Attività 2015 della Sezione per i Beni Archeologici

Notiziario Archeologico
della Soprintendenza di Palermo
9/2016
a cura della Sezione Archeologica della Soprintendenza per i Beni
culturali e ambientali di Palermo
ATTIVITÀ 2015 DELLA SEZIONE PER I BENI ARCHEOLOGICI
DELLA SOPRINTENDENZA DI PALERMO
Stefano Vassallo, Carla Aleo Nero, Giuseppina Battaglia, Gabriella Calascibetta, Monica Chiovaro, Rosa Maria Cucco,
1
Riccardo Sapia
The contribution is intended to provide a brief summary of activities of 2015
carried out by the Unità Operativa Beni Archeologici of Soprintendenza of
Palermo. Through public and private works of safeguard, of restoration, but
also of teaching and publications, significant historical and archaeological
data related to the territory of the province of Palermo emerged, and it was
significantly important let these data known, although in a preliminary
form, through the pages of our Newsletter. Obviously, the most interesting
researches will be subject to scientific publications by those responsible, both
archaeologists of the Soprintendenza and scientific collaborators with whom
you share the commitment of archaeological research, always rewarding
despite of the great economic and operational difficulties faced by the Italian
Cultural Institutes.
INTRODUZIONE
Nonostante la grave carenza di fondi destinati alle indagini archeologiche che da anni affligge le Soprintendenze
siciliane, rendendo pressoché irrealizzabile una programmazione sistematica degli scavi e delle ricerche, nel
2015 è stato possibile condurre un' intensa attività, grazie, soprattutto, al costante ed intenso lavoro profuso da
tutto il personale dell’Unità Operativa 5, Beni Archeologici, della Soprintendenza nell’esercizio della tutela che,
in un territorio non facile qual è la provincia di Palermo, costituisce un impegno non indifferente. Dei risultati
conseguiti si presenta in questo numero del Notiziario Archeologico un sintetico resoconto, al fine di dare
tempestiva comunicazione delle attività svolte e rendere pubbliche le prime notizie su scoperte, ricerche o
attività di vario genere, realizzate anche in collaborazione con i comuni della provincia, cui seguiranno, nelle
sedi opportune e dopo la necessaria analisi dei dati e dei materiali rinvenuti, studi più specifici e approfonditi,
da parte dei responsabili delle indagini.
Particolare attenzione è stata riservata ai numerosissimi interventi legati ai lavori pubblici, che spesso hanno
comportato importanti manomissioni del sottosuolo; i nostri controlli, facilitati dalle norme relative
all’archeologia preventiva previste dal Codice dei Beni Culturali, hanno fornito numerose occasioni per
interessanti scoperte, soprattutto nei centri storici di Palermo e Termini Imerese. La possibilità di imporre una
costante vigilanza archeologica nei cantieri ha consentito di aprire finestre stratigrafiche in contesti urbani di
spazi pubblici o di strade, dove non è certo possibile prevedere scavi sistematici. Anche se si è trattato di aree
limitate, con situazioni problematiche per la non facile convivenza tra corretti metodi di scavo e la tipologia dei
lavori pubblici, tuttavia abbiamo cercato sempre di raggiungere il massimo risultato nel documentare e rilevare
tutti i contesti antichi messi in luce, al fine di ottenere elementi utili alla conoscenza storica e topografica dei
resti indagati.
Un altro settore di notevole importanza per le indagini archeologiche è quello legato agli interventi di restauro
architettonico in complessi monumentali pluristratificati, spesso condotti in stretta collaborazione con i colleghi
architetti della Soprintendenza. In tal senso si va rivelando sempre più proficuo e vantaggioso lo spirito della
legislazione siciliana sui Beni Culturali che prevede le Soprintendenze uniche, agevolando il dialogo costante tra
i diversi settori di interesse fin dal momento della progettazione degli interventi e lungo tutto il percorso di
analisi e di restauro dei monumenti.
1
Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Palermo, Via P. Calvi 13, 90139 Palermo; contatti: [email protected] tel.
0917071455,
[email protected]
tel.
0917071217,
[email protected]
tel.
0917071454,
[email protected] tel. 0917071229, [email protected] tel. 0917071454, [email protected] tel. 0917071456,
[email protected] tel. 0917071222
Regione Siciliana
Assessorato dei Beni culturali e dell’Identità siciliana
Dipartimanto dei Beni culturali e dell’Identità siciliana
Soprintendenza dei Beni culturali e ambientali di Palermo
www.regione.sicilia.it/beniculturali
[email protected]
S. Vassallo et alii, Attività 2015 della Sezione per i Beni Archeologici della Soprintendenza di Palermo
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Buoni risultati hanno avuto le indagini che abbiamo condotto in collaborazione con Università italiane e
straniere; si è trattato di ottime occasioni per avviare un costruttivo confronto tra specialisti, sia in fase di
programmazione, sia nel corso degli scavi. Un dialogo intenso che ha consentito di orientare al meglio le
ricerche, nel rispetto, in primo luogo, dei monumenti e dei contesti archeologici su cui si è intervenuti, ma con
una prospettiva aperta anche alla loro valorizzazione, in accordo con i comuni dei territorio in cui si sono svolte
le ricerche.
