Gian Carlo Macchi IL DIALETTO ARZAGHESE DELLA BASSA BERGAMASCA fonologia ortografia morfologia sintassi Nota. La dicitura ***TESTO RIMOSSO*** presente in diverse pagine indica che è stato rimosso del testo che fa parte di paragrafi che iniziano o proseguono in pagine non pre­ senti in questa anteprima e che quindi risul­ terebbe incompleto. PREFAZIONE Questo testo tratta la grammatica dell'arzaghese, il dialetto parlato ad Arzago d'Adda, comune di quasi tremila abitanti situato nella bassa bergamasca, a ventotto chilometri da Bergamo. Province della Lombardia e comune di Arzago d'Adda L'arzaghese appartiene al lombardo orientale (la famiglia delle lingue lombarde parlate a est dell'Adda). Una sua possibile classificazione, basata sulla famiglia linguistica1 cui appartiene, è la seguente: indoeuropeo lingue italiche lingue romanze lingue romanze occidentali lingue galloiberiche lingue galloromanze lingue galloitaliche2 lombardo lombardo orientale bergamasco arzaghese2 1 2 Qui con famiglia linguistica si intende l'insieme delle lingue discendenti da una lingua comune, o protolingua. In questo caso la protolingua è l'in­ doeuropeo (o protoindoeuropeo). Cioè discendenti “da un latino, che in parte è stato influenzato da coloni di lingua materna gallica al tempo della conquista romana (II sec. a.C.), in Prefazione 3 FONOLOGIA E ORTOGRAFIA Nella prima parte di questo testo sono considerati i fonemi del dialetto arzaghese e le regole per trascriverli. Come molti dialetti, anche l'arzaghese non ha una tradizione scritta, dunque mancano regole ortografiche codificate per la sua trascrizione. Per altri dialetti lombardi, e in particolare per quelli bergamaschi, gli autori di testi scritti hanno adottato convenzioni diverse, spesso in con­ trasto fra loro: uso di segni diacritici o di gruppi di due lettere per rap­ presentare suoni estranei all'italiano, accenti acuti e gravi anche su vo­ cali che hanno una sola pronuncia, apostrofi usati un po' a casaccio e così via. Ho perciò cercato, nel definire le regole ortografiche riportate nei para­ grafi successivi, di renderle il più sistematiche possibile. Fonemi Il dialetto arzaghese condivide con l'italiano la maggior parte dei fone­ mi, cioè delle minime unità distintive della lingua.23 Alcuni tuttavia mancano, mentre ve ne sono altri che non appartengono all'italiano. Nelle tabelle riportate nel paragrafo successivo (“Alfabeto IPA”) sono distinti 30 fonemi, di cui 9 vocalici, 2 semivocalici24 e 19 consonantici. Con queste 30 unità fonematiche, e tenendo presente che i suoni voca­ lici possono essere pronunciati con almeno due lunghezze nettamente distinguibili25 (almeno dagli arzaghesi madrelingua), è possibile co­ struire tutte le parole del dialetto arzaghese. • Dei 9 fonemi vocalici, 7 corrispondono ai fonemi vocalici dell'ita­ liano. Dunque l'arzaghese ha 2 fonemi vocalici estranei all'italiano. • I 2 fonemi semivocalici corrispondono ai 2 fonemi semivocalici del­ 23 Cioè che permettono di attribuire un diverso significato a due parole per il resto uguali e che costituiscono, per questo motivo, una cosiddetta coppia minima. Questo avviene, ad esempio, con i fonemi consonantici iniziali (rappresentati con b e p) delle due parole italiane “belle” e “pelle”. 24 Il termine “semivocalico” in questo testo è usato come sinonimo di “semi­ consonantico”. Per dettagli v. “Dittonghi, trittonghi e iati” a pagina 29 e, in particolare, le note 72 e 77 a piè di pagina 30. (30 25 V. “Lunghezza delle vocali” a pag. 31. Fonemi 9 l'italiano. Dunque l'arzaghese non ha fonemi semivocalici estranei all'italiano. • I 19 fonemi consonantici corrispondono a 19 fonemi consonantici dell'italiano, che ne ha però altri 2 non presenti nel dialetto arzaghe­ se. Dunque l'arzaghese non ha fonemi consonantici estranei all'ita­ liano. Alfabeto IPA In italiano (come accade peraltro con altre lingue, come ad esempio lo spagnolo e il serbo-croato) la corrispondenza fra l'ortografia e la pro­ nuncia è così stretta che normalmente basta un dizionario che riporti la corretta grafia di una parola perché ci siano pochi dubbi sulla sua pro­ nuncia. I dubbi riguardano per lo più, nel caso di parlanti non toscani, la pronuncia standard della e (aperta o chiusa), della o (aperta o chiusa), della s (sorda o sonora) e della z (sorda o sonora). Per questo motivo i dizionari, quando la e e la o sono accentate (se non lo sono vanno pro­ nunciate chiuse)26 usano due diversi simboli per indicare l'accento, che così, oltre che valore tonico, ha anche valore fonico; pertanto scrivono é e ó per indicare il suono chiuso, è e ò per indicare quello aperto. Per la s e la z usano invece, di solito, simboli diversi: s e z per indicare il suono sordo e, ad esempio, š e ž (o altri simboli) per indicare quello so­ noro. Per indicare senza ambiguità la pronuncia sarebbe comunque opportu­ no usare l'alfabeto fonetico internazionale IPA.27 *** TESTO RIMOSSO *** 26 In italiano. Nel dialetto arzaghese la e può essere pronunciata aperta anche se su di essa non cade l'accento tonico. 27 L'alfabeto fonetico internazionale, noto come IPA (International Phonetic Alphabet) e promosso dall'International Phonetic Association, è una rac­ colta di simboli che consentono di rappresentare tutti i suoni delle lingue parlate. 10 Il dialetto arzaghese *** TESTO RIMOSSO *** Ortografia Per la scelta delle regole ortografiche ho tenuto conto del fatto che l'ar­ zaghese, come si è visto nel precedente paragrafo, condivide con l'i­ taliano la maggior parte dei fonemi. Scrittura dei fonemi vocalici Dei 9 fonemi vocalici del dialetto arzaghese, i 7 che corrispondono ai fonemi vocalici dell'italiano non pongono problemi e si scriveranno allo stesso modo.42 Rimangono i 2 fonemi vocalici43 estranei all'italia­ no: la u lombarda, la cui pronuncia corrisponde a quella della u nella parola francese nature (il simbolo IPA è /y/) e il fonema corrispondente 40 In italiano anche la lettera c e il digrafo ci possono rappresentare lo stesso fonema, ad esempio nelle parole cena e cielo. Nell'ortografia dell'arza­ ghese che ho adottato ho però eliminato questo caso usando la sola lettera c. Quindi, ad esempio, cel (cioè cielo) andrà scritto senza la i. Ho però in­ trodotto un altro caso, estraneo all'italiano: precisamente, come spiegato a pag. 19, il digrafo cc e la lettera c potranno rappresentare lo stesso fone­ ma. 41 V. la tabella 8 a pag. 24. Come precisato a pag. 21, alcuni autori di testi in dialetto usano il simbolo z, che quindi inseriscono nell'alfabeto, al posto del simbolo ş da me usato, per indicare uno dei due fonemi che in italiano sono rappresentati con la lettera s. Ho di proposito evitato questa scelta perché, comportando un deciso scostamento dall'alfabeto italiano, sarebbe stata fonte di confusione. 18 Il dialetto arzaghese a eu nella parola francese feu (il simbolo IPA è /ø/). Questi due fonemi saranno scritti rispettivamente coi simboli ü e ö.42 43 Scrittura dei fonemi semivocalici Poiché in italiano i fonemi semivocalici vengono scritti usando gli stes­ si simboli dei corrispondenti fonemi vocalici,44 si seguirà la stessa rego­ la per i due fonemi semivocalici presenti nel dialetto arzaghese. *** TESTO RIMOSSO *** 42 Le lettere e ed o potrebbero eventualmente porre problemi di pronuncia a chi, non essendo madrelingua arzaghese, dovesse leggere un testo scritto. In proposito v. il paragrafo “Accenti” a pag. 25. 43 V. la tabella 2 a pagina 12. 44 Ad esempio in italiano il simbolo u è usato sia per rappresentare un fone­ ma vocalico (simbolo IPA /u/) nella parola usignolo, sia un fonema semi­ vocalico (simbolo IPA /w/) nella parola uomo, mentre il simbolo i è usato sia per rappresentare un fonema vocalico (simbolo IPA /i/) nella parola vita, sia un fonema semivocalico (simbolo IPA /j/) nella parola dubbio. *** TESTO RIMOSSO *** Ortografia 19 *** TESTO RIMOSSO *** Apostrofi Elisione Per quanto riguarda gli apostrofi, saranno seguite le regole dell'italiano nel caso di elisione della vocale finale di una parola davanti ad un'altra parola che comincia per vocale. Esempio: al t'à dacc andré 'l leber? (ti ha restituito il libro?), anziché la forma, che nessuno userebbe, al ta à dacc andré 'l leber? Sincope L'apostrofo sarà anche usato, all'interno di una parola, per indicare la sincope, cioè caduta di una o più lettere che non vengono pronunciate per rendere più scorrevole la frase (ad esempio cen'mela al posto di centmela: centomila). Esempio: cen'mela reşù (centomila ragioni), anziché centmela reşù. Con parole in cui la sincope è la norma l'apostrofo si può omettere. Esempio: cendù bagài (centodue ragazzi), perché nessuno pronunce­ rebbe mai centdù. Troncamento Anche nel caso di troncamento, cioè della caduta di una o più lettere in finale di parola (che non vengono pronunciate per rendere più scorrevo­ le la frase), sarà usato l'apostrofo. 65 Eccezionalmente però la parola san per sant sarà scritta senza apostrofo, a imitazione di quanto avviene in italiano (con san per santo).66 Così pure la preposizione semplice con sarà scritta senza apostrofo, anche se probabilmente è un troncamento di cont, perché ormai quest'ultima forma sta cadendo in disuso. 65 Nel caso del troncamento la scrittura si discosta da quella dell'italiano, dove l'apostrofo di norma non viene usato, ed è stata adottata per omoge­ neità con quella usata quando cadono una o più lettere all'interno di una parola. 