b1 - ICRA

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1.3.2 La massa di Jeans di particelle non collisionali
nell'universo in espansione
Dalla definizione, opportunamente adattata al caso di particelle non
collisionali (Bond et al., 1980; Ruffini e Song, 1986 e 1987), gli "ini"
(Ruffini e Song, 1986 e 1987), di massa di Jeans, se si valutano le
dimensioni della cella determinata da una perturbazione di densità pari
proprio alla massa di Jeans al momento in cui essa entra nell'orizzonte, si
trova un legame tra la massa dei neutrini e le dimensioni della cella
(oltre le quali l'universo appare omogeneo, nel modello a celle frattali). E'
per questo che si può parlare di "cosmologia dall'alto", perché si
collegano le strutture più grandi direttamente alla massa dei neutrini e
viceversa.
Già da questa introduzione si evince un assunto di base del modello a
celle frattali: nello spettro di perturbazioni iniziali non c'è potenza
sufficiente a dare luogo al collasso gravitazionale alle dimensioni
maggiori della cella.
La prima teoria dell'instabilità gravitazionale è stata studiata da Jeans
(1928), che ha trattato il caso di fluido stazionario, con la lunghezza
critica data da
λ J = πvs2 Gρ con vs2 = dP dρ .
Successivamente Lifshitz (1946) ha applicato al caso del fluido
cosmologico dell'universo in espansione, mostrando che le fluttuazioni di
densità variano con una legge di potenza del tempo, in luogo di una
legge esponenziale del caso stazionario di Jeans.
Il caso di neutrini, ovvero di particelle neutre debolmente interagenti,
con potenziale chimico nullo e massa dell'ordine dei 10 eV è stato
studiato da vari autori (e.g. Bond, Efstathiou e Silk nel 1980), mentre il
19
caso con potenziali chimici non nulli e masse qualsiasi è stato affrontato
da Ruffini e Song (1986).
Poiché una particella debolmente interagente di massa inferiore ad 1
MeV ha una temperatura di disaccoppiamento più grande della sua
massa a riposo (si assume, ovviamente, che la costante di interazione sia
quella di Fermi; si rimanda al § 1.10 per maggiori dettagli sull'argomento
del disaccoppiamento dei neutrini dalla radiazione, perché legato anche
alla nucleosintesi primordiale e ai limiti sul potenziale chimico, ivi
discussi), durante la transizione tra il regime relativistico e quello non
relativistico le particelle sono non collisionali ed interagiscono solo
mediante la forza di gravità.
Poiché si stanno esaminando particelle non collisionali bisogna
sostituire, nella formula della lunghezza di Jeans, alla velocità del suono
la dispersione delle velocità
vs2 = < v 2 > 3
Il red shift in cui i neutrini diventano non relativistici si può ricavare
anche come Bond et al. (1980) dalla formula
3kT0 (1 + z NR ) 1
= mν c 2 , dove T0 = 1.9 K
2
2
z NR ≈ 2 ⋅ 104 m10 dove m10 = mν 10eV
Dopo quell'istante la dispersione di velocità, tenendo conto di tutti i
fattori numerici dovuti all'uso della funzione di distribuzione di Fermi
Dirac di equilibrio (che i neutrini conserveranno per tutta la loro storia,
grazie al teorema di Liouville, si veda il § 2.1), è data da (Bond et al.
1980; Ruffini e Song, 1986)
1 2 kTν
< v 2 >1 2 = (12η (5) / η (3))
⋅ (1 + z ) ≈ 18m10−1 (1 + z )km ⋅ s −1
mν c
20
Per ottenere questa formula è stato necessario risolvere l'equazione di
Vlasov (o di Boltzmann non collisionale, capitolo 2) nella geometria
dell'universo di Friedmann in espansione.
Questa velocità oggi è inferiore alla dispersione di velocità riscontrate
negli ammassi di galassie (∼1500 Km/s) (si vedano i capitoli 6 e 7) e nelle
curve
di
rotazione
delle
galassie
(∼250
km/s),
comunque
l'argomentazione presentata nel paragrafo precedente fissa al momento
della formazione degli aloni delle galassie il valore della dispersione di
velocità, con le ipotesi della completa virializzazione e di separazione
degli aloni dall'espansione cosmologica dell'universo; poiché
z F ≈ 12 < v H >1 2 ≈ (12 + 1) ⋅ 18 = 234 km ⋅ s −1 .
