1 Wouter BRACKE, Jacob van Deventer e l`atlante delle città dei

Wouter BRACKE, Jacob van Deventer e l'atlante delle città dei Paesi Bassi: una presentazione∗
Introduzione
L'11 aprile 1859 fu venduta dal librario Martinus Nijhoff a La Haye una raccolta di manoscritti
proveniente dalla famiglia olandese Van Aerssen. Al no. 81 del catalogo di vendita si legge
“frammenti di vecchie mappe disegnate a mano, di parti della Zelanda e delle Fiandre, nonché di
Olanda (sia il nord che il sud) e di Frisia, piante delle loro città, ecc. tutte disegnate e colorate a
mano nel '500”.1 Questa raccolta fu venduta per pochi soldi a Frederik Muller, celebre bibliografo e
librario ad Amsterdam.2 Questi la propose nel 1865 all'archivista di Leeuwarden, di nome Wopke
Eekhoff, che vi riconobbe il lavoro compiuto dal cartografo cinquecentesco Jacob van Deventer per
ordine del re Filippo II.3 La raccolta che passò così nelle mani di Eekhoff, contava allora 151 piante
rappresentando altrettanto città degli antichi Paesi Bassi, divise in due categorie : le città
settentrionali e quelle meridionali; in tutto 80 città neerlandesi, 3 città tedesche e 68 città belghe,
lussemburghesi e francesi.4 Eekhof tenne per sé le piante delle città frisoni e vendè tutte le altre. Se,
col tempo, le piante delle città settentrionali venivano per lo più disperse negli archivi statali
centrali e provinciali di Olanda - una però finì in una società frisone, un'altra nell'archivio della città
di Leeuwarden -, le piante che riguardavano il sud dei Paesi Bassi furono quasi tutte (tranne quella
di Middelburg venduta ad un privato e quella di Dolhain-Limbourg che è rimasta al Nord) comprate
dalla Biblioteca reale del Belgio, dove sono tuttora conservate. Queste furono già nel 1884 l'oggetto
di una grande operazione di riproduzione, diretta dal conservatore dei manoscritti alla Biblioteca
reale, Charles Ruelens.5 Il progetto del Ruelens di pubblicare in forma di fascicoli le piante delle
città meridionali accompagnate da uno studio storico-topografico nonché da una identificazione
∗
1
2
3
4
5
Il testo pubblicato sotto riprende sostanzialmente la relazione data all’occasione del convegno intitolato
L’iconografia delle città dal XV al XIX secolo, IV convegno internazionale di studi, Napoli 23-24 giugno 2006.
Fragmenten van oude geteekende kaarten, van gedeelten van Zeeland en Vlaanderen, ook N. en Z. Holland en
Vriesland, plattegronden van steden aldaar, enz. enz. Allen geteekend en gekleurd in de 16e eeuw. Collection
importante de 152 cartes et fragments de cartes dess. et col. dans le 16e siècle, citato in R. Fruin, Nederlandsche
steden in de 16e eeuw. Plattegronden van Jacob van Deventer, 111 teekeningen en 97 cartons in facsimile
uitgegeven met eene inleiding van R.F. algemeen rijksarchivaris, 's-Gravenhage 1916-1923, p. 5.
Si vedano il suo Beschryvende catalogus van 7000 portretten van Nederlanders, Amsterdam 1853 (riprod. Soest
1972), e Beredeneerde beschrijving van Nederlandsche historieplaten, zinneprenten en historische kaarten,
Amsterdam 1863-1882. Fu iniziatore di Bibliotheek van Nederlandsche pamfletten, a cura di P.A. Tiele (Amsterdam
1858-1861).
Per la storia dell'identificazione della raccolta si leggano il racconto del medesimo Muller nella rivista «De
Navorscher», XVI, 1866, pp. 193-196 (con una aggiunta dell’Eekhoff nelle pp. 225-228) e l’introduzione del Fruin,
op. cit.
Cfr. Ruin, op. cit., considerando i disegni di risp. Vucht-‘s-Hertogenbosch, Gorinchem-Woudrichem e MuidenWeesp come parti della stessa pianta.
Cfr. Atlas des villes de la Belgique au XVIe siècle. Cent plans du géographe Jacques de Deventer exécutés sur les
ordres de Charles-Quint et de Philippe II..., sous la direction de Ch. Ruelens, E. Ouverleaux et J. van den Gheyn,
Bruxelles 1884-1924. Su Ruelens si veda H. Hymans, Ruelens, Charles-Louis, in Biographie Nationale, 20,
Bruxelles 1908-1910, coll. 391-406.
1
degli edifici pubblici importanti rappresentati nelle piante, terminò nel 1924, dopo la morte del suo
iniziatore, con la pubblicazione del fascicolo 24 e la postfazione di Emile Ouverleaux, collaboratore
del Ruelens.6 Per le città settentrionali un'iniziativa simile, anche se non accompagnato da un
commento, si concretizò solo nel 1913.7 Frattanto una seconda raccolta di piante fu identificata ed
attribuita alla mano di Jacob van Deventer.8 Conservata alla Biblioteca reale di Madrid essa
contiene in un primo volume piante di 74 città meridionali dei Paesi Bassi, mentre il secondo
volume è costituito da 104 piante di città settentrionali. Il loro contenuto rassomiglia molto a quello
del volume venduto nel 1859 dal Nijhoff. La raccolta riprende in effetti più di tre quarti delle città
rappresentate in questo volume. Le città che mancano riguardano soprattutto la provincia di
Brabant. In tutto, le due raccolte riunite, sono conservate le piante di ben 216 città dei Paesi Bassi,
costituendo una collezione senza dubbio straordinaria per l'epoca, straordinaria sie per la quantità
dei documenti che per l'accuratezza del disegno e della raffigurazione.9
La scoperta di una seconda raccolta parzialmente identica a quella venduta dal Nijhoff pose
ovviamente il problema del rapporto fra le due raccolte, problema che finora non sembra ancora
risolto in maniera soddisfacente per tutti. In effetti, gli studi globali, scarsi, sono contraddittori.10
Per il Reulens si tratta di un atlas di piante rilevate tra 1550 e 1565 sull'ordine di Carlo Quinto et di
6
7
8
9
10
L'atlante communale, come lo chiamò l'editore, è costituito da 108 piante di cui 105 del nostro cartografo. Per
completare alcune lacune importanti nella raccolta di Deventer (Anvers, Ypres, Namur, Saint-Nicolas, Charlemont,
Philippeville, Diest, Nivelles, Thielt, Renaix, Durbuy, Grevenmachter, La Roche, Remich, etc.), il Ruelens propose
di inserire esemplari di cartografi contemporanei o poco posteriori. La sua proposta fu parzialmente seguita dai
continuatori del progetto.
