Adempimenti e problematiche di Diritto Societario Libro soci: le

Adempimenti e problematiche di Diritto Societario
di Luigi Scappini
Libro soci: le possibili scelte statutarie e le responsabilità degli
amministratori
Premessa
Nel presente intervento tratteremo ancora dell’abolizione del libro soci, come prevista dal
D.L. n.185/08 che ha modificato il testo dell’art.2478 c.c., argomento già affrontato da
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questa rivista .
Lo spunto viene dalle recenti massime - n.115 del Consiglio notarile di Milano, e I.L.1
e I.L.2 del notariato del Triveneto - con cui è stato offerto un interessante ed autorevole
contribuito dottrinale.
Le massime possono essere così riassunte:
L’abolizione dell’obbligo di tenuta del libro soci non si traduce nel divieto di
mantenimento o adozione facoltativa per scelta statutaria;
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In caso di adozione o mantenimento facoltativo del libro soci, sono valide le
clausole statutarie che subordinano l’efficacia del trasferimento della quota
sociale nei confronti della società e la legittimazione all’esercizio dei diritti
sociali, all’iscrizione nel libro soci stesso;
115
Al di là della consapevole introduzione di apposite clausole negli statuti delle
Srl costituite dopo il 30 marzo 2009 (a cui si riferisce il periodo precedente),
le clausole statutarie relative al libro dei soci, già esistenti alla data di entrata
in vigore del nuovo testo dell’art.2470 c.c., se non si riducono ad un mero
rinvio alla legge delle modifiche intervenute, rimangono in vigore con
l’efficacia desumibile in via interpretativa secondo criteri oggettivi: come
fonte informativa del domicilio dei soci nei loro rapporti con la società e/o
come strumento organizzativo per l’acquisto della legittimazione all’esercizio
dei diritti sociali e, quindi, per l’efficacia della cessione della partecipazione
sociale nei confronti della società;
115
Indipendentemente dall’iscrizione nel registro Imprese, è inefficace la
cessione della partecipazione sociale in violazione di eventuali limiti statutari
al libero trasferimento con la conseguenza che il cessionario non è
legittimato all’esercizio dei diritti derivanti dal possesso della quota;
I.L.1
L’iscrizione nel Registro Imprese di un atto di cessione quote affetto da vizi
non è idonea a sanare detti vizi, con conseguente opponibilità ai contraenti,
alla società, o ai terzi nei limiti e secondo le regole che attengono a ciascuno.
I.L.2
Le funzioni del libro soci
Appare opportuno sintetizzare le funzioni che, originariamente, erano devolute al libro soci.
Scopo principale era fornire, da un lato, rapidità e, dall’altro, certezza nella verifica dei
rapporti sociali, soprattutto in funzione dell’esercizio dei diritti connessi alla qualifica di
socio.
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Sia permesso rimandare all’articolo di L.Scappini e L.Signorini “Il passaggio dal libro soci al registro Imprese” in La Circolare
Tributaria n.9_09.
A titolo puramente esemplificativo, si precisa come il Legislatore abbia conseguentemente provveduto a modificare ulteriori articoli
del c.c. quali, ad esempio, gli artt.2470 e 2479-bis.
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E proprio in merito all’acquisizione dello status di socio, tre erano i passaggi da eseguirsi:
atto di cessione della quota;
iscrizione nel libro soci.
deposito dell’atto al Registro Imprese;
Il venir meno anche di uno soltanto di questi passaggi, inficiava la cessione stessa.
In tema di certezza, l’iscrizione nel libro soci rappresentava una “compressione” alla
trasferibilità delle quote su cui la società non poteva influire, se non nei limiti previsti dallo
statuto sociale, aspetto su cui torneremo tra breve. Il dover passare dalla “forca caudina”
dell’iscrizione, aveva la funzione di assicurare la verifica del rispetto dell’atto alle regole
statutarie e quindi indirettamente all’interesse sociale in esso individuato.