2
Solo nei sistemi non virializzati, ed ancora legati all'espansione
cosmologica, la velocità dei neutrini continua a decrescere con la legge
v=1/a ottenendo i valori di v ∼18 Km/s del fondo neutrinico attuale, se la
massa è dell'ordine dei 10 eV.
λ
4
Da λ J = π < v > 3Gρ , M J = πρ J
3
2
3
2
La massa di Jeans è data da (Bond et al. 1980)
1 + z NR
,
M J = M max x −3 2 f ( x ), dove x =
1+ z
f ( x ) = 26.6
x
∞
(
y 4 dy
)(
24η (5) 0 e y + 1 y 2 + x 2
32
x
)
∞
2η (3) 0
12
(
(
y 2 dy y 2 + x 2
ey +1
)
)
12
−2
dove il valore massimo della massa di Jeans
M max = 3. 5 ⋅ 1016 m10−2 M Sole
viene raggiunto al red shift zmax = 14300m10 .
Mettendo in evidenza come Ruffini e Song (1986) il rapporto
m Planck
mν
3
mν , che definisce la massa critica per un sistema auto gravitante
di particelle di massa mν , che corrisponde alla seguente massa
21
m Planck
mν
3
mν = 1.63 ⋅ 1016 m10− 2 M Sole
Si può legare la massa di Jeans massima per i neutrini a questa massa
critica, come appare nelle figure 1.3 e 1.4, nelle quali viene riportata
anche la massa di free streaming (§ 1.5).
Nella figura 1.5, da Bond et al. (1980), si vede l'andamento della massa
di Jeans con il red shift, calcolato per una sola famiglia di neutrini di 30
eV, confrontato con le scale di massa delle varie strutture di larga scala;
tenuto conto che per i neutrini di massa 10 eV la curva è spostata più a
destra e più in alto (figura 1.6 da Ruffini, Song e Taraglio, 1988, dove
sono indicati anche le corrispondenti masse dell'orizzonte per masse di
neutrini di 5, 10, 30, 100 eV), si vede che la massa di Jeans massima
corrisponde con la scala dei super ammassi di galassie.
Supponendo che le dimensioni di queste ultime strutture siano legate
al raggio di "cut off" oltre il quale si ritorna all'omogeneità nell'universo,
ecco trovato il legame tra dimensione delle strutture più grandi e massa
dei neutrini (da cui "cosmologia dall'alto").
22
1.4 Il modello di universo a celle frattali
La possibilità di spiegare contemporaneamente la natura delle galassie
e la struttura su scala più ampia nell'universo, riferendosi solo alle
proprietà microscopiche, la massa e la statistica quantistica, dei neutrini,
è stato l'obiettivo nella formulazione del modello di universo a celle
frattali.
L'individuazione della massa dei neutrini dell'ordine della decina di
eV per spiegare simultaneamente gli aloni delle galassie e le dimensioni
dei super ammassi, unita al fatto che da un punto di vista cosmologico
questi valori corrispondono a quelli per cui l'universo si chiude, infatti
−2
(Bond et al. 1980; Freese et al. 1983, Ruffini, Song e Stella,
Ω ν = 0. 93m30h100
1983, che hanno esteso i calcoli anche a casi con parametro di
degenerazione diverso da zero, anche per i bosoni), potrebbe indicare ad
un tempo la soluzione del problema della materia oscura nell'universo (si
veda la discussione più estesa di questo problema a livello degli ammassi
di galassie nei capitoli 6 e 7) e la soluzione del problema della
formazione e geometria della struttura a larga scala dell'universo, tutto
ciò proprio nel modello di universo a celle frattali.
1.4.1 Ipotesi e obiettivi di base
La prima formulazione della struttura a celle frattali della larga scala
nell'universo in relazione alla massa degli "ini", di Ruffini, Song e
Taraglio (1988), mirava a risolvere tre problematiche di fondo:
1) la spiegazione della distribuzione frattale delle galassie, visto che
l'andamento della funzione di correlazione delle galassie poteva essere
interpretato proprio in questo senso.