La sua storia è stata raccontata dal Fruin, op. cit. Il concetto del Ruelens è stato ripreso di recente da C. Koeman e
J.C. Visser per la nuova edizione anastatica delle piante delle città olandesi secondo i metodi più moderni: De
stadsplattegronden van Jacob van Deventer, Landsmeer/Weesp-Alphen aan den Rijn, 1992-.
Ad eccezione delle ultime piante che sono state attribuite ad un'altra mano (a questo proposito si veda da ultimo H.P.
Deys, De stadsplattegronden van Jacob van Deventer. Resultaten van recent onderzoek te Madrid, in «Caertthresoor», VIII, 1989, pp. 81-95, in ispecie, p. 86). Il Ruelens vide questi volumi solo nel 1887 (Ouverleaux, op.cit.,
p. 1).
Una lista delle città è stata pubblicata nella nota che il Ruelens pubblicò sul Deventer in Atlas des villes, op. cit.
[7ème livraison, Bruxelles 1887], pp. 5-6.
Si vedano Deys, art. cit., e la discussione in «Caert-Thresoor», XXIV, 2005, pp. 37-38, intorno alla publicazione
dell'articolo di W. Ahlers, Jacob van Deventer, nieuwe ideeën en nieuwe vragen, in «Caert-Thresoor», XXIII, 2004,
pp. 59-64. I studi di Peter Meurer, anche se focalizzandosi sulle sole piante delle città tedesche, costituiscono
probabilmente il contributo più significativo alla ricerca di Deventer degli ultimi decenni : Jacob van Deventer (ca.
1500-1575) und die Frühzeit der zeichnerischen Triangulation, in «Nachrichten aus dem karten- und
Vermessungswesen», I, 96, 1985, pp. 15-23 ; Pläne Rheinischer Städte bei Jacob van Deventer, in «Burgen und
Schlösser», XX, 1979, pp. 43-48 . Molti sono gli studi locali che rintracciando la cartografia di una regione o di una
città partono dalle piante di Deventer che in effetti rappresentano spesso l'iconografia più antica della città studiata :
per esempio, L. Danckaert, Bruxelles. Cinq siècles de cartographie. Tielt-Knokke 1989 ; J. Beenakker, J. Werner,
Van Alkmaar tot Grootebroek : kaarten van negen oude Noordhollandse steden…, Amsterdam 1991 ; F. Thomas, J.
Nazet (redd.), Tournai : une ville, un fleuve (XVIe-XVIIe siècle), Bruxelles, 1995 ; K. Stal, Den Haag in kaart
gebracht : 750 jaar groei in plattegronden uit het Gemeentearchief, Den Haag 1998 ; P. van der Pol (ed.), Breda in
kaart, Breda 2002. Se questi studi qualche volta aggiungono informazioni preziose al livello iconografico, essi non
contribuiscono veramente ad una conoscenza piu approfondita dell'origine delle raccolte e del rapporto fra di loro.
Fondamentale rimane tuttora l’articolo di J.C. Visser, De waarde van de stedenatlas van Jacob van Deventer voor
de topografie van de laat-middeleeuwse stad, in H. Aubin et alii, Beiträge zur Wirtschafts- und Stadtgeschichte.
Festschrift für Hektor Ammann, Wiesbaden, 1965, pp. 116-123.
2
Filippo II. La raccolta venduta dal Nijhoff, anche se secondo il suo giudizio essa rappresenta una
versione qualitativamente migliore di quella della raccolta spagnola, costituiscono le minute di
quest'ultima.11 La differenza con le minute si nota tra l'altro nell'esecuzione più accurata della
pianta, nell'uso del latino per i punti cardinali, nella presenza della scala grafica.12 La raccolta
spagnola ripresenterebbe quindi la versione definitiva eseguita dal Deventer alla fine della sua vita e
destinata al re di Spagna Filippo II, lo stemma del quale figura tra l'altro sulla rilegatura dei due
volumi conservati. L'argomento maggiore per stabilire questo rapporto il Ruelens lo trovò nella
presenza delle punture di spillo nelle piante della prima raccolta, assenti nella raccolta di Madrid,
deducendo giustamente che queste erano la prova che la raccolta del Nijhoff era servito per la copia,
secondo un metodo sul quale torneremo piu in là.13
Jacob van Deventer
Con la scoperta delle piante e la loro consecutiva identificazione, Jacob van Deventer è diventato
uno degli uomini di punta della storia della cartografia belga-olandese, per non dire europea, e il
mondo scientifico ha finalmente compreso la stima nella quale i contemporanei del Deventer lo
tennero. Una prima biografia uscì nel 1953: scritta da van't Hoff essa raccoglì il materiale
archivistico e le testimonianze contemporanee riguardanti il cartografo.14 Fin da allora parecchi
contributi sono venuti ad arricchire questo primo quadro ed ultimamente la rivista Caert-Thresoor a
dedicato un numero intero al Deventer.15 Un rapido ritratto del cartografo servirà a contestualizzare
meglio la sua produzione cartografica.
