Il delicato rapporto tra diritto di accesso e diritto di cronaca nell’esercizio dell’attività giornalistica. Commento a Consiglio di Stato n. 3631 del 2016 di Norma Cardullo Indice. 1. Legittimazione attiva ad accedere ai documenti della P.A. 2. Il caso concreto. 3. Conclusioni. 1. Legittimazione attiva ad accedere ai documenti della P.A. La pronuncia del Consiglio di Stato rappresenta l’occasione per osservare, ancora una volta, come la giurisprudenza valuti in modo rigido e stringente la concreta sussistenza dei requisiti necessari a legittimare l’accesso ai documenti amministrativi ai sensi della Legge n. 241/1990, in considerazione dell’evoluzione della disciplina in materia. Nella sua conformazione generale, definita dall’art. 22, Legge n. 241/1990, l’accesso è il «diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia dei documenti amministrativi». La sua finalità, dunque, è garantire che i cittadini possano conoscere dei documenti detenuti dalla P.A. e da altri soggetti ad essa equiparati1, per cui costituisce, alla luce delle modifiche apportate dalla Legge n. 69/2009, un principio generale dell’attività amministrativa. Tale diritto è preordinato al perseguimento di rilevanti finalità di pubblico interesse, intese a favorire la partecipazione e ad assicurare l’imparzialità e la trasparenza dell’attività amministrativa, in attuazione dei principi sanciti dagli artt. 97, 98 Cost.. Inoltre, l’accesso realizza il diritto di difesa, ex artt. 24, 113 Cost., perché permette di conoscere gli atti utili alla proposizione di un’azione giurisdizionale e, ancor prima, a valutare la stessa opportunità di promuoverla. L’istituto in esame si inserisce a livello comunitario nel più generale diritto all’informazione dei cittadini rispetto all’organizzazione e all’attività soggettivamente amministrativa, quale strumento di prevenzione e contrasto sociale ad abusi ed illegalità della P.A.2. La giurisprudenza più recente pare aver superato il dibattitto sulla natura giuridica del diritto di accesso (diritto soggettivo o interesse legittimo)3 chiarendo, piuttosto, che non è semplicemente un mezzo di tutela strumentale rispetto al bene finale oggetto della situazione giuridicamente tutelata ad esso sottostante, ma costituisce un bene della vita autonomo, consistente nella conoscenza dei documenti amministrativi che riguardano l’istante. Con l’azione a tutela dell’accesso viene, quindi, assicurata al privato la trasparenza dell’azione della pubblica amministrazione, indipendentemente dalla concreta lesione di una determinata posizione di diritto o interesse legittimo4. Chiarita, dunque, la natura autonoma della posizione giuridica soggettiva attribuita dall’ordinamento al diritto di accesso, ne devono essere delineati i confini per il relativo esercizio. 1 Il diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui agli artt. 22 e ss., Legge n. 241/1990 si applica non solo alla P.A. in senso stretto ma anche a tutti i soggetti di diritto pubblico e di diritto privato, comprese le società commerciali, limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario. Il diritto di accesso è inoltre correlato non soltanto all’attività di diritto amministrativo, ma anche a quella di diritto privato posta in essere dai gestori di pubblici servizi che pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest’ultima da un nesso di strumentalità (Cons. Stato, Sez. VI, maggio 2012, n. 2516). 2 Sul punto si veda T.A.R. Calabria, Sez. II, 5 agosto 2013, n. 861. 3 Per un approfondimento su tale dibattito si veda M. SANTISE, Coordinate ermeneutiche di diritto amministrativo, Cedam, Torino, 2016, 353 ss. 4 Ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 20 settembre 2012, n. 5047; Cons. Stato, Sez. III, 13 gennaio 2012, n. 116; Cons. Stato, Sez. V, 22 giugno 2012, n. 3683 e, da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 17 marzo 2015, n. 1370. 