La scuola
Allora, tornando a me, certo io della scuola gentiliana non potevo avere se non l’esperienza di
chi sta all’interno di un’organizzazione senza poterla vedere e valutare nella sua integrità,
soprattutto ci sta come uno scolaro all’interno di una scuola. Uno scolaro dunque che sta a
proprio agio, a disagio, eccetera e che vive di questa realtà. Io direi che la scuola gentiliana mi
si è rivelata in alcuni momenti di esperienza fondamentali. Quando mio padre per esempio mi
fece scegliere di andare all’istituto tecnico e non viceversa al ginnasio come allora era la
ripartizione, non c’era la scuola media unica, perché con l’istituto tecnico io avrei avuto un titolo
professionalmente finito mentre con il liceo no. Ecco, qui ci troviamo di fronte ad una tipica
discriminante, non discriminazione, ma discriminante della scuola gentiliana. Al tempo stesso
devo dire che mio padre mi mandò all’istituto tecnico perché all’istituto tecnico si faceva una
disciplina che non si faceva al liceo classico cioè il disegno che lui riteneva fosse importante per
me. Quindi già questo mostra come tutto sommato pur nella diversità tra canali di scuola diversi
non c’era soltanto da una parte tutto ciò che può essere letto in chiave di grande avventura
professionale e dall’altra in chiave di modestia professionale. C’erano pure materie che
avevano la loro importanza e che si trovavano nella scuola meno dotata di lustro formale. Ma
c’è di più. È proprio nell’istituto tecnico che io studiai l’italiano e il latino in una maniera assai
significativa. È proprio nell’istituto tecnico che la professoressa di lettere, bravissima, via via,
non solo mi insegnò l’italiano e soprattutto il latino, ma alla fine consigliò a mio padre molto
pressantemente di farmi passare al liceo classico proprio perché io avevo mostrato attitudini
buone allo studio delle lettere. Ecco quindi poi non è che tutto il bene, tutto il personale migliore
stesse nel liceo o nel ginnasio, quindi nello studio classico, e, viceversa, tutto il resto fosse
immondizia. Io ho conosciuto dirigenti e professori di scuole professionali di altissimo valore.
Ecco quindi …d’altra parte per fare un altro esempio al liceo ebbi, certamente l’esperienza di
una maggiore presenza oraria di materie umanistiche e una minore presenza oraria di discipline
scientifiche, ma ebbi, salvo il professore di italiano e quello di filosofia, come professori di latino
e greco professori molto mediocri e viceversa ebbi professori molto bravi di materie scientifiche,
anche se più interessati ai problemi della formazione civile, singolarmente, dei propri allievi che
non a quelli della loro informazione conoscitiva.
Per esempio il professore di matematica che era un ingegnere antifascista, era ridotto, per
così dire, a fare il professore, insegnava matematica, bravissimo, veniva a scuola, entrava in
classe e per tre quarti d’ora interpretava la storia italiana in chiave antifascista, beh l’ultimo
quarto d’ora cacciava l’orologio e si accorgeva, allora correva alla lavagna e la riempiva di
segni, per esempio le equazioni di primo, di secondo grado, noi le apprendevamo guardando
alla lavagna, poi a casa dovevamo scervellarci per capire quello che lui aveva detto. Però non è
che egli non ci insegnasse nulla, ci insegnava quello che magari avrebbero dovuto insegnarci
insegnanti di altre discipline che non ci insegnavano. Il professore di scienze lo stesso.
Professore di grande valore, bravissimo soprattutto in chimica, ma…così…anche lui più
interessato a considerazioni sulla vita, sulla relazione tra le persone, direi più interessato alla
saggezza del quotidiano, che non alla conoscenza scientifica, pur essendo bravissimo, ci
faceva delle splendide spiegazioni. Questo la dice lunga su questa separazione del classico e
dello scientifico, dell’umanità e delle scienze, in fondo ho avuto ottimi professori più di materie
scientifiche che di materie umanistiche al liceo. Questa è la mia esperienza di studente
insomma. Le altre sono esperienze di persona che per la sua professione o per i suoi doveri
civili si occupa un po’ di questi problemi, ma l’esperienza diretta quella fatta nella scuola è
quella che io adesso le ho raccontato.
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La scuola
(conversazione del 28/9/2001)
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