Contemporaneo e connazionale di Anton van den Wyngaerde al quale è stato piu volte
comparato, Jacob van Deventer, figlio di Roelof, nasce probabilmente intorno al 1500 a Campen
presso la città di Deventer. Nel 1520 s'immatricolò a Lovanio dove studiò la medicina e la
matematica. Dopo la laurea s'installò a Malines dove lavorò per qualche tempo come medico. A
11 op. cit., p. 4 e seguenti. Si basò per questo sulla corrispondenza di Viglius ab Aytta, bibliotecario del re Filippo II, in
particolare sulla lettera del 23 novembre 1575 dove si parla di minute conservate presso Anna Smets, la compagna di
Deventer, a Malines (si veda infra n. 23).
12 Overleaux, op. cit., p. 2.
13
Deys, op. cit., suggerisce che anche le minute sarebbero dei prodotti finali, copiati da minute ora perdute. Si
tratterebbe di copie clandestine. L’argomento che mi sembra invalidare questa ipotesi è costituito dal motivo
medesimo per il quale l’A. rifiuta la teoria esposta dal Ruelens, che cioè le piante di Madrid contengono
informazioni topografiche e toponimiche che non si trovano in quelle vendute dal Nijhoff. Infatti, se le due raccolte
provenissero dalle stesse minute ora perdute, non vedo il motivo per il quale una raccolta – anche se clandestina dovrebbe contenere meno informazioni dell’altra. Sta di fatto, invece, che il Deventer dispose di informazioni scritte,
sia di disegni, schezzi e misure proprie che di piante esistenti, sulle quali si basò per tracciare le prime piante – le
cosidette minute - prima della loro stesura definitiva che egli destinò al re di Spagna. In questo senso, le minute nella
teoria di Ruelens sono certo il prodotto finale di un lavoro preparatorio di misura e di disegno, ma costituiscono in
riguardo alla raccolta di Madrid, una prima stesura che merita il nome di minuta.
14 B. van 't Hoff, Jacob van Deventer. Keizerlijk-koninklijk geograaf, 's Gravenhage 1953.
15
«Caert-Thresoor», XXV, 2006, con contributi di M. Franssen, W. Bracke, F. van der Jeught, P. de Win, E.
Leenders, P. van der Krogt, I. Lempke e P. Lombaerde. Vi si trova la bibliografia più recente sul Deventer.
3
Malines cominciò anche i suoi lavori di rilevamento delle provincie dei Paesi Bassi che risultarono
nella pubblicazione di cinque mappe murali rispettivamente di Brabant, Olanda, Zelanda, Geldre e
Frisia. Non conosciamo il motivo del suo cambiamento di mestiere, ma questi è meno singolare di
quanto possa apparire. Sta di fatto che negli anni '20-30 del '500 Lovanio era diventato un centro
importante della cartografia scientifica, dove collaborarono matematici universitari e allestitori di
strumenti scientifici, come Caspar van der Heyden (Caspar a Murica), Gemma Frisius e il suo
allievo Gerardo Mercator, che in questi annni si dedicarono alla fabbrica dei primi globi.16 Il
rapporto tra Jacob van Deventer e questi primi rappresentanti della cartografia scientifica nei Paesi
Bassi, anche se non può fondarsi su fonti documentarie, si mostra per quanto riguarda il Mercator
dalla mappa delle Fiandre del 1540 per la quale questi sembra essersi basato su rilevamenti del
nostro, e per quanto riguarda Gemma Frisius, più generalmente dalla tecnica adoperata dal nostro
nel tracciare sia delle mappe regionali sia delle piante di città, cioè la triangolazione.17 Gemma
Frisius, di poco più giovane, anche egli studente di medicina a Lovanio, dedicò un breve trattato al
metodo della triangolazione, che uscì per la prima volta nel 1533 con il titolo Libellus de locorum
describendorum ratione. Il trattato ebbe una fortuna importantissima grazie alla semplicità del suo
discorso.18 Si può riassumere il metodo di triangolazione come descritto dal Frisius come segue : da
16 Cfr. A. De Smet, Das Interesse für Globen in den Niederlanden in der ersten Hälfte des 16. Jahrhunderts ,
«Veröffentlichungen des Staatlichen Mathematisch-Physikalischen Salons Dresden-Zwinger», V, 1967, e «Der
Globusfreund», XV-XVI, 1967, pp. 225-233, ristampato in Album Antoine De Smet, Bruxelles 1974, pp. 183-191.
Sulla cartografia a Lovanio si leggano i contributi di A. De Smet, Gerard Mercators Leuvense periode, 1530-1552.
Wetenschappelijke en technische vorming. Eerste verwezenlijkingen , « Scientiarum Historia», 4, 1962, pp. 119151; L’orfèvre et graveur Gaspar vander Heyden et la construction des globes à Louvain dans le premier tiers du
XVIe siècle, in «Der Globusfreund», XXXIII, 1964, pp. 32-48, ristampato in Album Antoine De Smet, op. cit., pp.
