LORENZO PASCULLI
Capitolo X.
DELITTI CONTRO LO STATO
DI FAMIGLIA
Sezione V.
REATI IN MATERIA DI ADOZIONE
giuffrè editore - 2011
Estratto dal volume:
TRATTATO
DI DIRITTO DI FAMIGLIA
diretto da
PAOLO ZATTI
DIRITTO PENALE
DELLA FAMIGLIA
VOLUME QUARTO
a cura di
SILVIO RIONDATO
Sezione V. — REATI IN MATERIA DI ADOZIONE *
di Lorenzo Pasculli
26.
Profili introduttivi. Considerazioni in tema di bene giuridico tutelato e
tecniche di tutela penale.
L’introduzione nel nostro ordinamento positivo di reati in materia di
adozione è il prodotto di una vera e propria rivoluzione culturale, di una
profonda evoluzione della sensibilità sociale, prima ancora che giuridica,
nei confronti dei diritti dei minori che, a partire dagli anni Sessanta, ha
imposto, anche in ambito internazionale, una radicale trasfigurazione degli
strumenti e delle tecniche di tutela di quei rapporti familiari che, come
l’adozione, risentivano di concezioni non più rispondenti al rapido mutare
delle effettive conformazioni di tali rapporti nel contesto della società 271.
La disciplina tradizionale dell’adozione dettata dalle norme del codice civile —
eco di antichi costumi di matrice romanistica, già nel tempo snaturata rispetto ai
suoi tratti originari dagli interpreti per essere sfruttata a beneficio dei minori 272—
ha subìto una prima consistente innovazione con la legge del 5 giugno 1967, n. 431,
che aveva introdotto nel codice l’adozione speciale, destinata a consacrare una
nuova concezione dell’adozione, quale istituto funzionale all’esclusiva tutela dei
minori 273, proclamata anche dalla Convenzione europea sull’adozione dei minori,
adottata, solo poche settimane prima, il 24 aprile 1967, a Strasburgo, in seno al
Consiglio d’Europa (e ratificata in Italia con legge 22 maggio 1974, n. 357). Non
molti anni dopo, la legge del 4 maggio 1983, n. 184 riformulava integralmente la
*
Nella prima edizione il tema è stato trattato da Simona Silvani.
In generale, sulla nozione di famiglia nel diritto penale italiano, cfr. RIONDATO, Introduzione a
« famiglia » nel diritto penale italiano, in questo volume del Trattato, cap. I. Sulle tecniche di tutela dei
diritti dei minori vittime di reato v. BERTOLINO, Il minore vittima di reato, Giappichelli, 2010. Più nello
specifico, per un quadro evolutivo della disciplina dell’adozione nel nostro ordinamento v. L’INSALATA,
I reati di omessa comunicazione di informazioni riguardanti i minori (art. 70) e di rivelazione di notizie
sulla provenienza del minore adottato (art. 73), in CADOPPI (a cura di), I reati contro la famiglia, Utet,
2006, 544-550.
272
Cfr. ROSSI CARLEO, voce Adozione dei minori, in Enc. dir. Agg., I, Giuffrè, 1997, 5, testo e nt. 5, con
rinvio anche a BESSONE-FERRANDO, Adozione ordinaria, in Noviss. Digesto it. Appendice, I, Utet, 1980, 70
ss.
273
Su alcuni degli effetti che la disciplina di cui alla l. n. 431/1967 aveva prodotto in ambito penale si
v., sinteticamente, UCCELLA, Le norme di rilievo penale nella nuova disciplina sull’adozione: brevi
riflessioni sugli artt. 27, 70, 71, 72 L. 4 maggio 1983 n. 184, in Cass. pen., 1983, 1887, ivi ulteriori
riferimenti.
271
536
Delitti contro la famiglia
X, § 26
disciplina dell’adozione minorile con l’intento di adeguarla ancor di più alle
prescrizioni di diritto internazionale in materia, anche mediante la previsione di
apposite fattispecie criminose, e la sottraeva definitivamente alle norme del codice
civile per collocarla nell’ambito di quello che è stato opportunamente definito un
più articolato sistema di assistenza ai minori 274. La riforma del 1983, peraltro,
precedeva l’adozione da parte delle Nazioni Unite della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia del 20 novembre 1989 e la successiva Convenzione per
la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozioni internazionali (L’Aja,
29 maggio 1993) 275. Proprio la legge di ratifica di tale Convenzione, la n. 476 del 31
dicembre 1998 276, ha comportato l’introduzione di una nuova disciplina dell’adozione internazionale in sostituzione di quella prevista dalla l. n. 184/1983, nonché
l’introduzione del nuovo reato di pratiche non autorizzate inerenti all’adozione di
minori stranieri. Il lavorio legislativo in materia di adozione è proseguito anche in
tempi più recenti, quando con la legge 28 marzo 2001, n. 149 277 si è proceduto ad
un ulteriore aggiornamento complessivo della disciplina dell’adozione e dell’affidamento, che, fra l’altro, ha determinato, quanto alle norme penali, un inasprimento della risposta sanzionatoria ai reati di cui alla l. n. 184/1983. Ulteriori
sviluppi possono ragionevolmente attendersi in conseguenza dell’apertura alla
firma del testo della nuova Convenzione europea sull’adozione dei minori del 27
novembre 2008 278.
Il vertiginoso avvicendarsi delle normative nazionali ed internazionali
274
ROSSI CARLEO, op. cit., 5, nt. 5. Con riferimento alla mutata concezione della potestà genitoriale
quale mezzo per adempiere ai doveri di tutela dell’interesse dei figli (nonché della collettività che si fa
carico di proteggerli) cfr. VERCELLONE, Prime osservazioni alla L. 4 maggio 1983, n. 184 « Disciplina
dell’adozione e dell’affidamento dei minori », in Giur. it., 1983, 274. Sulla l. n. 184/1983 v., in generale,
DOGLIOTTI, La riforma dell’adozione. Prime osservazioni, in Giust. civ., 1983, 278 ss.; A.-M. FINOCCHIARO,
Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori. Commento teorico-pratico alla Legge 4 maggio
1983, n. 184, Giuffrè, 1984; SACCHETTI, Adozione e affidamento dei minori. Commento alla nuova legge
4 maggio 1983, n. 184, Maggioli, 1983.
275
Si v., in proposito, VACCARO, L’adozione internazionale e la Convenzione de L’Aja, in Dir. fam.,
1996, 1127 ss., nonché TORRACA, L’adozione internazionale tra Convenzione de L’Aja e riforma della
legge n. 184 del 1983, ivi, 1999, 1374 ss.
276
Sulla l. n. 476/1998 v. M. FINOCCHIARO, Con il recepimento delle norme internazionali l’Italia dice
addio al sistema “fai da te”, in Guida dir., 1999, 4, 33 ss.; PIEMONTESE, L. 31.12.1998 n. 476 – Ratifica ed
esecuzione della convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione
internazionale fatta a l’Aja il 29 maggio 1993. Modifiche alla legge 4.5.1983 n. 184, in Leg. pen., 1999, 449
ss.; MANERA, Le adozioni internazionali nel quadro della nuova normativa, in Dir. fam., 2002, 556 ss.
277
Sulla l. n. 149/2001 cfr. BIANCA-ROSSI CARLEO (a cura di), Adozione nazionale, in Nuove leggi civ.
comm., 2002, 908 ss.; A.-M. FINOCCHIARO, Adozione e affidamento dei minori: commento alla nuova
disciplina (L. 28 marzo 2001, n. 149 e D.L. 24 aprile 2001, n. 150), Giuffrè, 2001. Più sinteticamente, ex
multis, v. BIANCA, La revisione normativa dell’adozione, in Familia, 2001, 525 ss.; DELL’AGLI, Osservazioni
a prima lettura sulle innovazioni della legge in tema di adozione: verso una maggiore tutela ed un diritto
del minore alla propria famiglia? Profili penalistici, in Riv. pen., 2002, 871 ss.; MANERA, L’adozione e
l’affidamento familiare nella dottrina e nella giurisprudenza, FrancoAngeli, 2004; MORANI, La nuova
disciplina dell’affidamento e dell’adozione nazionale dei minori, in Giur. mer., 2002, 1428 ss.; ROSSI
CARLEO, La nuova legge sul diritto del minore alla propria famiglia: i traguardi mancati, in Familia, 2001,
533 ss. Sui risvolti processuali della riforma v. DOGLIOTTI, Adozione “forte” e “mite”, affidamento
familiare e novità processuali della riforma del 2001, finalmente operative, in Fam. dir., 2009, 425 ss.
278
Su cui v. GOSSO, La nuova convenzione europea sull’adozione dei minori, in Dir. fam., 2010, 400
ss.
X, § 26
Delitti contro lo stato di famiglia
537
in materia dimostra plasticamente la crescente attenzione nei confronti
della tutela degli interessi del minore, che, quale prima (e più vulnerabile)
forma di manifestazione della persona e della vita umana, assume, nella
gerarchia dei valori propria di ciascun singolo ordinamento giuridico, una
posizione di vertice ormai senz’altro condivisa da tutti i Paesi della comunità internazionale. Ed è proprio il primato del superiore interesse del
minore a fungere da chiave di lettura non solo, in generale, degli ultimi
interventi legislativi sulla disciplina dell’adozione, ma anche, per quanto qui
interessa, delle fattispecie criminose previste dal legislatore in tema di
adozione, con particolare riferimento all’individuazione del bene giuridico
tutelato.
In proposito, decisivo rilievo va riconosciuto alla l. n. 149/2001, che ha
il merito di aver sancito — anche simbolicamente, mediante la sostituzione
dell’epigrafe della l. n. 184/1983 e il recepimento, all’art. 1, dei principi
affermati dalla Convenzione sulla tutela dei diritti dell’infanzia del 1989 —
il definitivo mutamento di prospettiva per cui l’indiscusso baricentro di tutta
la disciplina dell’affidamento e dell’adozione deve oggi necessariamente
identificarsi nel diritto del minore ad una famiglia 279, che nel nostro
ordinamento trova il suo fondamento direttamente nel testo della Carta
costituzionale (in particolare, nell’art. 30, commi 1° e 2°) 280, nonché, a
seguito dell’entrata in vigore del Trattato sull’Unione Europea, nelle disposizioni della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (in
particolare, nell’art. 24) 281. Quanto ai contenuti di tale diritto, è stato da più
parti ribadito come non si tratti del diritto ad una famiglia qualsiasi, bensì
del diritto del minore alla propria famiglia d’origine ovvero, in mancanza,
ad una famiglia sostitutiva che sia stata giudicata, secondo i criteri e le
modalità previsti dalla legge, idonea a soddisfare tutte le sue esigenze 282.
È alla protezione, più o meno immediata, di questo diritto, in tutte le
sue dimensioni, che devono, dunque, intendersi preordinate le disposizioni
nazionali in materia di adozione, ivi incluse quelle di carattere penale, il cui
ricorso deve ritenersi pienamente giustificato, nel rispetto del principio di
sussidiarietà, in virtù dell’indiscussa rilevanza, anche costituzionale, dell’og279
Nello stesso senso, PALERMO FABRIS, Introduzione ai delitti contro lo stato di famiglia, in questo
volume del Trattato, cap. X, sez. I, par. 1.
280
PADOVANI, voce Adozione e affidamento (reati in materia di), in Digesto IV, Disc. pen., I, Utet, 1987,
50.
281
Cfr., con particolare riferimento all’influenza del diritto europeo sul diritto penale della famiglia,
ZANCANI, L’incidenza del diritto comunitario e dell’Unione Europea sul diritto penale della famiglia, in
questo volume del Trattato, cap. IV.
282
PADOVANI, voce Adozione e affidamento (reati in materia di), cit., 51, che, non a caso, ascrive i reati
in esame al novero dei delitti contro la famiglia; PALERMO FABRIS, Introduzione ai delitti contro lo stato di
famiglia, loc. ult. cit. Con esclusivo riferimento ai reati di illecito affidamento (art. 71 l. n. 184/1983) cfr.
SILVANI, Reati in materia di adozione, nella prima edizione di questo Trattato, Giuffrè, 2002, 452.
538
Delitti contro la famiglia
X, § 26
getto di tutela 283. Peraltro, lungi dall’esser stata ritenuta meramente
legittima, l’introduzione di tali fattispecie criminose è stata accolta con
entusiasmo dalla dottrina in considerazione della drammatica esperienza
del moltiplicarsi e del diffondersi di gravi forme di aggressione nei confronti
del diritto del minore ad una famiglia (primo fra tutti il fenomeno del c.d.