66 In arzaghese si usa però santo solo nella locuzione interiettiva santo cel! (santo cielo!). Ortografia 27 Esempi: quan' gh'era gna la lègna per sculdàs (quando non c'era nem­ meno la legna per scaldarsi), anziché quanta gh'era gna la lègna per sculdàs; la nòcc de San Giuàn (la notte di San Giovanni), anziché la nòcc de Sant Giuàn, so nacia al cinema con Gino (sono andata al cine­ ma con Gino), anziché so nacia al cinema cont Gino. Aferesi Infine l'apostrofo sarà usato per indicare l'aferesi, cioè la caduta di una o più lettere all'inizio di una parola. Nel caso però delle parole che ini­ ziano con la lettera v, in caso di aferesi l'apostrofo potrà essere omesso. Esempi: Peder 'l è nasìt ché67 (Pietro è nato qui), anziché la forma Pe­ der al è nasìt ché, che nessuno userebbe; arda che so mia sórt (guarda che non sono sordo) al posto di varda che so mia sórt. *** TESTO RIMOSSO *** 67 Però Lüsea l'è nasida ché (Lucia è nata qui), perché si tratta di elisione di la in Lüsea la è nasida ché. Tuttavia in 'l è amò sira (è ancora sera) si ha aferesi perché la frase è considerata impersonale (v. il paragrafo “Forme impersonali” a pag. 103). *** TESTO RIMOSSO *** 28 Il dialetto arzaghese *** TESTO RIMOSSO *** Divisione sillabica Per la divisione sillabica le regole sono le stesse dell'italiano, cui si può aggiungere che la consonante in fine di parola fa sempre parte della sil­ laba precedente. Esempi (la lineetta indica la divisione sillabica): u-lem (olmo), Ar-sàc (Arzago), stren-ga (stringa), òr-ghen (organo), a-qua (acqua), giö-sta (giusta), cia-mà (chiamare), sba-gliàt (sbagliato). In particolare si noti che i dittonghi e i trittonghi fanno parte di un'unica sillaba, mentre gli iati appartengono a due diverse sillabe. Esempi: ba-gài (figlio, bambino), ma-è-ster (maestro), fa-lì-a (favilla), pa-i-mènt (pavimento), guai (guai). *** TESTO RIMOSSO *** Ortografia 31 MORFOLOGIA Nella seconda parte di questo testo viene presa in considerazione la struttura delle parole del dialetto arzaghese, la loro classificazione in articoli, sostantivi, aggettivi, pronomi, preposizioni, avverbi, congiun­ zioni, interiezioni, verbi, e la loro declinazione e coniugazione. Articoli determinativi L'articolo determinativo, come in italiano, si premette al sostantivo quando la persona, animale o cosa designata dal sostantivo è nota a chi parla o ascolta. ARTICOLI DETERMINATIVI numero italiano arzaghese maschile femminile maschile femminile singolare il, lo, l' la, l' al, 'l la, l' plurale i, gli le i i Singolare maschile: al, 'l. • La forma al si usa davanti a parole che iniziano con consonante (al bagài de Gino – il figlio di Gino). • La forma aferetica 'l si usa obbligatoriamente davanti a parole che iniziano con vocale82 ('l albergo – l'albergo) e preferibilmente dopo parole che terminano con vocale (sunà 'l piano – suonare il piano). Singolare femminile: la, l'. • La forma la si usa davanti a consonante (la pulènta – la polenta) e davanti a parole la cui vocale iniziale è l'esito della caduta della let­ tera v (la aca – la vacca). • La forma elisa l' si usa obbligatoriamente davanti a parole che ini­ 82 La forma l' (anziché 'l) davanti a vocale, che pure si trova in diversi testi in dialetto bergamasco (diverso dall'arzaghese) non ha giustificazioni (se non quelle, piuttosto deboli, che si riscontra in opere dialettali, ad esempio [RUG01], o che riproduce l'ortografia dell'italiano), non esistendo in dia­ letto un articolo maschile lo che possa subire elisione. Articoli determinativi 33 ziano con vocale (l'arca – l'arca), salvo, come già detto al punto pre­ cedente, quelle in cui la vocale iniziale è l'esito della caduta della lettera v (la ègia – la vecchia). Plurale maschile e femminile: i. Esempi: i lümagòcc83 – le lumache, i lümaghe – le chiocciole. *** TESTO RIMOSSO *** 83 Lümagòt (plurale lümagòcc) è maschile. 34 Il dialetto arzaghese *** TESTO RIMOSSO *** Sostantivi Il sostantivo (o nome) è, come in italiano, l'elemento del discorso che da solo è in grado di esprimere un concetto. Nel dialetto arzaghese esistono quattro tipi di sostantivi: • nomi comuni (ca – cane, òm – uomo); • nomi propri (Giuàn – Giovanni, Milà – Milano); qui, e in tutto que­ sto testo, scritti con l'iniziale maiuscola sulla falsariga dell'italiano; • nomi astratti86 (belèsa – bellezza, curagio – coraggio); • nomi collettivi87 (gröp – gruppo, squadra – squadra); con questi nomi il verbo può essere usato al singolare (an gröp de arsaghés 'l è nacc a Roma – un gruppo di arzaghesi è andato a Roma) o, come accade anche in italiano, concordato “a senso”, cioè al plurale (an 85 Anzi ha soppiantato a tal punto la forma dei che si potrebbe addirittura usare la scrittura di, cioè senza indicare con l'apostrofo la caduta della e. 86 I nomi astratti sono pochi, perché il dialetto preferisce la concretezza. 87 I nomi collettivi sono pochi. 36 Il dialetto arzaghese gröp de arsaghés i è nacc a Roma – un gruppo di arzaghesi sono andati a Roma). Un sostantivo può avere la funzione di: • soggetto di un verbo (Maria l'è riàda – Maria è arrivata); • complemento predicativo del soggetto, con verbi copulativi (Mario 'l è 'n aucàt – Mario è un avvocato); • oggetto diretto di un verbo (ó 'est Lüìs – ho visto Luigi); • complemento predicativo dell'oggetto (èm catàt fò Peder cumè ca­ posquadra – abbiamo scelto Pietro come caposquadra) • complemento preceduto da preposizione: (g'ó 'mprestàt an leber a to surèla – ho prestato un libro a tua sorella; 'l ó crumpàt per te – l'ho comprato per te); • apposizione88 (la maestra Maria l'era prope braa – la maestra Maria era davvero brava). Genere dei sostantivi I sostantivi possono essere, come in italiano, di due generi: • maschile (bagài – ragazzo, balcù – balcone); • femminile (bagàia – ragazza, cardiga – sedia). In generale i sostantivi formano il femminile seguendo le stesse regole degli aggettivi (v. “Femminile degli aggettivi” a pag. 40). Come in ita­ liano esistono però eccezioni (ad esempio gal/galina – gallo/gallina). Curiosità. Il sostantivo Arsàc, cioè il nome del paese del cui dialetto si occupa questo testo, è maschile. Dagli arzaghesi è considerato maschile anche il suo corrispondente italiano, cioè Arzago.89 88 Avere cioè una funzione attributiva, come fosse un aggettivo. Per dettagli sulle apposizioni v. “Attributi e apposizioni” a pag. 140. 89 Di recente lo si trova talvolta usato come femminile in manifesti o pubbli­ cazioni, probabilmente sottintendendo “la città di”, come si fa in italiano (salvo rarissime eccezioni) coi nomi di città (anche se qualificare come città un paese di meno di tremila abitanti è forse un po' eccessivo). Gli ar­ zaghesi autoctoni userebbero in ogni caso il maschile, come prova la scherzosa canzoncina tradizionale che recita: “Arzago è bello, / è bello per tutti i cantoni, / aranci e bomboni / per tutta la città”. Sostantivi 37 Aggettivi L'aggettivo è la parte del discorso che specifica le caratteristiche o le proprietà di un sostantivo. Nel dialetto arzaghese esistono i seguenti tipi di aggettivi (fra parentesi alcuni esempi): • • • • • • • • qualificativi (gras – grasso, quadràt – quadrato); possessivi (me – mio, nòst – nostro); dimostrativi (chèl...ché – questo..., chèla...là – quella...); numerali (dudes – dodici, quart – quarto); interrogativi (che – che, quance – quanti); esclamativi (che – che, quanta – quanta); relativi (quant – quanto); indefiniti (nisöna – nessuna). Concordanza degli aggettivi Gli aggettivi non invariabili concordano in genere e numero col sostan­ tivo cui si riferiscono (òm gras – uomo grasso, bagàia grasa – bambina grassa, giuinòcc gras – giovanotti grassi, piante grase – piante grasse). Plurale degli aggettivi Le forme plurali si ottengono da quelle singolari con le stesse regole che seguono i sostantivi, indicate a pagina 38 e seguenti. *** TESTO RIMOSSO *** 40 Il dialetto arzaghese *** TESTO RIMOSSO *** Aggettivi indicanti colori Gli aggettivi che indicano colori appartengono alla categoria degli ag­ gettivi qualificativi. I principali sono biànc (bianco), giàlt (giallo), aràns (arancio), röşa (rosa), ros (rosso), vert (verde), celèst (celeste), blö (blu), viöla (viola), marù (marrone), nuaşèt (nocciola), gris (gri­ gio), nigher (nero). Come in italiano concordano in genere e numero col sostantivo che qualificano,102 tranne quelli che sono in realtà nomi, come ad esempio röşa (rosa: nome di un fiore) e viöla (viola: nome di un fiore), che sono invece invariabili. Esempi: ma piàs i vestìcc vercc (mi piacciono i vestiti verdi), i camìșe viöla i ma piàs mia (le camicie viola non mi piacciono). Tuttavia marù può anche concordare col nome. Esempio: i scarpe marù oppure i scarpe marune (le scarpe marrone). Gli aggettivi indicanti colori possono essere accompagnati da un agget­ tivo qualificativo o da un sostantivo, per indicare una particolare sfu­ matura. 102 Seguendo le regole per la formazione del plurale e del femminile degli ag­ gettivi già indicate a pag. 40 e seguenti. Aggettivi 47 Esempi: vert ciàr (verde chiaro), ros quadrèl (rosso mattone). Inoltre possono essere sostantivati o usati come locuzioni avverbiali. Esempi: al vert al ma piàs püsé del giàlt (il verde mi piace più del gial­ lo), iér sere estida de ros (ieri ero vestita di rosso). Aggettivi possessivi Gli aggettivi possessivi determinano o indicano a chi appartiene qual­ cosa. Come si può notare dalla tabella riassuntiva seguente, solo gli aggettivi di prima e seconda persona plurale hanno forme diverse per il maschile e il femminile; inoltre l'aggettivo di terza persona ha la stessa forma al singolare e al plurale. AGGETTIVI POSSESSIVI italiano singolare arzaghese plurale singolare plurale masch. femm. masch. femm. masch. femm. masch. femm. mio mia miei mie me me me me tuo tua tuoi tue tò tò tò tò suo sua suoi sue sò sò sò sò nostro nostra nostri nostre nòst nòsta nòs·cc nòste vostro vostra vostri vostre loro loro loro loro (v)òst (v)òsta (v)òs·cc (v)òste sò sò sò sò Esempi: la me muruşa l'è de Treì (la mia fidanzata è di Treviglio), i mes anduè i vòs·cc leber? (dove avete messo i vostri libri?), Mario 'l ma regalàt la sò biro (Mario mi ha regalato la sua biro). Nota. L'accento sulla o per indicare la pronuncia aperta in tò, sò, nòst, (v)òst ecc. può anche essere omesso (to, so, nost, (v)ost ecc.). 