171-191; Leuven als centrum van de wetenschappelijke kartografische traditie in de voormalige Nederlanden
gedurende de eerste helft van de 16e eeuw in Feestbundel L.G. Polspoel, in «Acta geographica Lovaniensia», V,
1967, pp. 97-116, ristampato in Album Antoine De Smet, op. cit., pp. 329-345; Cartographes scientifiques
néerlandais du premier tiers du XVIe siècle. Leurs références aux Portugais, in «Revista da Faculdade de Ciências,
Universidade de Coimbra», XXXIX, 1967, pp. 5-16, ristampato in Album Antoine De Smet, op. cit., pp. 123-130;
Louvain et la cartographie scientifique dans la première moitié du XVIe siècle, in «Janus», LIV, 1967, p. 220-223;
La cartographie scientifique à Louvain de 1500 à 1550 in Kartengeschichte und Kartenbearbeitung. Festschrift zum
80. Geburtstag von Wilhelm Bonacker, Bad Godesberg 1968, pp. 59-61; L’évolution de la cartographie scientifique
jusqu’à Philippe Vandermaelen in Philippe Vandermaelen 1795-1869. Catalogue de l’exposition par L. Wellens-De
Donder, Bruxelles 1969, pp. 3-24; Les géographes de la Renaissance et la cosmographie in L’univers à la
Renaissance. Microcosme et macrocosme, Bruxelles-Paris 1970, p. 13-30, ristampato in Album Antoine De Smet,
op. cit., pp. 149-160; Les tables astronomiques de Louvain de 1528 par Henri Baers ou Vekenstyl. Edition en facsimilé. Introduction, traduction et commentaire par E. Poulle et A. De Smet, Bruxelles 1976; De plaats van Jacob
van Deventer in de cartografie van de 16de eeuw, in «De gulden passer», LXI-LXIII, 1983-1985, pp. 461-482. Di
recente : Steven Vanden Broecke, The Limits of Influence: Pico, Louvain and the Crisis of Renaissance Astrology,
Leiden-Boston 2003.
17 Sulla mappa delle Fiandre si legga di recente E. Leenders, De kaart van Vlaanderen G. Mercator-J. Van Deventer,
in «Annalen van de koninklijke Oudheidkundige Kring van het Land van Waas», CVIII, 2005, pp. 85-116 (una
versione abbreviata e rivista in «Caert-Thresoor», XXV, 2006, pp. 108-115). Si veda inoltre A. Van der Gucht, La
carte de Flandre, in M. Watelet (dir.), Gérard Mercator cosmographe. Le temps et l'espace, Brussel [s.d.], p. 285295
18 Per le diverse edizioni: F. VAN ORTROY, Bio-bibliographie de Gemma Frisius fondateur de
l’école belge de géographie de son fils Corneille et de ses neveux les Arsenius, Bruxelles 1920.
Sulla triangolazione si vedano A. Pogo, Gemma Frisius, his method of determining differences of
4
un primo punto elevato (in casu la torre di Rombaldo) si orienta la carta con il goniometro (che
poteva essere un quadrante) verso il nord; si misura l'angolo formato dalla retta orientata verso il
nord che rappresenta il punto 0 sul goniometro e dalla retta che va dal primo punto elevato dove si
trova il cartografo al punto che si vuole rilevare e si disegna quest'angolo sulla carta sempre
orientata al nord. E così si procede per tutti gli altri punti che vanno rappresentati con precisione
sulla carta. La stessa operazione è poi ripetuta da un altro punto elevato del quale si conosce la
distanza esatta che la separa dal primo, distanza che è ovviamente rappresentata sulla carta secondo
una scala stabilita dal cartografo. Nel suo trattato il Frisius esemplifica il metodo della
triangolazione partendo dal caso fittizio di un rilevamento di città brabantine, e cioè le città di
Malines, Bruxelles, Anversa, e di Middelburg. Qualche anno dopo la pubblicazione del trattato, nel
1536, il Deventer pubblicò la prima mappa regionale, quella di Brabant appunto. Queste mappe
regionali, apprezzate per la loro precisione, furono rapidamente copiate soprattutto in Italia.19 La
precisione, come è stato dimostrato da Cor Koeman nell'introduzione al facsimile, si nota persino
nelle vignette che procurano una rappresentazione assai fedele non solo delle città piu importanti,
ma anche delle chiese di gran parte dei villaggi ivi menzionati.20 Ed è quindi a questo periodo che
vanno datati i primi lavori del Deventer sulle città olandesi.
Grazie a questo lavoro cartografico il Deventer ottenne la nomina di cartografo reale del re
di Spagna Filippo II e intraprese ufficialmente nel 1559 il lavoro di rilevamento delle città dei Paesi
Bassi. L'ordine di commissione datogli dal re non è stato ritrovato ma lo si può dedurre dal
salvacondotto datato il 6 giugno 1559 :
[...] nous ayons donné charge à nostre géographe maistre Jacques de Deventer, de visiter, mesurer
et desseigner toutes les villes de noz pays de par-deçà, aussi les rivières et villaiges circumvoisins,
semblablement les passaiges ou destroictz des frontières, et le tout rédiger en ung livre contenant
pourtraict de chascune province, et après démonstration de chascune ville particulière [...] 21
Il re ordinò quindi di fargli un grosso volume cartografico dei Paesi Bassi comprendente sia delle
mappe regionali sia delle piante di tutte le città. Anche se il nostro cartografo si poté basare sul
lavoro già compiuto per le mappe regionali di cui supra, o forse su mappe già esistenti, il
longitudes by transporting timepieces (1530) and his treatise on triangulation (1533), in «Isis», 22, 1935, pp. 469485 e P. Meurer, Jacob van Deventer, op. cit.
19 Sulle mappe regionali di Jacob van Deventer si vedano G. Schilder, Monumenta cartographica neerlandica, I,
Alphen aan den Rijn 1986, pp. 76-88; C. Koeman, Gewestkaarten van de Nederlanden door Jacob van Deventer,
1536-1545. Met een picturale weergave van alle kerken en kloosters, Alphen aan den Rijn 1994; H.A.M. van der
Heijden, Oude Kaarten der Nederlanden, 1548-1794. Historische beschouwing, kaartbeschrijving, afbeelding,
commentaar-Old maps of the Netherlands, 1548-1794. An annotated and illustrated cartobibliography, I, Alphen
aan den Rijn-Leuven 1998, pp. 23-39.
20
Koeman, op. cit., pp. 26-36. Si veda anche H.J. Versfelt, De afbeeldingen van kerken op van Deventers
gewestkaarten, in «Caert-Thresoor», XXI, 2002, pp. 85-86.