“mercato dei bambini”) e, al contempo, del riscontro di vuoti di tutela
ormai inaccettabili nel nostro ordinamento, proprio in virtù dell’affermarsi
delle concezioni e dei principi di cui sopra 284.
C’è da dire che, dalla loro entrata in vigore nel 1983, tali fattispecie non
hanno trovato applicazione nella prassi giudiziaria 285, probabilmente anche
per via del fatto che, nella loro residualità, si contendono il campo applicativo con reati di più frequente verificazione, nonché, soprattutto, di più
immediata interpretazione e di più facile accertamento, quali l’alterazione
di stato o la riduzione in schiavitù. Tale constatazione, tuttavia, nulla toglie
al significato, anche emblematico ed interpretativo, che l’incriminazione
delle condotte contro il diritto a una famiglia continua a rivestire nell’ambito del sistema generale dell’adozione, nel senso di enfatizzare, con la
minaccia della più grave delle sanzioni, il valore attribuito (dalla collettività
e, quindi) dal legislatore agli interessi dei minori 286.
Si può allora osservare come i reati in materia di adozione si rapportino
al loro oggetto di tutela secondo un paradigma per così dire circolare: per
un verso, essi ripetono la loro legittimità dalla rilevanza del bene giuridico
tutelato e, per altro verso, contribuiscono, per il fatto stesso di esser previsti
nell’ordinamento, ad alimentarne l’importanza.
Il rilievo del bene giuridico in questione e i suoi contenuti, così come
supra tratteggiati, hanno giocato un ruolo determinante anche nella scelta
delle tecniche di tutela penale. Il primo ha portato il legislatore a propendere in certi casi per l’arretramento della soglia di punibilità alla commissione di fatti dalla portata lesiva decisamente volatile, con anticipazioni di
283
PADOVANI, op. cit., 50; PALERMO FABRIS, op. loc. ult. cit.; L’INSALATA, I reati di omessa comunicazione
di informazioni riguardanti i minori (art. 70) e di rivelazione di notizie sulla provenienza del minore
adottato (art. 73), cit., 548.
284
VERCELLONE, Prime osservazioni alla L. 4 maggio 1983, n. 184 « Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori », cit., 272 e 274; PADOVANI, op. loc. ult. cit., nonché ID., sub artt. 70-73, in
BIANCA-BUSNELLI-FRANCHI-SCHIPANI (a cura di), Commentario alla legge 4 maggio 1983, n. 184. Disciplina
dell’adozione e dell’affidamento dei minori, in Nuove leggi civ. comm., 1984, 225. V. pure PALAZZI, sub
artt. 34-36, in BIANCA-ROSSI CARLEO (a cura di), Adozione nazionale, in Nuove leggi civ. comm., 2002,
1059, con particolare riferimento all’art. 71 l. n. 184/1983. Sugli specifici obiettivi della l. n. 184/1983
aventi rilevanza penale v., in dettaglio, BUSNELLI, Premessa alla L. 4/5/1983 n. 184. Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori, in Leg. pen., 1984, 13-17.
285
Sul tema cfr. BARTOLETTI, Limiti applicativi ed esigenze di riforma delle norme penali in materia di
adozione, in Leg. pen., 1992, 597 ss.
286
Cfr. SCARPATI, Commento agli artt. 71, 72 e 72-bis, in CADOPPI (a cura di), I reati contro la famiglia,
cit., 584 ss., che, in riferimento all’art. 71, usa la ficcante espressione di “norma manifesto”.
X, § 26
Delitti contro lo stato di famiglia
539
tutela talora eccessive; i secondi, sintetizzabili nella necessità che la famiglia
oggetto del diritto del minore sia idonea secondo le norme di legge, hanno
finito per incidere sulla struttura delle fattispecie criminose in esame, che
hanno in comune la caratteristica di esser tutte costituite da condotte « in
violazione delle norme di legge in materia di adozione », vuoi in generale
(come nel caso delle condotte di illecito affidamento), vuoi in relazione a
specifiche disposizioni (come nel caso dell’omessa denuncia di minori in
stato di abbandono o dello svolgimento di pratiche non autorizzate). Nota
distintiva di tali fattispecie è, pertanto, quella di essere descritte tramite il
frequente impiego di elementi normativi.
Anche solo queste prime, essenziali, notazioni evocano alla mente del
penalista una singolare convergenza di questioni, in parte inedite, in parte
già note al giure penale e, nondimeno, di difficile soluzione, che, insieme
alla purtroppo ormai abituale approssimazione (per non dire sciatteria)
legislativa anche in settori del diritto delicati come questo, rivelano sin d’ora
tutta la problematicità dei reati che ci accingiamo ad esaminare 287.
Volendo tentare un’organizzazione sistematica, tali reati, tutti previsti e
puniti dalla l. n. 184/1983 (e successive modifiche), si possono distinguere in
diverse fattispecie commissive e alcune fattispecie omissive.
Le prime consistono nei delitti di:
— illecito affidamento, attivo (illecito affidamento del minore o l’avvio
del minore all’estero a scopo di adozione, art. 71, comma 1°) e passivo
(accoglimento in illecito affidamento di minori italiani, art. 71, comma 5°, o
di minori stranieri, art. 72, comma 2°);
— mediazione a scopo di illecito affidamento (art. 71, comma 6°);
Nonostante tali criticità e nonostante la scarsità di applicazioni pratiche, la dottrina ha dedicato
parecchia attenzione alle disposizioni in esame, a ulteriore conferma della loro importanza, arrivando a
dotarle di un completo e utile (benché ad oggi inutilizzato) apparato interpretativo. Fra tutti i commenti
spiccano quelli di Tullio Padovani: oltre ai già citati PADOVANI, sub artt. 70-73, in BIANCA-BUSNELLIFRANCHI-SCHIPANI (a cura di), Commentario alla legge 4 maggio 1983, n. 184, cit., 221 ss. e ID., voce
Adozione e affidamento (reati in materia di), cit., si v. ID., L. 4/5/1983 n. 184. Disciplina dell’adozione e
dell’affidamento dei minori. Commento (agli artt. 70-73), in Leg. pen., 1984, 21 ss.; nonché ID., sub artt.
70-73, l. n. 184/1983, in Commentario Cian-Oppo-Trabucchi, IV, Cedam, 1993, 527 ss. Si v. inoltre,
GUARALDO, voce Reati in materia di affidamento e di adozione, in Noviss. Digesto it. Appendice, Utet,
1986, 323 ss.; D’AMBROSIO, sub artt. 70-73 l. 184/1983, in RESCIGNO (a cura di), Codice civile, Giuffrè, 1992,
450 ss.; DEL CORSO, sub artt. 70-73 l. n. 184/1983, in Commentario Alpa-Zatti, Cedam, 1999, 180 ss. Con
riferimento anche alle modifiche apportate dalla l. n. 149/2001 v., invece, BARTOLETTI, Analisi della L.
28.3.2001 n. 149 (GU 26.4.2001 n. 96) - Modifiche alla legge 4 maggio 1983 n. 184, recante ‹ disciplina
dell’adozione e dell’affidamento dei minori ›, nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile, in Leg.
pen., 2001, 669 ss.; FOLADORE, Profili penali della nuova legge sulle adozioni, in Dir. pen. proc., 2001, 1212
ss.; PALAZZI, sub artt. 34-36, in BIANCA-ROSSI CARLEO (a cura di), Adozione nazionale, cit., 1055 ss.; SILVANI,
Reati in materia di adozione, cit.; L’INSALATA, Reati in tema di adozione (legge 4.5.1983, n. 184), in CADOPPI
(a cura di), I reati contro la famiglia, cit., 544 ss. e SCARPATI, Commento agli artt. 71, 72 e 72-bis, ivi, 584
ss.; nonché DOGLIOTTI-FIGONE-MAZZA GALANTI (a cura di), sub artt. 70-71, l. 4 maggio 1983, n. 184, in
Codice dei minori, Utet, 2009, 519 ss.
287
540
Delitti contro la famiglia
X, § 27
— introduzione nello Stato di minore straniero a scopo di affidamento
(art. 71, comma 1°);
— svolgimento di pratiche non autorizzate inerenti all’adozione di minori stranieri (art. 72 bis, comma 1°) e ricorso ad organizzazioni o persone
non autorizzate per l’adozione di minori stranieri (art. 72 bis, comma 3°);
— rivelazione di notizie sul rapporto di adozione (art. 73, comma 1°) e
sul rapporto di affidamento preadottivo (art. 73, comma 3°).
Le seconde, invece, consistono nei delitti di:
— omessa relazione sulle condizioni di minori in stato di abbandono
(art. 70, comma 1°) e
— omessa trasmissione dell’elenco dei minori ricoverati o assistiti e
comunicazione di informazioni inesatte relative ai loro rapporti familiari
(art. 70, comma 2°).
27.
L’illecito affidamento.
Le fattispecie che, fra tutte, assumono maggior rilevanza sono senza
dubbio le varie ipotesi criminose di illecito affidamento di minore, le quali
mirano a tutelare il diritto del minore ad una famiglia da quelle forme di
aggressione che, per la loro gravità e pericolosità, riflessa peraltro nella
misura dell’apparato sanzionatorio, hanno reso necessaria una risposta
penale in materia.
Si tratta, come abbiamo anticipato, del c.d. “mercato dei minori”, che la
legislazione previgente alla riforma del 1983 non era in grado di prevenire,
né di reprimere 288.
Prima dell’entrata in vigore della l. n. 184/1983, la disciplina dell’adozione
speciale poteva essere elusa principalmente in tre modi. Il primo consisteva nel
ricorso all’adozione tradizionale, per cui bastava la volontà dei genitori perché il
minore venisse trasferito ad un’altra famiglia 289. Il secondo consisteva nell’affidamento clandestino del minore per un lungo arco di tempo, finalizzato a chiedere,
successivamente, al Tribunale per i minorenni la dichiarazione dello stato di
abbandono e, quindi, la concessione del minore in adozione, sul presupposto che i
giudici non avrebbero certo sottratto il bambino a quella che era ormai diventata
la sua famiglia. Il terzo sistema prevedeva, invece, il falso riconoscimento quale
In questi termini, PADOVANI, voce Adozione e affidamento (reati in materia di), cit., 53.
In casi simili, il delitto di sottrazione di minori (artt. 573 ss. c.p.) sarebbe stato scriminato dal
consenso dei genitori, mentre il sequestro di persona (art. 605 c.p.) non sarebbe stato punibile laddove,
per via della sua giovane età, la libertà del minore non avrebbe potuto prescindere dalla volontà dei
genitori: PADOVANI, sub art. 71, in BIANCA-BUSNELLI-FRANCHI-SCHIPANI (a cura di), Commentario alla legge
4 maggio 1983, n. 184, cit., 225. Su tali fattispecie, anche per ulteriori riferimenti, v., rispettivamente,
MENEGHELLO, Sottrazione di minorenni e sottrazione di incapaci, in questo volume del Trattato, cap. XI,
sez. IV; PAGOTTO, Sottrazione internazionale di minorenni e sottrazione di incapaci, ivi, cap. XI, sez. V;
PISTORELLI, Delitti contro la libertà individuale, cap. XV.
288
289
X, § 27
Delitti contro lo stato di famiglia
541
figlio di relazione adulterina del minore da parte di un uomo sposato, con l’accordo
della moglie, finalizzato al successivo inserimento nel minore nella famiglia della
coppia di coniugi 290.
Il metodo del falso riconoscimento, nelle sue possibili varianti, è, purtroppo,
tuttora utilizzato ai fini dell’affidamento illecito o della compravendita di minori,
come dimostra anche la recente esperienza giurisprudenziale 291, mentre i primi
due, lungi dall’aver incontrato nelle disposizioni della l. n. 184/1983, così come pure
modificata dalla l. n. 149/2001, un efficace deterrente, sembrano essersi sovrapposti
nel fenomeno unitario dello sfruttamento dell’adozione al fine di coprire, approfittando dell’insufficienza dei controlli sull’effettivo stato di abbandono, gli scambi
illeciti di minori 292. Tali considerazioni, tuttavia, com’è stato acutamente osservato,
non fanno che confermare l’assoluta necessità di sanzioni penali 293.
