Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — 510 QUARTA COMMISSIONE La seduta comincia alle 15. Sulla pubblicità dei lavori. PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso. (Cosı̀ rimane stabilito). Audizione del ministro della difesa, Carlo Scognamiglio Pasini, sulle compensazioni industriali correlate a contratti d’armamento. PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca, ai sensi dell’articolo 143, comma 2, del regolamento, l’audizione del ministro della difesa, Carlo Scognamiglio Pasini, sulle compensazioni industriali correlate a contratti d’armamento. Quella odierna è l’ultima audizione della seconda indagine conoscitiva svolta dalla nostra Commissione; la prima, concernente la leva, ha dato origine a due volumi che sono in distribuzione. Spero che il ministro abbia avuto il resoconto stenografico delle precedenti audizioni, in particolare di quella del suo predecessore; abbiamo ritenuto, avendo non solo un nuovo ministro ma anche un autorevole economista come il senatore Scognamiglio Pasini e trattandosi di un tema spiccatamente economico, di concludere i nostri lavori con la sua audizione. Il relatore del provvedimento, l’onorevole Migliavacca, potrà cosı̀ proporci in una successiva seduta le sue determinazioni in rapporto sia ai progetti di leggi presentati in ma- Camera dei Deputati — — SEDUTA DEL 27 GENNAIO 1999 teria dai gruppi della lega nord per l’indipendenza della Padania, di forza Italia e di alleanza nazionale, sia alle diverse indicazioni emerse da eventuali circolari, istruzioni, documenti o assunzioni di responsabilità da parte del CIPE. In sostanza, si tratta di verificare come si possa, da parte del sistema-paese e del sistema industriale italiano, da un lato approvvigionarsi al meglio per quanto riguarda i prodotti della difesa sul mercato internazionale, in particolare europeo, e dall’altro evitare che di fatto in altri paesi siano adottate misure di compensazione che, a fronte di questi acquisti, comportino delle commesse, delle sottolavorazioni o comunque dei momenti di impegno per l’apparato industriale. Vorremmo capire come questo sistema potrebbe efficacemente essere messo in atto anche dall’Italia e quali siano gli strumenti più adeguati anche in rapporto all’evoluzione degli strumenti dell’Unione europea. Come è noto, il trattato della CEE aveva escluso questo ambito dalla liberalizzazione, ma assistiamo ad un’evoluzione, con la costituzione di sempre nuovi organismi in cui si elabora la cooperazione europea. Do ora la parola al ministro. CARLO SCOGNAMIGLIO PASINI, Ministro della difesa. Signor presidente, onorevoli colleghi, quella delle compensazioni industriali nel campo della difesa è una tematica che indubbiamente ha una rilevanza particolare per un paese come il nostro, dove il sistema industriale è molto progredito e competitivo, anche se presenta alcuni ritardi nel settore dell’alta tecnologia e della ricerca. Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — 511 QUARTA COMMISSIONE La compensazione industriale conosciuta in campo internazionale con il termine inglese offset, è un accordo commerciale con il quale il venditore, cioè il contractor, si impegna a delle obbligazioni di natura industriale e commerciale nei confronti del compratore, cioè il customer, per equilibrare economicamente o tecnologicamente la commessa ricevuta. La compensazione, l’offset, può assumere fondamentalmente due fisionomie, quella della forma diretta e quella della forma indiretta. È una compensazione diretta quando al paese acquirente della fornitura militare – fornitura dei mezzi di difesa – viene offerta la coproduzione del materiale oggetto dell’acquisto, specificando il livello tecnologico a cui questo paese può concorrere per la fornitura. Naturalmente questa è la forma più gradita e più richiesta, perché la fornitura di un know how nella costruzione dei mezzi di difesa può aprire al paese acquirente la possibilità di essere a sua volta esportatore di beni di questo genere. Invece la compensazione indiretta si ha quando questa contropartita viene offerta non sull’oggetto specifico della compravendita, ma dall’industria, dall’impresa o dal paese venditore in modo tale da offrire al paese compratore un ritorno economico, che venga giudicato soddisfacente dal punto di vista economico, da quello tecnologico, o da entrambi. Inquadrato il tema in questi pochi punti, c’è da dire che i vari paesi vanno comportamenti completamente diversi sotto il profilo delle compensazioni; anche qui potremmo distinguere due grandi categorie di comportamenti. Il primo tipo di comportamento riguarda paesi che hanno un’elevata tecnologia, che sono fortemente industrializzati, i quali normalmente vedono male la politica delle compensazioni perché, essendo fondamentalmente venditori, il fatto di stabilire degli standard riguardanti gli acquisti di prodotti di sistemi della difesa e cosı̀ via, in qualche modo condizionerebbe il loro comportamento al momento della vendita; infatti, se lo chiedono per sé è difficile che possano resistere ad una richiesta che Camera dei Deputati — — SEDUTA DEL 27 GENNAIO 1999 viene avanzata per richieste compensative da parte di altri paesi. Diverso è il comportamento dei paesi cosiddetti in via di sviluppo, in crescita industriale, i quali hanno