purpuree, breve tubo e
labbro
inferiore
trilobato.
Calice
quadripartito, labbro superiore molto espanso, spesso soffuso di violetto, elevato sopra la
corolla e simulante il labbro di quest’ultima.
HABIT AT: Boschi radi, cespuglietti, ambienti rupestri.
AREALE: Mediterraneo occidentale e centrale, Canarie.
FARMACOPEA: Foglie, fiori e radici venivano considerati diuretici ed efficaci contro le
irritazioni viscerali, Stimola la digestione e per le sue proprietà emollienti e vulnerarie è
utile nelle scottature, punture, dermatosi. NOTA: Alla foglie di Acanto è ispirata la
classica decorazione dei capitelli corinzi.
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Ficus carica l.
Ha foglie palmate, fino a 20 cm, con 3-5 lobi,
margine dentato, pagina superiore ruvida,pagina
inferiore pelosa, base più o meno cuoriforme e
nervature molto evidenti, i fiori, poco appariscenti,
sono raccolti sulle pareti interne di un ricettacolo
carnoso
(sicono)
che
si
sviluppa
nella
infruttescenza edule nota come fico, il cui colore
può mutare dal giallo al bruno violetto, a seconda
della varietà coltivata.Il fico è coltivato nelle
regioni calde di tutto il mondo.
Le
infruttescenze
sono
utilizzate
a
scopo
terapeutico per le loro proprietà lassative, ed anche
nella cura delle infiammazioni del cavo orale.
L'
uso più frequente è da sempre quello alimentare; i fichi vengono consumati sia freschi
che secchi. Dopo essiccazione al sole su graticci, per diversi giorni, si conservano in ceste
di vimini, coperti da un panno di tela bianca.
GINEPRO ROSSO
Juniperus oxycedrus
Pianta arbustiva
o
piccolo
albero
sempreverde alto fino a 5 metri raramente
fino a 15 metri, con portamento variabile dal
prostrato all' arboreo; corteccia di colore
grigio-rossastro o bruno-rossastro nei rami
giovani, desquamante in linee longitudinali
ed ondulate nei bordi nei rami di 10 anni;
tronco eretto e ramificato fin dal basso; rami
inseriti sparsamente sul fusto, di colore bruno rossastro, con internodi di 3-10 mm; chioma
piramidale di colore verde vivo parzialmente aperta; il sistema radicale è molto sviluppato.
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Foglie di colore verde glauco, aghiformi, coriacee e pungenti, cerose, lunghe 15-25 mm,
patenti, con due strisce biancastre nella pagina superiore, prive di picciolo,verticillate a 3.
Fiori unisessuali rudimentali con ovuli inseriti su macrosporofilli, senza ovario né stimma
chiamati "coni" o "strobili"; specie dioica, quindi i coni dei due sessi sono portati da piante
separate; coni maschili giallo rossastri, terminali ai rametti prodotti nell'
anno in corso,
disposti in verticilli a tre all'
ascella delle foglie, di forma subsferica; coni femminili
verdastri, ascellari alle foglie con apice aperto derivante dalla fusione incompleta di 3
brattee fertili. I coni femminili essudano una caratteristica goccia micropilare, che serve
alla
cattura
del
polline.
Frutto : costituito da una pseudo-bacca (galbula), derivante dall'ingrossamento delle
brattee fertili del cono, inizialmente di colore giallo-verdastro, a maturità rosso-bruna e più
o meno pruinosa, di forma quasi sferica, con un diametro fino a 15 mm, contenente in
genere
tre
semi
forma
lanceolata,
a
sezione
grossolanamente
triangolare.
Dalla fioritura alla maturazione delle galbule passano circa due anni. Le galbule maturano
da
settembre-ottobre
in
poi
fino
a
gennaio.
Antes i: Febbraio÷aprile. -La dispersione del polline avviene da ottobre fino a febbraio, la
effettiva fecondazione degli ovuli avviene infatti parecchi mesi dopo, in piena estate.
