Tuscany landscape: la frutta robbiana

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Tuscany landscape: la frutta robbiana
Autore : Fiamma Domestici
Cedri, limoni e mele cotogne i leitmotiv ornamentali dei della
Robbia
In anni in cui l’ambiente e l’ecologia rappresentano non solo una passione ma anche uno stile
di vita e il design e le griffe esprimono una creatività che parla il nuovo linguaggio
ecoresponsabile, anche i rigogliosi inserti vegetali, leitmotiv della produzione robbiana fra
Quattro e Cinquecento, acquistano nuovi e inesplorati connotati di appeal e
contemporaneità.
Nelle botteghe fiorentine del centro storico non è difficile imbattersi nella riproduzione di
immagini devozionali rinascimentali in terracotta invetriata in bianco e azzurro ma anche in vasi
di un blu intenso a imitazione del lapislazzulo o del turchese o di altre pietre dure, stracolmi di
fiori e frutta (agrumi, mele cotogne, melagrane, ecc), a volte popolati da curiosi insetti e
piccoli animali, o in cestini in vimini invetriati, traboccanti di analoghi motivi, antenati delle più
tarde canestre caravaggesche.
E tornando indietro nel tempo possiamo immaginarci le raffinate tavole delle dimore gentilizie
ospitare queste opere oltre a cedri, limoni e mele cotogne anch’esse invetriati, quasi che in
tal modo si volesse trasportare all’interno delle mura domestiche il contatto diretto con la natura
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assumendo l’invetriato come mix artistico preferenziale fra il mondo animale, vegetale e
minerale.
La produzione robbiana – da Luca della Robbia il capostipite, amico e collaboratore del
Brunelleschi, ad Andrea suo nipote fino a Giovanni figlio di quest’ultimo, ultimo erede della
bottega di via Guelfa, e ai suoi fratelli, rappresenta la testimonianza più toccante e duratura
dell’arte fiorentina del Rinascimento, una sorta di logo o griffe dell’arte fiorentina e toscana nel
mondo. Tant’è che Walter Pater, esteta inglese di formazione purista e preraffaellita all’inizio
del secolo scorso riconobbe come distintivo delle robbiane il potere di rievocare l’atmosfera che
si respira nelle vie di Firenze e nelle altre città toscane, costituendo quasi una sorta di attributo
ambientale del ‘tuscany landscape’. E se spettò a Luca della Robbia il merito di aver per
primo fatto uso nel 1461, nella volta del portico della Cappella Pazzi in Santo Croce, di un
rigoglioso festone vegetale stretto attorno allo stemma familiare, sarà merito di Andrea ma
soprattutto di Giovanni aver permesso all’elemento naturale – fiori, frutta e ortaggi – di
liberarsi dai ‘limiti’ di precostituite geometrie architettoniche, acquistandone in maggior
verosimiglianza. Non sarà dunque un caso che gli esemplari più numerosi di vasi, cestini e frutti
invetriati appartengano alla produzione di quest’ultimo, capace di offrire anche un repertorio
assai più nutrito e vivace di specie diverse di animali e di piante.
Naturalia e mirabilia, meraviglie d’artificio d’altri tempi a testimoniare ancor oggi il mimetico
virtuosismo dei della Robbia, capaci, come gli antichi, di farsi specchio integrale delle creazioni
di natura.
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