1 Innanzitutto, ai sensi dell’art. 24, co. 3, Legge n. 241/1990, l’accesso non è consentito per finalità di mero controllo della legalità dell’attività amministrativa (c.d. divieto di accesso esplorativo): la legittimazione ad accedere spetta, infatti, solo ai soggetti “interessati”, ossia «tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi», che abbiano un «interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso». Il legislatore ha posto tale limite al fine di evitare un ricorso eccessivo all’istituto che avrebbe intralciato il buon andamento della P.A. Infatti, l’accesso ai documenti amministrativi, anche se finalizzato ad assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa ed a favorirne lo svolgimento imparziale non può atteggiarsi a guisa di un’azione popolare volta a conseguire un controllo generalizzato dell’operato della P.A.5. Sussiste, pertanto, la legittima pretesa dell’amministrazione a non subire intralci alla propria attività istituzionale che possono conseguire alla presentazione di istanze dilatorie, che produrrebbero un appesantimento dell’azione amministrativa in contrasto con i canoni fondamentali dell’efficienza ed efficacia dell’azione stessa ai sensi dell’art. 97 Cost.6. Per quanto riguarda i caratteri di cui deve essere dotato l’interesse conoscitivo, ai sensi dell’art. 22, lett. b), Legge n. 241/1990, come novellato nel 2005, deve trattarsi di un interesse già esistente al momento della richiesta di accesso (attuale), riferibile ad un determinato soggetto che ne è titolare (diretto) e non consistente in un generico interesse alla legalità e al buon andamento dell’azione amministrativa (concreto), tangibile e meritevole perché volto realmente a tutelare la propria sfera giuridica e non emulativo, cioè finalizzato a recare molestie ai terzi (serio). Il legislatore richiede che l’interesse (diretto, concreto ed attuale) sia «corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata». La “corrispondenza”, perciò, è da intendersi quale nesso di strumentalità o anche semplicemente connessione con una situazione giuridica che l’ordinamento protegge attraverso la concessione di strumenti di tutela (non importa se essi siano giurisdizionali o amministrativi). In particolare, la giurisprudenza ha più volte sostenuto che l’accesso non fornisce un’utilità finale, ma un’utilità strumentale ad un’altra posizione giuridica che a sua volta produce un’utilità finale. Questa utilità, per così dire “intermedia”, si compendia in informazioni volte a capire se e come gli atti oggetto di accesso possano incidere sulla situazione sottostante. Ne deriva che la legittimazione all’accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell’istanza abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto7. Ne consegue che l’interesse all’accesso ai documenti della P.A. va valutato in astratto, senza che possa essere operato alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza della domanda giudiziale che gli interessati potrebbero eventualmente proporre sulla base dei documenti acquisiti mediante l’accesso8. La giurisprudenza ha fatto rientrare nella nozione di “situazione giuridicamente tutelata” - oltre ai diritti soggettivi, interessi legittimi ed interessi collettivi9 - anche l’aspettativa di diritto, l’interesse procedimentale (o amministrativamente protetto10), escludendo, invece, dalle situazioni che 5 Per tutte: Cons. Stato, Sez. IV, 4 febbraio 2003, n. 569. Cfr. C.G.A., sez. giurisdizionale, 24 ottobre 2001, n. 700. 7 Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 9 marzo 2011, n. 1492. 8 Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 28 marzo 2013, n. 1835. 9 Tra le situazioni giuridicamente tutelate “corrispondenti” al diritto di accesso rientrano anche gli interessi collettivi. Lo stesso legislatore ha ammesso la legittimazione dei soggetti portatori di interessi pubblici o diffusi. Legittimati all’accesso sono, dunque, anche gli enti (associazioni, comitati, etc.) esponenziali di tali interessi purché ricorrano i requisiti previsti dalla giurisprudenza, cioè che si tratti di enti effettivamente rappresentativi e che l’istanza di accesso sia pertinente con il loro fine statutario (Cons. Stato, Sez. IV, 11 aprile 214, n. 1768). Per approfondimenti sul punto, si veda M. SANTISE, Coordinate ermeneutiche di diritto amministrativo, op. cit., 357 ss.. 10 Sul punto si veda Cons. Stato, Ad. Plen., 24 aprile 2012, n. 7, che ha affermato che «La disciplina dell’accesso agli atti amministrativi non condiziona l’esercizio del relativo diritto alla titolarità di una posizione giuridica tutelata in modo 6 2 legittimavano la richiesta di accesso, i meri interessi di fatto e chiarendo, però, che la posizione che legittima l’accesso non richiede necessariamente