È evidente, pertanto, come il bene giuridico tutelato, più o meno
immediatamente, da tutte queste fattispecie sia il diritto del minore ad una
famiglia sostitutiva giudicata idonea secondo le disposizioni di legge. In
particolare, l’evento dannoso che detti reati mirano a scongiurare è la
realizzazione dell’illecito affidamento, in cui si concretizza la violazione del
diritto in questione e, quindi, la lesione del bene protetto. Le condotte di
illecito affidamento in senso proprio (affidamento a terzi e accoglimento in
affidamento) rappresentano, pertanto, reati di danno, mentre le restanti
condotte, tutte prodromiche alla realizzazione dell’illecito affidamento,
configurano reati di mero pericolo.
Quanto alle caratteristiche strutturali delle condotte punite, occorre sin
d’ora osservare che, in generale, il reato di illecito affidamento si atteggia
quale reato plurisoggettivo ad esecuzione bilaterale, dal momento che presuppone necessariamente la compresenza delle condotte di chi dà e di chi
riceve in affidamento il minore.
27.a. Illecito affidamento attivo e avvio del minore all’estero a scopo di
affidamento.
L’art. 71, comma 1°, l. n. 184/1983 punisce chiunque, in violazione delle
norme di legge in materia di adozione, affidi a terzi con carattere definitivo
un minore, ovvero lo avvii all’estero perché sia definitivamente affidato.
La pena prevista dal legislatore per entrambe le fattispecie alternative
290
Su tutto ciò, cfr. VERCELLONE, Prime osservazioni alla L. 4 maggio 1983, n. 184 « Disciplina
dell’adozione e dell’affidamento dei minori », cit., 278.
291
Cfr. Cass. pen., sez. fer., 10 settembre 2004, n. 39044, in Cass. pen., 2545 e Cass. pen., 12 febbraio
2003, n. 17627, in Riv. pen., 2003, 729. La Corte tende, tuttavia, ad applicare in questi casi i delitti contro
lo stato di famiglia, su cui cfr. supra i contributi di PALERMO FABRIS e STRANO LIGATO, in questo volume del
Trattato, cap. X, sez. I-IV.
292
Così BARTOLETTI, Analisi della L. 28.3.2001 n. 149, cit., 671-672 e 674.
293
PADOVANI, voce Adozione e affidamento (reati in materia di), cit., 53.
542
Delitti contro la famiglia
X, § 27
consiste nella reclusione da uno a tre anni. Sono previste inoltre, quali pene
accessorie, la perdita della patria potestà quando il fatto sia commesso dal
genitore (in tal caso, quale effetto civile della condanna è prevista anche
l’apertura della procedura di adozione) 294, la rimozione dall’ufficio per il
tutore, nonché l’inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e
l’incapacità all’ufficio tutelare per il caso in cui il fatto sia commesso da
persona cui il minore è affidato (art. 71, comma 3°).
La norma delinea una fattispecie criminosa, a condotta alternativa, che
di primo acchito verrebbe da qualificare come reato comune, il che potrebbe corrispondere anche a una ratio di tutela volta ad estendere il più
possibile la punibilità per i casi di affidamenti abusivi.
A ben vedere, tuttavia, contrariamente a quanto ritenuto dalla giurisprudenza 295, si tratta di un reato proprio che può essere commesso esclusivamente da chi abbia un rapporto legittimo con il minore, rapporto che gli
consenta di esercitare sullo stesso una potestà altrettanto legittima 296. Il
requisito di illiceità speciale della violazione della legge in materia di adozione
implica, infatti, che la condotta possa esser realizzata soltanto in situazioni di
abbandono nelle quali sarebbe doveroso applicare la disciplina giuridica dell’affidamento e dell’adozione e, quindi, dal legittimo affidatario del minore
che, anziché rispettare le forme e le garanzie prescritte dalla legge, ceda
illegalmente il minore a terzi (o lo avvii all’estero) 297. Non sarebbe, pertanto,
sussumibile nella fattispecie in esame la condotta di chi consegni a terzi il
minore senza disporre di una potestà legittima su quest’ultimo e, cioè, dopo
averlo in qualche modo sottratto a chi lo aveva in legittimo affidamento. Un
simile comportamento potrebbe essere assorbito nel disvalore di altri fatti di
reato (come le fattispecie di sottrazione di cui agli artt. 573 ss. c.p.), quale
particolare modalità esecutiva 298, o, eventualmente, assumere autonoma riSui rapporti fra processo penale e procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità,
anche in relazione alla perdita della potestà genitoriale, v. A.-M. FINOCCHIARO, Disciplina dell’adozione
e dell’affidamento dei minori, cit., 570-571 e D’AMBROSIO, sub art. 71 L. 184/1983, in RESCIGNO (a cura di),
Codice civile, cit., 452.
295
Cass. pen., sez. fer., 10.9.2004, n. 39044, cit.
296
PADOVANI, sub art. 71, in BIANCA-BUSNELLI-FRANCHI-SCHIPANI (a cura di), Commentario alla legge 4
maggio 1983, n. 184, cit., 226. In senso adesivo A.-M. FINOCCHIARO, op. ult. cit., 567; PALAZZI, sub art. 35,
in BIANCA-ROSSI CARLEO (a cura di), Adozione nazionale, 1061, che definisce la fattispecie in esame
“reato formalmente comune”; DEL CORSO, sub art. 71, in Commentario Alpa-Zatti, cit., 182. Contra,
GUARALDO, voce Reati in materia di affidamento e di adozione, cit., 323; DOGLIOTTI-FIGONE-MAZZA
GALANTI (a cura di), sub art. 71, L. 4 maggio 1983, n. 184, in Codice dei minori, cit., 521; SCARPATI,
Commento agli artt. 71, 72 e 72-bis, cit., 589. Contraddittoria la posizione di SILVANI, Reati in materia di
adozione, cit., che, per un verso, ritiene la fattispecie un reato comune (452), ma poi ammette che
soggetto attivo potrà essere solo chi abbia una legittima disponibilità del minore (453).
297
PADOVANI, op. loc. ult. cit., nonché ID., voce Adozione e affidamento (reati in materia di), cit., 53-54.
298
PADOVANI, sub art. 71, in BIANCA-BUSNELLI-FRANCHI-SCHIPANI (a cura di), Commentario alla legge 4
maggio 1983, n. 184, cit., 226 (l’A. aggiunge anche l’ipotesi del sequestro di persona commesso su minore
294
X, § 27
Delitti contro lo stato di famiglia
543
levanza penale quale ipotesi di riduzione in schiavitù, in contesti criminosi più
articolati.
In relazione alla particolare qualifica eventualmente rivestita dal soggetto attivo, sono previste circostanze aggravanti speciali soggettive ad effetto
speciale. Laddove il fatto sia commesso dal tutore o da altra persona cui il
minore è affidato per ragioni di educazione, istruzione, vigilanza e custodia
la pena è aumentata della metà (comma 2°). Quando, invece, a commettere
il fatto siano pubblici ufficiali, incaricati di pubblico servizio, esercenti la
professione sanitaria o forense, appartenenti ad istituti di assistenza pubblici o privati la pena è addirittura raddoppiata (comma 3°), purché il fatto
sia commesso, alternativamente 299, con abuso di poteri o violazione dei
doveri inerenti alla pubblica funzione o al pubblico servizio, ovvero con
abuso di autorità o relazioni domestiche, d’ufficio, di prestazione d’opera, di
coabitazione o di ospitalità (art. 61, numeri 9 e 11, c.p.).
In definitiva, considerata la natura propria del reato in esame, nonché la
previsione di tali circostanze, si può dire che gli unici possibili autori della
fattispecie non aggravata siano esclusivamente i genitori.
Quanto alla condotta tipica, riguardo alla prima delle due azioni tipiche
poste in alternativa, l’affidamento a terzi, i maggiori problemi interpretativi
segnalati dalla dottrina riguardano l’illiceità speciale e il carattere definitivo
dell’affidamento.
Sulla prima non vi è molto da aggiungere rispetto a quanto abbiamo già
rilevato, se non che la violazione delle norme in materia di adozione deve
intendersi nell’accezione più ampia possibile, così da ricomprendere anche
l’inosservanza di norme, pure contenute nella l. n. 184/1983, non espressamente riferibili all’adozione in senso stretto 300.
Il carattere definitivo dell’affidamento 301, invece, va apprezzato sia dal
punto di vista cronologico, sia da un punto di vista funzionale 302. Sotto il
primo profilo, è stato osservato come l’affidamento debba essere stabile, e
cioè continuo e duraturo. Sotto il secondo profilo, invece, si ritiene che esso
ultraquattordicenne dissenziente). Contra DOGLIOTTI-FIGONE-MAZZA GALANTI (a cura di), op. loc. ult. cit.,
che ritengono invece il concorso fra le fattispecie comuni e quelle in tema di adozione.
299
PADOVANI, op. ult. cit., 227 e PALAZZI, sub art. 35, in BIANCA-ROSSI CARLEO (a cura di), Adozione
nazionale, cit., 1062, che argomentano per l’alternatività delle due condizioni in ragione del fatto che
non tutti i destinatari della norma rivestono qualifica pubblicistica.
300
DOGLIOTTI-FIGONE-MAZZA GALANTI (a cura di), sub art. 71, l. 4 maggio 1983, n. 184, in Codice dei
minori, cit., 521.
301
Con la novella del 2001, il legislatore ha sostituito l’originaria locuzione « carattere di definitività »
con quella attuale, effettivamente più lineare, ma di identico contenuto. Inspiegabilmente, però, la
medesima operazione non è stata ripetuta in relazione alle fattispecie di illecito affidamento passivo di
cui agli artt. 71, comma 5°, e 72, comma 2°.
302
Secondo la felice distinzione di PALAZZI, sub art. 35, in BIANCA-ROSSI CARLEO (a cura di), Adozione
nazionale, cit., 1061.
544
Delitti contro la famiglia
X, § 27
debba essere, altresì, irreversibile, nel senso di essere finalizzato all’inserimento definitivo del minore nella famiglia dell’affidatario 303.
L’irreversibilità dell’affidamento non può, pertanto, che dipendere dal fattore
soggettivo della volontà dell’affidante e dell’affidatario. Ciò non toglie che essa
possa essere, comunque, desunta dalle modalità e da altre circostanze oggettive in
cui si è svolto il fatto, come la dazione di danaro o il trattamento riservato al minore
dalla famiglia dell’affidatario 304.
In dottrina si ritiene, peraltro, che, ai fini dell’applicazione della fattispecie in
esame, non rilevi l’affidamento di fatto che si protragga per un periodo di tempo
inferiore ai sei mesi, in virtù del disposto di cui all’art. 9 della l. n. 184/1983, che
prevede in capo ai genitori che affidino « stabilmente » (ma, appunto, non irreversibilmente) un minore a chi non sia parente entro il quarto grado per un periodo
non inferiore a sei mesi (comma 5°) e in capo all’affidatario in questione (comma
4°) un preciso obbligo di segnalazione al Procuratore della Repubblica. Se ne è
ricavata la piena legittimità dell’affidamento c.d. “infrasemestrale” e, conseguentemente, la sua irrilevanza penale, salvo ovviamente che le modalità concrete del
fatto non dimostrino la natura ab origine irreversibile dell’affidamento 305.
Quanto alla seconda delle due condotte poste in alternativa, è stato
sottolineato che la norma non richiede l’effettivo espatrio del minore, bensì
meramente il suo avvio all’estero, con la conseguenza che il fatto tipico si
consumerebbe già con la mera commissione di atti prodromici all’espatrio 306.
Secondo tale dottrina, tale ipotesi configurerebbe un delitto di attentato, che
si giustificherebbe per via della difficoltà di fatto e di diritto di reprimere
eventuali affidamenti avvenuti all’estero di minori già espatriati.
Benché non si possa disconoscere la concretezza e il peso di tali
difficoltà ai fini dell’accertamento e della persecuzione della responsabilità
penale degli autori del fatto, tale interpretazione non pare condivisibile. A
prescindere dal rilievo che, già di per sé, la punibilità di atti che integrano
al più il pericolo di realizzazione di un evento (l’espatrio), a sua volta
meramente pericoloso rispetto al diritto del minore a una famiglia idonea,
rappresenta un’anticipazione della tutela penale assai discutibile sotto il
profilo della necessaria lesività della condotta, la ricostruzione proposta
dalla citata dottrina confligge drasticamente quanto meno con i principi di
ragionevolezza e di uguaglianza.
303
PADOVANI, sub art. 71, in BIANCA-BUSNELLI-FRANCHI-SCHIPANI (a cura di), Commentario alla legge 4
maggio 1983, n. 184, cit., 226 e A.-M. FINOCCHIARO, Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori,
cit., 566. In senso adesivo PALAZZI, op. loc. ult. cit.
