CAP.1 LA SOCIETA’ CIVILE L’IRRUZIONE DELLE MASSE NELLA STORIA Gli ultimi decenni del 19°sec e i primi del 20° furono caratterizzati nei paesi europei e negli Stati Uniti dall’irrompere delle masse nella storia che rivendicavano una partecipazione attiva e direttiva alla vita pubblica. Nacque cs la SOCIETA’ DI MASSA che avrebbe caratterizzato tutto il 20°sec. Il primo ad analizzare i comportamenti e gli atteggiamenti mentali della massa fu il francese GUSTAVE LE BON il quale rilevò che la massa, da lui definita “folla”, aveva acquistato un crescente peso economico, politico e sociale; la massa gli appariva non +controllabile attraverso i soliti strumenti di dominio, infatti sembrava essere in grado di formare sue autonome associazioni, come le camere di lavoro, i partiti e i sindacati, indipendenti dal potere statale, e di mandare rappresentanti in Parlamento, prendendo cs coscienza della propria forza. Si sviluppò cs la società civile che veniva a distinguersi dalla società politica, cioè dallo Stato. Oltre che nell’attività politica, le masse mostravano di avere notevoli capacità di iniziativa anche nell’organizzare il tempo libero, con la creazione di una cultura autonoma, di società ginniche, associazioni musicali. X evitare sconvolgimenti sociali, le classi dirigenti (moderati e conservatori)cercarono di NAZIONALIZZARE LE MASSE, facendole partecipare alla vita nazionale attraverso feste tradizionali, cerimonie patriottiche, riti e simboli. LA NASCITA DEI PARTITI DI MASSA Le masse riuscirono ad influenzare profondamente la vita politica con l’esercizio del diritto di voto e la formazione di partiti di massa, chiamati cs xké coinvolsero un numero elevatissimo di cittadini. L’estensione del diritto di voto segnò il passaggio dalla società liberale a quella liberal-democratica Nella concezione classica del liberalismo la partecipazione alla vita politica richiedeva l’indipendenza economica(aveva diritto di voto solo chi possedeva una rendita fornita dalla proprietà o un reddito derivante da una professione), si trattava di una concezione censitaria; nel corso dell’800, il diritto di voto fu poi progressivamente allargato a coloro che fossero in grado di leggere e scrivere, cs si arrivò al suffragio universale maschile. I partiti di massa passarono da una struttura federativa (cioè da una sorta di federazione di gruppi diversi) ad una struttura centralizzata (una direzione centrale che dettava la linea politica all’intero partito). Nel 1875 fu costituito in Germania il primo Partito socialdemocratico, durante un congresso che si tenne nella città di Gotha; nacque dalla fusione di 2partiti già esistenti: l’Associazione degli operai tedeschi e il Partito socialista democratico dei lavoratori di cui prese il nome; nel 1890 assunse quello di Partito socialdemocratico della Germania (SPD). Nel programma approvato al congresso di Gotha furono chiesti il passaggio dei mezzi di produzione dalla proprietà privata alla proprietà collettiva, la sicurezza sociale e la formazione di un esercito popolare al posto di quello di mestiere; qsti obiettivi dovevano essere raggiunti pacificamente attraverso la democratizzazione dello Stato. Marx criticò tale programma xké lo considerò troppo vago e xké non prevedeva un periodo di dittatura del proletariato. Le critiche di Marx trovarono risonanza all’interno del partito e, nel 1891, al congresso di Erfurt, fu approvato un nuovo programma elaborato soprattutto da KARL KAUTSKY che delineò con maggior chiarezza l’obiettivo di una completa trasformazione della società in senso socialista. Ma neanche a Erfurt si affermarono le tesi marxiane della conquista rivoluzionaria del potere e dell’instaurazione della dittatura del proletariato xké K.celebrava l’azione parlamentare sostenendo che in presenza di un parlamento forte anche la forma istituzionale dello stato poteva passare in secondo piano, era necessario perciò che il proletariato, conquistate le libertà politiche (che K.riteneva fondamentali x lo sviluppo del movimento operaio), si battesse soprattutto x accrescere i poteri del parlamento e il proprio peso al suo interno. Nel 1880 nacque il Partito operaio francese; il Italia, nel 1892, nacque il Partito dei lavoratori italiani che poi prese il nome di Partito socialista italiano; nel 1898 nacque il Partito socialdemocratico russo le cui vicende furono molto diverse da quelle della socialdemocrazia tedesca a causa dell’azione svolta da VLADIMIR IL’IC ULJANOV che prese il nome di battaglia di LENIN (adoperato x la prima volta nell’opuscolo “Che fare?” pubblicato nel 1901; è probabile che derivi dal fiume Lenin o alcuni pensano da una sua compagna di scuola di nome Lena). Il movimento socialista russo era diviso in 2grandi filoni: quello marxista, cui apparteneva la socialdemocrazia, e quello social-rivoluzionario, che si rifaceva alle posizioni dei populisti che negli anni 70 del 19°sec avevano chiesto la distribuzione delle terre ai contadini. Lenin diede un’interpretazione originale del marxismo, elaborando una particolare “teoria del partito”: x L. il partito doveva avere un carattere estremamente coeso x poter assumere la guida del processo rivoluzionario e portare il proletariato alla conquista del potere; tale concezione può essere definita <giacobina> xké richiamava le posizioni dei giacobini che durante la riv.francese avevano dato grande importanza alla compattezza del gruppo dirigente, nell’ambito di una concezione fortemente centralistica e unitaria della direzione del movimento rivoluzionario. L.riteneva anche che la classe operaia fosse incapace di formarsi da sé una coscienza politica, quindi spettava agli intellettuali borghesi il compito di dare agli operai la consapevolezza della propria forza attraverso lo strumento del partito. Nel 1903 il partito socialdemocratico russo si divise in 2correnti: la maggioritaria, chiamata bolscevica (in russo “bolscevik”=maggioritario), guidata da L. che voleva un partito disciplinato e centralizzato; la minoritaria, chiamata menscevica (“menscevik”=minoritario), guidata da MARTOV che chiedeva un’organizzazione politica meno rigida, sul modello della socialdemocrazia tedesca. Partito socialdemocratico tedesco= organizzazione politica meno rigida Partito socialdemocratico russo = organizzazione politica +rigida Karl Marx ed un gruppo di sindacalisti inglesi e francesi fondarono a Londra nel 1864 la PRIMA INTERNAZIONALE con lo scopo di conseguire “l’emancipazione economica della classe operaia”. A Marx si contrappose MICHAIL BAKUNIN, fondatore del mov.anarchico ed avversario di ogni forma di autorità, compresa quella di un futuro stato socialista (Prima internazionale: anarchici vs socialisti). Nel 1876 la Prim.intern si sciolse e nel 1889 fu fondata la SECONDA INTERNAZIONALE da cui restarono esclusi gli anarchici. Come nella prima anche nella seconda intern.si contrapposero 2tendenze: socialisti riformisti vs socialisti rivoluzionari. I rivoluzionari ritenevano che soltanto la rivoluzione avrebbe risolto le contraddizioni della società borghese; i riformisti avevano ank’essi come obiettivo la trasformazione della società in senso socialista ma erano convinti che potesse essere raggiunto attraverso una serie di riforme. La loro divisione coinvolse interi partiti: x es., la socialdemocrazia tedesca era riformista; la socialdemocrazia russa era rivoluzionaria. La Seconda internazionale non riuscì a dare una linea politica omogenea a tutti i partiti socialisti anche a causa delle diversità nazionali e delle differenti condizioni di sviluppo in cui si trovavano i paesi europei. Nel 1893 fu fondato in Inghilterra il Partito laburista indipendente. Prima di allora i socialisti inglesi si erano raccolti nella Fabian Society, essi erano contrari alla rivoluzione e sostenevano che le riforme dovessero essere ottenute con una tattica temporeggiatrice, la stessa adottata da Quinto Fabio Massimo (detto perciò il Temporeggiatore) contro Annibale: il fabianesimo prendeva il nome proprio da lui. Fino ad allora la difesa degli interessi della classe lavoratrice inglese era stata affidata soprattutto al partito whig (termine di origine seicentesca, indicava la forza politica contrapposta a quella tory, conservatrice; i whigs erano riformatori e rappresentavano i liberali britannici). La nascita del Partito laburista limitò l’influenza del partito whig, sicché l’Inghilterra continuò ad avere un sistema bipartitico con la contrapposizione tra conservatori e laburisti al posto di quella tra conservatori e liberali. Anche negli Stati Uniti esisteva un sistema bipartitico che vedeva la contrapposizione tra repubblicani e democratici, ma nel 1911 un repubblicano, THEODORE ROOSEVELT, tentò di creare una terza formazione politica fondando il Partito progressista il cui programma consisteva nell’attuare una politica di riforme facendo intervenire lo stato nell’economia e favorendo la libera concorrenza. Le elezioni presidenziali del 1912 decretarono la fine del nuovo partito, ma il progressismo rimase un punto di riferimento sia x i socialisti moderati sia x i borghesi riformisti e finì col diventare sinonimo di riformismo. I SINDACATI Mentre nei partiti le masse svolgevano attività politica, nei sindacati potevano avanzare le loro richieste di carattere economico(aumenti dei salari e migliori condizioni di lavoro). Agli inizi i sindacati assunsero la forma di federazioni di mestiere, cioè organizzazioni di operai che esercitavano lo stesso tipo di lavoro; in seguito qste associazioni si riunirono in grandi confederazioni nazionali. A livello locale i lavoratori erano organizzati in camere o borse del lavoro. Tra i sindacati europei ebbero un carattere ed una funzione particolare le Trade Unions inglesi che influenzarono notevolmente la politica indirizzando il voto dei lavoratori prima verso il Partito liberale e poi verso quello laburista col quale si strinsero in una confederazione. La principale forma di lotta adottata dai sindacati fu lo sciopero al quale gli imprenditore contrapponevano la serrata, cioè la chiusura delle fabbriche e si servivano dei crumiri (lavoratori che sostituivano gli scioperanti). Una data importante nella storia del movimento operaio è costituita dalla nascita della festa dei lavoratori: un sindacalista statunitense McGuire suggerì di dedicare una festività alla celebrazione del lavoro e +tardi il +combattivo sindacato americano, i Cavalieri del lavoro, indicarono il primo lunedì di settembre (Labor Day). Negli altri paesi la festa del lavoro ricorre il primo maggio ma anche qsta data si riferisce a un avvenimento che si verificò negli Stati Uniti: il primo maggio del 1886 iniziò a Chicago uno sciopero x ottenere la giornata di 8ore di lavoro, nel corso delle manifestazioni scoppiò una bomba che uccise un poliziotto, seguì una dura repressione che provocò alcuni morti e centinaia di feriti; il congresso dell’Internazionale socialista tenuto nel 1889 scelse il primo maggio come festa di tutti i lavoratori del mondo. Accanto ai sindacati dei lavoratori si formarono anche associazioni di imprenditori che avevano lo scopo di tutelarne gli interessi. REVISIONISMO DI BERNSTEIN E SINDACALISMO RIVOLUZIONARIO DI SOREL La conquista del diritto di voto rafforzò le posizioni dei riformisti che ritenevano possibile la conquista pacifica del potere da parte dei rappresentanti delle classi operaie. Essi erano convinti che attraverso la propaganda e l’organizzazione, i partiti socialisti avrebbero potuto raggiungere, in un futuro non lontano, la maggioranza assoluta nei parlamenti. Marx riteneva invece che le condizioni del proletariato non potevano cambiare in maniera sostanziale, a qsta sua convinzione erano legati i socialisti rivoluzionari. Sulla possibilità di conquistare pacificamente il potere attraverso le elezioni insistevano i teorici del revisionismo che avevano il maggior esponente il EDUARD BERNSTEIN il quale criticò fortemente i principi fondamentali marxiani quali: - la teoria del valore: x M.il valore delle merci è dato dalla quantità di lavoro che gli operai hanno impiegato x produrle; x B. invece è dato dalla loro utilità; - progressiva proletarizzazione della società e di conseguenza della sua polarizzazione politica: x M. gli artigiani ed i piccoli imprenditori si sarebbero trasformati in operai; B invece era convinto che si andasse verso una maggiore articolazione sociale e sembravano dargli ragione le vicende della società tedesca dove le classi sociali non si stavano riducendo alla 2individuate da M, borghesia e proletariato, ma stavano anzi divenendo +numerose e non si stava verificando nemmeno l’impoverimento del proletariato grazie all’incremento dell’occupazione, all’aumento dei salari e alle riforme sociali. - B.respingeva anche la concezione marxiana della lotta di classe, che non considerava un essenziale strumento rivoluzionario, e quella della dittatura del proletariato il cui rifiuto derivava dall’analisi dello Stato che B non considerava +Stato classista, cioè lo strumento di cui si serviva la classe dominante x esercitare il suo dominio sul proletariato; x B anche il proletariato, attraverso il voto, poteva conquistare la direzione dello Stato o poteva parteciparvi, di conseguenza non era +necessario abbatterlo, x instaurare la dittatura del proletariato, era invece possibile x i socialisti servirsi proprio dello Stato x attuare le riforme. Anche il francese GEORGES SOREL rivide le posizioni di Marx, invitando i sindacati a occuparsi di politica x portare le masse alla rivoluzione: nelle “Riflessioni sulla violenza” S.considerò non scientifiche le tesi di Marx che aveva visto uno stretto rapporto tra crisi economica e politica, S era convinto che la società borghese fosse in decadenza ma sosteneva che x abbatterla fosse necessario un mito politico che avesse una grande forza propulsiva. Egli, infatti, dava grande importanza ai miti, considerati come <insieme di immagini capaci di evocare una massa di sentimenti> e qsti sentimenti dovevano spingere gli operai a insorgere contro il dominio della borghesia. S non credeva alla possibilità di una conquista pacifica del potere e attribuiva alla violenza un ruolo di eccezionale importanza nella storia. Tra i miti politici dava importanza allo sciopero generale rivoluzionario che avrebbe costituito la battaglia finale della guerra intrapresa dai socialisti contro la borghesia e avrebbe consentito di distruggere il potere dello stato borghese. Le idee di S ispirarono una forte corrente sindacale che prese il nome di sindacalismo rivoluzionario che adottò metodi violenti di lotta. In origine, al sindacalismo rivoluzionario diedero un certo contributo gli anarchici e perciò fu chiamato anche anarco-sindacalismo. I sindacati riv consideravano gli scioperi l’arma +efficace dei lavoratori e li promuovevano con l’obiettivo non tanto di ottenere il miglioramento dei salari quanto di tenere in allenamento gli operai in vista di un attacco finale al potere borghese e qsto attacco sarebbe avvenuto tramite il grande sciopero generale previsto da Sorel. I sindacati riv davano una particolare importanza all’azione svolta dalle camere del lavoro che riunivano tutti i lavoratori di una città xké ritenevano che esse fossero la +diretta espressione del movimento dal basso. IL CRISTIANESIMO SOCIALE Non ebbe invece alcuna intenzione rivoluzionaria il cattolicesimo sociale che, nell’ultimo decennio dell’800, si propose di lottare sia contro la società borghese liberale sia contro il socialismo. Al liberalismo la Chiesa rimproverava non solo l’allontanamento dalla religione ma anche l’indifferenza verso le classi +povere; al socialismo rimproverava l’ateismo e la volontà di sovvertire la società dalle fondamenta. La Chiesa condannava anche l’economia capitalistica accusata di portare alla distruzione delle tradizioni. La dottrina sociale cattolica ebbe come fondamento l’enciclica Rerum novarum, pubblicata nel 1891 dal pontefice LEONE XIII. In qsto documento il Papa difese la proprietà privata ed invitò tutte le classi a vivere nella concordia e nell’osservanza dei doveri reciproci; le associazioni operaie socialiste vennero considerate un pericolo x la fede ed il pontefice suggerì agli operai cristiani di formare associazioni ispirate alla dottrina sociale della Chiesa. Nell’enciclica non erano contenute indicazioni programmatiche politiche vere e proprie ma ebbe lo stesso un grande peso nella vita politica tracciando la strada del futuro impegno sociale. LE DONNE E LA FAMIGLIA NELLA SOCIETA’ DI MASSA Nella società di massa le condizioni delle donne stavano cambiando, soprattutto a causa del lavoro fuori casa, svolto ora anche dalle borghesi che cominciavano ad entrare nelle professioni riservate fino a quel momento solo ai maschi. Il lavoro femminile e l’emigrazione dalle campagne alle città influivano sulla struttura e sui ruoli all’interno delle famiglie che da multiple-patriarcali si trasformarono in famiglie nucleari (1solo nucleo-chiuse). Alla fine dell’800 le donne non avevano ancora il diritto di voto e qsta fu perciò la richiesta fondamentale avanzata dai movimenti femminili. Il mov femminile fu forte all’inizio soprattutto negli Stati Uniti, ma nella seconda metà dell’800 si diffuse anche in Europa e specialmente in Inghilterra dove nacque il movimento delle “suffraggette” (chiamate cs xké chiedevano proprio un suffragio veramente universale). Negli Stati Uniti l’associazione +forte fu la NAWSA(Associazione delle donne americane x il suffragio), che, nata nel 1890, riuscì a raggiungere nel 1920 l’obiettivo del suffragio femminile. In Inghilterra le donne, guidate da EMMELINE PANKHURST, ottennero il pieno riconoscimento dell’uguaglianza politica nel 1928. In Europa e negli Stati Uniti molte donne si batterono nei movimenti e partiti di sinistra. ROSA LUXEMBURG fu la +illustre rappresentante della sinistra europea, fondatrice del Partito socialdemocratico polacco. Si oppose a Bernstein, al regime parlamentare e soprattutto a Lenin, xké sosteneva una rigida centralizzazione della direzione dei partiti rivoluzionari, invece lei era favorevole all’instaurazione di rapporti democratici al loro interno. CAP.2 LA SOCIETA’DI MASSA IN ITALIA E IL SISTEMA GIOLITTIANO In Italia la delineazione dei primi caratteri della società di massa coincise con gli inizi del 20°sec. L’uccisione a Monza di Umberto I da parte dell’anarchico Gaetano Bresci il 29 luglio 1900 fece comprendere alla classe dirigente italiana la necessità di un cambiamento della linea politica che negli ultimi anni dell’800 era stata fondata su metodi repressivi. Il nuovo sovrano, Vittorio Emanuele III, decise di affidare il governo a uomini contrari ai vecchi metodi e in grado perciò d’inserire le masse nella vita dello stato. L’artefice del nuovo indirizzo politico fu GIOVANNI GIOLITTI che si pose proprio come compito fondamentale il graduale inserimento delle masse nell’attività politica in maniera da non provocare lo sconvolgimento del sistema liberale. G. fu presidente del consiglio nel 1903 e fino al 1914 fu l’uomo +influente d’Italia, perciò gli anni 1903-1914 furono definiti “età giolittiana”. G.era già stato al governo, dal 1892 al 1893, e si era mostrato contrario alla repressione xké riteneva che occorresse punire soltanto i reati, non la diversità di opinione e di programmi politici e sociali. Una volta tornato al governo, prima come ministro degli interni, nel governo costituito nel 1901 da Giuseppe Zanardelli, e poi dal 1903 come presidente del consiglio, si attenne rigidamente a qsta linea di condotta. G si schierò a favore della libertà delle organizzazioni sindacali che lottavano x accrescere i salari dei lavoratori. X lui il governo non doveva intervenire a sostegno degli industriali x impedire gli scioperi xké ciò sarebbe stato un’ingiustizia, un errore economico ed un errore politico: un’ingiustizia xké lo Stato avrebbe mancato al suo dovere di assoluta imparzialità fra i cittadini prendendo parte alla lotta contro una classe; un errore economico xké avrebbe turbato il funzionamento della legge economica dell’offerta e della domanda; un errore politico xké avrebbe reso nemiche dello Stato le classi lavoratrici che costituivano la maggioranza del paese. X G l’ascesa di qste classi non poteva essere arrestata xké comune a tutti i paesi e fondata sull’eguaglianza tra gli uomini. Da qste concezioni derivavano 2conseguenze, una politica e una sindacale. Sul piano politico G cercò di trovare un accordo con le forze socialiste che erano disposte a operare nell’ambito della legalità e che si proponevano l’obiettivo non di abbattere lo Stato borghese ma di riformarlo; sul piano sindacale adottò una linea di non intervento nelle vertenze tra imprenditori e lavoratori. G cercò di ridurre l’altissimo tasso di analfabetismo riconoscendo nella scuola uno strumento fondamentale per la nazionalizzazione dei cittadini e la fusione delle culture regionali. G favorì anche la crescita dell’industria italiana, arretrata rispetto agli altri paesi. Dal 1902 al 1913 il prodotto interno lordo (misura il valore globale dei beni e dei servizi prodotti in uno stato) aumentò di circo il 70%; nel 1911 il debito pubblico (complesso dei prestiti contratti dallo stato e dagli enti pubblici con l’emissione di titoli di stato e obbligazioni) rappresentava il 111% del prodotto interno lordo; nel 1913 era sceso all’80%. Lo sviluppo industriale interessava soprattutto il nord: nel 1899 in Piemonte fu fondata da Giovanni Agnelli la Fabbrica italiana automobili Torino(FIAT), a nord sorsero anche le prime associazioni degli industriali come la Confederazione italiana dell’industria (CIDI). G era consapevole della gravità della <questione meridionale>, cioè del ritardo dello sviluppo economico della maggior parte delle regioni meridionali di fronte a quelle che formavano a nord il c.d. <triangolo industriale>(Lombardia, Piemonte e Liguria) e adottò verso il Mezzogiorno una nuova politica fondata su leggi speciali che diedero inizio all’industrializzazione del Mezzogiorno che xò rimase affidata soprattutto all’iniziativa governativa. Proprio nel Mezzogiorno la politica giolittiana mostrò i suoi punti deboli. G, infatti, che aveva nell’Italia meridionale una delle basi del proprio potere xké forniva alla maggioranza parlamentare un buon numero di deputati, favorì l’elezione dei candidati meridionali appartenenti alla sua maggioranza facendoli sostenere dai prefetti e consentendo loro di assicurarsi il voto degli elettori in cambio di favori. In tal modo G alimentò il sistema delle clientele duramente criticato da Gaetano Salvemini il quale lo definì il “ministro della malavita”. Le difficili condizioni economiche costringevano ogni anno 600 000 italiani a emigrare in America, l’emigrazione presentava benefici effetti economici, costituiti dalle rimesse degli emigrati che facevano affluire nelle povere campagne meridionali rilevanti quantità di denaro, ma comportava la divisione delle famiglie e lo spopolamento delle campagne. Grazie alla prudente linea politica, G riuscì a superare senza danni anche i momenti di grave tensione sociale come lo sciopero generale del 1904 che fu guidato dalle camere del lavoro e dai socialisti. La direzione del PSI, pur approvando lo sciopero, non intervenne attivamente in esso e si divise tra i riformisti, che volevano limitare la sua durata, e i rivoluzionari, che intendevano utilizzarlo x far cadere il governo Giolitti. Qsti ultimi ottennero un successo xké la Camera fu sciolta e furono indette nuove elezioni che videro avanzare la corrente riformista del PSI. G tentò di stabilire rapporti di collaborazione con i socialisti riformisti, guidati da Filippo Turati, xké riteneva che essi rappresentassero la classe operaia dell’Italia settentrionale il cui sostegno gli appariva necessario x poter portare avanti il suo progetto di sviluppo industriale e di riforme ma il suo intento fallì xké Turati, se avesse collaborato con G, non solo non avrebbe avuto con sé la maggioranza del partito ma avrebbe potuto essere accusato di tradimento degli ideali socialisti. Negli ultimi anni dell’età giolittiana la corrente riformista del PSI s’indebolì mentre si rafforzava quella massimalista. I massimalisti erano cs chiamati xké volevano realizzare il programma socialista “massimo”, quello della rivoluzione, mentre i riformisti proponevano un programma minimo da attuare attraverso le riforme. Nel luglio del 1912 si tenne a Reggio Emilia il 12° congresso del PSI. Mussolini chiese e ottenne l’espulsione dei riformisti Bissolati e Bonomi che costituirono un nuovo partito, il Partito socialista riformista, mentre la corrente massimalista assumeva la guida del PSI con Costantino Lazzari alla segreteria del partito e Mussolini alla direzione del giornale “Avanti!” che trasformò in uno strumento di propaganda e agitazione politica contro G e contro il governo. Nel 1912, x cercare di indebolire l’opposizione delle sinistre alla guerra di Libia (scoppiata nel 1911 contro la Turchia e conclusasi con la conquista della Libia), G concesse il suffragio universale maschile (potevano votare tutti coloro che avessero compiuto 21anni, 30 se analfabeti) ma l’estensione del diritto di voto fece affluire molti voti a sinistra. X bilanciare qsta situazione G, alle elezioni tenute nel 1913, riuscì ad ottenere che i cattolici votassero x i deputati della maggioranza, grazie al patto Gentiloni, dal nome del presidente dell’Unione elettorale cattolica italiana che si proponeva di indicare ai cattolici i candidati da votare, tra cattolici e candidati liberali che sarebbero stati votati se si fossero impegnati a garantire la salvaguardia di alcuni principi come la tutela dell’istruzione religiosa e il rifiuto del divorzio. Il decreto Non expedit (Non conviene)di Poi 9°, del 1874, infatti aveva impedito sino ad allora che i cattolici prendessero parte alla vita politica. G ottenne la maggioranza, ma la base parlamentare del suo sistema si erose e cs, condizionato dal sostegno dei cattolici e attaccato dalla sinistra, si dimise nel 1914. Il nuovo governo fu formato da ANTONIO SALANDRA, un liberale conservatore. Da destra l’opposizione a G era guidata dai nazionalisti che trovavano adesioni tra gli intellettuali i quali consideravano la linea politica di G priva di ideali. Nei nazionalisti la celebrazione della nazione si univa alla richiesta di uno stato forte che ritenevano irrealizzabile nell’ambito del regime parlamentare. Essi si battevano contro la democrazia e contro il socialismo: ai democratici rimproveravano di rinunciare ad una politica estera diretta a rendere grande l’Italia attraverso l’espansione imperialistica; ai socialisti rivolgevano l’accusa di sabotaggio degli interessi nazionali a causa delle loro posizioni internazionalistiche. Il maggior rappresentante del nazionalismo era ENRICO CORRADINI che attaccava il parlamentarismo e riteneva che soltanto la guerra avrebbe potuto rendere grande l’Italia. Nel 1909 elaborò la concezione della “nazione proletaria”: il soggetto della storia non era la classe, come sostenevano i socialisti, ma la nazione e al suo interno non dovevano esserci divisioni tra borghesia e proletariato. L’antagonismo di classe doveva trasformarsi in antagonismo tra nazioni ricche e nazioni povere e qste ultime dovevano servirsi della violenza x conquistare anch’esse ricchezza e potenza. Inoltre C chiedeva agli industriali di impegnarsi +direttamente della vita politica. I nazionalisti furono l’espressione di un interventismo degli intellettuali nella politica che ebbe caratteri nuovi rispetto a quello degli intellettuali del periodo risorgimentale e postrisorgimentale che si interessavano solo all’arte e alla cultura. In nuovo interventismo fu caratterizzato da un’impronta decisamente liberale e fu antidemocratico. Ebbe le prime espressioni di rilievo in 2riviste: “Il Leonardo” di Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini che svolse una dura polemica contro la democrazia, il positivismo ed il materialismo, e “Il Regno” diretto da Corradini che riprese e sviluppò gli argomenti del nazionalismo. Tra gli intellettuali che +contribuirono a diffondere il nazionalismo con le loro opere vanno ricordati Gabriele D’Annunzio e Filippo Tommaso Martinetti, il +noto esponente del futurismo italiano. Una nuova rivista “La Voce” riuscì ad aggregare un fronte culturale +vasto xké vi collaborarono tutti gli intellettuali contrari alla politica giolittiana e vi scrisse anche Salvemini. NAZIONALISMO= affermare la potenza della nazione (x es.l’Italia), x potenza si intende fare l’utile della nazione stessa, di tutto il popolo. Lo sviluppo industriale e il capitalismo monopolista comportano negli stati una lotta per la conquista di nuovi mercati e di fonti di materie prime; quindi i popoli alimentano i miti di supremazia nazionale. L’idea di nazione, già affermatasi durante la fine dell’Ottocento, subì, all'inizio del '900 un cambiamento: nata dal semplice desiderio di costituzione di un’unità nazionale è passata a indicare il sostegno ad una volontà di sopraffazione. I diversi movimenti nazionalisti che si formarono all'inizio del 900 in molti paesi europei si collocarono a destra degli schieramenti politici e si svilupparono anche a causa di delusioni storiche particolari e della comune avversione per la debolezza dei governi nei confronti della classe operaia. Il Nazionalismo contrappone al concetto socialista di classe e al liberale principio di razionalità la nozione di comunità di sangue fondata su una solidarietà naturale, nella quale l’individuo trova la sua piena realizzazione. In nome di tale vincolo elementare, la nazione deve stringersi in un unico fascio d’energie per conquistare, attraverso la guerra, una posizione internazionale di massimo prestigio e di massima potenza. CAP.3 LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Negli anni compresi tra la fine dell’800 e i primi anni del 900, la base economica della società di massa fu caratterizzata da uno sviluppo dell’industria cs imponente da essere definito seconda rivoluzione industriale. La I riv ind, che si era verificata fra la fine del 700 e gli inizi dell’800, aveva cambiato l’economia europea; la II gettò le basi del mondo in cui noi viviamo. Durante la II riv ind furono compiuti grandi progressi scientifici e tecnologici che servirono a migliorare non solo le condizioni economiche generali ma anche la vita quotidiana; la produzione dei beni destinati al consumo si sviluppò in maniera superiore al passato. I produttori dei beni essenziali (artigiani, operai e in misura limitata contadini) diventarono anche consumatori partecipando cs al benessere che producevano. Tra i fattori che la resero possibile vanno ricordati il massiccio impiego dell’acciaio, lo sviluppo della chimica e l’uso dell’elettricità come fonte di energia. Infatti le grandi quantità d’acciaio di cui fu possibile disporre, intorno al 1870, incrementarono la crescita dell’industria dei trasporti (con costruzioni di navi, binari, piccoli e grandi macchinari); l’invenzione