48 Il dialetto arzaghese Numeri ordinali Nel dialetto arzaghese non esistono tutte le forme per i numeri ordinali e quelle mancanti sono sostituite da espressioni del tipo chèl d'i (quello dei), chèla d'i (quella delle), chèl nömer (quello numero), chèla nömer (quella numero), seguite dal pronome numerale cardinale. Queste espressioni si usano spesso anche nei casi in cui l'aggettivo numerale ordinale esiste. Di seguito sono riportati, accanto all'usuale notazione in cifre arabe, i nomi dei soli numeri ordinali maschili (con l'eccezione di 9ª, che non ha maschile), poiché il femminile si forma seguendo le regole per il femminile degli aggettivi.112 I numeri mancanti, nel caso in cui non sia indicato esplicitamente che non sono usati, si formano sulla falsariga di numeri simili precedenti. Le sigle (fra parentesi quadre) m, f, nu, pu stanno rispettivamente per maschile, femminile, non usato/i, poco usa­ to/i. 1° prem 2° secónt 3° tèrs 4° quart 5° quint 6° sèst 7° sètem 8° utàf 9° [nu] 9ª nona [f] 10° decem [m pu] 11° ÷17° [nu] 18° deşdoteşem 19° [nu] 20° vinteşem 21° vintüneşem 22° vintidueşem 29° [nu] 30° trenteşem 40° quaranteşem 50° cinquanteşem 60° sesanteşem 70° setanteşem 80° utanteşem 90° nuanteşem 100° centeşem 101° … [nu] 200° düşenteşem 201° … [nu] 500° cincenteşem 501° … [nu] 1000° … [nu] 10000° … [nu] 100000° … [nu] 1000000° miliuneşem 1000001° … [nu] 2000000° … [nu] 1000000000° miliardeşem 1000000001° … [nu] 2000000000° … [nu] *** TESTO RIMOSSO *** 112 V. “Femminile degli aggettivi” a pag. 40. Aggettivi 53 Pronomi personali Pronomi personali soggetto A differenza dell'italiano, nel dialetto arzaghese i pronomi personali soggetto possono presentarsi come: • pronomi tonici, o forti; • pronomi atoni, o deboli, o particelle pronominali. I pronomi atoni sono proclitici.117 PRONOMI PERSONALI SOGGETTO italiano arzaghese tonico tonico atono (proclitico) io me ma te ta lü al tu egli-esso (lui) 118 ella-essa (lei) noi le noter la 119 ma voi (v)oter120 essi (loro) lur i esse (loro) lur i Si noti quanto segue: • Il pronome soggetto ma si usa solo nella coniugazione riflessiva dei verbi, che non sarà presa in considerazione in questo paragrafo.121 117 Si dice clitica una parola priva di un proprio accento tonico (quindi atona) che si appoggia per la pronuncia alla parola che la segue o che la precede. Nel primo caso è detta proclitica, nel secondo enclitica. 118 Ho inserito anche le forme “lui”, “lei” e “loro” che, pur essendo propria­ mente complementi, si usano normalmente anche come soggetti. 119 La forma arcaica nu non è più usata. 120 La forma arcaica (v)u non è più usata. 121 Per la sua trattazione v. “Forme riflessive” a pagina 98. Pronomi 59 • Nella coniugazione dei verbi, per la seconda persona singolare, tran­ ne che all'imperativo (v. punto seguente), e per la terza singolare e plurale non è possibile usare il solo pronome tonico, che va sempre usato insieme al pronome atono corrispondente. È invece possibile omettere il pronome tonico negli stessi casi in cui in italiano si può omettere il pronome personale soggetto. Esempi: te ta bìet tròp, oppure ta bìet tròp (tu bevi troppo). La for­ ma te bìet tròp è sbagliata. • All'imperativo, come in italiano, normalmente non si usa il pronome soggetto. È però possibile usare, per enfasi, il solo pronome tonico, e quindi alla seconda persona singolare va omessa la forma atona. Esempio: màngiala te la minestra (mangiala tu la minestra!). • Il pronome tonico è obbligatorio negli stessi casi in cui in italiano è obbligatorio il pronome personale, ed è obbligatoriamente accom­ pagnato dal pronome atono corrispondente, se esiste. Questa regola non è seguita solo in pochissimi casi particolari.122 Esempio: te ta prefereset al mar, me la muntagna (tu preferisci il mare, io la montagna). • Nei casi indicati al punto precedente, il pronome atono va usato an­ che quando il soggetto non è un pronome. Esempi: Mario 'l è brao (Mario è bravo). La forma Mario è brao è sbagliata. • Il pronome atono al subisce aferesi obbligatoriamente davanti a pa­ role che iniziano con vocale e preferibilmente dopo parole che ter­ minano con vocale.123 Esempi: 'l à mangiàt mal (ha mangiato male), Mario 'l ma par mia pö lü (Mario non mi sembra più lui). • Il pronome atono la subisce elisione obbligatoriamente davanti a pa­ role che iniziano con vocale, salvo i casi in cui la vocale iniziale è l'esito della caduta della lettera v. Esempio: Maria l'è nacia a Milà (Maria è andata a Milano), Piera 122 Per le eccezioni a questa regola v. “Pronomi personali complemento” a pag. 61. 123 V. anche “L'aferesi e la lettera v“ a pag. 28. 60 Il dialetto arzaghese la arda (=varda) tròp la televisiù (Piera guarda troppo la televisio­ ne). Si noti che le parole che possono normalmente perdere la v iniziale non la perdono mai quando seguono il pronome al. Esempi: Peder al varda la partida (Pietro guarda la partita), Mario 'l vöta semper i oter (Mario aiuta sempre gli altri). Le forme Peder 'l arda la partida e Mario 'l öta semper i oter sono sbagliate. • Il pronome atono va sempre posto prima del verbo, anche nei casi (gli stessi che in italiano) in cui il pronome tonico è posto dopo. Esempio: sé, ta se' stacc te! (sì, sei stato tu!). • Il pronome atono al (di terza persona singolare maschile) si usa an­ che coi verbi impersonali, coi quali però non è possibile usare il pro­ nome tonico.124 Esempio: al piüìa poc (pioveva poco). • I pronomi di terza persona (singolare e plurale) possono essere usati per indicare persone, animali o cose. Quando ci si riferisce a cose però normalmente vengono omessi. Esempio: la ma piàs mia (non mi piace); non le la ma piàs mia, rife­ rendosi, ad esempio, a una torta. *** TESTO RIMOSSO *** Pronomi 61 *** TESTO RIMOSSO *** Pronomi possessivi PRONOMI POSSESSIVI italiano singolare arzaghese plurale singolare plurale masch. femm. masch. femm. masch. femm. masch. femm. mio mia miei mie me me me me tuo tua tuoi tue tò tò tò tò suo sua suoi sue sò sò sò sò nostro nostra nostri nostre nòst nòsta nòs·cc nòste vostro vostra vostri vostre loro loro loro loro (v)òst (v)òsta (v)òs·cc (v)òste sò sò sò sò I pronomi possessivi hanno la stessa forma degli aggettivi possessivi e sono riassunti nella tabella precedente.140 Esempi: I me bagài e i tò (i miei figli e i tuoi), l'è la me umbrèla o la tò? (è il mio ombrello o il tuo?) Si noti che, come in italiano, al maschile plurale il pronome possessivo può indicare familiari e parenti. Esempio: iér so nacc a truà i me (ieri sono andato a trovare i miei). *** TESTO RIMOSSO *** 140 Che, come si può notare, ha lo stesso contenuto della tabella a pagina 48. Pronomi 69 *** TESTO RIMOSSO *** Pronomi relativi Il pronome relativo che PRONOME RELATIVO CHE numero sing./plur. italiano sogg. ogg. dir. che che sing./plur. singolare quale plurale quali arzaghese compl. indir. sogg. ogg. dir. che che che cui quale quali compl. indir. che che che che Ai pronomi relativi italiani “che”, “cui”, “(il) quale”152 corrisponde in 151 Quest'ultima in realtà è costituita dall'aggettivo esclamativo “che” e dal sostantivo “cosa”. 152 “Il quale” è più propriamente una locuzione relativa. 74 Il dialetto arzaghese arzaghese il solo pronome invariabile che, pronunciato con la e aper­ ta.153 Il pronome che può assumere le funzioni seguenti. • Soggetto. Esempio: l'òm che 'l à crumpàt al giurnàl (l'uomo che ha comprato il giornale). • Oggetto diretto. Esempio: al vì che ta m'e' regalàt 'l è prope bu (il vino che mi hai regalato è proprio buono). • Complemento indiretto, ma solo nei due casi seguenti. ◦ Oggetto indiretto. Esempio: al bagài che ta gh'e' 'mprestàt al leber (il ragazzo cui hai prestato il libro). ◦ Complemento di tempo. Esempio: so riàt prope 'ndèl mumènt che Maria l'era adré a par­ tì (sono arrivato proprio nel momento in cui Maria stava parten­ do). In arzaghese l'uso del pronome relativo come complemento indiretto è quindi molto più limitato che in italiano. Nei casi che non rien­ trano nei due citati sopra si deve perciò ricorrere ad un altro prono­ me, oppure costruire diversamente la frase. Ad esempio “la scatola in cui hai messo le caramelle” si può rendere con la scatula 'nduè t'e' mes i caramèle (letteralmente: “la scatola dove hai messo le caramelle”), mentre “la persona da cui l'ho saputo è Piera” si può rendere con la persuna che ma l'à dicc l'è Piera (let­ teralmente: “la persona che me l'ha detto è Piera”). *** TESTO RIMOSSO *** 153 Per indicare la pronuncia aperta della e si può anche adottare la scrittura chè. Pronomi 75 *** TESTO RIMOSSO *** Preposizioni e locuzioni preposizionali Le preposizioni sono parti invariabili del discorso che mettono in rela­ zione parole o frasi. In particolare servono (all'interno di una frase) a introdurre i complementi indiretti. Preposizioni proprie Le preposizioni proprie, cioè le vere preposizioni, possono essere sem­ plici o articolate. Preposizioni semplici Le preposizioni semplici sono: a (a), an o 'n (in), con o cont (con), de (di, da), antrè158 (tra, fra), per (per), sö (su). Esempi: al leber de to fredèl (il libro di tuo fratello), vo a scöla (vado a scuola), s'al sparteserèm antrè noter (ce lo divideremo fra noi). La forma cont sta cadendo in disuso ed è quasi sempre sostituita da con.159 Preposizioni articolate Le preposizioni articolate sono formate a partire dalle preposizioni semplici de, a, sö, con e dall'articolo determinativo:160 del, dela (del'), dei (anche contratto in d'i); al, ala (al'), ai; söl, söla (söl'), söi; col, coi. 158 Seguita anche dalla preposizione de. 159 Con è probabilmente un troncamento di cont. Tuttavia in questo testo è stata adottata la scrittura senza apostrofo, in deroga alla regola generale in­ dicata in “Troncamento” a pag.27, perché è ormai la scrittura prevalente. 