Habitat: È una specie caratteristica della macchia mediterranea, colonizza ambienti ostili
quali le dune costiere (spingendosi fino a riva), coste rocciose, aree degradate dal livello
del mare fino a 400 metri di altitudine. Ha grande adattamento all'
aridità, all'incoerenza del
substrato, alla ridotta disponibilità di elementi nutritivi; tollera terreni dove arriva lo spray
marino.
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LENTISCO
Pistacia lentiscus L.
La pianta ha un portamento cespuglioso, raramente
arboreo, in genere fino a 3-4 metri d'
altezza. La chioma è
generalmente
densa
per
la
fitta
ramificazione,
glauchescente, di forma globosa. L'
intera pianta emana
un forte odore resinoso. La corteccia è grigio cinerina, il
legno
di
colore
roseo.
Le
foglie sono
alterne,
paripennate, composte da 6-10 foglioline ovato-ellittiche
a margine intero e apice ottuso. Il picciolo è appiattito e
alato. L'
intera foglia è glabra. Il lentisco è una specie
dioica, con fiori femminili e maschili separati su piante
differenti. In entrambi i sessi i fiori sono piccoli,
rossastri, raccolti in infiorescenze a pannocchia di forma cilindrica, portati all'
ascella delle
foglie dei rametti dell'
anno precedente.
Il frutto è una piccola drupa sferica o ovoidale, di 4-5 mm di diametro, di colore rosso,
tendente al nero nel corso della maturazione.
La fioritura ha luogo in primavera, da aprile a maggio. I frutti rossi sono ben visibili in
piena estate e in autunno e maturano in inverno.
Il lentisco è una specie diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo prevalentemente nelle
regioni costiere, in pianura e in bassa collina. In genere non si spinge oltre i 400-600 metri.
La zona fitoclimatica di vegetazione è il Lauretum.
23
CISTO ROSSO
Cistus incanus.
É un arbusto sempreverde alto da 30 cm ad 1
metro, che fiorisce da marzo a giugno con
fiori di colore rosa intenso e per questo
chiamato volgarmente rosola, mentre il suo
nome
specifico
si
riferisce
all’aspetto
biancastro delle foglie tomentose, ricoperte di
peluria.
Il nome Cistus sembra invece derivare dal
greco kistis che significa vescichetta, per indicare la particolare forma rigonfia dei frutti.
Cresce spontaneamente nelle macchie, nei prati aridi e nelle zone calcaree delle aree vicine
al mare del bacino mediterraneo: Italia, Spagna, Grecia, Turchia, Creta e Nord Africa.
Nel mondo antico la gommo-resina di Cisto è stata tra le prime sostanze impiegate come
aromatizzante nel mondo cosmetico; attualmente usato come fissativo e/o componente di
fragranze in lozioni e profumi e come antirughe in formulazioni anti-age.
Il laudano ottenuto dalla resina, è noto per l’effetto antisettico in grado di contrastare le
infezioni batteriche, ed è usata in cosmetici per pelli impure o infiammate mentre per uso
interno veniva usato già nell’antichità in s ituazioni di catarro e diarrea. Nell’area
mediterranea, nel Medio Oriente e nel Nord-Africa, questa pianta era anche molto
apprezzata sotto forma di the ed impiegata in situazioni di febbre, diarrea, fastidi sulla
pelle, reumatismi e altre problematiche legate all’infiammazione. Queste attività sono state
successivamente attribuite all’estratto acquoso di Cistus incanus, il cui contenuto in
polifenoli è tra i più elevati rispetto a qualsias i altra pianta.
La particolare composizione polifenolica, inoltre, lo differenzia e ne conferisce una
spiccata attività antiossidante, antibatterica, antivirale, immunomodulante, spasmolitica,
gastroprotettiva ed antinfiammatoria.
E’ in grado di modulare la risposta dell’organismo alle aggressioni esterne, infatti
contribuisce ad attenuare l’intensità, la severità e la durata media dei fastidi, con
particolare riguardo a quelli dell’apparato respiratorio, anche in s ituazioni di infezione
virale o batterica.
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L’azione
protettiva
nei
confronti
delle
aggressioni
esterne
e
la
funzione
immunomodulante, fanno del Cistus
incanus una pianta di elezione le cui preziose proprietà fitoterapiche, per i fastidi
tipicamente invernali, si affacciano solo ora nel panorama erboristico.