Come autorevole dottrina ha avuto modo di dire:
“L’equo contemperamento dell’interesse sociale e degli interessi delle parti dell’atto di
cessione stava alla base della disciplina dell’iscrizione nel libro soci, e giustificava la
peculiare disciplina dettata dall’art.2470, comma 2, c.c. ( e, anteriormente,
dall’art.2479, comma 2), ossia la necessità di richiesta alternativa dell’alienante o
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dell’acquirente e quindi l’esclusione dell’iscrizione d’ufficio da parte della società” .
I vantaggi del mantenimento o dell’adozione del libro soci facoltativo
L’art.2478 c.c. prevedeva che tra i libri obbligatori dovesse essere tenuto anche il libro dei soci
“…nel quale devono essere indicati il nome dei soci, la partecipazione di spettanza di
ciascuno, i versamenti fatti sulle partecipazioni, nonché le variazioni nelle persone dei soci”34.
Il codice civile impone degli obblighi in capo alle società ed indirettamente ai suoi
amministratori e, nello specifico che qui interessa, la predisposizione e la tenuta di
determinati libri sociali individuati all’art.2478 c.c..
Eliminare un obbligo non vuol dire vietare; si pensi, ad esempio, all’eliminazione
dell’obbligo di bollatura e vidimazione del libro giornale e del libro inventari effettuata
dall’art.8 della L. n.383/01 (la c.d. Tremonti bis). Sicuramente, con detta previsione sono
stati alleggeriti gli adempimenti burocratici, ma questo non significa che una società
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particolarmente zelante e pignola non proceda ugualmente alla vidimazione .
D’altronde, l’istituzione facoltativa risponde ad un interesse sociale meritevole di tutela.
Ed anche il Consiglio notarile di Milano, con la massima richiamata in premessa, ha
evidenziato come sia perfettamente lecito e nel diritto di una società mantenere o
adottare, in caso di nuova costituzione, il libro soci.
I vantaggi che si ricavano dalla tenuta facoltativa non sono indifferenti, basti pensare che:
si possono raccogliere ed avere a disposizione con facilità e immediatezza le
principali informazioni inerenti la compagine sociale;
si possono gestire e soprattutto monitorare in maniera più efficiente le modifiche
che si verificano sugli assetti societari e le conseguenze indirette delle stesse;
si possono evitare frequenti consultazioni del Registro Imprese;
si consente agli amministratori un costante monitoraggio della regolarità formale
degli atti di cessione e della conformità allo statuto sociale.
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Si veda G.Petrelli in “La soppressione del libro soci delle S.r.l.” in Le società n.4/09, pag. 428.
In merito agli elementi che dovevano essere comunicati al Registro imprese, si segnala l’articolo a firma A.Busani dal titolo “Libro
soci, addio con dubbi” su Il Sole 24 ore del 27 marzo 2009, in cui l’autore ritiene ci si dovesse limitare alla comunicazione dei dati
individuati dal Legislatore nel punto 1) dell’art.2478 abrogato.
Si ricorda come con la Tremonti bis il Legislatore sia intervenuto anche sugli artt.39 del DPR n.633/72 e 22 del DPR n.600/73 con i
medesimi effetti.
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Ratio dell’intervento legislativo era quella di semplificare e ridurre i costi amministrativi
delle imprese. A ben vedere, la semplificazione tanto reale non è, dal momento che
subordinare l’efficacia di un trasferimento di quote sociali al mero deposito (per l’efficacia
nei confronti della società) ed iscrizione (per l’efficacia nei confronti dei terzi) al Registro
imprese, di certo non semplifica la vita agli amministratori, che restano i garanti del
corretto funzionamento della società, con tutte le conseguenze e responsabilità che ne
derivano. Sarà loro compito procedere al controllo dell’effettiva “consistenza” della
compagine sociale ed, al contempo, saranno loro ad assumersi la responsabilità, in
assenza di clausole statutarie di cui parleremo a breve, di ammettere al voto il semplice
portatore di una ricevuta di deposito.
Parimenti, non si intravede una riduzione dei costi amministrativi, stante il fatto che ogni
qualvolta sarà necessario verificare la corretta composizione sociale (e ciò non accade di
rado, a titolo esemplificativo tutte le volte che un socio vuole esercitare un diritto), si
dovrà procedere al versamento dell’”obolo” nei confronti delle CCIAA (incrociando le dita
in merito al corretto funzionamento del collegamento telematico).