tutto l’interesse a chiedere per i loro acquisti delle compensazioni, perché normalmente la spesa militare per questi paesi è abbastanza rilevante (rispetto alla dimensione del paese), pertanto questa occasione è vista come un’opportunità per poter introdurre nel sistema della tecnologia e per la creazione di valore aggiunto. Questo problema è stato all’attenzione di quasi tutti i paesi interessati all’acquisto o alla vendita dei sistemi di difesa. Per quanto il tema sia stato oggetto di discussione per moltissimi anni, non saprei dire quando tale discussione, sia iniziata; noi per la verità non abbiamo norme legislative che definiscano o che prevedano compensazioni industriali per gli acquisti italiani all’estero di materiali di armamento o di altra tecnologia, anche se sono state predisposte diverse proposte di legge in questo senso. Finora la linea è stata quella di preferire la possibilità di approvvigionarci all’estero, per quanto riguarda la difesa, nell’ambito di direttive interne, senza l’obiettivo di incentivare rivendicazioni compensative di altri paesi che acquistano i nostri prodotti. Noi siamo compratori ma siamo anche forti venditori di sistemi di difesa, perciò la linea è stata quella, peraltro comune a tutti i paesi ad alta industrializzazione e tecnologia, di non prevedere norme per la compensazione e per i propri acquisti in modo tale da non creare dei presupposti (se non giuridici, etico-commerciali; se cosı̀ posso esprimermi) per quel che riguarda la vendita dei nostri prodotti. Una direttiva politica emanata dall’allora ministro della difesa nel 1983, senatore Spadolini, e delle direttive emesse dal segretariato generale del ministero della difesa (l’ultima in ordine di tempo è del 1996) indicavano ai responsabili dei programmi di approvvigionamento l’esigenza di negoziare dei ritorni industriali in caso di acquisto diretto all’estero in limiti Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — 512 QUARTA COMMISSIONE compatibili con l’urgenza dell’approvvigionamento e con la non sostituibilità dei materiali. Questo per quel che riguarda l’Italia. Per quel che riguarda i paesi verso i quali le nostre industrie effettuano o potrebbero effettuare esportazioni, il ricorso a questa pratica è certamente più frequente che non nel caso italiano. Un esempio recente riguarda l’Alenia, che si colloca nel quadro del prospettato acquisto da parte della Norvegia di caccia EFA per un ordine che potrebbe essere di 600 miliardi di lire, per quel che concerne la parte di competenza dell’Alenia. In questo caso la Norvegia ha chiesto una compensazione pari al 100 per cento del fatturato, pari a 600 miliardi da parte dell’Italia. Evidentemente queste richieste non possono essere accolte da parte dell’amministrazione della difesa anche perché forse non avremo neppure la possibilità di comprare 600 miliardi di mezzi per la difesa da parte della Norvegia; per di più, considerando che l’amministrazione è tenuta ad effettuare acquisti alle condizioni più vantaggiose possibili, non possiamo dirigere gli acquisti in modo discrezionale, per effettuare delle compensazioni. Quindi, la ricerca di risposte positive alle clausole di compensazione (un altro esempio potrebbe essere quello recente del Sudafrica) è normalmente affidata ai rapporti industriali e agli accordi di diritto privato; naturalmente la difesa può, in certe condizioni, svolgere un’opera di coordinamento e di valorizzazione di questi fattori compensativi, esercitando un’opera di coordinamento, di moral suasion nei confronti del sistema delle imprese della difesa italiana, soprattutto quando il valore della compensazione diventa un elemento discriminante nell’assegnazione della commessa. Questa attività è stata per la verità svolta con grande difficoltà da parte delle direzioni generali del Ministero della difesa perché, al di là dei rapporti personali, del segretario generale, del ministro pro tempore o di persone che hanno titolo ad esprimersi a nome della difesa, non esiste (vorrei poter dire non esisteva) un’orga- Camera dei Deputati — — SEDUTA DEL 27 GENNAIO 1999 nizzazione adeguata per gestire le compensazioni nell’ambito del ministero, non essendo possibili le compensazioni dirette ed essendo quasi sempre di natura indiretta le compensazioni che possono essere accordate (come nell’esempio dei caccia europei e della Norvegia, di cui ho parlato). Di qui è nata la decisione di istituire un organismo di coordinamento dell’ambito del segretariato generale della difesa, che ha il compito in primo luogo di elaborare il quadro delle compensazioni che le imprese italiane si potrebbero trovare a dover fornire a fronte delle loro esportazioni, in secondo luogo di monitorare, cioè di avere un’informazione completa delle contrattazioni e dell’andamento effettivo delle compensazioni concluse. Questo dovrebbe essere un appoggio informativo abbastanza importante per le nostre imprese, che sono infatti ben liete che prenda avvio. Attualmente questo ufficio è in fase di avviamento e occorrerà un po’ di tempo prima che se ne vedano concretamente gli effetti. Al di là della capacità del ministero di gestire questo problema, il nostro atteggiamento è condizionato dal principio della reciprocità. Usando questo termine non mi riferisco soltanto al normale comportamento