194a stagione 09I10
balletto
Il Rumore dell’Amore
Compagnia Fabula Saltica
Panta Rei
Gran Gala di danza classica
Balletto di Stato del Teatro di Kosiče
Romeo e Giulietta
Balletto di Stato del Teatro di Kosiče
Grande Messa in Do Min. K.427
Rioult Dance New York
Carmina Burana
Spellbound Dance Company
Pentesilea: Wonder Woman
Gruppo E-Motion
Stagione di balletto 2010
Il caso e la ragione hanno messo insieme un viaggio nel tempo, della musica e della
danza, un percorso che, dal mito di Pentesilea, regina delle Amazzoni, approda al
medioevo “fittizio” ricostruito da Orff, tocca il ‘700 “vero” di Mozart e la potenza
drammatica che un compatriota degli Strauss, Ludwig Minkus, confeziona per “Romeo
e Giulietta” e arriva, parlando del “rumore dell’amore”, ai giorni nostri.
Una stagione di danza “deve” vivere di questi contrasti e di queste ricchezze, per
parlare, con più voci, a più volti nel pubblico.
Quest’anno per la quarta edizione della Stagione di Danza abbiamo cercato di
incuriosire e affezionare sempre più il pubblico che in questi anni ci ha seguito e
ricambiato con la sua partecipazione proponendo con l’aiuto di titoli consolidati e
famosi nuove letture e nuovi percorsi, affiancandoli ai lavori di alcuni giovani coreografi
italiani e stranieri.
Due le sezioni, che coinvolgono i maggiori teatri della nostra città: il Teatro Sociale e il
Teatro Studio. Due diversi spazi strettamente collegati fra loro da un unico progetto,
con proposte di alto livello qualitativo che abbracciano il richiamo della tradizione e si
aprono al vigore e all’energia della sperimentazione. Otto appuntamenti pensati per
offrire differenti occasioni di incontro con compagnie che approdano in gran parte per
la prima volta nella nostra città.
La stagione si apre il 9 marzo “inusualmente” al Teatro Studio, per una sostituzione
causata dall’ annullamento della tournée della compagnia russa del Teatro Accademico
Statale dell’Opera e del Balletto “Mikhail Glinka”, con lo spettacolo “Il Rumore
dell’Amore” della compagnia residente Fabula Saltica, con le coreografie del giovane
autore Vito Alfarano. Cinque appuntamenti, tre dedicati alle scuole medie superiori inseriti
nel progetto di coinvolgimento e sensibilizzazione del giovane pubblico e due serali.
Con la collaborazione dell’attore-regista Luigi Marangoni, lo spettacolo è frutto di
un’importante esperienza condotta nella Casa Circondariale di Rovigo. Un’indagine
attorno al tema dell’amore con tutti i suoi “rumori” a volte delicatissimi, a volte
fragorosi e tempestosi.
Il Teatro Sociale ospiterà il 19 e il 20 marzo il Balletto di Stato del Teatro di Kosiče. La
compagnia ci proporrà il 19 marzo una serata interamente dedicata al balletto classico
dal titolo “Panta Rei”, un gala con alcuni fra i brani più conosciuti, un appuntamento
entusiasmante per l’altissimo livello tecnico e artistico ma particolarmente interessante
per il repertorio presentato, con vere e proprie “perle” della storia della danza. Un
incontro con la tradizione e con lo stile accademico dei maggiori coreografi
dell’ottocento e in particolare un omaggio, in occasione dei cento anni dalla morte, al
grande maestro della danza classica Marius Petipa. Il 20 marzo, la compagnia proporrà,
sempre al Teatro Sociale, in prima nazionale “Romeo e Giulietta”, nella versione musicale
di Prokofiev.
Il terzo appuntamento della stagione è affidato all’ultima creazione di un grande nome
della danza internazionale, Pascal Rioult, con il Rioult Dance New York, che presenterà,
la “Grande Messa in Do Minore” di Mozart. Con una visione forte e rigorosa della
coreografia, Rioult ci propone un viaggio spirituale, una celebrazione e allo stesso tempo
una riflessione sulla natura umana che esplora e si confronta col divino presente in
ognuno di noi.
Domenica 11 aprile vede protagonista una compagnia tutta italiana, la Spellbound
Dance Company con “Carmina Burana” nella versione coreografica del suo direttore e
coreografo Mauro Astolfi. Una lettura moderna, intensa su musiche di Carl Orff, Vivaldi
e Caracciolo, con gesti e movimenti di forte impatto visivo che disegnano un’umanità
inquieta nella gotica e cruda ombra del Medioevo.
Chiude la stagione, a sottolineare la vitalità della ricerca artistica delle compagnie
italiane, questa volta al Teatro Studio, il 14 e il 15 aprile, il Gruppo E-Motion con lo
spettacolo “Pentesilea: Wonder Woman”, un’attenta e originale rivisitazione del mito
di Pentesilea in chiave moderna con la regia e la coreografia di Francesca La Cava.
Claudio Ronda
In Principio, e alla Fine, la Danza
di Ermanno Romanelli
Il Rumore dell’Amore
Il Rumore dell’Amore vive in palcoscenico grazie a più di una singolarità. Intanto è uno
spettacolo “a tre teste”: quella del coreografo, Vito Alfarano, danzatore per la
Compagnia Fabula Saltica, qui alla sua prima, importante prova coreografica; quella di
Luigi Marangoni, regista; quella di Alessandro Gasperotto, cameraman e videomaker. Poi
lo spettacolo ha, come sottotitolo ideale, “per danzatori e detenuti”. Qual'è lo scopo di
questa creazione? Lo abbiamo chiesto a Vito Alfarano.
Perché un altro spettacolo sull’amore? Non può essere confuso con mille altri su questo
stesso tema?
“Si, dell’amore se n’è parlato tanto, e in tantissimi modi, ognuno ha differenti opinioni
sul tema. Ma io volevo trovare un modo per parlare dell’amore passionale, l’amore
assoluto, che può vivere anche alla distanza, e dopo la morte, l'amore che unisce le
anime e i corpi. Proprio per questa ragione ho voluto creare qualcosa di diverso, e
immergere il tema nella contemporaneità, usando parole diverse da quelle che si
ascoltano di solito.“
Il punto di partenza?
"Ho voluto portare la mia arte, la danza, all’interno del sociale e della storia d’amore
di Paolo e Francesca, una storia d’amore legata al peccato, così come la racconta Dante
Alighieri nella Commedia.”
Parlare d’amore in che modo?
“Volevo fare in modo che, in ogni spettatore, scattasse un processo di identificazione
nei miei personaggi e nella storia che ho delineato, perché questa potesse diventare la
storia di ogni uomo e di ogni donna, per scoprire o riscoprire un sentimento universale
e autentico, indipendentemente dal modo, difficile o speciale, con il quale ciascuno ha
vissuto questo sentimento. Ho dunque pensato di elaborare questo tema con i detenuti
della Casa Circondariale di Rovigo, persone classificate nella categoria dei 'peccatori',
ma da me stimolati, in un seminario, a creare materiale sul tema dell’amore.”
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La danza, con l’enorme potenza della sua carica emozionale, e con la sua oggettiva
fragilità e debolezza, come si è confrontata con una condizione umana così dura?
“Tra quelle da noi contattate, c’erano anche persone condannate per reati molto gravi,
e altre che hanno commesso reati minori. Ma per noi questi fatti non avevano
importanza. Certo, non è stato facile costruire e reggere la struttura dello spettacolo, ma
ci abbiamo lavorato per così tanto tempo, così intensamente, con così tante idee che,
giorno per giorno, ci siamo confrontati anche con bruschi cambi di rotta, rispetto ai punti
di partenza iniziali. Ciò che è importante, è che parti integranti di questo spettacolo siano
la poesia, il coinvolgimento, l’impossibilità di comunicare con l’altro, la passione che vive
l’innamorato, il senso di rinascita, il vivere sempre al colmo delle emozioni e della paura.
Perché essere innamorati è tra le esperienze più forti e totali di comunione con un’altra
anima. Ma nello stesso tempo può anche essere un’esperienza di profonda solitudine.”
Dunque, alla verifica dei fatti, il senso e il valore di Il Rumore dell’Amore. Ispirato a Paolo
e Francesca e agli innamorati contemporanei, era ed è da ricercare nel cumulo, vibrante,
di scambi e contributi, umani e sociali, che la creazione è riuscita a coagulare intorno a
sé. I risultati, attivamente ricercati come scelta d’autore, sono scaturiti dalla difficoltà
nel fondere, in una, tre diverse realtà, discorsive e immaginative, tre contrastanti livelli
di drammaturgia che, recitati dai danzatori, o registrati, si saldano nel testo.
Il primo, letterario e fantasioso, è nella vicenda, storicamente accertata, di Paolo e
Francesca, che Dante Alighieri trasfigura, poeticamente, nel V canto del Purgatorio, nella
“Commedia”. Sono lacerti “vissuti” e interpretati in più punti, nello spettacolo, come i
pezzi tratti da “Frammenti di un discorso amoroso”, il libro di Roland Barthes, insieme
a testimonianze, autentiche, di un “deliquio” amoroso dal sapore adolescenziale.
Infine, conficcato nelle pareti del palcoscenico da una verità che più vera non si può, c’è
il doloroso approdo, anche in video, di testi elaborati dai detenuti della Casa
Circondariale di Rovigo.
Nel percorso che ne è derivato, un autentico slalom, la scrittura coreutica di Vito Alfarano,
anche interprete dello spettacolo, esplora l’alto e il basso della condizione umana, nei
suoi punti più deboli. Sono la fuga dalla solitudine, la ricerca “dell'altro” e la resa
“all’altro”, il senso di rinascita e il valore totalizzante connessi al sentimento amoroso,
“senza tempo, inclassificabile e inarrestabile, tanto è forte”, come dice Alfarano.
Per gli accenti di verità, poesia, coinvolgimento e toccante immediatezza che lo
investono, lo spettacolo si fa letteralmente abbracciare dal pubblico. Questo grazie
anche al contributo, determinante, degli interpreti, di quella che è la “compagnia di
danza della città”, come è ormai definita Fabula Saltica a Rovigo.
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Panta Rei - Gran Gala di danza classica
Due cigni, una farfalla, “la” contadinella e “il” Cavaliere
Ovunque accada, un Gala classico, antologia di passi a due e brani estratti dai titoli
maggiori del repertorio accademico, riscuote un trionfale successo, per quella fame di
danza che il pubblico non si stanca di ribadire. E se a Rovigo mancheranno, forse, le
lunghe file del secondo atto del Lago dei Cigni (1895), l’incanto giungerà ugualmente,
tanto è denso, e ricco di suggestioni crepuscolari, il peso specifico e tecnicodrammaturgico della più classica e poetica tra le favole coreutiche. Balletto tardo
romantico, imperiale per dimensione e respiro narrativo, il Lago armonizza tensione
lirica e drammatica nel conflitto tra Bene e Male, Amore e Sacrificio dell'uomo
innamorato di una siderale creatura. Conduce il gioco l’eloquenza, superba e
malinconica, di P.I.Tchaikovskij (1840-1893), nel cui spartito (1877) si integra il nobile
tratto di Lev Ivanov (1835-1901), misconosciuto aiutante di Marius Petipa (1818-1910),
il coreografo francesce che, a San Pietroburgo, dal 1847 al 1903, confeziona per gli Zar
magnificenze a spron battuto (75, fra balletti a serata intera e in un atto, e passi a due).