304
PADOVANI, voce Adozione e affidamento (reati in materia di), cit., 54 e ID., sub art. 71, in
BIANCA-BUSNELLI-FRANCHI-SCHIPANI (a cura di), Commentario alla legge 4 maggio 1983, n. 184, cit., 226.
305
PADOVANI, op. ult. cit., 227; SACCHETTI, Adozione e affidamento dei minori, cit., 170.
306
Così PADOVANI, op. loc. ult. cit.; ID., voce Adozione e affidamento (reati in materia di), cit., 54-55;
PALAZZI, sub art. 35, in BIANCA-ROSSI CARLEO (a cura di), Adozione nazionale, cit., 1061.
X, § 27
Delitti contro lo stato di famiglia
545
Occorre premettere che, a nostro avviso, la prima delle due condotte
previste dall’art. 71, comma 1°, rappresenta senz’altro un reato di danno,
laddove l’effettiva lesione del bene giuridico tutelato è costituita dallo
stesso fatto di affidamento illecito, anche quando la famiglia affidataria sia
la più amorevole, dal momento che il minore ha diritto ad essere accolto in
un nucleo famigliare la cui idoneità sia stata vagliata nei termini di legge 307.
Ciò posto, in primo luogo, non sembra ragionevole punire con la stessa
sanzione, per un verso, l’introduzione (consumata) del minore nel territorio
italiano a fini di illecito affidamento (prevista dall’art. 72, comma 1°), e, per
altro verso, il mero tentativo di espatrio del minore, atteso che, a parità di
disvalore, diversi sono i gradi di pericolosità di ciascuna delle due condotte.
La prima configura un pericolo già sufficientemente concreto di verificazione dell’evento dannoso dell’affidamento abusivo; la seconda condotta,
invece, come rilevato, può al massimo comportare il pericolo del pericolo di
affidamento. La disparità di trattamento risulta confermata dalla considerazione che, a rigore, la struttura degli atti prodromici all’espatrio è più
propriamente assimilabile, semmai, a quella speculare del tentativo di
introduzione del minore nel territorio italiano al fine di illecito affidamento,
che, tuttavia, ai sensi dell’art. 56 c.p., sarebbe punito con una pena inferiore
sia rispetto all’ipotesi consumata, sia all’ipotesi di avvio del minore all’estero, inteso come tentativo di espatrio.
A fortiori, ancor più irragionevole apparirebbe l’equiparazione quoad
poenam delle due condotte alternative di illecito affidamento attivo di cui
all’art. 71, comma 1°, posto che nel caso dell’affidamento a terzi l’offesa si
realizza senz’altro, mentre nel caso dell’avvio di minore all’estero, interpretato quale attentato, si avrebbe esclusivamente il pericolo del pericolo
dell’offesa.
Le irragionevoli disparità su evidenziate, già inaccettabili, sarebbero, peraltro,
destinate ad aggravarsi laddove si dovesse ritenere che anche la fattispecie di
affidamento a terzi rappresenti un reato di pericolo. Così, interpretando la condotta
di avvio all’estero come atti prodromici all’espatrio, si finirebbe per ammettere la
punibilità del pericolo (il tentativo di avvio all’estero) del pericolo (l’espatrio a
scopo di affidamento) del pericolo (l’affidamento in sé).
Alla luce di queste considerazioni sembra più corretto ritenere che la
condotta di avvio del minore all’estero debba necessariamente essere
interpretata nel senso di effettivo espatrio del minore, che pur sempre
307
Parzialmente difforme la posizione di PALAZZI, sub art. 35, in BIANCA-ROSSI CARLEO (a cura di),
Adozione nazionale, 1061, nt. 16. L’A. ritiene che il bene giuridico tutelato sia l’interesse a che
l’adozione dei minori avvenga nelle forme di legge, interesse strumentale alla realizzazione del diritto
del minore a una famiglia nei confronti del quale la fattispecie si atteggerebbe a reato di danno.
546
Delitti contro la famiglia
X, § 27
rappresenta una fattispecie di pericolo. L’identità della risposta sanzionatoria rispetto alla fattispecie dell’affidamento attivo a terzi può, allora,
ritenersi giustificata in virtù della particolare pericolosità della condotta di
avvio all’estero, posto che l’espatrio del minore ne comporterebbe la totale
fuoriuscita dalla sfera di controllo delle istituzioni nazionali, con l’effetto di
innescare i riferiti problemi di prevenzione e accertamento che arricchiscono il disvalore della condotta.
Le esigenze di prevenzione e di accertamento potranno, piuttosto,
essere soddisfatte ammettendo la punibilità del tentativo, ai sensi dell’art. 56
c.p., delle condotte prodromiche all’espatrio del minore. In questo modo,
l’anticipazione della tutela penale è compensata dall’applicabilità di una
pena ridotta (quella per il delitto tentato) e dalla necessità che il giudice
accerti l’idoneità e l’univoca direzione degli atti, evitando così la punizione
di comportamenti ambigui e inoffensivi 308.
Sempre in tema di tentativo, vale giusto la pena di osservare come esso
possa ritenersi certamente configurabile nel caso dell’affidamento a terzi (si
pensi, ad esempio, al caso in cui l’accordo fra le parti di realizzare una
compravendita di minore si perfezioni e con esso si verifichi anche il
pagamento della somma pattuita, ma l’effettiva consegna del minore venga
impedita dal tempestivo intervento delle forze dell’ordine).
Soggetti passivi del reato possono essere sia minori italiani che stranieri
in virtù del disposto di cui all’art. 37 bis della l. n. 184/1983, che prevede
l’applicabilità della legge italiana in materia di adozione e affidamento anche
al minore straniero che si trovi nello Stato in situazione di abbandono 309.
Quanto alla colpevolezza, va rilevato che, mentre è pacifico che la
fattispecie di avvio del minore all’estero richieda il dolo specifico del fine di
affidamento illecito, in relazione alla fattispecie di affidamento a terzi la
dottrina si divide fra chi ritiene sufficiente il dolo generico 310 e chi, invece,
reputa necessario il dolo specifico, consistente nella particolare volontà che
Cfr., SCARPATI, Commento agli artt. 71, 72 e 72-bis, cit., 595, che ritiene pacifico il tentativo
nell’ipotesi di avvio di minore all’estero.
309
Il dubbio si era posto in relazione alla disposizione di cui all’art. 40 della legge, che disciplina
esclusivamente l’espatrio di minore italiano a scopo di adozione, con la conseguenza che l’espatrio di
minore straniero non potrebbe mai darsi « in violazione delle norme di legge in materia di adozione ».
V. amplius, PADOVANI, sub art. 71, in BIANCA-BUSNELLI-FRANCHI-SCHIPANI (a cura di), Commentario alla
legge 4 maggio 1983, n. 184, cit., 227 e PALAZZI, sub art. 35, in BIANCA-ROSSI CARLEO (a cura di), Adozione
nazionale, cit., 1061-1062. Non manca chi ha ritenuto che soggetto passivo del reato di illecito
affidamento possa essere solo lo Stato, in ragione della rilevanza pubblicistica degli interessi oggetto di
tutela: SCARPATI, op. cit., 595. L’impostazione, tuttavia, non è affatto convincente, in quanto finisce per
sovrapporre il requisito di illiceità speciale con il bene tutelato, senza considerare, peraltro, che la
rilevanza pubblicistica degli oggetti giuridici, anche di quelli di natura privata, è quanto giustifica in ogni
caso l’intervento penale.
310
DEL CORSO, sub art. 71, in Commentario Alpa-Zatti, cit., 184; SILVANI, Reati in materia di adozione,
cit., 453-454.
308
X, § 27
Delitti contro lo stato di famiglia
547
deve sussistere in capo ai soggetti attivi affinché l’affidamento possa considerarsi a « carattere definitivo » 311. Pare più corretta la prima interpretazione, posto che la definitività dell’affidamento resta pur sempre un connotato oggettivo dell’offesa, benché ricavabile da un fattore volontaristico,
di talché la volontà dell’irreversibilità dell’affidamento finisce pur sempre
per confluire in quell’elemento volitivo che, insieme all’elemento intellettivo, costituisce la struttura del dolo generico.
27.b. Illecito affidamento passivo.
L’art. 71, comma 5°, l. n. 184/1983 estende l’applicabilità della pena
prevista per le condotte di cui al comma 1° a coloro che, consegnando o
promettendo denaro od altra utilità a terzi, accolgano minori in illecito
affidamento con carattere di definitività.
Come pena accessoria è prevista l’inidoneità ad ottenere affidamenti
familiari o adottivi e l’incapacità all’ufficio tutelare.
Si può, innanzitutto, rilevare come la particolare tecnica legislativa
utilizzata (l’estensione alle condotte di illecito affidamento passivo della
pena stabilita per quelle di affidamento attivo) confermi la natura plurisoggettiva del reato di illecito affidamento, cosicché si deve ritenere che i
fenomeni dell’illecito affidamento attivo e passivo, lungi dal rappresentare
due autonomi reati, configurino in realtà due aspetti del medesimo fatto
criminoso 312.
C’è da dire, tuttavia, che, come anticipato, il legislatore ha strutturato le
condotte dei coautori necessari in modo non del tutto simmetrico, dal
momento che, ai fini della punibilità dell’affidatario, è richiesta la consegna
o la promessa di danaro o altra utilità.
La diversificazione è stata da taluno ritenuta giustificata in considerazione dal maggior disvalore che assume la condotta di chi affida definitivamente il minore a terzi, anche gratuitamente, per il fatto di rappresentare
una violazione, fra l’altro, anche di quei doveri di tutela e assistenza che su
di lui incombono in virtù del particolare rapporto (legittimo) che lo lega al
minore, del tutto assenti invece in capo all’affidatario. Il mero accoglimento
di un minore in famiglia a titolo gratuito, peraltro, si dice, non essendo
necessariamente lesivo dell’interesse del minore, non meriterebbe di essere
sanzionato penalmente. In caso, invece, di accoglimento dietro dazione di
PALAZZI, sub art. 35, in BIANCA-ROSSI CARLEO (a cura di), Adozione nazionale, 1061; SCARPATI,
Commento agli artt. 71, 72 e 72-bis, cit., 594.
312
Sul punto, benché in tema di corruzione, cfr., per tutti, ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte
speciale, 15a ed., I, Giuffrè, 2008, 344-345. Nel senso della plurisoggettività del reato di illecito
affidamento, PADOVANI, sub art. 71, in BIANCA-BUSNELLI-FRANCHI-SCHIPANI (a cura di), Commentario alla
legge 4 maggio 1983, n. 184, cit., 228 e PALAZZI, op. cit., 1062. Contra SCARPATI, op. cit., 589.
311
548
Delitti contro la famiglia
X, § 27
danaro, la condotta sarebbe certo punibile, in quanto offensiva della dignità
del minore 313.
Tali argomentazioni non paiono condivisibili. Va rammentato, infatti,
che il bene giuridico tutelato dalla fattispecie in questione non è la dignità
del minore (bene peraltro dai contorni alquanto indefiniti), bensì il suo
diritto a una famiglia idonea secondo la legge, diritto che viene certamente
offeso dall’affidamento illecito anche gratuito, per il sol fatto di sottrarre il
minore alla protezione e alle garanzie che la legge sull’adozione predispone
a suo favore. Ne consegue che la mancata previsione espressa della punibilità di tale condotta rappresenta certo un grave ed ingiustificato indebolimento della tutela penale del minore, specie sul piano della prevenzione
generale.
Quanto alla clausola di illiceità speciale, alle caratteristiche della condotta, ai soggetti passivi, al tentativo, valgano qui le considerazioni esposte
in tema di illecito affidamento attivo. Quanto, invece, ai soggetti attivi, non
è richiesta alcuna qualifica (trattasi, pertanto, di reato comune). Il dolo è
generico, per le ragioni già viste.
27.c. Mediazione a scopo di illecito affidamento.
L’art. 71, comma 6°, l. n. 184/1983 punisce con la pena della reclusione
fino ad un anno o con la multa da lire 500.000 a 5.000.000, chiunque svolga
opera di mediazione al fine di realizzare l’illecito affidamento.
Si tratta pacificamente di reato comune, punibile a titolo di dolo
generico.
La condotta di mediazione può essere efficacemente descritta nei termini di cui all’art. 1754 c.c., che fornisce la definizione di mediatore, senza
che ciò implichi la necessaria identità delle nozioni civilistica e penalistica di
mediazione. In questo senso esercita l’attività di mediazione colui che mette
in relazione due o più parti per la realizzazione dell’affidamento abusivo. Ai
fini della punibilità ex art. 71, comma 6°, rilevano tanto le ipotesi di
mediazione occasionale, quanto quelle di mediazione professionale 314.