La presenza nel territorio e il costruttivo collegamento con le amministrazioni locali, hanno consentito di
svolgere un’attività concreta e positiva nella gestione dei beni archeologici. Dal recupero di reperti sequestrati
dalle forze dell’ordine, e in particolare dal Nucleo Tutela dei Carabinieri, all’importante assistenza e
collaborazione ai tanti comuni della provincia di Palermo nella creazione o nel potenziamento delle strutture
espositive in cui sono custoditi materiali archeologici della Soprintendenza per la loro fruizione pubblica. Nel
2015, oltre ad affidare ai musei civici locali i reperti, il nostro ufficio ha collaborato ai progetti scientifici di
nuove esposizione, alcune già aperte, altre in corso di definizione, come a Baucina, Camporeale, Ciminna,
Castronovo di Sicilia, Ventimiglia di Sicilia, Ustica. Ma anche in Musei Civici, già aperti al pubblico, si è
collaborato per il potenziamento dell’apparato didattico incrementando il numero di reperti in esposizione, con
la redazione di pannelli didattici e con nuovi plastici di aree archeologiche, come nel caso del Museo e dell’Area
Archeologica di Montagna dei Cavalli, a Prizzi.
Infine, diverse sono state le iniziative legate alla didattica e alla comunicazione dei risultati delle nuove indagini,
ma anche la divulgazione della conoscenza del patrimonio archeologico della provincia di Palermo. Oltre al
tradizionale corso di aggiornamento per i docenti delle scuole, avviato quattro anni fa, gli archeologi della
Soprintendenza sono intervenuti in numerosi incontri organizzati a Palermo e in numerosi comuni della
provincia, per parlare di “Archeologia”, al fine di far crescere la sensibilità collettiva verso il patrimonio
culturale. Numerosi sono stati anche gli interventi in convegni archeologici in ambito non soltanto regionale e i
contributi scientifici in riviste specialistiche.
Nel 2015 è stato avviato il progetto di un “Notiziario Archeologico della Soprintendenza di Palermo”, che ospita
questa rassegna di attività e che ha avuto concreto avvio nel febbraio del 2016, lo abbiamo pensato e realizzato
come primo veicolo di informazione sulle ricerche archeologiche del nostro territorio. Infine, sono state messe
on line, nel sito del Dipartimento Regionale dei Beni Culturali, nuove pubblicazioni o cataloghi e opuscoli di
lavori degli anni passati; tutto questo materiale pubblicato può essere, adesso, consultato e scaricato dal Web.
INTERVENTI DI SCAVO IN CONTESTI DI OPERE PUBBLICHE
1- Sito: Palermo, Corso dei Mille: tratto compreso tra la Stazione Ferroviaria (via Balsamo) e il ponte sul
Fiume Oreto.
Motivazione e periodo ricerca: lavori per la realizzazione della rete tramviaria di Palermo. Settembre 2013 giugno 2015.
Responsabili della ricerca: Giuseppina Battaglia, Laura Riolo, Marco La Mantia.
Risultati: Nei numerosi saggi aperti, sono stati messi in luce molti ambienti delimitati da muri a secco in
pietrame e in mattoni di argilla cruda, databili, sulla base dei materiali ceramici rinvenuti, nel corso della fase
islamica (X-XI secolo), che attestano la grande estensione della città di Balarm di periodo islamico, anche oltre i
limiti successivamente definiti dai Normanni (fig. 1). In alcuni ambienti, si notano concentrazioni di corna ovine
associate con scorie di fusione ferrose che fanno pensare ad un qualche tipo di attività artigianale, come ad
esempio la produzione di coltelli.
È stata localizzata una necropoli e sono state esplorate una trentina di tombe che spesso sigillavano le strutture
di fase islamica. Le sepolture, in fossa, sono allineate, non sovrapposte, e orientate in senso E/O con testa ad O;
in 23 casi l’inumato – deposto entro cassa lignea – è in posizione supina con gli arti inferiori distesi e gli arti
superiori lungo il corpo o sul pube. Due tombe più “monumentali” presentano una fossa in parte scavata nel
banco roccioso coperta da lastre litiche poste a doppio spiovente, alcune con tracce di intonaco. Quattro inumati
in piena terra, infine, sono stati deposti in decubito laterale destro e sono rivolti verso SE, secondo il rituale
musulmano. Il corredo è presente in un’unica sepolture ed è costituito da un “flacone per profumo” (fig. 2),
deposto accanto al cranio; si tratta di un vaso estremamente raro, in vetro bianco, blu cobalto e sfoglie di oro, di
produzione siriana o più probabilmente egiziana, databile al XII-XIII secolo. In questa zona, le fonti antiche
collocano anche il cimitero ebraico.
I livelli degli ambienti islamici e delle sepolture sono sigillati da una strada in terra battuta molto compatta e da
uno strato di drenaggio con ciottoli e frammenti ceramici databili alla fine del XII – prima metà XIII secolo (età
sveva), che attesta, probabilmente la strada di uscita da Palermo verso Sud, in direzione del fiume Oreto, il cui
tracciato ha avuto continuità fino ai nostri giorni e che coincide con l’odierno Corso dei Mille.
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Fig. 1 Palermo, corso dei Mille, la trincea di scavo con i
resti di muri di età islamica
Fig. 2 Palermo, corso dei Mille, flacone islamico per
profumo di vetro policromo
2- Sito: Palermo, Corso dei Mille, a ridosso del fiume Oreto: Ponte delle Teste.