2) la stima dell'"effettiva" densità media di massa nell'universo (che se
la distribuzione è localmente frattale tende a diminuire con la distanza,
23
anziché aumentare come ci si aspetterebbe nell'universo di Friedmann
osservando a distanze via via crescenti, quindi a epoche sempre più
remote).
3) la predizione delle tracce che la struttura a celle dovrebbe lasciare
sulla radiazione di fondo cosmico a microonde.
A queste problematiche di fondo corrispondono le seguenti proposte
di soluzione:
a) come è già stato anticipato nei paragrafi precedenti (§ 1.2.1), si
precisa qui che se la regione corrispondente al "raggio di cut off" è
racchiusa in una delle "celle elementari", di cui l'universo sarebbe
composto in maniera omogenea (figura 1.1), si può conciliare la locale
disomogeneità col modello di universo omogeneo di Friedmann.
b) la dimensione della "cella elementare" viene identificata con la
dimensione dell'orizzonte (opportunamente riscalata al presente con il
parametro a di espansione cosmologica) al momento in cui la massa di
Jeans dei neutrini "entra" nell'orizzonte. Questa lunghezza, come si è
visto nel paragrafo precedente (figure 1.3 e 1.4 in particolare), coincide
praticamente
con
la
lunghezza
corrispondente al red shift
z NR
di
Jeans
massima
e
con
quella
in cui i neutrini diventano non
relativistici. Per questo motivo queste tre lunghezze possono essere
utilizzate o menzionate indifferentemente.
c) osservazioni a distanze spaziali maggiori del raggio della cella
devono rivelare (figura 1.1) una struttura generale dell'universo
composta di "celle elementari", osservate a diverse fasi della loro
evoluzione cosmologica. Per red shift z> z NR deve essere ritrovato
l'aspetto usuale dell'universo omogeneo di Friedmann. Tuttavia essendo
z NR maggiore del red shift corrispondente al disaccoppiamento della
24
materia dalla radiazione (z ∼1500= zγ nella figura 1.1) questa struttura a
celle deve lasciare una traccia anche sulla radiazione cosmica di fondo.
d) dal momento che le nostre osservazioni sono fatte all'interno di una
di queste celle, entro cui la distribuzione spaziale delle galassie è frattale,
occorre indicare una procedura di estrapolazione del valore "effettivo"
della densità dell'universo, che è diverso da quello misurato entro la
cella.
La figura 1.7 mostra proprio l'andamento della densità con la distanza
e il valore della densità effettiva (corrispondente al red shift indicato con
ZFRAC).
25
1.4.2 Tracce sulla radiazione di fondo cosmico della struttura a
celle dell'universo
Per valutare le dimensioni angolari di ogni cella elementare al
momento della sua formazione, a z= z NR e le dimensioni delle tracce
lasciate dalle corrispondenti perturbazioni di densità sulla radiazione di
fondo cosmico (si veda per maggiori dettagli Fabbri e Ruffini, 1990), si ha
D
, con D = λ z = z NR e d A è la distanza della cella dall'osservatore.
che ϑ =
dA
zc
Per calcolare le distanze occorre applicare la legge di Hubble rz =
,
H0
che è valida per piccoli valori del red shift z ed è lo sviluppo in serie al
primo ordine di una legge più generale (Zel'dovich e Novikov, 1982;
Feng, Mo e Ruffini, 1991)
2c Ω 0 z + (Ω 0 − 2) Ω 0 z + 1 − 1
rZ =
2
H 0 Ω 02 (1 + z )
[
[
]]
La distanza della cella, calcolata a partire dal red shift z NR , può essere
espressa in funzione dell'attuale orizzonte delle particelle, che è il raggio
c
1
−1
di Hubble RH =
Mpc = DH
≈ 3 ⋅ 103 h100
H0
2
d A = DH
[Ω z + (Ω
0
0
[
Ω 02 (1 + z )
la cella è dato da
θ rad =
λz=z
NR
DH
[Ω z + (Ω
0
0
θ sotto cui appare
2
[
]]
− 2) Ω 0 z + 1 − 1
πc 2 (1 + z eq )
3Gρ 0 (1 + z NR )
si ha che (1 + z eq ) ρ 0 =
3
ottiene λ z = z NR =
2
Ω 02 (1 + z )
Calcolando λ z = z NR =
della
]] , così che l'angolo
− 2) Ω 0 z + 1 − 1
σ SB
c
3
4
,
(T0 ( z NR + 1))4 ,
lunghezza
πc
di
5
3G (1 + z NR ) σ T
4
e sostituendo nell'espressione
4
SB 0
−2
≈ 9m10− 2 Kpc = m30
Kpc .