21
Van 't Hoff, op. cit., p. 36
5
rilevamento sul terreno l'occupò ancora fino al 1572, quando decise di lasciare il paese per fuggire i
problemi religiosi e politici che conoscero i Paesi Bassi.22 La rifinitura e la copia l'impegnarono fino
alla morte. Quest’ultimo periodo della vita nostro è ben documentato grazie alla corrispondenza di
Viglius ab Aytta (il frisone Wigle van Aytta, 1507-1577), presidente del consiglio segreto dal 1549
al 1565, con Joachim Hopper, frisone, consigliere a Malines e professore a Lovanio.23 Dalla
corrispondenza risulta tra l'altro che il Deventer ritardò sistemanticamente la finitura perché non era
ancora stato pagato con una somma importante da parte dell'amministrazione reale. Deventer morí
quindi nel 1575 a Colonia senza mettere fine ai suoi lavori. Con molta difficoltà e grazie
all'intervento del Viglio la corte spagnola poté ricuperare tre volumi di piante che furono trasportati
in Spagna. Due di essi sono i due volumi conservati oggi nella biblioteca reale di Madrid : essi
portano in effetti lo stemma del re nonché un numero d'ordine, essendo II per il primo e III per il
secondo volume. Sembra quindi mancare il primo volume che potrebbe aver contenuto – se
seguiamo l'ordine di missione del re Filippo II - le mappe regionali nonché le piante delle città
brabantine di cui un esemplare è conservato nel volume offerto in vendita nel 1859 dal Nijhoff ed
ora in parte conservato alla Biblioteca reale del Belgio.24
Le piante
Le piante, che sono iconografiche con la rappresentazione di alcuni elementi in forma
assonometrica, hanno una scala tra 1:8000 e1:9000. Nella raccolta conservata alla Biblioteca reale
del Belgio solo la pianta di Malines porta una indicazione chiara della scala utilizzata dal
cartografo: vi si legge sotto una barra di 6,5 cm, portando in fine la cifra 400, l'indicazione Passus 5
pedum, che sembra indicare che 6,5 cm valgono 400 passi ovvero 2000 piedi. Faccendo un calcolo
con il valore del piede uguale a 28,55 cm, si arriva ad una scala di 1:8784.25 Le piante sono
22 Ouverleaux, op. cit., p. 1 presume che Deventer aveva sicuramente già prima riunito informazioni importanti e rinvia
alla mappa di Vlissingen dove si trova la data 1545, unica pianta datata. Dice inoltre che l'opera è stata terminata nel
1575. La pianta di Damvillers contiene ancora un terminus ante quem esplicito: a proposito di un bastione del
perimetro fortificato una nota ci impara che Nova hec moles facta est anno 1564 Christoffero a Montdragon
Gubernatore.
23 Gli estratti della corrispondenza riguardanti Jacob van Deventer sono pubblicati in Archives des arts, sciences et
lettres. Documents inédits publiés et annotés par A. Pinchart, II, Gand, 1863, pp. 61-68., in ispecie pp. 63-67 e da
van 't Hoff, op. cit., pp. 37 e seguenti. Su Viglius si veda B. Van der Herten, De connectie tussen Jacob van Devnter
en Viglius van Aytta in de jaren 1530-1540 : Een hypothese, in «Caert-Thresoor», XIV, 1995, pp. 59-61, con
bibliografia sommaria.
24 Fruin, op. cit., p. 5.
25 Diversamente Ouverleaux, op.cit., p. 6 che parte dal calcolo della scala sulla base delle distanze nelle piante di
Deventer camparate a quelle di mappe recenti. Il risultato di questo calcolo costituisce poi la base del calcolo del
piede. Ouverleaux arriva cosi ad una misura per il piede che non è attestata per l'epoca. Nella raccolta spagnola
invece numerose sono le piante che portano la medesima scala: le piante di Amsterdam, Arnhem, Briel, Buren, Delft,
Dendermonde, Deventer, Enkhuizen, Geertruidenberg, Gouda, Groningen, Hoorn, Hulst, Leeuwarden, Leida,
Medemblik, Middelburg, Nijmegen, Purmerend, 's Heerenberg, Stavoren, Utrecht, Vlissingen, Zevenbergen,
Zutphen e quella di Halle.
6
multiformi, disegnate su un pezzo di carta francese databile sulla base della filigrana intorno alla
metà del '500, al quale venivano collati altri pezzi piu piccoli secondo quanto era necessario per la
corretta rappresentazione della città e dei suoi dintorni. Tutte orientate al nord (piuttosto al nord
magnetico con la deriva, abituale per l'epoca e la regione, di più o meno 8° dal nord geografico
verso l'est), raffigurano non solo la città con la sua opera di fortificazione (perimetro fortificato, le
torre, le bastioni, il fossato), il reticolo viario ed i suoi edifici pubblici ben identificati, ma anche i
dintorni con i suoi borghi e villaggi vicini, i fiumi, le strade, le case ed il tipo di campi. Gli edifici
importanti sono in prospettiva ed abbastanza realistici. Il disegno è aquarellato secondo criteri ben
precisi, in parte identificabili sulla base delle informazioni scritte sulle piante : le case ordinarie in
rosso, fiumi in blu, prati in giallo, i campi verde chiaro, alberi particolari o solitari con motivi di
verde scuro; i boschi sono come delle grandi macchie nello stesso colore. Le strade al di fuori delle
mura sono disegnate in un ‘beige’ grigiastro, all'interno sono lasciate in bianco, torri ed edifici
principali in mezza prospettiva sono in ‘beige’ con tetti di blu. La raccolta ci mostra la situazione
ancora medievale dei baluardi. In alcuni casi però si notano le prime modifiche e l'adattamento alle
nuove tecniche di guerra e quindi di difesa, l'evoluzione da una città murata verso una città
bastionata.26
Le piante nei volumi spagnoli hanno quasi tutte una seconda pianta più piccola, riprendendo solo la
città con il suo reticolo viario e le costruzioni piu importanti. La scala però rimane la stessa.