Motivazione e periodo ricerca: lavori per la realizzazione della rete tramviaria di Palermo. Maggio 2014- giugno
2015.
Responsabili della ricerca: Giuseppina Battaglia, Laura Riolo.
Risultati: Sotto la sede stradale, nell'area compresa fra l'attuale canale del Fiume Oreto e l'incrocio con via
Decollati/via Tiro a segno, lungo Corso dei Mille, è stato localizzato e messo in luce l'antico Ponte delle Teste,
così denominato perché dal 1799 al 1860, su una piramide posta nei pressi, venivano esposte le teste dei
giustiziati. Il ponte è costituito da tre campate: quelle laterali sono ad arco a tutto sesto, quella centrale ad arco a
sesto ribassato. Si ritiene che questo sia il ponte sul quale i Mille garibaldini si scontrarono con le truppe
borboniche nel maggio del 1860. È stata realizzata una struttura che lo ingloba in modo da proteggerlo e nel
contempo consentirne la visita e la fruizione (figg. 3-4-5).
Fig. 3 Palermo, corso dei Mille, ricostruzione fotografica del ponte delle Teste, prospetto orientale
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Fig. 4 Palermo, l'area del fiume Oreto con i ponti dell'Ammiraglio e delle Teste
Fig. 5 Palermo, il ponte delle Teste in corso di scavo, al di sotto dell'attuale sede stradale
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3- Sito: Palermo, Foro Italico Umberto I, carreggiata ovest
Motivazione e periodo ricerca: lavori per la realizzazione della rete fognaria di Palermo. Marzo-giugno 2015.
Responsabili della ricerca: Giuseppina Battaglia, Marco La Mantia.
Risultati: Durante i lavori per la posa delle nuove condutture fognarie, sono stati rintracciati i limiti orientali dei
basamenti dei bastioni cinquecentesche della fortificazione di Palermo lato mare, demoliti nel XVIII e di cui non
era nota l’esatta localizzazione. I bastioni costruiti verso il 1550 per volere del viceré de Vega (fig. 6)
rappresentavano, insieme al Castello a Mare, la linea di difesa della città dagli attacchi navali. Il Bastione del
Tuono o del Terremoto – così detto per la grande batteria di cannoni ivi collocata che in funzione provocavano
un gran rumore e forti vibrazioni – è compreso nei pressi dell'attuale Palchetto della Musica, fra la Porta Felice e
la Porta dei Greci, ha pianta pressoché rettangolare. Il Bastione Vega, a pianta cuspidata – così denominato in
onore del viceré Ferdinando de Vega – occupava il vertice sud-orientale della cinta muraria cittadina, a
protezione della Porta dei Greci e giungeva fino all'attuale aiuola spartitraffico; ne sopravvive un orecchione
all'interno del giardino del NH Hotel. I bastioni furono demoliti nella seconda metà del XVIII secolo, quando
avevano perso la funzione strategica e venne allargata la passeggiata a mare. Se ne conservano le parti del
basamento, messe parzialmente in luce nelle nostre indagini (fig. 7).
Fig. 6 Palermo, Foro Italico, la trincea per la
fognatura con i resti del bastione Vega
Fig. 7 Palermo, planimetria seicentesca con
l'indicazione dei bastioni a mare
4- Sito: Carini-Area limitrofa alla c.da San Nicola – Zona di ampliamento del cimitero.
Motivazione e periodo ricerca: Progetto per l’ampliamento in corso del cimitero comunale di Carini. Saggi
preventivi.
Responsabili della ricerca: Rosa Maria Cucco, Serena Sanzo e Margherita Casandra
Risultati: L’area prescelta per l’ampliamento del cimitero di Carini è situata immediatamente a Sud
dell’insediamento tardoantico e medievale di San Nicola, da cui la separa il vallone San Vincenzo (fig. 8).
Nella prima campagna di scavo sono stati realizzati 34 saggi, tre, dei quali sono risultati positivi (SAS 2, SAS 23
e SAS 24). Lo scavo ha interessato in modo più approfondito il SAS 2, dove sono stati individuati due vani di un
edificio orientato N-S, al cui interno si conservavano i crolli delle coperture costituite da coppi vacuolati, di
impasto e consistenza diversi.
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I manufatti diagnostici dallo
strato sigillato dal crollo del
tetto sono relativi alla fase di
abbandono
dell’edificio.
Si
tratta di frammenti di vasi
acromi, di anfore e di ceramica
invetriata databili tra X ed XI
secolo. Lo smontaggio integrale
dei crolli di tegole è stato
realizzato nel corso della
seconda campagna di scavo,
così come l’ampliamento ed
approfondimento dei saggi 23 e
24. I resti murari ed i manufatti
fittili a questi pertinenti sono
tipologicamente
e
cronologicamente
associabili
all’edificio del SAS 2.
L’ampliamento del saggio 23 ha
permesso di mettere in luce
frustuli di muri di un vano, a
Sud del quale è affiorato un
acciottolato (cortile o strada?).
Le strutture sono inquadrabili
tra la seconda metà del X e la
metà dell’XI secolo. Meglio
conservati i resti murari nell’
ampliamento del SAS 24. Qui i
muri (N-S ed E-O) definiscono
due vani, il cui piano di
calpestio era ricoperto da crolli
di pietrame, tegole e ceramica
di tipologie affini a quelle
rinvenute nell’ampliamento del
saggio 23 (fig. 9).