della lampadina da parte dello statunitense Thomas Alva Edison, nel 1897, introdusse x la prima volta l’elettricità nell’ambito domestico; mentre lo sviluppo della chimica consentì la produzione di nuovi concimi x l’agricoltura. L’articolazione economica della società determina l’articolazione in classi e gruppi sociali. A metà dell’800 Marx aveva posto al centro della storia le classi sociali, la lotta e la coscienza di classe. X Marx le classi erano le protagoniste dei processi storici: i membri di un gruppo sociale che svolgeva la stessa funzione nel processo di produzione acquistavano una coscienza di classe quando prendevano consapevolezza di avere forti interessi comuni. La lotta di classe costituiva x M il motore delle grandi trasformazioni. Egli considerava la borghesia e il proletariato le classi fondamentali xké erano le sole originate dal modo di produzione capitalistico; gli altri strati sociali, soprattutto quello degli artigiani, erano x M residui dei vecchi modi di produzione ed erano xciò destinati a scomparire col tempo. M riteneva anche che le classi avessero dappertutto comportamenti analoghi e potessero xciò essere considerate classi mondiali, senza rilevanti peculiarità nazionali. Ma nel 1905 Bernstein sostenne che le classi si contraddistinguono e si definiscono non solo x la funzione che svolgono nel modo di produzione ma x il reddito, la posizione sociale e le abitudini di vita. B si rifaceva alla specifica situazione della società tedesca mentre M alla società inglese. L’allargarsi dell’attenzione a società diverse da quella inglese ha consentito di arricchire il discorso sulle classi: oggi l’attenzione non viene +portata soltanto alle 2fondamentali classi marxiane (borghesia e classe operaia), ma anche alle altre classi e gruppi sociali (dalle aristocrazie ai sottoproletari). Durante il periodo della II riv ind furono fatte o perfezionate importanti invenzioni: lo scozzese Bell costruì il telefono, già ideato dall’italiano Antonio Meucci; Edison brevettò il fonografo che qualche anno +tardi fu trasformato in grammofono da Berliner; Marconi effettuò il primo esperimento di telegrafia senza fili e i fratelli francesi Lumière inventarono il cinema. Nel 1903 i fratelli americani Wright riuscirono, x la prima volta, a far sollevare da terra un velivolo pesante. Lo sviluppo della chimica diede un notevole contributo al progresso della medicina, grazie alla scoperta dell’aspirina. Verso i primi anni del 1900, il petrolio, che sino ad allora era stato utilizzato come lubrificante o come fonte x l’illuminazione, venne x la prima volta impiegato come combustibile x il motore, in sostituzione del carbone. La scoperta di nuovi pozzi petroliferi aumentò la disponibilità di qsto prodotto e ne abbassò conseguentemente il prezzo. La diffusione dell’automobile e la scoperta della benzina trasformarono in seguito il petrolio nella +importante fonte di energia esistente. Henry Ford è stato l’uomo che +di tutti ha contribuito alla motorizzazione di massa.Lo sviluppo dei trasporti consentì la crescita e una maggiore articolazione della città, rendendo +agevoli e rapidi gli spostamenti degli abitanti. Non fu +necessario che le abitazioni sorgessero accanto ai luoghi di lavoro. La società di massa aprì l’epoca dei consumi di massa. Anche in qsto campo gli Stati Uniti anticiparono di alcuni decenni gli altri paesi. Grazie alla pubblicità e ai nuovi metodi di vendita fu allargato il numero dei consumatori, infatti le donne divennero le maggiori destinatarie delle pubblicità che riguardavano prodotti domestici (come la macchina x cucire). Ma qsto fu anche il risultato di un miglioramento generale delle condizioni economiche. Grazie all’invenzione di nuove macchine stampatrici, i quotidiani poterono essere stampati in gran numero. Un nuovo ed importantissimo mezzo di comunicazione fu la radio che consentiva di avere notizia dei fatti nel momento stesso in cui avvenivano. Si rese disponibile maggior tempo da impiegare in attività non lavorative, x es i borghesi lo occupavano nella villeggiatura e nel turismo; gli strati popolari nello sport. Nacquero gli sport di massa come il calcio e il ciclismo e gli stadi cominciarono a riempirsi. La II riv ind accentuò le differenze tra le economie dei diversi paesi: infatti, alcune se ne avvantaggiarono in larghissima misura, mentre altre rimasero indietro. Tra i primi bisogna ricordare soprattutto gli Stati Uniti che diventarono il nuovo modello dell’economia capitalistica. Gli Stati Uniti, infatti, potevano sfruttare ricchi giacimenti minerari che possedevano in patria. Allo stesso tempo gli industriali si impegnavano a sviluppare il mercato interno considerando le esportazioni inadeguate alla promozione della crescita economica. L’industriale ANDREW CARNEGIE sostenne che gli USA non dovevano conquistare <popoli barbari> ma ottenere <il dominio industriale nel mondo>. La struttura del capitalismo americano si trasformò con la nascita dei cartelli e dei trust(unioni industriali) con i quali ebbe inizio la fase del capitalismo monopolistico: i cartelli erano costituiti da aziende che controllavano i prezzi dei prodotti in modo da annullare la concorrenza che le avrebbe danneggiate; i trust consistevano in associazioni di aziende, guidate da un unico centro direttivo, che tendevano ad isolare le piccole società rimaste fuori. Qsti strumenti furono concepiti x monopolizzare il mercato ed annullare la libera concorrenza, ma la legislazione statunitense, prima con JOHN SHERMANN, un senatore del partito repubblicano che promosse lo Shermann Anti-trusts Act (1890) e poi con il presidente democratico THOMAS WOODROW WILSON che promosse il Clayton Anti-trusts Act (1914), riuscì a dare un forte freno a qsto fenomeno. Una grande rivoluzione nei metodi di lavorazione fu attuata da HENRY FORD con la catena di montaggio che consentiva la produzione di massa di automobili a prezzi bassi. Grazie anche agli alti salari che F dava ai suoi operai, l’automobile non fu +un bene di lusso. L’adozione della catena di montaggio rientrava in un +vasto processo di razionalizzazione del lavoro che trovò il suo maggior teorico in TAYLOR il quale affermò che il lavoro doveva essere organizzato scientificamente, cioè fondato sul calcolo dei tempi. Anche in passato ogni metodo di lavorazione aveva avuto una sua razionalità ma qsta era opera del lavoratore stesso, con T invece i compiti furono rigidamente divisi: l’organizzazione del lavoro fu affidata alla direzione mentre alla manodopera toccava soltanto l’esecuzione. La catena di montaggio e il taylorismo portarono al limite estremo l’alienazione dell’operaio dal lavoro imponendo un’assoluta meccanicità e ripetitività dei gesti. X qsto le idee di T incontrarono un ostacolo nei sindacati che si battevano contro lo sfruttamento dei lavoratori. LA II RIV IND IN EUROPA: In Europa fu soprattutto la Germania a trarre profitto dalla II riv ind grazie alla rapida crescita della produzione dell’acciaio e dell’industria chimica. Lo sviluppo economico favorì e fu favorito dallo sviluppo delle “banche miste” cioè banche che, utilizzando i depositi dei clienti, concedevano crediti x la costituzione di nuove società nella cui direzione entravano anche rappresentanti delle banche stesse. CAP.4 LE PRIME GUERRE DEL XX SECOLO IMPERIALISMO, MILITARISMO E PACIFISMO L’imperialismo si delineò nell’ultimo decennio del 19°sec come fattore di trasformazione del colonialismo. Nella conferenza che si riunì a Berlino nel 1884-85 le grandi potenze europee delimitarono le rispettive sfere d’influenza in Africa e in Asia, cs si verificò una vera e propria spartizione di quelle 2parti del mondo che può essere considerata non soltanto come una marcata accelerazione dell’espansionismo coloniale ma soprattutto come l’avvio del processo imperialistico. A suo fondamento, infatti, non c’era +soltanto il desiderio di trovare territori da sfruttare economicamente, come era avvenuto nel corso dell’espansione coloniale fino al 1880, ma c’era in particolare la volontà di rafforzare, attraverso un politica di potenza, le proprie posizioni nel mondo. L’i assunse un carattere diverso dal colonialismo anche sul piano economico: mentre il colonialismo era stato caratterizzato dalla volontà dei governi europei di sfruttare economicamente le colonie, durante il periodo dell’i si guardò invece alle colonie soprattutto come a mercati dove poter esportare i capitali che non trovavano impiego nella madrepatria ma si trattò di un’illusione xké nelle colonie non vennero mai effettuati grandi investimenti di capitali. (La trasformazione del colonialismo in imperialismo fu subito oggetto di attenzione: il liberale radicale inglese HOBSON giudicava l’espansione coloniale un “effetto perverso” del capitalismo industriale, x lui era l’eccedenza di capitali a determinare le tendenze dei governi a spinte imperialistiche. Alla fine dell’800 ci fu una polemica tra l’ala riformista e quella rivoluzionaria del socialismo: il leader dell’area riformista, BERNSTEIN, sosteneva che l’espansione intensiva del commercio estero era +importante della sua espansione estensiva; x l’area rivoluzionaria, ROSA LUXEMBURG, affermava che il mercato interno fosse insufficiente a garantire l’accumulazione di capitali x cui erano necessari sbocchi aggiuntivi rappresentati dalle classi sociali dei paesi arretrati. LENIN, in uno dei suoi scritti +noti “L’Imperialismo fase suprema del capitalismo” affermava che l’imperialismo è il capitalismo unito a quella fase di sviluppo in cui si è formato il dominio dei monopoli e del capitale finanziario e la lotta x l’egemonia mondiale generava contrasti tra le potenze che sfociavano in conflitti armati e nell’inevitabile putrefazione del capitalismo fino al suo crollo). Il termine imperialismo fu coniato in Francia x definire la volontà egemonica di Napoleone III, ma si affermò definitivamente in Inghilterra, alla fine degli anni ’70 dell’800, x indicare il programma di espansione coloniale del primo ministro inglese DISRAELI, ed entrò poi nell’uso comune come sinonimo di politica di potenza e di conquista territoriale su scala mondiale. Dopo Disraeli, JOSEPH CHAMBERLAIN, sostenitore di un i aggressivo, diede all’i inglese una caratterizzazione sociale facendo riferimento all’orgoglio nazionale che permeava la grande maggioranza degli inglesi. Qsta forma d’i fu definita jingoismo (nel 1877, durante la guerra tra Russia e Turchia, gli inglesi inviarono truppe a Gallipoli x ammonire i russi a non minacciare gli interessi inglesi nella zona; i sostenitori di qsta politica furono chiamati “jingoes”, dal ritornello di una loro canzone in cui ricorreva l’espressione “by Jingo!”. Il J può essere considerato l’equivalente inglese del francese sciovinismo xké entrambi indicano una forma esasperata di nazionalismo). L’ideologia jingo era fondata sulla celebrazione della superiorità del popolo inglese e faceva presa soprattutto sui piccoli borghesi e anche sui disoccupati che, nonostante le loro difficili condizioni di vita, si sentivano orgogliosi di appartenere a un Impero. In Germania, il nazionalismo di Otto van Bismark, il cancelliere che era stato artefice dell’unificazione della Germania e della nascita dell’Impero tedesco, si trasformò nell’imperialismo dell’imperatore GUGLIELMO II che voleva fare della Germania una grande potenza non solo europea ma mondiale. L’aggressività dell’i tedesco rese inevitabile lo scontro con l’Inghilterra che si svolse nell’ambito di un duplice schieramento di alleanze delineato dai tratti internazionali: da un lato la Triplice Alleanza, nata nel 1882 tra Germania, Austria-Ungheria, Italia; dall’altro la Triplice Intesa, stabilita nel 1907 tra Gran Bretagna, Francia e Russia. La contrapposizione tra qsti stati imperialistici comportò un aumento nella produzione degli armamenti e la possibilità che qsto scontro sfociasse in una guerra si fece sempre +realistica. Il capo di stato maggiore tedesco ALFRED VON SCHLIEFFEN, in previsione di una guerra su due fronti con la Francia e la Russia, aveva elaborato un piano che prevedeva un attacco a sorpresa contro la Francia attraverso l’Olanda e il Belgio, in modo da annientare rapidamente l’esercito francese, prima di portare il grosso delle forze sul fronte orientale, contro i Russi. Negli ultimi decenni dell’800 il militarismo era stato indebolito in Francia dal fallimento del tentativo del generale Georges Boulanger di creare un movimento di estrema destra con una forte base popolare e dal movimento dell’opinione che si era creato a favore del capitano ebreo Alfred Dreyfus, ingiustamente accusato di essere una spia al servizio dei tedeschi e condannato. La concessione della grazia a Dreyfus accrebbe il peso delle tendenze antimilitaristiche. La ripresa del militarismo si ebbe con il presidente del consiglio e poi della repubblica francese, Raymond Poincaré, che fu soprannominato “Poincaré la guerre”. Molti francesi miravano alla rivincita della sconfitta subita dalla Francia nel 1870, quando l’esercito prussiano aveva battuto quello di Napoleone III. Alla fine dell’800 si riteneva che la Francia avesse il +forte esercito del mondo. Il capo di stato maggiore dell’esercito francese, Joseph Joffre, rinnovò la dottrina strategica francese basandola sull’offensiva e non +sulla difensiva. Il pacifismo era forte soprattutto tra i socialisti i quali si illudevano che le classi dirigenti non avrebbero mai scatenato una guerra europea x timore che provocasse delle rivoluzioni. Nel congresso della Seconda internazionale tenutosi a Stoccarda nel 1907, la guerra divenne il tema principale ma non si riuscì a trovare una linea politica uniforme di fronte all’ipotesi di un conflitto europeo. Anche in Italia furono soprattutto i socialisti a farsi interpreti del rifiuto della guerra, che era molto forte negli strati popolari, ma ci fu anche un pacifismo di origine borghese con la motivazione che l’economia poteva svilupparsi soprattutto in tempo di pace, grazie al commercio internazionale. Il punto di riferimento internazionale del movimento pacifista borghese era costituito dalla Società internazionale x la pace che aveva sede a Berna e si proponeva di sostituire le guerre con la pace. Anche se la lotta x l’egemonia mondiale si svolgeva soprattutto tra Gran Bretagna e Germania, non ci fu guerra tra i due paesi. Tra gli ultimi anni dell’800 e i primi del 900 furono combattute 3guerre imperialistiche: - LA GUERRA TRA LA SPAGNA E GLI STATI UNITI (1898): bisogna premettere che il forte sviluppo economico degli Stati Uniti negli ultimi decenni dell’800 si accompagnava all’isolazionismo, cioè alla convinzione di dover rinunciare a una politica estera espansionistica x considerare soltanto lo sviluppo interno. Già il primo presidente degli Stati Uniti, George Washington, aveva affermato che non bisognava stringere alleanze con le potenze straniere, mentre un altro presidente, James Monroe, aveva rivendicato agli USA il compito di tenere le grandi potenze europee lontane dall’America Latina, sostenendo che l’America dovesse appartenere agli americani. L’opinione pubblica rimase a lungo ostile ad ogni forma di intervento armato fuori dei confini ma non poté restare indifferente alle vicende di Cuba, dove la presenza della Spagna, che l’aveva occupata nel 1511, costituiva l’ultimo ostacolo alla piena realizzazione della dottrina di Monroe. Da tempo liberali e nazionalisti cubani si battevano contro gli spagnoli ed erano riusciti ad ottenere l’autonomia amministrativa, quando, nel 1895, JOSE’ MARTI’, alla testa di un gruppo di rivoluzionari, sbarcò a Cuba, proclamò la repubblica e diede inizio alla lotta contro gli spagnoli. Il governo statunitense, poiché aveva forti interessi a Cuba, nel 1898 inviò nel porto dell’Avana la nave da guerra Maine ma essa saltò in aria provocando la morte di 226marinai. La Spagna fu accusata di aver provocato l’affondamento della Maine e cs, il presidente repubblicano WILLIAM MCKINLEY, il 15 febbraio 1898 le dichiarò guerra. Una flotta statunitense bloccò le navi spagnole nel porto cubano di Santiago, mentre un’altra flotta distruggeva quelle che si trovavano nella baia di Manila, nelle Filippine. Dopo 110 giorni di guerra la Spagna chiese la pace. Gli Stati Uniti ottennero le isole di Guam e di Puerto Rico e acquistarono le Filippine x 20milioni di dollari. Cuba diventò una repubblica indipendente ma gli Stati Uniti si riservarono il diritto di controllo sulla politica estera e interna dei governi cubani, e Cuba divenne dipendente dagli USA anche sul piano economico xké essi compravano quasi l’intera produzione dello zucchero di canna dell’isola. Nel 1901 un anarchico di origine polacca assassinò McKinley che durante la guerra contro la Spagna era stato accusato di imperialismo dai democratici. Gli succedette un altro repubblicano, THEODORE ROOSEVELT il quale aggiunse un corollario alla dottrina di Monroe con il quale gli Stati Uniti acquisivano il diritto di poter intervenire direttamente in tutto il continente americano. - LA GUERRA TRA LA GRAN BRETAGNA E I BOERI DEL SUDAFRICA(1899-1902): alla fine del 18°se la Gran Bretagna aveva tolto all’Olanda l’estremità meridionale dell’Africa, assoggettando i Boeri, cioè i discendenti dei coloni olandesi che vi erano arrivati nel 600 e che tenevano gli africani in uno stato di quasi schiavitù. Nel 1800 la Gran Bretagna aveva creato in quella regione la Colonia del Capo, ma una parte dei Boeri, non volendo sottostare al dominio inglese, verso il 1830 era emigrata verso l’interno (l’emigrazione era stata chiamata grande trek) e aveva fondato due nuovi stati, l’Orange e il Transvaal. La loro indipendenza fu riconosciuta dalla Gran Bretagna rispettivamente nel 1854 e nel 1857. In seguito furono scoperti, sia nella Colonia del Capo che nel Transvaal, ricchissimi giacimenti auriferi e diamantiferi che arricchirono i bianchi mentre la popolazione locale era sfruttata come manodopera, insieme con immigrati che venivano fatti venire da altre regioni africane. L’uomo politico +rappresentativo del nazionalismo boero era il presidente del Transvaal, PAULUS KRUGER, che aveva lanciato la parola d’ordine: <L’Africa agli Afrikaner> (come si facevano chiamare i Boeri x distinguersi dagli africani). Il governo britannico temeva che la Germania potesse acquistare nel Transvaal e nell’Orange un’influenza che avrebbe messo in pericolo la Colonia del Capo. I timori aumentarono quando, nel 1896, l’imperatore tedesco Guglielmo II inviò un telegramma di congratulazioni al presidente Kruger che aveva soffocato nel Transvaal una rivolta istigata dagli inglesi, Nell’ottobre del 1899 iniziò la guerra tra i britannici e Kruger: dopo alcuni iniziali successi dei Boeri, gli Inglesi, possessori di un numero maggiore di soldati, riportarono numerose vittorie ma i Boeri continuavano a resistere ricorrendo alla guerriglia. Il governatore della Colonia del Capo, HERBERT KITCHENER, conquistatore del Sudan, combatté i guerriglieri con metodi molto duri bruciando le loro fattorie e circa 25000 Afrikaner morirono nei campi di prigionia. Il conflitto si prolungò fino al 1902 e si chiuse con la sconfitta dei Boeri ai quali xò il governo britannico riconobbe la superiorità sui neri. La guerra anglo-boera, sebbene fosse stata combattuta, come tutte le guerre coloniali, tra un paese europeo (la Gran Bretagna) e una popolazione indigena (i Boeri), è stata considerata come una guerra imperialistica xké fu provocata anche dal tentativo della Germania di acquistare influenza sull’Africa meridionale. Cessato il pericolo, il governo britannico non assoggettò i Boeri del Transvaal e dell’Orange ma concesse loro l’autonomia. Nel 1910, insieme con la Colonia del Capo, Transivaal e Orange formarono l’Unione Sudafricana. - LA GUERRA TRA RUSSIA E GIAPPONE (1904-1905): le tensioni tra Russia e Giappone divennero tese quando il Giappone, dopo aver battuto la Cina, conquistò nel 1895 Port Arthur in Manciuria. Esercitando una forte pressione diplomatica, la Russia convinse allora il Giappone ad abbandonare la città, ma nel 1898 conquistò a sua volta Port Arthur e toccò al Giappone protestare senza xò ottenere nessun risultato. Nel 1904 il governo giapponese decise di passare all’azione ordinando alla sua flotta di attaccare Port Arthur: sul piano strategico la situazione era favorevole al Giappone xké i rifornimenti all’esercito russo potevano arrivare soltanto attraverso la ferrovia transiberiana e il grosso della flotta si trovava nei porti europei. Le truppe giapponesi poterono xciò sbarcare in Manciuria, attaccare Port Arthur anche da terra e, nonostante le gravi perdite, conquistare la città. Le navi russe non erano state in grado di affrontare quelle giapponesi, cs l’ammiraglio russo decise di spostare in Oriente la flotta del Baltico che giunse nel Mar del Giappone dopo una navigazione di 7mesi. Lo scontro decisivo avvenne presso l’isola di Tsushima, tra la Corea e l’arcipelago giapponese, e la flotta russa fu sconfitta. La guerra terminò nel 1905. La Russia dovette rinunciare a Port Arthur e riconoscere l’influenza giapponese sulla Corea ma conservò la Manciuria settentrionale. La guerra segnò cs l’ingresso del Giappone tra le grandi potenze. La guerra russo-giapponese può essere considerata il primo grande conflitto dell’età contemporanea x la modernità e la distruttività delle armi che furono impiegate, x la durezza dei combattimenti e x l’elevato numero di vittime. LA RIVOLUZIONE RUSSA DEL 1905 La guerra contro il Giappone rese ancora +forte in Russia il malcontento x le difficili condizioni economiche e sociali. Nel gennaio del 1905 si svolse a San Pietroburgo una grande manifestazione popolare che quando giunse davanti al Palazzo d’Inverno, la residenza imperiale dello zar Nicola II, le truppe schierate x difenderlo spararono sui manifestanti provocando un centinaio di morti e molti feriti. La “domenica di sangue” diede l’avvio a una serie di sommosse che culminarono nell’ammutinamento dell’equipaggio di una delle +grandi navi da guerra russe, la corazzata Potemkin, che faceva parte della flotta del Mar Nero. Il fatto politico di maggiore rilievo nella rivoluzione del 1905 fu la formazione, a San Pietroburgo e in altre città, dei Soviet (consigli rivoluzionari eletti dagli operai). Lo zar Nicola II, non riuscendo a soffocare la rivoluzione, nel 1905 decise di concedere la formazione di un parlamento, la Duma. Nel 1906 ci fu la prima riunione ma la Duma non poté svolgere un’azione efficace xké venne +volte sciolta dal governo, guidato da STOLYPIN, un conservatore che xò realizzò un’importante riforma agraria volta a sciogliere le antiche comunità di villaggio russe (organizzazioni rurali) ed avviare cs la trasformazione delle campagne russe in senso capitalistico ma ciò gravò sui contadini, improvvisamente privati di quelle terre comunitarie da cui, fino ad allora, avevano tratto buona parte dei loro mezzi di sostentamento. LE CRISI MAROCCHIENE E LE GUERRE BALCANICHE Le maggiori tensioni di carattere imperialistico si verificarono tra Francia e Germania in Marocco (Africa). Nel 1884 la Germania aveva imposto un protettorato coloniale(lo Stato non trasforma la regione protetta in una vera e propria colonia ma se ne assume la guida politica) sul Togo (Africa occidentale) ma aspirava a estendere la sua influenza anche su una parte di quella settentrionale. Ma nel 1906, la Francia, sostenuta dai suoi alleati, riuscì ad ottenere alla conferenza di Algeciras, il riconoscimento che il Marocco rientrava nella sua sfera d’influenza. Nel 1911 il sultano del Marocco chiese l’intervento delle truppe francesi x reprimere una rivolta. I Tedeschi, allora, x controbilanciare la presenza francese, inviarono una loro cannoniera, la Panther, che salpò nel porto marocchino di Agadir. La reazione diplomatica francese e il sostegno che la Francia ricevette dalla Gran Bretagna, costrinsero Guglielmo II a fare ancora una volta marcia indietro. La maggior parte del Marocco restò alla Francia, mentre quella rimanente andò alla Spagna. Ma le tensioni +forti si ebbero nella penisola balcanica e furono provocate non dall’imperialismo ma da nazionalismo. Due etnie slave, ma di diversa religione, la serba (ortodossa) e la croata (cattolica), aspiravano entrambe all’egemonia sull’intera regione mentre l’Austria e la Russia aspiravano ad estendere in quell’area le loro zone d’influenza. I nazionalisti serbi aspiravano ad assumere la guida di tutti gli Slavi del sud (cioè degli Jugoslavi) e sognavano di creare una grande Serbia, unendosi ai loro connazionali che vivevano all’interno delle frontiere dell’Austria-Ungheria x qsto la loro ideologia era definita “panserbismo”. I Croati sognavano una grande Croazia comprendente anche la Dalmazia, la Bosnia-Erzegovina e il Montenegro. Fino al 1903 l’Austria riuscì ad esercitare sulla politica della Serbia una certa influenza che era xò fortemente contrastata dai movimenti serbi filo-russi che guardavano alla Russia come alla sola potenza il cui sostegno avrebbe consentito alla Serbia di creare un grande Stato jugoslavo. Essi sembravano avere il sopravvento, infatti, nel corso di un colpo di stato militare fu assassinato il re Alessandro I Obrenovic, favorevole all’Austria, che aveva governato con metodi autoritari. Sul trono di Sarbia salì Pietro I, amico della Russia e di tendenze liberali. Intanto continuava lo scontro tra Russia e Austria x ottenere la supremazia nella penisola balcanica : nel 1908 l’Austria, temendo che il nuovo governo turco rivendicasse la Bosnia-Erzegovina, di cui aveva ottenuto l’amministrazione nel 1878, ne decise l’annessione. La Russia riuscì a controbilanciare l’estendersi dell’influenza austriaca solo nel 1912 quando appoggiò la Lega balcanica formata da Grecia, Serbia, Montenegro e Bulgaria, che, nel corso della PRIMA GUERRA BALCANICA (1912-1913), costrinse la Turchia a cedere gli ultimi territori con popolazione slava rimasti in suo possesso. Ma sulla spartizione di quei territori non ci fu accordo tra gli alleati e a giugno, un mese dopo la conclusione della prima, scoppiò una SECONDA GUERRA BALCANICA tra Grecia e Serbia da un lato e Bulgaria dall’altro. La Bulgaria fu sconfitta e la Macedonia fu divisa tra Serbia e Grecia, sicché il mosaico di etnie esistente nei Balcani, che non coincideva con i confini statali, si complicò ulteriormente. LA GUERRA DI LIBIA L’instaurazione del protettorato francese sul Marocco nel 1911 spinse il governo italiano a cercare di contrastare l’estendersi dell’influenza francese sull’Africa settentrionale occupando la Libia che apparteneva all’Impero ottomano. I maggiori sostenitori della guerra furono i nazionalisti e i socialisti riformisti, invece la guerra di Libia incontrò l’opposizione dei socialisti rivoluzionari, tra i quali Benito Mussolini che rimproverava ai governi di sperperare risorse nell’Africa invece di occuparsi dei +gravi problemi italiani come quelli che esistevano nelle campagne del Mezzogiorno. I primi sbarchi in Libia furono effettuati nel settembre del 1911. Le truppe turche opposero una forte resistenza che il corpo di spedizione italiano riuscì a superare soltanto sulle coste. Il governo allora decise di allargare le operazioni militare anche al mar Egeo dove le truppe italiane conquistarono Rodi insieme con altre 11isole (il Dodecaneso). Nell’ottobre del 1912 l’Impero ottomano fu costretto a firmare il trattato di Losanna con cui riconobbe la sovranità dell’Italia sulla Libia, ma la lotta non ebbe termine xké le popolazioni arabe impegnarono con azioni di guerriglia le truppe italiane che dovettero xciò limitare l’occupazione alle sole zone costiere. Durante il conflitto alcuni grandi intellettuali s’impegnarono direttamente nella sua celebrazione: Giovanni Pascoli, riprendendo un’espressione di Corradini, scrisse che <la grande proletaria si era finalmente mossa> e Gabriele D’Annunzio con la “Canzone d’Oltremare assunse il ruolo di poeta-vate. CAP.5 LA PRIMA GUERRA MONDIALE La Prima guerra mondiale, o Grande Guerra, fu combattuta dal 1914 al 1918. Tale guerra si differenzia dalle precedenti per diversi motivi: innanzitutto, coinvolse non solo le grandi potenze euro-asiatiche, come la Turchia e soprattutto la Russia, ma anche quelle extra-europee come Stati Uniti e Giappone; fu caratterizzata inoltre da un enorme spiegamento di forze con l’utilizzo di nuove armi (armi chimiche, aerei, carri armati, sottomarini, gas tossici); fu poi una guerra totale, nel senso che tutta la compagine degli Stati belligeranti (economica, amministrativa, politica) fu al servizio bellico; infine, si avvalse di imponenti campagne propagandistiche. (fu una guerra europea!) Le cause di questo conflitto sono da ricercarsi nella crisi dei rapporti internazionali europei, nonché nella rapida e potente ascesa della Germania a potenza navale (a scapito dell’Inghilterra) con ripercussioni anche sul mondo coloniale; non ultimi i movimenti nazionalisti e irredentisti (mov.politico che si propone di riunire alla madrepatria terre che x lingua e cultura sono ad essa legate e che politicamente sono invece soggette a uno stato straniero, forti soprattutto in alcune zone strategiche dell’Europa quali Serbia e Italia:i Balcani, l’Alsazia e la Lorena, il Trentino e Trieste). L’occasione per l’inizio del conflitto fu data dall’attentato a Sarajevo(Bosnia), il 28 luglio 1914, da parte di uno studente nazionalista serbo-bosniaco, Gavrilo Princip, all’erede al trono austriaco Francesco Ferdinando e alla sua consorte. L’attentatore agì x conto di un’associazione segreta serba, la Mano nera, che aveva sede a Belgrado ed era stata fondata nel 1908 da un gruppo di ufficiali. Subito dopo l’attentato, il governo austriaco decise di dare un colpo decisivo all’irredentismo serbo anche se non era sua intenzione provocare l’inizio di una guerra europea, infatti, i governanti austriaci ritenevano che un eventuale conflitto con la Serbia sarebbe rimasto limitato, xké la Russia, tradizionale protettrice dei Serbi, non sarebbe intervenuta x timore della Germania. Ma fu proprio l’attentato di Sarajevo a far esplodere tensioni che altrimenti avrebbero potuto restare latenti e furono le decisioni prese da governanti e capi militari a trasformare una crisi locale in un conflitto generale. DICHIARAZIONI DI GUERRA Il governo di Vienna, compì la prima mossa inviando, il 23 luglio, un durissimo ultimatum alla Serbia ritenuta responsabile di un piano antiaustriaco. Il secondo passo fu fatto dalla Russia assicurando il proprio sostegno alla Serbia, sua principale alleata nei Balcani. Forte dell’appoggio russo, il governo serbo accettò solo in parte l’ultimatum, respingendo in particolare la clausola che prevedeva la partecipazione di funzionari austriaci alle indagini sui mandanti dell’attentato. L’Austria giudicò la risposta insufficiente e, il 28 luglio, dichiarò guerra alla Serbia. Immediata fu la reazione del governo russo che, il giorno successivo, ordinò la mobilitazione delle forze armate. La mobilitazione, che i generali russi vollero estesa fino al confine con la Germania, fu interpretata dal governo tedesco come un atto di ostilità. Il 31 luglio la Germania inviò un ultimatum alla Russia intimandole l’immediata sospensione dei preparativi bellici. L’ultimatum non ottenne risposta e fu seguito, a ventiquattr’ore di distanza, dalla dichiarazione di guerra. Il giorno stesso (il 1°agosto) la Francia, legata alla Russia da un trattato di alleanza militare, mobilitò le proprie forze armate. La Germania rispose con un nuovo ultimatum e con la successiva dichiarazione di guerra alla Francia (3 agosto). Fu dunque l’iniziativa del governo tedesco a far precipitare definitivamente la situazione. Bisogna ricordare che la Germania soffriva da tempo di un complesso di accerchiamento, ritenendosi ingiustamente soffocata nelle sue ambizioni internazionali. La strategia dei generali tedeschi si basava inoltre sulla rapidità e sulla sorpresa, non ammetteva la possibilità di lasciare l’iniziativa in mano agli avversari e costituiva dunque di per se un fattore di accelerazione della crisi e di ostacolo al negoziato. Il piano di guerra tedesco, dando per scontata l’eventualità di una guerra su due fronti (l’alleanza franco-russa era operante dal 1894), prevedeva in primo luogo un attacco contro la Francia, che avrebbe dovuto esser messa fuori combattimento in poche settimane. Dopodiché il grosso delle forze sarebbe stato impiegato contro la Russia, la cui macchina militare era lenta a mettersi in azione. Il 3agosto l’esercito tedesco, guidato da Helmulth von Moltke, invase il Belgio e il 4agosto la Gran Bretagna intervenne nel conflitto a fianco della Francia. Mentre l’Italia si dichiarava neutrale, anche il Giappone (alleatosi con gli inglesi nel 1902) dichiarò guerra al Reich il 23 agosto, attaccandone subito dopo i possedimenti asiatici. Nel settembre 1914 la firma del patto di Londra sanciva l’unità tra Francia, Gran Bretagna e Russia. LA CRISI DELL’INTERNAZIONALISMO SOCIALISTA Sul piano politico europeo l’avvenimento di maggior rilievo fu la crisi delle socialdemocrazie europee: nel decennio precedente, la Seconda Internazionale era la protagonista della scena politica europea, anche grazie al peso e al prestigio raggiunti dal Partito socialdemocratico tedesco, considerato da quasi tutti i socialisti europei il partito-guida di un movimento di opposizione alla società borghese che non conosceva confini nazionali e che proprio in tale internazionalismo trovava una delle principali ragioni della sua forza. L’invasione del Belgio da parte della Germania mise in crisi tutta l’impalcatura politica e ideologica su cui si reggeva la Seconda Internazionale e che aveva uno dei suoi pilastri nel pacifismo. Con l’invasione di un paese neutrale, la Germania aveva violato il diritto internazionale. Ma qsta violazione, che fu condannata da tutte le potenze nemiche, non suscitò in Germania una consistente opposizione interna. Soltanto il Patito socialdemocratico russo, a opera di Lenin, proclamò la lotta alla guerra, mentre il Partito socialista italiano si schierava x la neutralità assoluta. La Seconda Internazionale non si riprese +dal colpo subito, infatti con l’abbandono del pacifismo, prima da parte della socialdemocrazia tedesca e poi da quasi tutti i partiti socialisti, il movimento socialista europeo rimase privo di uno dei suoi punti fondamentali di riferimento ideologico. La guerra provocò un rafforzamento dello Stato. La necessità di dedicare tutte le energie economiche allo sforzo bellico e di creare un solido fronte interno, spinse i governi a intervenire sia nel campo economico sia in quello politico. Fu introdotta la censura e fu condotta un’intensa opera di propaganda rivolta a giustificare le ragioni del conflitto. Nel campo economico i governi dovettero intervenire con elementi di dirigismo, organizzando la produzione in funzione delle esigenze militari. I consumi vennero disciplinati poiké non si poteva contare sugli scambi internazionali. Si verificò anche l’ingresso di moltissime donne nel mondo del lavoro in sostituzione degli uomini che partivano x il fronte. In Italia si verificò anche una maggiore partecipazione delle donne alla vita politica, non tanto nell’attività dei partiti, che il conflitto limitava, quanto nelle manifestazioni spontanee, x es nelle rivolte contro il carovita o contro la guerra. 