160 Diversi autori di grammatiche di dialetti lombardi preferiscono considera­ re solo preposizioni articolate formate con l'articolo singolare maschile. Applicando questa convenzione alla preposizione semplice de avremmo solo la preposizione maschile singolare del, mentre al femminile dovrem­ mo scrivere de la e al plurale de i. Per omogeneità con l'italiano ho prefe­ rito fare un scelta diversa. Preposizioni e locuzioni preposizionali 79 La forma cola non è usata ed è sostituita da con la. Oltre a coi si usa talvolta anche con i. Cont non forma mai una preposizione articolata, e quindi si userà cont al e cont la, forme che peraltro stanno cadendo in disuso a favore ri­ spettivamente di col e con la. Esiste anche una preposizione articolata formata a partire da due pre­ posizioni semplici, cioè dalla preposizione semplice an, più la preposi­ zione semplice de, più l'articolo determinativo. Le forme che assume sono quindi andèl, andèla (andèl'), andèi (o, per aferesi, 'ndèl ecc.).161 Preposizioni improprie Fungono da preposizioni, pur essendo costituite da altre parti del di­ scorso (avverbi, aggettivi...) che non sono propriamente preposizioni. Le principali preposizioni improprie (nell'elenco sono seguite dalla pre­ posizione che normalmente le segue) sono: adré a (dietro di, dietro a, lungo, vicino a), ancontra a (incontro a), annàcc a162 (innanzi a, avanti), antremès a (in mezzo), anvèrs a (verso), aprǻf163 a (vicino), apùs a (dietro), arènt a (vicino), contra de (contro),164 dedré de (dietro di), defò de (fuori da), denàcc de165 (davanti a), det166 de (dentro di), dopo de (dopo), dré de (dietro di), fò de (fuori), föra167 de (fuori di), prema de (prima di), reşènta a (rasente a), sota de168 (sotto), vèrs de (verso di). 161 La corrispondente preposizione articolata italiana è formata da una sola preposizione semplice più l'articolo determinativo. Le sue forme sono: nel, nella, nei, nelle. 162 Pochissimo usata. 163 Non più usata. 164 Usata con o (talvolta) senza la preposizione de davanti ai pronomi perso­ nali (l è contra de me o 'l è contra me – è contro di me) e senza la preposi­ zione de davanti agli altri pronomi e ai sostantivi (contra chès·ce ché gh'è pròpe nigót de di – contro questi non c'è proprio niente da dire, al s'à pu­ giàt contra 'l mür – si è appoggiato contro il muro, la va semper contra curènt – va sempre controcorrente). 165 Usata anche con la preposizione a (denàcc a), probabilmente sulla falsari­ ga dell'italiano. 166 Come avverbio si usa, benché raramente, anche dedét. 167 Come avverbio si usa, benché raramente, anche deföra. 168 Usata talvolta anche senza la preposizione de. 80 Il dialetto arzaghese Esempi: 'l è apùs al angol (è dietro l'angolo), so riàt prema de te (sono arrivato prima di te). Nota 1. Adré col significato di dietro è attualmente usata solo nella lo­ cuzione verbale es adré a (stare per, letteralmente: essere dietro a). Esempio: so adré a pruà (sto provando). Nota 2. Adré, ancontra, annàcc, anvèrs possono subire aferesi, diven­ tando quindi 'dré (ma anche dré), 'ncontra, 'nnàcc, 'nvèrs. Nota 3. Le preposizioni non monosillabiche che iniziano con a, an, de sono in realtà formate dall'unione di due preposizioni (di cui la prima propria). Ho preferito scriverle in un'unica parola anziché staccate (de nacc, de dré ecc.), anche se la forma annàcc costituisce un'eccezione, dal momento che nel dialetto arzaghese non esistono parole con conso­ nanti doppie169. *** TESTO RIMOSSO *** 169 Mi riferisco qui alla doppia n, non al digrafo cc in fine di parola, che serve solo a indicare il suono dolce della c (v. pag. 19). *** TESTO RIMOSSO *** Avverbi e locuzioni avverbiali 81 *** TESTO RIMOSSO *** Avverbi di tempo Forniscono un'indicazione di tempo. I principali sono: adès (adesso) adoma adès (solo ora) al impruìs (d'improvviso) alura (allora) amò (ancora) ancǻ (oggi) andumà (domani) antàn' che (mentre) antanta (intanto) de bòt (di colpo) de colp (di colpo) de rar (raramente) de spès (spesso) dopo (dopo) gnamò (non ancora) iér (ieri) mai (mai) ogni tant (ogni tanto) pò (poi) prema (prima) pusdumà (dopodomani) quando (quando) quanta (quando) raramènt (raramente) şamò (già) semper (sempre) söbet (subito) spès (spesso) stamatina (stamattina) stasira (questa sera) utrér (altroieri) Esempi: iér so nacc a Milà (ieri sono andato a Milano), i è gnamò i nöf (non sono ancora le nove). Quando è usato raramente ed è sostituito da quanta; entrambi possono anche essere troncati in quan' davanti a consonante. Esempio: quan' so nacc a Milà ó est al Dòm (quando sono andato a Mi­ lano ho visto il Duomo). Avverbi di affermazione, negazione e dubbio Si usano quando si afferma, si nega o si dubita. I principali sono elen­ cati nella tabella alla pagina seguente. Esempi: la ma rispundìt de sé (mi ha risposto di sì), gna per sogn 86 Il dialetto arzaghese (nemmeno per sogno), al mis che 'e fòrse narèm al mar (il mese prossi­ mo forse andremo al mare). Si noti che le frasi negative174 si costruiscono l'avverbio mia. Esempio: martedé so mia nacc a scöla (martedì non sono andato a scuola). affermazione debù (davvero) de sücǜr (sicuramente) precişamènt (precisamente) pròpe (proprio) sé (sì) sènsa döbe (senza dubbio) sens'oter (senz'altro) sücǜr (certo) sücüramènt (sicuramente) negazione gna (nemmeno) mai (mai) mia (non) nigót (niente) nigót d'oter (nient'altro) no (no) dubbio chisà (chissà) fòrse (forse) pöl das (può darsi) Avverbi aggiuntivi Aggiungono qualcosa a una frase, a un aggettivo, a un verbo o a un av­ verbio. I principali sono: po (anche) anfina (perfino) apòsta (apposta) Esempi: l'è egnida po le (è venuta anche lei), anfina lü 'l è mia riàt a sta calmo (perfino lui non è riuscito a stare calmo). Avverbi di paragone Indicano somiglianza, identità o affinità. I principali sono: cumè (come) isé (così) istès de (come) 174 V. “La costruzione negativa” a pag. 105. Avverbi e locuzioni avverbiali 87 Esempi: al scrif cumè 'l parla (scrive come parla), 'l à dicc prope isé (ha detto proprio così). Sono anche usati per formare i comparativi di uguaglianza.175 Esempi: l'è braa cumè te (è brava come te), l'è bela istès de te (è bella come te). Congiunzioni Le congiunzioni uniscono due proposizioni o due elementi di una pro­ posizione. Possono essere suddivise, in base alla loro funzione, in: • coordinative (o coordinanti), quando congiungono tra loro due pro­ posizioni non dipendenti l'una dall'altra o due parole in una proposi­ zione, mettendole sullo stesso piano. Esempi: ga 'l ó dicc, ma 'l m'à mia credìt (gliel'ho detto, ma non mi ha creduto), ma piàs la fröta e la verdüra (mi piacciono la frutta e la verdura). • subordinative (o subordinanti), quando congiungono due proposi­ zioni una delle quali (la subordinata) dipende dall'altra (la reggente o principale). Esempio: ta 'l dişe perchè isé ta pödet rigulàs (te lo dico perché così ti puoi regolare). Congiunzioni coordinative Le congiunzioni coordinative si possono distinguere in vari tipi, ripor­ tati nel seguito. Congiunzioni copulative Uniscono due termini di una proposizione o due proposizioni. Possono essere affermative o negative. Le principali sono: affermative e (e) anche (anche) 175 V. “Grado comparativo” a pag. 43. 88 Il dialetto arzaghese negative gna (nemmeno, né) Esempi: 'l à mangiàt pa e ciculàt (ha mangiato pane e cioccolato), ma piàs mia la sigola e gna l'ai (non mi piace la cipolla e nemmeno l'aglio. Congiunzioni disgiuntive o alternative Pongono un'alternativa. Le principali sono: o (o) sinò (altrimenti) Esempi: ta öret mangià la pasta o 'l ris? (vuoi mangiare la pasta o il riso?), prenòtem al biglièt, sinò 'ndumà pöde mia na a Roma (prenota­ mi il biglietto, altrimenti domani non potrò andare a Roma). Congiunzioni avversative Collegano parole o proposizioni di cui quella introdotta dall'avversativa limita, o modifica, o si contrappone alla prima. Le principali sono: anse (anzi) anvece (invece) ma (ma) però (però) pitòst (piuttosto) Esempi: 'l è brao, ma di ólte cumè 'l è nuiùs (è bravo, ma talvolta com'è noioso), 'l è mia catìf, anse 'l è 'nfìn tròp brao (non è cattivo, anzi è fin troppo bravo). Congiunzioni conclusive Uniscono due elementi di cui il secondo è la conseguenza o la conclu­ sione del primo. Le principali sono: alura (allora) perciò (perciò)176 per chèsto (per questo, perciò) an cunclüsiù (in conclusione) Esempi: so stacc brao e alura ta ma crompet al gelato? (sono stato bra­ vo, e allora mi comperi il gelato?), ó facc al me duér, per chèsto ma sa sènte a pòst (ho fatto il mio dovere; per questo mi sento a posto). *** TESTO RIMOSSO *** 176 Perciò è un italianismo. Congiunzioni 89 *** TESTO RIMOSSO *** Verbi Verbi predicativi e copulativi Nel dialetto arzaghese, come in italiano, esistono due classi di verbi: • verbi predicativi, cioè che “predicano” concetti specifici177 (ad esempio do – dare, mangià – mangiare). Esempio: ó mangiàt pa e salàm (ho mangiato pane e salame). • verbi copulativi (ad esempio ès – essere, parì – sembrare) che di per sé hanno un significato molto debole e servono da “copula”, cioè da legame, fra il soggetto e un altro elemento, il complemento predica­ tivo del soggetto,178 che lo qualifica. 