tutti i requisiti stabiliti per agire in giudizio (non coincide, cioè, con l’interesse all’impugnazione davanti al G.A., che presuppone una lesione concreta ed attuale)11. La novella chiarisce, inoltre, che la situazione giuridicamente tutelata, corrispondente all’interesse all’accesso, deve essere “collegata al documento” oggetto della relativa istanza. L’interesse (diretto, concreto ed attuale) è dunque riferito al documento del quale si chiede l’ostensione. L’Amministrazione deve consentire l’accesso se il documento contiene notizie e dati che, secondo quanto esposto dall’istante, nonché alla luce di un esame oggettivo, attengono alla situazione giuridica tutelata o con essa interagiscano12. Occorre, cioè, aver riguardo anche al documento oggetto della istanza relativa e verificare l’incidenza, anche potenziale, sull’interesse di cui il soggetto è portatore, essendo necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostancolandone il soddisfacimento13. E’ fondamentale sottolineare che l’evoluzione della legislazione in materia di accesso, sempre più aperta alle esigenze di trasparenza dell’azione amministrativa, ha portato a configurare diverse forme di accesso creando un insieme di sistemi di garanzia per la trasparenza, tra loro diversificati pur con inevitabili sovrapposizioni. Significativo di tale tendenza è l’introduzione nell’ordinamento del c.d. accesso civico disciplinato dall’art. 5, D.lgs. n. 33/2013. Tale forma di accesso ha lo scopo di visionare costantemente l’attività amministrativa sotto il profilo delle risorse impiegate e dell’attività svolta, si esercita quando la P.A. è inadempiente agli obblighi normativi di pubblicità non effettuando le dovute pubblicazioni, avendo scrutinato in via preventiva il legislatore l’esigenza di rendere noto il dato, il documento e l’informazione. La trasparenza assume in tale ambito i contorni, dunque, dell’accessibilità totale, moderna frontiera della democrazia partecipativa in cui i cittadini sono chiamati ad interagire con le istituzioni in maniera consapevole e responsabile14. 2. Il caso concreto La sentenza del Consiglio di Stato in esame scaturisce dal ricorso presentato da un giornalista contro il Ministero dell’economia e delle finanze, nei confronti della società “Dexie Crediop s.p.a.”, per la riforma della sentenza del T.A.R. Lazio, n. 13250/2015, resa tra le parti e concernente il diniego di accesso agli atti su contratti finanziari in derivati tra lo Stato e taluni istituti di credito. In particolare, l’adito T.A.R. respingeva la pretesa attorea ritenendo che la posizione del giornalista e l’interesse dei potenziali lettori ad una maggiore informazione sui contratti in derivati non fossero elementi sufficienti a fondare la legittimazione qualificata all’accesso ai sensi dell’art. 22 e ss. della Legge n. 241/1990 dall’attore invocati. Il giudice di primo grado, inoltre, riteneva l’effetto di tale divulgazione pregiudizievole sulle attività in derivati, con svantaggio competitivo di Stato ed istituti nel mercato relativo. A seguito dell’impugnazione di tale pronunzia il Consiglio di Stato ha sancito dei principi particolarmente interessanti sulla legittimazione all’accesso -e i suoi limiti- nell’ambito di una tematica delicata quale il rapporto tra diritto di cronaca nell’esercizio dell’attività giornalistica e diritto di accesso ai documenti detenuti dall’amministrazione. pieno […] essendo sufficiente il collegamento con una situazione giuridicamente riconosciuta anche in misura attenuata». 11 Ex plurimis: T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 20 aprile 2009, n. 3968. 12 Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 29 gennaio 214, n. 461. 13 Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 24 aprile 2012, n. 7. 14 Cfr. ANAC, Atto di segnalazione n. 1 del 2 marzo 2016. Sulle differenze che intercorrono tra l’accesso civico e il diritto di accesso di cui alla Legge n. 214/1990 si veda M. SANTISE, Coordinate ermeneutiche di diritto amministrativo, op. cit, 570 ss.. Si veda, inoltre, Cons. Stato, Sez. VI, 20 novembre 2013, n. 5515. 