ROSMARINO
Rosmarinus officinalis
Il
rosmarino
appartiene
al
genere
Rosmarinus, famiglia delle Lamiaceae ed il
suo
nome
officinalis.
scientifico
Originario
è
dei
Rosmarinus
paesi
del
Mediterraneo si ritrova spontaneo lungo la
fascia costiera e fino a 1500 m s.l.m.
L'
etimologia del suo nome è abbastanza
controversa: secondo alcuni deriverebbe dal
latino "ros = rugiada" e "maris = mare" vale
a dire "rugiada del mare" secondo altri deriverebbe sempre dal latino ma da "rosa = rosa" e
"maris = mare" cioè "rosa del mare" secondo altri dal latino "rhus = arbusto" e "maris =
mare" cioè "arbusto di mare". In ogni modo, qualunque sia la sua origine, è sempre
strettamente legata al mare che lo ricordano anche i suoi delicati e deliziosi fiori colore del
mare. E'una pianta arbustiva, perenne con portamento cespuglioso che può raggiungere
un'
altezza di tre metri.
Il fusto del rosmarino all'
inizio è prostrato, poi eretto e molto ramificato con radici molto
profonde e tenacemente ancorate al terreno. Le foglie sono piccole, prive di picciolo, un
po'coriacee, di un bel colore verde scuro sulla pagina superiore e verde-argentate-bianche
in quella inferiore, strette, lineari e molto fitte sui rami e ricche di ghiandole oleifere. I
fiori sono riuniti in grappoli che crescono all'
ascella delle foglie, di colore azzurro-violetti
e presenti quasi tutto l'
anno. Sono ermafroditi e ad impollinazione entomofila soprattutto
da parte delle api che vanno ghiotte del loro nettare dal quale producono un miele
delizioso. Il rosmarino si vede spesso lungo i pendii, le strade, sugli argini in quanto,
avendo un apparato radicale molto profondo, aiuta a contenere il terreno. Nel genere
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Rosmarinus ritroviamo solo il Rosmarinus officinalis ma esistono numerose varietà che
si differenziano per la maggiore o minore aromaticità e per il portamento. Tra di essere
ricordiamo
il Rosmarinus
officinalis
prostratus molto
utilizzata
come
pianta
ornamentale perchè come dici il nome stesso ha un portamento prostrato.
FINOCCHIO SELVATICO
Foeniculum vulgare Miller
Descrizione: Il finocchio
selvatico
vulgare
della
Miller)
fa
parte
(Foeniculum
famiglia
delle
Umbelliferae. Il nome deriva dal latino foenum =
fieno, perché un tempo veniva impiegata come
foraggio. Il secondo termine sta a significare che la
pianta è abbastanza diffusa (vulgare= comune). E'una
Pianta erbacea perenne, aromatica, caratterizzata da un
rizoma biancastro e da densi cespi di foglie, che
compaiono in autunno inoltrato, di colore verde
brillante, 3-4 pennatosette con lamina interamente
divisa in numerose lacinie capillari. In estate, si
originano fusti eretti, alti fino a 1,5 m, ramificati, che
portano ombrelle di piccoli fiori gialli. I frutti sono acheni oblunghi, glabri, marcatamente
costoluti. Tutte le parti della pianta emanano un intenso odore, prodotto da alcuni olî
essenziali, quali anetolo, estragolo, carvolo, acido anisico, fenene, pinene, canfene e
limonene. E'diffuso in quals iasi clima. Ne esistono di molte specie, ma in medicina viene
ricercato il finocchio selvatico che cresce spontaneo nei terreni fertili e molto soleggiati.
Dove si trova: Predilige i luoghi soleggiati, incolti, secchi e ciottolosi; si trova però anche
nelle zone erbose, ai piedi dei muretti a secco e sui margini delle stradelle di campagna.
Nel lentinese e’ molto diffuso in tutto il territorio.