177 Il verbo in questo caso costituisce il cosiddetto predicato verbale. 178 Detto anche nome del predicato. L'insieme del verbo copulativo e del complemento predicativo del soggetto costituisce il predicato nominale. Si noti che diverse grammatiche della lingua italiana usano le dizioni “co­ pula” e “nome del predicato” quando si riferiscono al verbo “essere”, e “copulativo” e “complemento predicativo del soggetto” quando si riferi­ Verbi 95 Esempi: Peder 'l è dientàt aucàt (Pietro è diventato avvocato), Ma­ rio 'l par şamò 'n òm (Mario sembra già un uomo). I verbi copulativi non sono necessariamente verbi intransitivi, ma possono benissimo anche essere transitivi in forma passiva (ad esempio ès numinàt – essere nominato, ès ciamàt – essere chiama­ to). Si noti che anche il verbo ciamàs (chiamarsi), quando ha il si­ gnificato di “avere nome”, “essere”, “risultare” e simili, svolge una funzione copulativa. Esempi: Peder 'l è stacc numinàt presidènt (Pietro è stato nominato presidente), me ma sa ciame Peder (io mi chiamo Pietro), la tò la sa ciama gnuransa (la tua si chiama ignoranza). Si noti che il verbo ès (essere) non sempre è copulativo. Infatti può anche essere predicativo o fungere da ausiliare. Esempi: Maria l'è 'n cà (Maria è, cioè si trova, in casa), sèm riàcc an ura fa (siamo arrivati un'ora fa). Nel primo esempio il verbo è predicativo, nel secondo funge da ausiliare. Verbi transitivi e intransitivi Verbi transitivi Un verbo è transitivo se ammette un complemento oggetto diretto (ó biìt an bicér de vi – ho bevuto un bicchiere di vino). Un verbo transiti­ vo ammette la trasformazione passiva (v. “Forma passiva“ a pag. 97). Diversi verbi transitivi possono essere costruiti anche senza il comple­ mento oggetto diretto179 (so adré a bif – sto bevendo); in altre parole ammettono anche una costruzione intransitiva.179 Verbi intransitivi Un verbo è intransitivo se non può avere un complemento oggetto di­ retto (me giöghe – io gioco, iér ó pensàt a te – ieri ho pensato a te). Un verbo intransitivo non ammette la trasformazione passiva (v. “Forma passiva“ a pag. 97). scono ad altri verbi. Ho evitato questa distinzione priva di qualsiasi utilità. 179 Nel senso che l'oggetto diretto non solo non è espresso, ma non è nemme­ no sottinteso. 96 Il dialetto arzaghese Diversi verbi intransitivi ammettono una costruzione transitiva con un complemento oggetto diretto “interno”, costituito da un sostantivo che ha la stessa radice del verbo o un significato simile ('l à viìt 'na éta gra­ ma – ha vissuto una vita grama). La forma dei verbi La forma dei verbi può essere: attiva, passiva, riflessiva, 180 e imperso­ nale. *** TESTO RIMOSSO *** 180 La dizione “forma riflessiva” qui indica, oltre alla cosiddetta forma rifles­ siva diretta, anche le altre forme riflessive in senso lato trattate nel para­ grafo “Forme riflessive” a pagina 98 e seguenti. *** TESTO RIMOSSO *** Verbi 97 *** TESTO RIMOSSO *** Verbi impersonali e forme impersonali Verbi impersonali I verbi impersonali sono quelli che di per sé hanno già senso compiuto e quindi non esiste un reale soggetto (persona, animale o cosa che sia) che compie l'azione da essi espressa. Si usano solo alla terza persona singolare. Appartengono a questa categoria i verbi indicati nei punti se­ guenti, • Verbi indicanti fenomeni atmosferici, come trunà (tuonare), piöf (piovere), piüisnà (piovigginare), sümelegà (lampeggiare), tempestà (grandinare). Questi verbi richiedono l'ausiliare ès corrispondente all'italiano “avere”191 e, al contrario di quanto avviene in italiano, dove il soggetto è sempre assente, possono avere come soggetto il pronome atono maschile di terza persona singolare al.192 Il pronome è pressoché obbligatorio, salvo quando i verbi impersonali sono usa­ ti da soli, nel qual caso attualmente (praticamente sempre all'in­ dicativo presente, e di solito anche negli altri casi) lo si omette.193 Esempi: truna (tuona), sümelèga (lampeggia), stanòcc 'l à piüìt per tre ure (stanotte è piovuto per tre ore), al va a piöf (sta per piovere; letteralmente: va a piovere). • Verbi come ucór (occorrere), büsügnà (bisognare), bastà (bastare) e 189 Come avviene invece, ad esempio, in ma sa lae (mi lavo, cioè: lavo me stesso) o ma sa lae i ma – mi lavo le mani (cioè: lavo le mani a me stesso). 190 La forma con verbi intransitivi pronominali svolge la stessa funzione della cosiddetta coniugazione media (presente, ad esempio, in latino coi verbi deponenti), in quanto indica azioni o eventi che implicano il coinvolgi­ mento del soggetto stesso (nel senso che, oltre a esserne la fonte, ne è an­ che il destinatario). 191 Mentre in italiano si possono usare indifferentemente con l'ausiliare “es­ sere” o “avere”. 192 Che può subire aferesi nei casi indicati a pagina 60. 193 Probabilmente per influsso dell'italiano. 102 Il dialetto arzaghese simili, che anche in italiano ammettono una costruzione impersona­ le. Con questi verbi la costruzione impersonale non ha soggetto, come in italiano.194 Esempi: büşögna fa prèst (bisogna far presto), ucór che ta naghet là söbet (occorre che tu vada là subito). • Il verbo difettivo mè (occorre), che nel dialetto arzaghese attuale possiede solo la terza persona dell'indicativo presente (mè), del con­ dizionale presente (merès) e dell'indicativo futuro (merà). Esempi: mè mandàl amò a scöla (occorre mandarlo ancora a scuola), merès fa püsé ala şvèlta (occorrerebbe fare più alla svelta). • Il verbo fa (fare) in frasi come fa frècc (fa freddo) e simili. Richiede l'ausiliare ès corrispondente all'italiano “avere” e, come per i verbi indicanti fenomeni atmosferici, può avere come soggetto il pronome atono maschile di terza persona singolare al, che si usa esattamente allo stesso modo. • Verbi che all'infinito includono (in forma contratta) la particella pro­ nominale sa195 (in italiano “si”) con valore impersonale, come tratàs (trattarsi) e simili. Quando il verbo non è all'infinito, la particella sa non si unisce al verbo. Questi verbi richiedono l'ausiliare ès corri­ spondente all'italiano “avere” anche se, all'indicativo futuro anterio­ re (peraltro di uso limitatissimo), si trova anche l'ausiliare ès corri­ spondente all'italiano “essere”, probabilmente per influsso dell'ita­ liano. Esempi: sa trata de decìt ala şvèlta cusè örem fa (si tratta di deci­ dere velocemente cosa vogliamo fare), s'à tratàt de na roba mia tròp bela (si è trattato di una cosa non troppo bella), s'arà tratàt de 'n schèrs o anche sa sarà tratàt de 'n schèrs (si sarà trattato di uno scherzo). Forme impersonali I verbi ammettono una costruzione impersonale quando il soggetto non 194 Questa costruzione può essere riguardata anche come personale e la frase (all'infinito o introdotta da che) che segue il verbo come una frase sogget­ tiva (v. “Frase soggettiva” a pag. 150). 195 Che, in questo caso, è un pronome personale soggetto atono di terza perso­ na singolare (v. anche “Pronomi personali soggetto” a pagina 59 e “Il pro­ nome sa: impersonale, passivante, riflessivo” a pagina 66). Verbi 103 è determinato. In tal caso si usano alla terza persona singolare e sono preceduti dalla particella pronominale sa.195 Nei tempi composti l'ausi­ liare è ès corrispondete all'italiano “avere”. Esempi: alura sa giöga o no? (allora si gioca o no?), s'era dicc: “Basta sta dès·cc anfina ai do de matina” (si era detto: “Basta stare svegli fino alle due di mattina”), a Berghem s'à mangiàt prope be (a Bergamo si è mangiato proprio bene). Questa forma è usata pochissimo (e quasi mai nei tempi composti) nel dialetto arzaghese, che preferisce la corrispondente forma personale. Esempi: alura giöghem o no? (allora giochiamo o no?), erem dicc: “Basta sta sö 'nfina ai do de matina” (avevamo detto: “Basta stare sve­ gli fino alle due di mattina”), a Berghem èm mangiàt prope be (a Ber­ gamo abbiamo mangiato proprio bene). Anche il verbo principale ès corrispondete all'italiano “essere” ammet­ te, come in italiano, una costruzione impersonale in frasi del tipo quan­ ta s'è 'n bal büşögna balà (quando si è in ballo si deve ballare). In dia­ letto questa costruzione non è usata nei tempi composti. In questo testo sono considerate impersonali anche diverse espressioni introdotte dal verbo ès (essere) seguito da un aggettivo come giǻst (giu­ sto), necesare (necessario), bel (bello) e simili, o da un sostantivo come ura (ora), tèmp (tempo) e simili, o da un avverbio come mèi (meglio) e simili. Queste espressioni richiedono obbligatoriamente come soggetto il pronome atono di terza persona singolare maschile al. Esempio: 'l è necesare na a scöla (è necessario andare a scuola), 'l è ura e tèmp de finila (è ora e tempo di finirla), 'l è mèi pensaga mia (è meglio non pensarci), 'l era ura! (era ora!). *** TESTO RIMOSSO *** 104 Il dialetto arzaghese *** TESTO RIMOSSO *** Le tre coniugazioni La scelta del numero di coniugazioni è, in buona parte, convenziona­ le.205 In questo testo si assume che quelle del dialetto arzaghese siano tre, come in italiano: nella prima l'infinito del verbo termina in à (ad esempio balà: ballare), nella seconda in consonante (ad esempio mèt: mettere) o in un dittongo discendente206 terminante in i (non accentata; ad esempio bói: bollire), nella terza in ì (accentata; ad esempio finì: fi­ nire). Un certo numero di verbi si coniuga poi in modo irregolare (ciò che av­ viene anche in italiano). Inoltre diversi verbi regolari in certe persone cambiano, per eufonia, una vocale (di solito la vocale tonica della pe­ nultima sillaba) o possono subire altre mutazioni. *** TESTO RIMOSSO *** 205 In proposito v. “Verbi regolari” a pag. 114. 