Secondo il Meurer, che chiama questi cartons ‘Spezialskizzen’, il loro contenuto corrisponde
perfettamente a quello che il re aveva ordinato e che si può dedurre da una lettera di Viglius a
Hopper del 7 novembre 1575, di accompagno per l'invio dei volumi recuperati, nella quale egli
dichiara che la morte prematura del cartografo aveva impedito che descrivesse tutte le città, “uti
cum eo convenerat, templa, civitatum portas et opera publica”.27 Questi cartons secondo quanto
sostiene Claire Lemoine nel catalogo della mostra su documenti cartografici belgi conservati nelle
collezioni spagnoli tenuta a Bruxelles nel 1985, in cui confronta la raccolta spagnola con quella del
Nijhoff, ci insegnano sul modo in cui le piante del Deventer furono disegnate.28 Basandosi su
manuali posteriori, che in effetti consigliano di cominciare il disegno dalle mura della città e di
proseguire con le strade, prima di riempire la pianta con le informazioni sugli edifici ed altre
costruzioni importanti, l'autore presume che questi cartons rappresentano una prima fase nel
rilevamento delle piante. Ciononostante Claire Lemoine segue la teoria di Charles Ruelens sul
rapporto delle due raccolte in quanto considera le punture di spillo nelle piante vendute dal Nijhoff,
26 Ouverleaux, op. cit., pp. 3-4.
27 Pinchart, op. cit., p. 66, n. 2; Meurer, op. cit., p. 18.
28 Cl. Lemoine-Isabeau, Cartographie belge dans les collections espagnoles, XVIe – XVIIIe siècle, Bruxelles 1985, pp.
30-31.
7
e assenti in quelle dei volumi spagnoli, una prova chiara che le piante spagnole sono copiate su
quelle vendute dal Nijhoff. Peter Meurer, invece, considera la raccolta della Biblioteca reale come
una copia posteriore alla raccolta spagnola senza dimostrare però la sua ipotesi.29 Se vogliamo
seguire la proposta del Meurer, bisognerebbe sempre spiegare la presenza delle punture nella copia
della Biblioteca reale. D'altra parte, la puntura era uno dei metodi utilizzati più spesso per la copia
delle piante. Ne troviamo una bella descrizione nel Les règles du dessein et du lavis, pour les plans
particuliers des ouvrages et des bâtimens, et pour leurs coupes, profils, élévations et façades, tant
de l'architecture militaire que civile, di M. Buchotte, ingénieur ordinaire du Roi nell'edizione
rivista del 1754 (Parigi, chez Charles-Antoine Jombert). Nella quinta sezione della seconda parte si
descrivono tre metodi per copiare i disegni, il secondo dei quali, la puntura, perché come dice
l'autore più comune degli altri, è analizzata in particolare nella sezione che segue ed è intitolata De
quelle maniere il faut piquer un plan de fortification en entier pour éviter la confusion des points, et
pour n'en point oublier à piquer de ceux qui sont nécessaires :
La seconde méthode est de piquer l'original avec une aiguille fine, après l'avoir attaché sur le
papier blanc avec des épingles assez fines, ou avec des pinces à coulans. Quand je dis piquer,
j'entends seulement les extrémités des lignes du plan; ensuite l'on met la copie au crayon noir,
toujours légerement, pour la raison que nous avons dite ci-devant; enfin on tire ces lignes au
carmin ou à l'encre de Chine, selon qu'il convient; mais pour faciliter à voir les points, il faut
noircir un des côtés du carton sur lequel on dessine avec de bonne encre bien noire. Cette seconde
méthode est très juste pour les plans, profils, coupes, etc. mais elle n'est pas propre pour les cartes
ni pour le paysage, non plus que pour l'ornement de l'architecture civile et autres, comme la figure;
au reste elle est assez pénible, tant pour ne point oublier de point à piquer, que pour reconnoître ou
mettre le plan ou profil au crayon: cependant ceux qui ont la pratique de piquer, s'épargnent
quelquefois la peine de mettre le dessein au crayon, en tirant tout d'un coup les lignes au carmin ou
à l'encre de la Chine, selon qu'il convent, sans prendre un point pour un autre que très rarement;
mais le plus sûr est de mettre au crayon [...] on ne piquera point les banquettes des ouvrages ni les
traverses des chemins couverts [...] Il ne faudra pas encore piquer les ponts et autres minuties
semblables, autant qu'on le pourra, pour éviter toujours la grande confusion des points. A l'égard
du dedans d'un place, il faut tout piquer. Pour ce qui est des environs de la place, l'on ne doit
piquer que tout ce qui se doit faire à la règle, comme les maisons, s'il y en a, les chaussées, si elles
sont droites, dans toute leur longueur, ou par parties, et autres semblables [...] Pour donc tâcher de
n'oublier aucun point à piquer de ceux qui sont nécessaires, il faut garder un ordre, comme de
piquer tout de suite la ligne magistrale de tous les ouvrages de la fortification; ensuite celle des
parapets, puis celle des remparts et leur talut; après quoi on viendra aux fossés, aux contrescarpes,
de là aux chemins couverts, et enfin au pied de leur glacis, s'ils sont terminés. A l'égard du dedans
de la place il faudra le diviser par quartiers, c'est-à-dire par parties, que l’on marquera, si l'on
veut, par un trait de crayon très léger, afin de pouvoir l'effacer aisément avec la mie de pain rassis,
sans être obligé de frotter trop fort, pour ne point gâter l'original.30
Se ovviamente il testo parla della copia di un tipo di fortezze che nella prima meta del '500 non
29 Meurer, op. cit., p. 17. Visser, op. cit., pp. 117-119, distingue punture grosse, che avrebbero servito al rilevamento,
di punture piccole e rotonde, che avrebbero servito alla copia.