3 L’intera vicenda oggetto di gravame si gioca su uno dei presupposti del diritto di accesso, quale la legittimazione attiva ad accedere, che nel caso di specie si traduce nella “libertà di informarsi per informare”, strumentale all’esplicazione della libertà di pensiero - tutelata a livello costituzionale dall’art. 21 – sub specie di libertà di cronaca. Il Consiglio di Stato con la sentenza in esame mostra di essere ben consapevole che la giurisprudenza e la dottrina hanno svolto un’opera di ridefinizione della formula dell’art. 21 Cost., giungendo a configurare una differenza tra il profilo attivo e il profilo passivo della libertà in essa sancita. In particolare, il primo profilo si sostanzia nella libertà di informare, ossia di diffondere e comunicare idee e notizie assicurando alla collettività il contributo del pensiero di ciascun cittadino ed il consentire la libera formazione della pubblica opinione. Tale aspetto trova un’esplicita formulazione nell’art. 2, Legge n. 69/1963 (Ordinamento della professione giornalistica) che tutela «come diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica». Il secondo profilo attiene, invece, ai destinatari dell’informazione e si specifica nella libertà di essere informati e di accedere alle informazioni15. L’attenzione del Supremo Consesso si è incentrata su quest’ultimo aspetto e, in particolare, sulle posizioni soggettive inerenti alla libertà di informarsi, con particolare riguardo più che all’interesse a ricevere le notizie in circolazione e non coperte da segreto o da riservatezza (aspetto che esula dall’oggetto del giudizio), all’interesse a ricercare le notizie. La stretta interdipendenza tra il citato interesse e l’attività di chi divulga le informazioni è stata indagata dalla giurisprudenza che in passato ha affermato che «una testata giornalistica ha titolo ad accedere ai documenti amministrativi, ai sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241, per poterli successivamente pubblicare onde informare i propri lettori; ciò in quanto il diritto di accesso si presenta come strumentale rispetto alla libertà di informazione, costituzionalmente riconosciuta agli organi di stampa, ed occorre altresì riconoscere alla testata giornalistica una posizione qualificata e differenziata alla conoscenza degli atti non riservata alla P.A., che possono interessare i propri lettori»16. Tuttavia, tale assunto non costituisce un principio generale, dovendosi pur sempre, e di volta in volta, tener presente l’ambito soggettivo e quello oggettivo prescritti dalla legge entro i quali va riconosciuta la tutela sottesa all’accesso. In particolare, l’essere titolari di una situazione giuridicamente tutelata non è sufficiente perché l’interesse possa considerarsi diretto, concreto ed attuale come richiesto dalla normativa sull’accesso invocata dal ricorrente. Occorre, invece, dimostrare in concreto che gli atti cui si chiede di accedere siano in qualche modo collegati alla situazione giuridica tutelabile (nel caso di specie consistente nella “libertà di informarsi per informare”) e se la conoscenza di tali atti sia in grado di concorrere alla tutela della situazione enunciata, ossia l’utilizzo dei documenti per finalità giornalistiche. Secondo l’interpretazione del Consiglio di Stato, va, pertanto, condotta “un’indagine circa la consistenza della situazione legittimante all’accesso e la relativa valutazione va articolata a seconda della disciplina normativa di riferimento – nel caso di specie gli artt. 22 e ss., Legge n. 241/1990 - , che varia in significative parti sia con riguardi ai caratteri della posizione legittimante (interesse “diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata” di cui alla legge n. 241) sia dei vari presidi che legge pone verso l’accesso generalizzato (non collegato, cioè, 15 Cfr. Corte Cost., 5 febbraio 1985, n. 126; Corte Cost., 10 luglio 1974, n. 225; Corte Cost., 12 dicembre 1972, n. 172; con le quali viene fermamente riconosciuto il particolare valore che la libertà di informazione assume nel nostro ordinamento, quale «risvolto passivo della libertà di manifestazione del pensiero». Cfr., inoltre, Corte Cost., 28 gennaio 1981, n. 1, nella quale il Giudice delle leggi ha sancito che affinché la libertà di informazione non si riduca ad una mera enunciazione di principio, essa deve ritenersi comprensiva anche della libertà di acquisizione delle notizie. In Dottrina, si veda, G. BERTI, Interpretazione costituzionale, Padova, Cedam, 2001, 189 e ss.. 16 Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 6 maggio 1996, n. 570. 