26
Jeans
si
Questa scala corrisponde a quella del massimo (Bond, Efstathiou e
Silk, 1980), ed oggi vale
λ z =0 ≈ 9 zmax m10−2 Kpc ≈ 129m10−1 Mpc ≈ 43m30−1 Mpc
Questa espressione mostra come la dimensione dei 120 Mpc
corrisponda ad una massa dell'ordine dei 10 eV, nel capitolo 5 si
considera proprio il confronto tra questo modello e le osservazioni dei
superammassi di galassie (Einasto, 1996 e 1997 a).
Questo valore è importante anche per discutere il free streaming nel
prossimo paragrafo (Bond, Efstathiou e Silk, 1980; White, Davis e Frenk,
1983).
Con questi valori della lunghezza di Jeans, oltre la massa di Jeans
corrispondente (§ 1.3.2) si può calcolare il valore dell'angolo sotto cui
appare la cella sia al momento in cui si stacca dal flusso di Hubble
iniziale (a z= z NR ), sia durante la "ricombinazione", al momento cioè di
lasciare tracce sulla radiazione di fondo cosmico: dalle formule
precedentemente esposte si ottengono i seguenti valori per l'angolo
θ∼1.7 ° ;
Ruffini Song e Taraglio (1988 e 1990) hanno calcolato i valori
dell'angolo per diversi parametri di degenerazione ξ.
1.4.3 L'evoluzione del contrasto di densità nella cella
elementare
Per semplicità si assume la simmetria sferica per le regioni
corrispondenti
alla
dimensione
dell'orizzonte
quando
i
neutrini
diventano non relativistici. Se la massa di una "cella elementare" è
superiore a quella di Jeans, la densità di massa domina la pressione
( P << ρc 2 ) e quindi la sfera si espande in maniera indipendente
dall'espansione dell'universo di Friedmann di background.
27
Le equazioni che governano l'evoluzione dinamica di questa sfera si
ottengono risolvendo le equazioni di campo di Einstein nell'universo di
Friedmann, ottenendo le equazioni della metrica:
ds 2 = − dt 2 + e 2 Λ ( χ ,t ) dχ 2 + r 2 (χ , t )(dθ 2 + sen 2 θdϕ 2 )
dove χ è la coordinata radiale comoving ed r il raggio di una sfera
tridimensionale.
L'equazione per la posizione di una particella "test" con questa
metrica è
2Gm1 ( χ )
r1 −
+ ε 1 (χ ) = 0
r1
dove m1 e ε1 sono rispettivamente la massa gravitazionale e l'energia
totale, negativa, di una particella "test" posta ad una distanza r1 dal
centro della sfera tridimensionale, che è proprio la regione perturbata.
L'energia
totale
è
assunta
costante
nel
tempo,
poiché
non
c'è
dissipazione.
Si assume inoltre che la rapidità di espansione al momento della
separazione dal background sia la stessa del background:
r1 a
=
r1 a
Definendo la densità media della sfera come
m1 (χ )
ρ1 (t ) =
(4π 3)r13 (χ , t )
l'energia, nel caso di universo a curvatura nulla, si può scrivere come
8π
2
ε 1 (χ ) =
Gρ univ . (t separ . )R12δ 1 ≡ ( H 1 R1 ) δ 1 , che si riscrive anche
3
Gm1 (χ ) 1 1 + δ 1
= R1
2
ε 1 (χ )
δ1
dove R1 = r (χ , t separ . ) è il raggio della sfera (la "cella elementare"),
δ1 =
ρ1 (t separ . )
− 1, dove ρ1 è la densità media della sfera, e
ρ univ.
28
H 12 ≡
8π
3
Gρ univ. (t separ . ) = H 02 (1 + z separ . )
3
è
la
costante
di
Hubble
al
momento della separazione z = zsepar. .