Pare indubbio che le evidenze
finora messe in luce siano da
connettere all’insediamento di
cui parlano gli arabi alMuqqadasi alla fine del X
secolo e Idrisi alla metà del XII
secolo, e siano da considerare
in collegamento con i resti
islamici che si impostano sul
sito tardoantico di San Nicola,
vista la contiguità territoriale e
gli stringenti confronti tra i due
contesti di scavo (fig. 10).
Fig. 8 Carini, progetto di ampliamento del cimitero. In rosso i saggi archeologici positivi
Fig. 9 Carini, ampliamento SAS 23
e SAS 24. Scavo 2013
Fig. 10 Carini, SAS 2. Scavo 2012,
livelli di crollo negli ambienti di
età islamica
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5- Sito: Termini Imerese –
Piazza S. Antonio.
Motivazione
e
periodo
ricerca:
intervento
di
emergenza a seguito di
lavori di manutenzione
realizzati dalla ditta Enel
Distribuzione. Marzo 2015.
Responsabile della ricerca:
Monica Chiovaro.
Risultati: è stato possibile
esplorare integralmente due
inumazioni, diverse per
tipologia e per stato di
conservazione, situate in
una trincea di limitate
dimensioni, realizzata nella
parte sud-est della piazza, a
ridosso del marciapiede.
La prima tomba aveva una copertura costituita
da tegoli piani disposti “alla cappuccina” che
erano inglobati – come il resto della sepoltura –
in una massicciata di cementizio. Le tegole
proteggevano un sarcofago realizzato da lastre
litiche. Il defunto, in pessimo stato di
conservazione, era ancora in connessione
anatomica, in posizione supina; nella tomba non
sono stati trovati elementi di corredo, né di
ornamento personale. La seconda sepoltura era
più monumentale(fig. 11); anche in questo caso
una massicciata in cementizio inglobava la
copertura "alla cappuccina" e il sarcofago, che
era in piombo. All'interno della cassa è stato
recuperato lo scheletro in buone condizioni e
ancora in connessione anatomica. Nei pressi
della scapola destra si è rinvenuto un unico
oggetto relativo al corredo funerario, un bel
unguentario vitreo a bulbo, azzurro pallido,
integro, databile – a un primo esame – al I
secolo d.C. (fig. 12).
Fig. 11 Termini Imerese, piazza S. Antonio, sepoltura in
cassa di piombo
Fig. 12 Termini Imerese, piazza S. Antonio, unguentario
di vetro
6- Sito: Termini Imerese – località Giancaniglia – Cimitero comunale.
Motivazione e periodo ricerca: saggi archeologici preventivi nell’ambito del projet financing dell’ampliamento
del cimitero. Giugno – luglio 2015.
Responsabili della ricerca: Monica Chiovaro, Maria Teresa Rondinella.
Risultati: è noto che la contrada Giancaniglia era occupata in antico dalla grande necropoli Nord-Occidentale
della colonia augustea di Thermae; si tratta di una vasta area cimiteriale che si estende per un’ampia superficie
oltre le mura della città fino al ciglio del pianoro, da cui si domina la costa tirrenica e la foce del fiume
S.Leonardo. La necropoli è caratterizzata dalla presenza di tombe di diverse tipologie, anche di aspetto
monumentale, come testimonia l'esistenza del grande edificio funerario rappresentato da J. Houël in uno dei
suoi acquarelli oggi conservato al Museo dell'Ermitage. Inoltre, negli anni ’80 del secolo scorso, nella zona più
vicina all’abitato, furono rinvenute tombe alla cappuccina, a lastroni e in muratura, databili tra la tarda età
ellenistica e la prima età imperiale (I sec. a.C. – I sec. d.C).
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Resti dell'antica necropoli erano
stati messi in luce anche all'interno
del cimitero moderno, dove sono
state rinvenute "stanze" realizzate
in opus reticulatum, un tipo di
opera muraria già documentata
nell’abitato dell’antica Termini
Imerese. Questi elementi già noti
hanno indotto alla realizzazione di
numerosi
saggi
archeologici
preventivi nell’area a Est e a Nord
– Est del cimitero moderno, con la
collaborazione della ditta Service
Termini Imerese Srl, incaricata
della realizzazione del nuovo
progetto. L'esplorazione ha avuto
risultati sorprendenti; in primo
luogo
è
stata
confermata
l’estensione e l’importanza della
necropoli nord-ovest di Thermae:
infatti, tutta l’area è risultata
fittamente
interessata
da
un'intensa distribuzione di sepolcri
monumentali di età romana, con
strutture murarie realizzate con
buona tecnica di costruzione, sia in
opus incertum, sia in opus
reticulatum. Dall’area proviene, in
particolare, un frammento di
iscrizione
di
età
romana,
probabilmente funeraria, sulla
quale si legge CAPRILI PROC (fig.
13).
Ma la vera novità è costituita dalla
scoperta di una grande chiesa (fig.
14), di cui - al momento - sono
stati messi in luce i muri
perimetrali laterali e la parte
absidata (fig. 15); si tratta
certamente di un edificio che, per
dimensioni e planimetria, si
avvicina a modelli di età tardoantica, ma che fu certamente in
uso fino all’età bizantina. La
struttura
costituisce
una
testimonianza straordinaria per
tutta la Sicilia e ribadisce
l'importanza della città di Termini
non solo in età romana, ma anche
nel poco conosciuto periodo altomedievale.