1914-1915: DALLA GUERRA DI MOVIMENTO ALLA GUERRA DI POSIZIONE Invadendo il Belgio, i Tedeschi diedero inizio ad una guerra di movimento, cioè a una guerra in cui, allo sfondamento del fronte nemico, seguivano rapide avanzate in profondità. Qsta era l’attuazione del piano del capo di stato maggiore tedesco Alfred von Schlieffen(vedi inizio cap.4), tale piano era stato aggiornato dal suo successore, Helmulth von Moltke, il quale, x evitare +gravi ripercussioni politiche, aveva deciso di attaccare solo attraverso il Belgio, risparmiando l’Olanda così i tedeschi evitarono le fortificazioni che si trovavano alla frontiera tra Francia e Germania e colsero di sorpresa l’esercito francese. Il 20agosto i Tedeschi conquistarono Bruxelles, poi entrarono nel territorio francese e puntarono su Parigi, giungendo ad una quarantina di km dalla capitale. Ma i Francesi, guidati dal maresciallo Joseph Joffre, riuscirono, nel settembre del 1914, a organizzare la resistenza sul fiume Marna. Fermati i Tedeschi, passarono a loro volta alla controffensiva che xò si esaurì in beve tempo. Nel 1916, sul fronte occidentale, o franco-belga, ebbe inizio una lunga guerra di posizione in cui le fanterie nemiche si fronteggiavano restando al riparo nelle trincee, senza che nessuno dei due schieramenti riuscisse a prevalere. Il 21 febbraio 1916 i tedeschi sferrarono un massiccio attacco alla Francia dirigendosi verso la fortezza di Verdun ma furono ancora bloccati e dovettero subire la controffensiva alleata (dei francesi e degli inglesi) sul fiume Somme. Ma né l’una né l’altra operazione furono decisive. Un’avanzata di poche centinaia di metri costava migliaia di morti xké i soldati venivano colpiti dalle mitragliatrici o dal fuoco delle artiglierie ancor prima di giungere a contatto delle linee nemiche. Anche su fronte orientale i Tedeschi, guidati dal maresciallo, Paul Ludwig von Hindenburg, riuscirono, in un primo momento, a realizzare la guerra di movimento, infatti essi sconfissero i Russi nelle battaglie di Tannenberg e dei laghi Masuri, ma i loro alleati austriaci furono fermati sia dai Russi che dai Serbi. I Tedeschi pensavano di dover combattere una guerra facile e breve ma essa si rivelò +dura e lunga del previsto. La lunghezza della guerra andava a svantaggio soprattutto degli imperi di Germania e d’Austria-Ungheria che vedevano interrotte tutte le loro linee di rifornimento dagli altri continenti, infatti, le flotte nemiche, soprattutto quella inglese, dominavano i mari e i 2imperi, il tedesco e l’austriaco, erano assediati nel centro dell’Europa. La potente flotta tedesca fu costretta a restarsene all’ancora nelle sue protette basi navali e quando, alla fine del maggio del 1916, tentò di uscirne, fu duramente sconfitta nella battaglia combattuta presso la penisola del Jylland(Jutland): lo spionaggio inglese avvertì l’ammiraglio che la flotta tedesca stava lasciando le sue basi e gli Inglesi riuscirono a chiuderle la strada nello stretto dello Skagerrak. Ci furono perdite elevate da entrambe le parti. I Tedeschi dichiararono di aver vinto xké avevano affondato +navi degli Inglesi, ma il successo in realtà fu di qsti ultimi xké costrinsero la flotta tedesca a ritornare nelle sue basi dove rimase fino alla fine della guerra. I Tedeschi riportarono invece grandi successi nella guerra sottomarina infliggendo alla marina britannica gravissime perdite. L’INTERVENTO DELL’ITALIA L’Italia non entrò subito nel conflitto. Nell’agosto del 1914 essa faceva ancora parte della Triplice Alleanza i cui membri, nel trattato del 1882, si erano impegnati alla preventiva consultazione degli alleati nel caso che uno dei paesi contraenti avesse deciso di procedere ad azioni di guerra e ad intervenire soltanto se uno di loro fosse stato aggredito. Nel 1914 la consultazione xò non c’era stata xké il governo austriaco si era limitato ad avvertire quello italiano soltanto il giorno prima dell’ultimatum alla Serbia dopo aver già messo in movimento la macchina bellica, inoltre la Germania non era stata aggredita ma aveva dichiarato guerra x prima. X tali ragioni il governo italiano non si sentì tenuto ad intervenire e dichiarò la sua neutralità, nella speranza di poter ricavare ugualmente vantaggi territoriali. Al momento del rinnovo del trattato, nel 1887, era stata infatti introdotta una clausola in cui si prevedevano compensi all’Italia se l’Austria avesse esteso la sua influenza nella penisola balcanica, ma il governo austriaco fece sapere che la clausola sarebbe stata applicata soltanto se l’Italia fosse intervenuta in guerra al suo fianco e al fianco della Germania. Tuttavia in nessuna parte dello schieramento politico italiano, diviso tra interventisti e neutralisti, un intervento del genere sarebbe stato accettato, anzi, i sostenitori della partecipazione dell’Italia alla guerra, cioè gli interventisti, chiedevano che si combattesse contro l’Austria e la Germania. Lo schieramento interventista era caratterizzato da un’ala destra composta da nazionalisti (che vedevano la guerra come un antidoto contro l’avanzata del socialismo) e da un’ala sinistra composta da socialisti riformisti, repubblicani e sindacalisti rivoluzionari. I repubblicani individuavano nell’Impero autro-ungarico un impedimento alla realizzazione di un’Europa fondata sul principio della nazionalità, mentre i socialisti riformisti, guidati da Leonida Bissolati, consideravano l’Impero tedesco il baluardo del militarismo. Nel fronte interventista esisteva anche una componente liberale, guidata da Luigi Albertini, il direttore del “Corriere della sera”, che era interessato alla possibilità di portare a compimento il processo risorgimentale riunendo all’Italia Trieste e Trento. Lo schieramento neutralista comprendeva anch’esso 3grandi forze con aspirazioni diverse: i socialisti, i cattolici e i liberali giolittiani. I socialisti italiani erano rimasti fedeli alle posizioni della Seconda Internazionale e la loro neutralità trovava consensi soprattutto tra gli operai che erano ostili alla guerra e al militarismo e attribuivano lo scoppio della guerra al desiderio dei fabbricanti di armi di vedere aumentati i loro profitti e la guerra come una questione interna alla borghesia. Il neutralismo dei cattolici era alimentato dalla Chiesa che considerava l’Austria-Ungheria uno dei paesi di +sicura fede cattolica. Giolitti invece temeva che una lunga guerra potesse dare origini a situazioni rivoluzionarie ed era convinto che l’Italia, restando neutrale, avrebbe potuto guadagnare ugualmente molto dalla sconfitta dell’Austria-Ungheria che riteneva inevitabile. Una posizione particolare fu assunta da Mussolini che era seguito dai socialisti massimalisti. All’inizio del conflitto la sua popolarità crebbe x le sue battaglie antimilitariste e pacifiste, ma l’atteggiamento dei socialdemocratici tedeschi lo convinse che la rivoluzione socialista in Europa non sarebbe +scoppiata e cominicò allora a ritenere che soltanto la guerra avrebbe potuto essere un efficace strumento di trasformazione della società xké avrebbe spezzato gli equilibri esistenti e coinvolto anche le masse infatti egli trasformò operai e contadini in combattenti. Perciò nell’ottobre del 1914 M chiese che i socialisti passassero dalla neutralità assoluta a una neutralità attiva e operante. Egli era convinto che la maggior parte del Partito socialista lo avrebbe seguito invece fu attaccato duramente dalla base del partito e accusato di tradimento, fu espulso e fondò un nuovo giornale “Il Popolo d’Italia” iniziando una violenta campagna interventista che in un primo momento fu diretta contro Giolitti ma, dopo l’ingresso in guerra, fu rivolta sempre +contro i socialisti. Nell’aprile del 1915 furono stipulati gli accordi di Londra fra l’Italia e le potenze dell’Intesa con i quali l’Italia si impegnava ad intervenire entro un mese e così avrebbe ricevuto Trento, Trieste, Gorizia, l’Istria, la Dalmazia settentrionale, il porto di Valona e parte dei possedimenti tedeschi in Africa. Giolitti, appena seppe di qsti accordi, costrinse il capo del governo di Antonio Salandra, ed il ministro degli esteri, Sidney Sonnino, il +autorevole esponente dell’opposizione conservatrice a Giolitti, a dimettersi il 13maggio 1915. Ma lo stesso Giolitti rifiutò di succedere a Salandra e di assumersi tutte le responsabilità del momento, cs Vittorio Emanuele III dovette respingere le dimissioni di Salandra e il 23 maggio del 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria. Gli interventisti riuscirono ad avere la meglio nel maggio del 1915 grazie anche alla mobilitazione di piazza, in quelle che +tardi sarebbero state chiamate le radiose giornate di maggio, in cui svolse un ruolo di rilievo Gabriele D’Annunzio con la sua oratoria militaresca. Fu il primo uomo politico di destra a stabilire, attraverso i comizi tenuti nelle piazze o nei teatri, un diretto contatto con la folla. Il suo linguaggio, violento e acceso, con un frequente ricorso all’invettiva, era una novità che colpiva fortemente l’opinione pubblica. La contrapposizione della piazza al parlamento derivava dall’antiparlamentarismo borghese nato durante il periodo giolittiano e rappresentava una novità x le forze della destra xké fino a quel momento era stata la sinistra a mobilitare le folle. LO SVOLGIMENTO DELLA GUERRA: sul fronte italiano, che si estendeva lungo i confini con l’Impero austriaco, dalle Alpi all’Adriatico, si combatté fin dall’inizio una guerra di posizione. Il capo di stato maggiore, Luigi Cadorna, aveva creduto nella possibilità di un’avanzata ma aveva dovuto presto ricredersi xké il terreno era favorevole solo alla difesa e gli Austriaci lo avevano munito di potenti fortificazioni. Fin dall’inizio Cadorna adottò una tattica che comportava un altissimo costo in vite umane: la fanteria italiana investiva le trincee austriache con continui assalti, incurante delle perdite. Da giugno a dicembre, Cadorna sferòò 4offensive, chiamate le battaglie dell’Isonzo che provocarono alle truppe gravi perdite senza ottenere grandi risultati e fecero fallire l’obiettivo di spezzare le linee austriache e conquistare Trieste. All’incapacità dei comandi supremi si aggiungeva la scarsa preparazione degli ufficiali e dei soldati xké si trattava in massima parte di contadini, in quanto gli operai erano stati lasciati in fabbrica x necessità di produzione di guerra, inoltre l’armamento era inferiore a quello degli Austriaci. Nel 1916 sul fronte italiano fallì un’offensiva sferrata contro gli Italiani dagli Austriaci, chiamata “Strafexpedition”, spedizione punitiva, xké intesa a punire l’abbandono della Triplice Alleanza da parte dell’Italia. Anche gli italiani, che nell’agosto del 1916 dichiararono guerra alla Germania, attaccarono cercando di aprirsi la strada verso Trieste ma riuscirono a conquistare solo Gorizia. 1917: L’ANNO DECISIVO- LA RIVOLUZIONE RUSSA E L’INTERVENTO DEGLI USA Nei primi mesi del 1917 si verificarono 2avvenimenti di segno opposto che cambiarono il corso della guerra: la riv.russa e l’intervento degli Stati Uniti. L’8-9 marzo (il 23-24 febbraio secondo il calendario russo) si verificò a Pietrogrado un’insurrezione, da parte degli operai, contro il governo imperiale dello zar Nicola II che portò alla formazione di un governo democratico; il nuovo governo decise di continuare a combattere ma lo sforzo bellico russo diventò meno intenso, consentendo alla Germania e all’Austria-Ungheria di spostare truppe dal fronte orientale a quelli francese e italiano. Nello stesso tempo, xò, gli Stati Uniti intervennero a fianco delle potenze dell’Intesa. L’arrivo delle truppe americane in Europa riequilibrò la situazione. Nel 1915 i sottomarini tedeschi avevano affondato il transatlantico britannico Lusitania provocando la morte di oltre mille passeggeri americani. Il governo statunitense si era limitato a protestare mentre i Tedeschi avevano giustificato l’attacco alla nave col fatto che a bordo c’era anche un carico di munizioni. L’affondamento, oltre a suscitare l’indignazione dei paesi neutrali, aveva rafforzato negli USA le tendenze favorevoli all’intervento. Il presidente degli Stati Uniti, Woodrow Wilson, era pacifista e aveva offerto +volte la sua mediazione affinké il conflitto si concludesse senza vincitori né vinti. Nel febbraio del 1917 i Tedeschi iniziarono una guerra sottomarina indiscrimintata che comportava l’affondamento non solo delle navi nemiche ma di tutte quelle che si avvicinavano alle coste della Gran Bretagna e degli altri paesi con i quali la Germania era in guerra. Ad aprile Wilson giustificò la sua decisione d’intervenire ricordando le navi americane attaccate dai sommergibili tedeschi e sostenendo che gli attacchi ai mercantili appartenenti ai paesi neutrali sarebbero aumentati a causa della decisione presa dai Tedeschi a febbraio. Le ragioni dell’intervento statunitense, xò, erano +profonde, legate ai tradizionali rapporti culturali, politici ed economici che esistevano con la Francia e soprattutto con la Gran Bretagna e anche alla volontà, da parte degli USA, du assumere sulla scena internazionale un ruolo adeguato al peso della loro economia. L’intervento giovò alle potenze dell’Intesa sia sul piano economico che su quello militare xké l’apparato industriale statunitense fu messo al servizio delle necessità belliche dei paesi alleati, cs si creò un’immensa retrovia che rese ancor +debole la situazione strategica degli imperi centrali (Germania e Austria-Ungheria) assediati e quasi schiacciati nel centro dell’Europa. LA SCONFITTA ITALIANA DI CAPORETTO Il cedimento del fronte russo, con il conseguente spostamento di truppe tedesche e austriache su altri fronti, ebbe gravi conseguenze x l’Italia. Cadorna aveva sferrato una nuova offensiva sulla Bainsizza e sul Carso ma anch’essa era stata fermata. In ottobre, l’esercito austriaco, che aveva ricevuto rinforzi da quello tedesco, non +duramente impegnato sul fronte russo, attaccò sull’Isonzo e sfondò le linee italiane a Caporetto, e la colpa della sconfitta fu attribuita alla propaganda disfattista delle forze contrarie alla guerra, cioè dai socialisti e dai cattolici. In realtà, i comandi militari furono i principali responsabili della disastrosa ritirata di Caporetto e ciò provocò 40 000 tra morti e feriti e quasi 300 000prigionieri, si aggiunsero anche un numero elevato di soldati che disertarono che Cadorna accusò cercando cs di nascondere le sue responsabilità. Il 30 ottobre si formò un nuovo governo guidato da Vittorio Emanuele Orlando che fece appello all’unità di tutta la nazione. Il 9 novembre il governo sostituì Cadorna con il generale Armando Diaz che riuscì a organizzare un’efficace linea di resistenza sul Piave. LA CONCLUSIONE DEL CONFLITTO Nell’agosto del 1917 il pontefice Benedetto XV rivolse ai capi delle potenze belligeranti un invito a porre fine a un conflitto che appariva ormai soltanto un’inutile strage. Il Papa oppose agli orrori della guerra gli immensi vantaggi della pace che avrebbe dovuto essere conclusa sulla base di rapporti internazionali fondati sulla giustizia. Ma le potenze dell’Intesa sentivano vicina la vittoria e non volevano rinunciarvi e nello stesso tempo Germania e Austria temevano l’imposizione di dure condizioni di pece e traevano motivi di speranza dal sempre +accentuato disfacimento dell’esercito russo. A novembre scoppiò la rivoluzione bolscevica in Russia dopo la quale il paese si ritirò dal conflitto. Nella notte fra il 6 e il 7 novembre 1917 (24-25 ottobre secondo il calendario russo), i bolscevichi presero il potere in Russia. Il nuovo governo decise infatti di porre fine alla guerra dichiarandosi disposto ad una pace “senza annessioni e senza indennità”. La propaganda x la pace svolta dai bolscevichi rafforzò l’avversione x la guerra. Lo stesso effetto ebbe la proposta di pace, in 14 punti, del presidente degli Stati Uniti Wilson nel gennaio 1918 che rappresentava la risposta delle democrazie alla propaganda x la pace condotta da Lenin. I “14 punti” di Wilson prevedevano una pace giusta senza rivendicazioni territoriali in cui avrebbero potuto riconoscersi sia i vincitori che i vinti. All’inizio del 1918, rendendosi conto della necessità di portare a conclusione il confronto sul fronte occidentale prima che gli americani potessero stabilirvisi, i tedeschi decisero un attacco finale che avrebbe dovuto portarli a Parigi. Ma le due offensive lanciate in marzo e in giugno furono bloccate. Alla fine di luglio le forze dell’Intesa, ormai superiori in uomini e mezzi, passarono al contrattacco. Fra l’8 e l’11 agosto, nella grande battaglia di Amiens, i tedeschi subirono la prima grave sconfitta sul fronte occidentale. Da quel momento cominciarono ad arretrare lentamente fino a Cambrai, mentre fra le loro truppe si facevano più evidenti i segni di stanchezza. I generali tedeschi capirono allora di aver perso la guerra. Il compito ingrato di aprire le trattative toccò ad un nuovo governo di coalizione democratica formatosi ai primi di ottobre. Si sperava che un governo realmente rappresentativo potesse costruire un interlocutore più credibile per l’Intesa. Ma era troppo tardi. Mentre la Germania cercava in vano una soluzione di compromesso, i suoi alleati crollavano militarmente o si disgregavano dall’interno. La prima a cedere, alla fine di settembre, fu la Bulgaria. Un mese dopo era l’Impero Turco. Sempre alla fine di ottobre si consumò la crisi finale dell’Austria-Ungheria ormai minata dai movimenti indipendentisti. Quando, il 24 ottobre, gli Italiani lanciarono un’offensiva sul fronte del Piave, l’Impero era ormai in piena crisi. Sul fronte italo-austriaco gli italiani ottennero quindi la vittoria decisiva, mettendo in fuga gli austro-ungarici nella battaglia di Vittorio Veneto (24 ottobre-4 novembre). Il 3 novembre Trieste cadde in mano italiana, così come Fiume il giorno 5. La sconfitta fece precipitare la situazione interna dell’impero asburgico: cechi, slovacchi e slavi del sud proclamarono la loro indipendenza; a nove giorni dalla firma dell’armistizio con gli Alleati (3 novembre) a Villa Giusti, presso Padova, che sarebbe entrato in vigore il giorno successivo, 4 novembre, l’imperatore Carlo IV abdicò, e il giorno seguente un moto rivoluzionario popolare proclamò la repubblica austriaca, mentre gli ungheresi istituivano un governo indipendente. Ai primi di novembre, poiché la sconfitta era evidente, i marinai di Kiel, dov’era concentrato il grosso della flotta tedesca, si ammutinarono e diedero vita, assieme agli operai della città, a consigli rivoluzionari ispirati all’esempio russo. Il moto si propagò a Berlino ed in Baviera e l’11 novembre i delegati del governo provvisorio tedesco (il Kaiser Guglielmo II fu costretto a fuggire in Olanda e Friedrich Ebert, fu proclamato capo del governo il 9 novembre) firmavano l’armistizio a Compiègne impegnandosi a consegnare tutto l’armamento pesante, gli aerei, le navi da battaglia e i sottomarini e annullare le conquiste fatte in Polonia e in Russia. BILANCIO DELLA GUERRA E NUOVO DISEGNO GEO-POLITICO EUROPEO La guerra era durata 4 anni, 3 mesi e 14 giorni. Le vittime nelle forze di terra furono più di 37 milioni, in aggiunta, la guerra produsse indirettamente quasi 10 milioni di morti tra la popolazione civile. Nonostante la speranza che gli accordi raggiunti alla fine della guerra potessero ristabilire una pace duratura, la prima guerra mondiale pose al contrario le premesse di un conflitto ancor più devastante. Le potenze centrali dichiararono la loro accettazione dei “quattordici punti” del presidente Wilson come base per l’armistizio, aspettandosi che i loro princìpi ispiratori avrebbero costituito il fondamento dei trattati di pace. Al contrario, gli alleati europei si presentarono alla conferenza di Versailles e a quelle successive determinati a esigere dalle potenze centrali riparazioni equivalenti all’intero costo della guerra, nonché a spartirsi tra loro i territori e i possedimenti delle nazioni sconfitte, secondo gli impegni presi in accordi segreti stabiliti tra il 1915 e il 1917, prima dunque dell’entrata in guerra degli Stati Uniti. I trattati di pace prodotti dalle conferenze di Versailles, Saint-Germain, Trianon, Neuilly e Sèvres risultarono così squilibrati da divenire fattori di instabilità nel futuro dell’Europa. La soluzione diplomatica che prevalse al termine della guerra disegnò un quadro politico dell’Europa completamente differente da quello del 1914. Tale quadro politico venne designato nel 1919 nella reggia di Versailles e vi presero parte i capi di governo delle principali potenze vincitrici (Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Italia): l’americano Wilson, il francese Clemenceau, l’inglese Lloyd George, e l’italiano Orlando (il quale svolse però un ruolo marginale). Il contrasto fra una pace democratica e l’obiettivo di una pace punitiva risultò evidente soprattutto quando furono discusse le condizioni da imporre alla Germania. Il trattato, che fu firmato a Versailles il 28 giugno 1919, fu una vera e propria imposizione (diktat). Dal punto di vista territoriale il trattato prevedeva, oltre alla restituzione dell’Alsazia-Lorena alla Francia, il passaggio alla ricostituita Polonia di alcune regioni orientali abitate solo in parte da tedeschi: in particolare il corridoio polacco che permetteva alla Polonia di affacciarsi sul Baltico e di avere accesso al porto di Danzica. La Germania perse anche le sue colonie, spartite tra Francia, Gran Bretagna e Giappone. Ma la parte più pesante del Diktat era costituita dalle clausole economiche e militari. Indicata nel testo stesso del trattato come responsabile della guerra, la Germania dovette impegnarsi a riparare ai vincitori i danni subiti in conseguenza del conflitto (l’entità delle “riparazioni” sarebbe stata fissata solo in seguito). Fu inoltre costretta ad abolire il servizio di leva, a rinunciare alla marina da guerra, a ridurre la consistenza del proprio esercito e a lasciare “smilitarizzata”, priva cioè di reparti armati e di fortificazioni, la Renania, la vasta regione industriale al confine con il Belgio e la Francia. Erano condizioni umilianti, tali da ferire profondamente la Germania nel suo orgoglio nazionale, oltre che nei suoi interessi. Ma erano anche, agli occhi dei francesi, l’unico mezzo per impedire alla Germania, che restava pur sempre lo stato più popoloso, più industrializzato e potenzialmente più ricco dell’Europa continentale, di riprendere la posizione di grande potenza che naturalmente le competeva. Nei trattati di pace con l’Autria e l’Ungheria, firmati a Saint-Germain, si prese atto della situazione che si era determinata con lo sfaldamento dell’Impero austro-ungarico, ciò determinò la nascita della nuova Polonia, della Repubblica di Cecoslovacchia, del regno di Jugoslavia, che univa alla Serbia gli sloveni e i croati già soggetti alla monarchia austro-ungarica. L’Europa uscita dalla conferenza di Parigi contava dunque ben otto nuovi Stati sorti dalle rovine dei vecchi imperi. Ad essi si sarebbe poi aggiunto lo Stato libero d’Irlanda, cui la Gran Bretagna concesse una semi-indipendenza. Un altro trattato fu firmato il 10 agosto 1920 a Sèvres tra le potenze vincitrici e l’Impero ottomano costretto ad accettare la neutralizzazione degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, che mettono in comunicazione il Mar Nero col Mediterraneo, e la perdita di gran parte del suo territorio, l’Iraq, la Palestina, la Siria e la Giordania che finirono sotto l’influenza della Gran Bretagna e della Francia. Parte dell’Anatolia fu assegnata alla Grecia. Fu poi deciso che l’Armenia avrebbe ottenuto l’indipendenza e il Kurdistan avrebbe conquistato l’autonomia. Cs l’Impero ottomano si ridusse alla sola Turchia la cui capitale fu trasferita da Instambul (Costantinopoli) ad Ankara. Le dure condizioni di pace, accettate dal sultano, rafforzarono anche in Turchia il nazionalismo, rappresentato prima della guerra dal movimento dei “giovani turchi”; nel dopoguerra la guida del movimento nazionale fu assunta da Ataturk che riprese l’Anatolia, riaffermò la sovranità della Turchia sugli Stretti e nel 1921 depose il sultano Maometto VI. Ebbe fine cs l’Impero ottomano. La Turchia diventò una repubblica laica e moderna grazie ad Ataturk e tale laicizzazione rappresentò una novità nel mondo islamico. Il 24 luglio 1923 fu firmato a Losanna un nuovo trattato con il quale fu definitivamente abolito il regime delle capitolazioni, cioè delle concessioni date dall’Impero ottomano a cittadini delle potenze europee i quali, grazie alle capitolazioni, in passato avevano risposto delle loro azioni illegali non alle autorità turche ma ai loro consolati. Alla Turchia furono definitivamente attribuite le regioni abitate dai Curdi, negando a esse l’indipendenza. Gli Armeni avevano chiesto l’indipendenza già alla fine dell’800. La risposta del sultano era stata l’uccisione di decine di migliaia di persone. Dopo la salita al potere dei “giovani turchi” la situazione delgi Armeni si aggravò: non solo non venne concessa loro l’autonomia ma, allo scoppio della prima guerra mondiale, fu attuato un vero e proprio sterminio. Invece gli Armeni del Caucaso si armarono, resistettero e crearono una repubblica riconosciuta col trattato di Sèvres. Gli Stati Uniti non ottennero vantaggi territoriali dal conflitto ma in termini di prestigio il loro ruolo internazionale acquistò rilievo che non avevano mai avuto. Uscirono rafforzati dalla guerra anche sul piano economico xké le industrie statunitensi avevano lavorato a pieno ritmo ed erano in grado d’invadere con i loro prodotti i mercati europei. LA NASCITA DELLA SOCIETA’ DELLE NAZIONI E GLI ACCORDI TRA LE GRANDI POTENZE Ad assicurare il rispetto dei trattati e la salvaguardia della pace avrebbe dovuto provvedere la Società delle Nazioni, proposta nei quattordici punti di Wilson, che fu accettata sotto la pressione degli Stati Uniti da tutti i partecipanti alla conferenza di Versailles (o conferenza di pace di Parigi) e nell’aprile del 1919 il suo statuto era stato approvato. Si componeva di un’assemblea, di un consiglio e dei un segretariato e prevedeva, in un suo punto, la rinuncia da parte degli stati membri alla guerra come strumento di soluzione dei contrasti; ma nasceva sin dall’inizio minata per l’esclusione della Germania e della Russia. Il Senato degli Usa respinse l’adesione alla Società, infliggendole così un colpo durissimo. Essa finì con l’essere egemonizzata da Gran Bretagna e Francia e non fu in seguito in grado di attuare nessun punto del suo statuto. Alcune potenze cercarono perciò maggiori garanzie in accordi parziali stipulati non contro ma al di fuori della Società delle Nazioni. Nell’aprile del 1922 si riunì a Genova una