La soluzione dell'equazione per la posizione della particella "test" può
essere espressa in forma parametrica (e.g. Zel'dovich e Novikov, 1982):
1 + δ1
1
r1 (χ , t ) = R1 (χ )
1 − cos ε Θ1
2
δ 1ε 1
(
(
))
e la parte temporale è data da
t − t separ . =
(
)
(
)
1 −1
1
1
−3 2 1 + δ 1
H 0 (1 + z separ . )
sen ε Θ1 − θ separ . +
sen ε θ separ . co
Θ1 −
32
2
δ1 ε
ε
ε
n θ separ . =
1
ε1
arccos
1 + δ 1 − 2εδ 1
1 + δ1
In queste equazioni si è introdotto ε che è uguale a -1 se si studiano
perturbazioni di densità negative, come i vuoti; ε =0 per perturbazioni
nulle e infine ε =1 per le perturbazioni di densità positive, che sono quelle
che qui interessano.
Uguagliando a zero la derivata della posizione della particella "test",
calcolata in funzione del parametro Θ che è il tempo conforme (il pedice
1 indica che è relativo alla cella nel suo primo stadio di frammentazione),
ed ha come valore iniziale θ , si ricava il valore di Θ per cui la cella
raggiunge il massimo dell'espansione: Θ = π. Perciò quando Θ > π la sfera è
in fase di collasso, mentre per Θ < π è ancora in espansione.
Sempre nel caso di universo piatto si può ricavare la relazione tra il
tempo comologico t (e quindi il red shift) e il parametro conforme Θ : la
relazione tra il tempo cosmologico e il red shift è (Weinberg, 1972)
t − t separ .
2
−3 2
= H 0−1 (1 + z separ . )
3
1 + z separ .
32
−1
1+ z
che confrontandola con la parte temporale del sistema di equazioni
parametriche dà la dipendenza di Θ dal red shift:
29
3 1 + δ1
(Θ1 − sen Θ1 − θ separ. + sen θ separ. )
1 + z = (1 + z separ . ) 1 +
4 δ 13 2
−2 3
Con questa equazione si lega ogni stadio evolutivo all'interno della
regione perturbata al red shift cosmologico e viceversa.
Dalla parte spaziale del sistema di equazioni si ricavano le equazioni
per la densità media della cella:
ρ1 (t ) = 8 ρ univ. (t separ . )
δ 13
(1 − cos Θ1 )−3
(1 + δ )
2
1
e per il contrasto di densità δ1 :
δ 1 (t ) = 8
1 + z separ .
1+ z
3
δ1
3
(1 + δ )
2
(1 − cos Θ1 )−3 − 1 .
1
Il tempo scala dell'evoluzione per una cella che si è separata dal flusso
di Hubble iniziale lo si stima calcolando il tempo che il sistema impiega a
rggiungere la sua configurazione di massima espansione. Dalla parte
temporale del sistema di equazioni parametriche, sviluppando in serie
per piccoli valori del contrasto di densità δ1 , si ricava:
π
(1 + z separ. )3 2 δ 1 −3 2 = 3π τ 0 (1 + z separ. )3 2 δ 1 −3 2
τ = t max − t separ . ≈
2H 0
4
2
−1
anni .
con τ 0 = H0−1 = 6.51⋅ 109 h100
3
Avendo già notato (§1.3.2) come la massa delle celle sia dell'ordine di
quella dei super ammassi di galassie, tenendo conto dei limiti che le
anisotropie del fondo cosmico a microonde impongono sulle scale
dell'ordine del grado (cfr. De Bernardis et al., 1996 per una discussione
ampia sui più recenti esperimenti sulle anisotropie del fondo cosmico su
scale angolari dell'ordine del grado, proprio le scale angolari su cui il
contrasto di densità inziale della cella, in crescita ancora lineare, deve
lasciare traccia (§ 1.4.2)) si può vedere come in questo scenario i super
ammassi non siano ancora giunti in fase di collasso.
Per verificare questa ipotesi si possono seguire due procedimenti:
30
1) calcolare il tempo conforme corrispondente al valore del contrasto
di densità δ10 ≈ 1 , e verificare che Θ < π : questo procedimento sarebbe
quello inverso del calcolo del valore di δ1 al momento della separazione
della cella (Ruffini, Song e Stoeger, 1988).