30 Buchotte, op. cit., p. 55-56 e 58-60.
8
esisteva ancora sotto quest'aspetto, la pratica della puntura non deve esser cambiata molto dal tempo
di Jacob van Deventer. In un manuale d'agrimensura del 1600, pubblicato a Leida, prodotto di una
collaborazione tra gli agrimensori olandesi Johan Sems e Jan Pieterszoon Dou31, ove il sesto
capitolo della terza parte è dedicato alla copia di piante, al loro ingrandimento nonché la loro
riduzione ed infine alla loro finitura (Vvaer in gheleert vvert een forme nae een ander maken, ofte
van d'een op d'ander plaetse over stellen, de serlve te vergrooten ofte vercleynen, ende hoe men
voorts de Caerten sal volmaken), due metodi sono presentati di cui il secondo è quello della
puntura:
De tweede maniere is seer bequaem als de forme op papier pargament ofte dierghelijcke materie
geteyckent is. Doet als volcht, legt het papier ofte pargament daer de forme op gheteyckent is op
'tghene daer ghy de selve op begheert over te teyckenen ende steect alle hoecken der forme door met
een spelt ofte prieme in sulcker voeghen dat ghy de teyckens meucht bemercken op u pargament ofte
daer ghy de caerte op begheert te maken: welke teyckens ofte puncten de hoecken der forme sullen
zijn, daerom treckt van punct tot punct linien, soo hebt ghy de forme uytghetrocken die ghy
begheert.32
Sembra chiaro che il nostro abbia adoperato la pratica descritta dagli agrimensori per copiare le sue
piante nel volume destinato al re, partendo da copie che certo non vanno considerate come delle
minute stricto sensu ma come copie personali ad uso privato. Diciamo ad uso privato, perché visto
l'ordine del re ed il carattere strettamente militare del lavoro testimoniato nei documenti dell'epoca,
la sua produzione non doveva essere destinata al pubblico, almeno in una prima fase.33 In effetti, se
certe piante datano già dai primi anni 50 del secolo, e certe forse ancora da prima, esse non sono
state utlizzate prima degli anni 1570. Agli anni 1570 risale infatti l'iniziativa di Braun-Hogenberg di
raccogliere le piante di gran parte delle città più importanti nel mondo: il famoso Civitates orbis
terrarum, pubblicato a Colonia tra il 1572 e il 1618.34 Per le città dei Paesi Bassi, le piante di
31 Practijck des lantmetens. Leerende alle rechte ende cromsijdige landen, bosschen, boomgaerden, ende ander velden
meten, soo vvel met behulp des quadrants, als sonder het selve... van nieus ghecomponeert ende in druck uyt
gehegheven door Iohan Sems geadmitteert lantmeter by den hove van Vrieslant ende Jan Pietersz. Dou,
gheadmitteert lantmeter by den hove van Hollant, ghedruckt tot Leyden by Jan Bouwensz. anno 1600.
32 p. 111.
33 Cfr. la lettera di Viglius del 16 novembre 1573 : [...] Optassem autem pro magna re ut Regia Majestas opere ipsius
hoc tempore frui potuisset, quo urbium ab hostibus occupatarum aut a nostris obsessarum ex eius descriptione
pleniorem cognitionem accipere potuisset. (Pinchart, op. cit., p. 64, n. 3) ; la lettera del medesimo del 7 novembre:
[...] Sollicitus vero sum quomodo ea volumina tuto ad Majestatem Suam dirigere queam, cum magnopere intersit,
ne in itinere quod hodie male securum est, intercipiantur aut in alterius manus incidant. (Pinchart, op. cit., p. 66, n.
2). Si veda anche quanto scritto sul verso della pianta di Deventer presente nel terzo volume del Civitates orbis
terrarum di Braun-Hogenberg, uscito nel 1581, riguardante Jacob van Deventer: [...] Insignis etiam cosmographus,
Iacobus a Daventria, [...] omnes totius Belgii urbes, accuratissime delineatas, tribus voluminibus complexus sit,
quibus elaborandis perficiendisque, cum regiones omnes peragrando, diu, multumque insudasset, Coloniae
Agrippinae, satis praeventus, moritur. Et ne tam praestantia, et multorum sumptuum volumina, alienas ad manus
devenirent, amplissima senatus Agrippensis opera, conservata, et a preside Viglio in Hispanias, ad regem sunt
transmissa. (van 't Hoff, op. cit., p. 49-50).
34
Braun & Hogenberg, Civitates orbis terrarum 1572-1618, with an introduction by R.A. Skelton, Amsterdam 1965.
Cfr. G. Koets, Het blad met de stadsgezichten van Groningen, Gorinchem et Brouwershaven uit de Civitates Orbis
Terrarum, in «Caert-Thresoor», XXII, 2003, pp. 112-116.