Quando Raccogliere: I frutti (erroneamente noti come “semi”).si raccolgono in estate,
generalmente da Agosto fino alla fine di Settembre. Nel caso s'
intenda utilizzare il fusto
della pianta esso va raccolto prima della fioritura in primavera, onde evitare che sia troppo
fibroso.
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CARRUBO
Ceratonia siliqua
Lungo le zone costiere, calde ed
assolate, di molti paes i del bacino
mediterraneo, ovunque sia presente la
macchia
mediterranea,
ammirare
il
caratteristica per
è
possibile
carrubo,
pianta
la sua singolare
bellezza ornamentale.
Il carrubo è un albero sempreverde dal
tronco spesso gigantesco e dalla folta chioma che riesce a raggiungere in alcuni esemplari
dimensioni maestose. E’ una specie molto longeva, anche se dalla crescita lenta, originaria
dei paesi del Mediterraneo orientale (Siria, As ia Minore) e si è diffusa per coltivazione
antichissima in tutto il bacino del Mediterraneo. Fu introdotto in Italia dai greci, ma furono
però gli arabi (che coltivavano e consumavano i suoi frutti dai tempi più remoti) che ne
intensificarono la coltivazione diffondendolo poi in Spagna e Marocco. Insieme
all’olivastro, al lentisco ed al terebinto già in epoca fenicia ricopriva con fitte foreste
sempreverdi le zone costiere e collinari dei paes i mediterranei; è una specie amante della
luce e del caldo e vive fino a 600 m. sopra al livello del mare in terreni rocciosi e calcarei.
Di queste grandi foreste, allo stato attuale è rimasto ben poco, ma il carrubo, in areali
circoscritti, è riuscito ad ambientarsi anche dove a causa della grande s iccità e delle alte
temperature estive, alcune specie della macchia mediterranea sono andate scomparendo.
Botanicamente
il
carrubo
appartiene
delle Leguminoseae (sottofamiglia Ceasalpinioideae)
e
alla
al
famiglia
genere Ceratonia che
comprende la sola specie Ceratonia siliqua. Il nome della specie deriva per metà dal
greco keràtion (=piccolo corno) e per metà dal latino siliqua (=baccello). E’ un grosso
albero alto sino a 15 m., anche se talvolta si presenta in forma di arbusto; la chioma, molto
folta ed espansa, è costituita da foglie composte di color verde scuro lucente e coriacee. I
fiori sono poco appariscenti, riuniti in infiorescenze racemose di odore sgradevole e
possono essere attaccati ai rami adulti o direttamente sul tronco. A questo proposito
27
occorre ricordare che il carrubo è una specie prevalentemente dioica e se nella forma
selvatica i fiori maschili e femminili s i ritrovano talvolta su uno stesso individuo, nelle
varietà coltivate s i producono soltanto fiori femminili, ecco perché è consigliabile mettere
a dimora piante dei due sessi. I frutti (legumi o baccelli detti lomenti) noti come carrube,
sono lunghi fino a 25 cm. e larghi 3,5 cm. nelle varietà coltivate e contengono all’interno
semi duri e lucenti. Gli arabi chiamavano i semi del carrubo ‘carati’ (‘khirat’), essi ne
avevano individuato la particolare caratteristica di avere sempre un peso costante (1/5 di
grammo), per questo li utilizzavano come unità di misura delle pietre preziose. Un albero
di carrubo adulto può produrre fino a 1.300 kg. di frutti maturi per stagione. Le carrube
assumono a maturità una colorazione marrone scuro ed hanno un sapore dolce ed
aromatico dovuto ad un contenuto in zuccheri che in alcune varietà può raggiungere circa
il 60%.
Il 70% circa della superficie coltivata a carrubo (almeno fino al 1975) si trova in Sicilia, la
restante parte è ripartita tra la Puglia, la Sardegna ed alcune zone della Campania. In Italia
si coltivano le varietà "carrubo mascolino" che dà frutti utilizzati solo per il foraggio degli
equini, ed il "carrubo femminello" (zuccherino o latino) con frutti utilizzabili nell’industria
agro-alimentare. Tra le tradizionali varietà siciliane degne di nota sono la ‘Latissima’ a
frutto grosso e la ‘Saccarata’ a frutto altamente zuccherino o ancora tra le varietà pugliesi
la ‘Piccialuce’, la ‘Amele’ e la ‘Sciovinesca’ tutte di elevata produzione ma con una
spiccata tendenza a produrre ad anni alterni.
