Silvana Pierini LUCE Prefazione di Neuro Bonifazi Edizioni Helicon GIORNI DI CERA Le mie mani sono ferme nella tasca della memoria, ripasso i giorni avanti e indietro quasi a tesserne la tela mancante, sprofondo nei dolori ci perdo i sensi per giorni e notti. Quanto tempo perduto a rincorrermi e quanto ne passerà ancora prima che gli occhi chiudano il sole fra le palpebre e il vento fra i capelli. Quante volte ho dormito scambiando il giorno alla notte del nulla e non ho sentito la brezza leggera di chi mi è passato accanto. 15 NINFEA PASSI Giorni immobili chiusi nelle mani del tempo. Il silenzio si fa cielo. I bisbigli del vento echeggiano fra i pensieri dolorosi da contenere. Gli occhi sfogliano nel libro dei ricordi le parole, le vicinanze perdute le strade ritrovate dal cuore come un cercatore d’oro insonne. Il desiderio di tornare al grembo della vita mi trascina a briglia sciolta. La speranza s’affaccia nel luccichio di un timido raggio di sole assonnato, sboccia una ninfea di luce. Sono nel vento dei miei pensieri palustri di raggi di sole sbiadito, manca ai miei piedi un prato verde in cui sentire l’energia della terra. I miei passi raccolgono come acqua piovana goccia dopo goccia i passi di chi come me non sapeva dove andare abbassando le palpebre ad ogni pioggia fredda di lance affilate avvelenate, alle ferite aperte che ho riempito di fiori freschi di campo. 16 17 MALINCONIA LA NUVOLA E IL FIUME Quanto tempo starò ancora così, a marinarmi nei miei pensieri spinosi, per quanto tempo ancora sentirò quest’aria pesante attorno a me quest’odore di terra bruciata saccheggiata. Una guerra è passata di qua. Le mie mani non si muovono più ne è rimasto il disegno il contorno. I miei occhi sono fermi ad un bivio lontano, quasi sbiadito. È l’ora della stretta di mano tra il giorno e la sera. Tutto si attenua e si prepara al mistero della notte. L’aria è dolce e mi alza da questo corpo pesante come una nuvola che guarda il fiume che guarda i suoi contorni di battaglie funeste, nostalgie aggrappate come scimmie e dolore che si propaga come fuoco nelle mie profondità. 18 19 SCHEGGIA A MIO PADRE Confinarsi dentro a un cerchio una corazza di radici di quercia. Rimanere a guardare il fiume che ti trascina e sentire fin dove si arriva a sopportare il dolore divenuto scheggia. A che vale riempirsi di pretesti arrotondando le soluzioni spostando le proprie ragioni. Voglio solo credere che anche lui mi appartenga. Rimango inutile scappare non c’è posto lontano cielo o strada mare o sole che lo strappi dal cuore, lo guardo affondare le sue unghie nel petto e sento fin dove vuole arrivare. Nella luce del mezzogiorno sei uscito dall’acqua con un colpo di coda d’argento, in quell’istante ho visto il tempo imbiancarti la pelle e ho avuto paura. Tu come un cavaliere invincibile hai tagliato gli anni come legna di quercia, hai cavalcato le stagioni della fatica in un rodeo caparbio in una scommessa mai perduta, hai amato il cuore della vite come il sole hai sentito il sudore del giorno irrorare i solchi della pelle. Gli occhi hanno camminato più delle parole e la mente come un fossile conservato dalle fresche acque splende di luce propria. 20 21