Non vi è chi non veda, a questo punto, come la mediazione altro non sia
che una delle possibili forme di partecipazione nel reato di illecito affidamento, come tale già punibile ai sensi dell’art. 110 c.p., anche in assenza
della disposizione di cui al comma 6°. Non può sfuggire, però, neppure il
fatto che il legislatore abbia previsto per il mediatore una pena meno grave
In questi termini, PADOVANI, op. loc. ult. cit. Contra, PALAZZI, op. loc. ult. cit.
A.-M. FINOCCHIARO, Disciplina dell’adozione, cit., 573; PADOVANI, voce Adozione e affidamento (reati
in materia di), cit., 55; DEL CORSO, sub art. 71, in Commentario Alpa-Zatti, cit., 184. Contra, PALAZZI, op.
cit., 1063.
313
314
X, § 27
Delitti contro lo stato di famiglia
549
rispetto a quella stabilita per l’autore dell’illecito affidamento, quando,
invece, la mediazione può giocare in concreto un ruolo determinante ai fini
della commissione del reato 315.
Per evitare questa deroga alla disciplina ordinaria del concorso di
persone nel reato, che ha tutta l’aria di esser frutto di una grossolana svista
legislativa, la dottrina ha proposto un’interpretazione che consenta di
recuperare l’utilità della fattispecie incriminatrice in relazione agli obiettivi
di tutela della legge in materia di adozione. Si è suggerito, cioè, di ritenere
l’ipotesi criminosa di cui all’ultimo comma dell’art. 71 applicabile esclusivamente ai casi in cui l’affidamento non si realizzi, mentre qualora alla
mediazione consegua l’effettivo affidamento illecito del minore il responsabile risponderà a titolo di concorso nel reato di cui al comma 1°. Così
interpretata, la mediazione finisce sì per configurare un’ipotesi di tentativo
di concorso nel reato, di norma non punibile ai sensi dell’art. 115 c.p., ma
contribuisce efficacemente a rafforzare la tutela penale del diritto del
minore a una famiglia 316.
Se ciò è vero, non ci si può astenere dal denunciare la tensione fra il
principio di offensività e la disposizione in esame, che potrebbe condurre
alla punibilità di condotte assolutamente inoffensive rispetto agli interessi
del minore. Sta all’interprete accertarsi che, nel singolo caso di specie, la
condotta rivesta pur sempre una concreta pericolosità, nel senso di essere
oggettivamente idonea quanto meno ad aumentare il rischio di realizzazione dell’affidamento illecito.
Inutile dire che, alla stregua di tale interpretazione, non è in nessun
modo ipotizzabile un tentativo di mediazione.
27.d Introduzione di minore straniero nello Stato a scopo di affidamento e
illecito affidamento passivo di minori stranieri.
L’art. 72, comma 1°, l. n. 184/1983 punisce chiunque, per procurarsi
denaro o altra utilità, in violazione delle disposizioni della stessa legge,
introduca nello Stato un minore straniero perché sia definitivamente affidato a cittadini italiani.
Tanto che vi è chi ha sostenuto che essa dovrebbe esser punita addirittura più severamente, ai sensi
dell’art. 112, n. 2, c.p., quale attività organizzativa: CAMPANATO-ROSSI, Manuale dell’adozione nel diritto
civile, penale, del lavoro, amministrativo, tributario, Cedam, 2003, 645; SCARPATI, Commento agli artt. 71,
72 e 72-bis, cit., 593. V. anche PADOVANI, op. loc. ult. cit..
316
PADOVANI, op. loc. ult. cit.; ID., sub art. 71, in BIANCA-BUSNELLI-FRANCHI-SCHIPANI (a cura di),
Commentario alla legge 4 maggio 1983, n. 184, cit., 228. La tesi dell’A. ha raccolto diversi consensi in
dottrina, v. infatti, in senso adesivo, PALAZZI, sub art. 35, in BIANCA-ROSSI CARLEO (a cura di), Adozione
nazionale, cit., 1063; DEL CORSO, sub art. 71, in Commentario Alpa-Zatti, cit., 183; SILVANI, Reati in materia
di adozione, cit., 455. Contra, SACCHETTI, Adozione e affidamento dei minori, cit., 171, il quale invece,
ravvisa nel reato di mediazione l’incriminazione a titolo autonomo di un’ipotesi di concorso.
315
550
Delitti contro la famiglia
X, § 27
Tale norma incriminatrice è complementare rispetto a quella dell’art.
71, comma 1°, in quanto prevede la punibilità di una condotta, prodromica
rispetto all’illecito affidamento di minori stranieri, che, in assenza di
espressa previsione legislativa, sfuggirebbe all’applicazione dell’articolo da
ultimo citato. In particolare, si è già visto come la condotta di introduzione
di minore straniero nel territorio nazionale possa ritenersi pressoché speculare rispetto a quella di avvio di minore all’estero: entrambe si configurano quali reati di pericolo e realizzano un’anticipazione della tutela penale
rispetto alla condotta di affidamento illecito in senso stretto 317.
Anche in questo caso è prevista una clausola di illiceità speciale che
copre, tuttavia, non l’affidamento, bensì l’introduzione del minore straniero
nello Stato, che, ai fini della punibilità ex art. 72, comma 1°, dovrà, pertanto,
avvenire in spregio della disciplina dell’ingresso nello Stato di minori a fini
di adozione di cui all’art. 33 della l. n. 184/1983.
Il problema principale posto dalla fattispecie in esame è rappresentato
proprio quest’ultimo profilo.
La limitazione della punibilità alle sole condotte finalizzate all’affidamento a cittadini italiani si giustificava, all’epoca dell’entrata in vigore della
l. n. 184/1983, in virtù del fatto che ai cittadini stranieri non erano applicabili
le disposizioni nazionali in materia di adozione (ex art. 17, comma 1°, disp.
prel. c.c.). Di conseguenza, non sarebbe stato possibile considerare illecita,
in relazione alla legge italiana in materia di adozione, l’introduzione di un
minore straniero nello Stato finalizzata all’affidamento a cittadini stranieri,
cui detta legge non si applicava.
La dottrina precisava, però, che nel caso in cui il minore avesse avuto
accesso al territorio italiano in stato di abbandono, allora sì sarebbe scattata
l’applicabilità della disciplina nazionale sull’affidamento e l’adozione (oggi
ai sensi dell’art. 37 bis l. n. 184/1983), con la conseguenza che l’affidamento
illecito eventualmente realizzato sarebbe stato punibile, per l’affidante, ai
sensi dell’art. 71, comma 1°, e, per l’affidatario, ai sensi dell’art. 72, comma
2° 318.
Il problema, tuttavia, non è quello della punibilità dell’affidamento
illecito, bensì quello della punibilità dell’introduzione del minore in Italia,
che è condotta antecedente rispetto all’affidamento abusivo. Peraltro, rispetto al 1983, la situazione normativa è mutata, poiché la legge 31 maggio
1995, n. 218 (« Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato ») ha abrogato l’art. 17 disp. prel. c.c. e prevede espressamente, all’art.
38, nuove ipotesi di applicazione della legge nazionale in materia di adoPADOVANI, sub art. 72, in BIANCA-BUSNELLI-FRANCHI-SCHIPANI (a cura di), Commentario alla legge 4
maggio 1983, n. 184, cit., 229; DEL CORSO, sub art. 72, in Commentario Alpa-Zatti, cit., 185.
318
PADOVANI, op. ult. cit., 229-230; DEL CORSO, op. cit., 185.
317
X, § 28
Delitti contro lo stato di famiglia
551
zione anche a cittadini di stranieri, anche a prescindere dallo stato di
abbandono del minore.
Proprio non si comprende, allo stato attuale della legislazione, per
quale ragione l’introduzione nello Stato di minori stranieri finalizzata (e
quindi meramente prodromica rispetto) all’affidamento illecito a cittadini
italiani sia soggetta a sanzione penale tanto severa quanto quella prevista
per lo stesso affidamento, mentre, la stessa condotta se finalizzata all’affidamento illecito in favore di cittadini stranieri residenti in Italia cui risulti
applicabile la normativa nazionale in materia di adozione è destinata a
rimanere del tutto impunita, pur a fronte dell’identico disvalore e dell’identica portata offensiva, in aperta violazione del principio di uguaglianza.
In tema di colpevolezza, l’elemento soggettivo è rappresentato dal dolo
specifico dello scopo di lucro, nonché dello scopo dell’illegittimo affidamento a cittadini italiani.
Circa l’ammissibilità del tentativo, valgono le considerazioni svolte
supra in relazione al delitto di avvio di minore all’estero ai fini di illecito
affidamento 319.
Quanto al comma 2° dell’art. 72, esso consiste in una pedissequa
ripetizione del disposto di cui al comma 5° dell’art. 71. Identica è la condotta
incriminata, identiche sono le pene (principali e accessorie) previste. Si
tratta, in definitiva di una disposizione assolutamente inutile, poiché l’illecito accoglimento di minore straniero illegittimamente introdotto nel territorio nazionale in nulla differisce rispetto all’illecito accoglimento di
minore italiano e sarebbe stato perfettamente punibile, anche in assenza
della norma in esame, ai sensi dell’art. 71 320.
In definitiva pare potersi concludere che l’art. 72, nel suo complesso,
rappresenta un pessimo esempio di tecnica di redazione delle norme penali,
cui il legislatore non ha saputo porre rimedio neppure in occasione delle
varie modifiche apportate alla l. n. 184/1983.
28.
Pratiche non autorizzate inerenti all’adozione di minori stranieri.
L’art. 72 bis, introdotto nella l. n. 184/1983 dalla legge di ratifica della
Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozioni
internazionali (l. n. 476/1998), prevede due fattispecie criminose volte a
tutelare il diritto dei minori stranieri a una famiglia sostitutiva idonea, con
riferimento allo specifico interesse a che la procedura di adozione internazionale di cui sono oggetto sia posta in essere da soggetti che (abbiano
319
320
599.
Contra, SCARPATI, Commento agli artt. 71, 72 e 72-bis, cit., 601.
PADOVANI, op. ult. cit., 230; DEL CORSO, op. cit., 185. Unica voce contraria quella di SCARPATI, op. cit.,
552
Delitti contro la famiglia
X, § 28
ottenuto la prescritta autorizzazione e pertanto) soddisfino tutti i requisiti
di legge.
In particolare, la l. n. 184/1983 prevede che chi sia interessato all’adozione di
minori stranieri debba conferire incarico a curare la relativa procedura ad uno degli
enti autorizzati dall’apposita Commissione per le adozioni internazionali, che sono
per lo più associazioni senza scopo di lucro con finalità assistenziali e di promozione
dell’infanzia (art. 39 ter), cui la legge attribuisce diversi compiti, quali informare gli
aspiranti adottanti sulle procedure e sulle prospettive di adozione, nonché trasferire loro ogni informazione relativa al minore, svolgere le pratiche di adozione
presso le competenti autorità del Paese straniero interessato, etc. (art. 31).
La ratio di tali incriminazioni è stata, dunque, esattamente identificata
nell’intento di impedire la formazione di un mercato parallelo delle adozioni internazionali sottratto ai controlli della Commissione 321.
Al comma 1°, l’art. 72-bis punisce con la reclusione fino a un anno o con
la multa da uno a dieci milioni di lire chiunque svolga per conto di terzi
pratiche inerenti all’adozione di minori stranieri senza avere previamente
ottenuto l’autorizzazione prevista dall’art. 39, comma 1°, lettera c).
Soggetto attivo del reato in esame può essere chiunque, a prescindere
dalla qualifica rivestita: si pensi, per esempio, al volontario che presti la
propria attività per un’associazione non autorizzata o al privato che assuma
l’incarico di curare una procedura di adozione internazionale senza chiedere alcuna autorizzazione. La circostanza è confermata dalla previsione di
una speciale aggravante soggettiva indipendente per le ipotesi in cui il fatto
sia commesso dai legali rappresentanti o dai responsabili « di associazioni o
agenzie che trattano le pratiche di cui al comma 1° ». Dal tenore di tale
espressione non è dato comprendere se il legislatore intendesse punire più
gravemente la condotta dei vertici della struttura illegale, ovvero quella dei
vertici di un ente autorizzato che approfittino delle proprie competenze per
gestire abusivamente pratiche di adozione internazionale al di fuori delle
legittime attività dell’associazione cui appartengono. Sembra più plausibile
la seconda ipotesi, dal momento che, in caso di concorso di più persone nel
reato (necessario perché vi sia un’associazione) i promotori, i direttori e gli
organizzatori sono già puniti più gravemente ai sensi dell’art. 112 c.p.
