Senza titolo - Dignitatis Personae

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Immortalità dell'anima
di Laura Boccenti
Grandi filosofi precristiani testimoniano che spiritualità e immortalità dell’anima
sono verità naturali, che la ragione dell’uomo può cogliere.
[Da "Il Timone" n. 23, Gennaio/Febbraio 2003]
Il tema dell’immortalità dell’anima è comune a tutte le culture, infatti sin dall’antichità,
l’uomo si è interrogato sulla sorte che lo aspetto dopo la morte.
C’è qualcosa che sopravvive alla morte del corpo? E se nell’uomo c’è un’anima spirituale
essa è anche principio d’immortalità personale o bisogna pensare la vita dopo la morte
come un ritorno a un essere indifferenziato dove la persona perde la coscienza di sé?
Il pensiero pagano afferma con sicurezza la dottrina dell’immortalità. Platone nel Fedone
dice che l’anima assomiglia a ciò che è eterno, divino, immutabile e immortale e per
questo, dopo la morte del corpo, se ne va in un luogo che ha la sua stessa natura e cioè
"presso un Dio buono e sapiente" dove sarà felice, libera dagli errori, dalle stoltezze, dalle
paure e da tutti i mali che accompagnano la vita terrena dell’uomo. Se però l’anima si
distacca dal corpo "contaminata e immonda in quanto fu sempre schiava del corpo,
ammaliata dalle passioni e dai godimenti" deve scontare la pena per la passata esistenza
malvagia. Dunque per Platone non solo l’anima è immortale, ma il suo destino futuro è
legato alla condotta tenuta nel corso della vita terrena: l’anima virtuosa sarò felice, quella
malvagia soffrirà e questo è possibile solo se c’è continuità nella consapevolezza del
soggetto. Anche Aristotele sostiene la spiritualità dell’anima umana fondandola sul fatto
che l’intelletto è capace di svolgere un’attività separata dalla materia: "Se vi è un’attività o
una passione che sia propria dell’anima stessa essere separata (dal corpo). Se invece non
ha nessuna attività che le sia propria non sarà separabile"
Aristotele osserva che intelletto svolge un’attività, la conoscenza dei concetti universali,
che non è originata dal corpo. Quando astraiamo un concetto universale prescindiamo
dalle caratteristiche materiali dell’oggetto conosciuto: se, ad esempio, ricaviamo l’idea di
triangolo da un concreto triangolo stampato sulla pagina di un libro, il concetto che ci
formiamo prescinde dal colore dell’inchiostro con cui il triangolo è materialmente
rappresentato o dalle dimensioni di quella figura specifica; ciò che riteniamo è il concetto
di una "figura piana chiusa di tre lati". Questo concetto non contiene determinazioni
materiali, si può dire che esso è il senso che l’intelletto ha tratto dalla percezione fisica,
che in questo caso è la visione dell’immagine del triangolo.
In conclusione, se l’intelletto può operare prescindendo dalla materia dovrà essere esso
stesso immateriale, perché l’agire segue all’essere, e se è immateriale sarà anche
immortale, perché solo la realtà materiale si corrompe.
Con la parola "anima" la filosofia e anche il pensiero comune indicano il principio primo
della vita, cioè quella forza attiva posseduta da tutti gli esseri chiamati appunti "viventi":
vegetali, animali e uomini.
Secondo Aristotele poi, tale "forza attiva" si manifesta in modi diversi: nei vegetali è solo
principio di riproduzione e di crescita; negli animali alle capacità vegetativa unisce il
movimento e le sensazioni; nell’uomo possiede anche il livello razionale. Per questo si
dice che l’anima dell’uomo è spirituale; la parola spirito, infatti, si applica soprattutto alle
operazioni intellettuali per indicare che tali operazioni sono immateriali, anche se sono
compiute in unione con le facoltà fisiche.
Non bisogna però pensare che l’uomo sia il risultato della somma di un corpo materiale e
di un’anima spirituale, come se in esso vi fossero due principii eterogenei e separati, uniti
accidentalmente e solo per un certo tempo; l’anima spirituale è il principio vitale di tutto
l’uomo, del corpo, della psiche e della ragione.