conferenza internazionale x esaminare i problemi economici della Russia sovietica e della Germania, quindi vi parteciparono insieme x la prima volta paesi vincitori e vinti; a conclusione di essa, la Russia sovietica e la Germania s’impegnarono, col trattato di Rapallo, a stringere rapporti diplomatici e a rinunciare alle reciproche rivendicazioni (nel 1926 avrebbero stipulato un patto di non aggressione). Con la conferenza di Genova la Russia sovietica entrò nel gioco diplomatico da cui la Russia di Lenin sembrava uscita con la rivoluzione del 1917. La posizione internazionale della Germania restò debole. Nel gennaio del 1923 truppe francesi e belghe occuparono il bacino carbonifero e siderurgico della Ruhr x costringere la Germania a pagare le riparazioni, allora, la popolazione tedesca della regione diede vita alla “resistenza passiva”, bloccando la produzione. La situazione migliorò solo nel 1924. Nel gennaio Italia e Gran Bretagna riconobbero l’Unione Sovietica, che l’anno seguente ristabilì i rapporti diplomatici anche con la Cina ed il Giappone. Alla fine dell’anno fu deciso il ritiro delle truppe straniere dalla Rurh. Nell’ottobre del 1925, col trattato di Locarno, la Germania riconobbe la frontiera franco-tedesca e nel 1926 entrò a far parte della Società delle Nazioni. A Locarno era rimasta xò irrisolta la questione delle frontiere tedesche orientali e meridionali x le quali non era stata data nessuna garanzia ai paesi confinanti con la Germania: il governo tedesco, infatti, non voleva precludersi x il futuro la possibilità di un’eventuale unione con l’Austria e di una revisione dei confini con la Polonia e con la Cecoslovacchia. Il ministro degli esteri britannico, Joseph Austen Chamberlain, aveva acconsentito, mentre la Francia temeva la ripresa dell’espansionismo tedesco. X limitarlo, il governo francese firmò trattati di mutua assistenza con la Polonia e con la Cecoslovacchia, perseguendo una politica di garanzie bilaterali. X qualche anno sembrò, cmq, che a Locarno fossero state corrette le impostazioni date alle relazioni internazionali a Versailles e si parlò di uno “spirito di Locarno”, aperto a ulteriori intese x la pace. Un suo prodotto fu considerato il patto stipulato a Parigi nell’agosto del 1928 tra il ministro degli esteri francese Aristide Briand e il segretario di stato americano Frank Billings Kellogg e sottoscritto poi da 57paesi che si assunsero l’impegno a risolvere pacificamente tutte le questioni internazionali. La prima guerra mondiale segnò infine il declino dell’Europa, che dopo tre secoli di espansione vedeva il suo ruolo emarginato da nuove grandi potenze, quali gli Stati Uniti e il Giappone. Conseguenze economiche Ancor più grave fu il dissesto finanziario i cui effetti negativi si aggiunsero ai problemi derivanti non solo dalla riconversione delle industrie dalla produzione militare a quella civile, ma più in generale dal riassetto di un intero sistema economico. La guerra per oltre quattro anni aveva finalizzato la produzione, gli scambi, la gestione monetaria, la macchina burocratica degli stati, realizzando la mobilitazione totale delle risorse umane e materiali. Ne erano state sconvolte le regole precedenti. Per quanto concerne l'aspetto finanziario, la guerra aveva generato un enorme disavanzo nei bilanci statali, sollecitati alla spesa dalle esigenze militari. Nelle transazioni monetarie l'instabilità dei cambi aveva prodotto inflazione e svalutazione a livelli incontrollati. In queste condizioni rimettere sotto controllo le finanze statali si presentava come un problema arduo, dai complessi risvolti sociali e politici, prima che tecnici. Anche la situazione industriale apparve di difficile gestione nel momento in cui vennero a mancare le commesse statali, che in tempo di guerra avevano trainato interi settori, quali il meccanico, il tessile, il chimico. Insorsero gravi problemi legati alla riconversione dell'industria bellica. Inoltre bisognava trovare un lavoro per i milioni di reduci dal fronte. Conflitti sociali La guerra aveva innescato profondi e ampi sommovimenti in tutte le società coinvolte e aveva depositato nella coscienza di milioni di uomini il ricordo brutale della violenza. Dal rifiuto morale che molti soldati e ufficiali elaborarono in risposta ai massacri, scaturì un odio profondo verso la guerra che si tramutò in un impulso di riscatto. Sentimenti simili furono all'origine della rivoluzione russa del 1917, ma anche delle lotte operaie e contadine che si manifestarono in Germania, in Francia, in Italia tra il 1917 e il 1922. Al contrario, nei soldati che non avevano avvertito un'opposizione morale alla guerra, l'esperienza sotto le armi aveva lasciato impressioni di forza bruta, abitudini all'uso della violenza, attitudine alla prevaricazione fisica, tutte componenti queste che prepararono il clima psicologico delle forze reazionarie attive in Europa già dal 1919. La crisi del dopoguerra infine, se travolse operai e contadini, agrari e industriali, turbò ancora di più i ceti medi, esposti ai contraccolpi dell'inflazione e alla perdita di reddito e di prestigio, predisponendoli a favorire soluzioni autoritarie con le quali liquidare i conflitti ideologici e gli squilibri sociali CAP.6 LA RIVOLUZIONE BOLSCEVICA CAP.7 IL PRIMO DOPOGUERRA IN ITALIA E IN GERMANIA La Prima Guerra Mondiale ebbe pesanti conseguenze politiche, sociali ed economiche. Quelle politiche e sociali furono gravi soprattutto in Italia, anche se aveva vinto la guerra, e in Germania, che invece aveva perso. FASCISMO L’Italia era entrata in guerra con 2obiettivi fondamentali: il completamento del processo di unificazione nazionale con la conquista di Trento e di Trieste e l’affermazione del primato italiano nell’Adriatico. Il 1°obiettivo fu pienamente raggiunto mentre il 2°fu in parte mancato, nonostante gli accordi di Londra, xké l’Italia non ettenne né la Dalmazia né Fiume. Di qui la convinzione che quella italiana fosse stata una “vittoria mutilata” (riprendendo il tema da Gabriele D’Annunzio). La polemica tra nazionalisti e socialisti non si era placata nemmeno con la conclusione del conflitto: i socialisti attribuivano ai nazionalisti la colpa di aver trascinato l’Italia in una guerra che non era stata voluta e sentita né dalla maggioranza del parlamento né dalla maggioranza della popolazione e attribuivano ai reduci la colpa di aver combattuto precludendosi cs la possibilità di ottenere adesioni tra gli ufficiali, che appartenevano alla piccola borghesia, e tra i soldati, che erano soprattutto contadini; i nazionalisti, a loro volta, ritenevano i socialisti responsabili della sconfitta di Caporetto x il loro atteggiamento disfattista. Inoltre, la delegazione italiana alla Conferenza di pace di Parigi, guidata da Vittorio Emanuele Orlando, non mostrò grandi capacità diplomatiche cs il parlamento, deluso dal modo in cui vennero condotte le trattative da Orlando, portò alle dimissioni dello stesso e alla nascita, nel giugno del 1919, di un governo guidato da Francesco Saverio Nitti, economista liberale, sostenitore dell’industrializzazione del Mezzogiorno e attento conoscitore delle società europee economicamente +avanzate. Nel 1919 due fatti mutarono il quadro politico italiano: in gennaio il sacerdote Luigi Sturzo fondò il Partito popolare italiano (PPI); in marzo Mussolini fondò i Fasci di combattimento. Sturzo si era subito distinto x il suo impegno meridionalistica e indirizzò un appello a quei cattolici che intendevano impegnarsi direttamente nella vita politica italiana senza +delegare al partito liberale la rappresentanza dei propri interessi, con qsto appello viene indicato l’ingresso ufficiale dei cattolici nella vita politica. Diversamente dalla fondazione del PPI, la nascita dei Fasci di combattimento ebbe inizialmente scarso rilievo: essi erano composti da gruppi non numerosi di ex combattenti, d’interventisti, di sindacalisti rivoluzionari che assumevano posizioni anticapitalistiche ma erano soprattutto una forza antisocialista xké x loro il socialismo minacciava il principio stesso di proprietà. La polemica di Mussolini contro il Partito socialista italiano fu violentissima. Il PPI ebbe anche un’immediata influenza politica xké alle elezioni che si tennero in novembre si collocò al 2°posto, dopo il PSI che risultò il 1°partito, con oltre il 30% dei voti. Ma il PSI non seppe mettere a frutto il successo elettorale. Nel congresso da esso tenuto in ottobre erano prevalsi i massimalisti, giodati da Giacinto Menotti Serrati, favorevoli all’adesione all’Internazionale comunista. X i massimalisti le elezioni erano utili soltanto xké, nel corso della campagna elettorale, i socialisti potevano dare maggior rilievo al loro programma rivoluzionario, infatti il loro unico obiettivo restava la rivoluzione che essi consideravano lo sbocco inevitabile dei processi economici e sociali che si stavano svolgendo, ma le loro idee su quando e come essa sarebbe realmente scoppiata e soprattutto come poterla guidare, erano molto confuse. In qsto clima, anche la destra sentiva l’esigenza di dotarsi di una formazione politica che avesse una base di massa (reduci di guerra e piccola borghesia, cioè gli ufficiali) visto che la vecchia destra liberale non era in grado di rispondere a qsta esigenza. Fu D’Annunzio a candidarsi alla guida della destra italiana entrando in Fiume alla testa di un corpo di volontari, nel settembre del 1919. Mussolini vide che era soprattutto la piccola borghesia intellettuale a guardare con favore a D’Annuznio, invece la media e la grande borghesia produttiva (imprenditori) preferiva l’ordine alle avventure belliche e M cercava di ottenerne l’appoggio presentandosi come possibile portavoce di un capitalismo moderno. M aveva definito il “Popolo d’Italia”, il suo quotidiano, il giornale dei combattenti e dei produttori e nel 1918 rivendicò il merito di aver puntato sulla parola “produttori” e spiegò che il loro interesse era quello di portare al massimo le loro capacità produttive e qsto era interesse comune sia dei produttori borghesi che di quelli proletari. In qsto modo egli riteneva di aver superato la lotta di classe, in realtà all’interno della produzione M manteneva un rigido ordine gerarchico con il produttore-capitalista alla direzione della fabbrica e il produttore-operaio soltanto alla funzione esecutiva. Egli contrapponeva Milano, il centro delle attività produttive, a Roma, il centro delle discussioni politiche e sosteneva che lo Stato doveva liberarsi di tutte le “bardature”, cioè degli interventi nel campo economico che gli erano stati attribuiti in seguito alle conquiste del movimento dei lavoratori. Gli anni 1919-1920 furono definiti il < biennio rosso> xké, oltre al successo dei socialisti nelle elezioni del 1919, furono caratterizzati da frequenti scioperi e dimostrazioni popolari e si ebbero anche violenti moti contro il carovita. Il 30 agosto 1920 si verificò l’occupazione delle fabbriche guidata dalla FIOM (Federazione Italiana Degli Operai Metalmeccanici) e da un gruppo di intellettuali socialisti, raccolti intorno alla rivista torinese “L’Ordine Nuovo”, che si ispiravano all’esperienza sovietica: Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti. L’occupazione delle fabbriche fu appoggiata dalle direzioni del PSI e della CGL ke xò avevano diversi obiettivi: il PSI intendeva guidare l’intero proletariato a una lotta che avesse un significato politico, senza xò darle uno sbocco rivoluzionario; la CGL, invece, voleva mantenere l’azione sul piano sindacale. Coloro che parteciparono ll’occupazione xò attribuirono la mancanza di uno sbocco rivoluzionario all’incapacità dei dirigenti del PSI e della CGL e si posero la questione di fondare un partito comunista che fosse in grado di assumere la guida della rivoluzione. Infatti, nel gennaio del 1921, durante il 17°congresso nazionale riunito a Livorno, i comunisti uscirono dal PSI e fondarono il Partito comunista d’Italia guidato da Amedeo Bordiga. I comunisti ritenevano che non fosse possibile conseguire importanti risultati attraverso l’azione parlamentare ma credevano, come i massimalisti, all’importanza dei movimenti di piazza che avrebbero aperto la strada alla rivoluzione indicata da Lenin. Molti liberali, compreso Giolitti, credevano di poter utilizzare a loro vantaggio la piazza fascista contro la pizza socialista. Musoolini alimentava qsta illusione mostrandosi ora duro, con le squadre di fascisti che distruggevano le sedi del partito socialista e le camere del lavoro, ora +disteso nelle trattative. La fiducia dei liberali di poter normalizzare il fascismo si accrebbe quando M decise di trasformare il movimento in un partito, ma in realtà egli voleva creare uno strumento +compatto, cs, nel novembre del 1921 fondò il Partito nazionale fascista. In realtà, nell’inverno 1921-1922, i fascisti intensificarono l’uso della violenza contro i loro avversari politici (squadrismo), impossessandosi di molte piazze italiane. Nello stesso tempo lo Stato liberale entrò maggiormente in crisi, sia x la pressione esercitata dalla destra (x l’intervento delle truppe italiane contro D’Annunzio a Fiume e x l’azione dello squadrismo), sia da sinistra (con la continua minaccia di una rivoluzione). La crisi precipitò nell’estate del 1922. Il 31 luglio di quell’anno venne indetto dai partiti e dai sindacati di sinistra uno <sciopero legalitario> che avrebbe dovuto fermare lo squadrismo fascista, chiedendo al governo di imporgli il rispetto delle leggi. Ma M colse l’occasione x attaccare ulteriormente lo Stato e i sindacati affermando che lo sciopero era illegale e mobilitò il PNF x farlo fallire. Inoltre M utilizzò qsta circostanza x mostrare l’efficienza del suo partito e la debolezza dello Stato. La marcia su Roma: La possibilità di conquistare il potere con la forza fu prospettata per la prima volta da Benito Mussolini il 29 settembre 1922, in una seduta segreta a Firenze della direzione fascista. La decisione di passare all’azione si ebbe il 16 ottobre 1922, nella riunione a Milano del gruppo dirigente fascista, nel corso della quale venne anche costituito il quadrumvirato che avrebbe diretto l'insurrezione, formato da De Vecchi, De Bono, Balbo e Bianchi. Secondo i piani, il quadrunvirato, insediato a Perugia, avrebbe assunto nella notte tra il 26 e il 27 i pieni poteri e nei due giorni successivi sarebbe seguita la mobilitazione delle squadre fasciste che avrebbero occupato i punti chiave dell'Italia centrale. Le bande destinate a marciare sulla capitale (26.000 uomini) cominciarono a muovere verso Roma il 27. Mussolini rimase a Milano in attesa degli sviluppi della situazione a livello governativo. il presidente del consiglio Luigi Facta convocò il Consiglio dei ministri per predisporre il decreto di stato d’assedio, che dava pieni poteri al governo per disperdere i fascisti con l'esercito. Vittorio Emanuele III quando ricevette Facta con il decreto, anche perché influenzato dal parere negativo di Salandra e di Giolitti, si rifiutò di firmarlo. Caduto Facta, il re propose a Mussolini un ministero con Salandra, ma il duce rifiutò sostenendo la richiesta di un governo interamente fascista. Il 29 ottobre Vittorio Emanuele cedette e chiese formalmente a Mussolini di formare il nuovo esecutivo. Quando i fascisti entrarono a Roma, il 28 ottobre 1922, era già tutto deciso. La marcia fu essenzialmente una parata: le squadre fasciste, infatti, giunsero nella capitale 24 ore dopo che Mussolini aveva già ricevuto l’incarico di formare il nuovo governo. NAZISMO LA NASCITA DELLA REPUBBLICA DI WEIMAR (GERMANIA-HITLER) Dal 1916 l’Impero Germanico(Deutsches Reich) era stato all'atto pratico governato dai militari, guidati dal Comando Supremo dell'Esercito (OHL). Quando divenne evidente che la prima guerra mondiale era persa, l'OHL richiese che venisse instaurato un governo civile. Ogni tentativo di continuare la guerra dopo che la Bulgaria aveva lasciato gli Imperi Centrali avrebbe provocato l'occupazione dei territori tedeschi. Il nuovo Principe Max von Baden, offrì quindi un cessate il fuoco al Presidente americano Woodrow Wilson, il 3 ottobre 1918, e da qsto momento si cercò di rendere il Reich una democrazia parlamentare, cosa che era stata rifiutata per mezzo secolo: il Cancelliere avrebbe risposto al Parlamento, il Reichstag, e non più all'Imperatore.Il piano allora in corso per trasformare la Germania in una monarchia costituzionale (forma attenuata di monarchia dove il sovrano è controllato dagli altri organi dello Stato) divenne ben presto obsoleto mentre la nazione scivolava in uno stato di caos quasi completo. La ribellione esplose quando, il 29 ottobre, il comando militare, senza essersi consultato con il governo, ordinò alla Flotta d'Alto Mare un’insurrezione che non solo era senza speranza da un punto di vista militare, ma che avrebbe anche portato sicuramente a un arresto dei negoziati di pace. Gli equipaggi di due navi si ammutinarono. Quando i militari arrestarono circa 1.000 marinai e li fecero trasportare a Kiel(città tedesca) la rivolta locale si trasformò in una ribellione generale che dilagò rapidamente in gran parte della Germania. Altri marinai, soldati e persino operai solidarizzarono con gli arrestati, iniziando a eleggere consigli di lavoratori e soldati modellati sui soviet della Rivoluzione Russa del 1917 e presero il potere civile e militare in molte città. Il 7 novembre la rivoluzione aveva raggiunto Monaco di Baviera provocando la fuga di Ludwig III di Baviera in qualità di primo monarca di Germania. La nazione era sull'orlo di diventare una Repubblica Socialista. A quel tempo la rappresentanza politica della classe operaia era divisa: una fazione rappresentava il Partito Socialdemocratico Indipendente (USPD), fondato nel 1917, ke spingeva verso un sistema socialista; i restanti, del Partito Socialdemocratico Maggioritario (MSPD), che appoggiavano un sistema parlamentare, decisero di mettersi alla testa del movimento allo scopo di non perdere la loro influenza e, sempre il 7 novembre, chiesero all'Imperatore Guglielmo II di abdicare. Il 9 novembre 1918 fu proclamata la repubblica e venne formato un governo provvisorio, definito “governo dei commissari del popolo” che ebbe come primo ministro il presidente del partito socialdemocratico maggioritario, Friedrich Ebert, e fu formato da socialdemocratici e socialisti indipendenti. Anche se il nuovo governo venne confermato dal consiglio dei lavoratori e dei soldati di Berlino fu avversato dalla Lega di Spartaco, l'ala sinistra dell'USPD guidata dagli ex socialdemocratici Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, liberati dal carcere dove erano finiti x essersi opposti alla guerra. Ebert riuscì a imporre delle rapide elezioni per un'Assemblea Costituente che doveva produrre la costituzione per un sistema parlamentare, marginalizzando il movimento che richiedeva una Repubblica Socialista. Per assicurarsi che il suo governo fosse in grado di mantenere il controllo sulla nazione, Ebert fece un patto con l'OHL, ora guidato dal successore di Ludendorff, il Generale Wilhelm Groener. Questo Patto Ebert-Groener essenzialmente stabiliva che il governo non avrebbe cercato di riformare l'esercito fintanto che l'esercito giurava di difendere il governo. Da una parte questo accordo simboleggiava l'accettazione di un nuovo governo da parte dei militari, calmando le preoccupazioni della classe media, dall'altra parte venne considerato un tradimento degli interessi dei lavoratori da parte della sinistra; inoltre stabiliva l'Esercito come un gruppo indipendente e conservatore all'interno di Weimar che avrebbe influenzato il destino della Repubblica. Questo fu uno dei tanti passi che determinò la permanente suddivisione della rappresentanza politica della classe operaia in SPD e comunisti. La divisione divenne definitiva dopo che Ebert fece richiesta all'OHL di truppe per sedare un altro ammutinamento di soldati a Berlino, il 23 novembre 1918, nel quale i soldati in rivolta avevano catturato il comandante della città e chiuso il luogo nel quale il governo dei commissari del popolo risiedeva. L'intervento fu brutale, con molti morti e feriti. Questo indusse l'estrema sinistra a invocare la scissione dall'MSPD che, nella loro visione, era sceso a patti con i militari controrivoluzionari per sopprimere la rivoluzione. . La spaccatura si approfondì quando, in dicembre, fu formato il Partito comunista tedesco (KDP) da un certo numero di gruppi di sinistra, inclusa l'ala sinistra dell’USPD e i gruppi Spartachisti. In gennaio, ulteriori sanguinosi tentativi si stabilire una dittatura proletaria da parte dei lavoratori nelle strade di Berlino venne sedata culminando con la morte della Luxemburg e di Liebknecht. Le elezioni dell'Assemblea Costituente avvennero il 19 gennaio 1919, in questa occasione i nuovi partiti della sinistra, inclusi l'USPD e il KPD, furono a malapena in grado di organizzarsi, permettendo la costituzione di una solida maggioranza delle forze moderate. Il primo governo della repubblica, che sostituì quello provvisorio, fu presieduto da Scheidemann, che guidava con Ebert l’MSPD, mentre Ebert diventò presidente della repubblica. X evitare le continue lotte di Berlino, l’Assemblea Costituente si riunì nella città di Weimar cs l’11 agosto 1919 fu firmata la Costituzione di Weimar fondata sui principi della +avanzata democrazia. Al Reichstag, il parlamento centrale, si affiancava il Reichsrat, cioè la camera dei rappresentanti dei singoli stati regionali (Lander) dove i loro interessi potevano trovare espressione +diretta. Il Reichstag era eletto a suffragio universale ogni 4anni, con un sistema rigidamente proporzionale, che consentiva anche ai piccoli partiti di esservi rappresentati. Al Reichstag toccava il potere legislativo ma il Reichsrat poteva porre il veto alle leggi e anche qsto fu un tentativo di realizzare il massimo equilibrio tra i diversi poteri e interssi. Il cancelliere, che era a capo del governo, doveva rispondere dei suoi atti al Reichstag ma era nominato dal presidente della repubblica che veniva eletto direttamente dai cittadini e durava in carica x 7anni. Con l’elezione diretta e con l’attribuzione al presidente del diritto di sciogliere il Reichstag e di indire referendum sui provvedimenti legislativi, si introdussero nel sistema politico tedesco, accanto al parlamentarismo e al federalismo (l'obiettivo del federalismo è garantire l'unità verso l'esterno e la molteplicità all'interno), anche elementi di presidenzialismo. La costituzione di W sembrava costituire quasi un modello ideale di costituzione democratica. In essa era racchiuso anche il progetto di uno stato sociale xké garantiva a ogni tedesco la possibilità di procurarsi i propri mezzi di sussistenza mediante un lavoro remunerato. Ma l’inserimento nella Costituzione dei diritti sociali non trovò realizzazione in Germania xké la disoccupazione non poté essere eliminata. Effettivamente la Costituzione di W non fu capace di assicurare alla Germania un lungo futuro democratico e le cause di tale incapacità vanno cercate sia nella situazione interna che in quella internazionale. Inoltre bisogna dire che la Costituzione garantiva anche la difesa della purezza della famiglia e la promozione del suo risanamento fisico e morale, ma a qsto riguardo si verificarono preoccupanti sviluppi dell’eugenetica (ramo della genetica che studia il miglioramento della specie umana agendo sul patrimonio genetico). Nazionalsocialisti, liberali e socialdemocratici erano convinti che il patrimonio genetico ereditario dovesse essere preservato x es sterilizzando coloro che erano affetti da malattie. Ci furono anche manifestazioni antisemite contro il rafforzamento della presenza degli ebrei nella vita pubblica ed economica e contro l’immigrazione di ebrei poveri dell’Europa orientale che venivano visti come pericolosi concorrenti dei lavoratori tedeschi xké si accontentavano di salari inferiori. LA CRISI ECONOMICA E POLITICA DEL 1923 I governi della repubblica di Weimar dovettero affrontare una duplice opposizione proveniente sia da destra che da sinistra. La sinistra, raccolta intorno al partito comunista e sempre favorevole alla rivoluzione x risolvere i problemi del paese, faceva leva sulla crisi economica e sociale del dopoguerra; le forze conservatrici della destra, uscite sconfitte dal conflitto, trovavano ascolto in alcuni settori dell’esercito ke xò, nel suo complesso, restava fedele alle istituzioni. La propaganda della destra cominciò a far leva sull’opinione pubblica quando apparve evidente che le condizioni della pace non sarebbero state quelle promosse dal presidente degli USA Wilson. Lo scontro politico conobbe un momento drammatico nel giugno del 1922, con l’uccisione, da parte degli elementi antisemiti di estrema destra, del ministro degli estri Walter Rathenau, un industriale di origine ebraica, autore di un trattato, “Nuova economia”, in cui chiedeva l’intervento dello Stato nell’economia. La destra era avversa a R xké qst’ultimo non solo era contrario a ogni spirito di rivincita, ma anke xké era favorevole a intese tra imprenditori e sindacati. Alcuni mesi dopo la morte di R, i socialdemocratici uscirono dal governo e se ne formò uno nuovo, presieduto da Wilhelm Cuno e appoggiato da una maggioranza di centro. I socialdemocratici rientrarono nel governo nell’agosto del 1923 quando diventò cancelliere Gustav Stresemann. I governi C e S dovettero affrontare i problemi creati, nel gennaio 1923, dall’occupazione franco-belga della Rurh che produceva l’85% del carbone tedesco. Vi furono scontri tra gli occupanti e la popolazione locale che oppose una resistenza passiva con uno sciopero generale. Il governo, non potendo +utilizzare la produzione della regione e dovendo sostenere finanziariamente gli scioperanti, dovette stampare quantità sempre maggiori di cartamoneta cs il marco si andò rapidamente deprezzando sul mercato internazionale mentre aumentava la disoccupazione. Nel 1923 l’inflazione raggiunse livelli elevatissimi, trasformandosi in iperinflazione e il valore della moneta tedesca subì un vero e proprio crollo. Il risanamento fu ottenuto sostituendo il vecchio marco con uno nuovo (il Rentenmark) cs fu possibile, anke grazie al finanziere americano Charles Gates Dawes, attirare in Germania capitali stranieri. L’occupazione della Rurh ebbe, x il governo tedesco, anke un costo politico, oltre che finanziario. Infatti le destre scatenarono una violenta campagna contro i socialdemocratici e i partiti di centro accusandoli di aver accettato il pagamento delle riparazioni e di non reagire duramente contro l’occupazione straniera. Il malcontento era diffuso soprattutto nel ceto medio sul quale ritenne di poter far leva ADOLF HITLER x realizzare una rivoluzione di destra. H era nato a Braunau, in Austria, e aveva trascorso un’adolescenza solitaria. A 15anni si era recato a Vienna x studiare architettura ma aveva dovuto fare lavori manuali x mantenersi. Nutriva rancore verso la società e l’influenza degli ebrei in essa. Aveva partecipato come volontario al Primo conflitto mondiale e nelle trincee di Ypres era stato intossicato dai gas. La sconfitta lo aveva colpito profondamente e da allora aveva cominciato a sognare la rivincita. Dotato di grandi capacità organizzative e abilissimo oratore, H aveva fatto una rapida carriera politica facendo sua la tesi dell’estrema destra secondo cui la Germania era stata sconfitta a causa dei traditori e dei disfattisti. Nel 1919 si era iscritto al Partito tedesco dei lavoratori e aveva contribuito a trasformare il partito nel Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi (NSDAP) che nel 1920 si era dato un programma a forte contenuto nazionalistico e anticapitalistico: al primo punto del programma nazionalistico vi era la richiesta dell’unione di tutti i tedeschi in base al diritto di autodecisione dei popoli x la formazione di una Grande Germania. H aveva stretti rapporti con alcuni ambienti militari e in particolare con il generale Erich Ludendorff che era stato uno degli artefici della strategia tedesca nel corso della Grande Guerra, egli fu considerato un simbolo del militarismo tedesco, andò in esilio dopo la sconfitta ma presto ritornò a Monaco. Proprio a Monaco, H, con l’aiuto di Ludendorff, tentò un colpo di stato nell’autunno del 1923, il momento era favorevole x il malcontento generato dall’inflazione e dall’occupazione nella Rurh. Gli uomini di H riuscirono a dimpadronirsi x breve tempo di una parte della città di Monaco ma le forze di polizia riuscirono ad arrestare H (8 novembre). Nello stesso mese i socialdemocratici uscirono di nuovo dal governo e se ne formò un altro, di centrodestra, che ebbe come cancelliere il presidente del Zentrum (Partito cattolico), Wilhelm Marx. Alle elezioni presidenziali che si svolsero nel 1925, a causa della morte di Ebert, si presentarono: W.Marx, appoggiato dallo Zentrum e dai socialdemocratici, il comunista Ernst Thalmann e il maresciallo Paul von Hindehburg, rappresentante del nazionalismo e del militarismo, che era sostenuto dalle destre. Qst’ultimo vinse le elezioni presidenziali ma le destre non raggiunsero la maggioranza al parlamento e si formò nuovamente un governo di “grande coalizione” con socialdemocratici, cattolici e liberali sotto la guida del socialdemocratico Hermann Muller. Stresemann, che aveva assunto il ministero degli esteri, creò una linea politica che vide il miglioramento della posizione internazionale della Germania con l’evacuazione della Rurh da parte dei Francesi e dei Belgi, con il patto di Locarno e con l’ingresso della Germania nella Società delle Nazioni. Cs la repubblica di W conobbe alcuni momenti di stabilità interna e di prestigio in Europa sebbene i rapporti tra i partiti non fossero molto solidi. CA.8 IL FASCISMO AL POTERE 1922-1925: LA TRANSIZIONE VERSO LA DITTATURA FASCISTA La “marcia su Roma” del 28 ottobre 1922 non segnò l’inizio della dittatura fascista. Infatti Mussolini formò un governo di coalizione, con rappresentanti liberali e del Partito popolare, e ottenne alla Camera una larga maggioranza pur essendosi schierato contro il parlamento. A dicembre M ottenne dalla Camera i pieni poteri x un anno xké molti parlamentari moderati credevano che, risolti i gravi problemi finanziari e sociali, egli avrebbe lasciato il governo. Nel gennaio del 1923 M istituzionalizzò la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN) posta agli ordini diretti del presidente del consiglio e vi presero parte coloro che avevano partecipato allo squadrismo fascista. M si servì dei pieni poteri x adottare una serie di misure dirette a ridurre l’intervento dello Stato nella vita economica e ottenne il sostegno al suo governo sia da parte del mondo degli affari sia da parte dei lavoratori. Al primo concesse privatizzazioni e sgravi fiscali; ai secondi la fissazione x legge della lunghezza della giornata lavorativa in 8ore. Sul piano politico M limitò l’attività degli oppositori e la libertà di stampa. Con la giustificazione di voler