L'altro immortale cigno di questa sera, in realtà è languidamente morente sulle note di
Camille Saint-Saëns (1835-1921), che ne aveva impaginato i tremori all'interno de Le
carnaval des animaux (1866), fantasia non pensata, in origine, per la danza. Nella sua
geniale semplicità, La morte del cigno (1907) è un assolo i cui tre soli minuti di
esecuzione sono resi senza tempo da Michail Fokine (1880-1940). Questi regala alla
leggendaria Anna Pavlova il più celebre tra i cavalli di battaglia accademici, dove
s'impongono perizia tecnica, sensibilità, intelligenza cinetica dell'interprete.
I coreografi Jean Coralli (1779-1854), per le scene d’insieme, e Jules Perrot (1810-1892),
esaltano le doti della fascinosa protagonista, Carlotta Grisi (1819-1899), tra le maggiori
del secolo. Il libretto è dello stesso Coralli, di Jules Henri-Vernoy de Saint Georges (18001875), e di Théophile Gauthier (1811-1872), motore primo dell’intera faccenda.
Intellettuale prismatico, teorico del romanticismo francese, Gauthier si è ispirato ad una
raccolta di saggi di Heinrich Heine, De l’Allemagne, pubblicata in Francia nel 1834. Il
volume è ricco di leggende e racconti del folklore tedesco e nordico, popolato da ninfe,
ondine, Troll e Kobold, i folletti nani che proteggono la casa. Qui Gauthier trova un
riferimento “ad una leggenda austriaca, ma di origine slava, dove si narra delle Villi,
fanciulle morte prima delle nozze che, insoddisfatte per non aver consumato il
matrimonio, non riescono a rimanere ferme nella propria tomba”. Oggi parlare di Giselle
significa ritrovare, nella sua stessa trama, una fertile densità di materia e una
combinazione felice di elementi, integrati senza che l’uno prevalga su altri. Qui sono
ancora le origini del Romanticismo, movimento di cui la contadinella nel paese sulle rive
del Reno è alfiere nel mondo del balletto. Romanticismo, dall’aggettivo inglese romantic,
indice di cose irreali, fantastiche, stati d’animo fantasiosi e sognatori, poco realisti.
Binari perfetti per un balletto che, pensato e montato in pochi mesi, verrà poi salvato
dall'oblìo dal solito Marius Petipa, fratello di Lucien, primo protagonista del lavoro. Sarà
la sua versione, reimportata in Occidente dai Ballets Russes di Diaghilev, nel 1910, a
costituire l’ossatura per tutte le versioni d’impianto classico accademico del balletto. La
stessa cui assisteremo questa sera.
In una serata animalier, si pretende un po' di leggerezza favolistica. La garantisce una
sublime danzatrice, Maria Taglioni (1804-1884), nel suo unico lascito coreografico: Le
Papillon (1860), regolato sulla musica di Jaques Offenbach (1819-1880). Qui, ancora
una volta l'interprete sfida la sorte per leggerezza, precisione, eleganza ed elevazione,
raccontando, in sintesi estrema, l'amore ostacolato di una giovane, vittima di un
maleficio che la trasforma in farfalla, per il principe che la salverà.
Chiude il cartellone il terzo atto di Don Chisciotte, un logo creato da Miguel de Cervantes
Saavedra (1547-1616), pubblicato tra il 1605 (prima parte) e il 1614 (seconda), come
anticipazione del romanzo moderno. Il nobile Cavaliere che ne è protagonista, archetipo
di una specialissima condizione umana, da personaggio letterario si eleva a mito
attraverso epoche e culture. Il titolo diventa centrale anche nella cultura del teatro di
danza, liberamente saccheggiato, in quattro secoli, da coreografi e musicisti. L'edizione
“princeps”, che ha tuttora maggior successo nel mondo come grande balletto della
tradizione classico-accademica, è la versione che Petipa confeziona a Mosca, per il Teatro
Bolshoi, nel 1869, in quattro atti e otto quadri, su partitura di Aloisius Ludwig Léon
Minkus (1817- ?), compositore ufficiale dei balletti nei Teatri Imperiali, dal 1872 al 1886.
È lunedì 28 giugno 1841 quando il ballet-pantomime Giselle ou le Wilis, e il personaggio
della contadinella che ne è protagonista, si affaccia al mondo. È creato su musiche di
Adolphe Charles Adam (1803-1856), le cui pagine declinano gioia e turbamenti d'amore,
il dolore del tradimento, la pazzia e la sublimazione di un amore salvifico, oltre la morte.
Nella coreografia di Petipa, Don Chisciotte è visto come “l'ultimo baluardo
dell'idealismo, costretto a fare i conti con una realtà dove non c'è più posto per gli
eroi”. D'altro lato il balletto è anche il risultato dell'infatuazione profonda per la Spagna
e il suo folklore che il coreografo francese subisce negli anni (1843-46) in cui, a Madrid,
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ammira le danze folkoriche della città, di Granada e Siviglia. Ancora oggi balletto tra i
più amati e rappresentati, Don Chisciotte è un trionfo circense di danze di carattere,
pantomima e virtuosismi tecnici, che esaltano le potenzialità della danza e briose
fantasie, divertite e divertenti, appannaggio esclusivo di giovinezza, naturalezza, gioia
pura, tecnica sopraffina, e generoso dispendio di entusiasmo. Una boîte à joujoux,
insomma, dove la musica di Ludwig Minkus zampilla, e gonne, gitani, ventagli e cambrés
volano alti come fuochi d’artificio, accanto all’immancabile atto bianco, il terzo, con le
fiabesche Driadi.
Ecco, finiscono le parole. Iniziano le danze.
Romeo e Giulietta
un’abusata, meravigliosa bugìa
Sono due i numi tutelari che sostengono la potenza drammatica e la fortuna, coreutica
e musicale, di “Romeo e Giulietta”, tragedia antica resa contemporanea dalla sensitiva
materia che la informa. William Shakespeare è l’autore all’origine della drammaturgia,
del plot narrativo e della seduzione perenne che la storia degli amanti di Verona ancora
esercita, a centinaia d’anni di distanza dalla sua elaborazione. Tra il 1591 e il 1596,
Shakespeare dà il “la”, e sigla l’intera circostanza per ogni successivo approccio. Il
Bardo filtra una materia drammaturgica che gli deriva da scrittori italiani: Masuccio
Salernitano, Luigi da Porto e Matteo Bandello, a loro volta liberamente tradotti e
saccheggiati, nella seconda metà del ‘500, da altri poeti e drammaturghi inglesi, ai quali
infine attinse lo stesso Shakespeare. Questi però trasfigura le coordinate ricevute di
“Romeo e Giulietta”, e ci guida per mano nel dramma e nel labirinto profondo delle
passioni. Il tema della “morte viva”, l’Angoscia e l’Amore, il Fato e la Fortuna, l’ambiente
cortese, sono da lui imbevuti di dolcezza, e poi gettati nel vento di un sublime percorso,
tra metafore e accenti ineguagliati. Una derivazione che, come suggerisce Mario Praz,
è mediata, per frasi e luoghi retorici, dal petrarchismo. Così facendo, Shakespeare
trasforma la vicenda nella più abusata eppur meravigliosa di tutte le storie e le bugie
che si raccontano in teatro e sullo schermo. Le assegna infatti la sorte che tocca ai
grandi classici: la capacità di suscitare, in eterno, nuove possibilità creative, riscritture
che, agganciate al tempo di oggi, o di ieri, ne esplorano, da dentro, vesti e potenzialità
espressive senza fine. È tutta Verona, nel suo complesso, ad essere inquadrata in primo
piano; e di quella scena, di quella trama ci appassionano sia le figure romantiche dei
due eroi principali come la servitù, o i grotteschi personaggi popolari del Carnevale.
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Romeo e Giulietta non sono di per sé personalità esclusive: è la purezza dei sentimenti,
la forza d’animo, l’ardore delle passioni che li rendono tali. In loro convivono la Passione,
che tutto e tutti travolge con il suo impeto, e la Morte, che purifica e spazza via corpi e
tensioni.
Tanta materia ha attraversato indenne tutte le arti, e si è rigenerata in ogni
ambientazione possibile. Perché ha trovato e ancora trova, nelle sue stesse pieghe, nella
combinazione felice se pur drammatica di elementi che la integrano, lo spazio per mille
riletture. Capaci, di volta in volta, di modificare o rovesciare, come un morbido guanto,
forma e sostanza della vicenda.
Da Shakespeare, sono derivate le pagine musicali di alcuni autori minori, subito
dimenticati, come Marescalchi, Steibelt, Schall, ai quali sono però seguiti i grandi, come
Berlioz e, soprattutto, Tchaikovskij. Dal 1938, la celebrata storia d’amore e morte
shakespiriana è anche uno dei soggetti preferiti nella scena ballettistica internazionale,
e un parterre di autori regali ha provato a farci credere che è proprio l’amore tutto ciò
di cui abbiamo bisogno, grazie al magico contributo di Serghej Prokofiev (1891-1953).
Egli crea la partitura fra il 1934 e il ’35, con Serghey Radlov, autore del libretto; la loro
versione, a lieto fine, è subito rifiutata dalla censura stalinista, perché ritenuta troppo
moderna, tanto che il compositore è costretto a rimaneggiarla.
Eppure sono proprio le pagine del drambalet “Romeo e Giulietta”, uno dei suoi lavori
più riusciti, a rendere Prokofiev una voce d'immediata riconoscibilità pur nella lunga
teoria di modi che lo caratterizza. A Parigi, lontano dalla madre patria, lui e Igor
Stravinskij, sono ‘ribattezzati’ dal segno maieutico di Diaghilev. Il diabolico impresario
coglie ed esalta le radici di entrambi nella loro prima linea stilistica, da “impressionismo
russo”, ne lancia l’identità come i più importanti compositori di musica per balletto del
‘900. Coloro che, in un modo speciale, affermano la danza come strumento e metafora
del dinamismo, sguardo privilegiato dell'esplorazione di nuove modalità percettive,
icona della modernità.
Tuttavia Prokofiev non avverte, come Stravinsky, il bisogno di sconvolgere così
radicalmente l'ordine delle forme tradizionali. Parlerà se mai del bisogno di attenuare, o
dirottare in altra forma e direzione, le dissonanze secche, il tumulto espressivo, le
asimmetriche combinazioni che esaltano il secondo. Per Prokofiev è un ellisse che, da ‘Ala
et Lolly’, nel 1914, poi ‘Suite Scythe’ (1923), con ‘Chout’ (1921), ‘Le Pas d’Acier’ (1927),
approda a ‘Le fils prodigue’ (1929), congedo dal mondo di Diaghilev e dei Ballets Russes.
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E se Stravinsky trova e sceglie, come suo interlocutore privilegiato, la purezza
neoclassica delle forme di George Balanchine, i titoli per balletto scritti da Prokofiev
trovano ogni volta un coreografo diverso. Per oggettive circostanze interlocutorie e
perché il compositore era assillato dall’ansia perenne d’una dimensione sonora sempre
nuova, varia e originale. Almeno sino al ritorno in patria nel ’36, quando la sua musa si
genuflette a Zhdanov e al diktat del realismo socialista. Salvo, paradossalmente, e pur
agendo nell’ambito obbligato della “leggibilità per tutti”, mantenere intatta la varietà
necessaria all’espressione coreografica, e da produrre, negli anni seguenti, altri
capolavori ballettistici, come “Cenerentola” e “La favola del fiore di pietra”. Come?