4 ad un interesse qualificato e differenziato o comunque volto a un controllo diffuso sull’attività dei poteri pubblici)”. Ove si ritenesse superflua tale verifica si rischierebbe di considerare di per sé sufficiente l’esercizio dell’attività giornalistica – e il fine di svolgere un’inchiesta su una determinata tematica – per ritenere il richiedente legittimato ad accedere ai documenti in possesso della P.A., sol perché genericamente riconducibili all’oggetto di detta “inchiesta”, così introducendo un sorta di inammissibile azione popolare sulla trasparenza dell’azione amministrativa (ai sensi del già citato art. 24, co. 3, Legge n. 241/1990). L’appello viene, dunque, respinto sulla base della non dimostrata sussistenza di una posizione legittimante, ai sensi e nei termini dell’art. 22, Legge n. 241/1990 il cui ambito applicativo non può essere dilatato (come avviene, ad esempio, nel caso in cui il numero dei documenti richiesti nonché la genericità della richiesta avanzata, lasciano intravedere un intento che si pone al di fuori della portata della norma di cui al citato art. 22, ossia quello di esercitare un controllo generalizzato nei confronti della P.A.; ovvero quando l’istanza si estende indiscriminatamente ad atti e documenti che possono essere del tutto indifferenti ai fini della richiesta, tramutandosi la domanda in un aggravamento dell’attività amministrativa richiesta17). Non si può, dunque, generalizzare il rapporto tra diritto d’accesso e libertà di informare, in quanto “il nesso di strumentalità tra le due figure, che pur esiste, […] si sostanzia non già reputando il diritto di accesso qual presupposto necessario della libertà d’informare, ma nel suo esatto opposto. E’ il riconoscimento giuridico di questa che, in base alla concreta regolazione del primo, diviene il presupposto di fatto affinché si realizzi la libertà d’informarsi”. In altri termini, la libertà di informare viene messa in secondo piano rispetto al diritto generale di essere informati (diritto di accesso): solo se il diritto di accesso viene esercitato nei limiti previsti alla norma (che vieta un controllo generalizzato all’attività della P.A.) si può realizzare concretamente e lecitamente il diritto di essere informati. Non sfugge al Supremo Consesso che, sul versate dei rapporti con i pubblici poteri, il legislatore non sconta limiti generali nel prevedere in favore dei cittadini una serie più o meno ampia di diritti ad essere informati18. L’evoluzione della legislazione in materia di accesso dimostra, infatti, una sempre maggiore apertura alle esigenze di trasparenza dell’azione amministrativa. Ciò ha condotto a configurare, come rilevato anche dalla sentenza in esame, un insieme di sistemi di garanzia della trasparenza tra loro diversificati con diversi presupposti di operatività, finalità, metodi di approccio alla conoscenza ed altrettanti livelli soggettivi di pretesa alla trasparenza dei pubblici poteri19. In tale contesto, il sistema delineato dalla Legge n. 241/1990 – parametro normativo di riferimento del 17 Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 22 settembre 2014, n. 4748. Come avviene, per esempio, con le regole di pubblicità ex art. 29, D.lgs. n. 33/2013 (Obblighi di pubblicazione del bilancio, preventivo e consuntivo, e del Piano degli indicatori e risultati attesi di bilancio, nonché dei dati concernenti il monitoraggio degli obiettivi) che prevede: «1. Le pubbliche amministrazioni pubblicano i documenti e gli allegati del bilancio preventivo e del conto consuntivo entro trenta giorni dalla loro adozione, nonché i dati relativi al bilancio di previsione e a quello consuntivo in forma sintetica, aggregata e semplificata, anche con il ricorso a rappresentazioni grafiche, al fine di assicurare la piena accessibilità e comprensibilità. 1-bis. Le pubbliche amministrazioni pubblicano e rendono accessibili, anche attraverso il ricorso ad un portale unico, i dati relativi alle entrate e alla spesa di cui ai propri bilanci preventivi e consuntivi in formato tabellare aperto che ne consenta l’esportazione, il trattamento e il riutilizzo, ai sensi dell’articolo 7, secondo uno schema tipo e modalità definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare sentita la Conferenza unificata. 