rafforzare la stabilità dell’esecutivo, fece approvare una legge, elaborata dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Giacomo Acerbo, che assegnava i 2/3 dei seggi alla lista che avesse riportato la maggioranza relativa dei voti. I ministri del partito popolare, favorevoli al mantenimento del sistema proporzionale, si dimisero e M, x controbilanciare la loro uscita dal governo, cercò di stringere rapporti +diretti con le gerarchie ecclesiastiche. Nell’aprile del 1924 si svolsero nuove elezioni, sulla base della legge Acerbo. I fascisti formarono una lista in cui entrarono anche uomini di altri partiti, come i liberali Calandra e Orlando, e che fu xciò definita “listone” che vinse le elezioni. L’opposizione denunciò gli imbrogli e le violenze e in ciò fu particolarmente attivo il deputato socialista Giacomo Matteotti che il 10 giugno fu rapito da un gruppo di fascisti e ucciso. La protesta degli oppositori, definita dell’Aventino, xké Turati disse che i deputati dell’opposizione si ritiravano sull’Aventino delle loro coscienze, si limitò ad abbandonare il parlamento (La parola Aventino si riferisce al colle di Roma sul quale, durante le lotte tra patrizi e plebei del Vsec a.C., si ritirava la plebe minacciando di separarsi dalla comunità cittadina se non fossero state accolte le sue richieste di parificazione politica con il ceto patrizio). Tranne i comunisti, che continuavano a credere in un’impossibile mobilitazione rivoluzionaria delle masse, gli altri oppositori contavano soprattutto sul richiamo alla legalità. Qsto richiamo, xò, avrebbe potuto avere un peso politico soltanto se fosse stato accolto dal re. Vittorio Emanuele III, invece, temendo di restare isolato dalle forze conservatrici che erano forti in Senato e ancora favorevoli a Mussolini, non si mosse. Fu invece M a muoversi, infatti, il 3 gennaio 1925, pronunciò alla Camera un duro discorso assumendosi la piena responsabilità di ciò che era successo. Tale discorso fu il segnale di una svolta verso la dittatura, infatti, subito dopo il governo prese serie misure contro le opposizioni, dal sequestro dei giornali allo scioglimento delle associazioni politiche considerate +pericolose. Nei mesi seguenti M fece approvare al parlamento una serie di leggi, dette “fascistissime”, x rafforzare i poteri del governo e soprattutto del presidente del consiglio che fu chiamato capo del governo e non fu +indicato dai partiti che avevano la maggioranza nel parlamento ma fu nominato direttamente dal re. LA REALIZZAZIONE DELLA DITTATURA FASCISTA Nel 1926 fu istituito il Tribunale speciale x la difesa dello Stato che inflisse agli oppositori una lunga serie di pesanti condanne, tra i condannati ci fu Antonio Gramsci, che aveva sostituito Amedeo Bordiga alla testa del PCDL. M cercava +di prevenire che di reprimere x qsto istituì la censura e anche una polizia politica segreta chiamata OVRA (Organizzazione x la vigilanza e repressione dell’antifascismo) che serviva a individuare le zone di malcontento sociale x permettere al governo di intervenire prontamente. M introdusse anche alcune riforme istituzionali: nel 1928 fece approvare una legge che trasformò in un organo istituzionale il Gran Consiglio del fascismo e fu approvata una nuova legge elettorale che toglieva ogni carattere di democraticità alle lezioni, infatti, gli elettori avrebbero potuto votare solamente x una lista formata da candidati proposti da organizzazione fasciste e dal Gran Consiglio. Nel 1926 era stato creato il ministero delle corporazioni, ma esse furono istituite solo nel 1934. Le corporazioni erano organismi di cui facevano parte i rappresentanti dei lavoratori e delgi imprenditori e avrebbero dovuto assumere il governo dell’economia. Nel 1939 la Camera dei deputati fu sostituita dalla Camera dei fasci e delle corporazioni formata da membri del consiglio nazionale del partito fascista e del consiglio nazionale delle corporazioni. Poiké il Senato era di nomina regia, fu tolta al popolo ogni facoltà di eleggere i suoi rappresentanti. Come x tutte le dittature, anche in quella fascista fu consentita la presenza di un unico partito, il Partito nazionale fascista (PNF) che M considerava come uno strumento di potere personale e non gli concesse mai una vera autonomia dal governo e non vi mise mai alla guida uomini che potessero oscurarlo. M governò l’Italia +attraverso i prefetti e la burocrazia che attraverso i federali e gli altri funzionari del partito. Al PNF furono affidati compiti propagandistici e assistenziali. LA POLITICA SOCIALE ED ECONOMICA DEL FASCISMO NEGLI ANNI VENTI Il f si propose come “terza via”, tra il comunismo e il capitalismo. In realtà durante il ventennio fascista, l’economia rimase capitalistica e non nacque il nuovo ordine economico che M diceva di voler realizzare e avrebbe dovuto fondarsi sul superamento del contrasto fra capitale e lavoro da ottenere attraverso il corporativismo. Il maggior teorico del corporativismo fu Ugo Spirito il quale sosteneva che le corporazioni avrebbero dovuto assumere la proprietà delle imprese ma esse furono soltanto organismi burocratici e la collaborazione fra lavoratori e imprenditori si risolse a esclusivo beneficio di qsti ultimi. Infatti, nel 1925, col patto di palazzo Vidoni la Confederazione generale dell’industria riconobbe come soli legittimi rappresentanti dei lavoratori e sindacati fascisti, cs fu soppressa la libertà sindacale e i lavoratori non poterono + ricorrere allo sciopero x rivendicare aumenti salariali e migliori condizioni di lavoro, ma poterono far ricorso soltanto a vertenze giudiziarie individuali. La dittatura fascista riordinò il sistema di previdenza sociale istituendo l’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, x l’invalidità e la vecchiaia e contro la disoccupazione involontaria. Nel 1933 nacque l’Istituto nazionale fascista x la previdenza sociale (INFPS). Una novità, anche rispetto agli altri paesi, fu la creazione dell’Opera nazionale x la maternità e l’infanzia (ONMI) che si inseriva nella politica fascista di preparazione degli italiani alla guerra. Prima di conquistare il potere M era stato sostenitore del liberalismo, infatti fino al 1925 attuò una politica liberistica attraverso il ministro delle finanze Alberto de’Stefani che abolì la nominatività dei titoli azionari (sul titolo risultava il nome dei possessori ciò comportava una maggiore difficoltà di vendita e di evitare eventuali imposte), ridusse le imposte dirette, tolse quella di successione, privatizzò le linee telefoniche e le assicurazioni sulla vita e disunì il numero dei ferrovieri. Ben presto, xò, M si rese conto che lo smantellamento del settore pubblico dell’economia avrebbe creato gravi tensioni sociali e rinunciò a qsta parte del programma su cui pare aveva insistito prima della marcia su Roma. Nel 1925 la politica economica fu capovolta, infatti, col nuovo ministro delle finanze, Giuseppe Volpi, l’intervento dello Stato non solo non fu ridotto ma si accentò e l’economia cominciò a dipendere dalla politica. Fu soprattutto x ragioni di prestigio internazionale che M, nel 1926, decise di rivalutare la lira rispetto alla sterlina facendo corrispondere il valore di una sterlina a 90 lire. Ne derivò una deflazione (processo inverso all’inflazione, cioè all’aumento dei prezzi) che favorì le importazioni di materie prime x l’industria ma danneggiò le esportazioni agricole e di conseguenza l’industria del Mezzogiorno che esportava prodotti di colture pregiate (agrumi, olio e vino). I salari e gli stipendi furono ridotti, lo Stato intervenne anche nell’agricoltura con la “battaglia del grano” (aumento dei dazi sull’importazione di cereali x rendere la produzione cerealicola italiana autosufficiente). LA RICERCA DEL CONSENSO X conquistare il consenso dei lavoratori e x accrescere quello degli starti borghesi M istituì l’Opera nazionale dopolavoro che organizzava il tempo libero degli italiani (gite, spettacoli teatrali). Vennero inoltre fondate l’Opera nazionale balilla (ONB)e la Gioventù italiana del littorio (GIL) x dare ai ragazzi un addestramento paramilitare. I giovani erano divisi in Balilla (soprannome di un ragazzo genovese che, nel 1746, fu protagonista dell’episodio che diede inizio ad una rivolta contro gli Austriaci. Durante il fascismo furono chiamati cs i ragazzi dagli 8 ai 14anni). Oltre ai Balilla, fecero parte dell’ONB i Figli della lupa (dai 6 agli 8anni), gli Avanguardisti (dai 15 ai 18anni) e corrispondenti sezioni femminili delle Piccole italiane (8-13anni) e delle Giovani italiane (1318anni). Il consenso fu cercato anche attraverso riti e cerimonie di massa e, soprattutto, attraverso la nascita e la diffusione del culto di Mussolini che lui stesso alimentava grazie alle sue grandi capacità oratorie. Un notevole consenso venne anche dai cattolici dopo l’11 febbraio 1929 quando M firmò i Patti lateranensi e il Concordato con la Chiesa. I Patti lateranensi procurarono al fascismo il sostegno di vaste masse cattoliche e permisero la conciliazione tra Stato e Chiesa attraverso alcuni compromessi: lo Stato italiano riconobbe la sovranità della Chiesa sul territorio della Città del Vaticano mentre la Santa Sede riconosceva che Roma era capitale del regno d’Italia. La religione cattolica fu proclamata la sola religione dello Stato italiano, ci fu anche un accordo finanziario col quale il governo italiano, a titolo di risarcimento, s’impegnò a versare alla Città del Vaticano un miliardo e 750milioni di lire. Il Concordato aveva lo scopo di regolare le relazioni tra Stato e Chiesa all’interno della società italiana, infatti la Chiesa accettò che i vescovi giurassero fedeltà allo Stato e che i confini delle diocesi coincidessero con quelli delle province, in cambio lo Stato riconobbe la validità civile dei matrimoni celebrati dalla Chiesa, introdusse nelle scuole l’insegnamento della religione cattolica e si impegnò ad allontanare dai pubblici uffici i sacerdoti che fossero stati colpiti da censura ecclesiastica. Nel C fu riconosciuta la liceità dell’attività svolta dall’Azione cattolica (organizzazione dei laici cattolici, la sola organ non fascista che continuava a operare in Italia) purké non sconfinasse sul terreno della politica. L’Azione cattolica accettò la politica sociale e le idee corporative del fascismo ma entrò in conflitto con esso x la volontà del fascismo di egemonizzare l’educazione giovanile. Emersero perciò forti contrasti tra fascismo e Azione cattolica e furono condotte alcune azioni di carattere squadristico contro le sedi di qsta associazione, ma i rapporti col Vaticano rimasero buoni. L’IDEOLOGIA FASCISTA E LA QUESTIONE DEMOGRAFICA L’ideologia del fascismo fu nazionalistica e imperialistica. Durante il fascismo gli intellettuali furono lasciati liberi sul piano artistico e letterario purché non invadessero il terreno della politica. Gli organizzatori della cultura di quegli anni furono lo storico Gioacchino Volpe e il filosofo Giovanni Gentile che attuò una riforma scolastica nel 1923 con cui introdusse l’esame di stato che consentì il controllo pubblico sull’insegnamento privato. La riforma Gentile assegnò un ruolo fondamentale alla cultura umanistica relegando in secondo piano quella scientifica; la religione cattolica fu introdotta come fondamento e coronamento dell’istruzione primaria. Solo la classe dirigente poteva accedere al ginnasio-liceo classico. Inoltre x Gentile bisognava ostacolare l’ingresso delle donne nelle università e soprattutto tenerle lontane dal campo della ricerca. I provvedimenti legislativi voluti da Gentile prevedevano, dolo la scuola elementare, diversi canali scolastici visti come corsi paralleli, di diversa durata e senza possibilità di passaggio dall’uno all’altro. Soltanto il ginnasio-liceo classico e il liceo scientifico consentivano l’accesso all’università. Nei primi anni la politica estera del governo fascista fu ispirata dalla prudenza. M nel 1924 riuscì ad ottenere pacificamente l’annessione di Fiume all’Italia, stabilì buoni rapporti con Ungheria, Albania, Romania e Gran Bretagna. Le tensioni espansionistiche si manifestarono alla fine degli anni Venti e agli inizi degli anni Trenta quando la pressione demografica, che non trovava + la valvola di sfogo dell’emigrazione, cominciò a diventare insostenibile. La demografia assunse un grande peso nell’azione politica e nell’ideologia del regime. Alle origini la politica demografica fu determinata da un fattore esterno cioè dalle limitazioni poste dagli Stati Uniti all’ingresso di nuovi immigrati. In un primo momento M cercò di convincere il governo statunitense a lasciare le porte aperte all’immigrazione italiana ricordando il contributo degli italiani alla costruzione della società e dell’economia degli Stati Uniti. Solo quando vide falliti i suoi tentativi, decise di adottare una nuova politica demografica: fece propria la teoria che il numero degli abitanti costituiva un fattore di potenza, cs rese la natalità +elevata, diede aiuti finanziari ai giovani che si sposavano, penalizzando i celibi con la tassa sul celibato, alle madri prolifiche (con almeno 7figli) dava un premio di 5000lire e un’assicurazione. L’ANTIFASCISMO FINO AL 1934 Esistevano molti antifascismi: l’a.popolare, degli intellettuali, liberale, socialista, comunista che spesso non avevano nessun punto di contatto tra di loro ed erano anzi in polemica. C’era anche un antifascismo tollerato che ebbe come +insigne rappresentante Benetto Croce ma qsto si può considerare un caso isolato xké B Croce era protetto dalla sua fama internazionale e dalla sua fedeltà alla monarchia. Gli antifascisti infatti venivano condannati al carcere o al confino. Antonio Gramsci fu la vittima +illustre della repressione fascista, dovette scontare una pena detentiva fino a pochi giorni prima della morte ECONOMIA E DEMOGRAFIA TRE LE 2 GUERRE MONDIALI CAP.11 GLI ANNI VENTI LA DEMOGRAFIA NEGLI ANNI VENTI E TRENTA La Prima Guerra Mondiale interruppe le correnti migratorie dall’Europa alle Americhe. Dopo il conflitto esse ripresero in misura +ridotta, sia xké nei paesi europei le condizioni di vita erano migliorate rispetto al primo decennio del 900, sia xké gli Stati Uniti cercarono di limitarne l’afflusso visto che tra il 1880 e il 1920 la popolazione statunitense era raddoppiata (da 50 a 106milioni) quindi se l’immigrazione fosse continuata le risorse degli Stati Uniti, nonostante la ricchezza del paese, sarebbero diventate insufficienti; inoltre tra gli abitanti di origine anglosassone e di religione protestante era diffuso il timore che l’immigrazione potesse portare in futuro alla prevalenza delle etnie latine e dei cattolici; infine, conservatori e moderati temevano che essa potesse essere veicolo di idee rivoluzionarie. Nel 1921 fu approvato il Johnson Act col quale fu stabilito che potevano essere accolti negli Stati Uniti soltanto contingenti ristretti di immigrati: x ogni etnia, il 3%di quelli che si erano già stabiliti in America. Nel 1924 la percentuale fu ridotta al 2% x qsto l’afflusso di europei si ridusse in maniera drastica. Qsta diminuzione della crescita demografica europea faceva apparire +minaccioso l’alto numero degli abitanti dell’Asia, dove la popolazione Giapponese era in continua crescita e ciò fece temere anche che in un prossimo futuro i rapporti di forza tra l’Occidente e il resto del mondo sarebbero mutati con la conseguente perdita di dominio del mondo della razza bianca. LE CONSEGUENZE DELLA GRANDE GUERRA SULL’ECONOMIA Le conseguenze della Grande Guerra furono +gravi x le economie di quei paesi che avevano visto una parte del loro territorio invasa dagli stranieri, x es la Francia. Invece l’economia che ne uscì +rafforzata fu quella degli Stati Uniti che erano intervenuti, oltre che x timore di una eccessiva espansione della potenza tedesca, anche xké avevano prestato ingenti somme alla Gran Bretagna e alla Francia x finanziare gli acquisti di armi che i governi inglese e francese effettuarono negli Stati Uniti. In Italia la guerra favorì la crescita dell’industria siderurgica e meccanica, particolarmente rilevante fu lo sviluppo dell’azienda Ansaldo e l’impulso della produzione dal settore automobilistico a quello aereo grazie alla Fiat. La Grande Guerra sconvolse il commercio internazionale, la riduzione del commercio estero dei paesi impegnati nel conflitto provocò una contrazione del mercato mondiale, si venne cs ad arrestare la tendenza alla formazione di un mercato sempre +vasto, che aveva caratterizzato i decenni precedenti. Un peso decisivo ebbe l’influenza della politica sull’economia capitalistica con l’apparizione del fenomeno del dirigismo, cioè con un massiccio intervento dello Stato nell’organizzazione della produzione xké i governi non potevano +lasciare l’economia nelle mani dei soli privati ma dovettero sottoporla a uno stretto controllo x produrre gli armamenti necessari. IL PASSAGGIO DEL PRIMATO ECONOMICO MONDIALE DALLA GRAN BRETAGNA AGLI STATI UNITI Se si considera che l’importanza del mercato non è data tanto dall’estensione territoriale ma dal numero dei consumatori, si può affermare che in realtà negli anni Venti il mercato mondiale non si ridusse ma anzi si allargò. Infatti, nel dopoguerra, la domanda internazionale di beni si accrebbe x la necessità della ricostruzione delle regioni in cui si era combattuto. Furono soprattutto gli Stati Uniti a soddisfare qsta domanda. Gli altri due paesi che prima della guerra dominavano la scena economica insieme con gli Stati Uniti, si indebolirono: la Gran Bretagna in misura non grave; la Germania in maniera catastrofica. La perdita del dominio finanziario della Gran Bretagna: fino al 1914 la G B era stata la maggiore potenza finanziaria del mondo. Invece nel dopoguerra si verificò un indebolimento delle finanze che derivò da tre cause principali: le esigenze cui la G B aveva dovuto far fronte durante la guerra, i prestiti contratti con gli Stati Uniti x ragioni belliche e l’impossibilità di riscuotere i crediti concessi al governo zarista xké quello sovietico rifiutò di riconoscerli. La perdita del primato finanziario mondiale diventò evidente nel 1919 quando la G B abbandonò la “convertibilità” della sterlina in oro e attuò una politica di deflazione che provocò una riduzione del 30% della produzione industriale e una elevata disoccupazione (la convertibilità, attuabile dai paesi che avevano sufficienti riserve auree, era la garanzia che i governi davano ai possessori di cartamoneta che poteva essere convertita in oro in ogni momento, una moneta convertibile xciò godeva di un prestigio notevolmente superiore a quello delle monete dei paesi che non garantivano la convertibilità ed era preferita nei pagamenti internazionali). Ma la fine del primato della G B non fu dovuta solo a ragioni economiche. Infatti, la classe dirigente si mostrò incapace di rispondere alla sfida che veniva dagli Stati Uniti. Essa era ancora composta dall’aristocrazia e da una borghesia che aveva fatto suoi, almeno in parte, gli atteggiamenti mentali tradizionali dell’aristocrazia che la portavano a guardare con diffidenza all’ideologia dell’industrialismo. Nei periodi della sua grande espansione economica, l’economia britannica aveva trovato sostegno politico nell’esistenza di un grande Impero che rappresentava un’area commerciale protetta e forniva alla madrepatria materie prime a buon mercato. Gli Stati Uniti non avevano un impero, ma la loro potenza economica era cs forte da consentire la conquista di nuovi mercati senza doverne assumere il controllo politico. X qsto motivo, l’imperialismo statunitense fu definito “nuovo imperialismo” fondato non + sulla forza degli eserciti e delle flotte ma su quella dell’industria e della finanza. Le banche statunitensi presero il posto di quelle inglesi nella concessione di crediti e gli Stati Uniti diventarono cs il maggiore paese creditore del mondo. La nuova situazione finanziaria internazionale fu sancita nel 1922 con l’adozione del Gold Exchange Standard. Fino ad allora era stato adottato il Gold Standard che collegava la stampa di nuova cartamoneta all’esistenza di adeguate riserve di oro in grado di garantirne la convertibilità. Il nuovo sistema consentì ai governi di stampare cartamoneta senza possedere adeguate riserve di oro, infatti qst’ultimo poteva essere sostituito da sterline inglesi o da dollari. Nel 1925 WINSTON CHURCHILL, cancelliere dello scacchiere (carica che nel governo britannico equivale a quella di ministro delle finanza), ripristinò la convertibilità della sterlina e riportò il cambio al livello dell’anteguerra. L’illusione di poter ristabilire cs l’egemonia della moneta inglese e l’ostinazione con cui la classe dirigente britannica ne cercò la realizzazione, finirono con l’aggravare la situazione. Infatti, la sterlina fu sopravvalutata e, di conseguenza, i prezzi dei prodotti inglesi crebbero provocando una riduzione delle esportazioni che si aggiunse a quella provocata dalla progressiva conquista dei mercati sudamericani da parte degli USA e dei mercati orientali da parte del Giappone. Ne derivò una contrazione della produzione con conseguente disoccupazione che provocò il grande sciopero generale del 1926. La crisi dell’economia in Germania: già nel 1914 il bilancio tedesco era in deficit xké le spese erano quasi il triplo delle entrate; nel 1918 le spese erano +che quintuplicate. La situazione finanziaria tedesca si aggravò ulteriormente x la questione del risanamento dei danni di guerra. Alla conclusione del conflitto, la Francia aveva, come la G B, ingenti debiti verso le banche statunitensi, mentre non poteva +esigere crediti che aveva con i paesi danneggiati dalla guerra. Allora il governo francese cercò di rivalersi sulla Germania sostenendo che avrebbe potuto rimborsare i prestiti contratti con gli Stati Uniti soltanto se il governo tedesco avesse pagato le pesanti riparazioni imposte dal trattato di Versailles. Qsta richiesta della Francia era giustificata dal fatto che essa aveva sofferto della guerra +degli altri alleati ed era basata sul principio che il paese iniziatore di un conflitto poteva essere chiamato a risarcire i danni che quel conflitto aveva provocato. Ma la Germania non disponeva di sufficienti risorse finanziarie e versò soltanto la prima rata. Nel 1919 era iniziata l’inflazione che nel 1921 si trasformò in iperinflazione mai verificatasi in nessun paese. La situazione diventò catastrofica nel 1923 quando i Tedeschi, a causa delle sfiducia nella capacità del governo di rimediare alla situazione apparentemente senza uscita dopo l’occupazione della Rurh da parte della Francia, risposero all’occupazione con una resistenza passiva che si tradusse in una sorta di sciopero generale. X pagare i salari agli scioperanti, il governo dovette incrementare ulteriormente l’emissione di banconote. La debolezza politica della Germania sulla scena internazionale aggravò l’indebolimento del marco che diventò rapidissimo e drammatico: a novembre, sulla piazza di Colonia, il valore del dollaro passò in sei giorni da 6850 marchi a 11700miliardi di marchi. Gli stipendi dovettero essere pagati ogni settimana, poi ogni giorno, ed era necessario fare la spesa all’uscita del luogo di lavoro xké il mattino seguente non si sarebbe potuto comprare +niente con un salario che durante la notte si era già svalutato. La drammatica crescita del costo della vita provocò violente proteste contro gli affaristi accusati di aver dato origine all’inflazione con le loro speculazioni. Qste erano rese possibili soprattutto x il fatto che, accanto al marco ufficiale, molte industrie private avevano cominciato a emettere una moneta di emergenza, chiamata Notgeld. Il malcontento si rivolse anche contro i contadini che trattenevano il raccolto nei loro magazzini x venderlo quando i prezzi salivano. Non c’era +alcuna fiducia nella moneta e cominciava a diffondersi la convinzione che l’economia dovesse fondarsi non sulle leggi del mercato ma su quelle della morale. Il banchiere Hjalmar Schacht fu il responsabile del risanamento finanziario con seri provvedimenti contro ogni tipo di speculazione, con la messa fuori legge del Notgeld, con l’introduzione di una nuova moneta, il Rentenmark e con l’annullamento del pagamento degli interessi sul debito pubblico i cui titoli furono cambiati con titoli nuovi. Il Rentenmark fu garantito da un’ipoteca posta su tutti i beni della nazione. Al risanamento contribuì il piano elaborato nel 1924 dal finanziere e uomo politico americano Charles Gates Dawes, presidente, dal 1923, della commissione x le riparazioni di guerra. Il piano Dawes prevedeva, a sostegno dell’economia tedesca, che il pagamento delle riparazioni fosse scaglionato nel tempo e che fosse concesso alla Germania un forte prestito cs si sarebbero fatti gli interessi, oltre che della Germania, anche degli Stati Uniti. Infatti, secondo D, la Germania avrebbe potuto risarcire, col denaro proveniente dalle banche statunitensi, i danni di guerra che aveva arrecato alle potenze vincitrici; qste, a loro volta, sarebbero state in grado di rimborsare i debiti che durante la guerra avevano contratto con gli Stati Uniti. LA CRESCITA ECONOMICA DEGLI STATI UNITI NEGLI ANNI VENTI Grazie all’ininterrotto sviluppo negli anni Venti, gli USA divennero il paese-guida dell’economia mondiale e una sorta di modello x le società capitalistiche. La crescita industriale fu molto rilevante nel settore automobilistico e il settore delle radiocomunicazioni si sviluppò ancora +rapidamente. Anche l’agricoltura, essendo stata meccanizzata, conobbe un incremento della produttività con il conseguente eccesso di manodopera nelle campagne che xò trovava nuovo lavoro nell’industria e nei servizi (settore terziario). Oltre a qsti fattori, l’influenza degli USA sugli altri paesi si esplicò anche sul piano culturale attraverso l’americanismo. Il cinema fu il suo +potente mezzo di diffusione (Hollywood). Sul piano economico gli europei erano colpiti soprattutto dall’abbondanza dei consumi che faceva considerare ricca la società statunitense. Oltre agli aspetti positivi, gli USA, xò furono caratterizzati anche da aspetti negativi: la grande disponibilità di beni provocò profondi mutamenti nelle abitudini e negli atteggiamenti mentali con conseguenti traumi psicologici che portarono alla diffusione delle teorie di Freud e al ricorso sempre +frequente alla psicoanalisi; nonostante l’entrata in vigore nel 1919 del proibizionismo, cioè del divieto di produrre e commerciare bevande alcoliche, molti cercavano rifugio nell’alcol che veniva venduto clandestinamente; il contrabbando rafforzò il gangsterismo che si era sviluppato soprattutto negli ambienti dell’immigrazione italiana (Al Capone). Tutti qsti sono segni di anti-americanismo, cioè di debolezza di una società minata all’interno dal suo stesso sviluppo. L’anti-americanismo era dovuto anche alla consapevolezza degli europei che, a causa dello sviluppo che collocava gli Usa 10-20anni +avanti delle società europee, l’Europa non era +il centro del mondo. CAP.12 LA CRISI DEL 1929 E GLI ANNI TRENTA IL CROLLO DI WALL STREET Durante il decennio di grande sviluppo, dal 1920 al 1929, definiti “gli anni ruggenti”, gli Stati Uniti furono guidati da 3presidenti repubblicani: Warren Harding, John Calvin Coolidge e Herbert Hoover. Nel 1920 Harding sconfisse il democratico Wilson, artefice dell’intervento degli Stati Uniti in guerra e di una politica sociale favorevole agli strati meno agiati della popolazione. Harding vinse le elezioni sostenendo invece che gli Stati Uniti dovevano tornare all’isolazionismo e rilanciare l’individualismo attraverso una politica economica liberistica sul piano interno dove il governo avrebbe dovuto favorire in ogni modo l’iniziativa privata, e protezionistica sul piano internazionale, a sostegno dell’industria nazionale. Coolidge, vicepresidente di H, gli succedette alla sua morte e ne proseguì la politica. Mentre i primi 2presidenti repubblicani avevano governato in un periodo di prosperità economica e sociale, il presidente Hoover, eletto nel 1928, dovette affrontare una terribile crisi dell’economia. Verso la fine degli anni Venti il mercato interno non fu +in grado di assorbire un’offerta che non trovava nuovi sbocchi di rilievo sul mercato mondiale, sia xké la ricostruzione post-bellica era terminata, sia xké il protezionismo degli USA spingeva gli altri paesi ad adottare le stesse misure chiudendo le frontiere alle esportazioni americane. Mentre in passato la domanda aveva riguardato soprattutto beni indispensabili (cibo e vestiario) e x qsto era rimasta costante, alla fine degli anni Venti venivano acquistati soprattutto beni di consumo durevoli (radio, macchine da cucire, automobili) il cui acquisto poteva essere rinviato ogni volta che si profilava una riduzione dei redditi delle famiglie. Fu la stessa ricchezza degli Stati Uniti a provocare la grave crisi economica del 1929. Infatti il denaro abbondava e le banche concedevano facilmente ai loro clienti prestiti che venivano impiegati spesso in attività speculative e soprattutto nell’acquisto di azioni il cui prezzo, a causa della crescente domanda, cominciò a salire sempre + dando origine ad un rialzo che si autoalimentava: quanto +il valore delle azioni saliva, tanto +esse sembravano costituire un ottimo investimento, di conseguenza aumentava la domanda. Si trattava xò di un valore soltanto nominale, dietro al quale non c’era una corrispondente crescita della produzione. Il crollo si verificò all’improvviso, quando i possessori di azioni cominciarono a venderle x realizzare i guadagni prodotti dall’aumento del loro valore. Il 24 ottobre 1929 (“venerdì nero”) la tendenza della borsa si invertì nettamente, infatti le vendite provocarono una discesa dei prezzi che mise in moto un meccanismo completamente contrario a quello che aveva funzionato fino a quel momento, xké quanto +alto era il numero delle azioni che venivano vendute, tanto +il loro prezzo scendeva. Il timore di dover sopportare perdite elevate si trasformò in panico il 29 ottobre quando l’entità delle vendite fece scendere a livelli bassissimi il valore delle azioni. Da qsto momento, che fu chiamato il crollo (crack) di Wall Street, dal nome della strada dove si trova la borsa di New York, ebbe inizio la crisi del 1929, la +grave che abbia colpito i paesi a economia capitalistica. Tale crisi fu determinata soprattutto dalla sproporzione che si era creata tra produzione e attività finanziaria, ma l’accelerazione fu dovuta al panico che si impadronì dei risparmiatori. Molte banche, non potendo +esigere i crediti che avevano concesso con eccessiva facilità, fallirono. La distruzione del risparmio fece mancare il sostegno creditizio alle attività economiche. La produzione industriale si dimezzò e molti imprenditori andarono in rovina. La disoccupazione colpì molti strati sociali (operai e impiegati, dirigenti e tecnici). Le cause del crack e della conseguente depressione sono state variamente individuate dagli economisti. Secondo il liberale americano John Galbraith esso sono ravvisabili: - nella sovrapproduzione dei beni di consumo durevoli che superarono le capacità d’acquisto dei ceti medio-alti ai quali erano destinati, e che rimasero invenduti provocando la crisi delle aziende, le cui azioni persero valore in borsa; - nel tipo di gestione delle industrie condotte da tecnici dediti alla ricerca dei massimi utili possibili, indifferenti ai bisogni generali del paese; - nei prestiti incontrollati concessi dalle banche a gruppi d’affaristi senza scrupoli che investivano nell’acquisto di titoli azionari x poi rivenderli in modo speculativo; - nell’esorbitante rialzo delle quotazioni dei titoli il cui valore effettivo non corrispondeva al reale andamento dell’economia. Alla crisi del 1929 seguì un lungo periodo di stagnazione economica, chiamato la Grande Depressione che accompagnò tutti gli anni in cui si fecero sentire le drammatiche conseguenze della crisi del 1929. La Grande Depressione provocò un ripensamento delle teorie economiche dominanti: • Il mercato lasciato a se stesso raggiunge da solo l’equilibrio, grazie all’operare delle forze economiche della domanda e offerta, e quest’equilibrio è sempre di pieno impiego (si parlava addirittura, come diceva Adam Smith, di una “mano invisibile” che indirizza il mercato verso la piena occupazione). • Le forze di mercato, libere di agire senza ostacoli, realizzano sempre l’efficiente allocazione delle risorse. • Lo Stato non deve mai intervenire nel mercato con manovre di politica economica (PE), perché queste costituiscono un ostacolo alla libertà d’azione delle forze di mercato e, quindi, non permettono il raggiungimento della piena occupazione e dell’efficienza produttiva. Artefice di qsto ripensamento fu soprattutto l’economista inglese John Maynard Keynes. Keynes aveva criticato l’eccessiva gravosità delle riparazioni imposte alla Germania e si era opposto al ritorno al Gold standard, inoltre aveva affermato che l’epoca in cui il liberismo assoluto aveva dato importanti risultati stava x finire e la crisi del 1929 sembrava dargli ragione. In un’opera pubblicata nel 1936, “Teoria generale dell’impiego, dell’interesse e della moneta”, K affermò che lo Stato doveva intervenire non solo x alleviare la disoccupazione attraverso lavori pubblici, ma anche concedendo crediti a basso interesse e favorendo una politica di alti salari, intesa ad accrescere il numero dei consumatori e, quindi, ad allargare il mercato interno. Allo stesso scopo, secondo K, occorreva favorire una ridistribuzione del reddito, introducendo imposte progressive sulle rendite improduttive. L’opera di K segnò uno spartiacque nella storia del pensiero economico moderno e assunse anche un rilevante valore politico. K, ritenendo che la crisi potesse essere superata grazie a un’adeguata politica economica, si contrapponeva alle analisi condotte dagli economisti dell’Unione Sovietica che vedevano nella crisi del 29 l’inizio del crollo del sistema capitalistico. La teoria di K costituì una risposta anche alle analisi svolte in Italia dove si sosteneva che fosse necessario un forte interventismo statale. X K lo Stato non doveva assumere un ruolo imprenditoriale ma solo correggere le distorsioni e gli squilibri di un’economia priva di regole. Negli anni Trenta il termine “pianificazione” conobbe una notevole fortuna anche al di fuori dell’URSS: a causa degli indubbi successi dell’industria sovietica, in un periodo in cui il resto del mondo era gravemente colpito dalla crisi, molti economisti contrari al socialismo cedettero che un intervento governativo diretto a introdurre nell’economia alcuni elementi di pianificazione potesse essere utile anche nei paesi capitalistici. Bisogna xò ricordare che esiste una grande differenza tra la pianificazione sovietica e quella adottata in Occidente. Qst’ultima, infatti, mirava a introdurre elementi di razionalizzazione e di sostegno all’industria, senza intaccare le regole di mercato. FRANKLIN DELANO ROOSEVELT E IL NEW DEAL R. nacque a Hyde Park, New York, il 30 gennaio 1882, da una ricca famiglia di lontane origini olandesi e sostenitrice del partito democratico. Si laureò in legge e a 28anni riuscì ad entrare nella vita politica. Era cugino di Theodore Roosevelt (26°presidente degli USA e premio nobel x la pace), che lo aveva incitato a intraprendere la carriera politica, in cui fu aiutato dalla moglie Eleonor, nipote di Theodore, che svolgeva un’intensa attività a favore dei poveri. Divenuto senatore, R si era mostrato ostile all’isolazionismo battendosi affinké gli Stati Uniti intervenissero nella Grande Guerra, e nel dopoguerra si era opposto alla politica economica dei repubblicani. X qsto motivo, nel 1932 apparve il candidato democratico +idoneo ad imprimere una svolta alla politica degli Stati Uniti. Vinse le elezioni presidenziali che si tennero alla fine del 1932, battendo il repubblicano Hoover. Dal 1933 al 1945 fu il 32°presidente degli Stati Uniti d’America. Nella campagna presidenziale del 1932, R promise di combattere la Grande Depressione, promuovendo un programma politico con tre R: “relief, recovery and reform” (cura, risollevamento e riforma). Coniò il termine "New Deal" (nuovo contratto) quando affermò: "Impegno voi, impegno me stesso, per un nuovo contratto per il popolo americano". Le prime settimane di R in carica furono chiamate I Cento Giorni, durante le quali, avvalendosi della collaborazione di tecnici e di professori universitari (brain trust= i migliori cervelli), elaborò qsto programma che prevedeva una serie di interventi statali in molti settori dell’economia: - x alleviare la disoccupazione furono impiegati in lavoro di bonifica e rimboschimento quattro dei dodici-quindici milioni di disoccupati esistenti (Civilian conservation corps). Il tentativo principale fu compiuto con la Tennesee valley authority (ente x la vallata del Tennesee) nel cui bacino furono costruite dighe e centrali idroelettriche, con lo scopo non solo di dare lavoro ai disoccupati, ma anche di costringere le aziende private produttrici di energia ad abbassare i prezzi, x la concorrenza che l’ente statale faceva loro sul mercato; - nel settore agricolo, l’obiettivo principale da raggiungere era, invece, quello del rialzo dei prezzi x accrescere i redditi degli agricoltori; x riuscirvi R li convinse a ridurre le colture in cambio di indennizzi; nel 1933 le coltivazioni del cotone furono ridotte di dieci milioni di ettari; furono anche concessi nuovi crediti ai contadini che, non essendo in grado di pagare i debiti contratti, rischiavano di essere espropriati delle loro terre dalle banche creditrici. - tra le difficoltà affrontate ci fu anche quella che prese il nome di Dust bowl (bacino di polvere): durante gli anni precedenti la terra delle pianure delle regioni centrali degli Stati Uniti era stata sfruttata dagli agricoltori in maniera eccessivamente intensiva; quando, negli anni Trenta, si verificarono lunghi periodi di siccità, vi furono fenomeni di desertificazione e grandi tempeste di sabbia, cs molti piccoli coltivatori furono costretti a lasciare la terra che non poteva +essere coltivata. - nel settore industriale si cercò un rimedio alla disoccupazione attraverso la riduzione dell’orario di lavoro che x gli operai fu fissato in 36ore settimanali. - x impedire l’anarchia finanziaria, che aveva portato al crollo di Wall Street, il mercato borsistico fu sottoposto a controlli e anche il settore bancario fu regolamentato. X favorire gli scambi con l’estero furono abbassate le tariffe doganali e, x sostenere le esportazioni, il dollaro fu svalutato fortemente. - tra le +importanti riforme di carattere sociale va ricordato il Social Security Act, col quale fu creato nel 1935 un sistema di pensioni x la vecchiaia e x l’invalidità, in qsto modo lo Stato si assumeva anche negli Stati Uniti compiti previdenziali che fino ad allora erano stati affidati all’iniziativa individuale e che, aggiungendosi a quelli assistenziali rivolti a rendere meno dura la disoccupazione, gettavano le basi del welfare state, che xò ancora non comprendeva l’assistenza in caso di malattia. Il New Deal ebbe il sostegno di molti intellettuali, alcuni di essi xò prospettavano soluzioni utopistiche: tra i socialisti utopisti, il +noto fu lo scrittore Upton Sinclair, che elaborò il progetto della Fine della povertà in California. Qsto progetto prevedeva l’acquisto da parte dello Stato delle terre in quel momento non coltivate e delle fabbriche inattive x impegnarvi i disoccupati. All’interno di qsto sistema statale, che si sarebbe sviluppato solo in California, sarebbe stata abolita la moneta sostituita da buoni e da crediti acquistati con il lavoro. Lo strumento politico x la realizzazione di qsto progetto, che S sperava potesse essere considerato parte del New Deal di R, avrebbe dovuto essere costituito dal partito democratico ma S non riuscì nemmeno ad essere eletto. In realtà, il programma di R non era anticapitalistico ma diretto contro il capitalismo finanziario privo di regole che x molto tempo era sembrato costituire il motore dell’economia statunitense e che si era dimostrato incapace di risolverne i problemi +gravi. In realtà, nemmeno il New Deal pose fine alla Grande Depressione ma ne alleviò le conseguenze negative sugli strati +poveri della popolazione e contribuì a sanare le gravi fratture che si erano aperte nella società americana. Gli Stati Uniti uscirono definitivamente dalla crisi soltanto allo scoppio della seconda guerra mondiale quando le industrie ricominciarono a lavorare x la produzione bellica a sostegno della Gran Bretagna. LE CONSEGUENZE NEL MONDO DELLA CRISI DEL 1929 Quando le banche statunitensi chiesero il pagamento dei crediti che avevano concesso agli altri paesi e smisero di investire all’estero, la crisi si estese agli altri paesi. I paesi +colpiti furono quelli che avevano avuto maggiore necessità dell’aiuto delle banche americane, xciò le conseguenze della crisi furono particolarmente drammatiche in Germania che aveva fatto ampio ricorso al credito statunitense dopo il piano Dawes. Nel 1930 il finanziere americano Owen Young, che era stato un collaboratore di Dawes, redasse un nuovo piano che prevedeva un’ulteriore riduzione dell’entità delle riparazioni di guerra tedesche, ma la crisi era ormai scoppiata anche in Germania provocando la chiusura di molte fabbriche e una forte diminuzione delle attività commerciali. Nel 1932 fu sospeso il pagamento delle riparazioni ma la produzione si dimezzò e i disoccupati salirono a sei milioni. Meno devastanti furono gli effetti della crisi in Francia dove non erano stati necessari finanziamenti esteri e dove il commercio interno e quello che si svolgeva con i possedimenti coloniali erano in grado di sopperire alla contrazione di quello esterno. La Gran Bretagna subì soprattutto le conseguenze della riduzione degli scambi sul mercato internazionale causata dalla forte diminuzione delle esportazioni. Si ridussero anche le esportazioni del Giappone, che già durante la guerra era riuscito a conquistare quote di mercato in Cina e in India a danno della Gran Bretagna e le aveva poi allargate nel decennio successivo. Dopo il 1929 l’India alzò barriere doganali, mentre in Cina i prodotti stranieri vennero boicottati. Allora il governo giapponese cercò di rimediare sostenendo le industrie che producevano armi ma le spese militari crebbero fino ad assorbire metà del bilancio statale. La crisi danneggiò anche l’America Latina soprattutto le sue economie fondate sulle monocolture; il Brasile vide precipitare il prezzo del caffè, di cui era maggiore esportatore mondiale; l’Argentina e il Cile diminuirono i prezzi internazionali delle materie prime che producevano e le esportazioni crollarono. Già durante le guerra, gli USA avevano aumentato gli investimenti nei paesi sudamericani e vi avevano instaurato +intensi rapporti commerciali che dopo il 1929 si rafforzarono, nonostante la crisi, a causa dell’indebolimento delle economie europee e soprattutto di quella inglese. X limitare l’influenza statunitense, alcuni governi, dal Brasile all’Argentina, dal Cile all’Uruguay, adottarono riforme sociali rivolte a migliorare le condizioni dei lavoratori che colpivano anche gli interessi delle compagnie americane, costringendole a trattare meglio i loro operai. Tra le conseguenze della crisi una delle +dannose fu una nuova contrazione del mercato mondiale, sia in termini territoriali sia x quanto riguarda il numero dei consumatori. X il primo aspetto, si verificò una tendenza all’autosufficienza economica x rendere meno stretti i rapporti con il mercato mondiale e meno forti i contraccolpi di altre eventuali crisi. Qsta tendenza era +facile da raggiungere x i paesi che possedevano un impero (Gran Bretagna e Francia), invece fu +difficile da raggiungere x la Germania che non aveva colonie. Essa fu fortissima soprattutto nei regimi fascisti e in Italia prese il nome di autarchia, ma proprio l’Italia incontrò molte difficoltà xké non disponeva di sufficienti materie prime. L’Italia fu colpita meno di altri paesi dalla crisi del 1929 xké l’economia era meno sviluppata e i rapporti con il mercato mondiale meno stretti. Gli effetti si fecero cmq sentire con un calo degli investimenti e del prodotto interno lordo. Il governo fascista ordinò una nuova riduzione degli stipendi e dei salari, dopo quella imposta nel 1926, furono diminuiti anche i tassi degli interessi sul debito pubblico. I sacrifici imposti agli operai furono giustificati dallo stesso Mussolini con la necessità di sostenere la concorrenza straniera sui mercati internazionali. Quando la crisi si aggravò, M adottò la soluzione dell’autarchia che comportava la separazione dal mercato mondiale. Ciò trovò la massima espressione nella politica economica del fascismo. Mussolini affermava di cercare una “terza via” tra comunismo e capitalismo, ma durante il ventennio fascista l’economia rimase capitalistica. Ci fu soltanto un +decisivo intervento dello Stato nell’economia: i 2+imp strumenti dell’intervento statale furono l’Istituto mobiliare italiano (IMI) e l’Istituto x la ricostruzione industriale (IRI). Il primo si occupava di finanziamenti all’industria, il secondo assumeva la gestione delle numerose aziende in cui lo Stato aveva partecipazioni azionarie. L’IRI concentrò in una sola istituzione tutte le partecipazioni statali nell’industria che negli anni seguenti crebbero, cs lo Stato si trasformò in imprenditore, ma, poiké l’IRI assorbì soprattutto aziende in crisi, si disse che erano state nazionalizzate le perdite lasciando i profitti ai privati. Lo Stato intervenne anche sull’agricoltura e nel 1925, con l’aumento dei dazi sulle importazioni dei cereali, fu avviata la “battaglia del grano” che avrebbe dovuto portare la produzione cerealicola a un livello tale da rendere l’Italia autosufficiente ma, l’incremento della coltura del grano a scapito di quella di altri prodotti +pregiati, non solo non arrecava nessun vantaggio all’economia, me ra dannoso xké diminuiva il valore della produzione agricola globale. Un imp intervento statale fu costituito dalla “bonifica integrale” dei terreni paludosi, iniziata nel 1928. In qsto campo, l’opera +rilevante fu la bonifica delle paludi Pontine dove furono fondate nuove città (Littoria, ora Latina, e Sabaudia), anche qst’azione serviva ad incrementare la produzione di cereali. L’Unione Sovietica fu il solo paese che non risentì gli effetti negativi della crisi del 1929 xké si era isolata dal mercato internazionale infatti lo sviluppo dell’economia era affidato alla pianificazione interna. Nel 1928 Stalin aveva fatto preparare un piano quinquennale che prevedeva un fortissimo sviluppo dell’industria pesante a scapito di quello agricolo. L’economia sovietica, basata sulla pianificazione, fu cs sottoposta a uno sforzo eccezionale, che, come ammonì Bucharin, comportava gravi conseguenze x il livello di vita della popolazione. L’industria pesante crebbe del 170% (contro il 230%previsto) ma la produzione di petrolio e carbone aumentò ai ritmi che erano stati prefissati, mentre la produzione di energia elettrica restò inferiore a quella prevista nella pianificazione. Migliaia di contadini furono trasformati in operai e ciò provocò una sorta di “ruralizzazione delle città” con conseguenze economiche negative. Con lo stacanovismo (dal minatore Aleksej Stachanov che era riuscito ad estrarre grabdi quantità di minerale superando di gran lunga gli obiettivi fissati dalla pianificazione) l’Unione Sovietica si contrappose al taylorismo, fondato sull’organizzazione scientifica del lavoro, in cui l’operaio era considerato un semplice elemento di un complesso ingranaggio ma veniva ricompensato con un salario elevato. In realtà, anche gli stacanovisti sovietici ricevettero un salario molto +alto di quello che veniva dato agli altri operai cs le esigenza della produzione prevalsero sull’ideale di un’assoluta eguaglianza di condizioni economiche. Il successo dell’economia sovietica in quegli anni divenne uno scomodo confronto x tutti i paesi capitalistici colpiti dalla crisi, facendo passare in secondo piano la politica repressiva di Stalin. Le conseguenze della crisi del 1929 non furono solo economiche ma anche politiche. La prima conseguenza fu la crisi del liberalismo con un rafforzamento del nazionalismo e del militarismo, soprattutto in Giappone e in Germania. In alcuni paesi europei vi fu anche un rafforzamento dell’autoritarismo: nel 1932, ad esempio, Antonio Salazar divenne primo ministro del Portogallo ma nel 1933 trasformò lo stato in una dittatura. Si può dire, in realtà, che gli effetti della crisi aprirono la strada alla conquista del potere da parte di Hitler. CAP.13 LA GERMANIA NAZIONALSOCIALISTA (HITLER AL POTERE) LA CRISI DELLA REPUBBLICA DI WEIMAR Gli effetti della crisi del 1929 contribuirono in misura determinante alla conquista del potere da parte dei nazionalsocialisti (e quindi di Hitler). Nel 1930 si formò un governo di centro-destra presieduto dal cattolico Heinrich Bruning, il maggior esponente del Zentrum, il quale, x risolvere le difficoltà economiche, adottò una poltica deflativa che comportava una contrazione delle spese statali e una riduzione di salri e stipendi che rese drammatiche le condizioni di vita dei tedeschi. X superare le resistenze che la sua linea politica incontrava nel parlamento, indisse elezioni che si tennero nel settembre del 1930. Le forze governative non ottennero risultati elettorali favorevoli, mentre i nazionalsocialisti ottennero il 18,3%dei voti, diventando il secondo partito del paese, dopo i socialdemocratici e anche i comunisti avanzarono. Nel 1932, alla scadenza del mandato presidenziale di Paul Ludwig von Hindenburg, Hitler presentò la propria candidatura ma fu sconfitto dallo stesso Hindenburg che ritornò ad essere presidente grazie all’appoggio dei sindacati e del partito socialdemocratico oltre che delle forze moderate. Hindenburg affidò il governo al cattolico Franz von Papen che indisse nuove elezioni che si tennero nel luglio 1932: qsta volta i nazionalsocialisti diventarono il primo partito, cs la NSDAP (Patito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi) di Hitler poteva legittimamente aspirare a fare entrare suoi rappresentanti nel governo. Al rifiuto di Hindenburg e von Papen, i nazionalsocialisti si schierarono all’opposizione e il governo, trovandosi in minoranza, dovette indire nuove elezioni nel novembre del 1932 alle quali la NSDAP prese circa due milioni di voti provenienti dai ceti medi che volevano essere protetti contro il socialismo e contro il capitalismo, mentre i comunisti guadagnavano voti a spese dei socialdemocratici. Cs la polarizzazione politica del paese si accentuò. Anche se la NSDAP fosse rimasta il partito di maggioranza, Hindenburg rifiutò ancora una volta di affidare il cancellierato a Hitler e nominò cancelliere Kurt von Schleicher, ministro della guerra nel gabinetto von Papen. Ma l’avanzata dei comunisti intimorì gli ambienti capitalistici, x qsto alla fine del 1932 crebbero le adesioni ad Hitler da parte della borghesia (industriali, banchieri,agrari,ecc) e dell’esercito i quali vedevano nel movimento nazionalsocialista l’inizio di un’epoca in cui sarebbero stati superati i contrasti di classe. Nel gennaio 1933 Schleicher si dimise e Hindenburg si convinse ad affidare il governo a Hitler e il 30 gennaio lo nominò cancelliere. Poiké Hitler non aveva ancora la maggioranza in parlamento, indisse nuove elezioni che si tennero il 5 marzo 1933. I comunisti parteciparono alla campagna elettorale in condizioni difficili xké erano stati accusati dai nazionalsocialisti di essere i responsabili di un incendio che il 27 febbraio 1933 aveva distrutto la sede del Reichstag; nelle sue vicinanze fu arrestato un giovane olandese, Marinus van der Lubbe, che confessò di essere l’autore dell’attentato e di aver agito da solo x protesta, ma il governo cercò di dimostrare l’esistenza di un complotto comunista e fece arrestare alcuni comunisti bulgari, tra i quali Georgi Dimitrov, un esponente dell’Internazionale comunista, ma qsti scelse di difendersi da solo riuscendo ad ottenere l’assoluzione mettendo in difficoltà i gerarchi chiamati a testimoniare. Alle elezioni Hitler raggiunse i due terzi, ottenendo il voto favorevole dei deputati nazionalsocialisti e soprattutto dei cattolici del Zentrum, da un lato intimiditi dalle minacce, dall’altro corrotti con la promessa che sarebbe stata rispettata l’autonomia delle scuole cattoliche. Non avendo ancora raggiunto la maggioranza assoluta, H il 23 marzo chiese al parlamento i pieni poteri, cioè poteri dittatoriali, in modo da poter sanzionare ogni azione, annullare tutte le norme giuridiche e statali. In qsto modo ebbe fine la repubblica di Weimar ed ebbe inizio la dittatura nazionalsocialista, nacque il Terzo Reich (Terzo Impero), dopo il primo, rappresentato dal Sacro romano impero germanico, e il secondo, costituito dall’imperatore Guglielmo I nel 1871 e guidato da Bismarck. H conquistò il potere in maniera diversa da Mussolini xké ricevette l’incarico di cancelliere dopo una vittoria elettorale, quindi in modo pseudolegale. In pochi mesi liquidò la struttura costituzionale della repubblica di Weimar, il potere fu centralizzato, i sindacati e il partito socialdemocratico furono sciolti e il solo partito legalmente riconosciuto fu la NSDAP.. Nel 1934 i sindacati furono sostituiti da un’associazione di carattere corporativo, il Fronte del lavoro, guidato da Robert Ley, che non era un operaio ma aveva organizzato il sindacato nazionalsocialista nella Farben, la maggiore industria chimica tedesca, dove lavorava come ingegnere chimico. Il Fronte del lavoro non ebbe gli stessi caratteri dei sindacati tradizionali ma si basava sull’esempio delle corporazioni italiane e vi fecero parte sia lavoratori che imprenditori, il suo scopo fondamentale era la militarizzazione degli operai nella prospettiva di un aumento della produzione degli armamenti. Il nuovo regime dittatoriale riuscì ad assicurarsi il potere attraverso una serie di organi repressivi: la Gestapo (polizia segreta di Stato) che si affiancava alle milizie del partito, le SA (squadre d’assalto) e le SS (reparti di difesa), qste ultime nacquero come guardia del corpo di H. Il 14 ottobre 1933 H sciolse il Reichstag e il 12 novembre furono tenute elezioni non +libere che diedero un’apparente legittimazione ai suoi provvedimenti. Nel gennaio 1934 furono sciolti i Lander e le loro prerogative furono assunte dal governo che diventò cs, come era avvenuto anche in Italia, l’organo del potere effettivo. Nell’agosto 1934, alla morte di Hindenburg, H abolì la carica di presidente del Reich, assumendone i poteri, compreso quello di nominare il capo del governo, cs si attribuì il diritto di nominare un suo eventuale successore. Il nuovo Stato ebbe il suo massimo rappresentante nel Fuhrer e fu governato secondo il “principio del Capo”, cs la volontà di H divenne legge. Nel 1934 fu anche creata la Corte suprema x i crimini di tradimento. H fu attorniato da fedelissimi collaboratori: Hermann Goring (nello sviluppo dell’aviazione), Joseph Goebbels (nella propaganda), Heinrich Himmler (nella repressione), Albert Speer (nell’organizzazione dell’economia e nella ristrutturazione urbanistica). Nel 1934, le SA possedevano ancora una certa autonomia organizzativa e ideologica e ciò dava fastidio ad alcuni dei massimi dirigenti del partito, cs esse furono sciolte nella notte del 30 giugno (la cd “notte dei lunghi coltelli”) in cui le SS uccisero gli esponenti delle SA, Ernst Rohm e i fratelli Otto e Gregor Strasser e fu ucciso anche Kurt von Schleicher al quale H non aveva perdonato il tentativo di impedirgli il controllo dell’esercito. Così come Mussolini, anche H riteneva che le opinioni delle masse fossero determinanti e che x conquistarle occorresse far leva sui sentimenti e sulle passioni. Nel “Mein Kampf”, l’opera scritta nei mesi di prigionia, H indicò la strada da seguire x conquistare le masse: <chi vuole organizzarle e farsi obbedire da esse deve prendere gli uomini così come sono e deve conoscerli, senza stimare troppo o troppo poco l’umana natura>. La maggior parte dell’umanità secondo H era mentalmente pigra e poteva xciò essere forgiata dalla propaganda che assumeva un ruolo fondamentale nell’attività politica. Gli argomenti utilizzati nella propaganda hitleriana furono il nazionalismo, il razzismo, fondato sulla presunta superiorità della “razza ariana” e l’anticomunismo. Molti tedeschi erano convinti che la Germania fosse stata ingiustamente umiliata dopo la Grande Guerra, con la separazione dalla madrepatria di territori abitati da popolazioni di nazionalità tedesca e aspiravano a riconquistarli. H fece leva su qsto sentimento di umiliazione e sul desiderio di rivincita x impostare una politica estera diretta a unificare in una sola patria tutti coloro che appartenevano alla nazionalità tedesca x lingua, cultura e tradizioni. Secondo i nazionalsocialisti, gli antichi germani avevano consegnato ai loro discendenti un patrimonio genetico che costituiva il carattere distintivo della stirpe tedesca, ma affinké la stirpe potesse perpetuarsi, il suo sangue non doveva essere contaminato. Di qui l’importanza della conquista e della guerra che consentivano ai popoli di razza superiore, quello tedesco, di assoggettare quelli di razza inferiore. L’antisemitismo era diffuso presso ampi strati della popolazione xkè i circa 500 000ebrei che vivevano in Germania appartenevano di solito alla borghesia agiata e avevano una buona posizione economica che suscitava invidia e rancore, inoltre H considerava il bolscevismo come il risultato di una congiura tramata dagli ebrei. Nei confronti degli ebrei H prese subito provvedimenti legislativi di tipo razziale (Leggi di Norimberga, 1935), ebbe cs inizio una persecuzione antiebraica che andava dall’esclusione delle cariche pubbliche all’uso della violenza. Nella “notte dei cristalli” (8novembre 1938) le SS e le SA devastarono migliaia di negozi, centinaia di sinagoghe e uccisero molti ebrei; molte famiglie furono inviate ai campi di concentramento. Iniziava così quella crudele politica che, nel corso della seconda guerra mondiale, avrebbe portato allo sterminio di cinque milioni di ebrei. Anche H, come Mussolini, ebbe uno spiccato senso della teatralità, xké le adunate del partito nazionalsocialista erano organizzate con uno straordinario senso della coreografia ma, diversamente dall’Italia, i riti politici avevano una forte risonanza nell’animo popolare in quanto chi vi partecipava sentiva di far parte di una comunità. Anche l’educazione, come quella fascista, si svolse sui due piani dell’istruzione militare e del controllo del tempo libero che fu esercitato dalla Forza attraverso la gioia, che organizzava crociere, gite, concerti,ecc e, attraverso istituti di educazione x adulti, diffondeva l’ideologia guerriera nazionalsocialista. Sul piano economico e sociale i nazionalsocialisti crearono uno stato di tipo corporativo: il Fronte del lavoro, infatti, riuniva operai e imprenditori ma in realtà erano tutelati soprattutto gli interssi degli imprenditori. Ma dopo il 1936, quando venne varato il Piano Quadriennale, i rappresentanti dell’industria vennero esclusi dalle decisioni politiche, infatti, a partire da qsta data l’economia nazionale divenne uno strumento x realizzare le aspirazioni politiche e soprattutto belliche del nazionalsocialismo. Molti operai aderirono ugualmente al nazionalsocialismo, sia xké ritenevano che li avesse salvati dalla disoccupazione, sia xké H aveva fatto promuovere una intensa attività assistenziale e di organizzazione del tempo libero. Ad esempio, nel 1936 si tenne a Berlino l’XI Olimpiade che fu utilizzata da H x dimostrare a tutto il mondo le grandi capacità organizzative del suo regime, nonostante le vittorie x lui imbarazzanti dello statunitense di colore Jessie James Owen nell’atletica leggera al quale H non volle stringere la mano. Il Paino Quadriennale fu affidato a Hermann Göring con l'obiettivo di rendere la Germania economicamente indipendente in vista della guerra, che il Führer era già deciso a combattere. In quest'ottica, egli assegnò primaria importanza ai settori industriali maggiormente legati al riarmo, come quello metallurgico. Göring approfittò astutamente del compito affidatogli per creare un trust di miniere e industrie metallurgiche facenti capo a lui stesso, cui annesse nel corso degli anni una serie considerevole di attività nella Germania nazista ma anche all'estero, divenendo così in breve tempo uno dei principali monopolisti dell'industria e dell'economia del Terzo Reich e uno degli uomini più ricchi del mondo. Nello stesso 1936, quale responsabile dell'economia, divenne responsabile del piano di confisca dei beni degli ebrei tedeschi in Germania, che sarebbe dovuto servire a finanziare il riarmo della Germania. CAP.14 LA CRISI DELLA DEMOCRAZIA IL RITORNO DELLA GERMANIA SULLA SCENA INTERNAZIONALE La conquista del potere da parte di Hitler modificò profondamente la situazione internazionale, ma i governi, sia quelli democratici sia quello fascista italiano, non si resero subito conto della portata delle trasformazioni. Il deterioramento delle relazioni internazionali era iniziato già prima che H diventasse cancelliere. Infatti, nel 1931, il Giappone aveva invaso la Manciuria e messo in crisi il sistema di sicurezza collettiva(la cui applicazione integrale negli organismi internazionali è stata sempre difficile xké richiede che gli stati membri siano disposti a rinunciare a una parte minima della loro sovranità e ad accettare pienamente le decisioni collettive anche se esse non concordano con i loro interessi nazionali), abbandonando la Società delle Nazioni che aveva condannato l’invasione. Ma qsta prima crisi non appariva minacciosa xké si era aperta lontano dall’Europa. Nel 1933, anche dopo la conquista del potere da parte di H, sembrava possibile proseguire sulla strada della soluzione pacifica delle questioni internazionali, infatti, a giugno fu firmato