La condotta incriminata consiste nel porre in essere, per conto degli
aspiranti genitori adottivi e senza autorizzazione, taluna delle attività che la
legge riserva alla competenza degli enti autorizzati (e, cioè, sostanzialmente
quelle elencate all’art. 31). Anche la struttura di questo reato è, dunque,
plurisoggettiva ad esecuzione bilaterale, non essendo assolutamente concepibile lo svolgimento di pratiche di adozione senza chi le richieda. E, difatti,
321
SCARPATI, Commento agli artt. 71, 72 e 72-bis, cit., 603.
X, § 28
Delitti contro lo stato di famiglia
553
il comma 3° dell’art. 72-bis estende la punibilità a coloro che, per l’adozione
di minori stranieri, si avvalgano dell’opera di associazioni, organizzazioni,
enti o persone non autorizzati nelle forme di legge (salvo si tratti di
adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero su
istanza di cittadini italiani ivi residenti da almeno due anni). Per tale
condotta passiva il legislatore prevede, tuttavia, la diminuzione della pena
di un terzo, che si giustifica in virtù della minor riprovevolezza della
condotta di chi si rivolga a soggetti non autorizzati spinto dal desiderio di
diventare genitore e, quindi, tutto sommato, dall’aspirazione di realizzare
anche il bene del minore, rispetto a quella di chi ponga in essere attività
abusive senza averne un interesse altrettanto apprezzabile o, peggio, spinto
da motivazioni venali (per inciso, lo scopo di lucro non è richiesto ai fini
della punibilità).
Va precisato che, al fine di evitare irragionevoli disparità di trattamento
e vuoti di tutela, l’espressione « senza avere previamente ottenuto l’autorizzazione prevista » dev’essere inevitabilmente interpretata — con
un’estensione del dato testuale pericolosamente prossima all’analogia —
nel senso di comprendere, oltre alle ipotesi in cui l’autorizzazione sia stata
chiesta ma non sia stata ottenuta o in cui non sia stata neppure richiesta,
anche i casi in cui l’autorizzazione, pur inizialmente ottenuta, sia stata
perduta prima del compimento della condotta criminosa 322.
Sempre con riferimento alla speciale antigiuridicità che connota il fatto
tipico occorre rilevare che essa non si riferisce, in generale, a qualsiasi
violazione della legge in materia di adozione, bensì all’esclusiva violazione
della specifica disposizione che impone l’autorizzazione. Va, tuttavia, segnalato che l’art. 39, testualmente richiamato dalla norma incriminatrice, è
stato abrogato dal d.l. 18 maggio 2006, n. 181 in materia di riordino delle
attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri e
sostituito dall’art. 6 del regolamento di riordino della Commissione per le
adozioni internazionali (d.p.r. 8 giugno 2007, n. 108). Il rinvio deve, pertanto, intendersi oggi riferito a tale ultima disposizione.
Com’è noto, l’illiceità speciale della condotta rileva anche in tema di
colpevolezza. Premesso che il reato in esame richiede il dolo (generico),
affinché possa dirsi che l’autore abbia effettivamente voluto il fatto tipico è
necessario che esso si sia rappresentato l’elemento normativo della mancanza di autorizzazione. Diversamente, attesa la natura extrapenale di tale
elemento normativo, il soggetto verserebbe in errore sul fatto, con la
conseguenza che la sua volontà avrebbe ad oggetto un fatto diverso da
quello previsto 323.
322
323
SCARPATI, op. loc. ult. cit.
Cfr., per tutti, MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, 4a ed., Cedam, 2001, 389.
554
Delitti contro la famiglia
X, § 29
Rispetto al bene giuridico tutelato, come individuato sopra, la condotta
punita è meramente pericolosa: benché, infatti, sia lecito presumere, in base
alle comuni regole di esperienza, che chi agisce in assenza della richiesta
autorizzazione sia privo dei requisiti e delle qualifiche prescritte dalla legge
e possa più facilmente sottrarsi ai controlli delle autorità competenti, con
conseguente esposizione del minore al rischio di abusi o di vizi della
procedura di adozione, non è detto che dallo svolgimento di pratiche
abusive nell’ambito di adozione internazionale derivi sempre una lesione al
diritto del minore a una famiglia. Sembra, pertanto, corretto ascrivere il
delitto in esame alla categoria dei reati di pericolo presunto, che del resto
rappresentano lo strumento più efficace per conseguire gli obiettivi di tutela
che la norma si prefigge.
Peraltro, in considerazione del particolare valore del bene giuridico
tutelato, si potrebbe ritenere ammissibile anche la punibilità del tentativo,
per lo meno quando vengano posti in essere atti di una certa pericolosità (si
pensi, ad esempio, al caso in cui un privato allestisca un’agenzia di servizi
finalizzata all’espletamento di pratiche di adozione internazionale senza
aver richiesto alcuna autorizzazione e si attivi per procacciarsi clientela, ma,
prima di poter iniziare la propria attività venga scoperto dalle forze dell’ordine).
29.
Rivelazione di notizie sul rapporto di adozione.
L’equilibrio e la serenità del minore adottato, nonché del nucleo
familiare adottivo, non può prescindere da una netta recisione di ogni
rapporto fra l’adottato e la famiglia d’origine. Ogni ingerenza dei genitori
biologici nella vita del figlio e della sua nuova famiglia non potrebbe che
frustrare l’esigenza di ricreare attorno al minore un contesto affettivo
quanto più simile al modello della famiglia naturale, anche e proprio nel
tratto dell’esclusività del rapporto di filiazione, rispetto al quale la moltiplicazione delle figure genitoriali sarebbe una nociva aberrazione 324.
Per tale ragione, pur ammettendo, entro certi limiti, il diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini, specifico risvolto del diritto all’identità
personale riconosciuta anche a livello europeo ed internazionale 325, la legge
italiana in materia di adozione appronta tutta una serie di cautele volte ad
evitare che il minore venga a conoscenza prima del tempo della propria
condizione o venga rintracciato dai genitori d’origine.
In argomento, si v. diffusamente RESTIVO, L’art. 28 L. ad. tra nuovo modello di adozione e diritto
all’identità personale, in Familia, 2002, 691 ss.
325
Art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e art. 7 della Convenzione sui diritti
dell’infanzia del 20 novembre 1989.
324
X, § 29
Delitti contro lo stato di famiglia
555
Fra queste vanno senz’altro annoverate le fattispecie criminose di
rivelazione di notizie inerenti al rapporto di adozione o di affidamento
previste e punite dall’art. 73 l. n. 184/1983, finalizzate a sanzionare penalmente specifici obblighi di segretezza posti dalla legge in capo a determinati
soggetti 326.
L’art. 73, comma 1°, l. n. 184/1983 punisce chiunque fornisca qualsiasi
notizia di cui sia a conoscenza in ragione del proprio ufficio atta a rintracciare un minore nei cui confronti sia stata pronunciata adozione o riveli in
qualsiasi modo notizie circa lo stato di figlio legittimo per adozione. La pena
applicabile è la reclusione fino a sei mesi o la multa da 200.000 lire a
2.000.000 di lire ed è prevista, al comma 2°, una circostanza aggravante
speciale soggettiva indipendente per il fatto commesso da pubblico ufficiale
o incaricato di pubblico servizio: in tal caso la pena è della reclusione da sei
mesi a tre anni.
In proposito, è stato criticato il fatto che la risposta sanzionatoria della
fattispecie non aggravata sia più debole rispetto a quella prevista per altri delitti di
rivelazione di segreti, scelta deprecabile alla luce dell’importanza del bene tutelato,
ma per lo meno controbilanciata dalla punibilità anche della rivelazione avvenuta
per giusta causa, nonché dalla procedibilità d’ufficio dei reati in esame 327.
Una seconda ipotesi criminosa di rivelazione è prevista, inoltre, dal
comma 3° dell’art. 73, che estende l’applicazione delle disposizioni di cui ai
primi due commi dello stesso articolo anche a chi fornisca tali notizie
successivamente all’affidamento preadottivo e senza l’autorizzazione del
tribunale per i minorenni.
Occorre sgombrare subito il campo da un possibile equivoco: il bene
giuridico tutelato non è tanto il segreto o il diritto alla segretezza in sé e per
sé considerato, quanto la serenità del minore e del nucleo familiare adottivo, interesse riconducibile pur sempre al diritto del minore a una famiglia
In particolare, l’art. 28 l. n. 184/1983 prevede che siano i genitori adottivi a dover informare il
minore del proprio status di figlio adottivo, nei modi e nei termini che ritengono più opportuni. Ogni
attestazione di stato civile dev’essere rilasciata con l’esclusiva indicazione del nuovo cognome e senza
alcun riferimento ai genitori biologici. Al comma 3° è fatto obbligo all’ufficiale di stato civile, all’ufficiale
di anagrafe, a qualsiasi ente pubblico o privato, nonché a qualsiasi autorità o pubblico ufficio di rifiutarsi
di fornire notizie, informazioni, certificazioni, estratti o copie dai quali possa comunque risultare il
rapporto di adozione, salvo vi sia autorizzazione dell’autorità giudiziaria o la richiesta provenga
dall’ufficiale di stato civile per verificare se sussistano impedimenti matrimoniali.
327
PADOVANI, sub art. 73, in BIANCA-BUSNELLI-FRANCHI-SCHIPANI (a cura di), Commentario alla legge 4
maggio 1983, n. 184, cit., 230; PALAZZI, sub art. 36, in BIANCA-ROSSI CARLEO (a cura di), Adozione
nazionale, cit., 1065; DOGLIOTTI-FIGONE-MAZZA GALANTI (a cura di), sub art. 73, l. 4 maggio 1983, n. 184,
in Codice dei minori, cit., 523-524.
326
556
Delitti contro la famiglia
X, § 29
idonea a soddisfare le sue esigenze 328. Il segreto non ricade, pertanto, nel
fuoco della tutela penale quale valore-fine, ma come valore-mezzo strumentale, in definitiva, alla realizzazione del migliore interesse del minore 329.
Né, a ben vedere, pare che i reati in esame possano esser rivolti alla
tutela della riservatezza sull’origine del rapporto di filiazione legittima,
come pure è stato ipotizzato 330, se non quale eventuale riflesso di quella del
segreto, che della riservatezza rappresenta una specificazione. Mentre,
infatti, il diritto alla riservatezza, quale diritto all’esclusiva conoscenza di
tutto ciò che attiene alla vita privata, si traduce in una pretesa erga omnes
a che nessuno acquisisca e diffonda informazioni riservate, con la conseguenza che autore delle relative violazioni può essere chiunque, solo il
diritto alla segretezza, quale diritto all’esclusività di conoscenza su particolari aspetti della vita privata, si erge, quanto al divieto di rivelazione,
soprattutto nei confronti di determinati soggetti e, cioè, di coloro che, per
le più vari ragioni, sono legittimati a conoscere il segreto, ma non a rivelarlo
(si tratta dei c.d. “depositari” del segreto) 331.
Ebbene, è pacifico come, nonostante la formulazione letterale della
norma, i reati di rivelazione di cui all’art. 73 siano reati propri, in quanto
possono essere commessi unicamente da coloro che « in ragione del proprio
ufficio » siano venuti a conoscenza delle informazioni, coperte da segretezza, circa lo stato di adozione del minore 332. Per quanto latamente possa
Cfr. PALERMO FABRIS, Introduzione ai delitti contro lo stato di famiglia, cit., par. 4; SILVANI, Reati in
materia di adozione, cit., 457. Con particolare accento sull’idoneità dell’ambiente familiare sostitutivo v.
DEL CORSO, sub art. 73, in Commentario Alpa-Zatti, cit., 186. Con riferimento alla libertà individuale v.
PALAZZI, op. cit., 1064. Per una ricostruzione del bene giuridico tutelato in termini di diritto di ignorare
l’identità dei propri genitori naturali cfr., in dottrina, D’AMBROSIO, sub art. 73 L. 184/1983, in RESCIGNO
(a cura di), Codice civile, cit., 453 e, in giurisprudenza, Pret. Bari, 30.6.1986, in Giur. it., 1988, 106, con
nota di SCOGNAMIGLIO.
329
RESTIVO, L’art. 28 L. ad. tra nuovo modello di adozione e diritto all’identità personale, cit., 691. Nello
stesso senso, in generale, v. MANTOVANI, Diritto penale. Parte speciale, I, Delitti contro la persona, Cedam,
1995, 389.
