16 MOSTRE Vulcani, il fuoco della terra i può vivere un’esperienza affascinante, si può acquisire una conoscenza unica, si possono trascorrere ore a visionare immagini che sonde e satelliti hanno rilanciato in tutto il mondo, grandi disegnatori hanno tratteggiato per le copertine de La domenica del Corriere, per cartoline ricordo acquistate da militari di leva o coppie in viaggio di nozze o per le pubblicazioni scientifiche del sacerdote geologo Antonio Stoppani l’ autore de Il Bel Paese. Si possono trascorre ore negli spazi museali di Palazzo Dugnani in via Manin dove i milanesi si appassionano alla rassegna “Vulcani, il fuoco della terra” perché da rilievi fotografici, collezioni di francobolli e raccolte di riviste, campioni di roccia lavica e blocchi sulfurei é possibile avere un’idea esatta della consistenza di quelle strutture morfologiche formatesi sulla superficie della crosta terrestre dalle quali viene fuori, materiale incandescente capace di diffondere terrore e distruzione o talvolta spargere benessere sui terreni e le colture come gli abitanti dei territori posti alle falde dei vulcani amano ricordare o grandi scienziati, viaggiatori e scrittori hanno raccontato.. La mostra sui vulcani della terra può essere vissuta come momento di elevata crescita culturale offerta dall’assessorato mostre e musei del comune di Milano all’incessante fluire di cittadini, turisti, viaggiatori che popolano la metropoli. Soltanto chi si porta dentro l’anima, le sofferenze della propria gente, le ferite inferte al suo territorio, le ansie prodotte da eruzioni continue, le piogge di cenere che caricano di tensione una città travagliata che si ritrova spesso a vivere al bordo di una crisi economica o anche il profilo dolce e familiare di quel vulcano increspato di nuvole o biancheggiante di neve vedrà dissolversi le forti emozioni provate nel rivedere le immagini del Vesuvio o dello Stromboli, del Kileuea del Krakatoa o il Volcan de la Fournaise dell’isola della Reunion . Quando andrà alla ricerca del profilo della montagna ai piedi della quale è nato sperando di scoprirlo non tanto tra i reportages realizzati da Marco Stoppato pregevole e infaticabile curatore della mostra, ma dietro la cortina dei grandi palazzi che circondano il cuore della city lombarda e tra i ricordi che il cuore si portato appresso per alleviare le sofferenze di una migrazione di trent’anni fa penserà comunque d’aver compiuto una visita utile e producente. L’Etna teatro palpitante di eruzioni disastrose ma culla di civiltà antiche e cuore di culture moderne, guida anche la visita alla mostra milanese non soltanto perché ti accoglie con l’immagine del grande cono di polvere lavica che emerge dal cratere centrale e si propaga verso Siracusa o più a sud per ricadere su Malta, scattata durante una eruzione degli anni 80 ma ti aiuta a capire meglio la tragedia di abitanti di Colombia o Costarica presi nella morsa di sismi ed eruzioni dei loro vulcani o i filippini che S vivevano a 80 chilometri da Manila nei pressi del Pinatubo come i messicani del Saint Helens e di El Chicon su cui si riversarono colate laviche che non si verificavano da diversi secoli o degli abitanti di Ercolano e Pompei arsi dall’eruzione del Vesuvio che si verificò nel 79 d.C. dopo ottocento anni di inattività, come raccontò Plinio il giovane. E può immaginare il fascino di Ingrid Bergman in Stromboli di Rossellini o il dramma dei pescatori di Trezza ne ”La terra trema” di Visconti o il sofferto tratto di matita di Achille Beltrame che affida alla storia e alla Domenica del corriere lo sconforto e il terrore dei mascalesi per gli effetti devastanti della disastrosa eruzione etnea del 1928. Atmosfere di grande effetto di una mostra che fotografa con gli strumenti della moderna tecnologia storie di vulcani senza tempo (1300 vulcani sono attivi da almeno 10.000 anni) che documenta gli impegni degli istituti di ricerca, del CNR, degli osservatori vulcanologici delle università per controllare, registrare, elaborare e possibilmente prevedere fenomeni eruttivi speso disastrosi ma che talvolta trova l’impulso per trascinare il visitatore, che magari si augura di ritrovarla prossimamente in giro per l’Italia, in ipotetiche marce su tratturi scoscesi e innevati, costeggiando fiumi di materiali lavici incandescenti,immaginando l’impegno delle autorità ad affrontare spesso fenomeni di emergenza e gestione di crisi. E forse anche concludendo con un lungo viaggio all’interno dei crateri ribollenti di lava per visitare l’officina del dio Vulcano signore del fuoco e della lavorazione dei metalli, uno che certamente, fin dal tempo dei romani, era convinto, insieme al collega greco Efesto che dentro i vulcani scorresse l’energia incandescente e vitale della terra. Lino Serrano