La principale utilizzazione nel settore dell’industria alimentare è rappresentata dalla
produzione di alcool dalla distillazione della polpa di carrube. Importante e da non
sottovalutare, è l’impiego nell’alimentazione del bestiame e per la preparazione di un
surrogato del cacao; in passato le carrube erano utilizzate per l’alimentazione umana. In
campo farmaceutico si utilizzano le carrube come prodotti naturali per la cura di malattie
intestinali; sono lassative quando la polpa è fresca (verde), astringenti e antidiarroiche
quando sono secche (marrone) grazie all’elevato contenuto di tannini, pectine, lignina,
ecc.. Dai semi inoltre si produce una farina che per l’elevato potere addensante, legato al
contenuto di carrubina (polisaccaride), trova ampio impiego nell’industria alimentare e
soprattutto dolciaria. Dal legno rossiccio, buono da lavorare in ebanisteria, si estraggono
coloranti e polifenoli utilizzati nella concia delle pelli.
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LA FAUNA
La fauna è quella tipica degli ambienti mediterranei; la presenza di numerosi rapaci, sia
diurni che notturni, sta ad indicare le buone condizioni del biotipo. È facile vedere gheppi
e poiane in volo; frequenti, ma difficili da osservare sono civette e barbagianni.
Tra i rettili presenti nell’area, è da segnalare la presenza della tartaruga terrestre, del
colubro leopardiano, del cervone, del ramarro; fra gli anfibi, il rospo smeraldino e la
raganella verde.
Sono ben rappresentati anche i mammiferi, tra cui la volpe, la faina, lo donnola, il tasso e
la lepre.
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FARFALLE DIURNE DELLE GRAVINE
Melanargia arge
Descrizione: Questa bella e rara farfalla diurna
è un endemismo dell’Italia centro-meridionale,
in particolare del versante tirrenico e delle zone
interne, meno frequente sul quello adriatico. La
colorazione bianca, maggiore che in qualsiasi
altro ninfalide (la famiglia di appartenenza di
questo lepidottero) costituiscono un elemento
che ne permette il riconoscimento, inoltre sulle
ali anteriori è presente un ocello di colore azzurro cerchiato di nero (gli ocelli sono i i
disegni circolari presenti sulle ali). La specie è protetta dalla Direttiva europea Habitat ed è
minacciata dalle modificazioni degli ambienti naturali come gli incendi ed il pascolo
eccessivo, vive tra il livello del mare ed i 1.500 mt.s.l.m.
Maschio: colore bianco con sfumatura basale nerastra. Ali anteriori con una coppia di
macchie ocellari subapicali nere centrate di bluastro. Nervature e disegni trasversali neri
più spessi nelle aree costale, postdiscale e submarginale. Posteriori con alcune macchie
ocellari postdiscali nere centrate di bluastro, nervature e disegni trasversali neri che
interessano l’area submarginale.
Femmina: simile al maschio ma più grande e con i disegni neri meno estesi.
Rovescio: ali anteriori simili al dritto ma con disegni neri ridotti. Posteriori simili al dritto
ma con disegni nervulari neri completi e macchie ocellari di colore bruno chiaro centrate
di azzurro e contornate da una esile linea circolare nera.
Distribuzione: Italia centro meridionale.
Habitat: prati dal piano basale a quello montano, sino a circa 1200 metri s.l.m.
Generazioni annuali: una con sfarfallamento in maggio
Piante nutrici: Brachypodium ramosum, Brachypodium distachyon.