del paese con il quale si è in trattativa, ma anche ai comportamenti che gli altri paesi sono portati ad assumere di fronte a determinati sistemi d’arma. Vi sono infatti progetti che per la loro novità o per la presenza di molti acquirenti difficilmente possono essere gestiti sulla base di pretese di offset di compensazione. Un esempio per tutti è recentissimo (e anzi ringrazio il Parlamento per aver concesso questa possibilità) è il caso del programma Joint Strike Fighter (JSF). In questo caso l’Italia è riuscita ad inserirsi all’ultimo momento, con una spesa di 10 milioni di dollari per entrare nel programma; ma di fatto la compensazione per noi per aver versato tale somma è rappresentata dall’assenso al nostro ingresso nel programma. Il problema va quindi visto anche sotto questo profilo con una grande flessibilità; sarebbe Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — 513 QUARTA COMMISSIONE stato quasi ridicolo cercare, non dico chiedere, una compensazione dagli Stati Uniti a fronte di quel versamento. La riduzione degli stanziamenti del bilancio della difesa – un problema serio sul quale dovremo tornare – fa sı̀ che la dimensione della domanda interna sia sempre meno in grado di sostenere il comparto industriale nazionale. Di qui la scelta industriale – necessitata ma peraltro in linea con il fenomeno della globalizzazione e con i grandi fenomeni che stanno attraversando l’economia – di rivolgersi al mercato estero ed alla cooperazione internazionale con gli altri paesi industrializzati. Ne consegue che, riportando le categorie di cui avevo parlato, questa scelta colloca la nostra industria, sempre più integrata con l’industria dei nostri associati europei, tra quelle dei paesi « venditori » e quindi, in via di principio tra i paesi che hanno scarso interesse ad assumere obbligazioni compensative nel caso di nostri acquisti dall’estero. L’Italia ha recentemente sottoscritto un accordo a quattro con le altre tre grandi potenze industriali della difesa in Europa, e cioè con Francia, Germania e Regno Unito, accordo che è in prospettiva aperto alle altre nazioni europee con il quale è stato costituito l’OCCAR (Organismo per la cooperazione nel campo degli armamenti), all’interno del quale è stato tra l’altro deciso di abbattere qualsiasi forma di protezionismo. Tra le altre funzioni, l’OCCAR ha quella di costituire un mercato comune per gli armamenti, inizialmente tra i quattro paesi che lo compongono, ai quali poi si assoceranno la Spagna e la Svezia. Nell’OCCAR sono presenti sia i ministri della difesa sia i ministri dell’industria dei quattro più due paesi. Dopo queste brevi considerazioni, credo che appaiano evidenti i motivi che mi portano a guardare con molta perplessità all’ipotesi di approvare – in questa fase storica delle relazioni industriali e commerciali del settore militare – una legge che irrigidisca la gestione delle negoziazioni imponendo il rispetto di regole predeterminate in materia di com- Camera dei Deputati — — SEDUTA DEL 27 GENNAIO 1999 pensazioni. Peraltro, siamo in presenza dei fenomeni ormai citati – e forse spesso anche mal citati – come la globalizzazione dei mercati finanziari, per cui si perde l’identità nazionale del capitalismo delle imprese e dell’internazionalizzazione delle imprese stesse. La storica identificazione di una impresa con una nazione si va attenuando rapidamente. Oggi qual è la nazionalità del consorzio Airbus, per parlare di un’attività produttiva vicina al campo della difesa ? È solo francese ? È multinazionale ? A quale paese appartiene ? Ed è chiaro che l’integrazione multinazionale o sovranazionale delle imprese è una tendenza destinata ad accentuarsi, ed anche la globalizzazione del mercato dei capitali fa sı̀ che, anche se un’impresa è storicamente appartenente ad una certa nazione, non è detto poi che il capitale di comando sia attribuibile ad una particolare nazione o addirittura a qualsiasi nazione. Per concludere, in Italia le compensazioni industriali sono state finora gestite al di fuori di uno specifico quadro normativo di legge, secondo direttive interne al Ministero della difesa basate su criteri di flessibilità, d’accordo con la specificità di ogni singola acquisizione. Come ho detto, poiché nell’attuale momento storico il mercato industriale militare sta evolvendo verso forme di cooperazione internazionale e di mercato libero e globale, una legge specifica in materia potrebbe risultare in controtendenza ed essere letta in chiave protezionistica, proprio nel momento in cui ci stiamo adoperando per abbattere le barriere previste dall’articolo 223 del trattato europeo, ricordato dal presidente, che consente ancora di non estendere al settore degli armamenti la libera circolazione prevista per tutti gli altri comparti industriali. Credo di aver espresso con chiarezza il parere del Ministero della difesa sulla problematica delle compensazioni industriali ed in particolare l’esigenza che l’Italia armonizzi il suo modo di agire e la sua legislazione con quella degli altri paesi dell’Unione europea che non hanno leggi Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — 514 QUARTA COMMISSIONE preposte a disciplinare il settore. Quindi la nostra sarebbe una eccezione, e per di più assai tardiva. Sia ben chiaro che queste parole non vogliono