Scrive il compositore, nella propria autobiografia, che “i Russi amano i balletti a serata
intera, all’estero quelli di breve durata. La differenza nasce dal fatto che attribuiamo
grande importanza alla narrazione e al suo sviluppo”.
In lui, e in particolare nello spartito di “Romeo e Giulietta”, l’impronta classica, poggiata
su un impianto solidamente tonale, va in fibrillazione in una intemperanza sempre piena
di vitalismo. Lo slancio lirico di grande respiro si accompagna all'ironia tagliente,
sarcastica, che approda spesso al grottesco, ad una nervosa linea moderna (incluso ciò
che lui chiama "crudezza"), mentre il senso ritmico, travolgente e “istintivo”, corre e
s’impone a ridosso della trama, e diventa base solida e indispensabile nel balletto.
Tutto, in “Romeo e Giulietta”, viene unificato nell’uso di motivi ricorrenti non solo per
indicare l’ingresso di personaggi in scena, ma per sottolineare la forza del dramma,
accendere emozioni, indicare il cambio delle situazioni nell’incombere del fato. Nascono
qui i tanti volti di Giulietta: dall’adolescente ingenua all’amante appassionata, dalla
ribelle alla maschera di dolore nella morte. Sbocciano qui le meraviglie del gioco mimico
e atletico di Mercuzio, il suo spirito saturnino, l'esuberanza che egli paga con la vita.
La partitura è diventata a sua volta una trama, il doppio specchiato di quella
shakespiriana, sulla quale ciascun coreografo ha sciolto il proprio ordito: da Ivo Psota,
autore della prima edizione, seguito a ruota da Lavronskij (1940), e poi ancora da
Cranko (1958), Mac Millan (1965) e Preljocaj (1990), solo per ricordare i massimi, in un
terreno dove ancora oggi si incrociano sguardi assai diversi. Il confronto è aperto in
queste pagine che sanno stregare al millesimo ascolto: perché, anche nei momenti più
lirici, il vento e la tempesta sono in agguato sotto la calma della superficie.
Mozart e Rioult, fra Europa e America
Il coreografo Pascal Rioult spiega così la ragione del successo di pubblico che riscuote
con le sue creazioni: “Il mio caso è interessante perché sono alla confluenza di due
culture, e il mio lavoro è il risultato di questa specie di mélange. La mia cultura europea
e le mie origini francesi affiorano molto nel mio pensiero. Ma la tecnica che impiego, la
stessa modern dance di Josè Limòn e Martha Graham, quella che io chiamo la base
classica della modern dance, è completamente americana. È diventata la mia, io la
trasformo in qualcosa di più contemporaneo. Tutto ciò rende il mio lavoro molto
particolare. Negli Stati Uniti la mia è una compagnia che ha un aspetto europeo, mentre
in Europa le caratteristiche diventano americane. È questo che crea l’interesse per la
compagnia, e spiega il successo che riscuoto in Francia e in Europa. Soprattutto da parte
del pubblico, che vi ha riconosciuto una danza molto strutturata”.
Forte e strutturato sono gli aggettivi giusti per il lavoro di un coreografo che, prima di
diventare tale, è stato, in Francia, campione nazionale di corsa ad ostacoli. Ma la corsa e
il salto più importanti Rioult li ha fatti a New York, dove ha studiato danza nella scuola di
Martha Graham. Qui, nel 1984, diventa principal dancer, e interpreta molti ruoli prestigiosi
del repertorio Graham. I suoi primi approcci informali con la coreografia risalgono al 1984,
ma diventano creazioni ufficiali per la stessa compagnia Graham solo nel 1989.
Martha Graham mette il lievito, dunque, ma è Rioult che tira fuori la pasta di cui è fatto.
Ed è solido quanto serve, per intelligenza e sensibilità, da non farsi schiacciare da quella
preponderante lezione. Tanto che un critico di danza dei più severi, Anne Kisselgoff, sul
New York Times, definisce il suo stile permeato da “a liberating affinity, rather than
slavish devotion”. Ovvero, nella danza di Rioult c’è solo farina del suo sacco, affine, sì,
a quella della Graham, ma non condizionata da una imitazione pedissequa. Dal 1992
Rioult dà vita al Pascal Rioult Dance Theatre, oggi Pascal Rioult New York, gruppo
composto da una decina di danzatori, per i quali ha firmato, sino ad ora, circa quaranta
creazioni. Per ognuna di esse, sceglie il principio di partenza, che lui stesso ci ha
dichiarato: “Una visione forte e rigorosa della coreografia, sul piano delle idee che le
sono dietro e a livello della struttura. Non si costruisce un palazzo senza una buona
fondazione e solidi principi di costruzione". Il tutto è da lui sottolineato parlando della
Messa in Do minore K 427, di W.A.Mozart, da lui recentemente tradotta in danza.
Musica e danza, per riflettere
Le proposte di Rioult, e le sue letture, offrono lo spunto per riflettere con la dovuta
attenzione su un rapporto fondamentale, ma ancora poco dibattuto: quello tra le
strutture, l’organizzazione e il senso intimo della danza, e la sua relazione con la musica.
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Un rapporto che, secondo i tempi, i luoghi, le mode e gli autori, è, di volta in volta,
specchiato, sottovalutato, scelto, raffazzonato, incidentale, consequenziale o come altro
si vuole. Ma mai, sufficientemente, delineato, tematizzato, teorizzato.
Non c'è niente di più solido della musica di Mozart.
“Sì - risponde il coreografo - la Messa è una partitura di una tale grandezza, ed io, per
la prima volta, affrontavo una pièce con più di un'ora di coreografia. Così che il lavoro
è stato enorme, ed ho avuto bisogno di rivederlo in alcuni punti. Era una sfida, qualcosa
che volevo fare da molto tempo, ma aspettavo di essere pronto. Volevo anche dedicarla
a mia madre, morta prima di concludere la coreografia. Quel momento è stato ancora
più difficile, anche se mi ha ispirato il ricordo di lei, cantante, e direttrice di coro”.
Dunque la vocalità delle partiture classiche, e sacre, le è familiare?
“In qualche modo è sempre stata molto importante per me, l'ho sempre ascoltata
quando avevo bisogno d'ispirazione, o di un momento di riflessione profonda. La
difficoltà è stata affrontare la magia della musica di Mozart, le cui proprietà mi hanno
sempre intrigato: è come una medicina, porta l'anima e il cuore in un altro universo. E
non si comprende come Mozart, che pure era molto umano, un bon vivant, abbia saputo
toccare il divino, il trascendente”.
La scomparsa di una persona cara è stata una sfida, una spinta per fare di più.
“L'idea che mi ha conquistato è stata quella di trascendere e sostituire il vuoto, la
mancanza, con qualcosa di pieno e di ricco, di bello e di vero. Che si creda o no in Dio,
facciamo parte dell'universo, dentro il quale c'è il nostro posto. Si nasce e si muore, non
ha importanza, perchè è una continuità“.
Guardare in faccia l'immensità, non è un pensiero che suscita timore?
“L'anno precedente ho affrontato la versione orchestrale dell'Arte della Fuga, di Bach.
Ho così scoperto il concetto di 'Mysterium Harmonicum', filosofia dell'epoca tradotta da
Bach e Mozart nel senso dell'ineffabile mistero dell'Armonia. È straordinario avvertire, nel
grande caos della vita e dell'universo nel quale siamo immersi, questo sentimento di un
ordine divino. Non dico sul piano religioso, perché non lo sono, ma questa sensazione c'è,
ed è molto importante, in Bach e Mozart. L'altra cosa che mi ha interessato molto è la
miscela di sacro e profano: Mozart è stato il primo a fare musica sacra unendo la scrittura
barocca, molto forte e severa, con la leggerezza e la grazia dell'opera. Un mélange
scioccante per l'epoca. Le linee di musica del soprano, ad esempio, sono straordinarie, per
quanto sono dolci, galanti. E anche per la danza questo apporto è straordinario”.
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Come ha spiegato tutto questo ai danzatori?
Non lo si può spiegare ai danzatori. Ho dato loro delle immagini, parole che li hanno
aiutati a trascrivere le idee nella qualità e nel ritmo del movimento. Ancora una volta,
bisogna trascendere nella bellezza della musica e della danza, con il corpo che diventa
contenitore capace di trascrivere le idee. Non so perché, ma ho deciso che i danzatori
dovessero spostarsi in scena con movimenti che avessero la libertà, la leggerezza, il
lato effimero della farfalla.
La prima immagine importante del pezzo è una danzatrice che tira a sé una grande
stoffa: strappa un pezzo di cielo. Altre immagini, ambigue: un trio, un uomo e due donne,
sono un essere a tre teste, una chimera. Traduce l'idea del purgatorio, un luogo che non
è una cosa né l'altra. Mi sono ispirato alla 'Commedia' di Dante anche per l'Agnus Dei,
dove i danzatori, in una coda di luce, come 'La zattera della Medusa', di Delacroix,
cercano di alzarsi mentre sono sul punto di perdersi nel vuoto, l'Inferno. Da un punto
all'altro del balletto, ogni sequenza ha la sua particolarità, anche dolorosa, ma tutto
conduce verso la salvezza dell'umanità. Perché la danza è già in questa musica, per la
quale valgono le parole di Michelangelo: la statua è già nel marmo, bisogna farla uscire,
togliere ciò che è in eccesso.
Carmina Burana, il tempo che fugge
Sono ben noti il potere suggestivo e lo slancio che Carl Orff (1895 -1982), imprime ai
“Carmina Burana”. Orff li compone tra il 1934 e il 1936, come cantata per soprano,
baritono, coro, coro di voci bianche e organo, con la volontà di ricreare in musica un
Medioevo totalmente d’invenzione. La partitura, che si giova degli echi dello Stravinsky
di “Les Noces” e de la “Sinfonia dei Salmi”, riprende testi poetici contenuti in una delle
più importanti sillogi di documenti poetici del Medioevo. Il Codex Latinus Monacenis è
infatti un manoscritto del XIII secolo, proveniente dal convento di Benediktbeuern
(l'antica Bura Sancti Benedicti, fondata verso il 740 da San Bonifacio presso Bad Tölz,
Baviera), attualmente custodito nella Biblioteca Nazionale di Monaco di Baviera. Il
termine “Carmina Burana” è coniato nel 1847 dallo studioso Johann Andreas Schmeller,
con la prima pubblicazione del manoscritto.
Si tratta di 315 componimenti poetici, redatti da diversi autori, distribuiti su 112 fogli
di pergamena, decorati con miniature, e suddivisi per argomento: satirico, morale,
amoroso, conviviale, sacrale. I testi, in latino, alcuni in alto tedesco, talvolta osceni,
pagani e anticlericali, ci parlano di vino, gioco, donne e piaceri della vita. Sono esaltati
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da una poesia che nasce in ambiente colto, ma che usa, a fine parodico, i modi del
linguaggio ecclesiastico, con parodie blasfeme della liturgia. Vi emerge però anche un
moralistico rifiuto della ricchezza, e la condanna della curia romana, dedita alla ricerca
del potere, accusata di “distruggere la legge del Signore”, dedita al “denaro, re
assoluto”. Fra il mito del gotico tenebroso, citato dallo stesso Orff, e una
spregiudicatezza che non teme la punizione divina, i canti rovesciano, in modo ironico
e divertito, i dogmi della cultura allora dominante.