il Patto a quattro tra Italia, Francia, Germania e Inghilterra, ma esso si ridusse all’affermazione di principi (primo fra tutti la necessità di operare x il mantenimento della pace) xké non fu reso effettivo. Infatti, il governo tedesco voleva correggere l’assetto europeo definito dagli accordi di Versailles, mentre Mussolini, che aveva promosso il patto avrebbe voluto affidare alle quattro potenze questo compito ma il governo francese non voleva modificare gli accordi. Hitler aveva intenzione di revisionare gli accordi di Versailles anche a costo di impiegare la forza e lo dimostrò nell’ottobre dello stesso 1933 portando la Germania fuori della Società delle Nazioni e rifiutando il principio della sicurezza collettiva. Nel 1934 il cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss fu ucciso dai nazionalsocialisti e si delineò la minaccia di un’occupazione tedesca dell’Austria ma Mussolini riuscì ad impedirla, inviando due divisioni sulla frontiera del Brennero col sostegno della Francia e della Gran Bretagna. L’esercito tedesco era ancora troppo debole, ma nel 1935 H diede inizio al suo rafforzamento istituendo il servizio militare obbligatorio e costruendo aerei da guerra, cs violò il trattato di Versailles che proibiva il riarmo tedesco. Nell’aprile dello stesso anno si riunì a Stresa una conferenza in cui Francia, Gran Bretagna e Italia protestarono x tale violazione ma H non se ne preoccupò e nel 1936 rioccupò militarmente la Renania, riportandola cs sotto la piena sovranità tedesca. Qsta volta l’Italia non partecipò alle proteste xké erano sorte divergenze con la Francia e la Gran Bretagna. LA POLITICA ESTERA DELL’ITALIA (LA GUERRA IN ETIOPIA) Nel 1935 fu Mussolini a minare la pace europea, abbandonando il principio di sicurezza collettiva e invadendo l’Etiopia riprendendo un progetto di Francesco Crispi, lo statista italiano dell’800 che M ammirava e che si era proposto di <fare gli italiani> attraverso una guerra coloniale. Già nel periodo giolittiano i nazionalisti, e in particolare Enrico Corradini, avevano sostenuto che l’Italia doveva diventare una potenza imperiale, ma l’imperialismo di Corradini aveva come obiettivo la ricerca di nuovi mercati x un’industria in espansione, invece M cercava di risolvere i problemi legati alla sovrapopolazione, infatti l’Etiopia avrebbe dovuto essere una colonia di popolamento e non di sfruttamento. Inoltre M voleva anche trasformare attraverso le guerre il popolo italiano in un popolo bellicoso xké lo giudicava troppo pacifico. Il 2 ottobre 1935 M diede inizio all’invasione. La maggior parte degli italiani accolse con favore tale decisione anche xké quella contro l’Etiopia fu presentata come la guerra di un popolo proletario contro i popoli ricchi in quanto, secondo la propaganda fascista, il vero nemico dell’Italia era la Gran Bretagna che sosteneva l’Etiopia x impedire al popolo italiano di conquistare il suo dominio. L’Etiopia era governata da Hailé Selassié, un imperatore che aveva un potere assoluto. Era un paese molto povero, dove l’agricoltura costituiva l’attività economica prevalente, il commercio era arretrato e, anche se ricevette aiuti dalla Gran Bretagna, l’esercito etiope rimase debole e male armato. La guerra fu facile e breve, infatti le truppe italiane, guidate da Pietro Badoglio, penetrarono in Etiopia partendo dall’Eritrea e dalla Somalia; a capo di quelle provenienti dalla Somalia era Rodolfo Graziani. Tra i due comandanti nacque allora una rivalità che sarebbe durata tutta la vita. Gli etiopi opposero una scarsa resistenza. La Società delle Nazioni proclamò contro l’Italia le sanzioni economiche che xò risultarono inefficaci ed ebbero il solo risultato di fare aumentare il consenso al regime che si trasformò in entusiasmo il 5 maggio 1936 all’annuncio che le truppe italiane erano entrate nella capitale Addis Abeba e che l’Etiopia era diventata italiana. Vittorio Emanuele III ricevette, accanto a quello di re d’Italia, il titolo di imperatore d’Etiopia. La conquista di Addis Abeba non pose fine alle ostilità xké iniziò una guerriglia che rese insicure x gli italiani vaste regioni e che fu duramente repressa da Graziani al quale era stata data la carica di vicerè d’Etiopia. Sul piano internazionale la guerra in Etiopia ebbe come conseguenza l’abbandono dell’Italia della Società delle Nazioni e il suo avvicinamento al Terzo Reich, l’unica potenza che l’aveva sostenuta e con cui, nell’ottobre del 1936 fu stretta un’alleanza che viene definita Asse Roma-Berlino alla quale viene attribuita di solito l’adesione di M alle teorie razziste. Nel 1938, a causa dell’alleanza con la Germania, l’originario razzismo antiafricano si trasformò in antisemitismo, infatti furono varati provvedimenti x la difesa della razza nella scuola fascista con l’esclusione degli ebrei dall’insegnamento. In ottobre il Gran Consiglio approvò una Dichiarazione sulla razza in cui si stabiliva anche il divieto di matrimoni degli italiani sia con gli ebrei che con gli africani. LA FINE DELLE DIVISIONI DELLA SINISTRA Dopo la vittoria di H, l’Internazionale comunista, che aveva sottovalutato il fascismo, capì la pericolosità del nazionalsocialismo. Nel 1935, al VII congresso, l’Internazionale invitò i partiti comunisti a promuovere la formazione di “Fronti popolari” antifascisti con tutte le forze della sinistra (comuniste, socialiste e liberaldemocratiche). Il nuovo atteggiamento delle sinistre scaturiva dalla riflessione sul fatto che in Germania proprio la loro frattura aveva permesso la conquista del potere da parte di H e scaturiva anche dalle spinte verso l’unità con i socialisti che provenivano dai militanti di base in alcuni paesi europei. Intanto Stalin intensificava la repressione all’interno dell’Unione Sovietica dove non esisteva nessuna di quelle libertà che i fronti popolari rivendicavano contro il fascismo, tuttavia ciò non impedì la loro formazione. Infatti, nonostante i processi contro gli oppositori, la maggior parte dei socialisti e dei democratici francesi e spagnoli decise di allearsi con i comunisti giudicando che il pericolo costituito dal nazionalsocialismo fosse maggiore. L’alleanza fu possibile anche xké alcuni importanti principi democratici erano affermati nella nuova Costituzione dell’Unione Sovietica fatta approvare da Stalin nel 1936. La differenza fondamentale fra Germania nazionalsocialista e Unione Sovietica consisteva proprio nel fatto che la politica hitleriana era del tutto coerente con le sue promesse ideologiche, Stali invece accettava in teoria i principi democratici anche se nella pratica li contraddiceva con una politica depressiva. I FRONTI POPOLARI IN SPAGNA E IN FRANCIA I Fronti popolari vinsero le elezioni sia in Francia sia in Spagna. - In Spagna, fra i deputati del Fronte, prevalsero i repubblicani che, nel 1936, incaricarono Manuel Azana (si legge:Azagna) di formare un governo. Le destre xò reagirono con un colpo di stato militare promosso dal movimento della Falange e dal grande generale Francisco Franco. Ebbe cs inizio una sanguinosissima guerra civile tra le forze fasciste e quelle che si richiamavano ai principi della democrazia. Italia e Germania si schierarono con Franco, inviando armamenti e soldati, mentre Francia e Inghilterra proclamavano il principio del non-intervento. A favore della repubblica si batterono solo alcune “brigate internazionali” provenienti da diversi paesi e l’Unione Sovietica che inviò soprattutto armi, mentre la Chiesa spagnola e il Vaticano si schierarono a favore del generale Franco. Dopo tre anni di guerra civile Franco riuscì a prevalere. Furono effettuati anche bombardamenti contro la popolazione: il 26 aprile 1937 gli aerei italiani e tedeschi bombardarono Guernica, una città della Biscaglia, dove morirono moltissimi civili. Le forze repubblicane furono indebolite dalle divisioni che continuavano a esistere al loro interno x tutta la durata del conflitto e anche dalla riluttanza degli anarchici, molto forti in Spagna, ad accettare una rigida disciplina militare. Era diffusa l’idea dell’autogoverno delle masse e si formò una molteplicità di poteri locali che assumevano iniziative non coordinate x poter realizzare provvedimenti rivoluzionari in campo economico e sociale nel corso della stessa guerra civile. Tra qsti anarchici e comunisti si formò una grave frattura: in Catalogna, a Barcellona, si arrivò a scontri armati che indebolirono l’intero fronte antifascista. Pesarono negativamente in Spagna anche i riflessi della spietata lotta che Stalin stava conducendo in URSS contro i suoi oppositori: il Partito operaio di unificazione marxista (POUM), d’ispirazione trozkista, fu liquidato con l’accusa di tradimento, la stessa accusa che Stalin faceva ai suoi avversari. Si realizzò invece una maggiore unità nelle “brigate internazionali” dove comunisti e democratici combattevano fianco a fianco: tra i comunisti italiani c’erano Palmiro Togliatti e Luigi Longo; tra i democratici Carlo Rosselli. La guerra terminò nell’aprile del 1939 dopo che Franco ebbe conquistato Barcellona e Madrid. - In Francia i partiti del Fronte popolare formarono nel 1936 un governo guidato da Léon Blum, un socialista riformista. Il governo, xò, incontrò molte difficoltà, infatti i provvedimenti economici che prese, con aumenti salariali e riduzione delle ore di lavoro a 40 settimanali, da un lato non soddisfacevano in pieno le aspettative dell’elettorato di estrema sinistra e dall’altro provocarono un fenomeno inflazionistico. Nel 1938 succedette a Léon Blum il radicale Edouard Daladier, anch’egli promotore del Fronte popolare, ma su posizioni +moderate. I contrasti sulla linea economica e sull’aiuto da dare al governo repubblicano spagnolo provocarono la fine del Fronte popolare. L’AUTORITARISMO IN EUROPA E NEL MONDO I paesi in cui esistevano regimi autoritari non formavano un fronte unitario xké erano divisi dalle rivendicazioni nazionalistiche. Infatti, a distanza di tempo l’assetto dato all’Europa dai vincitori continuava ad essere causa di forti tensioni. Non c’erano solo i propositi di rivincita della Germania nazionalistica, ma che le rivendicazioni da parte dell’Ungheria, della Romania e della Polonia di frontiere statali che coincidessero con le frontiere etniche. - In Ungheria l’ammiraglio Miclòs Horthy non era una ammiratore di Hitler ma ne approvava la lotta contro il comunismo che considerava come una crociata. Horthy si avvicinò alla Germania anche xké sperava che la politica estera tedesca, che metteva in discussione i confini stabiliti dopo la Grande Guerra, potesse favorire le rivendicazioni territoriali dell’Ungheria su alcune zone della Cecoslovacchia e, soprattutto, sulla Transilvania, una vasta regione abitata in maggioranza da ungheresi, che a conclusione della Grande Guerra era stata assegnata alla Romania. - Anche in Romania vi fu un ulteriore rafforzamento dell’autoritarismo. Nel 1937 la Legione, guidata da Cornelio Codreanu, riuscì a diventare il terzo partito, dopo quello liberale e quello nazionale contadino. Ma il re Carol II la sciolse e fece imprigionare Codreanu che fu poi ucciso. Nel 1938 Carol II instaurò una dittatura monarchica, sciogliendo tutti i partiti. La politica etera rumena era fondata sul nazionalismo alimentato soprattutto da sentimenti anti-ungheresi a causa della questione della Transilvania. - In Polonia erano rimasti vivi sia l’autoristarismo che un acceso nazionalismo. I polacchi rivendicavano zone della Cecoslovacchia dove esistevano minoranze polacche e temevano, a loro volta, le rivendicazioni tedesche sulle terre cedute dalla Germania dopo la Grande Guerra. Fuori dell’Europa c’erano dei conflitti in Estremo Oriente: - Nel Giappone si era verificata una svolta autoritaria e il governo aveva dato l’avvio a una politca di espansione in Cina dove xò incontrò la resistenza sia dei nazionalisti sia dei comunisti. In Giappone non nacque uno stato simile a quello fascista e nazionalsocialista xké l’estrema destra aveva anch’essa il suo punto di riferimento nell’imperatore, Hirohito, che attuò una politica autoritaria. Nel 1936 Giappone, Germania firmarono il Patto anticomintern rivolto contro il comunismo (l’Internazionale comunista era chiamata anche Comintern) e nel 1937 vi aderì anche l’Italia. - In Sudamerica s’instaurarono dittature a Cuba, con il sergente Fulgencio Batista, e in Nicaragua, con Anastasio Somoza, anch’egli militare autore di un colpo di stato che lo portò alla presidenza del paese. In Argentina, dopo un anno di regime militare, nel 1931 si svolsero elezioni i cui risultati portarono alla formazione di un governo conservatore che lentamente si trasformò in un regime oligarchico. In Brasile, Getulio Vargas, sconfitto alle elezioni del 1930, depose il presidente legittimamente eletto e instaurò un regime in cui i poteri presidenziali erano molto forti. Sul piano economico V realizzò una sorta di corporativismo, che definì Estrado novo, sull’esempio del fascismo, senza xò dare vita ad un vero e proprio regime fascista: come avveniva anche in Argentina, il governo cercava l’appoggio popolare attraverso una politica di tipo populistico, cioè facendo concessioni ai sindacati e alla piccola borghesia. Nel Cile, il presidente progressista Arturo Alessandri, x risolvere i problemi economici legati alla crisi del 1929, adottò una politica conservatrice e repressiva contro le sinistre, ma qste formarono un Fronte popolare che vinse le elezioni del 1938. In Messico, il presidente Làzaro Càrdenas riprese la riforma agraria (vedi la Rivoluzione Messicana) dandole nuovo impulso espropriando tutti i grandi proprietari terrieri, concedendo ai contadini crediti dalle banche che xò erano insufficienti x la modernizzazione dell’agricoltura a cui seguì xciò un calo produttivo. Nel 1938 C nazionalizzò il petrolio espropriando le compagnie petrolifere straniere nell’ambito di una politica fortemente avversa alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti, e attuò cs una rivoluzione che era insieme nazionalistica e sociale. Ma, a causa delle ostilità dei governi inglese e statunitense, le importazioni di macchinari necessari all’industria diventarono molto +difficili e anche nel settore industriale si verificò una caduta della produttività. Sul piano politico la conseguenza delle profonde trasformazioni della società messicana fu un decisivo rafforzamento dei poteri del governo che aveva la sua base in un solo partito, quello della rivoluzione messicana, sostenuto dagli strati popolari e dall’esercito. CAP.15 LA SECONDA GUERRA MONDIALE Guerra combattuta dal 1° settembre 1939 all’8 maggio 1945 in Europa e dal 7 dicembre 1941 al 2 settembre 1945 in Asia. Ebbe come principali contendenti Gran Bretagna e Francia, prima, Stati Uniti d’America e Unione Sovietica, poi, da una parte; Germania, Italia e Giappone dall’altra. PREMESSE=1838: HITLER RIPRENDE L’OFFENSIVA In Europa nel 1939 si era andato definendo sempre più il disegno imperialistico tedesco, volto a espandere il territorio. L’anno precedente, dopo essere riuscito ad allestire un forte esercito, Hitler costrinse il cancelliere austriaco Kurt von Schuschnigg a dimettersi imponendo come nuovo cancelliere Arthur Seyss-Inquart che invitò H ad occupare l’Austria. Il 12 marzo l’esercito tedesco entrò in Austria senza incontrare resistenza. L’annessione fu ratificata con un referendum e fu approvata dal 97%dei votanti. Arthur Seyss-Inquart fu nominato luogotenente x l’Austria, trasformata in una provincia del Terzo Reich. Dopo aver annesso l’Austria, H si pose l’obiettivo di conquistare i Sudeti, una regione della Cecoslovacchia dove i cittadini di lingua tedesca erano in maggioranza e chiedevano di riunirsi alla madrepatria. X cercare di evitare un conflitto, il 29 e il 30 settembre si riunì a Monaco una conferenza cui parteciparono, oltre alla Germania, la Gran Bretagna (con Chamberlain), la Francia (con Daladier) e l’Italia (con Mussolini) che diedero il loro consenso all’occupazione dei Sudeti da parte dell’esercito tedesco, a patto che i tedeschi rinunciassero ad ogni ulteriore ingrandimento territoriale a danno delle nazioni confinanti. Chamberlain e Daladier erano convinti di aver fermato l’espansionismo tedesco e soprattutto di aver salvato la pace, ma le loro idee furono destinate a essere smentite dai fatti. Infatti, dopo aver occupato la regione, il 14 marzo 1939 H smembrò la Cecoslovacchia, costituendovi un nuovo stato, la Slovacchia. Il 15 marzo le truppe del Reich occuparono il resto del paese, la Boemia e la Moravia, trasformandole in un protettorato tedesco. Nello stesso mese la Germania procedette anche all’occupazione di Memel, una città di popolazione tedesca che apparteneva alla Lituania. Il premier inglese Chamberlain accusò esplicitamente Hitler di essere venuto meno agli impegni presi. Il 22 maggio del 1939 i ministri degli Esteri di Italia e Germania, Galeazzo Ciano e Joachim von Ribbentrop, firmarono il cosiddetto Patto d’acciaio, un accordo politico-militare che nelle intenzioni dei contraenti doveva diventare un potente mezzo di pressione diplomatica sulle democrazie occidentali e soprattutto il segno dell’identità di interessi tra l’Italia fascista e la Germania nazista. Nello stesso momento H riteneva di potersi impadronire di Danzica e del “corridoio polacco”, la parte del territorio polacco che univa la Polonia al mare impedendo le comunicazioni dirette tra la Prussia orientale e il resto del territorio tedesco. Egli era convinto che la guerra non si sarebbe estesa al di là dei confini polacchi ma commetteva un grave errore di valutazione xké i governi inglese e francese non intendevano +cedere alle sue richieste e ai suoi colpi di mano, infatti, il 21 marzo 1939, x impedire ogni ulteriore aggressione in Europa, essi avevano proposto alla Polonia un’iniziativa comune che avrebbe dovuto coinvolgere anche l’Unione Sovietica ma, come Chamberlain, il governo polacco non era disposto ad arrivare a un’alleanza con l’Unione Sovietica. Lo stesso giorno H rinnovò alla Polonia le pesanti richieste già presentate altre tre volte, a partire dal 24 ottobre dell’anno precedente, e precisa mente: 1)restituzione di Danzica;2)consenso alla costruzione di una autostrada e di una ferrovia extra territoriali che consentano il collega mento tra la Germania e la Prussia Orientale attraverso il Corridoio di Danzica;3)garanzie, a lunga scadenza,del nuovo assetto territoriale.Ma la Polonia respinse ancora una volta tali richieste e decise di potenziare i contingenti militari che presidiavano il corridoio di Danzica. Allora, il 3 aprile, H ordinò alle forze armate tedesche di prepararsi segretamente a un attacco alla frontiera polacca e il 23 maggio disse ai comandanti militari che la guerra contro la Polonia era inevitabile e che, di conseguenza, si rischiava anche un conflitto contro Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica. Fino ad un mese prima, le relazioni tra Germania e URSS erano state molto tese, infatti, il commissario agli affari esteri sovietico, Maskim Litvinov, era favorevole a una politica di sicurezza collettiva da realizzare insieme alle potenze occidentali, ma Stalin, che temeva di essere trascinato in una guerra contro la Germania, lo allontanò dal governo sostituendolo con Molotov (dal russo molot=martello) che si era sempre schierato con la linea di politica estera di Stalin che si basava sull’abbandono della sicurezza collettiva. Il governo tedesco capì che poteva evitare di combattere una guerra su due fronti utilizzando il timore di Stalin che le potenze occidentali potessero spingere la Germania verso la sola Unione Sovietica. I sovietici avanzarono a Gran Bretagna e Francia la proposta di un accordo politico e militare, ma il governo inglese era disposto soltanto a un accordo politico xké riteneva di scarso peso il potenziale militare dell’URSS. Allora H decise di prendere l’iniziativa e propose a Stalin un patto di non aggressione che fu firmato a Mosca il 23 agosto dai ministri degli esteri dei due paesi, Molotov e Joachim von Ribbentrop, cui era allegato un protocollo segreto relativo alla futura(e quindi data come certa)spartizione della Polonia. Si tratta di un rovesciamento di posizioni clamoroso e sconcertante che lascia inquieto e perplesso tutto il mondo. L’«aggancio» dell’URSS che non era riuscito alle potenze occidentali in lunghi mesi di trattative riesce in poche settimane alla diplomazia tedesca, qsto Berlino poteva offrire a Mosca su un piatto d’argento quello che mai Francia e Inghilterra avrebbero potuto consentire, e cioè mezza Polonia, la Bessarabia e gli Stati baltici. H poteva cs attaccare la Polonia senza temere un intervento sovietico. INIZIO DEL CONFLITTO: LA GERMANIA CONQUISTA LA POLONIA Il 1 settembre 1939 l’esercito tedesco, la Wehrmacht, diede inizio all’invasione della Polonia e il 3 settembre Gran Bretagna e Francia entrano in guerra a fianco della Polonia, mentre l’Italia, che non era militarmente pronta a un conflitto, dichiarava la <<non belligeranza>>. Contro la Polonia le truppe tedesche attuarono una guerra lampo, cioè un attacco in profondità, con una rapida avanzata nelle retrovie nemiche dopo lo sfondamento del fronte. In soli diciassette giorni l’esercito tedesco ebbe il sopravvento sui polacchi che non avevano un armamento moderno e continuavano a far affidamento sulla cavalleria. Il 17 settembre, cs come era stato previsto da patto di non aggressione, anche le truppe sovietiche entrerono in Polonia che fu spartita tra Unione Sovietica e Germania: il 28 settembre le due potenze si concordarono sulla delimitazione delle rispettive zone di occupazione e con qsto nuovo accordo l’intera Lituania fu inserita nella sfera d’influenza sovietica. In ottobre H, avendo raggiunto il suo obiettivo, propose trattative di pace ai governi inglese e francese che xò non accettarono xké erano convinti che le rivendicazioni di H non si sarebbero +fermate. Sul fronte occidentale l’inverno trascorse quasi senza combattimenti, con gli eserciti trincerati nelle due linee fortificate che correvano lungo la frontiera: la francese Maginot e la tedesca Sigfried. Si svolse cs una guerra di posizione con pochissime perdite, molto diversa da quella, sanguinosissima, che si era svolta durante il primo conflitto mondiale. Il 30 novembre 1939 l’Unione Sovietica attaccò la Finlandia, alla quale aveva chiesto alcune correzioni di frontiera vicino alla città di Leningrado, ma, nonostante la superiorità dei suoi armamenti, l’URSS riuscì a conquistare la Finlandia soltanto a marzo. I primi sette mesi di guerra ebbero l’effetto di tranquillizzare l’opinione pubblica mondiale xké il nuovo conflitto appariva meno cruento del primo xké nessun esercito sembrava in grado di passare all’offensiva. La situazione xò cambiò nell’aprile del 1940, x iniziativa della Germania che attaccò e conquistò la Danimarca e la Norvegia, dove le truppe tedesche riuscirono a sbarcare nonostante la superiorità navale degli inglesi. A capo del nuovo governo norvegese creato dagli invasori fu lasciato Vidkun Quisling, un norvegese di tendenze nazionalsocialiste, proclamatosi primo ministro. LA CONQUISTA DI PARIGI La guerra lampo, già sperimentata in Polonia, Norvegia e Danimarca, fu impiegata dai tedeschi anche sul fronte occidentale: mentre i francesi attendevano un’offensiva contro la linea Maginot, l’esercito tedesco penetrò in Olanda e in Belgio che avevano proclamato la neutralità, cs i tedeschi evitarono di attaccare frontalmente la Maginot e cercarono di prendere i francesi alle spalle. La manovra riuscì e il fronte franco-inglese fu rapidamente sfondato grazie all’impiego massiccio di carri armati e all’appoggio aereo dei cacciabombardieri. Le armate di H puntarono sulla città di Abbeville, sulla Manica, x accerchiare le truppe francesi schierate alla frontiera con il Belgio e il corpo di spedizione che la Gran Bretagna aveva inviato in soccorso della Francia all’inizio del conflitto e che riuscì a stento e reimbarcarsi a Dunquerque, sfuggendo cs alla distruzione. Il 5 giugno inizia la “battaglia di Francia”: le truppe tedesche passarono nuovamente all’offensiva, puntando su Parigi. Il fronte francese cedette e i tedeschi si spinsero verso la capitale. Il 17 giugno la Francia chiese l’armistizio che fu firmato cinque giorni +tardi. Da Radio Londra, il gen. Charles De Gaulle lancia il suo primo messaggio alla nazione francese: la guerra è tutt’altro che finita, sostiene il generale, perché si tratta di una guerra mondiale di cui la Battaglia di Francia rappresenta solo un episodio. Invita quindi i francesi che vivono in Inghilterra a mettersi in contatto con lui per continuare la lotta. L’appello dell’ancora sconosciuto generale non solleva particolari entusiasmi. L’INGRESSO IN GUERRA DELL’ITALIA Il 10 giugno entra in guerra anche l’Italia. Mussolini riteneva che fosse giunto il momento di realizzare i suoi obiettivi massimi di politica estera: la conquista di Nizza, della Corsica, della Tunisia, di Malta e l’estensione della sfera d’influenza italiana nella penisola balcanica e nell’Africa. Ma, nelle condizioni di armistizio imposte dalla Germania alla Francia, l’Italia non si vide riconoscere nessun diritto sui territori francesi rivendicati (Nizza e Savoia) anche xké i tedeschi non volevano umiliare la Francia ma intendevano solo crearvi un governo amico, come avevano fatto in Norvegia. Qsto obiettivo fu raggiunto quando il 16 giugno la guida del governo francese fu assunta dal maresciallo Henri-Philippe Pétain che accettò di collaborare con H e fissò la sede del governo nella cittadina di Vichy, in una parte della Francia non invasa dai tedeschi che avevano occupato la parte settentrionale x preparare l’invasione dell’Inghilterra. In qsto modo fu creato anche in Fracia un governo collaborazionista che evitava all’esercito tedesco il peso di un’occupazione diretta. CHURCHILL E LA RESISTENZA DELLA GRAN BRETAGNA Il 10 maggio al governo Chamberlain era succeduto un governo di unità nazionale, con la partecipazione dei laburisti, presieduto dal conservatore Winston Churchill, l’uomo politico inglese di maggior prestigio che appariva il +adatto a condurre la lotta contro H. C era stato liberale, aperto ai problemi sociali, ma ostile ai comunisti e ai socialisti. Nel 1920 aveva sostenuto la necessità di intervenire con le armi contro il governo sovietico e nel 1924 si era distaccato dal partito liberale, che aveva appoggiato il governo laburista. Negli anni seguenti aveva mostrato una certa simpatia x Mussolini, ma, dopo la conquista del potere da parte di H, era diventato uno dei +strenui avversari del dittatore tedesco e si era opposto agli accodi di Monaco, considerati un cedimento alle richieste della Germania. I tedeschi avevano preparato x l’invasione dell’Inghilterra un piano chiamato Leone Marino la cui realizzazione xò non era facile xké la flotta inglese avrebbe potuto trasformare il tentativo di sbarco in una catastrofe x la Germania. Cs, prima di avventurarsi sulla Manica, i tedeschi dovevano conquistare un’assoluta supremazia aerea. Il 7 settembre 1940 ebbe cs inizio la battaglia aerea che sarebbe stata chiamata la “battaglia d’Inghilterra” in cui i tedeschi commisero il primo errore strategico: invece di cercare di distruggere l’aviazione inglese attaccando gli aeroporti, diedero inizio ai bombardamenti di Londra e di altre città. Gli inglesi, aiutati anche da una nuova invenzione, il radar, riuscirono ad abbattere un gran numero di bombardieri tedeschi e poi a colpire a loro volta prima i territori occupati dall’esercito tedesco sulle coste del mare del Nord e infine la stessa Germania. La resistenza inglese rese evidente il fatto che la guerra sarebbe stata lunga e difficile, infatti la Gran Bretagna disponeva di una vastissima retrovia sorretta anche dagli Stati Uniti di Roosevelt dove xò esisteva una forte tendenza isolazionista contraria a qualsiasi intervento in Europa, x qsto motivo Roosevelt dovette limitare il suo sostegno alla concessione di aiuti, sebbene H proclamasse apertamente la volontà di realizzare un nuovo ordine mondiale in cui gli interessi vitali degli USA sarebbero stati seriamente minacciati. Il 27 settembre 1940 Germania, Italia e Giappone stipularono il Patto tripartito, con il quale stabilirono le rispettive zone d’influenza mentre ciascuno dei tre paesi preparava i propri progetti x il nuovo ordine che avrebbe dovuto caratterizzare il futuro assetto mondiale: mentre non esistevano problemi x l’Asia, su cui era riconosciuto il predominio giapponese, il nuovo ordine era immaginato in modo diverso in Germania e Italia. Mussolini voleva che l’influenza italiana si estendesse anche alla penisola balcanica, H invece che essa dovesse limitarsi alle regioni costiere del Mediterraneo. LA “GUERRA PARALLELA” DI MUSSOLINI (L’ATTACCO ALLA GRECIA) Preoccupato x l’estendersi dell’influenza tedesca in Europa e deciso ad affermare con la forza gli interessi dell’Italia nell’area balcanica, Mussolini decise di attaccare la Gracia, senza avvertire H, che sapeva contrario a un estensione del conflitto in quell’area. La base di partenza dell’offensiva sarebbe stata l’Albania, che gli italiani avevano conquistato nell’aprile del 1939. L’Italia avrebbe cs combattuto una “guerra parallela”, accanto alla Germania, ma con propri obiettivi. L’attacco ebbe inizio il 28 ottobre 1940: le truppe italiane, costrette a muoversi su un terreno impervio, incontrarono un’inattesa resistenza e, dopo una breve avanzata, dovettero ripiegare. Le sconfitte subite sul fronte greco-albanese e un attcco di aerosiluranti inglesi al porto di Taranto il 12 novembre 1940, suscitarono sentimenti di paura nell’opinione pubblica italiana. La situazione migliorò solo nell’aprile del 1941 quando le truppe tedesche attaccarono la Jugoslavia e intervennero in Gracia, riuscendo in breve tempo a conquistare entrambi i paesi. LA GUERRA IN AFRICA All’Italia restava il fronte africano, dove nel settembre del 1940 le truppe comandate da Rodolfo Graziani avevano attaccato alla frontiera tra Libia ed Egitto, riuscendo ad avanzare x circa 150km in territorio egiziano. Ma a novembre gli inglesi erano passati alla controffensiva, occupando l’intera Cirenaica (la parte orientale della Libia, con capoluogo Cirene, distinta dalla Tripolitania, con capoluogo Tripoli, poiké si torvava ai confini dell’Egitto, all’epoca colonia inglese, nel corso della IIgm fu la regione che vide i +aspri combattimenti e frequenti capovolgimenti di fronte). La perdita della Cireanica rese necessario l’intervento tedesco anche in Africa, dove fu inviato un corpo di spedizione comandato dal generale Erwin Rimmel, il quale, nell’aprile del 1941, riportò le truppe dell’Asse alla frontiera con l’Egitto, rivelando grandi capacità di stratega che lo fecero definire <la volpe del deserto>. Anche le vicende africane mostrarono che l’Italia, senza il sostegno della Germania, non era in grado di condurre una guerra vittoriosa. L’ATTACCO DELLA GERMANIA ALL’UNIONE SOVIETICA Il 1941 fu l’anno in cui la guerra diventò effettivamente