206 Per dettagli sui dittonghi v. “Dittonghi, trittonghi e iati” a pag. 29. Verbi 107 Il verbo ausiliare e principale (v)ès (essere) Come il corrispondente verbo italiano “essere”, (v)ès può essere usato sia come verbo principale, sia come ausiliare. In particolare come ausi­ liare può essere usato, come in italiano, per formare i tempi composti di diversi verbi in forma attiva e tutti i tempi dei verbi in forma passiva.207 indicativo presente imperfetto futuro me so me sere me saró te ta set te ta seret te ta sarét lü 'l è – le l'è lü 'l era – le l'era lü 'l sarà – le la sarà noter sèm noter serem noter sarèm (v)oter si (v)oter seref (v)oter sarì lur i è lur i era lur i sarà indicativo passato prossimo me so stacc/stàcia trapassato prossimo me sere stacc/stàcia ... ... futuro anteriore me saró stacc/stàcia ... noter sèm stacc/stace noter serem stacc/stace noter sarèm stacc/stace ... ... ... 208 209 210 207 V. anche “Verbi principali, ausiliari, modali” a pag. 104 e “La forma dei verbi” a pag. 97. 208 Forme desuete solitamente sostituite da quelle dell'indicativo presente, cioè: che me so, che te ta set ecc. 209 Forme desuete solitamente sostituite da quelle dell'indicativo imperfetto, cioè: che me sere, che te ta seret ecc. 210 IPA: /s'eɛs/. 108 Il dialetto arzaghese congiuntivo presente 208 imperfetto209 che me sees210 che me föse/fös che te ta sees che te ta föset che lü 'l sees – che le la sees che lü 'l fös – che le la fös che noter seem che noter fösem che (v)oter sees che (v)oter fösef che lur i sees che lur i fös congiuntivo passato211 che me sees stacc/stàcia trapassato212 che me föse/fös stacc/stàcia ... ... condizionale presente passato me sarèse me sarèse stacc/stàcia te ta sarèset te ta sarèset stacc/stàcia lü 'l sarès – le la sarès lü 'l sarès stacc – le la sarès stàcia noter sarèsem noter sarèsem stacc/stàce (v)oter sarèsef (v)oter sarèsef stacc/stàce lur i sarès lur i sarès stacc/stàce 211 Forme desuete solitamente sostituite da quelle dell'indicativo passato pros­ simo, cioè: che me so stacc, che te ta se' stacc ecc. 212 Forme desuete solitamente sostituite da quelle dell'indicativo trapassato prossimo, cioè: che me sere stacc, che te ta seret stacc ecc. Verbi 109 infinito presente (v)ès passato (v)ès stacc imperativo presente (v)ès (2ª persona singolare) participio passato stacc *** TESTO RIMOSSO *** 110 Il dialetto arzaghese Verbi regolari Decidere quante siano le coniugazioni nel dialetto arzaghese, in altre parole i diversi modi in cui si flette il verbo, è in buona parte arbitra­ rio.222 Per i dialetti bergamaschi, cui l'arzaghese appartiene, c'è chi ha proposto di limitare a due le coniugazioni e chi ha al contrario ritenuto più logico ammetterne quattro,223 sulla falsariga del latino. In questo testo, come già accennato a pagina 107, si assume, sulla fal­ sariga dell'italiano,224 che le coniugazioni del dialetto arzaghese siano tre: nella prima l'infinito termina in à, nella seconda in consonante o in dittongo discendente terminante in i, nella terza in ì.225 Prima coniugazione La prima coniugazione comprende i verbi con l'infinito in à. Questi verbi normalmente corrispondono a verbi italiani in are (ad esempio cantà: cantare). 222 Anche il numero di tre attribuito alle coniugazioni dell'italiano è conven­ zionale. 223 Questa suddivisione è stata adottata, ad esempio, in [MAR01], nonostante l'autore ammetta che “forse non andrebbe lontano dal vero chi si avvisasse di limitare a due le Conjugazioni regolari vernacole, a quelle cioè i cui verbi terminano all'Indefinito in à ed ì accentato”. Nelle quattro coniuga­ zioni sono stati fatti rientrare i verbi con l'infinito rispettivamente in: • à (accentata), corrispondenti a verbi italiani in are (ad esempio balà: ballare); • ì (accentata), corrispondenti a verbi italiani in ere con la prima e tonica (ad esempio düì: dovere); • consonante o vocale non accentata, corrispondenti ai verbi italiani in ere con la prima e atona (ad esempio romp: rompere, regòi: cogliere, nel senso di effettuare il raccolto); • ì (accentata), corrispondenti a verbi italiani in ire (ad esempio preferì: preferire). 224 Questo non significa, come si noterà nel seguito, che vi sia necessaria­ mente una corrispondenza fra la coniugazione cui appartiene un verbo ar­ zaghese e la coniugazione cui appartiene il corrispondente verbo italiano avente la stessa etimologia. 225 Anche l'attribuzione dei verbi alle tre coniugazioni, come pure la suddivi­ sione in verbi regolari e irregolari, sono in parte convenzionali e possono pertanto differire da quelle adottate da altri autori di grammatiche di dia­ letti bergamaschi (diversi dall'arzaghese). 114 Il dialetto arzaghese *** TESTO RIMOSSO *** Verbi irregolari Prima coniugazione Il verbo na (andare) All'indicativo presente ha una coniugazione irregolare che ricorda quel­ la dell'italiano “andare”: me vo, te ta vet, lü 'l va – le la va, noter nèm, (v)oter vi, lur i va. Al congiuntivo presente fa: che me naghe, che te ta naghet, che lü 'l naghe – che le la naghe, che noter naghem, che (v)oter naghef, che lur i naghe. All'imperativo presente fa va alla seconda persona singolare e vi alla seconda persona plurale. Al participio passato fa nacc. Verbi 127 I verbi sta (stare), tra (trarre) e da (dare) Alla prima persona dell'indicativo presente fanno: me sto, me tro, me do (la o è chiusa). Al congiuntivo presente fanno: che me staghe, che te ta staghet, che lü 'l staghe – che le la staghe, che noter staghem, che (v)oter staghef, che lur i staghe; che me traghe ecc.; che me daghe ecc. Al participio passato fanno stacc, tracc e dacc. Nota. La coniugazione del verbo restà (restare) è regolare. Il verbo fa (fare) Si coniuga come i precedenti verbi sta ecc., ma al congiuntivo presente ammette due forme: • che me faghe, che te ta faghet, che lü 'l faghe – che le la faghe, che noter faghem, che (v)oter faghef, che lur i faghe; • che me fase, che te ta faset, che lü 'l fase – che le la fase, che noter fasem, che (v)oter fasef, che lur i fase. Nota. La coniugazione del verbo desfà (disfare) è regolare. Seconda coniugazione Il verbo tö (comprare, togliere, prendere) È irregolare. All'indicativo presente fa me töde, te ta tödet, lü 'l töl – le la töl, noter tödem, (v)oter tüdì, lur i töl. All'indicativo imperfetto fa me tüdìe ecc., all'indicativo futuro fa me töderó ecc., al congiuntivo pre­ sente fa che me töde, che te ta tödet, che lü 'l töde – che le la töde, che noter tödem, che (v)oter tödef, che lur i töde, al condizionale presente fa me töderèse ecc., all'imperativo presente fa tö (2ª pers. sing.), tüdèm (1ª pers. plur.), tüdì (2ª pers. plur.), al participio passato fa tüdìt. Il verbo tos (tossire) All'indicativo presente ammette anche una coniugazione incoativa (me tusese, te ta tuseset, lü 'l tusés – le la tusés, noter tusesem, lur i tusés)251 accanto a quella regolare (me tose ecc.). 251 La seconda persona plurale incoativa manca. 128 Il dialetto arzaghese imperativo presente [V. nota 263 a piè di pagina] 263 participio passato saìt sèm (1ª persona plurale) si (2ª persona plurale) Verbi preposizionali e frasali Nel dialetto arzaghese, come in altri dialetti lombardi, è possibile tro­ vare verbi che consistono, per così dire, di due parti: un verbo di base (ad esempio catà – cogliere, mangià – mangiare) e una preposizione o un avverbio (ad esempio sö – su, fò – fuori).264 In alcuni casi il signifi­ cato è la combinazione dei significati delle due parole; in altri la prima parola (il verbo) mantiene il suo significato, che però viene intensifica­ to dalla seconda; in altri assume un nuovo significato. Esempi: catà – cogliere (significato del verbo) catà sö – raccogliere (combinazione dei due significati) catà fò – scegliere (nuovo significato) mangià – mangiare (significato del verbo) mangià fò – sperperare, svendere (nuovo significato) ciapà – prendere (significato del verbo) ciapà sö – prendere (significato rafforzato) ciapà şo – copiare (nuovo significato) 263 La seconda persona singolare è sostituita da quella del congiuntivo pre­ sente: sabe. 264 È ciò che accade in inglese con i prepositional verb (verbi più preposizio­ ne) e con i phrasal verb (verbo più avverbio). 