9
Deventer ne furono la fonte principale. Si tratta di copie fedeli con poche modifiche. Le piante
appaiono soprattutto nel terzo et quarto volume dell'opera che uscirono rispettivamente nel 1581 e
circa il 1588. A questa data il Deventer era gà morto, i suoi volumi già spediti in Spagna. Certi ne
hanno dedotto che la collaborazione doveva risalire per forza agli anni 1572-1575 quando il
Deventer si era trasferito a Colonia.35 Però, la fonte delle piante delle città dei Paesi Bassi presenti
nei primi due volumi dell'opera di Braun-Hogenberg databili rispettivamente al 1572 ed al 1575,
non è costituito dal Deventer, anche se all'epoca una pianta della sua mano esisteva per certe di
queste città (ad esempio Béthune, Bruges, Bruxelles, Cambray, Dunkercque, Gand, etc.).36 Si
dovrebbe quindi supporre che questi volumi furono composti prima della collaborazione con il
Deventer, qualsiasi forma essa possa aver avuto, ossia che essi erano pronti molto tempo prima
della loro pubblicazione. Sembra più logico, invece, di suppporre che la contribuzione del Deventer
ai volumi di Braun-Hogenberg risale a dopo la pubblicazione dei primi volumi del Civitates orbis
terrarum. Si può in effetti avanzare una seconda ipotesi, vale a dire che il Deventer rispettando
l'impegno assegnatogli dalla corte spagnola non ha mai consentito la copia delle sue piante, e che
solo dopo la sua morte, per una strada ancora ignota, Braun e Hogenberg hanno potuto accedere alla
raccolta di Deventer e trarne le copie che conosciamo oggi. Questa ipotesi trova conferma nel fatto
che gli editori del Civitates usavano pubblicare assai rapidamente le piante che avevano ricevuto per
diverse strade sia da privati, commercianti, viaggiatori ossia collezionisti.37 Se furono in possesso
delle piante prima della morte del Deventer, non si capisce bene perché non le abbiano pubblicate
prima del 1581. Se quindi solo dopo la morte del Deventer le piante sono entrate nel possesso di
Braun e Hogenberg, probabilmente solo il tempo della copia per l'incisione, queste sono da
identificare con quelle vendute dal Nijhoff. In questo caso dovremmo concludere, per quanto
riguarda il rapporto tra le due raccolte, che siamo davanti a due prodotti simili ma con scopi diversi:
la raccolta spagnola prodotta per la corte reale e perciò in latino, la raccolta venduta dal Nijfhoff ad
uso strettamente privato, e perciò soprattutto in olandese, exemplar della raccolta spagnola, ma nello
stesso tempo con una progenitura più ampia che comprende anche i libri tre e quattro del Civitates
orbis terrarum.
Un caratteristico notevole sul quale bisogna attardarsi, prima di concludere, è il modo in cui
le strade sono state tracciate, per mezzo di puntini neri che ad intervalli irregolari sono ingrossati.
Questa pratica fa pensare a quella riscontrata nella mappa dei dintorni di Heidelberg eseguita da
Sebastian Münster nel 1528 (fig. 13 Erklerung des newen Instruments der Sunnen, Oppenheim
35
36
Skelton, op. cit, p. XIV seguito da P. Meurer, Atlantes Colonienses. Die Kölner Schule der Atlaskartographie 15701610, Bad Neustadt a.d. Saale 1988, pp. 31-33.
Skelton, ibidem, suppone che Braun-Hogenberg avrebbero aspettato con la pubblicazione delle piante copiate dal
Deventer per motivi di editoria, in particolare per non contrariare la corte spagnola.
10
1528) ossia la mappa itineraria di Europa di Martin Waldseemüller del 1511, di cui una sola copia
del 1520 è conservata al Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum di Innsbruck.38 Le strade vi sono
ripresentate a modo di puntini che rappresentano una distanza ben precisa. I puntini nelle piante di
Deventer non sembrano di aver questo significato, almeno non nelle versioni di cui disponiamo. A
volte la loro esecuzione è grossolana e il loro numero diverge da una versione all'altra. Solo i
puntini ingrossati rimangono costanti in tutte le versioni. L’ingrossatura serve sicuramente a
distinguerli dagli altri puntini. Peter Meurer ha suggerito che essi rappresentano i punti di
rilevamento ed in effetti i puntini si trovano all'altezza di cose importanti, case isolate, curve, fiumi,
scorciatoie, ecc. e sono anche questi puntini che sono puntati allo spillo.39 Li troviamo però solo per
le strade e non nella pianta delle mura, delle bastioni della città che sono nondimeno per il
rilevamento della pianta, punti di riferimento più importanti.
In conclusione
Se le mappe topografiche del Deventer sono il risultato del primo sistematico rilevamento a largo
raggio delle province olandesi che Carlo V (o altri, istituzioni ufficiali) aveva affidato al nostro, con
l'atlante delle città Filippo II portava avanti il progetto del padre di rappresentare su carta tutto il suo
impero del nord. In questo senso, e come è stato giustamente osservato, la produzione cartografica
del Deventer costituisce il pendant del compito affidato dagli stessi re al Van den Wijngaerde per
quanto riguarda la Spagna.40 Il progetto come esemplificato dal salvacondotto sopramenzionato, di
riunire in un solo volume mappe regionali e piante dettagliate di città di una stessa area geografica,
sarà ripreso quasi contemporaneamente ed in stretta collaborazione tra Abramo Ortelio e Frans
Hogenberg, rispettivamente ad Anversa e Colonia. Se oggi l'atlante di Ortelius uscito nel 1570 e il
Civitates di Braun e Hogenberg di cui il primo volume uscì nel 1572, sono considerate come due
progetti indipendenti e quindi studiate separatamente, per i loro editiori nonché per i loro
contemporanei essi costituirono parte integrante di una entità, di una intrapresa editoriale portata
avanti a quanto pare sulle orme del cartografo Jacob van Deventer.41
Wouter Bracke
37 Skelton, op. cit, p. XI.
38
Cfr. L. Gallois, Les géographes allemands de la Renaissance, Paris 1890, pp. 255-257. Si veda anche l’introduzione
di R. Oehme all’edizione anastatica di Sebastian Münster Cosmographei, Basel 1550, Amsterdam 1968, p. XV. Per
una riproduzione della mappa di Europa si veda ultimamente Monumenta Cartographica : facsimile’s van uniek
kaartmateriaal (tot ca. 1550) en originele kosmografische bronnen. Catalogus: Joost Depuydt; selectie facsimile’s:
Werner Kreuer, Leuven 2005.
39
Op. cit., p. 20.
40 L. Nuti nel suo studio Ritratti di città. Visione e memoria tra Medioevo e Settecento, Venezia, 1996, pp. 95-96. Si
veda anche M.M. Camino, Producing the city : bird’s-eye views of Habsburg Spain, in «Cartographica», 36, 1999,
pp. 17-30.
41 Skelton, op. cit., p. IX.
11