mondiale, coinvolgendo l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti. Non potendo conquistare l’Inghilterra, H decise d’impadronirsi delle ricchezze minerarie dell’URSS. Aveva preparato l’attacco già a febbraio, convinto di poter combattere un’altra guerra lampo, ma era stato costretto a rinviarlo x poter intervenire in Jugoslavia e in Grecia. I servizi segreti inglesi e agenti sovietici erano venuti a conoscenza dei preparativi tedeschi e ne avevano informato Stalin che xò non aveva prestato credito a tali informazioni ritenendo che si trattasse di una provocazione degli inglesi x spingerlo ad attaccare la Germania. In realtà Stalin non escludeva un attacco alla Germania e aveva dato all’esercito sovietico uno schieramento adatto all’offensiva, ma avrebbe voluto entrare in guerra soltanto quando i tedeschi fossero stati indeboliti a sufficienza dal conflitto contro l’Inghilterra. Il 22 giugno 1941, attuando il piano Barbarossa, le truppe tedesche (tre milioni di uomini, diecimila carri armati e tremila aerei) invasero l’URSS e poterono facilmente distruggere gran parte dell’aviazione sovietica e annientare molte divisioni russe, impreparate a difendersi. H credeva di poter vincere la guerra sul fronte orientale in pochi mesi, invece le truppe sovietiche opposero una resistenza inattesa che provocò gravi perdite ai tedeschi. L’esercito tedesco riuscì ugualmente ad avanzare puntando su Leningrado e Mosca e arrivò ad attestarsi a poco +di 50km dalla capitale dell’URSS, mentre alcuni reparti avanzati raggiungevano la periferia. Ma l’esercito tedesco non riuscì ad assestare un colpo decisivo all’Armata rossa prima dell’inverno e non fu in grado di conquistare nemmeno Leningrado che poté solo assediare. Quello di Leningrado fu chiamato l’Assedio dei novecento giorni xké durò dall’8 settembre 1941 al 27 gennaio 1944 e causò terribili sofferenze e perdite anche alla popolazione civile. Stalin riuscì a mobilitare l’intera popolazione facendo appello non tanto all’ideologia comunista ma all’idea di patria, dando cs al conflitto il carattere di una “grande guerra patriottica”. In breve tempo, una parte delle industrie minacciate dall’avanzata tedesca fu trasferita al di là degli Urali, ma la situazione restò gravissima x l’URSS che aveva perduto in pochi mesi le sue terre +fertili, come l’Ucraina, e le regioni + ricche di materie prime. I tedeschi xò, qsta volta non riuscirono a realizzare la guerra lampo, cs x la prima volta il mito dell’invincibilità dell’esercito tedesco, che si era diffuso a partire dalla campagna di Francia, iniziò a vacillare. GLI USA ENTRANO IN GUERRA Nel 1941 anche gli Stati Uniti entrano in guerra xké furono attaccati. A causa dell’opposizione degli isolazionisti all’intervento, Roosevelt, x sostenere lo sforzo bellico della Gran Bretagna, aveva dovuto limitarsi a far approvare la legge degli affitti e prestiti che autorizzava il presidente degli Stati Uniti a vendere o prestare a paesi amici tutto l’armamento di cui avessero avuto bisogno, se lo avesse giudicato necessario x la difesa degli interessi nazionali. Il 14 agosto del 1941 Roosevelt incontrò Churchill su una nave ancorata presso l’isola di Terranova ed essi firmarono una dichiarazione, chiamata Carta atlantica, in cui proclamarono i principi ai quali si sarebbero ispirati i loro paesi x fondare un nuovo e migliore ordine internazionale: diritto dei popoli all’autodeterminazione, rinuncia a qualsiasi conquista, liberalizzazione del mercato mondiale, libero accesso di tutti i paesi alle materie prime. In qsto modo, Gran Bretagna e Stati Uniti rispondevano ai progetti di un nuovo ordine avanzati dal Tripartito. Intanto i rapporti tra Stati Uniti e Giappone diventavano sempre +tesi, ma Roosevelt non poteva assumere l’iniziativa di un intervento. Furono i giapponesi, che avevano preparato l’operazione da tempo, ad attaccare. Il 5 novembre il comandante della flotta giapponese, l’ammiraglio Isoroku Yamamoto, ricevette l’ordine di prepararsi a combattere; il 23 novembre gli fu comandato di procedere verso le Hawaii senza farsi scoprire. Gli americani erano impreparati, infatti si aspettavano un attacco da parte di sottomarini e non avevano allestito un’efficace difesa contraerea xké non immaginavano che i giapponesi potessero portare le loro portaerei a distanza utile x far decollare gli aerei. Il 7 dicembre 1941 la flotta di Yamamoto, munita di grandi portaerei, si avvicinò senza essere avvistata alle Hawaii dove è situata Pearl Harbor, la + grande base navale statunitense nel Pacifico. Mentre l’ambasciatore giapponese presentava la dichiarazione di guerra, gli aerei iniziarono il bombardamento, riuscendo cs a cogliere di sorpresa e a distruggere gran parte delle navi che si trovavano nella base di Pearl Harbor. La gravità della sconfitta subita a Pearl Harbor aprì nell’opinione pubblica americana una ferita che non si era ancora rimarginata. Agli avversari di Roosevelt l’impreparazione della flotta americana sembrò sospetta ed essi misero sotto accusa il governo. Nacque allora la leggenda che lo spionaggio avesse avvertito Roosevelt dell’attacco imminente e che il presidente non avesse fatto niente x impedirlo, con lo scopo di trascinare un paese riluttante nella guerra a fianco della Gran Bretagna e dell’Unione Sovietica. Contemporaneamente al bombardamento di Pearl Harbor, i giapponesi effettuarono una serie di sbarchi in tutta l’area del Pacifico: da dicembre a giugno 1941 conquistarono l’Indocina, le Filippine, il Borneo, Giava, Su marra, la Birmania, la Malesia e Singapore, giungendo cs alle porte dell’India e dell’Australia. La promessa della Gran Bretagna di concede l’indipendenza a conclusione della guerra e l’esempio dei paesi già assoggettati al Giappone impedirono che le colonie dei paesi europei si ribellassero, in quei mesi furono cs gettate le basi della successiva decolonizzazione. 1942: LA SVOLTA DELLA GUERRA Nel giugno 1942 la flotta e l’aviazione degli Stati Uniti arrestarono l’avanzata dei giapponesi in Oriente, infliggendo loro gravi perdite nella battaglia aeronavale che si svolse presso l’isola di Midway, nella parte +occidentale dell’arcipelago delle Hawaii. Nello stesso tempo riprendeva in Europa e in Africa l’offensiva delle forze tedesche e italiane, con una serie di successi che fecero credere di nuovo di poter giungere a una conclusione vittoriosa della guerra. Nella primavera e nell’estate Rimmel riuscì ad avanzare fino a El-Alamein, a non molti km da Alessandria d’Egitto, dove xò fu costretto a fermarsi xké le linee di rifornimento si erano molto allungate e il petrolio necessario alle forze corazzate giungeva con difficoltà attraverso il Mediterraneo. Infatti, gli inglesi, partendo dalla base di Malta, potevano facilmente attaccare i convogli italiani. In estate l’esercito tedesco e le truppe alleate (italiane, romene e ungheresi) ripresero l’offensiva anche sul fronte orientale, spingendosi verso il Caucaso e raggiungendo Stalingrado. LA SCONFITTA TEDESCA A STALINGRADO Hitler riteneva, a ragione, che la conquista di Stalingrado avrebbe portato un colpo decisivo alla resistenza dei sovietici, ma proprio a Stalingrado iniziò il ripiegamento, infatti i sovietici riuscirono ad impedire all’esercito tedesco di conquistare l’intera città; nello stesso tempo, fecero affluire rinforzi dalle estreme regioni orientali ammassandoli ai lati della città. La controffensiva dell’Armata rossa fu sferrata all’improvviso il 19 novembre e colse di sorpresa l’esercito tedesco e i suoi alleati (tra i quali vi erano le truppe italiane dell’ARMIR – Armata italiana in Russia – male armate ed equipaggiate). La sesta armata tedesca, alla quale H aveva ordinato di non ripiegare da Stalingrado, fu accerchiata, ma il comandante, Friedrich von Paulus, disobbedì agli ordini di H e il 2 febbraio 1943 firmò la resa, mentre le altre truppe del fronte meridionale impossibilitate a rifornirsi, si ritiravano disordinatamente, sottoposte a violenti attacchi. A Stalingrado furono catturati circa 90 000tedeschi ma le perdite +gravi furono subite durante la ritirata. Il 23 ottobre 1942 gli inglesi sferrarono la controffensiva anche sul fronte egiziano e, dopo aver battuto le forze dell’Asse a El-Alamein, avanzarono rapidamente raggiungendo Tripoli il 23 gennaio 1943. Intanto gli anglo-americani erano sbarcati l’8 novembre 1942 in Marocco e in Algeria e di là puntarono sulla Tunisia dove ripiegarono le truppe italo-tedesche in ritirata dalla Tripolitania. A maggio esse furono costrette ad arrendersi. Nel Pacifico gli americani proseguivano la controffensiva iniziata con la battaglia di Midway. L’industria degli USA era riuscita a porre riparo in breve tempo all’affondamento delle navi provocato dall’attacco a sorpresa dei giapponesi. LA RESISTENZA IN EUROPA La guerra fu caratterizzata dal fenomeno della Resistenza. La macchina bellica tedesca fu tuttavia costretta ad affrontare ovunque importanti gruppi di resistenti armati, pronti ad una guerra fino all'ultimo sangue. Alla Resistenza partecipò una moltitudine spinta dell'impeto naturale di salvarsi dalla prigionia e dalla tirannide tedesca, ma anche da una fervida aspirazione alla libertà, ed una minoranza che ebbe il coraggio di prendere le armi e di iniziare la guerriglia contro i tedeschi che occuparono la propria nazione. Infatti anche la II guerra mondiale, come la I, fu combattuta in nome del nazionalismo. Inizialmente, i gruppi di partigiani europei non avevano alcun collegamento, nemmeno nel proprio paese. Il primo centro propulsore dei primi nuclei organizzati dalla resistenza europea fu Londra, ove il S.O.E. (Secret Operations Executive) cercò di raccogliere e di potenziare l'attività di quadri militari legittimisti della Cecoslacchia, della Polonia, dell'Olanda, del Belgio e della Francia, operando, però, in modo da mantenerli rigorosamente entro i vecchi limiti dello spionaggio e del sabotaggio, e mirando soprattutto a creare alle spalle del nemico una schiera di esperti nella lotta clandestina, non prevedendo una più larga partecipazione popolare. Un primo mutamento qualitativo nella struttura della Resistenza si verificò in occasione dell'invasione della Grecia e della Jugoslavia dove la reazione popolare fu vasta ed immediata ed il clima generale diventò subito incandescente. Contemporaneamente, all'altro capo dell'Europa, si sviluppò lo stesso fenomeno: in Olanda nacque il movimento dei «Gueux» (i pezzenti) che trasse il nome dai fautori della feroce rivolta dei Paesi Bassi sotto la dominazione spagnola, nel XVI secolo. Nell'Unione Sovietica i primi sintomi di sviluppo della Resistenza coincisero con la più radicale svolta del regime nazista. Al principio del 1941, infatti, dopo il fallimento della battaglia di Londra, nella prospettiva di una guerra che si sarebbe protratta oltre i limiti previsti, Hitler aveva deciso di dare la soluzione finale « al problema ebraico », cioè lo sterminio totale degli undici milioni di ebrei che vivevano in Europa - olocausto o shoah= distruzione totale - deportazione e sterminio di oltre sei milioni di ebrei nei campi di concentramento nazisti, la cosiddetta “soluzione finale” del “problema” ebraico. L’esercito tedesco compì anche numerose stragi di civili: in Italia le +atroci furono compiute alle Fosse Ardeatine, a Roma e a Merzabotto, presso Bologna. Alle Fosse Ardeatine, il 24 marzo 1944, furono trucidati 335civili (una parte dei quali scelti soltanto xké erano ebrei) come rappresaglia x un attentato effettuato da un gruppo di partigiani a via Rasella a causa del quale erano morti 33soldati tedeschi. A Marzabotto, sull’Appennino, nell’ottobre dello stesso anno, furono trucidati oltre 1800civili accusati di sostenere le formazioni partigiane. Le stagi xò non finirono con la guerra, infatti nelle foibe (voragini profonde caratteristiche della regione istriana e del Carso) furono gettati e uccisi centinaia di italiani incolpati di essere fascisti. LE ARMI La II g m fu vinta dalle potenze che riuscirono a produrre il maggior numero di aerei, carri armati, cannoni e navi. La produzione bellica tedesca e giapponese era di buona qualità ma sul piano quantitativo la superiorità statunitense era schiacciante. Fin dai primi mesi apparve evidente l’importanza dei sottomarini e del radar(che permette di scoprire navi o aerei nemici a grande distanza). Nel 1942 il presidente degli Stati Uniti, Roosevelt, allarmato dai servizi segreti di un possibile impiego militare dell’energia atomica da parte dei tedeschi, autorizzò la costruzione della bomba atomica. L’operazione, chiamata progetto Manhattan, ebbe come capo il generale Groves e come responsabile scientifico il fisico Robert Julius Oppenheimer, alle ricerche diede un imp. contributo anche il fisico italiano Enrico Fermi. LA CADUTA DI MUSSOLINI E LO SBARCO ANGLO-AMERICANO Il fronte interno italiano aveva dato qualche segno di cedimento subito dopo l’inizio della campagna di Grecia. Nell’ottobre 1941 fu razionato il pane, con una razione giornaliera pro capite di 200grammi che andò a diminuire ulteriormente; erano razionati anche la pasta e il riso mentre altri generi alimentari erano contingentati, cioè venivano distribuiti in piccole quantità solo quando erano disponibili. La mancanza di cibo fece nasce il fenomeno del mercato nero (o borsa nera) cioè del contrabbando di viveri, alimentato dai contadini che vendevano clandestinamente, a prezzi molto +alti di quelli ufficiali, una parte dei prodotti che avrebbero dovuto consegnare ai magazzini governativi. Inoltre le campagne erano risparmiate dai bombardamenti. La sola città bombardata in maniera continua era stata Napoli xké dal suo porto partivano i rifornimenti di armi e vettovaglie alle truppe italo-tedesche che combattevano sul fronte africano. Alla fine del mese di ottobre del 1942 anche sulle maggiori città industriali italiane (Genova, Torino e Milano) ebbero inizio massicci bombardamenti resi possibili dall’impiego di nuovi bombardieri americani a quattro motori, chiamati, x la loro grandezza e x il loro armamento, “fortezze volanti”. I bombardamenti e la fame provocarono il rapido crollo del fronte interno e del mito di Mussolini mentre restava ancora una certa fiducia in un intervento di Vittorio Emanuele III. Il colpo decisivo al regime fascista fu inferto dallo sbarco degli anglo-americani in Sicilia, che ebbe inizio il 10 luglio 1943. Da tempo Stalin chiedeva ai suoi alleati l’apertura in Europa di un secondo fronte x distogliere da quello orientale una parte delle forze tedesche. Stalin voleva che il secondo fronte fosse aperto in Francia x costituire una +diretta minaccia x la Germania, ma Churchill preferiva sbarcare in Sicilia, sia xké l’operazione, dopo la conquista della Tunisia, appariva relativamente facile, sia xkè l’Italia era +vicina alla penisola balcanica dove gli inglesi avrebbero voluto arrivare prima dei sovietici Il rpimo bombardamento di Roma, avvenuto il 19 luglio, affrettò la caduta del fascismo, infatti, la notte tra il 24 e il 25 luglio, si riunì il Gran Consiglio su richiesta di un gruppo di gerarchi che comprendeva Galezzo Ciano, Giuseppe Bottai e Dino Grandi che volevano salvare il fascismo liquidando Mussolini e gli chiesero xciò di rinunciare all’incarico di capo del governo. Il 25 luglio M si recò dal re x comunicargli i risultati della discussione al Gran Consiglio e Vittorio Emanuele III lo fece arrestare. Il re chiamò Pietro Badoglio alla guida del nuovo governo e fece sapere ai tedeschi che la guerra sarebbe continuata al loro fianco. Nello stesso tempo, xò, il governo intavolò con gli anglo-americani trattative segrete che il 3 settembre portarono alla firma dell’armistizio a Cassibile, in Sicilia. L’8 settembre 1943 gli anglo-americani resero pubblico l’armistizio e iniziarono uno sbarco a Salerno. All’annuncio dell’armistizio l’esercito tedesco reagì occupando l’Italia settentrionale e centrale e liberando Mussolini tenuto prigioniero sul Gran Sasso. Il re si rifugiò a Brindisi abbandonando l’esercito che rimase privo di ordini. Alcuni reparti cercarono di opporsi ai tedeschi, a Cefalonia la divisione Acqui si batté valorosamente contro i tedeschi e fu sterminata; nei Balcani gruppi di militari italiani entrarono nelle file dei partigiani che già combattevano contro i tedeschi. In Italia molti soldati si rifugiarono sulle montagne dove avrebbero formato poco +tardi i primi nuclei della Resistenza. Dopo lo sbarco degli Alleati e l’occupazione dell’Italia meridionale, il fronte si stabilizzò su una linea che congiungeva il Garigliano alle coste adriatiche presso Pescara. L’Italia rimase cs divisa in due parti: a Nord Mussolini fondò la Repubblica sociale italiana ma il suo governo si stabilì a Salò (sul lago di Garda) e non a Roma come egli avrebbe voluto. Nell’Italia meridionale si costituì invece il c.d. “regno del Sud” liberato dai tedeschi grazie agli angloamericani e ciò permise ai partiti sciolti nel 1926 da Mussolini di riprendere a svolgere attività politica. Tali partiti fondarono i CLN (Comitati di liberazione Nazionale) che chiesero l’abdicazione del re che xò gli anglo-americani non erano disposti a concedere. La situazione si sbloccò soltanto quando tornò dall’Unione Sovietica il segretario del PCI, Palmiro Togliatti, cui Stalin aveva raccomandato di lavorare x l’unità di tutte le forze che potevano dare un contributo alla lotta contro la Germania. Attuando quella che fu poi chiamata la “svolta di Salerno”, Togliatti invitò tutti i partiti a formare un <governo di unità nazionale> che nacque nell’aprile del 1944. Nel giugno del 1944, gli anglo-americani, che a gennaio erano sbarcati ad Anzio, ma non erano riusciti ad allargare la testa di ponte, sfondarono la linea fortificata Gustav che i tedeschi avevano creato dalla foce del Volturno a Termoli e si aprirono la strada verso Roma che fu liberata e tornò ad essere la sede del governo italiano. Il governo Badoglio fu allora sostituito da quello guidato da Ivanoe Bonomi, mentre Vittorio Emanuele III nominava luogotenente il figlio Umberto. Il 25 giugno il governo Bonomi stabilì che, a conclusione della guerra, sarebbe stata eletta un’assemblea costituente x dare una nuova costituzione all’Italia. Subito dopo fu decisa anche l’epurazione dall’amministrazione statale di quanti avevano contribuito alla vittoria e al consolidamento del regime fascista. I contrasti che nacquero all’interno del governo su tale questione portarono alle dimissioni di Bonomi e fu allora formato un altro ministero Bonomi in cui entrarono i comunisti. LA RESISTENZA IN ITALIA La resistenza italiana ebbe la stessa complessità di quella europea: nel gennaio del 1944 nacque a nord il CLNAI (Comitato di liberazione nazionale x l’Alta Italia) che aveva assunto la guida della lotta contro le truppe tedesche e le forze della RSI. Le bande armate operarono in montagna ed in pianura. I GAP (Gruppi d'azione patriottica) e le SAP (Squadre d'azione partigiana) agirono per lo più nei centri abitati, grandi e piccoli, con at-tentati alle istituzioni del nemico e con azioni di sabotaggio. Quindi Gap, Sap e bande di partigiani costituirono l'esercito combattente della Resistenza. Anche la r italiana fu una guerra patriottica di liberazione dallo straniero e, da parte dei comunisti, dei socialisti e degli azionisti, fu anche lotta x una maggiore giustizia sociale. Ma fu anche guerra civile xké fu combattuta tra italiani. La r ebbe un sostegno di massa da parte della popolazione soprattutto nelle regioni dell’Italia settentrionale. I partigiani vennero sempre protetti dalla popolazione, inoltre nelle grandi città industriali si svolsero dal novembre del 1943 al marzo del 1944 scioperi numerosi e continui che costituivano una sfida politica al governo di Mussolini. Quet’ultimo cercò di trovare sostegno nella classe operaia attraverso la “socializzazione delle fabbriche” recuperando alcuni elementi anticapitalistici del programma del fascismo delle origini ma fallì il suo tentativo xkè lasciò gli operai indifferenti e ostili. LA CONFERENZA DI TEHERAN Dal 28 novembre al 1° dicembre 1943 si tenne a Teheran (col nome in codice “Eureka”) la prima conferenza alleata che vide la presenza contemporanea di Roosevelt, Churchill e Stalin, per discutere i piani finali per l’invasione dell’Europa occidentale. Negli incontri, svoltisi in un clima di insolita cordialità, Roosevelt e Churchill fornirono a Stalin assicurazioni sull’apertura di un secondo fronte in occidente, con lo sbarco in Normandia (operazione Overlord) e che, a sua volta, l’Unione Sovietica dopo la sconfitta della Germania, sarebbe intervenuta contro il Giappone. Si stabilì inoltre che gli stati baltici e la parte del territorio polacco occupata dall’Unione Sovietica nel 1939 avrebbero continuato a far parte dell’URSS. Roosevelt annunciò la “dottrina dei quattro poliziotti”: Stati Uniti, Gran Bretagna, Cina e Unione Sovietica avrebbero dovuto mantenere la pace nel mondo. Quanto alla Germania, ne fu proposto lo smembramento x impedirle di tornare a esercitare un ruolo di grande potenza. Nella notte tra il 6 ed il 7 giugno 1944 ebbe inzio l’operazione Overlord: a capo delle truppe angloamericane era il generale Dwight Eisenhower. Lo sbarco fu appoggiato da un’imponente flotta e da molte forze aeree che bombardarono le difese tedesche e lanciarono formazioni di paracadutisti alle loro spalle. Lo stato maggiore tedesco, credendo che si trattasse soltanto di una mossa difensiva e che il vero e proprio sbarco sarebbe avvenuto sulle coste della Manica, esitò a spostare tutte le sue riserve intorno alla testa di ponte aperta dagli anglo-americani in Normandia. Ciò rese +facile a qsti ultimi sbarcarvi truppe cs ingenti da rendere impossibile ai tedeschi ricacciarle in mare. Si verificò allora in Germania un situazione simile a quella determinata in Italia dopo lo sbarco in Sicilia: un gruppo di civili e militari cercò di prendere il potere organizzando un attentato contro Hitler ma egli si salvò dallo scoppio di una bomba collocata il 20 luglio nel suo quartier generale dal colonnello Claus von Stauffenberg. Facendo appello soprattutto alle SS e alla Gestapo, H procedette all’eliminazione di tutti i congiurati. Rimmel, che era stato a conoscenza del tentativo senza xò parteciparvi, si suicidò. Il 24 agosto 1944 fu liberata Parigi e De Grulle fu eletto presidente della repubblica. LA CONFERENZA DI YALTA Nel febbraio 1945 si tenne una nuova conferenza a Yalta, in Crimea, dove Stalin, Roosevelt e Churchill presero le decisioni finali x la guerra e cercarono di accordarsi x il futuro dell’Europa. Si decise che la Germania sarebbe stata divisa in zone d’occupazione; ci fu anche una piena concordanza sulla sua denazificazione mentre forti dissensi emersero sulla Polonia: Stalin appoggiava un governo comunista che si era insediato a Lublino, dopo che le truppe sovietiche erano entrate nel territorio polacco; Churchill sosteneva il governo polacco che si trovava in esilio a Londra. Alla fine si arrivò ad un compromesso: i membri del governo di Londra sarebbero entrati in quello comunista di Lublino. Qsto compromesso era favorevole soprattutto ai sovietici, xciò Churchill e ancor +Roosevelt sono stati accusati in seguito di aver ceduto a Stalin. LA FINE DELLA GUERRA CONTRO LA GERMANIA L’ultimo atto del conflitto ebbe inizio nel marzo del 1945 quando gli anglo-americani riuscirono a varcare il Reno. Subito dopo i sovietici sferrarono l’attacco decisivo a Berlino che circondarono e assediarono, mentre Hitler, chiuso in un bunker, ordinava una disperata ed inutile resistenza. Il 30 aprile egli si suicidò. Il 7 maggio l’ammiraglio Karl Donitz, che aveva guidato durante la guerra la flotta sottomarina tedesca e che Hitler, prima di suicidarsi, aveva designato come suo successore, firmò la resa incondizionata, cs i maggiori gerarchi nazionalsocialisti furono imprigionati. Il 24 aprile gli anglo-americani erano passati all’offensiva anche in Italia, sfondando la linea Gotica, un complesso di fortificazioni che i tedeschi avevano costruito sull’Appennino toscoemiliano. Il 25 aprile i partigiani erano insorti, riuscendo a liberare le grandi città del Nord prima che vi giungessero gli alleati. Mussolini cercò di intavolare trattative con il CLNAI attraverso il cardinale di Milano, Schuster, che durante il ventennio aveva mostrato aperte simpatie x il fascismo ma, dopo l’8 settembre, era entrato in contatto con il CLNAI. Le trattative non ebbero successo e M fuggì verso il confine svizzero dove fu catturato dai partigiani e fucilato il 28 aprile. Il giorno seguente le truppe tedesche che combattevano in Italia si arresero. LA FINE DELLA GUERRA CONTRO IL GIAPPONE Il 17 luglio 1945 i capi degli Stati Uniti, dell’Unione Sovietica e della Gran Bretagna si riunirono di nuovo, qsta volta a Potsdam, un sobborgo di Berlino. Roosevelt era morto il 12 aprile e al suo posto c’era Harry Truman. Nel corso della conferenza si svolsero le elezioni inglesi vinte dai laburisti sicché il posto di Churchill fu presto dal laburista Clement Attlee. A potsdam si decise che la Germania sarebbe stata divisa in quattro zone d’occupazione (una fu attribuita alla Francia). Restava ancora da vincere la guerra contro il Giappone che si mostrava deciso a battersi con una tenacia quasi superiore a quella dei tedeschi, cercando di rimediare all’inferiorità negli armamenti con uno spirito di sacrificio che spingeva alcuni piloti, chiamati “kamikaze”=vento di Dio, a precipitarsi con i loro aerei sugli obiettivi x poterli centrare con sicurezza. Gli attacchi dei k iniziarono il 5 novembre 1944 nella battaglia che si svolse nel golfo di Leyte, nelle Filippine. I giapponesi quel giorno impiegarono +di 200aerei kamikaze ma persero ugualmente. Gli americani riuscirono a riconquistare tutte le isole perdute nel Pacifico con una serie di successi in grandi battaglie aeronavali: in quella che fu combattuta alle isole Salomone, morì l’ammiraglio Yamamoto che aveva guidato l’attacco a Pearl Harbor. Agli inizi del 1945 gli Stati Uniti intensificarono i bombardamenti aerei sul territorio giapponese. Il 9-10marzo, durante un violentissimo attacco aereo su Tokyo, morirono 80 000abitanti. Nonostante i danni arrecati uno sbarco in Giappone appariva xò ancora +costoso in termini di vite umane, come si vide nella conquista dell’isola di Okinawa: la battaglia iniziò il 1aprile 1945 e terminò soltanto il 2luglio; fu la +grande operazione anfibia degli americani che subirono gravi perdite in uomini e mezzi e furono elevate anche le perdite tra i giapponesi che videro affondata la +grande nave da battaglia esistente, la Yamato. Anche a Okinawa i giapponesi lanciarono contro la flotta americana massicce formazioni composte da centinaia di kamikaze. Il 6agosto un aeroplano statunitense sganciò una bomba atomica su Hiroshima, provocando 80 000morti, e il 9agosto fu sganciata su Nagasaki provocando 40 000morti. Il 14 agosto 1945 il Giappone annunciò la resa: la II G M era terminata!!! ------------------------------------------------IL PROCESSO DI NORIMBERGA Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa dell’Unione Sovietica liberò il campo di concentramento di Auschwitz, sulla cui entrata vi era scritto "Il lavoro rende liberi”, facendo emergere per la prima volta, agli occhi della gente, gli orrori del nazismo. L’idea di processare i criminali nazisti fu ufficializzata nell’ottobre del 1943, quando i ministri degli Esteri di Gran Bretagna, USA e URSS s’incontrarono a Mosca; qui fu emanata una dichiarazione importante, la quale prevedeva, tra l’altro, che i criminali di guerra tedeschi fossero puniti per una "decisione comune" degli Alleati. Questa decisione comune fu discussa a Londra, a partire dal giugno 1945. L’accordo, firmato l’8 agosto (Accordo di Londra), istituiva il Tribunale Militare Internazionale che doveva processare i principali criminali del nazismo. Il giudice federale Robert H. Jackson, primo Pubblico Ministero americano per il processo, fu incaricato di organizzare l’intero procedimento. Fu lui a consigliare Norimberga come sede per lo svolgimento del processo, proprio quella che era stata la città simbolo del nazismo e della persecuzione contro gli ebrei. (Leggi di Norimberga, 1935). Il primo processo iniziò il 20 novembre 1945. IL PROCESSO DI TOKYO Si svolse dal maggio 1946 al novembre 1948, contro i maggiori criminali di guerra giapponesi. Ma tale processo si differenziò da quello di N x alcuni aspetti: a N erano stati messi sotto accusa l’intera classe dirigente del Terzo Reich; a T, invece, furono sottoposti a giudizio soprattutto militari, generali e ammiragli accusati sia di avere condotto una “guerra offensiva” sia di aver compiuto crimini specifici come massacri di prigionieri di guerra. Mentre a N tutti i maggiori gerarchi del Terzo Reich sopravvissuti alla guerra furono processati e condannati, a T salirono sul banco degli imputati uomini che avevano delle gravi responsabilità ma che non erano stati i promotori del conflitto. In entrambi i processi fu punito x la prima volta il crimine di genocidio= il termine indica l'eliminazione fisica, spesso attuata con metodi brutali, di una determinata popolazione, razza o gruppo etnicoreligioso o la sottomissione intenzionale di un gruppo a condizioni di esistenza che comportano la sua soppressione fisica, totale o parziale. . Il genocidio è uno dei peggiori crimini che l'uomo può commettere perché comporta la morte di migliaia, a volte milioni di persone. I genocidi sono spesso attuati da capi di stato, perlopiù dittatori, e vengono a volte definiti come "pulizia etnica". I TRATTATI DI PACE Il 10 febbraio 1947 furono firmati a Parigi i trattati di pace con i paesi che erano stati alleati della Germania. L’Unione Sovietica acquistò la maggior parte della Prussia orientale occupata con le armi nel 1945. La Polonia dovette cedere definitivamente a oriente una parte dei territori che L’Unione Sovietica aveva occupato nel 1939 e nello stesso tempo ottenne a occidente le regioni tedesche della Slesia e della Pomerania. Mentre milioni di polacchi abbandonavano le terre che erano diventate dell’URSS, milioni di tedeschi abbandonavano quelle assegante alla Polonia: si verificò cs un massiccio spostamento di popolazione da est verso ovest con un movimento contrario a quello che era stato immaginato da Hitler nei suoi progetti di conquista delle terre slave. L’Italia dovette cedre Briga e Tenda alla Francia. La Libia, l’Etiopia, l’Eritrea e la Somalia andarono perdute ma tale perdita non fu molto sentita dagli italiani xké ormai tutti gli imperi coloniali apparivano al tramonto a causa dei moti d’indipendenza che scuotevano le colonie. Fu invece dolorosa la perdita di una parte della Venezia Giulia, tanto +che la Jugoslavia, sostenuta dall’Unione Sovietica, chiedeva anche l’annessione di Trieste, dove le sue truppe erano arrivate prima degli alleati. Il territorio rivendicato dalla Jugoslavia fu diviso in due zone. Non ci furono trattati di pace con la Germania che era uscita dalla guerra in condizioni drammatiche.