330
FOLADORE, Profili penali della nuova legge sulle adozioni, cit., 1224 ss.; PALERMO FABRIS, op. loc. ult.
cit.; nonché L’INSALATA, I reati di omessa comunicazione di informazioni riguardanti i minori (art. 70) e
di rivelazione di notizie sulla provenienza del minore adottato (art. 73), cit., 578. In giurisprudenza v.
Cass. pen., 4.3.1991, Petrucci, in Cass. pen., 1993, 1783, nonché in Riv. pen., 1040 e in Giur. it., 1993, II,
121.
331
Si v. l’analitica ricostruzione di MANTOVANI, Diritto penale. Parte speciale, I, Delitti contro la persona,
Cedam, 1995, 461 ss. Nell’impossibilità di fornire qui riferimenti bibliografici esaurienti, data la quantità
di testi sull’argomento, ci limitiamo a citare per tutti, sul diritto di riservatezza, PATRONO, voce Privacy
e vita privata (dir. pen.), in Enc. dir., XXXV, Giuffrè, 1986, 564 ss. e, sulla tutela penale del segreto,
KOSTORIS, Il segreto come oggetto di tutela penale, Cedam, 1964.
332
PADOVANI, voce Adozione e affidamento (reati in materia di), cit., 56; ID., sub art. 73, in BIANCABUSNELLI-FRANCHI-SCHIPANI (a cura di), Commentario alla legge 4 maggio 1983, n. 184, cit., 230; GUARALDO,
voce Reati in materia di affidamento e di adozione, cit., 329; PALAZZI, sub art. 36, in BIANCA-ROSSI CARLEO
(a cura di), Adozione nazionale, cit., 1065; DEL CORSO, sub art. 73, in Commentario Alpa-Zatti, cit., 186;
SILVANI, Reati in materia di adozione, cit., 458; DOGLIOTTI-FIGONE-MAZZA GALANTI (a cura di), sub art. 73,
L. 4 maggio 1983, n. 184, in Codice dei minori, cit., 523-524.
328
X, § 29
Delitti contro lo stato di famiglia
557
essere intesa l’accezione di « ufficio », nel senso di ricomprendere anche
l’ufficio di carattere privato, è evidente che soggetto attivo può essere
soltanto il depositario del segreto, quando, invece, se l’oggetto della tutela
penale fosse la riservatezza, dovrebbe essere punito chiunque, a prescindere
dall’occasione e dalla fonte di conoscenza della notizia segreta, ne riveli i
contenuti a terzi, pena la menomazione della stessa tutela.
In definitiva, come già rilevato, i reati in esame sanzionano penalmente
specifici obblighi di segreto e non, invece, il generale dovere di rispetto
dell’altrui sfera privata riconducibile al diritto di riservatezza. Ciò non toglie
che, quale benefico effetto indiretto della tutela penale del segreto possa
scaturire anche la protezione della riservatezza dell’adottato, nella misura
in cui l’efficacia deterrente delle pene previste per la violazione del segreto
possa contribuire a prevenire il diffondersi delle informazioni private oggetto di segretezza.
Venendo all’esame delle condotte tipiche alternativamente punite dall’art. 73, quanto alla prima (rivelazione di informazioni atte a rintracciare il
minore), il carattere dell’idoneità deve intendersi in senso oggettivo e
concreto, in riferimento ai contenuti delle notizie rivelate, e non meramente
quale connotato finalistico della rivelazione. In questo senso può ritenersi
normativamente esplicitato il requisito di potenziale nocumento tipico di
ogni segreto ed espressamente richiesto anche ai fini dell’integrazione di
analoghe fattispecie criminose, come, ad esempio, la rivelazione di segreto
professionale (art. 622 c.p.). Ne deriva l’ascrivibilità della fattispecie in
esame al novero dei reati di pericolo concreto 333.
Quanto, invece, alla seconda delle due condotte previste (rivelazione di
notizie sullo stato di figlio legittimo per adozione) essa non implica necessariamente un pericolo concreto di lesione al bene tutelato e costituisce,
pertanto, un reato di pericolo astratto. Risultano, altresì, diversi, rispetto alla
prima ipotesi criminosa, l’oggetto della rivelazione, poiché non tutte le
informazioni relative lo status di figlio adottivo sono idonee a rintracciare il
minore e viceversa 334, nonché i suoi destinatari, dal momento che è
punibile anche la condotta di chi informi lo stesso adottato della propria
condizione 335.
Un’ulteriore differenza fra le due fattispecie alternative sta nel fatto
che, mentre la prima riguarda esclusivamente notizie concernenti i mino-
PALAZZI, sub art. 36, in BIANCA-ROSSI CARLEO (a cura di), Adozione nazionale, cit., 1066.
Con particolare chiarezza, PADOVANI, voce Adozione e affidamento (reati in materia di), cit., 56,
nt. 31.
335
PALAZZI, op. loc. ult. cit.
333
334
558
Delitti contro la famiglia
X, § 30
ri 336, la seconda non prevede analoga limitazione e risulta, pertanto,
perpetrabile anche in danno di soggetti adulti 337.
Il tentativo pare ammissibile, purché gli atti idonei alla rivelazione
rivestano uno stadio di pericolosità sufficiente ad esprimere il disvalore del
fatto anche da un punto di vista materiale e non puramente soggettivo, il
che, in genere, si verificherà quando la notizia segreta sia già fuoriuscita
dalla sfera di esclusiva cognizione del depositario, seppure non abbia ancora
raggiunto alcun destinatario. Si può ipotizzare il fatto dell’ufficiale di
anagrafe che, richiesto dai genitori d’origine del minore, spedisca loro a
mezzo posta una lettera contenente informazioni e recapiti della famiglia
adottiva ove risulta effettivamente collocato il minore, e questa, tuttavia,
non arrivi a destinazione in quanto intercettata dalla polizia postale durante
un servizio di ispezione 338.
30.
Le omissioni penalmente rilevanti in materia di adozione.
Nell’ambito della disciplina dell’adozione un ruolo assolutamente fondamentale è assolto dall’accertamento della situazione di abbandono, presupposto di quella dichiarazione di adottabilità che rappresenta lo strumento imprescindibile per assicurare al minore un ambiente familiare
sostitutivo 339.
Si comprende bene, allora, come la legge si preoccupi di garantire che
le autorità competenti siano poste in grado di venire tempestivamente a
conoscenza delle condizioni di ogni minore che versi in una situazione di
abbandono. A tal fine, l’art. 9 impone specifici obblighi di segnalazione in
capo a soggetti pubblici e privati.
Per le note esigenze di tutela, il legislatore ha optato per sanzionare
penalmente anche questi obblighi, al pari di quelli di segretezza. Tuttavia,
trattandosi di obblighi di facere, la loro violazione consiste necessariamente
in un’omissione. Sono, così, previste, nell’ambito delle norme penali in
In dottrina qualcuno ha ritenuto tale opzione legislativa incongruente rispetto all’art. 28, nella
parte in cui vieta l’accesso alle informazioni concernenti le proprie origini biologiche non solo ai
minorenni, bensì a tutti coloro che non abbiano ancora raggiunto i venticinque anni di età: PALAZZI, op.
loc. ult. cit.
337
PADOVANI, op. ult. cit., 56; PALAZZI, op. loc. ult. cit. Cfr. anche A.-M. FINOCCHIARO, Disciplina
dell’adozione e dell’affidamento dei minori, cit., 581 e SILVANI, Reati in materia di adozione, cit., 458-459,
che però ritengono la differenza di trattamento frutto di un mero difetto di coordinamento. Non
ammette, invece, la punibilità della rivelazione dello status di figlio adottivo di un soggetto adulto,
L’INSALATA, I reati di omessa comunicazione di informazioni riguardanti i minori (art. 70) e di rivelazione
di notizie sulla provenienza del minore adottato (art. 73), cit., 579.
338
Cfr. L’INSALATA, op. cit., 582.
339
In questi termini, PALERMO FABRIS, Introduzione ai delitti contro lo stato di famiglia, cit., par. 1 e
SILVANI, op. cit., 445.
336
X, § 30
Delitti contro lo stato di famiglia
559
materia di affidamento e adozione, anche alcune ipotesi di reati omissivi
propri.
Va sin d’ora evidenziato che entrambe le fattispecie sono punibili
esclusivamente a titolo di dolo generico. Tuttavia, è ragionevole pensare che
il verificarsi di siffatte omissioni, in particolare di quelle di cui al comma 2°
dell’art. 70, sarà normalmente ascrivibile ad atteggiamenti colposi (si pensi,
ad esempio, al ritardo nell’inoltro degli elenchi semestrali dei minori
collocati in istituti di assistenza, dovuto alla disorganizzazione del personale
dell’istituto), piuttosto che a una più o meno marcata intenzionalità. La
previsione di un’ipotesi colposa avrebbe forse contribuito a una maggiore
utilità, nella prassi, di queste fattispecie, ad oggi mai applicate 340.
30.a Omessa relazione sulle condizioni di minori in stato di abbandono.
L’art. 70, comma 1°, l. n. 184/1983 punisce, « ai sensi dell’art. 328 del
codice penale », i pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio e gli
esercenti un servizio di pubblica necessità che omettano di riferire alla
Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio. La seconda parte del medesimo
comma prevede, per i casi in cui il fatto sia commesso da esercenti un
servizio di pubblica necessità, la pena della reclusione fino ad un anno o
della multa da lire 500.000 a lire 2.500.000.
Il bene giuridico tutelato è il diritto del minore ad una famiglia, rispetto
al quale, peraltro, l’omissione incriminata risulta immediatamente lesiva e
non già meramente pericolosa. Il ritardo che essa determina in relazione al
momento in cui l’autorità verrà a conoscenza della situazione di abbandono
del minore si traduce, infatti, inesorabilmente nella posticipazione del
momento in cui egli sarà introdotto nella sua nuova famiglia. Con la
conseguenza che, nel frattempo, egli continuerà ad essere esposto (inutilmente) a tutte le incertezze e ai pericoli dello stato di abbandono. Ne
consegue che il reato in esame può essere ritenuto reato di danno, a patto,
naturalmente, che intercorra un apprezzabile lasso di tempo fra la scoperta
della situazione di abbandono da parte del soggetto tenuto alla denuncia e
la successiva conoscenza della stessa situazione da parte delle autorità
competenti.
Si tratta di reato proprio: ai fini dell’individuazione dei soggetti attivi
soccorrono le definizioni di cui agli artt. 357-359 c.p.
Il fatto tipico consiste nella violazione dei doveri di cui all’art. 9, comma
340
L’INSALATA, op. ult. cit., 559.
560
Delitti contro la famiglia
X, § 30
1°, della legge in materia di affidamento e adozione. A tale norma occorre,
pertanto, guardare per comprendere a quale termine cronologico far riferimento onde ritenere integrata l’omissione. Ai sensi di tale disposizione, la
comunicazione alla procura deve avvenire « al più presto », il che significa
immediatamente o non appena possibile 341, data l’urgenza rivestita dalla
necessità di sottrarre il minore alla situazione di abbandono.
La situazione di abbandono rappresenta un elemento normativo della
fattispecie, la cui definizione è data dall’art. 8 l. n. 184/1983 quale assenza di
assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a
provvedervi, purché non dovuta a causa di forza maggiore di carattere
transitorio.
La lettera degli artt. 9 e 70 sembrerebbe implicare che, per adempiere
all’obbligo di riferire e, quindi, per evitare la punibilità, non sia sufficiente
denunciare la presunta situazione di abbandono, ma sia altresì necessario
informare l’autorità di tutte le condizioni del minore (di salute, familiari,
educative etc.) di cui si venga a conoscenza 342. Tale interpretazione rischia
certamente di estendere la punibilità anche a situazioni del tutto inoffensive, cionondimeno sembra la più rispondente alle particolari esigenze di
tutela del minore, in quanto consente di prevenire e di reprimere condotte
che configurino un adempimento meramente formale all’obbligo di cui
all’art. 9 e risultino, pertanto, lesive del diritto del minore a una famiglia (si
pensi al caso del poliziotto che, informato da una telefonata anonima della
presenza di un minore in stato di abbandono in una località esattamente
individuata, riferisca la circostanza alla Procura senza però precisare l’indirizzo esatto del luogo).
Uno dei profili più discussi della norma in esame concerne il rinvio
all’art. 328 c.p.