La rilevanza del deposito e dell’iscrizione nel Registro Imprese
A seguito dell’abrogazione del libro soci e dell’obbligo di allineamento del Registro
Imprese allo stesso, Unioncamere ha emanato in data 11 febbraio la circolare n.2453 in
cui si può testualmente leggere come:
“… il nuovo impianto normativo fa emergere una nuova funzione del registro delle
imprese, che va ben oltre la tipica funzione pubblicitaria e informativa, in quanto
“costitutiva” dello status di socio a tutti gli effetti nei confronti della società, con
particolare riferimento all’esercizio dei diritti amministrativi ( ad esempio di intervento e
voto) correlati alla titolarità della partecipazione”.
Assegnando tale rilevanza al Registro Imprese:
da un lato viene meno il
compito degli amministratori
di essere “garanti” delle
cessioni di quote sociali;
e, dall’altro, si può verificare
un’“incontrollabilità”
delle
36
transazioni stesse .
Desta non poche perplessità la circostanza per cui l’efficacia nei confronti della società e
la legittimazione ad esercitare i diritti che vengono attribuiti con la quota, sia meramente
subordinata al deposito, nel primo caso, e all’iscrizione, nel secondo, al Registro Imprese,
soprattutto alla luce di quanto affermato nella circolare Unioncamere richiamata ove,
peraltro, correttamente secondo noi, è stato precisato come alle CCIAA spetti
37
esclusivamente un controllo di tipo formale e non sicuramente sostanziale .
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Inoltre, come già affermato nel precedente intervento su questa rivista , il professionista
a cui viene richiesto l’espletamento della cessione quote non è tenuto ad esimersi dal
farlo (deontologicamente parlando si spera che ciò avvenga). Ma in fin dei conti, una
volta che l’intermediario abbia edotto le parti della clausola statutaria che subordina la
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cessione delle quote a determinati vincoli, il compito è stato svolto diligentemente .
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In merito si rimanda sempre a L.Scappini e L. Signorini op. cit..
Sul punto sempre G.Petrelli, op.cit. pag.430 evidenzia come “… il controllo che il pubblico ufficiale può effettuare ha natura
puramente documentale (in assenza, tra l’altro, di prescrizioni di legge che impongano la forma autentica di eventuali rinunzie ai
diritti di prelazione, e quindi senza la relativa efficacia probatoria), e non è certo paragonabile alla verifica che gli amministratori
possono invece svolgere grazie al contatto personale con i soci.”.
L. Scappini e L.Signorini op. cit.
In merito si segnala una sentenza della Cassazione, la n.24733/07, che seppur riferita ad un atto di compravendita immobiliare è
idonea a delineare la materia. Infatti, a parere dei supremi giudici: “Per il notaio richiesto della preparazione e stesura di un atto
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La prevista semplificazione si è trasformata in una complicazione: si potranno avere
acquirenti che potranno vantare dei diritti nonostante la cessione sia viziata da
irregolarità. Ovviamente, restano salve tutte le vie giudiziali concesse a soci ed
amministratori per far valere i propri diritti.
QUESITO
1
Ma quale ruolo può assumere l’amministratore in questo contesto ed in
particolare nel periodo transitorio che intercorre tra deposito dell’atto e
sentenza del Tribunale?
40
Come correttamente affermato in dottrina , la posizione dell’amministratore non è
cambiata di molto. Si segnala tuttavia come, a seguito dell’abolizione del libro soci, egli
non potrà formalizzare la propria posizione, essendogli preclusa la possibilità di non
procedere alla trascrizione nel libro, ma, eventualmente, si limiterà a non riconosce i diritti
del “nuovo socio”, siano essi amministrativi o patrimoniali, stante il rischio di dover
rispondere in merito all’indebita attribuzione di essi a soggetti diversi.
Bisogna domandarsi anche che cosa accade nel caso di rifiuto da parte del Registro
Imprese di iscrizione di un atto di cessione quote.