Orff compose a ridosso di questi temi musica nuova, benché nel manoscritto originale
fossero contenute tracce musicali. L'opera venne accolta prima con diffidenza, poi, e
purtroppo, con tale entusiasmo dal Nazismo che l'autore restò bollato, a vita, come artista
di regime, anche per aver realizzato le musiche di apertura degli “Olympische Jugend”.
Il tempo gli ha reso giustizia, tanto che la composizione oggi è inserita a pieno titolo
nel repertorio internazionale, e suoi estratti sono stati e sono saccheggiati a piene mani
da cinema e pubblicità.
Per la stratificazione di epoche che contiene, “Carmina Burana” è un’opera complessa
e completa, ma è anche, in realtà, un grande “falso d’autore”. Orff ha infatti composto,
con talento, una musica funzionale, “alla maniera di”, certo non una partitura di musica
religiosa del medioevo. I “clerici vagantes”, cui si riferisce il testo, non sono
un’emanazione del demonio, un’evocazione sabbatica del male. La loro principale
funzione è stata invece, e notoriamente, quella di amanuensi, trascrittori di testi classici.
Piuttosto, se possiamo individuare nel testo un filo rosso che lega fra loro i
componimenti, questo è dato dal leitmotiv del tempo che passa inesorabilmente,
lasciando l'uomo senza alcun tipo di certezza.
Vitalità e ritmo in una partitura controversa
Dunque un balletto tratto dai “Carmina Burana”, musica tra le più citate e controverse
del Novecento, ha, già sulla carta, più di un motivo di interesse. Tanto che la musica di
Orff ha affascinato molti grandi coreografi del Novecento. La partitura stessa debutta,
a Francoforte, nel 1937, in una coreografia di Inge Härtling. Di lì a breve (1943) se ne
impossessa Mary Wigman, grande sacerdotessa della danza moderna, cui fanno seguito
John Butler (1959), Ruth Page (1956), George Skibine (1950), Alvin Ailey (1973), Youri
Vamos (1985), Robert North (1990), in un elenco ben più ampio.
La regia e la coreografia di Mauro Astolfi, nella sua versione per la Spellbound Dance
Company, nascono dal desiderio di reinterpretare musiche e canti che, per la loro
dirompente vitalità e ritmo, hanno infine conquistato una propria autonoma dignità in
sede concertistica. Nel balletto, i dieci danzatori della compagnia, un gruppo ben
conosciuto e apprezzato, tracciano un percorso tra i sentieri dei Carmina, un viaggio che
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insegue i goliardi medioevali per sottolineare lo spirito inquieto dei giovani d'oggi e il
loro pessimismo. Il coreografo si muove con respiro amplissimo, con movimenti che
sono sempre condizionati (se non generati) dalla potenza della musica. Astolfi risponde
alle note vibranti dispiegando un’altrettanto variegata forza ritmica, mentre il gioco
d'amore, declinato in più latitudini, insieme all'esplorazione del movimento d’insieme,
ha incastri sapienti fra la compagnia e parti di essa.
Al sapore epico della colonna sonora che vi pulsa dentro, Astolfi ha aggiunto un “tocco”,
temperante, di Antonio Vivaldi. Il risultato è una serie di superbi flash visivi e sonori,
favoriti dalla scenografia, che diventa mezzo coreografico e protagonista insieme ai
ballerini. Questi, sospinti da una forte, aggressiva sensualità, concatenati dalla musica
e dall’abilità del fraseggio coreografico, inalberano soluzioni che dimostrano la
possibilità di una strada alternativa, ampiamente vincente, fra il balletto a soggetto
narrativo e quello “astratto”.
Interessante per invenzione e plasticità del linguaggio corporeo contemporaneo, ardito
nelle tensioni dinamiche tra le figure ed il contesto scenico-spaziale, il balletto di Astolfi
scolpisce con raro impatto visivo i gesti e i sentimenti di un’umanità inquieta. La danza,
dunque, testimonia e cerca di fondere la propria forza narrativa con quella della musica.
Come a riunire e a completare lo spirito più profondo dei Carmina.
Pentesilea, figura della mitologia greca
Pentesilea, figura della mitologia greca, condannata da Afrodite, da lei sfidata, ad essere
violentata da tutti i maschi che la vedono, si cela alla vista coprendosi con una splendida
armatura. Distintasi per l'audacia, diventa Regina delle Amazzoni, popolo di donne
guerriere abitanti della Scizia e del Ponto, antica regione dell'Asia Minore.
Nell'iconografia che la riguarda, Pentesilea è ritratta come una guerriera valorosa e
bellissima. Accorsa in aiuto di Priamo, re di Troia, nei dieci anni della guerra che l'oppone
ai Greci, uccide guerrieri ed eroi. Affronta in duello lo stesso Achille, ma viene da lui
colpita mortalmente. Secondo altri autori, invece, quando si scontra con Achille,
Pentesilea ha la meglio e lo uccide.
Citata da Dante Alighieri nel Limbo dei grandi spiriti del passato, è conosciuta anche
nella letteratura spagnola, ma è presente anche ne “L'Orlando innamorato”, di Matteo
Maria Boiardo, ed è citata ne “L’Orlando furioso” di Ludovico Ariosto, come anche da
Shakespeare ne “La dodicesima notte”.
Nella più famosa e conosciuta rivisitazione del mito, Heinrich Von Kleist (1777-1811)
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sceglie nel 1808 una grecità arcaica, altera molti dati del mito, e, in tremila versi di
passione, immagina che, travolta dalla letale passione per Achille e da lui ricambiata,
in un accesso di furore dionisiaco sia l’androgina regina a uccidere il femmineo Achille,
e farne scempio.
Nel suo risveglio emozionale e sessuale, Pentesilea dunque distrugge l’oggetto stesso
del suo amore, che lei divora, ma anche se stessa e infine tutto il regno delle Amazzoni.
Salvo poi rientrare faticosamente, come svegliandosi dalla trance, in uno stato di
coscienza e disperazione al di là del quale non le resta che la morte. Pentesilea non
lotta solo contro gli dei, ma contro l’avversario e il destino, in un conflitto che è
all’interno del suo stesso cuore. Pentesilea è l'immagine di una donna piena di rabbia
e di voglia di rivalsa verso secoli di predominio maschile, animata da voglia di giustizia
e di far udire una voce che nessuno finora ha mai voluto ascoltare.
L'alone romantico e il demonismo tragico che circondano le pagine di Kleist ne hanno
fatto un testo tra i più affascinanti e frequentati dal teatro “d'arte” del '900, ma
scarsamente realizzato in danza. Oggi si confronta con questa figura Francesca La Cava,
una coreografa attenta all'analisi del Mito, all'antropologia e al teatro del "900.
L'artista, nei suoi lavori, porta in scena il quotidiano, le denunce della società e della
storia dei nostri tempi, catapultando riti e culture del passato nel mondo
contemporaneo.
Il suo “Pentesilea: Wonder Woman”, realizzato per il Gruppo E-motion, denuncia il
capovolgimento dei ruoli maschio/femmina con una performance di danza che riflette
l'ascesa del sesso debole a sesso forte, ma con questo anche la sua inevitabile
trasformazione in essere androgino e privo di fascino. Oggi come ieri, secondo La Cava,
“Pentesilea è una donna piena di rabbia con il desiderio di vendetta e di affermazione
nei confronti del genere maschile e del suo secolare predominio. Donne in armi, duellanti
e lottatrici, belle e pericolose, ragazze armate: le Amazzoni moderne, con le loro diverse
incarnazioni, continuano ad essere dei personaggi ambigui e temibili, ma anche
attraenti e vincenti, che ripropongono le sfaccettature dell’antico mito, ne incarnano
alcune delle potenzialità di senso. L’arte ha il potere di trasformare i dati di realtà
sollecitando l’analogia con l’antica figura mitica. Ma la rabbia di queste moderne
Amazzoni troverà una soluzione attraverso la vendetta nei confronti del genere
maschile? La nostra “Pentesilea: Wonder Woman” è una novella Amazzone, animalesca
e scatenata, atleta protagonista dei nostri tempi, abbigliata con costumi e scene che
ricordano l’antico mito, ma soprattutto i fantascientifici cartoon”.
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Il Rumore dell’Amore
18
Compagnia Fabula Saltica
Panta Rei
Gran Gala di danza classica
24
Balletto di Stato del Teatro di Kosiče
Romeo e Giulietta
27
Balletto di Stato del Teatro di Kosiče
Grande Messa in Do Min. K.427
30
Rioult Dance New York
Carmina Burana
36
Spellbound Dance Company
Pentesilea: Wonder Woman
Gruppo E-Motion
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Foto Paolo Ferrari
Teatro studio - Viale Oroboni, 14 - Rovigo
martedì
mercoledì
giovedì
venerdì
sabato
9 mar 10
10 mar 10
11 mar 10
12 mar 10
13 mar 10
ore 10.30
ore 10.30
ore 10.30
ore 21.00
ore 21.00
teatroragazzi
teatroragazzi
teatroragazzi
fuori abbonamento
fuori abbonamento
Il Rumore dell’Amore
ispirato a Paolo e Francesca
e agli innamorati contemporanei
da un’idea di Vito Alfarano
Compagnia Fabula Saltica
coreografia Vito Alfarano
regia Luigi Marangoni
video Alessandro Gasperotto
costumi e oggetti Elena Frigato
musiche di autori vari e originali
degli allievi della classe di musica d’uso del Conservatorio “F. Venezze” di Rovigo
coordinati da Paolo Zambelli
con testi tratti dai diari dei detenuti della Casa Circondariale di Rovigo
interpreti Vito Alfarano I Federica Iacuzzi I Paola Maran I Manfredi Perego
Il Rumore dell’Amore
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Progetto prodotto dall’Associazione Balletto “città di Rovigo” realizzato con il contributo del Ministero per i Beni
e le Attività Culturali, Regione Veneto ARCO Danza, in collaborazione con Comune di Rovigo - Assessorato alla
Cultura e Spettacolo, in coproduzione con Ente Rovigo Festival
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VITO ALFARANO danzatore e coreografo
E' nato a Brindisi il 15 gennaio 1978 dove frequenta, all'età di 10 anni, corsi di
ginnastica artistica e successivamente studia danza classica, moderna e
contemporanea. Dopo aver preso parte al Corso di Perfezionamento Professionale per
Danzatori, cofinanziato dalla Regione Veneto, svoltosi presso il Teatro Sociale di Rovigo
e diretto dall'Associazione Balletto “città di Rovigo”, entra nel 2000 a far parte della
compagnia Fabula Saltica e lavora nelle produzioni “Together” coreografie di F.