affatto contraddire il principio della tutela degli interessi nazionali, legittima nel nostro comparto produttivo, ma credo che tale principio vada perseguito nello spirito dell’Unione europea, cioè non creando barriere o irrigidimenti che potrebbero generare più problemi dei benefici che ipoteticamente si potrebbero raggiungere. Questa è in sostanza la filosofia della costruzione europea e la linea che dovremmo seguire anche nel settore delicato dell’industria degli armamenti e dell’alta tecnologia. PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano svolgere considerazioni o porre quesiti. PAOLO BAMPO. Intendo svolgere alcune brevi considerazioni. Anzitutto noto che l’indirizzo del Ministero della difesa non è variato rispetto a quello del governo precedente, nel senso che grosso modo le dichiarazioni del ministro Scognamiglio ricalcano quelle del suo predecessore. Il ministro della difesa ha reso dichiarazioni di sicura valenza, che potrebbero essere condivise se la situazione reale fosse diversa da quella che oggi si prospetta. Siamo invece di fronte ad un quadro ben diverso dalla visione utopistica tratteggiata dal ministro, in cui tutto funziona bene perché siamo nell’Unione europea, perché dobbiamo tutelare gli interessi nazionale ma con attenzione alla posizione dell’Italia nel mercato globale. Oggi la situazione è sicuramente più ingarbugliata. Visto che il ministro ha portato l’esempio della Norvegia, vorrei chiedergli: se non permettiamo alla Norvegia di compensare perché non può fornirci alcun prodotto che ci possa interessare, la Norvegia acquista lo stesso ? Credo che non lo farà e che si rivolgerà ad un altro fornitore. Allora perché la Norvegia pone la condizione della compensazione e noi Camera dei Deputati — — SEDUTA DEL 27 GENNAIO 1999 invece non la poniamo ? Perché ad esempio – per citare un altro caso che il ministro ci ha risparmiato – quando recentemente è stato stipulato il contratto dell’Agusta in Sudafrica vi è stata una richiesta di compensazione pari o superiore al cento per cento ? Perché le nostre imprese sono costrette sempre e comunque (non mi risulta un caso in cui l’impresa italiana non sia stata soggetta al vincolo della compensazione) a compensare e invece altrettanto non avviene di ritorno quando la compensazione sarebbe per loro auspicabile ? Può darsi che il ministro abbia ragione quando sostiene che non è opportuno introdurre una specifica legge per regolamentare l’istituto della compensazione perché potrebbe creare paletti troppo stretti. Non ho una grande fiducia in un organismo di coordinamento all’interno della difesa per il controllo dei meccanismi compensativi, anzitutto perché è un organo del Ministero della difesa, quando invece parlando di compensazioni industriali si potrebbe intravedere la possibilità di un’apertura ad altri soggetti, ed inoltre perché ritengo che la compensazione possa essere regolamentata all’interno del nostro ordinamento anche attraverso la semplice stesura di un regolamento, che sia però tassativo e non resti inapplicato ed inascoltato come le disposizioni della direttiva Spadolini che si limitava ad indicare alcune esigenze. Questo non ci porrebbe sicuramente in distonia con gli altri paesi né in una posizione di protezionismo, ma piuttosto di pari concorrenzialità. Ciò che dobbiamo garantire è che questo regolamento (che ovviamente deve ricalcare tutti i principi contenuti nell’insieme delle proposte di legge che sono state presentate) sia serio e valido e tale da contenere al suo interno i dispositivi che rendano applicabili le sue norme. Il che ci consentirà di dare una risposta concreta alle aziende. Signor ministro, occorre tener conto che attraverso una maggiore applicazione delle compensazioni (si tratta di studi non ufficiali, ma di indicazioni che giungono Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — 515 QUARTA COMMISSIONE dalle industrie del settore della difesa) si potrebbe incrementare di almeno 5-6 mila posti di lavoro il livello di occupazione nel comparto. Si potrebbe quindi finalmente riuscire ad andare in controtendenza. Se è vero che non vogliamo la legge, è altrettanto vero che negli altri paesi vi sono regole precise, altrimenti non vi sarebbe la rigidità che riscontriamo sempre ovunque. Un’ultima considerazione, signor ministro. Ho l’impressione che non manchi la volontà politica ma siano le forze armate a fare la vera opposizione a questa proposta. Senza entrare nel merito se si ritiene minacciata la sovranità del Parlamento attraverso le forzature degli stati maggiori, le chiedo di fare un’analisi più approfondita, a livello quasi personale, per capire se queste agevolazioni siano dei vincoli cosı̀ terribili o non siano piuttosto anche un sistema per affrancarsi da alcuni rischi che effettivamente si possono incontrare, lasciando ai militari la libera possibilità di andare a cercare sul mercato non tanto il prodotto più opportuno quanto quello più conveniente. DOMENICO ROMANO CARRATELLI. Vorrei ringraziare il ministro perché mi pare che il suo intervento ponga fine ad una lunga discussione, se vogliamo essere pratici e realistici. Sono state presentate in materia proposte di legge da quasi tutti i gruppi: il discorso delle compensazioni industriali è stato avviato da una proposta di legge Bampo, al quale