QUESITO
2
In particolare, cosa accade se nel periodo tra il deposito ed il rifiuto di
iscrizione, il “mancato socio” è riuscito comunque ad esercitare il diritto di
voto, voto risultato per di più determinante al fine del formarsi della
maggioranza richiesta?
Purtroppo, stante il dettato normativo, non si può che addivenire alla conclusione che l’acquirente
perderà retroattivamente la qualifica di socio e la perdita investirà anche la delibera assembleare
che, a quel punto, diventerà invalida con tutte le eventuali connesse conseguenze.
La valenza dell’atto in frode
Il Consiglio del notariato del Triveneto con la massima I.L.1 ha affermato che:
“La cessione di partecipazione avvenuta in violazione degli eventuali limiti statutari al
suo libero trasferimento…è inefficace, pertanto la stessa non legittima l’esercizio dei
diritti sociali da parte del cessionario, ancorché depositata nel registro imprese ai sensi
dell’art.2470, comma 1 c.c.”.
Ci si riferisce, nello specifico, alla previsione dell’art.2469, co.1 c.c., con cui il Legislatore
ha dato la possibilità di regolamentare la circolazione delle quote sociali tramite espresse
previsioni limitative da inserire all’interno dello statuto, quali possono essere le clausole di
prelazione di gradimento.
La massima dei notai triveneti appare ineccepibile, stante la circostanza, peraltro rilevata
dagli stessi, che in fin dei conti nulla è cambiato. In altri termini: se non era valida la
cessione anche in presenza della trascrizione nel libro soci, non si vedono i motivi per cui
dovrebbe esserlo se depositata presso il Registro Imprese, dato soprattutto il valore che
si intende attribuire al passaggio richiamato.
40
pubblico di trasferimento immobiliare, la preventiva verifica della libertà e disponibilità del bene e, più in generale, delle risultanze
dei registri immobiliari attraverso la loro visura, costituisce, salvo espressa dispensa per concorde volontà delle parti, obbligo
derivante dall'incarico conferitogli dal cliente e, quindi, fa parte dell'oggetto della prestazione d'opera professionale, poiché l'opera di
cui è richiesto non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti, ma si estende a quelle attività preparatorie e
successive necessarie perché sia assicurata la serietà e certezza dell'atto giuridico da rogarsi ed, in particolare, la sua attitudine ad
assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell'atto
medesimo. Conseguentemente, l'inosservanza dei suddetti obblighi accessori da parte del notaio dà luogo a responsabilità "ex
contractu" per inadempimento dell’obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non
contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità, e, stante il suddetto obbligo, non è ontologicamente
configurabile il concorso colposo del danneggiato ex art. 1227 c.c..”.
Si veda L.De Angelis, “Il registro imprese non è Vangelo” in Italia Oggi del 28 marzo.
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Il concetto è stato, peraltro, ribadito dallo stesso consiglio notarile con la massima I.L.2 in
cui si afferma che:
“Il deposito nel registro imprese ai sensi dell’art.2470, comma 1 c.c. di un atto di
trasferimento di partecipazione affetto da vizi, non è idoneo a sanare in alcun modo
detti vizi.”.
Tutto al più, si potrà disquisire in merito alla natura ed alle conseguenze che tale atto in
frode alle clausole statutarie comporta, e cioè se,
da un lato, esso sia da
considerare quale atto affetto
da nullità, inefficacia, sia
essa relativa o assoluta;
e, dall’altro, origini il diritto al
risarcimento del danno o al
riscatto.
Alla luce di quanto affermato dai notai, la posizione degli amministratori, invece che
“alleggerirsi”, pare restare, come peraltro affermato anche nel precedente paragrafo, la
stessa, poiché ad essi compete l’onere di verificare, una volta che si presenti un
cessionario munito di certificazione rilasciata da parte del Registro Imprese di avvenuto
deposito dell’atto, il rispetto delle regole statutarie in materia di circolazione delle quote
societarie.