Fig. 13 Termini Imerese, Giancaniglia,
lapide probabilmente funeraria di età
romana con iscrizione CAPRILI PROC
Fig. 14 Termini Imerese, Giancaniglia,
lato occidentale della basilica
Fig. 15 Termini Imerese, Giancaniglia,
zona absidale della basilica
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7- Sito: Mezzojuso – SS 121, Km 20+697. Insediamento preistorico e
fattoria di età romana.
Motivazione e periodo della ricerca: scavo archeologico realizzato in
occasione dei lavori di ammodernamento della SS 121 e 189, tratto
Palermo - Lercara Friddi. 2014-2015.
Responsabili della ricerca: Monica Chiovaro, Antonio Di Maggio,
Fausto D’Angelo.
Risultati: nell’ambito della sorveglianza archeologica - prescritta su
tutte le attività che comportano movimenti di terra nei lavori di
ammodernamento dell'importante arteria stradale – era stata
segnalata la presenza di strutture murarie e frammenti ceramici
antichi in un’area in cui da progetto era prevista la realizzazione di un
cavalcavia. I rinvenimenti hanno indotto la Soprintendenza di Palermo
ad avviare un cantiere archeologico, con la collaborazione della
Fig. 16 Mezzojuso, SS 121, Km 20+697,
Cooperativa Archeologia di Firenze e della ditta Bolognetta S.c.p.a.
la fattoria romana a fine scavo
L'indagine ha consentito di mettere in luce parte di un insediamento
rurale di età romano-imperiale (I sec. d.C.), utilizzato fino all'età Fig. 17 Mezzojuso, SS 121, Km 20+697,
tardo-antica (IV-V sec. d.C.). Purtroppo, la maggior parte della fattoria moneta dell'imperatore Domiziano
doveva estendersi al di là dell'area espropriata per l'allestimento del
cantiere stradale; tuttavia, l'esplorazione ha consentito il rinvenimento
di alcuni vani, anche con materiale ancora in situ.
Nello scavo sono inoltre presenti alcune istallazioni funzionali a vari tipi di lavorazioni come, per esempio, una
vasca quadrangolare e un piccolo forno. L'insediamento insisteva su un'area che era stata frequentata già in età
preistorica: infatti, nella zona limitrofa alla fattoria sono state rinvenute tracce di bruciato e ceramica risalente –
a un primo esame dei reperti – all'età del Bronzo; in seguito il terreno era stato occupato da una necropoli di età
ellenistica (III sec. a.C.), come testimonia il ritrovamento di un'incinerazione e di unguentari acromi negli strati
immediatamente al di sotto delle strutture murarie dell'edificio romano. La scoperta assume una particolare
rilevanza poiché si tratta di uno dei pochi casi di scavo di un insediamento rurale di età romana nella Sicilia
occidentale e contribuisce a chiarire le dinamiche del popolamento di questa parte dell'isola nella prima età
imperiale (figg. 16-17).
RICERCHE NELL’AMBITO DI INTERVENTI DI RESTAURO ARCHITETTONICI PUBBLICI E PRIVATI
8- Sito: Palermo, ex Sala delle Verifiche nel complesso monumentale dello Steri.
Motivazione e periodo ricerca: lavori di restauro. Periodo: Settembre 2014; Aprile - luglio 2015
Responsabili della ricerca: Carla Aleo Nero, Emanuele Canzonieri.
Risultati: Nell'ambito dell'archeologia urbana a Palermo tutta l'area in cui ricade il complesso monumentale
dello Steri è di interesse archeologico e pertanto fin dagli anni '70 del secolo scorso tutti i lavori di
ristrutturazione e restauro sono stati preceduti da indagini archeologiche. Queste hanno evidenziato una
straordinaria stratificazione storica dall'età ellenistica al Rinascimento, che dà atto delle vicende storicourbanistiche nell'area del complesso (fig. 18).
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Fig. 18 Palermo, stralcio planimetrico, evidenziata in giallo l’area di scavo
Gli scavi più recenti effettuati nell'area della ex Sala delle Verifiche, edificio risalente alla fine del XIX secolo,
hanno messo in luce, come peraltro già emerso negli scavi precedenti, un’interessantissima fase di età
ellenistica, cui seguì un lungo periodo di abbandono, con sporadiche tracce di frequentazione relative all'età
bizantina (fig. 19). In età islamica e normanna il luogo ritorna ad essere sede di insediamento stabile, come
testimoniano le strutture (muri, pozzi) ritrovate, ma è soprattutto nel XIII-XIV secolo che diventano più
tangibili le trasformazioni edilizie di quest’area, legata alle fortune della famiglia Chiaromonte.
Fig. 19 Palermo, aree di scavo nel complesso monumentale dello Steri, entro cerchio la Sala delle Verifiche
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Sulla base dell'evidenza stratigrafica e di un
preliminare esame dei reperti, il cui studio è in
corso, la più antica occupazione sembra risalire
alla prima metà III sec. a.C.: pur non essendo
state ritrovate in situ strutture edilizie associabili
a questa fase, distrutte o spoliate nel corso dei
secoli successivi, i frammenti di pavimenti
musivi e di pietrame verosimilmente da
costruzione, ne costituiscono le indirette
testimonianze. Le caratteristiche complessive del
ritrovamento farebbero pensare ad un
insediamento stabile dislocato nei pressi del
porto antico, in raccordo funzionale con le
attività commerciali a quest'ultimo connesse (tra
i reperti, anfore da trasporto e stoviglie da
mensa e dispensa), in un periodo di poco
precedente la prima guerra punica e la conquista
romana di Palermo.