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Pandoriana Pandora
Per la sua eleganza e le notevoli dimensioni,
questa farfalla è uno degli incontri più
spettacolari che si possono fare con gli insetti
dell’Arcipelago Toscano. Le pagine superiori
della ali mostrano un’intensa spolveratura verde
che la distinguono daArgynnis paphia (la
successiva). A. pandora è comune sia all’Elba
che al Giglio; curiosamente in Toscana avviene il contrario, così, mentre A. paphia, è
comune e diffusa quasi ovunque, A. pandora è stata segnalata solo nella zona del Monte
Amiata e del Monte Cetona. La ragione di queste distribuzioni a scacchiera è ignota, ma è
possibile che le A. pandora dell’Elba e del Giglio facciano parte della stessa popolazione
che vive nell'
area Sardo-Corsa. La larva si nutre di viole.
Vola da maggio ai primi di ottobre in una sola generazione. E'piuttosto comune nell'
area
del santuario, soprattutto nella pineta e sui pratelli di crinale.
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Strymonidia spini
Caratteri distintivi: aa 15-19 mm. Sessi simili; maschio con piccola area androconiale
grigia sulle psaa.
Aspetto inconfondibile, se si presta attenzione alla macchia blu metallica nei pressi
dell'
angolo anale delle piap.
Biologia e habitat: margine dei boschi, cespuglieti e radure dal piano collinare a quello
montano sino a circa 1900 m s.l.m.
Una sola generazione annuale.
Distribuzione: presente in tutta Italia escluse le isole.
Nel bacino del Metauro sono stati rinvenuti alcuni individui nel luglio 1992 in una zona
con pascoli, cespuglieti e lembi boschivi del M. Tenetra (Gruppo del M. Catria) a 8001100 m di quota.
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Inachis io
La Vanessa io o Occhio
di pavone (Inachis
io Linnaeus, 1758) è una
ben nota e
colorata farfalla della fa
miglia Nymphalidae,
abitante delle zone
temperate dell'
Europa e
dell'Asia. È
l'
unica specie del genere
Inachis da alcuni autori considerato sinonimo di Nymphalis.
Il suo epiteto specifico fa riferimento a Io, sacerdotessa di Giunone dalla leggendaria
bellezza.
Ha una apertura alare sino a 60-70 mm.
La superficie dorsale delle ali è di colore rosso mattone con bordi tendente al brunastro.
Gli angoli sono ornati da quattro vistose macchie variopinte a forma di occhio. Queste
macchie, dette ocelli, hanno una funzione protettiva contro i predatori [1].
La superficie ventrale è invece di un colore bruno-nerastro che ne facilita il mimetismo
Questa farfalla sverna in letargo prima di deporre gruppi di oltre 500 uova alla volta, ad
inizio primavera. I bruchi nascono dopo circa una settimana e si nutrono
di ortiche e luppolo. Trascorrono gran parte del loro sviluppo in comunità numerose;
diventano solitari solo nell'
ultima fase di accrescimento, prima dell'incrisalidamento. Lo
sfarfallamento avviene tra giugno e luglio.
Gli esemplari adulti succhiano il nettare da una vasta varietà di piante fiorite
quali buddleja, salici, tarassaco, maggiorana selvatica, sambuco,canapa
acquatica e trifoglio; non disdegna la linfa degli alberi e la frutta marcia.
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CAVERNONE
Caratteristiche, spaleaus:
spelonca, ambiente di crollo, misura 71x30m,presenta nicchie preistoriche
il complesso del villaggio rupestre di Famosa s i apre in corrispondenza della caverna dei
dinosauri attraverso una scaletta incavata nella roccia e comprende più vani comunicanti.
Sugli ingressi muri a secco testimoniano l’utilizzo delle cavità per scopi agricoli_pastorali,
inoltre proseguendo sempre sul versante est liturgico troviamo, cucina, ministalla,
chiesetta rupestre , nascondigli, croci latine, cavità porta lucerne, forno a riverbero,
cisterna naturale con falda impermeabilizzata per la raccolta dell’acqua, casa grotta con
nicchie per strutture lignee, scalette incavate nella roccia per accedere al terreno
sovrastante.
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Parete rocciosa
Chiesetta rupestre
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Letto con alcova
Passaggio del terrazzamento
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Forno a riverbero
Ricostruzione ambiente adibito a focolare
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Casa grotta con nicchie per ripostigli e fori per strutture lignee
Veduta di una delle grotta con dettaglio delle pareti di formazione carsica
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