Altro problema che investe gli amministratori è quello inerente la verifica che la ricevuta di
deposito si riferisca realmente all’atto esibito alla società. L’operazione potrà essere
eseguita esclusivamente ad iscrizione avvenuta, poiché al deposito la verifica può essere
fatta solamente dall’intermediario che vi ha provveduto.
Alla luce di quanto detto, i compiti degli amministratori si fanno più complicati di quanto
già non lo fossero, poiché, sebbene il controllo in merito alla validità dell’atto prima era
finalizzato principalmente all’iscrizione nel libro soci, adesso agli stessi competono i
medesimi doveri, con la differenza che la verifica si è resa più complessa.
Ecco perché, in fin dei conti, risulta più semplice mantenere il libro soci ed effettuare
alcune modifiche allo statuto, in modo tale da rendere vincolante l’iscrizione stessa.
La valenza delle clausole statutarie
Alla luce di quanto affermato, risulta più agevole mantenere il libro soci, sia in quanto non
si trovano validi motivi per una sua “rottamazione”, sia perché, previe opportune
accortezze in sede di modifica dello statuto, allo stesso si può far assumere una certa
rilevanza.
Questo è quanto si desume anche dalla massima n.115 dei notai milanesi, che, sebbene
non rappresenti la legge, offre sempre un punto di vista qualificato (si precisa peraltro che
su i temi che abbiamo affrontato e che affronteremo nel presente paragrafo, sarà la
giurisprudenza ad offrire il corretto inquadramento e la giusta rilevanza).
La massima:
 nella prima parte, legittima il mantenimento o l’adozione del libro soci;
 nella seconda, si occupa di individuare la portata delle clausole statutarie
eventualmente modificate in presenza del libro soci.
Infine, viene analizzata la portata delle rilevanze delle clausole statutarie non modificate
che rimandano direttamente od indirettamente al libro soci.
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Le clausole statutarie modificate
Così recita la massima milanese:
“Sono valide ed efficaci le clausole statutarie che, pur dopo l’abolizione dell’obbligo di
tenuta del libro dei soci nella Srl, subordinano l’efficacia delle cessioni di quote nei
confronti della società e la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali alla iscrizione nel
libro dei soci facoltativamente istituito o mantenuto, ferma restando la necessità di
previamente assolvere all’obbligo del deposito nel registro delle imprese di cui
all’articolo 2470, codice civile.”.
Dalla lettura coordinata con la precedente I.L.1 si evince una “spoliazione” indiretta del
valore del Registro Imprese.
Previe opportune modifiche ad eventuali clausole statutarie recettive della facoltà
concessa dal Legislatore con l’art.2469 c.c. in tema di regolamentazione della
circolazione delle quote sociali, le stesse possono annullare quanto si consolida
attraverso il deposito al Registro Imprese dell’atto.
In altri termini, a parere dei notai, il rimando che il Legislatore fa (art.2470, co.1 c.c.)
al deposito dell’atto, rappresenta una delimitazione dell’efficacia dello stesso,
individuando in tale momento la prima data utile perché lo stesso dispieghi i suoi
effetti nei confronti della società.
Ma questo non vuol dire che, all’interno della libertà contrattuale che viene riconosciuta
alle parti dal codice civile, non sia possibile posticipare gli effetti ad un momento
successivo, senza però rinviarli in eterno. Riprendendo quanto detto in sede di commento
delle massime dei notai del Triveneto, coloro che hanno il potere-dovere di permettere
l’esercizio dei diritti sociali sono gli amministratori. Essi sono i garanti del corretto
svolgimento della vita sociale ed è per questo che non si può loro negare la possibilità di
posticipare gli effetti dell’efficacia di una cessione di quote al controllo del rispetto del
dettato statutario e, quindi, all’effettivo esercizio del proprio ufficio.
Ovviamente, la clausola dovrà fare esplicito riferimento al libro soci.