Se sporadiche appaiono le tracce di una
frequentazione di epoca precedente (V-IV sec.
a.C.) e del tutto assenti quelle relative all'età
romana, le attestazioni di età bizantina si
limitano a qualche moneta e a pochi altri reperti.
Molto meglio rappresentata, invece, la fase di età
islamica, nella quale si registra una vivace
ripresa dell'attività insediativa, documentata da
alcune strutture e da un pozzo (saggio 3, fig. 20),
oltre che dal materiale ceramico. Poco
consistenti si sono rivelate le tracce relative
all’età normanna, mentre è risultata molto
evidente
una
diversa organizzazione e
rifunzionalizzazione degli spazi ascrivibile ad
una rioccupazione dell’area in età sveva (prima
metà del XIII secolo) (fig. 21), ben prima della
costruzione dello Steri, alla quale è riferibile la
realizzazione di nuove strutture murarie che
obliterano quelle di età islamica. Chiudono la
sequenza stratigrafica le attestazioni relative alla
fase di XIV-XVI secolo (lustri spagnoli, ceramica
berettina, di Montelupo, etc.). Scarse le tracce
relative al XVII-XVIII secolo, presumibilmente a
causa di un generale livellamento dell’area, con
la conseguente rasatura dei depositi archeologici
superficiali.
11
Fig. 20 Palermo, lo Steri, saggio 3, area esterna alla Sala
delle Verifiche, l’imboccatura di un pozzo
Fig. 21 Palermo, lo Steri, frammenti di ceramica della
prima metà del XIII secolo
9- Sito: Palermo – Palazzo dei Normanni: saggi nella chiesa inferiore della Cappella Palatina e nell’area della
cosiddetta “Torre Greca”.
Motivazione e periodo ricerca: realizzazione di saggi in fondazione nel deambulatorio S-E della chiesa Inferiore
e nella cosiddetta Torre Greca.
Responsabili della ricerca: Monica Chiovaro, Girolamo Sofia.
Risultati: la Soprintendenza BB.CC.AA di Palermo – in collaborazione con l'Ufficio Tecnico dell'Assemblea
(Regionale – ha realizzato, negli ultimi tre anni, a varie riprese, una serie di interventi che hanno consentito di
mettere in luce strutture di grande interesse per l'approfondimento di alcuni problemi inerenti alle complesse
vicende e alle trasformazioni architettoniche che nei secoli hanno interessato le strutture del Palazzo Reale di
Palermo. Infatti il complesso monumentale insiste su un'area molto importante della città, occupata – senza
soluzione di continuità – dall'età punica ai nostri giorni; le strutture dell'edificio hanno pertanto subito continue
e profonde trasformazioni che hanno lasciato forti segni sul Palazzo. Per questo motivo, quando nel 2013 è stato
necessario realizzare un saggio nel deambulatorio della cosiddetta “chiesa inferiore”, lungo il suo muro sud-est,
per verificare le condizioni strutturali delle fondazioni della Cappella Palatina – che poggiano sulla chiesa
sottostante -, l’Unità Operativa Beni Archeologici della Soprintendenza è intervenuta, approfondendo un saggio
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archeologico già aperto negli anni ’90 del secolo scorso. Il nuovo intervento ha evidenziato che le fondazioni
della “chiesa inferiore” erano state realizzate tagliando strutture preesistenti, diverse per orientamento e tecnica
muraria; purtroppo, l’esiguità dell’area da indagare e la profondità del saggio non hanno consentito lo scavo
delle strutture più antiche, ricadenti al di sotto dell’attuale Cortile Maqueda.
Inoltre, nel 2014, sono stati
realizzati nell’area della cosiddetta
“Torre
greca”
alcuni
saggi
archeologici molto limitati per
dimensioni e posizionati secondo
le esigenze delle verifiche strutturali degli ambienti soprastanti.
In particolare, nel cortile suddetto,
antistante l’ex alloggio del custode,
sono state messe in luce le
strutture, rasate, del bastione sudest (San Michele) del Palazzo,
risalenti all’età moderna; inoltre,
all’interno dell’ex appartamento
del custode e a una quota più
elevata rispetto a quella del
suddetto cortile, le recenti attività
di scavo per la prima volta hanno
fornito dati utili all'individuazione
della cosiddetta "Torre Greca" (fig.
22), citata dalle fonti medievali e
Fig. 22 Palermo, Palazzo dei Normanni, resti di murature della fase normanna
situata
sul
lato
S-E
del
della Torre Greca
promontorio
calcarenitico
sul
quale si trovava la città antica. La
torre era collocata in posizione di
rilievo sul corso dell'antico fiume
Kemonia, che limitava l'insediamento di Panormos sul lato
sud; della struttura medievale si
era persa ogni traccia, dal
momento
che,
probabilmente
all'inizio dell'età moderna, la stessa
era stata inglobata nel bastione
sud-est della fortificazione e
modificata sia in altezza, sia in
ampiezza, soprattutto sul lato che
si affacciava sulle odierne Piazza
del Parlamento e Via dei Bastioni.
