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GRAMMATICA ITALIANA
Prof.ssa BARBARA CORPINA
Handout Lezione VI e VII- 21-22/03/11
Relazioni strutturali: l'ambiguità.
Precedenza e dominio.
I costituenti che formano una frase sono ordinati in base a precisi ordini gerarchici, che si
definiscono in base alle nozioni di precedenza e di dominio.
La precedenza è la relazione strutturale relativa all’ordine delle parole: essa mette in evidenza
la funzione dei costituenti all’interno della frase.
Ad esempio, in una frase come
1) “Luca vede Maria con il cannocchiale”
sono presenti due NP, [Luca] e [Maria], le cui funzioni sono, come ovvio, differenti. Se, quindi,
prendiamo il VP come “nucleo” della struttura frasale, potremo subito identificare il NP che precede
il VP come il soggetto della frase, mentre il NP che segue il VP come l’oggetto. Tale rapporto di
precedenza viene chiaramente illustrato dall’indicatore sintagmatico:
1a)
VP
NP
N
V'
V
Luca
NP
N'
vedN
Maria
PP
P'
P
con
DP
il cannocchiale
Ma la precedenza da sola non basta a definire i rapporti strutturali tra i costituenti di una frase,
per cui si rende necessaria la nozione di dominio.
Si dice che un nodo A domina un nodo B se A è più in alto nell’albero ed è collegato a B solo
da rami discendenti.
In base alla struttura così rappresentata il PP [con il cannocchiale] è dominato dal NP [Maria] in
quanto è collegato a esso per mezzo di un ramo discendente. Questo rapporto di dominio ci dice,
che “il cannocchiale era in possesso di Maria al momento in cui Luca l’ha visto”.
Ma la frase “Luca vede Maria con il cannocchiale” ammette anche una seconda lettura, vale a
dire quella in cui “Luca ha usato il cannocchiale per vedere Maria”. In questo caso, dunque, il PP
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[con il cannocchiale] non potrà essere nel dominio di Maria, ma nel dominio dell’azione svolta da
Luca (il suo “vedere”).
Questa relazione strutturale riceverà dunque la rappresentazione fornita in 1b), in cui il PP è un
aggiunto al nodo VP:
1b)
VP
VP
PP
NP
V'
P'
Luca
V
ved-
NP
con
Maria
DP
il cannocchiale
NB: la rappresentazione sintattica per mezzo di alberi prevede esclusivamente una
ramificazione binaria, vale a dire, non è possibile far partire da uno stesso nodo più di due rami
discendenti.
Teoria-theta e principio di proiezione
Come sappiamo, la Teoria-theta (Criterio Tematico) sancisce un principio secondo il quale ogni
costituente selezionato dal verbo (DP, NP, PP, ecc.) può ricevere un unico ruolo-θ e ciascun ruolo-θ
può essere assegnato a un solo costituente selezionato dal verbo.
Ne deduciamo che vi è una corrispondenza biunivoca tra numero di argomenti (stabiliti dalla
valenza del verbo) e ruoli-θ che vengono assegnati.
Il criterio-theta rende conto, dell'agrammaticalità di frasi italiane o inglesi come le seguenti:
2a) *Tu Luigi ha visto il film.
2b) *You John saw the movie.
3a) *Ho visto lui Luigi.
3b) *I saw him Luigi.
L’analisi sintattica rende conto di questo rapporto biunivoco assegnando a ogni argomento una
sola posizione specifica all’interno dell’albero sintattico: nessuna posizione può essere riempita
due volte.
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Allo stesso modo, il criterio-theta rende conto dell'agrammaticalità di frasi come le seguenti:
4a) *Chi hai visto lui?
4b) *Whom did you see him?
Nelle frasi in 4), infatti, troviamo la stessa violazione del criterio-theta discussa per le frasi 2) e
3): due elementi ricoprono con lo stesso ruolo semantico (paziente) all’interno della frase.
Tuttavia, vi è una considerazione in più da fare per le frasi in 4). Come evidente, il costituente
interrogativo (chi/whom), che svolge la funzione di oggetto del verbo, è stato “spostato” dalla sua
posizione di inserzione lessicale (necessariamente postverbale), per essere realizzato in posizione
iniziale di frase. Il costituente interrogativo ha dunque “lasciato libera” la sua posizione originaria
di COMPL di VP. Tuttavia, l'agrammaticalità delle frasi in 4) mostra in modo altrettanto evidente che
tale posizione originaria non può essere nuovamente riempita da altro materiale perché:
Principio di Proiezione Esteso: l’interpretazione di una frase richiede che le informazioni
semantiche (presenti nella struttura-p), siano mantenute e rispettate ad ogni livello.
Ne consegue che:
Anche in seguito a un’operazione di movimento, la posizione originaria di un costituente resta e
non viene eliminata, piuttosto viene “occupata” dalla sua “traccia”.
La presenza delle tracce garantisce che l’informazione lessicale, strutturale e semantica non
venga mai perduta, e si conservi intatta fino ai livelli di interpretazione.
Il concetto di “traccia”
Di fronte ad una frase come quella in 5), il Principio di proiezione porta a ipotizzare la presenza
di una traccia lasciata dal movimento dell’oggetto-PAZIENTE chi, all’interno della sua posizione
originaria (come COMPL del verbo vedere).
5) Chi hai visto?
Visualizziamo questo movimento e la sua traccia, senza esaminare, per il momento, il punto
finale del movimento considerato:
5) [VP (tu) [V' hai visto [ chi ]]