2. Le pubbliche amministrazioni pubblicano il Piano di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91, con le integrazioni e gli aggiornamenti di cui all'articolo 22 del medesimo decreto legislativo n. 91 del 2011». 19 In Consiglio di Stato rileva che tale estensione della trasparenza si è atteggiata in forme diverse di legittimazione «soggettiva, a seconda della più o meno diretta strumentalità della conoscenza, incorporata negli atti e documenti oggetto dell’accesso, rispetto ad un interesse protetto e differenziato, diverso dalla mera curiosità del dato, di colui che esprime sì il bisogno di accedere, ma con le modalità previste dalla specifica disciplina normativa invocata». 18 5 caso di specie - pur presentando vari livelli soggettivi di pretesa alla trasparenza dei pubblici poteri (particolarmente ampi con riguardano alla partecipazione di un soggetto al procedimento amministrativo – ex artt. 7, co. 1; 8, co. 2, lett. b); art. 1, lett. a) - od ad un processo amministrativo già in atto – ex art. 116, co. 2, c.p.a. -, oppure quando l’accesso riguardi «documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici - ex art. 24, co. 7) richiede comunque la titolarità di un «interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso». E’ allora ben chiaro che il diritto d’accesso disciplinato dalla legge sul procedimento amministrativo non è connotato da caratteri di assolutezza e soggiace, oltre che ai limiti di cui all’art. 24, Legge 241/199020, alla rigorosa disamina della posizione legittimante del richiedente, il quale deve dimostrare un proprio e personale interesse a conoscere tutti gli atti e documenti richiesti. Ed infatti, come si è detto, il diritto di cronaca è presupposto fattuale del diritto ad essere informati ma non è di per sé solo la posizione che legittima l’appallante all’accesso invocato ai sensi della legge n. 241/1990. La pronunzia in commento, peraltro, ha chiarito che tale aspetto non è in contrasto con la c.d. “società dell’informazione” cui a livello europeo tende la dir. n. 2003/98/CE21, poiché, «al di là dell’enfasi così manifestata, l’accesso invocato ai sensi della Legge n. 241/1990 comunque non esclude, nei ben noti e ovvi limiti della ragionevolezza e proporzionalità, regimi nazionali che possano delimitare l’accesso anche con riferimento alla titolarità di una posizione legittimante». Il Supremo Consesso ricorda, ad esempio, il c.d. accesso civico (ex art. 5, D.lgs n. 33/213) con il quale, come si è anticipato, è stato introdotto uno strumento di controllo diffuso sul perseguimento delle finalità istituzionali della P.A. e sul corretto utilizzo delle risorse pubblicistiche. All’obbligo gravante sulla P.A. di pubblicare sui propri siti web istituzionali un’ampia serie di dati relativi sia alla propria organizzazione sia alla propria attività corrisponde il riconoscimento in capo a qualsiasi soggetto del diritto di accesso civico. Tale situazione giuridica soggettiva è caratterizzata da gratuità, da una legittimazione soggettiva indiscriminata e assoluta, dall’assenza di qualsiasi onere motivatorio a carico dell’istante e da una natura incondizionata. Il problema relativo alla compatibilità di tale istituto con il l’art. 24, co. 3, Legge n. 241/1990 è stato superato dalla giurisprudenza maggioritaria22 che ha affermato che il D.lgs. n. 33/2013 non ha determinato l’abrogazione tacita o implicita delle norme della legge generale sul procedimento amministrativo 20 L’art. 24, Legge n. 241/1990 indica le ipotesi di esclusione dal diritto di accesso distinguendo tra c.d. “esclusione tassativa” e c.d. “esclusione facoltativa”. Nella prima categoria, disciplinata dall’art. 24, co. 1, rientrano ipotesi in cui è preclusa in assoluto la possibilità per la P.A. di consentire l’accesso. Si tratta di limiti di carattere oggettivo finalizzati alla salvaguardia di interessi pubblici che il legislatore, con un giudizio astratto, considera prioritari rispetto all’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi. Il co. 2 del medesimo articolo prevede che le singole amministrazioni individuino con proprio regolamento le categorie di atti escluse dall’accesso, rientranti nei casi di cui al primo comma. Nella seconda categoria, disciplinata dal co. 6 dell’art. 24, rientrano settori con riferimento ai quali mediante regolamento governativo si può prevedere che determinati documenti formati dalle P.A. o comunque