Al momento dell’entrata in vigore della l. n. 184/1983 la descrizione normativa
della fattispecie di cui alla norma codicistica era già sufficiente a fondare la
punibilità delle omissioni previste dalla norma speciale, tanto che autorevole
dottrina aveva ritenuto che il rinvio operasse quoad factum e che la disposizione di
cui all’art. 70, comma 1°, avesse una portata meramente dichiarativa 343.
A seguito delle modifiche apportate dalla legge 26 aprile 1990, n. 86 al
testo originario dell’art. 328, non è più possibile dubitare che il rinvio operi
esclusivamente al fine della determinazione della pena applicabile. Peraltro,
341
L’INSALATA, I reati di omessa comunicazione di informazioni riguardanti i minori (art. 70) e di
rivelazione di notizie sulla provenienza del minore adottato (art. 73), cit., 558.
342
Cfr. L’INSALATA, op. cit., 556, secondo il quale è necessario accludere alla denuncia dello stato di
abbandono un “dettagliato resoconto” su tali condizioni.
343
PADOVANI, voce Adozione e affidamento (reati in materia di), cit., 52; ID., sub art. 70, in BIANCABUSNELLI-FRANCHI-SCHIPANI (a cura di), Commentario alla legge 4 maggio 1983, n. 184, cit., 221-222.
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Delitti contro lo stato di famiglia
561
non pare neppure potersi revocare in discussione che, oggi, il riferimento
vada inteso al primo comma dell’art. 328 c.p. (rifiuto di atti d’ufficio), posta
l’incompatibilità strutturale della fattispecie di cui all’art. 70, comma 1°, con
l’omissione di atti d’ufficio di cui al secondo comma dell’art. 328 c.p. 344. Del
resto, l’omissione dolosa di una comunicazione che dev’essere compiuta « al
più presto » (art. 9, comma 1°) altro non rappresenta che un’ipotesi di
« rifiuto » di un atto che dev’essere compiuto « senza ritardo » 345. Tale
conclusione è tanto più vera laddove si ritenga, come sembra corretto, che
la denuncia dello stato di abbandono alla Procura sia addirittura un atto
urgente.
Parte della dottrina, prima dell’entrata in vigore della l. n. 149/2001, affermava
la necessità di interpretare il rinvio in relazione al secondo comma dell’art. 328 c.p.,
che prevede la stessa pena prevista prima delle modifiche del 1990 (reclusione fino
ad un anno o multa fino a due milioni di lire, oggi 1.032 euro), alla quale il
legislatore del 1983 aveva inteso far riferimento. Gli stessi Autori aggiungevano
che, peraltro, a voler applicare la pena più elevata (reclusione da sei mesi a due
anni) prevista dal comma 1° dell’art. 328 alla omessa comunicazione di situazioni di
minori in stato di abbandono commessa dai pubblici ufficiali e dagli incaricati di
pubblico servizio, questi ultimi si sarebbero visti ingiustamente penalizzati rispetto
agli esercenti un servizio di pubblica necessità che, per la stessa omissione sarebbero stati puniti con una pena di gran lunga inferiore. Si sarebbe determinata, così,
un’ingiustificabile disparità di trattamento 346.
A prescindere dal rilievo che tale disparità non sembra poi così irragionevole,
a fronte del diverso disvalore delle due fattispecie, nonché di uno spettro edittale
(quello di cui al primo comma dell’art. 328 c.p.) che consente comunque al giudice
ampie modulazioni sanzionatorie, pare proprio che, nonostante le insistenze di
certa dottrina 347, dopo la riforma del 2001 tale assunto sia ormai del tutto
insostenibile. Il legislatore del 2001 ha, infatti, elevato la misura edittale della multa
applicabile agli esercenti un servizio di pubblica necessità, prevedendo un importo
minimo di 500.000 lire e portando il massimo edittale da 400.000 a 2.500.000 lire
(cioè circa 1.291 euro). Così rideterminata, tale pena pecuniaria risulta più grave
rispetto a quella stabilita dal secondo comma dell’attuale art. 328 c.p., la cui
applicazione alle omissioni ex art. 70, comma 1°, commesse da pubblici ufficiali o
incaricati di pubblico servizio comporterebbe l’assurdo risultato di determinare una
disparità di trattamento sanzionatorio, questa volta sì irragionevole, nei confronti
degli esercenti un servizio di pubblica necessità.
Di conseguenza, nel caso in cui il fatto sia commesso da pubblico
ufficiale o incaricato di pubblico servizio la pena applicabile è la reclusione
344
PALAZZI, sub art. 34, in BIANCA-ROSSI CARLEO (a cura di), Adozione nazionale, cit., 1057; L’INSALATA,
op. cit., 551.
345
V. le condivisibili osservazioni di PADOVANI, op. ult. cit., 222.
346
PADOVANI, sub art. 70, l. n. 184/1983, in Commentario Cian-Oppo-Trabucchi, IV, Cedam, 1993, 527;
DEL CORSO, sub art. 70, in Commentario Alpa-Zatti, cit., 181.
347
SILVANI, Reati in materia di adozione, cit., 448-449.
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da sei mesi a due anni, mentre, per i casi in cui a commettere il fatto siano
esercenti un servizio di pubblica necessità la pena è della reclusione fino ad
un anno o della multa da lire 500.000 a lire 2.500.000 (si tratta di circostanza
attenuante speciale soggettiva indipendente).
La dottrina ha sollevato un secondo nodo problematico in tema di
antigiuridicità. Ci si è chiesti, in particolare, come vadano risolti i casi di
eventuale conflitto fra l’obbligo di cui all’art. 9 ed altri eventuali doveri
incombenti sul soggetto in virtù della propria qualifica o posizione, con
particolare riferimento agli esercenti professioni, come quelle sanitarie e
forensi, che siano tenuti a obblighi di segretezza.
È stato proposto, ad esempio, il caso dell’avvocato di un soggetto responsabile
del delitto di violazione degli obblighi di assistenza famigliare il quale ometta di
denunciare la situazione di abbandono per non compromettere gli interessi del
proprio assistito 348.
Si tratta, a nostro avviso, di un falso problema o, rectius, di un problema
non diverso da quello che si pone in relazione a ogni altro caso di conflitto
fra due obblighi antitetici imposti dalla legge, uno dei quali sia penalmente
sanzionato.
Sul piano logico, tale conflitto non può che essere risolto alla luce del
principio di non contraddizione che, sul piano normativo, si è tradotto nel
nostro ordinamento nell’esplicita previsione di un’apposita causa di giustificazione, l’adempimento di un dovere 349. Non ci sono, pertanto, dubbi:
laddove un soggetto ometta di riferire alla procura le condizioni di un
minore in stato di abbandono per adempiere a un dovere impostogli da una
norma giuridica non potrà venire punito ai sensi dell’art. 70.
30.b. Omessa trasmissione dell’elenco dei minori ricoverati o assistiti e
comunicazione di informazioni inesatte relative ai loro rapporti familiari.
L’art. 70, comma 2°, l. n. 184/1983 punisce con la reclusione fino ad un
anno o con la multa da lire 500.000 a 5.000.000 i rappresentanti degli istituti
di assistenza pubblici o privati che omettono di trasmettere semestralmente
348
PADOVANI, voce Adozione e affidamento (reati in materia di), cit., 51-52; ID., sub art. 70, in
BIANCA-BUSNELLI-FRANCHI-SCHIPANI (a cura di), Commentario alla legge 4 maggio 1983, n. 184, cit.,
222-223.
349
Propendono, invece, per l’applicabilità della scriminante dell’esercizio di un diritto PADOVANI, op.
ult. cit., 223; SILVANI, op. cit., 449 e L’INSALATA, I reati di omessa comunicazione di informazioni riguardanti
i minori (art. 70) e di rivelazione di notizie sulla provenienza del minore adottato (art. 73), cit., 563. Invoca
una soluzione legislativa FOLADORE, Profili penali della nuova legge sulle adozioni, cit., 1222.
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alla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni l’elenco di
tutti i minori ricoverati o assistiti, ovvero forniscano informazioni inesatte
circa i rapporti familiari concernenti gli stessi minori.
Il bene giuridico protetto è ancora il diritto del minore a una famiglia,
tuttavia, poiché non si richiede che il minore oggetto delle comunicazioni
prescritte versi in stato di abbandono, la tutela assume un carattere tanto
mediato da risolversi, in sostanza, nella tutela delle funzioni amministrative
in materia di adozione e affidamento. E, difatti, rispetto al bene tutelato, le
condotte punite rappresentano un pericolo solo in astratto 350. Starà, pertanto, al giudice ricondurre, in via interpretativa, l’applicazione del reato in
esame al rispetto del principio di offensività.
Vista l’arretratezza della soglia della punibilità si deve ritenere inammissibile il tentativo.
Il fatto tipico è costituito dalla violazione degli obblighi di cui all’art. 9,
comma 2° e può essere integrato alternativamente da due diverse fattispecie.
Quanto alla prima, essa si verifica sia quando gli elenchi dei minori non
vengano trasmessi entro il termine dei sei mesi prescritto (da calcolarsi a
partire dalla data di entrata in vigore della l. n. 184/1983), sia quando
vengano trasmessi elenchi incompleti (la norma, infatti, prevede che gli
elenchi debbano contenere i nominativi di tutti i minori collocati negli
istituti) 351.
Quanto alla seconda, l’inesattezza consiste, in ultima, in un’ipotesi di
falso, dal momento che la rappresentazione di una realtà errata è una falsa
rappresentazione della realtà 352. Oggetto dell’inesattezza sono solo le
informazioni (e non, si badi, le mere valutazioni o giudizi) inerenti ai
rapporti del minore con la famiglia e non anche quelle relative alla località
di residenza dei genitori, alle condizioni psicofisiche del minore che pure, ai
sensi dell’art. 9, gli istituti sono tenuti a trasmettere alla Procura. La
limitazione non ci pare affatto giustificata, contrariamente a quanto ritiene
la dottrina maggioritaria 353, poiché, se è vero che le condizioni familiari del
minore rivestono senz’altro una fondamentale importanza nell’accertamento dello stato di abbandono, è pur vero che altrettanto rilevanti a tal
L’INSALATA, op. cit., 565.
PADOVANI, op. ult. cit., 224; PALAZZI, sub art. 34, in BIANCA-ROSSI CARLEO (a cura di), Adozione
nazionale, cit., 1059. Contra L’INSALATA, op. cit., 565.
352
Sulle possibili interferenze fra il reato in esame e quello di falsità ideologica commessa dal pubblico
ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio in atti pubblici (artt. 479 e 493 c.p.) nei casi in cui autori
dell’omissione di cui all’art. 70, comma 2°, l. n. 184/1983 siano soggetti dotati di qualifica pubblicistica,
v. PADOVANI, op. loc. ult. cit.; PALAZZI, op. loc. ult. cit. Entrambi gli Autori escludono che eventuali falsità
su notizie non contemplate dall’art. 70, comma 2°, l. n. 184/1983 possano integrare il reato comune. In
senso adesivo, SILVANI, op. cit., 451.
353
PADOVANI, op. loc. ult. cit., 224; PALAZZI, op. loc. ult. cit.; SILVANI, op. loc. ult. cit.
350
351
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fine sono le condizioni di salute, psichica e fisica, del minore, le quali, anzi,
spesso potranno restituire la misura dell’urgenza della specifica situazione.
Il reato può essere commesso esclusivamente dai soggetti espressamente indicati (reato proprio). Va segnalato, tuttavia, in proposito, un grave
difetto di coordinamento fra detta disposizione e la norma penale determinato dalla riforma del 2001. Con la l. n. 149/2001 il legislatore aveva previsto
(art. 2, comma 4°) il superamento del ricovero in istituto di assistenza entro
il 31 dicembre 2006, mediante l’affidamento del minore ad una famiglia o,
ove ciò non fosse possibile, mediante l’inserimento in comunità di tipo
familiare. Conseguentemente, l’art. 9 veniva modificato nel senso di estendere gli obblighi di comunicazione ivi previsti anche a tali comunità.
Se non che, nessuna modifica è stata apportata all’art. 70, comma 2°,
con conseguente vanificazione della tutela penale cui la stessa norma è
preposta. La mancata previsione espressa dei rappresentanti delle comunità
di tipo familiare quali possibili autori dell’omissione criminosa ne impedisce, in virtù del principio di tassatività, la punizione 354. A meno di un
intervento del legislatore, pertanto, è ben difficile che la fattispecie possa
oggi trovare applicazione.
354
PALAZZI, op. cit., 1057; L’INSALATA, op. cit., 551.