Monteverde e C. Ronda , “Il Pranzo”, “Pinocchio Burattino senza fili” nel ruolo di
Pinocchio, “Histoire du Soldat” nel ruolo del soldato, “Pulcinella” nel ruolo di Coviello
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con le coreografie di C. Ronda; “Dylan Dog” coreografia N. Musin; “Mattähus Passion”
coreografia Ismael Ivo. Alterna la propria attività danzando per i coreografi Mauro
Bigonzetti, Michela Barasciutti, Micha Van Hoecke, Luca Veggetti, Vanessa Tamburi,
Schreiner Karl Alfred. Nel 2004 vince il primo posto come solista al Concorso di danza
“Pescara dance Festival”. Nel 2006 crea la coreografia “Danza a corte nel tempo” per
il VII Festival della canzone città di Brindisi e nel 2007 lo studio “Oltre i
confini…liberamente ispirato a Paolo e Francesca” . Con quest’ultima creazione rientra
in “Percorsi d’Autore” vetrina per giovani coreografi e vince primi premi in festival di
coreografia nazionali e internazionali come nel dicembre 2009 in Polonia il GRANPRIX
al “THE IV INTERNATIONAL SERGEI DIAGHILEV COMPETITION OF CHOREOGRAPHIC
ART”. Nel 2008 inizia la costruzione di un percorso che vede la danza svilupparsi
attraverso varie argomentazioni legate alle problematiche sociali: detenzione e
audiolesismo. Nel 2008 e 2009 è così ideatore, responsabile di progetto e docente del
laboratorio “movimento corporeo e teatralità” svoltosi con i detenuti della Casa
Circondariale di Rovigo. Nel 2009 è ideatore e coreografo dello spettacolo per la
compagnia Fabula Saltica “Il Rumore dell’Amore... Ispirato a Paolo e Francesca e agli
innamorati contemporanei” e nasce la sua collaborazione con il regista Luigi Marangoni.
Raccolgono le parole di innamorati contemporanei dai danzatori presenti nello
spettacolo e dai detenuti nel carcere di Rovigo, luogo di isolamento, dove chi ama non
ha la possibilità di vivere concretamente i propri sentimenti. Questi racconti hanno
arricchito Il Rumore dell’Amore di profondità, verità e poesia.
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Foto Nicola Boschetti
COMPAGNIA FABULA SALTICA
L’identità che ispira la compagnia Fabula Saltica dalla sua fondazione è basata sulla
creazione di un repertorio attento alla contemporaneità, tracciato su rigorosi criteri
tecnici e artistici, con la produzione di spettacoli di danza che prevedano la
commissione di nuovi lavori a coreografi e compositori italiani e stranieri. Attraverso
l’esplorazione del piacere istintivo del movimento, mettendo in rilievo il lato più
sensoriale ed emozionale della danza, la compagnia si pone l’obiettivo di coinvolgere
sempre più ampie fasce di pubblico. In vent’anni di attività la compagnia ha realizzato
oltre 30 produzioni e ha rappresentato i propri spettacoli in importanti festival italiani
e stranieri. Fabula Saltica è residente presso il Teatro Sociale di Rovigo, è riconosciuta
dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. E’ diretta dal coreografo Claudio Ronda.
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Monforte, regia di Lazzaro Calcagno. E’ Dracula nella produzione del Teatro Garage di
Genova, regia Lorenzo Costa. Progetti futuri a cui sta lavorando: Autoritratti dal carcere,
istallazione video da proiettare sulle pareti di edifici pubblici di Rovigo, in cui 12 detenuti
parlano di sé in un “confessionale” particolare. Biografie 2010-2020, progetto
decennale di ricerca, che di svilupperà attraverso seminari e spettacoli. Si può raccontare
una vita? Cosa e come si può raccontare?
ALESSANDRO GASPEROTTO videomaker
Attore teatrale, regista e operatore video ha realizzato diversi clip pubblicitari, tra cui
due per le feste estive Lipton Italia. Come Atelier X, ha all’attivo la creazione di un
fumetto autoriale (Il Rito, edito da Medicina Nucleare), le performance La maison des
desirs e Sguard io, la regia dello spettacolo teatrale La vita è perfetta, la cura di sette
illustrazioni per la rivista d’arte Pasages, l’installazione multimediale Sguard 0. Ha
collaborato stabilmente per dieci anni con la compagnia teatrale Teatro del Lemming
(Rovigo). Si occupa di riprese e montaggi per documentari, programmi televisivi e video
promozionali.
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Foto Nicola Boschetti
LUIGI MARANGONI regista
Si diploma come attore nel 1993 alla Bottega Teatrale Vittorio Gassman di Firenze con
Vittorio Mezzogiorno, Paolo Giuranna, Claudio Puglisi e Alvaro Piccardi. Lavora come
attore con Teatri Stabili (Trieste, Fiume, Padova, Genova), scegliendo contemporaneamente
strade che lo portano ad approfondire l’arte dell’attore e il fare teatrale al di fuori del
circuito tradizionale. Segue in prima persona il movimento teatrale degli anni ’90,
lavorando ad alcuni spettacoli del Teatro del Lemming, tra cui Faust nella parte di Faust.
Viene selezionato come attore del progetto “Il Cervo disertore”, gruppo internazionale
di attori diretti da Naira Gonzalez (Odin Teatret), di cui diviene presidente per due anni.
Fonda il Teatro Mistral presso il CTR (Centro Teatrale di Ricerca) di Venezia e poi si
trasferisce a Genova, realizzando tra gli altri Intra Rubens, uno spettacolo finanziato
da “GeNova 2004 Capitale Europea della Cultura”, con la regia di Gabbris Ferrari. Scrive
e cura i testi di spettacoli e in alcuni casi anche la regia. Nel 2006 inizia la collaborazione
con la casa editrice Il Narratore dando voce a grandi capolavori della letteratura
mondiale di Goethe, Stevenson, Wilde, Salgari, Dostoevskij e Bronte. Nel 2007 realizza
ed interpreta il monologo “The other side - Rimbaud & Jim Morrison”, prodotto dal
Teatro Il Sipario Strappato e dal XIII Festival Internazionale di poesia di Genova. Scrive
e dirige presso l’Autorità Portuale di Genova e con il contributo della Rai “Appunti per
uno spettacolo sul 30 giugno 1960”, ispirato alla grande rivolta antifascista genovese.
Scrive e dirige “Romeo & Giulietta Studio” per un progetto didattico del Teatro Garage
di Genova. Partecipa come attore a due spettacoli del Teatro Il Sipario Strappato: “La
notte in cui Oscar tornò a casa” e “Come l’erba ai bordi della ferrovia”, di Calcagno e
Teatro Sociale di Rovigo
venerdì
19 mar 10
ore 20.30
turno oro, turno c
Panta Rei
Gran Gala di danza classica
Divertissement in due atti
Balletto di Stato del Teatro di Kosiče
drammaturgia Ondrej Šoth
assistenti alla coreografia Oleksandr Khablo · Liudmyla Zhytnykova
ATTO PRIMO
Lago dei Cigni - Polonaise
ripresa coreografica Oleksandr Khablo I musica Pëtr Il’ič Cajkovskij
Plonaise è il nome di una danza nazionale polacca in ¾.
Nel 17° secolo era considerata la danza favorita della nobiltà.
Lago dei Cigni - Adagio dal terzo atto
ripresa coreografica Marilena e Andrej Halasz I musica Pëtr Il’ič Cajkovskij
Il Lago dei Cigni è uno dei più famosi e acclamati balletti del XIX secolo, musicato da Pëtr Il'ič Čajkovskij.
La prima rappresentazione ebbe luogo al Teatro Bolshoi di Mosca il 20 febbraio 1877.
Primo dei tre balletti di Čajkovskij, narra dell’amore fra Odette e il principe Sigfrid.
Le Papillon - Adagio
ripresa coreografica Liudmyla Zhytnykova I musica Jacques Offenbach
Le Papillon (La Farfalla) è un “Balletto fantastico” in due atti con le coreografie di Maria Taglioni
e le musiche di Offenbach. Fu presentato per la prima volta a Parigi al teatro dell’Opéra nel 1860.
Il balletto narra le vicissitudini di una fanciulla trasformata in farfalla da una fata cattiva.
Panta Rei
Gran Gala di danza classica
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da un bozzetto di León Bakst
La morte del cigno
ripresa coreografica Liudmyla Zhytnykova I musica Camille Saint-Saëns
E’ un breve balletto di Mikhail Fokine su un pezzo di Camille Saint-Saëns, il cigno dal Carnevale degli animali,
composto nel 1901 appositamente per Anna Pavlova e messo in scena per la prima volta nel 1905 a San
Pietroburgo. Da allora il balletto ha influenzato le moderne interpretazioni di Odette nel lago dei cigni di Čajkovskij
e ha ispirato varie interpretazioni, anche non fedeli alla trama originale.
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Giselle - Adagio
ripresa coreografica Liudmyla Zhytnykova · Ondrej Mykhailo Novikov
musica Adolphe Charles Adam
Giselle, ovvero il balletto classico e romantico per eccellenza, è ambientato nella valle del Reno, dove la protagonista
Giselle è un’affascinante ragazza che s’innamora di Albrecht, credendo sia un contadino ma che in realtà è il duca
di Slesia.
Pas de deux
coreografia George Balanchine I musica Pëtr Il’ič Cajkovskij
Brano entrato nel repertorio del balletto classico il Pas de Deux di Balanchine, creato nel 1945, è considerato uno
delle coreografie più famose del grande maestro.
ATTO SECONDO
Don Chisciotte - Atto III
coreografia Rafael Avnikjan I musica Ludwig Minkus
Don Chisciotte è uno dei classici più famosi e amati. La storia d’amore della giovane Kitri e del barbiere Basilio si
incrocia con le avventure cavalleresche di Don Chisciotte e Sancho Panza, tratte dall’opera di Miguel de Cervantes.
Nel balletto c’è il respiro di un’opera buffa o di una pièce della Commedia dell’arte, tra folklore spagnolo, danze
di gitani e l’incanto del regno delle Driadi. La coreografia richiede verve e tecnica superba: una vera prova di
bravura per ogni étoile.