Il recente intervento di scavo ha
messo in luce possenti strutture
murarie, costituite da blocchi
squadrati di grandi dimensioni,
oltre a uno spesso muro - di cui è
stato scavato un paramento –
Fig. 23 Palermo, Palazzo dei Normanni, resti di murature della fase normanna
orientato in senso Est-Ovest.
10- Sito: Palermo, Chiesa di S. Maria dell’Itria, detta della Pinta.
Motivazione e periodo ricerca: lavori di restauro a cura della Sezione per i Beni Architettonici della
Soprintendenza di Palermo. Febbraio-marzo 2015.
Responsabile della ricerca: Carla Aleo Nero.
Risultati:
Nel corso dei lavori di restauro della chiesa, l’esecuzione di due saggi lungo il lato breve settentrionale ha
permesso di indagare per la prima volta i depositi stratigrafici di quest’area della città, che nel medioevo
costituiva il sobborgo meridionale in cui scorreva il Kemonia, torrente il cui percorso è noto con buona
approssimazione grazie ai dati geologici (Todaro), ma del quale non si conoscono con sufficiente precisione le
eventuali variazioni nelle diverse epoche storiche (fig. 24).
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Fig. 24 Palermo, stralcio carta tecnica 1:500 con
indicazione di S. Maria dell’Itria (in giallo) e localizzazione di altre evidenze archeologiche
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Fig. 25 Palermo, S. Maria dell'Itria, saggio con muri di
età islamica o normanna
La chiesa di S. Maria dell’Itria, sorta a pochi passi
dall’Oratorio di S. Mercurio, fu edificata nel XVII secolo in
sostituzione di quella più antica, sita a poca distanza e già
semidiroccata, che venne demolita per consentire la
realizzazione della Porta di Castro, come ci dice Gaspare
Palermo (1858). Dopo il 1648, anno della distruzione della
Chiesa di S. Maria della Pinta che si trovava nel Piano del
Palazzo, il dipinto della Vergine ivi custodito e tanto amato dai
fedeli venne trasferito nella nuova chiesa dell’Itria, che venne
così detta “della Pinta”.
Le indagini archeologiche, condotte fino ad una profondità di
3,20 m ca., rivelano che i livelli di occupazione di età islamica
e normanna in questa zona si trovavano ben al di sotto delle
attuali quote di calpestio; si tratta di strutture murarie (si
segnala un muro in pietrame sbozzato e malta di terra
orientato approssimativamente in senso nord-sud) e livelli
d’uso al momento di difficile interpretazione, ma tuttavia di
grande importanza per cominciare a farsi un’idea più precisa
sulla topografia e l’antica configurazione dei luoghi (figg. 2526). La presenza di costruzioni stabili in questo punto, infatti,
è utile per affermare che in età medievale da qui non poteva
Fig. 26 Palermo, S. Maria dell'Itria, framtransitare il torrente, verosimilmente già in epoca araba
mento di ceramica invetriata di età islamica
irreggimentato in un canale.
Molto problematico è tracciare con maggiore precisione il percorso del “fiumetto”, ma è comunque possibile
raccogliere i dati per trarne qualche conclusione. Secondo le fonti documentarie disponibili recentemente
riprese in considerazione dagli studiosi (D’Angelo, Pezzini), il Kemonia passava tra la chiesa di S. Giovanni degli
Eremiti e la chiesa di S. Andrea; quest’ultima non è più esistente ma sorgeva in prossimità della porta Bab alAbna (nel XIV secolo chiamata Porta Palacii), non più individuabile con precisione, che si apriva a Sud del
Palazzo Reale. La chiesa di S. Andrea, inoltre, era contigua alla chiesa di S. Maria dell’Itria, quella che fu
distrutta nel XVII secolo per l’impianto della Porta di Castro e che fu ricostruita, poco distante, nel sito attuale,
in cui sono stati condotti i saggi archeologici.
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Alla luce di quanto esposto, per quanto riguarda l’età medievale, e forse specificatamente per il periodo arabonormanno, lo spazio disponibile per il passaggio del torrente sembra, in questo tratto, restringersi
ulteriormente, sicché se ne potrebbe ipotizzare la localizzazione tra S. Giovanni degli Eremiti e l’attuale oratorio
di S. Mercurio (XVI-XVII secolo, sorto su preesistenze), che si ergono, tra l’altro, in posizione elevata su due
modesti speroni rocciosi.
Sebbene sia rischioso trarre conclusioni di carattere topografico da un insieme lacunoso di indizi, il dato certo
archeologico recentemente acquisito è comunque rilevante, senza dire che ulteriori elementi topografici
potrebbero dedursi dall’elaborazione dei dati provenienti dai diversi scavi archeologici di emergenza effettuati
nella zona negli ultimi anni (fig. 24).
Si sottolinea, infine, che a occidente dell’area in questione correvano le mura medievali (poco più a Sud si trova
la Porta Mazara), ancora oggi visibili sul lato ovest del complesso di S. Giovanni degli Eremiti ed anche sotto il
fronte orientale dell’oratorio di S. Mercurio, nel tratto attualmente compreso all’interno del cortile della chiesa
di S. Maria dell’Itria (linea continua rossa fig. 24).
11- Sito: Palermo, Palazzo Belmonte Riso.