134 Il dialetto arzaghese SINTASSI Nella terza parte di questo testo è presa in considerazione la sintassi del dialetto arzaghese, cioè l'insieme delle relazioni fra le parole che costi­ tuiscono una frase o in generale una qualsiasi espressione linguistica costituita da più elementi. La frase La frase è un'espressione linguistica in grado di esprimere da sola un si­ gnificato compiuto. È costituita da: • un nucleo (il predicato e i suoi argomenti, cioè il soggetto e i com­ plementi, o il solo predicato, se il verbo predicativo non ammette ar­ gomenti); • i circostanti (cioè gli elementi che si uniscono direttamente a uno dei costituenti dei nucleo); • le espansioni (cioè gli elementi che non si riferiscono specificamen­ te né al nucleo, né ai circostanti, ma all'insieme della frase). La figura seguente illustra la struttura della frase a Pasqua Mario 'l re­ gala a Maria an öf de ciculàt (a Pasqua Mario regala a Maria un uovo di cioccolato). La frase 135 *** TESTO RIMOSSO *** Il predicato È l'unità sintattica imperniata sul verbo. Si può distinguere, in base alle due classi cui possono appartenere i verbi, in: predicato verbale (me fredèl 'l è riàt martedé – mio fratello è arriva­ to martedì); • predicato nominale (Maria l'è stàcia braa – Maria è stata brava). • Si noti che il predicato costituisce l'elemento fondamentale di una frase. Infatti non solo è praticamente sempre presente,272 ma addirittura in cer­ ti casi può costituire la frase stessa, perché già da solo esprime un senso compiuto (piöf – piove). Predicato verbale Il predicato verbale è costituito da un verbo predicativo, 273 da un verbo cioè che ha un suo significato, e quindi è in grado di predicare dei con­ cetti specifici. Esempio: ó mangiàt 'na fèta de torta (ho mangiato una fetta di torta). Il verbo predicativo concorda col soggetto nella persona e nel numero. Il participio passato concorda in numero e genere col soggetto nelle forme passive e nei tempi composti con l'ausiliare ès corrispondente al­ *** TESTO RIMOSSO *** 272 L'unica eccezione è costituita dalle cosiddette frasi nominali (v. “La frase nominale” a pag. 140. 273 V. “Verbi predicativi e copulativi” a pag. 95. 138 Il dialetto arzaghese l'italiano “essere”, mentre è al maschile singolare nei tempi composti con l'ausiliare ès corrispondente all'italiano “avere”, salvo nei casi in cui fa riferimento a un pronome personale atono oggetto, 274 nel qual caso concorda in numero e genere col pronome. Le regole sono quindi le stesse che si usano (prevalentemente) in italiano. Esempi: Mario 'l è stacc picàt (Mario è stato picchiato), i lader i è stacc ciapàcc (i ladri sono stati presi), me so nacc a Milà (io sono anda­ to a Milano), Piero 'l è nacc a Milà (Piero è andato a Milano), Maria l'è nacia a Milà (Maria è andata a Milano), Mario 'l à mangiàt la mar­ melada: al so che l'à mangiada (Mario ha mangiato la marmellata: lo so che l'ha mangiata), Mario 'l à mangiàt i caramèle: al so che i à man­ giade (Mario ha mangiato le caramelle: lo so che le ha mangiate). Anche quando i soggetti sono più d'uno le regole sono le stesse che si usano (prevalentemente) in italiano. Esempi: me, te, Maria e Mario èm mangiàt la marmelada: l'èm prope mangiada (io, tu, Maria e Mario abbiamo mangiato la marmellata: l'ab­ biamo proprio mangiata). Predicato nominale Il predicato nominale è formato da un verbo copulativo273 e dal com­ plemento predicativo del soggetto. I verbi copulativi, avendo di per sé un significato molto debole, servono infatti da “copula”, cioè da lega­ me, fra il soggetto e il complemento predicativo che lo qualifica. Esempi: Maria l'è 'na bela bagàia (Maria è una bella ragazza), Mario 'l par an brao bagài (Mario sembra un bravo ragazzo), Gino 'l è stacc numinàt asesùr (Gino è stato nominato assessore). Il verbo copulativo, come in italiano, concorda col soggetto nella perso­ na e nel numero e, nei tempi composti, nel genere, come in italiano. Le regole dell'italiano sono seguite anche quando i soggetti sono più d'uno. Esempi: Ch'i bagàe ché i è prope brae (queste ragazze sono proprio brave), Mario e Maria i è amò tròp picègn (Mario e Maria sono ancora troppo piccoli). 274 V. “Pronomi personali complemento” a pag. 61 per dettagli sui pronomi personali atoni oggetto. Il predicato 139 *** TESTO RIMOSSO *** I complementi I complementi sono espressioni linguistiche (di solito nomi o pronomi preceduti o no da preposizioni) che, in aggiunta al soggetto o al predi­ cato, contribuiscono a completare la frase. Possono essere diretti, cioè senza preposizione, o indiretti, in caso contrario. Esempi: ó biìt 'na limunada (ho bevuto una limonata), al saùr dela menta 'l ma piàs (il sapore della menta mi piace). In questo libro non verranno minuziosamente presi in esame tutti i nu­ merosissimi complementi tradizionalmente trattati nei testi di analisi lo­ gica. Il motivo principale non è il risparmio di spazio, ma la conside­ razione che la classificazione della maggior parte dei complementi ha *** TESTO RIMOSSO *** I complementi 141 in realtà poco a che fare con la sintassi, ma piuttosto con la semanti­ ca.278 I complementi presi in considerazione separatamente sono pertanto solo quelli cui è attribuibile un preciso ruolo sintattico: il complemento oggetto diretto, il complemento oggetto indiretto, il complemento d'a­ gente e i complementi predicativi del soggetto e dell'oggetto. Complemento oggetto diretto È l'argomento diretto (cioè senza preposizione) che dipende da un ver­ bo transitivo in forma attiva279 o, nel caso speciale del complemento og­ getto interno (v. poco più avanti), da un verbo intransitivo. Può assumere la funzione di oggetto diretto qualsiasi elemento nomi­ nale, cioè un sostantivo, un pronome, un altro elemento sostantivato o anche un'intera frase, che in tal caso è detta “oggettiva”. Esempi: ó mangiàt al rişòt coi fons (ho mangiato il risotto coi funghi), ó pruàt a scultala, ma ó mia capìt (ho provato ad ascoltarla, ma non ho capito), töcc i preferés al bel (tutti preferiscono il bello), ga l'ó bela dicc mela ólte che g'ó mia òia de na al cinema (gliel'ho già detto mille volte che non ho voglia di andare al cinema). Per dettagli sull'uso dei pronomi personali come complemento oggetto diretto v. “Pronomi personali complemento” a pag. 61. Complemento oggetto interno È un caso speciale di complemento oggetto diretto che si ha con verbi intransitivi ed è costituito da un sostantivo avente la stessa radice del verbo o significato analogo. Esempio: 'l à viìt na éta lunga (ha vissuto una lunga vita). 278 Nel senso che tale classificazione non è normalmente in grado di definire il ruolo sintattico che il complemento svolge nella frase, ma semmai come il complemento contribuisce alla comprensione del significato della frase. Oltretutto anche la classificazione più numerosa e minuziosa (e in questo grammatici non hanno lesinato) spesso si rivela carente. Ad esempio in Peder al giöga a fubel (Pietro gioca a pallone) il complemento “a fubel” indica un modo o un mezzo? 279 V. anche “Verbi transitivi” a pag. 96 e “Forma attiva” a pag. 97. 142 Il dialetto arzaghese Complemento predicativo dell'oggetto Con diversi verbi predicativi transitivi è possibile o necessario comple­ tare il significato del verbo mediante un sostantivo, un aggettivo o una frase che si riferisca al complemento oggetto diretto, con cui concorda, e che prende il nome di “complemento predicativo dell'oggetto”. I verbi che reggono tale complemento sono numinà (nominare), ciamà (chiamare), fa (fare), crèt (credere), e simili. Esempi: al so nom 'l era Natalino, ma töcc i la ciamaa Lino (il suo nome era Natalino, ma tutti lo chiamavano Lino), i la credìa puarèt, ma i sa sbagliaa (lo ritenevano povero, ma si sbagliavano), i tò amìs i ta ciama tèa e medega (i tuoi amici ti chiamano taglia e medica). Si noti che i verbi che reggono il complemento predicativo dell'oggetto sono gli stessi verbi che, quando usati in forma passiva, si comportano da copulativi e quindi reggono il complemento predicativo del sogget­ to. Ad esempio il primo dei due esempi riportati sopra, trasformato in passivo, diventa al so nom 'l era Natalino, ma de töcc 'l era ciamàt Lino (il suo nome era Natalino, ma da tutti era chiamato Lino). Complemento oggetto indiretto Il complemento oggetto indiretto (cioè con preposizione), o comple­ mento di termine, è l'argomento che indica a chi è diretta l'azione espressa dal verbo o chi riceve l'oggetto diretto. È introdotto dalla pre­ posizione semplice a (a) o dalle sue forme articolate al (al, allo), ala (alla). Esempio: g'al daró a Mario (lo darò a Mario). Per dettagli sull'uso dei pronomi personali come complemento oggetto indiretto v. “Pronomi personali complemento” a pag. 61. *** TESTO RIMOSSO *** I complementi 143 *** TESTO RIMOSSO *** Frase semplice e complessa Una frase semplice o singola, cioè del tipo di quelle indicate nel para­ grafo “La frase” (pag. 135) è costruita su un solo predicato. Tuttavia è possibile collegare fra loro, in vari modi, due o più frasi semplici a for­ mare una frase complessa o multipla.286 Il collegamento fra le frasi semplici costituenti una frase complessa può avvenire per coordinazione o per subordinazione. Coordinazione Il collegamento fra le frasi semplici costituenti una frase complessa è di coordinazione quando non crea una dipendenza fra le frasi, ciascuna delle quali può quindi funzionare anche da sola. Per realizzare il collegamento è possibile: • porre semplicemente una frase accanto all'altra (separandole, ad esempio, con la virgola, il punto e virgola, i due punti). Esempio: 'l à dervìt i öcc, 'l à 'ést, al s 'à stremìt (ha aperto gli occhi, l'ha visto, si è spaventato). • collegare le frasi mediante le congiunzioni (coordinative) e (e), o (o), gna (né) e ma (ma), difati (infatti), però (però), anvece (invece), cumè (come), anche (anche) e simili.287 Esempi: Mario 'l è a laurà e Maria l'è a scöla (Mario è al lavoro e 286 Ho evitato di proposito la dizione “periodo”, perché nelle grammatiche è usata anche per indicare una frase semplice. 