Teatro Sociale di Rovigo
sabato
20 mar 10
ore 20.30
turno oro, turno c
Prima Nazionale
Romeo e Giulietta
Balletto in due atti
Balletto di Stato del Teatro di Kosiče
coreografia, scenografia e direzione Ondrej Šoth
assistenti alla coreografia Oleksandr Khablo · Liudmyla Zhytnykova
assistente alla direzione Oleksandr Skopintsev
musica Prokofiev · Pergolesi · Mozart
drammaturgia Zuzana Mistríková
costumi Andriy Sukhanov
riprese video Vasyl Sevastyanov
montaggio video Maroš Ondrejka
direzione di palcoscenico Lena Képešová
coreografia dei duelli Gustáv Kyselica
Giulietta in un bozzetto di Erté
personaggi e interpreti
Giulietta Lyudmyla Vasylyeva
Romeo Andriy Sukhanov
Mercuzio Mykhailo Novikov I Tebaldo Jozef Marčinský
Paride Anton Faraonov I Benvolio Maksym Sklyar
Nutrice di Giulietta Jana Hriadeová
Baldassarre servitore di Romeo Dominik Béreš
Frate Lorenzo Vasyl Sevastyanov
Padre di Romeo Oleksandr Skopintsev
Madre di Romeo Liudmyla Zhytnykova
Padre di Giulietta Oleksandr Khablo
Madre di Giulietta Inessa Yagolnik
Principe di Verona Pavol Hrehorčák
Seguito di Paride
Peter Nagy · Peter Rolík · Sergii Iegorov · Konstantyn Brandler
Seguito dei Montecchi
Lukáš Bič · Peter Rolík · Konstantyn Brandler
Vasyl Sevastyanov · Sergii Iegorov
Seguito dei Capuleti
Anton Faraonov · Igor Bondarenko · Lukáš Bič
Peter Nagy · Oleksii Skaliun
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BALLETTO DI STATO DEL TEATRO DI KOSIČE
Il balletto di Stato del Teatro di Kosiče vanta oltre cinquanta anni di attività durante i
quali il rispetto per la tradizione e la continua ricerca e innovazione sono stati il punto
di riferimento artistico e tecnico. La svolta decisiva del Balletto di Stato del Teatro di
Kosiče avviene dopo la Seconda Guerra Mondiale, con il ritorno del coreografo Stanislav
Rémara. In quel periodo la compagnia sceglie di allestire solo i grandi titoli del repetorio
classico come Il Lago dei Cigni, Lo Schiaccianoci, Giselle e altri. In questo modo i ballerini
hanno la possibilità di affinare la tecnica e di maturare la professionalità per creare una
delle compagnie più apprezzate della ex Repubblica Cecoslovacca. Dal 1974 la
collaborazione tra il Conservatorio Musicale di Kosiče e il Balletto di Stato dà un ulteriore
spunto per la crescita artistica e stilistica dei ballerini, offrendo la possibilità di
sperimentare la complementarietà di diversi linguaggi artistici e in particolare fra la
musica moderna e contemporanea con il balletto. In quel periodo si forma anche Ondrej
Šoth, attuale coreografo della compagnia, il quale dopo un periodo trascorso all’estero,
torna a Kosiče per mettere in atto nuovi progetti e nuove idee. Nelle sue coreografie Šoth
enfatizza l’aspetto psicologico, l’analisi del mondo interiore, dei caratteri presentati in
scena, caratteri che trovano giustificazione poi nel linguaggio e nel movimento. Un chiaro
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merito di Šoth è la creazione di una nuova generazione di solisti quali Liudmyla Vasylyeva
o Eva Sklyarova. Attualmente la compagnia è formata da ballerini provienti da diversi
Paesi dell’Est europeo e continua a seguire le idee con le quali è nata: tradizione e ricerca.
ONDREJ ŠOTH coreografo
Nato nel 1960 a Bardejov. Ha studiato danza classica al Conservatorio di danza e
coreografia di Kosiče e regia presso la VŠMU di Bratislava. Ha partecipato ai corsi
internazionali sulla Pantomima di L. e M. Fialka Marceaua e a numerosi stages di studio
all’estero. Docente presso la VŠMU di Bratislava, all’AMU di Praga e al Conservatorio,
ha ideato diversi corsi di teatro ospitati anche in Belgio e Francia. E’ stato coreografo
del Balletto da Camera di Praga in Lanterna Magica (1985-89), al Teatro Nazionale
Slovacco e a Monaco di Baviera per gli Arts concerts. Dal 1994-1998 è stato manager
del City Ballet Theatre di Ústí nad Labem. E’ direttore del corpo di ballo del Teatro di
Stato di Kosiče dal 2000. Ha realizzato più di trenta coreografie tra titoli di danza classica
e contemporanea. E’ stato il primo in Slovacchia a utilizzare il principio della Lanterna
Magica per l’esecuzione del balletto Il Piccolo Principe.
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Teatro Sociale di Rovigo
domenica
28 mar 10
ore 16.00
turno oro, turno c
Grande Messa in Do Min. K.427
Balletto in un atto
Rioult Dance New York
direttore artistico Pascal Rioult
direttore artistico associato Joyce Herring
coreografia Pascal Rioult
musiche Wolfgang Amadeus Mozart
scene Harry Feiner I costumi Karen Young
lighting designer David Finley I lighting director Jim French
interpreti Brian Flynn I Charis Haines I Patrick Leahy I Michael Spencer Phillips
Robert Robinson I Jane Sato I Anastasia Soroczynski I Marianna Tsartolia
Programma
KYRIE
Jane Sato e la Compagnia
SANCTUS
Hosanna in excelsis: la Compagnia
GLORIA
Gloria: la Compagnia
Laudamus te: Jane Sato, Marianna Tsartolia,
Charis Haines, Anastasia Soroczynski
Domine Deus: Charis Haines e Anastasia Soroczynski
Qui tollis peccata mundi: la Compagnia
Quoniam tu solus sanctus: Robert Robinson,
Jane Sato, Marianna Tsartolia
Cum sancto Spiritu: la Compagnia
BENEDICTUS
Charis Haines, Patrick Leahy, Anastasia Soroczynski,
Michael Spencer Phillips
HOSANNA
la Compagnia
The Great Mass è stata creata con il sostegno della Kenneth French Fund for New Works ed in parte sviluppata
nello spazio concesso da LaGuardia Performing Arts Center’s lab program.
Distribuzione International Music and Arts
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Foto Nina Alovert
CREDO
Credo: la Compagnia
Et incarnatus est: Jane Sato
Marianna Tsartolia, Brian Flynn, Charis Haines,
Robert Robinson, Anastasia Soroczynski,
John Sorenson-Jolink
Alla memoria di mia madre
Marguerite Rioult (1931-2008) ha dedicato la sua vita alla musica
come insegnante di pianoforte e direttore di coro. Le devo molto
Pascal Rioult
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RIOULT DANCE NEW YORK
Unica nel mondo della danza in quanto aderisce ad una tradizione «Classica» della
Modern Dance, la compagnia Rioult Dance New York è universalmente apprezzata per
le sue esplorazioni audaci e immaginative delle grandi partiture di tutti i tempi. Le ardite
letture di musiche classiche, la sua bravura tecnica e la sua espressività, apportano una
prospettiva fresca a quelli che sono temi musicali immortali. L’atleticità e la prodezza
tecnica dei suoi danzatori, uniti alla loro potenza di espressione, offrono al pubblico
un’intensa esperienza che parla ai corpi, al cuore e all’intelletto. Pascal Rioult è a New
York nel 1981 dove studia danza per un anno grazie ad una borsa di studio del ministero
della cultura. Dopo aver lavorato con Merce Cunningham, scopre Martha Graham e
decide di trasferirsi negli Stati Uniti dove lavora per nove anni con il grande Maestro
della Modern Dance. La sua carriera coreografica inizia nel 1992. Jennifer Dunning,
critico di danza per il New York Times scrive: «Se Pascal Rioult continua a creare questo
genere di balletti, che coreografa da oltre tre anni con così tanta autorità, finisce che
dovrà lasciare la compagnia Martha Graham per fare il coreografo a tempo pieno». E’
così che la Rioult Dance Theatre nasce. Pascal Rioult verrà successivamente invitato a
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creare due opere, Narayama e Harvest, per la compagnia Martha Graham nella stagione
1992 presso il prestigioso City Center Theater di New York. Dal 1994, Rioult si dedica
esclusivamente alla sua compagnia, le cui tournée e il successo mondiale aumentano
in maniera esponenziale. Con dieci danzatori uomini e donne, il gruppo di Pascal Rioult
crea spettacoli acclamati dal pubblico e dalla critica in America e Europa. Dal 2001 la
compagnia produce ogni anno uno spettacolo presso il famoso Joyce Theater di New
York. La compagnia annovera oggi nel suo repertorio più di 20 creazioni e la diversità
di questi lavori mostra molto bene la prolificità e la versatilità del talento di Pascal
Rioult stesso. Nel 2002 la Rioult Dance Theatre ha completato il Ravel Project di cui
Bolero, parte finale, gli viene commissionato da UC Berkeley in California, dal Joyce
Theater di New York, e dal Théâtre de Saint-Quentin-en-Yvelines, nel quadro di una
residenza di un mese. Anna Kisselgoff sul New York Times scrive « Ravel Project è uno
dei programmi tra i più originali della stagione newyorkese». Nel 2004 il repertorio si
sposta verso Stravinsky con Black Diamond «Duo Concertante», di cui il New York Times
dice «Pascal Rioult ha messo in luce, con “brillantezza” la sfida del confronto con
George Balanchine». In più L’Oiseau de Feu, creazione «essenziale» del celebre balletto
che il New York Times è «riuscito contro ogni aspettativa…». La creazione di Pascal
Rioult su Les Noces completerà questa esplorazione di Stravinsky. Nell’aprile del 2009
la compagnia ha debuttato al Joyce Theatre di New York con nuova creazione sulla
partitura de la Grande Messa in Do minore di W.A. Mozart. Il ramo educativo della
compagnia DanceREACH riguarda migliaia di bambini in età scolare con lo scopo di
introdurli alla danza, e creare le basi di un futuro pubblico.
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PASCAL RIOULT direttore artistico e coreografo
Pascal Rioult è nato in Normandia. Solo nel 1981, all’età di 25 anni, dopo un percorso
di atleta di alto livello, un CAPES e un diploma di Scienze dell’educazione, scopre la
danza e decide di cambiare rotta. Riceve allora una borsa di studio dal Ministero della
Cultura per studiare la danza a New York. Danza successivamente per May O’Donnell
e Paul Sanasardo prima di raggiungere nel 1985 la Compagnie Martha Graham con cui
lavora per 10 anni. Come primo ballerino, interpreta numerosi ruoli del repertorio di
Graham. Nel 1990 Martha Graham crea per lui il ruolo di protagonista de La Mort nel
suo ultimo balletto Eyes of the Goddess. Danza con Mikael Barishnikov e Joyce Herring
in El Penitente e partecipa a due film: Martha Graham au Japon e Cinq Danses di Martha
Graham all’Opéra de Paris. Pascal Rioult inizia a lavorare come coreografo nel 1989
quando è ancora membro della Compagnie Martha Graham. Produce le sue prime
rappresentazioni al Théâtre de la Riverside Church nel 1991 e 1992. I suoi pezzi
Narayama e Harvest sono danzati dalla Compagnie Graham al City Center di New York.
Nel 1994 Pascal Rioult decide di dedicare tutta la sua energia allo sviluppo del suo
proprio stile coreografico, del suo gruppo di ballerini e della Rioult Dance Theatre
(originariamente chiamata Pascal Rioult Dance Theatre). La Compagnia va in tournée
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negli Stati Uniti e in tutto il mondo, con un successo che sempre di più aumenta grazie
alle ottime critiche e riceve numerose commissioni da l’American Dance festival, U.C.
Berkeley, il Théâtre de St-Quentin, e il Joyce Theater di New York City- città/faro dove la
Compagnia produce quattro stagioni. Il lavoro di Pascal Rioult viene presentato e
commissionato da numerose compagnie di danza moderna e classica in America e in
Europa. Riceve nel 1998 e nel 2002 le prix de Chorégraphie Choo San Goh, e diverse
sovvenzioni dal National Endowment for the Arts, The New York State council on the
Arts, The New York City Department of Cultural Affairs, The Lepercq Foundation, The
Florence Gould Foundation, The Grand Marnier Foundation, The Greenwall Foundation,
The Harkness Foundation for Dance, The Mary Flager Cary Charitable Trust, The Lila
Acheson Wallace Theater Fund of the New York City Community Trust and Altria Group
Inc. Pascal Rioult si colloca da questo momento in poi come uno dei leader della danza
“Néo-Moderne”. Un lavoro sigillato nella tradizione ma aperto al futuro, dove il suo stile
mescola un senso affinato per la struttura classica ad una sensibilità musicale
estremamente profonda. Una fisicità “all’americana”, potentemente danzata,
pietrificata da una mano sensibilmente europea.