Anche san Tommaso riprenderà questo tema della riflessione aristotelica sostenendo che
nell’uomo c’è solo l’anima razionale che svolge anche le attività inferiori. Il pensiero dei
grandi filosofi precristiani testimonia che spiritualità e immortalità dell’anima sono verità
naturali accessibili alla ragione e non contenuto esclusivo della Rivelazione. A tali verità si
può arrivare attraverso percorsi diversi dall’analisi della conoscenza: ad esempio, si può
partire dalla libertà o dalla perfettibilità della persona o anche dal desiderio dell’immortalità,
ciò che conta è che in ogni caso ci troviamo di fronte a conoscenze sostenute dalla
ragione e non ad affermazioni fideistiche. È pur vero tuttavia che molti filosofi, soprattutto
negli ultimi secoli, hanno negato l’immortalità dell’anima. Alcune di queste negazioni
nascono all’interno di un orizzonte filosofico materialista; è il caso del materialismo
meccanicistico di La Mettrie che riduce l’uomo a una macchina biologica, del materialismo
dialettico di Marx che considera la coscienza una sovrastruttura dei rapporti economici o
del materialismo positivista secondo cui solo i "fatti" verificabili esistono. Altre negazioni,
teoreticamente più raffinate, si affermano con la dissoluzione nichilista del pesniero
filosofico: è il caso di Nietzsche, ma anche di Heidegger e di Sartre. Al di là delle
differenze ciò che accomuna questi pensatori è la contestazione globale della metafisica:
non di una metafisica, ma delta possibilità stessa della metafisica, che per sua natura è
affermatone della capacità del pensiero di passare dal sensibile all’immateriale, dal
particolare all’universale.
È significativo che proprio il dialogo platonico che segna la definitiva acquisizione del
punto di vista metafisico nella riflessione filosofica sia un testo centrato sulla questione
dell’immortalità come afferma il titolo stesso: "Fedone" o della immortalità dell’anima.
Ricorda
Che cos’è l’anima?
L’anima è la parte spirituale dell’uomo, per cui egli vive, intende ed è libero, e perciò
capace di conoscere, amare e servire Dio.
L’anima muore col corpo?
L’anima dell’uomo non muore col corpo, ma vive in eterno, essendo spirituale.
Qual cura dobbiamo avere dell’anima?
Dell’anima dobbiamo avere la massima cura, perché essa è in noi la parte migliore e
immortale, e solo salvando l’anima saremo eternamente felici"
(Catechismo di san Pio X, nn. 61-62-63)
Glossario:
Platone: (428 a.C.-347 a.C.), con la "seconda navigazione" scopre la metafisica, che
esprime nel linguaggio del dialogo.
Aristotele: (384 a.C.-322 a.C.), discepolo di Platone, organizza in modo sistematico la
riflessione metafisica.
San Tommaso d’Aquino: (1225-1274), ripensa l’aristotelismo all’interno di una geniale
sintesi fondata sull’idea della partecipazione dell’essere e dell’atto di essere.
Julien Offray de la Mettrie: (1709-1751), illuminista, assertore di un materialismo
radicale, riduce l’uomo alla materia e agli istinti.
Karl Marx: (1818-1883), teorizza il materialismo dialettico e il materialismo storico. La
natura umana nasce dalla dialettica della materia.
Friedrich Nietzsche: (1844-1900), la sua riflessione, mai sistematica, è espressa per lo
più in forma di aforismi. Teorizza la volontà di potenza, il vitalismo, annuncia la "morte di
Dio" e di tutti i valori.
Martin Heidegger: (1889-1976), discepolo di Husserl, orienta l’analisi fenomenologica
verso la metafisica dell’esistenza. lì suo pensiero rimane in un orizzonte immanente.
Jean-Paul Sartre: (1905-1980). è influenzato da Heidegger e dal marxismo, teorizza una
visione, in ultima istanza, nichilista.
Bibliografia
Aristotele, Sull’anima.
San Tommaso d’Aquino, Summa theol., I, qq.75-83.
Platone, Fedone.
Armando Rigobello, L’immortalità dell’anima, Ed. La Scuola, Brescia.
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