va quindi riconosciuto il merito di aver posto il problema; sono state poi depositate una proposta di legge Romani, una proposta di legge Lavagnini ed altri, una proposta di legge Ruffino ed altri, una proposta di legge Romano Carratelli ed altri. Peraltro, il problema è stato ampiamente discusso in questa Commissione, dove non è stato audito solo il ministro in carica, ma sono stati auditi il suo predecessore e i responsabili di ministeri diversi da quello della difesa. Il parere unanime, concorde e diffuso del Governo ai suoi vari livelli (ricordo per tutte le audizioni dei ministri Bersani e Fantozzi) è stato quello della Camera dei Deputati — — SEDUTA DEL 27 GENNAIO 1999 inutilità, anzi della dannosità sostanziale, di una norma cogente in materia, essendo facilmente comprensibile che nella rappresentanza degli interessi nazionali il Governo ha sufficiente capacità di capire che nel momento in cui stipula un contratto di questo tipo deve rivendicare forme di compensazione. Peraltro tutti concordano nel sostenere che in effetti il problema esiste ma che esso, pur non regolamentato, è all’attenzione ed è una prassi che il Governo segue nel tentativo di dare questo tipo di soluzione. Addirittura, tenuto conto del sistema in cui viviamo (l’Unione europea, l’OCCAR e quant’altro) non vi è dubbio che uno degli obiettivi dell’integrazione europea è sostanzialmente la realizzazione di un sistema di difesa unico che presuppone e richiede un sistema unico di produzione degli strumenti bellici per l’Unione europea. D’altro canto, abbiamo sempre lamentato e lamentiamo che le risorse che l’Europa investe sono utilizzate impropriamente perché ogni paese ha una quota destinata agli investimenti ma la gestisce autonomamente e non con l’accordo generale, per cui si va a duplicare, a triplicare, a quadruplicare interventi che sono simili, mentre gli Stati Uniti investendo analoghe o minori risorse ottengono risultati di gran lunga superiori perché hanno la capacità di centralizzare gli investimenti. Ecco dunque che si rende necessario realizzare anche in Europa un meccanismo dello stesso genere. Tenuto conto di tutto ciò e delle considerazioni svolte oggi dal ministro, che non mi sembra siano più discutibili, io che inizialmente ero tra coloro che ritenevano utile se non indispensabile una normativa cogente per predisporre i paletti cui faceva riferimento il ministro, dopo tutti gli approfondimenti che sono stati condotti – per cosı̀ dire – sul campo attraverso le varie audizioni che si sono svolte in questa sede, mi sono convinto che una normativa di legge specifica attinente alla materia, che ponga vincoli rigidi (perché una legge pone comunque vincoli rigidi), mentre tutti hanno sottolineato la necessità di una possibilità di Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — 516 QUARTA COMMISSIONE manovra ampia in materia, non è né utile né necessaria. Pertanto non ho difficoltà addivenire alle conclusioni cui arriva il Governo, soprattutto per le motivazioni che il ministro Scognamiglio ha sostanzialmente codificato nel principio di non contraddire gli interessi nazionali e di non creare situazioni che danneggino gli stessi interessi nazionali. Poiché dunque ritengo inutile ed improponibile approvare una legge in materia, si potrebbe pensare di presentare una risoluzione, se si ritiene che il Parlamento debba comunque intervenire, in modo da fornire al Governo alcuni indirizzi ai quali attenersi. ROBERTO LAVAGNINI. Signor ministro, sono uno dei proponenti di una delle proposte di legge sulle compensazioni industriali presentate in questa Commissione, ed è evidente che nel momento in cui sono state assunte le varie iniziative legislative in materia si sentiva la necessità di addivenire ad un testo che potesse regolamentare le compensazioni industriali, gli offset. Nel frattempo si sono verificati cambiamenti sostanziali: l’industria nazionale ha dato vita recentemente a joint venture con altre industrie europee; è stato costituito l’OCCAR; vi è stato un memorandum di intenti tra i ministri della difesa per organizzare l’industria europea. Questo però non ci mette nella condizione di proteggere le nostre importazioni di armamenti nei confronti dei paesi extraeuropei. Quali ? Prima di tutto gli Stati Uniti. Signor ministro, lei ha parlato di ritardi della tecnologia: io direi che i ritardi della tecnologia rispetto agli Stati Uniti sono non solo italiani ma europei. Se non vogliamo emanare una norma legislativa che imponga disposizioni piuttosto vincolanti al ministero per quanto riguarda l’acquisizione da paesi extraeuropei, a mio giudizio comunque una normativa sarebbe necessaria, perché dall’epoca del ministro Spadolini in poi la direttiva è stata ampiamente disattesa e nel 1996, nell’ultima direttiva cui lei faceva cenno, quella firmata dal generale Angioni, si auspicava una legge per le compensazioni industriali. È quindi evi- Camera dei Deputati — — SEDUTA DEL 27 GENNAIO 1999 dente che anche il Ministero della difesa ne sentiva la necessità. Se vogliamo parlare dell’integrazione dell’industria degli armamenti europei, delle joint venture tra le industrie italiane e europee, sul fatto che i paesi della NATO o quelli europei in genere possano avvalersi di discrezionalità da parte del ministero nel momento in cui