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Teatro Sociale di Rovigo
domenica
11 apr 10
ore 16.00
turno oro, turno c
Carmina Burana
Balletto in un atto
Spellbound Dance Company
coreografia e regia Mauro Astolfi
musiche Karl Orff · Valentino Caracciolo · Antonio Vivaldi
scene Stefano Mazzola I costumi Sandro Ferrore - Roma, Halfon
lighting designer Marco Policastro
interpreti Maria Cossu I Marianna Ombrosi I Alessandra Chirulli
Federica Posca I Giacomo Todeschi I Marioenrico D’Angelo
Giuliana Mele I Sofia Barbiero I Michelangelo Puglisi
Carmina Burana
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Produzione realizzata con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Dipartimento dello Spettacolo
e dell’Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo di Maiori nell’ambito dei Grandi Eventi della Regione Campania
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all’‘infrazione’ senza soverchia paura e al tabù con il palese desiderio di infrangerlo
sfidando consapevolmente censure e anatemi, giocando a carte scoperte la quotidiana
partita contro la morte, recuperando il caos di Pan attraverso l’armonia di Orfeo,
accettando la realtà senza spiritualizzarla, magari sconfinando nella ‘trivialità’ e nell’
‘osceno’… Non si aspettano futuri compensi, ma si vive nell’oggi, riconoscenti a divinità
dal volto pagano che non minacciano castighi e non promettono compensi oltre ciò
che può dare l’immediata contingenza: non dèi, ma più familiari demoni, da cui lasciarsi
possedere e invasare, come Eros, il quale, a dire di Platone, “è un demone grande”, e
come tutto ciò che è demoniaco è “qualcosa di mezzo tra il dio e il mortale”.
Riccardo Reim
Foto Cristiano Castaldi
I Carmina burana vennero ritrovati, numerosissimi (più di trecento componimenti di
vario genere), in un manoscritto dell’abbazia di Benediktbeuren, da cui presero il nome.
Vengono fatti risalire per la maggior parte al secolo XIII, quando non era troppo difficile,
viaggiando per la Germania e la Sassonia, imbattersi nei goliardi (da cui il nome dato
dalla tradizione italiana agli studenti universitari, che in realtà hanno poco o nulla da
spartire con i loro omonimi medievali) o più propriamente clerici vagantes, letterati
girovaghi studiosi della tradizione poetica greca e latina, cantori del vino, delle donne,
del vagabondaggio e del gioco. Poesia burlesca, impudente, sovversiva: si parla senza
troppi veli del corpo e della sua quotidiana avventura, se ne esplicano con gioia le
funzioni, non si guarda all’altrove. Tace il linguaggio della ratio, si dimentica il decorum
e si osa persino irridere audacemente al divino con le cosiddette ‘kontrafakturen’, ossia
travestimenti di inni e motivi religiosi in canti profani che suonano come parodia degli
evangeli, delle formule di confessione e delle litanie. Eros, dunque, riassorbe thanatos,
l’homo faber si trasforma in homo ludens.
“Venus me telo vulneravit / aureo, quod cor penetravit”... “Venere mi ha colpito con una
freccia d’oro, che mi è penetrata nel cuore”: il corpo (a differenza di quello dei dannati
nei ‘Giudizi universali’ della pittura medievale che non conosce alcuna floridezza nella
resurrezione, soltanto degradazione, pustole e infermità), non è mai detto animale,
basso, ‘sozzo’, bensì viene innalzato, liberato e goduto, come nei versi di Ovidio, Marziale
e Catullo. Da questo curioso magma di scurrilità plebea e raffinatezza cortigiana Mauro
Astolfi trae - o per meglio dire, deduce in piena libertà, senza alcuna intenzione filologica
- una coreografia tutta giocata tra ‘larghi’ e ‘sfrenatezze’ (del resto, è un artista a cui il
ritmo ‘medio’ poco o nulla si addice) che agisce lo spazio quasi a volerlo contestare,
divisa essenzialmente in tre momenti che scandiscono un crescendo liberatorio: si passa
da una brutale aggressione sotto il cupo rombare della pioggia battente a una parte
irriverente e grottesca che allude alle giullarate, per culminare infine nell’incendium
cupiditatum, lo scatenamento delle passioni, che avviene nella taberna (qui anche come spesso anticamente - bordello), luogo di appagamento degli istinti primari... Due
i simboli chiave di questo balletto, calati in un’atmosfera inquietantemente metafisica:
un grande armadio (visto, si direbbe, con gli occhi dell’infanzia che tutto colorano di
mistero) e una tavola. Il primo (in cui i corpi dei ballerini si vanno quasi a riporre come
abiti frusti), luogo di memorie, di segreti di ‘scheletri’ ipocritamente celati; la seconda,
altare sacrificale della terrena voluptas, imbandita di corpi esibiti come cibarie tentatrici
(Gola e Lussuria, essendo due vizi capitali, sono figli della medesima cova)...
‘Carmina burana’, dunque, come temerario ‘grido’ del dissenziente che si pone di fronte
SPELLBOUND DANCE COMPANY
Inizia la sua attività nel 1994. Fondata e diretta da Mauro Astolfi, la compagnia ha
mantenuto costante fin dagli esordi una forte spinta alla ricerca coreografica e alla
commistione di generi per far sì che ogni spettacolo fosse un contenitore di emozioni,
immagini, suoni e gesti in costante evoluzione. La compagnia quindi si pone da subito
come piattaforma per nuove sperimentazioni stilistiche, riuscendo in pochi anni a
imporsi nel panorama italiano come struttura dinamica e di impatto sia per la personale
e originale cifra coreografica che per le eccellenze in termini di qualità ballettistica degli
interpreti. Gli anni delle principali produzioni sono certamente quelli dal 2001 in poi, con
le creazioni “Camouflage”, “Quattro-il disordine delle stagioni”,”Stati Comunicanti”,
Duende”, “Carmina Burana”, “Nafas”, “Emotional Balance”, tutte creazioni
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rappresentate con successo di critica e pubblico nei principali Teatri e Festival nazionali
e, alcune, esportate anche in Francia, Serbia, Spagna, Austria, Croazia e Germania. A
suggellare questi primi quindici anni di vita della compagnia le commissioni nel 2008
per la Biennale di Venezia con la creazione “Don Giovanni o il gioco di narciso” e per
la Fondazione Picasso di Malaga in Spagna con la coreografia “For Her” e la presenza
in settembre 2009 al prestigioso International Dance and Music Festival di Bangkok.
MAURO ASTOLFI coreografo
Fulcro artistico dell’attività della Spellbound Dance Company da lui fondata e diretta,
ha costruito il suo stile e il suo metodo attraverso l’integrazione di diverse forme
espressive del movimento contemporaneo andando a utilizzare in modo non ordinario
tutti gli elementi che ogni forma di danza poteva offrire. La sua formazione
prevalentemente internazionale tra l’Europa e gli Stati Uniti gli ha permesso di
condividere esperienze molteplici e differenti nel campo artistico che sono poi alla base
della sua attuale ricerca. La spinta da sempre è stata nella direzione della coreografia
intesa come evoluzione continua del movimento e delle sue infinite interazioni con la
tecnica rigorosa così come la pura gestualità che ha legato insieme in quel mix di
energia, forza e virtuosismo che sono alla base del successo della sua compagnia, la
Spellbound Dance Company, tanto da divenire negli anni un esempio e un punto di
riferimento ispirazionale per diversi giovani coreografi emergenti. Dopo l’esperienza in
America nella Compagnia giovanile di Paul Taylor la spinta alla creazione coreografica
l’ha portato a firmare già le prime creazioni negli USA per la Jeff Roberge’s Agency.
Rientrato in Italia ha fondato nel 1994 la Spellbound Dance Company per cui ha creato
numerosissime produzioni anche in collaborazione con altri artisti (Marco Schiavoni,
Enzo Aronica, Luca Salvadori, Quintetto Estravagario). I titoli di maggiore successo sono
sicuramente quelli dal 2000 in poi, anno in cui, tra le altre Vittoria Ottolenghi, diede
inizio a una lunga collaborazione che vide le coreografie di Astolfi rappresentate in
“maratone” e galà televisivi di grande successo: nel 2000 a Pistoia al Teatro Manzoni
per “danza Duemila”, nel 2001 al Festival di Todi di Simona Marchini, “Una maratona
per Verdi”sempre sotto la firma di Vittoria Ottolenghi e allo stesso Festival nel 2003
questa volta in una kermesse in omaggio a Peter Gabriel, nello stesso anno ad Ascoli
Piceno per il Gala televisivo di Ottolenghi e Cappelli “Notte di duelli e di magia”. Nel
2003 Astolfi è ospite con le sue coreografie del Gala Rai di Vittoria Cappelli “Voci in una
notte di mezza estate” da Sepino e nel 2004 è a Napoli sempre chiamato da Vittoria
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Cappelli per la kermesse in mondovisione “Emozioni” dedicata a Lucio Battisti. Nel
2004 è coreografo per Kitonb Extreme Theatre Company e nel 2005 è coreografo per
Thatreschool di Amsterdam. Nel 2006 il Teatro Verdi di Pisa chiede la prima nazionale
della nuova creazione “Duende” per Spellbound Dance Company e nello stesso anno
il Festival Internazionale di Maiori in collaborazione con l’Azienda Soggiorno e Turismo
di Maiori commissionano il titolo “Carmina Burana” che ad oggi risulta la produzione
più richiesta della compagnia, grande successo di botteghino nell’estiva 2007 e
stagione 2007/2008 e tutt’ora in programmazione nei principali teatri. Le produzioni di
Astolfi per Spellbound sono state rappresentate con successo anche in Francia, Croazia,
Austria e Germania e sono in programmazione per Spagna, Libano e Romania; nel 2008
viene ingaggiato dalla Compagnia Kitonb per le coreografie del tour mondiale di
”Carillon”. Il successo e l’apprezzamento crescente verso l’artista e la sua compagnia
sono di certo suggellati dalle due principali commissioni del 2008: una nuova creazione
per la Biennale di Venezia che sul tema della bellezza da spunto all’opera “Don
Giovanni” e la Fondazione Picasso di Malaga (Spagna) che ospita nel novembre 2008
la Premiere europea della coreografia “For Her”. Nel 2009, oltre all’impegno per la
nuova produzione con Spellbound Dance Company (“Punto zero”) e la presentazione
di un riallestimento di “Carmina Burana” presso il famoso International Dance and
Music Festival di Bangkok, Astolfi è chiamato a coreografare una creazione per il balletto
di Roma dal titolo “Libera risonanza” con debutto nel giugno 2009 nell’ambito del
Festival Adda Danza. Nel 2010 Astolfi è stato invitato a creare un nuovo balletto per il
Szegedi Kortárs Balett in Ungheria il cui debutto è previsto il 26 marzo 2010,
immediatamente dopo la prima della nuova produzione che sta preparando per
Spellbound, “Le Quattro Stagioni” presentata in anteprima il 6 marzo 2010 presso il
Teatro Verdi di Pisa. Nel 2010 inoltre è coreografo per l’etoile internazionale Vladimir
Derevianko, per cui ha creato un passo a due dal titolo “METAMORFOSI”, danzato
assieme a Maria Cossu, ballerina di punta della Spellbound Dance Company. Oltre
all’attività di coreografo Mauro Astolfi è costantemente impegnato come guest teacher
nei maggiori centri di danza internazionali in città come Tokyo, Parigi, Londra, New York,
Zurigo, Stoccolma, Amsterdam, Los Angeles oltre che in numerose strutture italiane.