chi [VP (tu) [V’ hai visto [ tchi ]]
La traccia lasciata all’interno del VP garantisce che l’informazione relativa a quel ruolo
argomentale venga mantenuta, interpretata e non venga ripetuta da altro materiale linguistico.
Ma cos’è una traccia?
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Una traccia è un elemento privo di contenuto fonico, ed è, in quanto tale, una “categoria
vuota”, la cui presenza è fondamentale per l’interpretazione “profonda” dei costituenti.
Proprio per questo suo ruolo cruciale ai fini dell’interpretazione, una traccia richiede che siano
soddisfatti alcuni requisiti strutturali specifici per la sua cosiddetta legittimazione.
La legittimazione delle tracce ha portato all’elaborazione di un principio estremamente
importante all’interno della grammatica generativa, che va sotto il nome di “Principio della
Categoria Vuota” (“ECP”, dall’inglese Empty Category Principle). Questo principio stabilisce che
una categoria vuota deve essere retta propriamente, e questa condizione può essere soddisfatta
attraverso due modalità:
ECP:
Una traccia deve essere retta propriamente.
α regge propriamente β se e solo se:
- α assegna ruolo tematico a β
oppure
- α regge β per antecedenza.
Ma cosa si intende con “α regge β” ?
Relazioni tra le posizioni nell’albero: dominio, c-comando e reggenza
La relazione strutturale definita dalla reggenza ha un ruolo di primaria importanza all’interno
della teoria X-barra in quanto interviene all’interno di diverse operazioni sintattiche.
Per definire il concetto di reggenza è necessario aver chiaro:
1. il concetto di dominio,
2. il concetto di c-comando.
Dominio:
Un nodo X domina un nodo Y se è possibile tracciare una linea continua che segue la
direzione in cui si sviluppa l'albero a partire dalla radice verso i nodi terminali.
Nell'albero in 6) ad esempio:

VP domina tutti gli altri nodi dell'albero,

PP domina _______________

V' domina _______________

NP [Luigi] domina _______________

NP [Mario] domina _______________
Preliminare alla formulazione della reggenza è anche la definizione del c-comando:
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C-comando
Un nodo α c-comanda un nodo β se e solo se:
- α non domina β,
- β non domina α,
- il primo nodo ramificante che domina α domina anche β
Dunque, dato un albero come quello in 6), possiamo dire che:

il NP Luigi c-comanda ___________________ ,

parl- c-comanda ___________________ ,

e la preposizione con c-comanda ________________________ .
Al contrario, parl- non c-comanda il NP Luigi, perché il primo nodo che domina V è V', che non
domina il NP Luigi:
6)
VP
NP
V'
Luigi
V
parl-
PP
P'
P
con
NP
Mario
Possiamo ora fornire la formulazione di reggenza:
Reggenza
α regge β se e solo se:
- α è una testa;
- α c-comanda
- la prima proiezione massimale che domina α domina anche β.
Nella definizione della reggenza riveste un ruolo fondamentale il concetto di testa. Solo le teste,
infatti, possono avere la funzione di reggenti. Pertanto, in 6) solo il verbo parla e la preposizione
con sono delle categorie reggenti.
In particolare, parla regge _________________ mentre con regge __________________.
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IP E MOVIMENTO
Come abbiamo detto più volte, nel quadro teorico offerto dalla GG si prevede l’esistenza di due
livelli di rappresentazione: una struttura-p, in cui gli elementi lessicali vengono inseriti in base al
loro ruolo tematico, e una struttura-s nella quale i costituenti sono realizzati in posizioni che
vengono poi interpretate nei due livelli di interfaccia (FL e FF).
Abbiamo già visto come posizioni “originarie” e posizioni “finali” possano non coincidere in
quanto i costituenti vengono sottoposti a operazioni di movimento necessarie per la loro
interpretazione.
Il movimento rappresenta un punto cruciale all’interno della GG perché ogni sua operazione
(detta anche “move α”) deve essere motivata da precisi requisiti interpretativi.
All’interno della teoria sono previsti tre tipi principali di movimento:
1. Movimento-A, in cui il costituente spostato si muove “verso una posizione argomentale”;
2. Movimento della testa che coinvolge costituenti che sono teste di sintagmi e non proiezioni
massimali;
3. Movimento-A', in cui il costituente spostato si muove “verso una posizione non
argomentale;
Questi movimenti coinvolgono costituenti diversi e rispondono a necessità interpretative
differenti.
Il fattore che accomuna qualsiasi operazione di movimento è la necessità di poter “ricostruire”
tutto il percorso compiuto da un costituente, dalla sua posizione in SP a quella in SS e tutte le
operazioni compiute dalla Sintassi. In effetti, nessun movimento avviene senza motivo e dunque
ogni operazione contribuisce all’interpretazione della frase.
Ogni operazione di movimento lascia quindi una traccia e ogni traccia deve essere legittimata
attraverso una condizione strutturale di reggenza.
Il legame esistente tra un costituente sottoposto a movimento e la sua traccia dà origine a quella
che viene definita una catena. Il movimento di un costituente può portarlo a raggiungere anche
diverse posizioni nella struttura (è possibile cioè che il movimento proceda per “passi successivi”).
In questo caso la catena conterrà diverse tracce.
Abbiamo già detto che il sintagma frasale è l'IP, la proiezione massimale della flessione verbale.
Abbiamo visto che all'interno del VP la testa V seleziona i suoi argomenti e che quindi il VP è la
zona di interfaccia tra sintassi e semantica. Ma abbiamo anche visto che il verbo si deve accordare
con il soggetto e con le informazioni relative al tempo, all'aspetto e al modo, oltre che con il
soggetto sintattico. Tali fenomeni di accordo avvengono nell'IP, zona di interfaccia tra sintassi e
morfologia.
È chiaro però che in una frase come 7) rappresentata nel diagramma di seguito la lettura
dell’albero non corrisponde alla realizzazione fonetica della frase:
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7) Luca guarda Mario
7a)
IP
I'
I
-a
VP
NP
V'
N
V
guard-
NP
Luca
N'
N
Mario
Infatti a un certo punto il morfema “-a” si dovrà unire al verbo “guard-”, ma come?
7b)
IP
I'
VP
I
guarda
NP
V'
Luca
NP
V
tV
Mario
ma anche spostando la testa V verso la posizione di testa I (questo movimento è detto
MOVIMENTO TESTA A TESTA) per far sì che la radice lessicale si unisca alla flessione, la