si acquistano e vendono delle merci, sono perfettamente d’accordo; per quanto riguarda invece i paesi extraeuropei, alla luce anche della politica protezionistica che in questo momento gli Stati Uniti stanno attuando nei confronti dell’Europa, trovo che una norma di legge abbastanza semplice ma che ponga dei vincoli dovrebbe essere emanata dal Parlamento e presentata al Governo per la sua pprovazione. Desidero fare una breve riflessione con lei, signor ministro, sul lavoro che questa Commissione sta svolgendo non solo in ordine alle compensazioni industriali ma anche su altri temi; abbiamo portato a termine diversi provvedimenti che sono stati trasmessi al Senato, dove sembra si siano completamente insabbiati (il loro iter non va avanti), mentre quelli trasmessi dal Senato non sono mai arrivati alla Camera. La pregherei, signor ministro, se ciò rientra nelle sue facoltà, d’intervenire nei confronti del Senato affinché definisca qualche provvedimento, in modo che il Parlamento possa compiere il proprio lavoro con una certa dignità e non con tempi che sono diventati assolutamente assurdi. Signor ministro, lei che è stato anche Presidente del Senato, intervenga a favore dei provvedimenti sulla difesa ! CARLO SCOGNAMIGLIO PASINI, Ministro della difesa. Esordirò cosı̀: quousque tandem, Senate, abutere patientia nostra ! Si tratta di una frase scherzosa, ma lei mi ha capito, onorevole Lavagnini. MAURIZIO MIGLIAVACCA. Ringrazio innanzitutto il ministro per il suo contributo. Mi pare che dopo le molte e a mio giudizio utili audizioni svolte con esponenti del Governo, con rappresentanti del Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — 517 QUARTA COMMISSIONE mondo dell’industria e cosı̀ via, si possa convergere su due punti: in primo luogo, la presentazione di questi progetti di legge e tutte queste discussioni non sono state inutili ed hanno comunque favorito l’emersione del problema ed una sensibilizzazione nei confronti dello stesso; in secondo luogo, rispetto alle nostre discussioni iniziali, come hanno detto alcuni colleghi poc’anzi, sicuramente sono intervenute novità e credo anche che esista una convergenza sull’esigenza di arrivare ad interventi più flessibili e leggeri di quanto avessimo forse immaginato all’inizio. Svolgo una considerazione, ponendo al tempo stesso anche una domanda: signor ministro, tra il non fare nulla e il fare un intervento legislativo che presenta le controindicazioni da lei indicate e sulle quali concordo, noi siamo convinti che forse possa esistere uno spazio di intervento utile anche per un dialogo con il Governo. Come ha già accennato l’onorevole Romano Carratelli, c’è un intervento di indirizzo e di sollecitazione del Parlamento che potrebbe centrarsi essenzialmente su due proposte. La prima l’ha anticipata lei: il ministero si dovrebbe strutturare permanentemente ed adeguatamente con un punto di monitoraggio, di controllo, di orientamento e di indirizzo su queste politiche; penso possa essere un punto da consolidare utilmente in un pronunciamento del Parlamento. La seconda, enunciata anche in altri interventi, è che forse non tanto a livello di Unione europea quanto nei rapporti con altri paesi, emerge talvolta l’esigenza di politiche di compensazioni indirette, cioè che chiamano in causa relazioni di natura commerciale, innovazioni e conoscenze tecnologiche più ampie. Un’ipotesi affacciatasi è quella di attribuire al CIPE un ruolo di coordinamento e di indirizzo per quel che riguarda la politica industriale e la possibilità di compensazioni indirette; ovviamente il comitato dovrebbe vedere un’adeguata responsabilizzazione in questo campo del ministro e del Ministero della difesa. Su Camera dei Deputati — — SEDUTA DEL 27 GENNAIO 1999 questo punto ritengo opportuno acquisire una sua opinione anche ai fini delle conclusioni del nostro lavoro. PRESIDENTE. Ringrazio l’onorevole Migliavacca, che di fatto ha cominciato a predisporre il proprio parere. Do ora la parola all’onorevole Molinari, che partecipa per la prima volta, come membro a pieno titolo, ai lavori della nostra Commissione. Lo saluto e gli rivolgo i migliori auguri. GIUSEPPE MOLINARI. Ringrazio il presidente per le sue parole ed il ministro per la sua illustrazione. Soprattutto condivido le sue perplessità su questa legge: in un’epoca in cui si parla di globalizzazione e di difesa unica, una normativa restrittiva o « protezionistica » ritengo mostri più di qualche limite. Lei ha sostenuto, signor ministro, che nessun altro paese ha una normativa simile: come verrebbe a porsi l’Italia approvando una legge di questo tipo nei confronti degli altri paesi ? Mi sembra una contraddizione, e forse la migliore soluzione – come diceva l’onorevole Romano Carratelli – sarebbe un’indicazione, una risoluzione, un indirizzo al Governo in questa materia. PIETRO GIANNATTASIO. La ringrazio, signor ministro, per la spiegazione chiarissima che ci ha fornito. Lei ha citato ad un certo punto la cosiddetta direttiva Spadolini, che purtroppo ho vissuto: il comitato difesa-industria creato dall’allora ministro Spadolini produsse inizialmente dei risultati, in quanto se non altro serve a coordinare le attività delle imprese industriali nel settore bellico difficilmente coordinabili, perché ognuna agisce per conto suo. Tale comitato man mano è caduto in disuso; ricordo uno degli ultimi interventi del segretario generale Meloni nel 1991, che dovette riprendere tutti i dirigenti dell’industria perché effettivamente era difficile coordinarli e riuscire a farli operare nel senso di un ritorno nell’interesse stesso dell’industria. Vorrei sapere che fine abbia fatto questo comitato. Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — 518 QUARTA COMMISSIONE CARLO SCOGNAMIGLIO PASINI, Ministro della difesa. L’ho presieduto fino ad un mese fa ! PIETRO GIANNATTASIO. Mi fa piacere, e saremmo lieti di sapere di qualche risultato ottenuto. PRESIDENTE. Alcune risultanze vengono depositate e sono consultabili. PIETRO GIANNATTASIO. Vorrei riallacciarmi alla questione delle compensazioni con gli Stati Uniti, perché ricordo la firma di una lettera di intenti sull’acquisto dei Patriot, con cui gli Stati Uniti si impegnavano addirittura ad acquistare dei missili contraerei Spada per la difesa delle basi americane in Italia. Quindi, una forma di compensazione anche al di fuori dell’Europa, con gli Stati Uniti, un tempo era stata istituita. Certo, il citato caso della Norvegia rappresenta non una forma di compensazione ma un baratto di 600 miliardi: è una pretesa eccessiva, soprattutto perché l’EFA costa quasi 100 miliardi a pezzo e la parte costruita da noi non è certo un pezzo intero, ma è una piccola parte; essendo una richiesta eccessiva, era più che logico rifiutarla. Vorrei citare l’esempio dell’agenzia francese della difesa, che ha dato ad un unico ente la possibilità di vendere i sistemi d’arma prodotti in Francia; non so se quello di un ente unico che, di fronte alla produzione dei sistemi d’arma, è in grado di esprimere la posizione dello Stato, in cui coesistono le esigenze del Ministero della difesa con quelle delle imprese industriali, sia un modello da seguire. Vorrei ora svolgere una considerazione a difesa dei militari (e non perché provengo dai ranghi militari): l’onorevole Bampo ha affermato che alcuni militari sarebbero restii a portare avanti determinati progetti, ma si tratta di una affermazione che non mi convince. Infatti, quando si arriva a firmare un contratto per la produzione di un sistema d’arma, quello è l’atto conclusivo di una ricerca nel campo operativo che parte da esigenze Camera dei Deputati — — SEDUTA DEL 27 GENNAIO 1999 che debbono essere stabilite dai militari; non può essere un altro a decidere che va bene un certo sistema d’arma. In fin dei conti, quando si stabiliscono i requisiti operativi di un sistema d’arma, tali requisiti vengono firmati dal capo di stato maggiore della forza armata: non si tratta di un’idea maturata in una notte. Cito l’esempio dei carri M60, acquistati all’epoca in cui il senatore Andreotti era ministro della difesa, che trasportati per ferrovia, non passavano sotto le gallerie nazionali. I militari hanno dunque qualche ragione a pretendere il diritto di scegliere i sistemi d’arma. MARIO TASSONE. Mi scuso con il presidente e con il ministro per non aver potuto ascoltare l’intervento introduttivo, ma la situazione del traffico romano è tragica. Ricordo che della questione oggetto dell’audizione si discute in Commissione difesa ormai da parecchio tempo, dalla X legislatura, quando eravamo sempre sul punto di licenziare il provvedimento; oggi ovviamente, rispetto ad allora, è cambiato lo scenario internazionale e sono intervenuti fatti che possono portare ad un superamento di quelle esigenze che noi avvertivamo. Vorrei svolgere una riflessione che implica anche una domanda: il problema della riconversione industriale l’abbiamo sempre affrontato rispetto e di fronte ad un vuoto di politica industriale complessiva all’interno del nostro paese. La compensazione industriale per quanto riguarda la difesa si riferisce alle tecnologie e soprattutto a ciò che possiamo dare e a ciò che possiamo ricevere. Questo provvedimento dovrebbe trovare uno sbocco; volendo, potremmo inquadrarlo in una politica più complessiva del nostro paese ed anche a livello europeo; qualche risposta bisogna pur darla. Se si avverte un’esigenza, non c’è dubbio che ad essa occorra dare una risposta. Onorevole ministro, è un problema di politica industriale in termini nazionali ed europei e tra l’Europa ed altre parti del mondo ? Ciò per capire come dobbiamo muoverci; anche i riferimenti al passato Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — 519 QUARTA COMMISSIONE potrebbero non dirci nulla se oggi non diamo una risposta che implica anche una sollecitazione. Nel passato ci siamo fatti carico di questo, come Commissione difesa, e ancora oggi, parlando di compensazioni industriali, non ci riferiamo semplicemente a baratti e ad affarucci senza significato; dobbiamo fare una scelta di qualità e respirare in una dimensione molto più ampia di quella vissuta fino ad oggi. PRESIDENTE. Riprendendo le ultime parole dell’onorevole Tassone, oggi più che una competizione fra l’industria e la difesa delle singole nazioni europee si cerca una collaborazione, nel senso che le soglie dimensionali delle singole industrie nazionali non sono più sufficienti a competere con quelle degli Stati Uniti. Il ministro pensa che siamo già di fronte ad un mercato europeo, oppure siamo ancora lontani da tale obiettivo ? CARLO SCOGNAMIGLIO PASINI, Ministro della