Dall’ottobre 2009 è inoltre Direttore Artistico del dipartimento modern contemporaneo
del Centro D.A.F. (Dance & Arts Faculty - Progetto Internazionale di Danza e Arti
Performative) a Roma.
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Teatro studio - Viale Oroboni, 14 - Rovigo
mercoledì
giovedì
14 apr 10
15 apr 10
ore 21.00 fuori abbonamento
ore 21.00 fuori abbonamento
Pentesilea: Wonder Woman
Gruppo E-Motion
coreografia e regia Francesca La Cava
assistente alla coreografia Paola Caranchini
musiche originali Michelangelo del Conte
musica AA.VV.
costumi Pamela Rossi
lighting designer Stefano Pirandello
interpreti Stefania Bucci I Ramona Di Serafino I Francesca La Cava I Irene Russolillo
Pentesilea: Wonder Woman
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Produzione E-motion Gruppo Phoenix con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali
e della Regione Abruzzo con il patrocinio del Comune di L’Aquila e della Provincia di L’Aquila.
Sponsor Engineering
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“Se nascosta in qualche sacca o ruga di questo slabbrato circondario
esista una Pentesilea riconoscibile e ricordabile da chi c'è stato, oppure
se Pentesilea è solo periferia di se stessa e ha il suo centro in ogni luogo,
hai rinunciato a capirlo. La domanda che adesso comincia a rodere nella
tua testa è più angosciosa: fuori da Pentesilea esiste un fuori? O per
quanto ti allontani dalla città non fai che passare da un limbo all'altro e
non arrivi a uscirne?
Le Città Invisibili di Italo Calvino
E-MOTION GRUPPO PHOENIX
Compagnia di danza contemporanea con sede a L'Aquila, finanziata dal Ministero per
i Beni e le Attività Culturali e dalla Regione Abruzzo, e patrocinata dal Comune e dalla
Provincia di L’Aquila. 2009. Produzione: “Pentesilea: Wonder woman” (regia e
coreografia di Francesca La Cava e musica originale di Michelangelo Del Conte). 2008.
Produzione: "Street dada - street mama" (regia e coreografia di Francesca La Cava),
sponsorizzata da Netadvisory. 2007. Produzione: “K 2007” (regia e coreografia di
Francesca La Cava e musiche originali di Marco Schiavoni), realizzata in collaborazione
con “L’VIII edizione della settimana mozartiana” organizzata dal Teatro Marrucino di
Chieti (Teatro Lirico d’Abruzzo) e sponsorizzata dalla CARISPAQ. 2006. “Sguardi
d’Africa”, evento realizzato al Teatro Marrucino di Chieti, patrocinato dalla Regione
Abruzzo, sponsorizzato dalla Banca NOMURA, a sostegno di AMREF, con la
partecipazione di Rocco Papaleo. L’evento è stato mandato in diretta su SKY Channel 3
canale 872. Il cortometraggio “Apple killer” di Marco Schiavoni, prodotto dallo studio
Zobit e dalla Compagnia “E-MOTION” viene selezionato per partecipare al Sangiò
Festival il 23 luglio 2006. Collabora con l'ASMED Balletto di Sardegna nella produzione
“Apple Killer “ - secondo studio della trilogia sulla mela - (regia e coreografia di
Francesca La Cava, musiche originali e video di Marco Schiavoni). Produzione: “Le
spose degli dei” - primo studio della trilogia sull'Africa (regia e coreografia di Francesca
La Cava, musiche originali e video di Marco Schiavoni), coprodotta dal Festival di
Tagliacozzo. 2005. Produzione: “La Mela d'oro” - primo studio della trilogia sulla mela
(regia e coreografia di Francesca La Cava, musiche originali e video di Marco Schiavoni),
sponsorizzata dalla CARISPAQ e coprodotta dal Festival di Tagliacozzo. L’associazione
apre una nuova sede a L’Aquila in quanto riceve una residenza c/o il Teatro Talia di
Tagliacozzo. 2004. Collaborazione nello spettacolo “Possession” (coreografia di
Francesca La Cava), andato in scena al Festival la Versiliana a Marina di Pietrasanta
(Produzione del Festival). “Le metamorfosi dei Miti” con il contributo della Regione
Lazio Assessorato alla Cultura, Sport, Turismo e Spettacolo. 2003. “Danza e Multimedia
Lazio: Diversità senza contrasti”, spettacolo di danza nato dalla formazione di dieci
giovani danzatrici in danza contemporanea e realizzazione video attraverso l’uso delle
tecnologie della bioingegneria (Motion capture), con la collaborazione della società
BTS s.p.a, e grazie al contributo della Regione Lazio Assessorato alla Cultura, Sport,
Turismo e Spettacolo. “Il Profumo delle Muse” (L’Aquila Estate) e “Il Sogno della Luna“
(secondo studio di Il “Profumo delle Muse“) realizzato per il Teatro Comunale di L’Aquila
- Teatro Stabile d'Abruzzo e realizzato grazie al contributo dell'Assessorato alla Cultura
del Comune di L'Aquila (L'Aquila estate). Dal 2007 l’associazione è iscritta all’AGIS Federdanza - A.I.D.A.P.
Foto Paolo Porto
FRANCESCA LA CAVA direttore artistico, regista e coreografa
E’ interessata alla diversità fra i popoli e alla singolare personalità di ogni individuodanzatore che esalta, talvolta con ironia, comunicando loro non i passi eseguiti da lei
“coreografa” ma il significato di essi da interpretare secondo la propria personalità. Nel
suo lavoro niente viene creato precedentemente ma nasce dalla magia che si crea in
sala prove e dal rapporto tra lei e i danzatori. Amando profondamente il teatro, la verità
del movimento e del gesto ma anche l’esaltazione di questo e il surreale, arricchisce la
scena con diversi oggetti utili allo svolgimento drammaturgico della creazione.
Formazione artistica: A.S.M.E.D. di Cagliari, Accademia Nazionale di Danza di Roma,
borsa di studio London Contemporary School, Laurea II° livello al D.A.M.S. di Bologna,
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Laurea II° livello all’ Accademia Nazionale di Danza di Roma (Biennio specialistico Danza contemporanea), perfeziona lo studio della danza contemporanea in Francia. Dal
2007 è Direttore del Corpo di Ballo del Teatro Marrucino di Chieti. Nel 2006 riceve dal
Comune di Roma, per la sua carriera artistica, il Premio “Roma per il ballo”. E’ stata codirettore Artistico della compagnia Danzare la vita di Elsa Piperno. Ha lavorato in
numerose compagnie italiane, anche come solista, in Italia e all'estero, interpretando
regie e coreografie di Roberto De Simone, Henning Brockhaus, Hugo De Ana, Joseph
Fontano, Enrica Palmieri, Adriana Borriello, Pierre Droulers, Phillis Gutelius, Tere O’Connor,
Giovanna Summo, Mario Piazza, Elsa Piperno, Anouska Brodzac, Anita Bucchi, etc. In
diverse occasioni è assistente alla coreografia di Elsa Piperno (Accademia Nazionale di
Danza di Roma, etc., rimontando anche coreografie del repertorio di Marta Graham) e
Mario Piazza. Coreografie: “Trilogia” con Paola Pitagora e musica di Mahmoud TabriziZadeh, “Le Nuvole” di Aristofane (Teatro D’Annunzio di Pescara), “Percorsi al femminile”
(Biennale Giovani Artisti e Danzare la vita), “La donna nel cerchio che balla” e “Vento
del Sud” (Balletto 90), “Possession” (Festival della Versiliana), “Histoire du soldat” di
Igor Stravinsky e “Quadri di un’esposizione” di Modest Musorgskij (Accademia di Moda
e Costume di Roma), “Pictures of love” (Teatro Morgana - ridotto del Teatro Brancaccio),
“Carmina Burana” (Stagione 2007/2008 del Teatro Marrucino di Chieti – Teatro Lirico
d’Abruzzo), "Cenerentola" balletto in 3 atti su musica di S. Prokofiev, Direttore
d'orchestra Robert Lehrbaumer (Stagione 2008/2009 del Teatro Marrucino di Chieti Teatro Lirico d’Abruzzo) “La traviata” opera lirica di G. Verdi, Direttore d’orchestra Claudio
Desderi (Stagione 2008/2009 del Teatro Marrucino di Chieti - Teatro Lirico d’Abruzzo).
Dal 2003 è Direttore Artistico dell’ E-motion Gruppo Phoenix, “GRUPPO e-MOTION”,
per il quale ha realizzato: “Il sogno della luna”, “Il percorso di minerva” , “La
metamorfosi dei miti”, “La mela d'oro”, “Le spose degli dei”, “K 2007” e "Street dada
- Street mama", “Pentesilea: Wonder Woman”. Per il Balletto di Sardegna (ASMED
Festival Nuova Danza) crea “Apple Killer” (in collaborazione con “E-motion Gruppo
Phoenix”) e “Mae d’agua”. Ha collaborato con la Tonsivest c/o la Clinica San Raffaele
di Roma e il Politecnico di Milano (Movlab) su progetti video realizzati con la motioncapture. Il suo nome è presente nei seguenti testi: Il cinema italiano in 100 film, Dizionario
del cinema italiano e Tempo di Danza (1978-2003) di Lorenzo Tozzi e Maria Cristina
Buttà. Dal mese di aprile 2009 è presidente del Comitato Sostieni la Danza a L’Aquila,
nato in conseguenza del sisma del 6 aprile, per aiutare i giovani di L’Aquila a continuare
a studiare danza nella propria città.
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Organigramma
Sindaco di Rovigo
Assessore alla Cultura e Spettacolo
Fausto Merchiori
Direttore Artistico
Stefano Romani
Dirigente Settore Cultura
Andrea Pirani
Funzionario Settore Cultura e Spettacolo
Angela Baruchello
Funzionario Amministrativo
Laura Cuozzo
Funzionario Contabile
Lucia Toffanin
Promozione e Immagine
Milena Dolcetto
Segreteria organizzativa
Roberta Ponzetto
Biglietteria
Sandra Andreotti, Paola Gallo
Staff tecnico
Direttore tecnico di palcoscenico
Roberto Lunari
Capo elettricista
Gianluca Quaglio
Capo macchinista
Matteo Fasano
Capo sarta
Mirella Magagnini
Macchinista
Alex Berto
Stagione di balletto a cura di
Claudio Ronda
realizzata da
con il contributo di:
Comune di
Rovigo
Presentazione dei balletti
venerdì 26 febbraio 10 ore 18.00
Rovigo - Accademia dei Concordi, Sala Oliva
a cura dell’Associazione Amici del Teatro Sociale di Rovigo
Relatore Ermanno Romanelli
Questo libretto è stato curato da Milena Dolcetto
In copertina: Francesca Raule e Silvia Bonavigo allieve della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala di Milano
(immagine ideata da Milena Dolcetto e realizzata da Alessandro Raise - foto: Nicola Boschetti)
Realizzazione grafica: Fancy grafica - Rovigo
Stampa: Europrint - Rovigo
In stampa in marzo 2010
Il Teatro Sociale di Rovigo è a disposizione degli aventi diritti
per le fonti iconografiche che non è stato possibile individuare
Stampato su carta Sappi Silk
certificata PEFC
The Programme
for the Endorsement
of Forest Certification