lettura dell'albero non corrisponde ancora alla realizzazione fonetica della frase in quanto il NP
Luca, in seguito al movimento, si viene a trovare dopo il verbo (nella posizione in cui riceve ruolo
argomentale di agente in Spec,VP). Da questa posizione, questo NP si sposta nella posizione in cui
riceve la funzione sintattica di soggetto: Spec,IP, come mostrato nel diagramma che segue:
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7c)
IP
I'
NP
VP
Luca
I
guarda
V'
tNP
NP
V
tV
Mario
Questo tipo di movimento del NP da Spec,VP a Spec,IP è detto MOVIMENTO-A
(approfondiremo in seguito).
La teoria del Caso
Le grammatiche scolastiche tendono a parlare di “caso” solo quando trattano lingue quali il
latino o il tedesco che hanno un sistema di Casi esteso, quindi in 8) Caesar/Caesarem è declinato
diversamente a seconda che sia soggetto o oggetto:
Latino
8a) Caesar
Cesare-NOM
8b) Belgae
Belgi-NOM
Belgas
Belgi-ACC
Caesarem
Cesare-ACC
Tedesco
8c) Der Mann
Il-NOM uomo
8d) Der Lehrer
Il-NOM maestro
hat
ha
hat
ha
vincit.
vinse
timent.
temono
den Lehrer
il-ACC maestro
gesehen.
visto
den Mann
il-ACC uomo
gesehen.
visto
Lingue come l'italiano e l'inglese vengono invece considerate lingue prive di Caso, ma
considerate gli esempi seguenti:
9a) Io vado.
9b) I go.
9c) Vide me.
9d) He saw me.
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9e) La affido a Luca.
9f) Le affido mia sorella.
In italiano e in inglese il sistema dei Casi è ridotto rispetto a lingue quali il latino e il tedesco ma
questo non significa che in lingue come la nostra “non ci sia Caso”.
Come vedete negli esempi in 9), infatti, alcune realizzazioni esplicite del Caso ci sono:
il Caso non c'è solo dove si vede!
Lingue come l'italiano, il latino, il tedesco, l'inglese, ecc. sono molto più simili di quanto si
ritenga di solito nelle loro proprietà di Caso: esse hanno tutte un sistema di Casi1, la differenza tra
loro è nella diversa misura in cui la morfologia esprime le proprietà di Caso (Cecchetto, 2002: 9495).
Quando il Caso c'è ma non è espresso morfologicamente si parla di Caso Astratto;
si parla invece di Caso Morfologico quando il Caso è espresso morfologicamente.
Quindi:
La realizzazione esplicita del Caso (il Caso morfologico) è un parametro presente solo in alcune
lingue. Tuttavia il Caso è sempre presente, anche se realizzato con un “morfo-zero”. Tale caso
“implicito” è detto Caso astratto e rappresenta una proprietà degli elementi nominali di tutte le
lingue.
Caso Nominativo:
In generale è assegnato al soggetto della frase quando il verbo è di modo finito in quanto il Caso
Nominativo è assegnato dalla flessione del verbo (quindi ad assegnare Caso Nominativo è la testa I
di IP e non la testa del VP).
Il Caso Nominativo viene assegnato dalla testa dell'IP al soggetto in Spec,IP nella
configurazione specificatore-testa.
10a) Io parto oggi
10b) *Io partire oggi
Ecco il motivo per cui il NP/DP che riceve ruolo argomentale nel VP deve salire in posizione di
Spec,IP per diventare Soggetto sintattico.
Caso Accusativo:
In generale possiamo dire che l'Accusativo è assegnato dalle teste V (transitive nel VP) e dalle
teste P (nel PP) ai loro nodi fratelli2.
11a) Luca ha visto me
11b) *Luca ha visto io
12a) Con me
12b) *Con io
Considerate inoltre gli esempi di seguito:
1
Il Caso viene considerato un principio: la sua presenza è postulata in tutte le lingue del mondo. Le lingue si differenziano solo nel
modo in cui i Casi vengono realizzati.
2
Tuttavia, come vedremo in seguito, questa non è l'unica configurazione in cui viene assegnato il Caso Accusativo.
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13a) Cesare ha distrutto la Gallia.
13b) La distruzione della Gallia.
13c) *La distruzione Gallia.
Secondo voi, perché abbiamo bisogno di quella preposizione nella struttura in 13c), mentre non
ce n’è bisogno in 13a), dove il DP la Gallia è retto dal verbo?