2) Imporre i limiti per i contrasti di densità δ che vengono dallo studio
delle anisotropie per θ∼1 ° sulla radiazione di fondo cosmico.
Seguendo ambedue questi procedimenti si verifica anche se la legge
per la crescita delle perturbazioni dentro la "cella elementare" che è stata
derivata sia consistente con i dati osservativi a queste due epoche.
1) le equazioni da usare sono
1 − δ1
θ separ . = arccos
1 + δ1
(
3 1 + δ1
0
0
1 = (1 + z separ . ) 1 +
Θ1 − sen Θ1 − θ separ . + sen θ separ .
32
4 δ1
δ 1 (t ) = 8(1 + z separ . )
0
3
δ 13
(1 + δ )
2
(1 − cos Θ )
0 −3
1
)
−2 3
−1
1
dove l'apice "0" indica che le quantità in questione sono valutate oggi.
Il grafico 1.1 mostra δ10 e Θ10 come funzioni del valore iniziale del
contrasto di densità δ1 .
Sapendo che oggi δ1 ≈ 1
0
δ1 ≤ 10−4 .
31
2) Si sviluppano in serie le equazioni seguenti al fine di esplicitare la
dipendenza del parametro Θ dal red shift cosmologico
(
3 1 + δ1
dis .
dis .
Θ1 − sen Θ1 − θ separ . + sen θ separ .
= (1 + z separ . ) 1 +
32
4 δ1
1 + z dis .
δ 1 (t dis . ) = 8
1 + z separ .
3
δ1
3
(1 + δ )
1 + z dis .
2
dis .
1
− sen Θ1
dis .
dis . − 3
1
−1
1
tenendo conto che
1 − δ1
θ separ . = arccos
.
1 + δ1
(Θ
(1 − cos Θ )
)
−2 3
)
− θ separ . + sen θ separ . = f ' (Θ separ )∆Θ +
b ''
f (Θ separ )∆Θ 2
2
con b ≤ 1 ed f( Θ )= Θ -sen( Θ ); f'=1-cos( Θ )
1 − δ1
Essendo f ' (Θ separ . ) = 1 −
1 + δ1
1 + z separ .
∆Θ + b =
'
1 + z dis .
indicando con q =
32
''
2
b f (Θ separ )
−1
δ 1 , con b'=
∆Θ 2 ,
3
2 f ' (Θ separ )
1 + z separ .
1 + z dis .
, si ottiene l'equazione per il contrasto di
densità, dopo aver sviluppato in serie attorno a valori di q ∼1, aver
sviluppato in serie anche il coseno al denominatore e aver posto le
(
)(1 − 2[q
)
− 1] + 6b
(
)
2
approssimazioni ∆Θ ≈ ∆Θ + b ' e ∆Θ 2 ≈ ∆Θ + b ' :
δ 1 (t dis . ) = q 3 (1 + δ 1
32
''
)
δ1 − 1 ,
l'ultimo termine nella parentesi tonda ha il segno positivo proprio per
bilanciare
le
ultime
due
approssimazioni
dichiarate;
esplicitando
b''=b'/(1+ δ) si ottiene, sviluppando q=(1+ ε ):
[
( )]
δ 1 (t dis . ) = δ 1 1 + 3δ 1ε 2 + o δ 1 2 .
[
( )] ≤ 10
La soluzione della disequazione δ 1 (t dis . ) = δ 1 1 + 3δ 1ε 2 + o δ 1
2
−4
dà
proprio δ1 ≤ 10−4 , valida per valori di ε non troppo grandi (nel caso in
questione ε∼20, poiché zsepar. ≈ 2 ⋅ 104 e z dis . ≈ 10 3 ), affinché sia possibile
32
sviluppare
in
serie
la
radice
quadrata
dell'equazione di secondo grado: 12 ⋅ 10−4 ε 2 << 1
nella
formula
risolutiva
ε << 29 .
Si può concludere che i super ammassi, secondo questo modello,
risultano ancora nella fase di espansione, dal momento che Θ10 ≈ 0. 8π
(Ruffini, Song e Stoeger, 1988), risultanto perciò degli oggetti ancora
poco evoluti.
33
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