nella loro disponibilità siano sottratti all’accesso. E’ bene precisare che l’adozione del regolamento è obbligatoria, mentre discrezionale è solo la scelta di quali documenti sottrarre all’accesso e quali no. Infine, il co. 7 chiude l’articolo affermando che «deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici». La giurisprudenza ha ritenuto che tale controlimite vada riferimento al solo limite della riservatezza e non anche agli altri limiti indicati dall’art. 24 (Cons. Stato, Sez. VI, 7 febbraio 2014, n. 600). Per un’analisi approfondita della tematica, si veda, M. SANTISE, Coordinate ermeneutiche di diritto amministrativo, op. cit., 561 ss.. 21 In particolare, il considerando n. 2 prevede che «L’evoluzione verso la società dell’informazione e della conoscenza incide sulla vita di ogni cittadino della Comunità, consentendogli, tra l’altro, di ottenere nuove vie di accesso alle conoscenze e di acquisizione delle stesse». 22 Cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. VI, 20 novembre 2013, n. 5515. 6 in materia di accesso poiché le due normative hanno ambiti applicativi oggettivi diversi. In particolare, il diritto di accesso civico riguarda soltanto quei dati – non necessariamente contenuti in documenti – per cui è previsto un obbligo di pubblicazione dalla legge. La mancata pubblicazione fa nascere un diritto soggettivo, praticamente incondizionato, a conoscere tali dati, attraverso lo strumento in esame. Resta ferma, dunque, la disciplina dell’accesso ex art. 22, Legge n. 241/1990 per gli altri atti della P.A.23. Infine, la giurisprudenza in commento ha precisato che ancora diversi sono i presupposti che disciplinano l’accesso ai sensi del D.lgs. n. 97/2016 (che ha novellato il citato art. 5, D. lgs. N. 33/2013), svincolato – per un verso- da una posizione legittimante differenziata; e sottoposto –per un altro verso - ai limiti previsti dall’art. 5 bis. In tal caso, dunque, secondo la pronuncia in esame «la P.A. intimata deve in concreto valutare, se i limiti enunciati sono da ritenere in concreto sussistenti, nel rispetto dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza, a garanzia degli interessi ivi previsti e non potrà non tener conto, nella suddetta valutazione, anche delle peculiarità della posizione legittimante del richiedente». 3. Conclusioni. Dall’iter logico seguito dal Supremo Consesso amministrativo si evince che, in linea di principio, sarebbe contrario ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico la pretesa di equiparare la posizione di una testata giornalistica o di un operatore di stampa, per quanto attiene al diritto di accesso, al quisque de populo e negarle, di conseguenza, la titolarità di una posizione differenziata e qualificata alla conoscenza di atti – non riservati – che possono interessare i propri lettori. Tuttavia, secondo le indicazioni fornite dalla sentenza in commento, non si ravvisa nel corpo dell’art. 21 Cost. - di cui la libertà di informare costituisce un’espressione - il fondamento di un generale diritto di accesso alle fonti notiziali al di là del concreto regime normativo che di volta in volta regola l’accesso. Pertanto, il diritto di accesso deve essere comunque vagliato, in primis verificando che l’istanza non rientri in un caso di esclusione; in secundis, verificando che il giornalista istante abbia un interesse «diretto, concreto ed attuale» da soddisfare, il che non coincide con il dovere di informare terze persone. Occorre, dunque, dimostrare l’incisione diretta degli atti nella propria sfera giuridica, e non semplicemente il diritto di poter informare, in quanto tal azione si tramuterebbe in un ingiusto controllo generalizzato dell’attività amministrativa, valutando, semmai, se un tale esercizio di tutela non sia effettivamente azionabile con altri rimedi offerti dall’ordinamento (per esempio, il c.d. accesso civico). 23 In realtà, la giurisprudenza ha, in alcune, pronunce, ravvisato una possibile sovrapposizione tra i due istituti, nel caso in cui i dati soggetti all’obbligo di pubblicazione presentino anche tutti i requisiti già esaminati del documento accessibile ex art. 22 ss., Legge n. 241/1990, affermando che, in tal caso, l’interessato sarà libero di scegliere tra l’accesso civico e quello procedimentale (Cfr. T.A.R. Campania, Sez. VI, 5 novembre 2014, n. 5671). 7