Le clausole statutarie originarie
In merito alle clausole statutarie inerenti il libro soci, già esistenti alla data di entrata in
vigore del nuovo art.2470 c.c.:
“…se non si riducono a meri rinvii alla legge recettivi delle modifiche intervenute,
rimangono in vigore con l’efficacia desumibile in via interpretativa dal tenore delle
stesse clausole: esse pertanto sono idonee a mantenere all’iscrizione nel libro soci la
funzione di regola organizzativa per l’acquisto della legittimazione all’esercizio dei
diritti sociali soltanto se il testo delle medesime clausole ricollega a quella iscrizione
l’efficacia della cessione nei confronti della società e/o la legittimazione all’esercizio di
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almeno uno dei diritti connessi alla quota ceduta ”.
Ne deriva che le clausole statutarie originarie, debbono essere scisse in due differenti categorie:
quelle che rappresentano un
mero rimando a norme di legge;
quelle che esplicitamente
danno rilevanza al libro soci.
A fini esplicativi, l’art.2479-bis c.c. si presta perfettamente allo scopo.
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Massima n.115 del Consiglio notarile di Milano.
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Detto articolo disciplina le modalità di convocazione dell’assemblea e, nello specifico,
prevede che “la convocazione è effettuata mediante lettera raccomandata spedita ai soci
almeno otto giorni prima dell'adunanza nel domicilio risultante dal libro soci” (rectius:
registro delle imprese).
Ne deriva che, se lo statuto rinvia espressamente al libro soci, sarà esso a far fede,
mentre se vi è un mero rinvio all’art.2479-bis, gli amministratori dovranno riferirsi al
domicilio indicato nel Registro Imprese. In tale circostanza, gli amministratori potrebbero
trovarsi nella situazione paradossale di non poter sapere quale sia il domicilio di alcuni
soci. Ci riferiamo alla casistica in cui si debba convocare un’assemblea, e l’atto di
cessione sia solamente alla fase di richiesta protocollazione, nel qual caso non si può
aver visione dell’atto di cessione e quindi sapere quale sia il domicilio del nuovo socio cui
inviare la convocazione.
Parimenti, ed in maniera più rilevante, se lo statuto prevede espressamente che per
l’esercizio dei diritti legati alla partecipazione sociale è necessaria l’iscrizione nel libro
soci, sarà solamente ad avvenuta trascrizione nello stesso che, ad esempio, il nuovo
socio potrà esercitare il proprio diritto di voto.
Conclusioni
Alla luce di quanto affermato, si può dire che il Legislatore non abbia raggiunto lo
scopo di semplificazione e riduzione dei costi amministrativi che si era prefissato.
Infatti, nella previsione di mantenimento o adozione facoltativa del libro soci, circostanza
che per i sopraindicati motivi si consiglia, oltre all’adempimento originario inerente la
corretta tenuta del libro sociale, si aggiunge anche la necessità di procedere alla verifica
ed alla consultazione, sicuramente non sporadica, del Registro Imprese, il tutto con
indubbi aumenti sia del carico di lavoro che del costo di gestione.
Per quanto riguarda l’amministratore e le proprie responsabilità, se è vero che da un lato
esso viene sollevato dall’obbligo di preventiva verifica del rispetto della legalità dell’atto,
dall’altro, in presenza del libro sociale, in capo allo stesso restano gli obblighi di regolare
tenuta e aggiornamento costante dello stesso, senza peraltro tralasciare le aumentate
difficoltà di controllo già evidenziate.
A ben vedere, attraverso l’abolizione dell’obbligo di tenuta del libro soci, si sono di fatto
estromessi società e amministratori da qualsivoglia intervento in merito, essendo
solamente le parti ed il professionista delegato all’atto i soggetti su cui fare affidamento in
merito alla corretta interpretazione ed applicazione sia delle disposizioni di legge che di
quelle statutarie.
Ed è per questo che, forse, è meglio mantenere il libro soci e modificare in maniera
adeguata lo statuto, con la conseguenza che, alla luce delle modifiche introdotte, la
fotografia della situazione creatasi è rappresentabile con quanto disse Tancredi ne Il
Gattopardo e cioè “se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”.
Forse, ad onor del vero, si stava meglio prima, visto che quel “tutto” che è cambiato
“costringe” a lasciare le cose come erano ma con le numerose complicazioni evidenziate.
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