difesa. A me pare che tutta questa discussione, che senz’altro è stata di grande utilità per maturare un convincimento ed anche per aggiornare tutti noi su questa tematica, prenda avvio fondamentalmente dall’anomalia del trattato dell’Unione europea rappresentato dall’articolo 223, il quale consente una politica protezionistica, con motivazioni non economiche ma militari, strategiche e politiche, all’industria della difesa. L’articolo 223 è stato accettato per ragioni note, che in parte ho ricordato, ma è chiaro che si sta dissolvendo – questo è il punto – perché l’OCCAR prevede la sua esclusione per i paesi aderenti a tale Organismo (che saranno presto sei). Tenete presente che, salvo quelli effettuati negli Stati Uniti, quasi tutti gli acquisti dell’Italia all’estero sono fatti in paesi dell’OCCAR; già questo esclude la possibilità di qualche forma di regolamentazione per gran parte dei nostri acquisti. Credo che negli Stati Uniti le compensazioni di fatto ci siano (non a caso ho ricordato il programma Joint Strike Fighter, che trovava la compensazione nella stessa operazione), ed avvengono soprattutto a livello di tecnologia. Camera dei Deputati — — SEDUTA DEL 27 GENNAIO 1999 Come dicevo, da un lato l’articolo 223 si attenua, perché evolve la filosofia del mercato unico europeo, dall’altro lato come Governo italiano siamo impegnatissimi nella costruzione dell’identità europea di sicurezza e di difesa, vale a dire di un sistema europeo di difesa che avrà una concentrazione in qualche organismo, che sarà la cooperazione tra i paesi europei. È comunque prematuro dire quale sarà il punto di arrivo; semmai si dovesse discutere con gli Stati Uniti, sarebbe quella eventualmente la sede nell’ambito dei rapporti tra l’Unione europea e gli Stati Uniti per prevedere discorsi di questo tipo, anche perché – ripeto – con la linea di evoluzione delle industrie, una volta nazionali, che stanno puntando a diventare industrie europee e che dovranno far fronte ad una domanda europea di armamenti, onestamente mi pare che per quanto il discorso sulle compensazioni sia non certo inutile, risenta notevolmente dell’evolvere dei tempi, come peraltro è stato sottolineato in molti interventi. Fornisco ora qualche risposta specifica. Che cosa farà la Norvegia ? Intanto cominciamo a sottolineare che la Norvegia non fa parte dell’Unione europea: già questo dice molto. In conclusione, se tutto il sistema dei paesi che partecipano al progetto EFA non riuscirà a dare significative compensazioni alla Norvegia, quel paese acquisterà gli F-16 se ne giudicherà migliori le condizioni di mercato. Il discorso delle compensazioni fa pensare alla debolezza delle singole industrie nazionali, tant’è che al sistema principalmente si ricorre se la qualità del prodotto non è eccelsa oppure se un paese produce serie molto limitate per cui è disposto a fare compromessi per raggiungere accettabili livelli di economicità (come è noto, la serie degli Joint strike fighter è di 2 mila esemplari, mentre quelli dell’EFA, per quanti sforzi siano stati compiuti, saranno 600). Infatti, prescindendo dalla difficoltà di fare un confronto in termini di qualità del prodotto, per noi europei la possibilità di vendere qualche esemplare di più è molto più importante che non per Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — 520 QUARTA COMMISSIONE gli Stati Uniti che sono già a pieno esaurimento delle economie di scala. Quindi siamo più deboli e le compensazioni ce le chiedono anche considerando questi motivi. Tutto ciò mi porta a considerare come di gran lunga preferibile l’ipotesi avanzata dal vicepresidente Romano Carratelli, quella cioè della risoluzione, in modo che rimanga una indicazione parlamentare sugli aspetti di tutela e di valorizzazione degli interessi nazionali, senza tuttavia ricorrere ad una legge che sarebbe in controtendenza con la storia. Confermo all’onorevole Giannattasio che il comitato difesa-industria esiste ancora, si è riunito un mese fa sotto la mia presidenza. Aggiungo che riveste una notevole utilità per lo scambio di informazioni non solo fra il Ministero della difesa e le industrie ma fra le stesse industrie. Quanto alla possibilità di affidare al CIPE questi compiti, la mia perplessità è molto forte. È vero che il CIPE ha poteri di regolamentazione che non hanno procedure cosı̀ lente come quelle delle norme di legge, è però pur vero che è anch’esso Camera dei Deputati — — SEDUTA DEL 27 GENNAIO 1999 un organismo piuttosto pesante. È meglio mantenere la consultazione, che regolarmente si fa, nell’ambito dei due ministeri direttamente interessati, industria e difesa, oppure, per le occasioni di particolare rilevanza, con il coinvolgimento della Presidenza del Consiglio dei ministri ed eventualmente del Ministero del tesoro se gli aspetti di bilancio sono particolarmente rilevanti, come il caso dell’European fighter aircraft. PRESIDENTE. A nome dell’intera Commissione ringrazio il ministro per i chiarimenti che ci ha fornito nell’odierna seduta e dichiaro conclusa l’audizione. La seduta termina alle 16.05. IL CONSIGLIERE CAPO DEL SERVIZIO STENOGRAFIA DOTT. VINCENZO ARISTA Licenziato per la stampa dal Servizio Stenografia il 3 febbraio 1999. STABILIMENTI TIPOGRAFICI CARLO COLOMBO Stampato su carta riciclata ecologica STC13-4AU-29 Lire 500