_____________________________________________________________________________
_______________________________________________________________________________
I costituenti nominali devono essere sempre dotati di Caso.
Teoria del Caso o Filtro del Caso
A ogni NP realizzato foneticamente deve essere assegnato Caso.
Ricorda: Il Filtro del Caso è un universale linguistico.
I nomi non hanno un caso “intrinseco” e per essere interpretati ne devono avere assegnato uno da
una testa reggente (in base alla loro funzione grammaticale). Il Caso, dunque, deve essere assegnato
al nome da un’altra categoria, e questa categoria deve essere diversa da un nome.
Il Caso viene assegnato da verbi o da preposizioni, per mezzo della reggenza.
Ecco dunque perché la frase 13c) è agrammaticale: per ottenere Caso il DP la Gallia deve essere
retto o da un verbo (come in 13a)) o da una preposizione (come in 13b)). La mancanza di una testa
che gli assegni Caso rende impossibile l’interpretazione del NP: da qui l'agrammaticalità di 13c).
Caso inerente e Caso strutturale.
L'assegnazione speciale dell'Accusativo.
Oltre alla distinzione tra Caso morfologico e Caso astratto, è fondamentale distinguere tra Caso
inerente e Caso strutturale.
Caso inerente:
Viene assegnato in struttura profonda, in base alla relazione esistente tra una testa e i suoi
argomenti.
Le categorie che assegnano Caso inerente sono pertanto il verbo e le preposizioni.
Il Caso inerente più tipico è il Caso ACC, vale a dire, quello assegnato via reggenza dalla testa
verbale ai suoi Complementi3.
Caso strutturale:
Viene assegnato in struttura superficiale e dunque non è legato alla selezione argomentale.
3
Nel caso delle preposizioni, assegnano Caso inerente solo quelle che sono a loro volta selezionate dal verbo (in forme verbali quali
accorgersi di, accingersi a, ecc.). In questi casi, dunque, le preposizioni non assegnano Caso per virtù propria, ma esplicano un
compito che gli è assegnato dal verbo.
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Prendiamo in esame il Caso ACC in frasi come le seguenti:
14a) You believe me/ *I to be a fool.
14b) Credi che io/*me sia pazzo.
In entrambi i casi il soggetto semantico della predicazione espressa nella subordinata è un
pronome di prima persona singolare. Tuttavia in 14a) questo soggetto semantico appare al Caso
ACC (pena l'agrammaticalità della frase), mentre in 14b) abbiamo il NOM (pena l'agrammaticalità
della frase).
15a) Maria ha visto me / *io guardare il quadro
15b) Maria ha visto che io / *me guardavo il quadro
Anche in italiano sembra che il soggetto di una frase subordinata possa recare il Caso tipico degli
oggetti. Eppure, dal punto di vista semantico il soggetto delle frasi esaminate è sempre “io”.
Perché allora si riscontrano le due diverse realizzazioni?
Vedere in 15a-b), come anche credere/believe in 14a-b) non seleziona semplicemente un NP
come complemento, bensì un’intera frase.
15a)
IP
I'
NP
VP
Maria
I
ha visto
V'
tNP
VP
V
tV
NP
V'
me
V
guardare
DP
il quadro
Se la frase non è aperta da un complementatore (che), il soggetto della subordinata viene a
trovarsi in una condizione strutturale di reggenza da parte del verbo della principale. Questa
relazione fa scattare l’assegnazione di Caso strutturale ACC.
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15b)
IP
I'
NP
VP
Maria
I
ha visto
V'
tNP(Luca)
CP
V
tV(vedere)
C'
C
che
IP
I'
NP
io
I
guardavo
VP
tNP(io)
tV(guardare)
V'
DP
il quadro
Infatti, se inseriamo un complementatore all’inizio della subordinata, vedremo che anche in
inglese il soggetto comparirà al caso NOM:
16) You think that I /*me am a fool.
Questo dimostra che il Caso ACC in questo tipo di costruzioni subordinate deriva esclusivamente
da una relazione strutturale di reggenza, per cui il verbo della principale “non può fare a meno” di
“trattare” il soggetto della subordinata come un oggetto.
Ne concludiamo che:
Le categorie che assegnano l'Accusativo sono V (transitivo) e P. L'Accusativo può essere
assegnato solo se:

V (o P) c-comandano il NP (o il DP) che riceve Caso e

se non interviene nessuna testa tra l'assegnatore di Caso e il NP (o il DP) che riceve
Caso.
Movimento-A
Con “movimento A” si intende un movimento nel quale la categoria interessata si sposta in una
posizione in cui viene assegnato Caso.
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Poiché il movimento è determinato da una qualche necessità interpretativa, ne deduciamo che il
movimento-A risponde alla necessità di collocare un costituente in una posizione in cui può ricevere
Caso.
Il caso più tipico di movimento-A è quello cui viene sottoposto l’argomento esterno del verbo.
Il soggetto, infatti, non può ricevere Caso NOM da parte del verbo all’interno del VP, perché in
quel dominio il verbo assegna Caso ACC inerente al suo oggetto.
Il Caso NOM, invece, non è inerente, bensì strutturale.
Per capire le ragioni di questa differenza, basterà mettere a confronto frasi attive e passive come
le seguenti:
17a) Amo Luca.
17b) Luca è amato (da me).
Il soggetto delle due frasi è diverso: nella frase attiva 17a) è “un pronome sottinteso” (di prima
persona singolare - io), mentre in quella passiva è Luca. Non c’è dubbio, tuttavia, che il NP Luca
rappresenta il PAZIENTE in entrambe le frasi: semplicemente nella frase passiva esso viene
“promosso” a soggetto.
Al contrario, il soggetto della frase transitiva non può diventare l’oggetto della corrispondente
frase passiva (al massimo può essere realizzato come un circostanziale).
Questo dimostra che il ruolo sintattico di oggetto può essere ricoperto solo dall’argomento
interno del verbo, in virtù del suo ruolo tematico e del Caso inerente che gli viene assegnato.
Al contrario, il ruolo sintattico di soggetto (e, di conseguenza, l’assegnazione di Caso NOM) non
dipende dal ruolo tematico di un NP, bensì dalla sua relazione strutturale con il verbo flesso. Per
questa ragione il Caso NOM è esclusivamente un Caso strutturale.
La relazione che consente l’assegnazione del NOM è quella di Specificatore-testa, all’interno
della proiezione frasale IP, come mostrato nell’albero seguente:
17a)
IP
I'
pro
I
amo
VP
t
V'
PRO
t
V
NP
Luca
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17b)
IP
I'
NP
Luca
I
VP
è amato
VP
PP
V'
t
V
da me
tL
UCA
Come possiamo notare, il verbo si solleva dalla sua posizione originaria in V° e va in I° per
assumere i tratti della flessione (tempo, accordo, ecc.). Dal canto suo, il NP soggetto si solleva in
Spec,IP per avere assegnato il Caso NOM dal verbo flesso. Entrambi gli elementi lasciano delle
tracce che rendono conto del loro ruolo “profondo” (legittimate perché rette dai rispettivi
antecedenti).
pro.
pro fa parte delle categorie pronominali foneticamente non realizzate, la cui presenza è però
testimoniata da prove ben precise.
Il pro rappresenta la forma pronominale vuota che occupa la posizione di soggetto nelle frasi a
tempo finito, in quelle lingue che ammettono il Soggetto Nullo (come l’italiano o il russo). Queste
lingue sono dette “lingue pro-drop” (anche questo è un parametro delle lingue, anche detto
“parametro del soggetto nullo”).
Il pro non è ammesso in qualsiasi posizione sintattica.
Considerate le frasi seguenti:
18a) *Luca ha visto pro
18b) *Luca mi ha parlato di pro
Come possiamo notare, il pro non può essere realizzato come oggetto (definito) né di un verbo,
né di una preposizione.
Semplificando molto la questione senza entrare nei dettagli, possiamo dire che il pro ha bisogno,
dal punto di vista sintattico, di essere in relazione SPEC-TESTA con un elemento che gli assegni i tratti
di persona, genere e numero. Essendo foneticamente vuoto (come la traccia e come un'altra
categoria detta PRO che vedremo in seguito), infatti, il pro non può esprimere questi tratti da solo,
tuttavia ha bisogno di questi tratti per poter essere interpretato. Per questo motivo viene legittimato
in posizione di soggetto: lì si trova in relazione Specificatore-Testa con il verbo che gli “trasferisce”
i tratti di accordo assunti in I°.
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BIBLIOGRAFIA
Cecchetto C. (2002), Introduzione alla Sintassi. La teoria dei principi e dei parametri, I Manuali
LED (Edizioni Universitarie di Lettere Economia Diritto), Milano.
Donati, Caterina (2008), La sintassi. Regole e strutture, Il Mulino, Bologna.
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Puglielli A., Frascarelli M. (2008), L’Analisi Linguistica: dai dati alla teoria, Caissa Italia,
Cesena/ Roma. (P&F, 2008).
Salvi G., Vanelli L. (2008), Nuova Grammatica Italiana, Il Mulino, Bologna.
Svolacchia M. (2004), Appunti di Sintassi dell’Italiano. Dai parametri ai fenomeni.Università
degli Studi Roma Tre, Roma.
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