287 In italiano la coordinazione si può ottenere anche per correlazione, cioè mediante congiunzioni (correlative) che si richiamano, come sia... sia..., tanto... quanto... e simili. In dialetto queste costruzioni suonano come bar­ barismi e sono evitate. 148 Il dialetto arzaghese Maria è a scuola), Mario 'l è a laurà; anvece Lüìs 'l è 'n ferie (Mario è al lavoro; invece Luigi è in ferie). • collegare le frasi mediante pronomi correlativi, come vergǜ... i oter (alcuni... gli altri) e simili. Esempio: vergǜ i è partìcc, i oter i è restàcc a cà (alcuni sono parti­ ti, gli altri sono rimasti a casa). • collegare le frasi mediante avverbi correlativi, come prema... dopo (prima... dopo), ancǻ... andumà (oggi... domani) e simili. Esempi: prema finése de fa chèl che so adré a fa, dopo faró chèl che t'à me dicc (prima finirò288 di fare quello che sto facendo, poi farò quello che mi hai detto), ancǻ laùre, 'ndumà naró al mar (oggi lavo­ ro, domani andrò al mare). *** TESTO RIMOSSO *** 288 Letteralmente: prima finisco. *** TESTO RIMOSSO *** Frase semplice e complessa 149 *** TESTO RIMOSSO *** Frase ipotetica (o condizionale) e periodo ipotetico Indica la condizione necessaria perché si verifichi ciò che è espresso nella reggente. La frase ipotetica è detta pròtasi, la reggente apòdosi, mentre la frase complessa formata da protasi e apodosi è detta periodo ipotetico. Poiché nel dialetto arzaghese l'uso dei modi verbali differisce da quello 297 V. “Avverbi interrogativi” a pag. 85, “Pronomi interrogativi” a pag. 71 e “Aggettivi interrogativi” a pag. 54. 156 Il dialetto arzaghese dell'italiano, qui di seguito sono presi in considerazione separatamente i tre tipi di periodo ipotetico e i modi usati nella protasi e nell'apodosi. Periodo ipotetico della realtà Tende a dare l'idea di un evento reale o ritenuto possibile. protasi introdotta da se (se) apodosi modo e tempo modo e tempo indicativo presente indicativo presente indicativo futuro imperativo presente congiuntivo presente298 indicativo futuro semplice indicativo futuro semplice indicativo pass. prossimo indicativo pass. prossimo indicativo presente indicativo futuro imperativo presente Esempi: se ta ste' ché a mangià ta ma fe' cuntét (se ti fermi qui a man­ giare mi fai felice), se ta ste' ché a mangià ta ma farét cuntét (se ti fer­ mi qui a mangiare mi farai felice), se ta starét ché a mangià ta ma farét cuntét (se ti fermerai qui a mangiare mi farai felice), se ta öret mia pèrt al treno, sbrighes (se non vuoi perdere il treno, sbrigati), se 'l völ parlà con me, che 'l vègne ché ala şvèlta (se vuole parlare con me, che venga qui alla svelta), se t'e' stüdiàt ta paserét l'esàm (se hai studiato supere­ rai l'esame), se t'e' stüdiàt ta gh'è' mia de iga pura (se hai studiato non devi avere paura), se ta se' mia nacc a truà Mario a l'uspedàl, t'e' sba­ gliàt (se non sei andato a trovare Mario all'ospedale, hai sbagliato), se ta gh'e' mia dacc andré i sòlcc, scapa (se non gli hai restituito i soldi, scappa). Periodo ipotetico della possibilità La condizione è indicata come dubbia. 298 Si tratta di un congiuntivo esortativo e quindi esprime comando o invito. Frase semplice e complessa 157 protasi apodosi introdotta da modo e tempo modo e tempo se (se) condizionale presente condizionale presente Esempio: se pöderèse partì sarèse cuntét (se potessi partire sarei con­ tento). Periodo ipotetico dell'irrealtà (o impossibilità) La condizione, riferita al passato, non si è verificata. protasi introdotta da se (se) apodosi modo e tempo modo e tempo indicativo imperfetto indicativo imperfetto condizionale pass. (raro) condizionale passato condizionale passato Esempi: se ta crumpaet la machina de Mario ta faet prope an afare op­ pure se t'arèset crumpàt la machina de Mario t'arèset facc prope an afare oppure se ta crumpaet la machina de Mario t'arèset facc prope an afare (se avessi comprato l'automobile di Mario avresti fatto un af­ fare). *** TESTO RIMOSSO *** 158 Il dialetto arzaghese TRASCRIZIONI IPA Nel seguito sono elencati, in grassetto, tutti i vocaboli in dialetto arza­ ghese presenti nel testo e, per ciascuno, la trascrizione fonematica IPA, fra barre oblique, e la traduzione in italiano. Il lettore anche non madrelingua arzaghese sarà così in grado di pro­ nunciare (o di sapere come si pronunciano) correttamente le parole e le frasi in dialetto riportate nel testo.299 Le trascrizioni IPA sono state raccolte in questa appendice, anziché es­ sere inserite pagina per pagina, per non appesantire la lettura e rendere il libro troppo voluminoso, a causa delle inevitabili ripetizioni. L'elenco che segue differisce da quello di un vocabolario bilingue stan­ dard in quanto, oltre a non essere esaustivo, poiché non contiene parole che non compaiono nel testo, riporta come voci separate le forme flesse (le diverse persone di un verbo, il singolare e plurale di un nome ecc.), allo scopo di facilitare la consultazione. Inoltre solo in caso di ambigui­ tà è indicato se un lemma è un nome, un verbo ecc. Sempre allo scopo di facilitare la consultazione, nell'ordinamento alfa­ betico la lettera ö occupa la stessa posizione della o, la ü la stessa della u, la ş la stessa della s. Quindi, ad esempio, le parole che cominciano con la lettera u sono mescolate a quelle che cominciano con la lettera ü, anche se in questo testo la u e la ü sono considerate due lettere distinte dell'alfabeto arzaghese (v. nota 39 a piè di pag. 17). Inoltre la lettera v iniziale è racchiusa fra parentesi tonde, cioè è indicata con (v), quando può cadere per aferesi. Le lettere fra parentesi quadre che compaiono in diverse voci hanno il significato indicato qui di seguito. a → articolo ag → aggettivo av → avverbio con → congiuntivo f → femminile i → interiezione imp → imperativo ind → indicativo m → maschile n → nome p → pronome pa → pronome atono pap → pronome atono proclitico pp → participio passato pre → preposizione v → verbo va → verbo ausiliare vip → verbo intrans. pronominale vp → verbo principale vr → verbo riflessivo 299 V. anche nota 32 a piè di pag. 13 e nota 77 a piè di pag. 30. Trascrizioni IPA 161 a /a/ – a à /a/ – ha, hanno a ult /a ult/ – in alto abe /'abe/ – abbia (io), abbia (egli), abbiano abef /'abɛf/ – abbiate abem /'abɛm/ – abbiamo [con] abet /'abɛt/ – abbia (tu) acòrde /a'kɔrde/ – accordo adaşe /a'daze/ – adagio adès /a'dɛs/ – adesso adìo /a'dio/ – addio adoma /a'doma/ – appena adré /a'dre/ – dietro afàcc /a'fatʃ – affatto afare /a'fare/ – affare/i agn /a:ɲ/ – anni ah! /a:/ – ah! [i] ahi! /aj/ – ahi! [i] ahia! /'aja/ – ahia! [i] ai /ai/ – aglio ai /ai/ – ai al /al/ – al al /al/ – egli [pa] al /al/ – il al /al/ – lo [pa] al' /al/ – alla ala /'ala/ – alla albergo /al'bɛrgo/ – albergo almeno /al'meno/ – almeno alura /a'lura/ – allora ambì /am'bi:/ – ambire amìs /a'mi:s/ – amico/i amò /a'mɔ/ – già, ancora amparà /ampa'ra:/ – impa­ rare amparàt /ampa'ra:t/ – im­ parato amprestàt /amprɛ'sta:t/ – imprestato an /an/ – anno an /an/ – in [pre] an /an/ – un, uno, una [a] an po' /an po:/ – un po' an sa /an sa/ – in qua an vult /an vult/ – in alto ancǻ /an'kø:/ – oggi anche /'anke/ – anche 162 ancontra /an'kontra/ – in­ contro ancuntrada /ankun'trada/ – incontrata andèi /an'dɛj/ – nei andèl /an'dɛl/ – nel andèla /an'dɛla/ – nella andesura /andɛ'sura/ – so­ pra andré /an'dre:/ – indietro anduè /andu'ɛ:/ – dove andüinà /andyi'na:/ – indo­ vinare andumà /andu'ma:/ – do­ mani anfina /an'fina/ – perfino angol /'angol/ – angolo annàcc /an'na:tʃ/ – innanzi, avanti anse /'anse/ – anzi anséma /an'sema/ – sopra ansèma /an'sɛma/ – insieme ansimai /ansi'maj/ – tal­ mente, così antàn' /an'tan/ – intanto antanta /an'tanta/ – intanto antrè /an'trɛ/ – fra antréc /an'trek/ – intero antrega /an'trega/ – intera antremès /antrɛ'mɛs/ – in mezzo anvece /an'vetʃe/ – invece anvèrs /an'vɛrs/ – verso anvià o an vià /an'vja/ – via [av] apena /a'pena/ – appena apòsta /a'pɔsta/ – apposta aprǻf /a'prø:f/ – vicino apùs /a'pu:s/ – dietro aqua /'akwa/ – acqua arà /a'ra/ – avrà, avranno aràns /a'rans/ – arancione, arancia arca /'arca/ – arca arèm /a'rɛm/ – avremo arènt /a'rɛnt/ – vicino areoplano /areo'plano/ – ae­ roplano arès /a'rɛs/ – avrebbe, Il dialetto arzaghese avrebbero arèse /a'rɛse/ – avrei arèsef /a'rɛsɛf/ – avreste arèsem /a'rɛsɛm/ – avrem­ mo arèset /a'rɛsɛt/ – avresti arét /a're:t/ – avrai arì /a'ri:/ – avrete armàt /ar'ma:t/ – armato aró /a'ro:/ – avrò Arsàc /ar'sa:k/ – Arzago arsaghés /arsa'ges/ – arza­ ghese/i asé /a'se:/ – abbastanza asesùr /asɛ'su:r/ – assessore aşnada /a'znada/ – asinata aucàt /au'kat/ – avvocato aütǻn /ay'tøn/ – autunno autista /au'tista/ – autista auto /'awto/ – automobile/i balem /ba'lɛm/ – balliamo [imp] bagàe /ba'gae/ – bambine, ragazze, figlie bagài /ba'gaj/ – bambino/i, ragazzo/i, figlio/i bagàia /ba'gaja/ – bambina, ragazza, figlia bal /bal/ – ballo bala /'bala/ – balla [ind – imp], ballano balà /ba'la:/ – ballare balaa /ba'laa/ – ballava, bal­ lavano balae /ba'lae/ – ballavo balaef /ba'laɛf/ – ballavate balaem /ba'laɛm/ – ballava­ mo balaet /ba'laɛt/ – ballavo balando /ba'lando/ – ballan­ do balàt /ba'la:t/ – ballato balcù /bal'ku:/ – balcone bale /'bale/ – ballo [v ind], balli (io, egli) [v con], bal­ lino balef /'balɛf/ – balliate balem /'balɛm/ – balliamo [con] BIBLIOGRAFIA E WEBGRAFIA [BAN01] Mariarosa Bani, Edoardo Ferri, Virgilio Ferrari, “Vucabula­ re”, http://xoomer.virgilio.it/kxqjfe/dialetweb/vucabula.htm. 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