Motivazione e periodo ricerca: lavori per la realizzazione di un ascensore. Gennaio 2015.
Responsabili della ricerca: Carla Aleo Nero, Lydia Conte
Risultati:
Il palazzo nobiliare, sorto nel centro storico di Palermo all’interno dell’antica città punica, fu realizzato alla fine
del Settecento su progetto dell’architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia, nel sito di un precedente palazzo
seicentesco appartenente al pretore Afflitto.
L’area postica del palazzo Riso, oggi sede del Museo Regionale di Arte Moderna e Contemporanea, reca ancora
visibili i danni causati dai bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale.
L’occasione dei lavori per la realizzazione di un ascensore esterno, in sostituzione di una scala recente non più
funzionale, ha evidenziato che l’attuale calpestio del cortile – corrispondente al livello stradale di Corso Vittorio
Emanuele - si trova pressappoco al livello del banco calcarenitico e che, pertanto, quasi tutti i livelli archeologici
sono andati perduti. Le aree circostanti come il Vicolo S. Biagio, la Piazza del Gran Cancelliere e il vicolo
omonimo, infatti, si trovano tutte ad una quota più alta di parecchi metri (da cinque a otto metri circa) – sicché
è evidente il profondo squarcio nel tessuto urbano della città. Tuttavia, è stato possibile indagare un residuo di
deposito stratigrafico posto sul lato meridionale del cortile, alto circa due metri, miracolosamente scampato agli
sbancamenti. Tale stratigrafia, per quanto di limitata estensione, si è rivelata interessante per alcune valutazioni
sulla configurazione originaria dell’area ed anche perché ha confermato, puntualmente, i dati riscontrati
durante le indagini del 2011-2012 nella limitrofa area di Piazza Bologni (fig. 27).
In quell’occasione, infatti, si è potuto verificare che la rettifica del Cassaro, grande opera urbanistica della
seconda metà del Cinquecento, comportò non solo un ampliamento della sede stradale e l’allineamento dei fronti
degli edifici, ma anche una regolarizzazione e un abbassamento delle quote stradali, per assicurare una pendenza
uniforme da Ovest a Est.
Dai dati archeologici risulterebbe,
pertanto, che la sede stradale di
Corso Vittorio Emanuele nel
tratto compreso tra Piazza
Bologni e Palazzo Belmonte Riso
fu abbassata di circa 2 metri,
come
indica
la
sezione
stratigrafica superstite nel cortile
di
quest’ultimo.
I
livelli
archeologici qui testimoniano,
oltre alle fasi di età moderna e
contemporanea, una fase di
occupazione di età medievale
(islamica e normanna) e, negli
strati inferiori a contatto del
banco di calcarenite, livelli
insediativi di età ellenistica,
probabilmente
di
carattere
artigianale, come del resto si era
già evidenziato nel corso delle
Fig. 27 Palermo, stralcio planimetrico, in rosso Palazzo Belmonte Riso
indagini in Piazza Bologni (figg.
28-29).
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Fig. 28 Palermo, Palazzo Belmonte Riso, saggio nel
cortile interno
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Fig. 29 Palermo, Palazzo Belmonte Riso, frammenti di
ceramica invetriata
12- Sito: Palermo, Palazzo Bellini (Piazza
Bellini).
Motivazione e periodo ricerca: lavori di
restauro del palazzetto ottocentesco, di
proprietà privata. Gennaio- maggio 2015.
Responsabili della ricerca: Carla Aleo Nero,
Antonio Di Maggio.
Risultati: Nell’ambito della consueta attività di
tutela, la Soprintendenza nel corso del 2015 ha
effettuato nel cantiere di restauro del Palazzo
Bellini a Palermo una delle più interessanti
scoperte archeologiche, grazie anche alla
disponibilità dei privati proprietari.
Il Palazzo Bellini, nelle forme attuali di
impianto ottocentesco con rimaneggiamenti ed
aggiunte più recenti, occupa un posto
privilegiato nella omonima centralissima
piazza della città storica, tra il teatro Bellini e la
Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, detta
della Martorana. Dal punto di vista
archeologico, si riteneva che l’area in
questione, posta sul margine orientale della
città punica che un tempo si affacciava sul
mare, in una zona ricca di preesistenze molto
antiche,
potesse
ancora
conservare
testimonianze
delle
epoche
precedenti.
L’ipotesi si è rivelata corretta, tanto che
all’interno del palazzo, a notevole profondità, è
stato ritrovato un tratto del muro di
fortificazione risalente all’età punica, della
quale un altro significativo spezzone è tuttora
ben visibile in via degli Schioppettieri,
inglobato nelle costruzioni del Complesso di
Santa Caterina. Oltre a ciò (preme ricordare
che gli scavi non sono ancora conclusi), è stata
messa in luce anche una complessa
documentazione di età medievale e una
stratificazione di età moderna che rende conto
delle vicende edilizie del luogo e anche della
vicina Chiesa della Martorana (figg. 30-33).
Fig. 30 Palermo, 1-Palazzo Bellini, 2-via degli Schioppettieri
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Fig. 31 Palermo, piazza Bellini in una foto dei primi del 900, in rosso l’ala del palazzo interessata dagli scavi
Nella chiostrina interna, infatti, negli
strati superficiali di “rifiuti” tardo
ottocenteschi probabilmente risalenti
ai restauri del Patricolo nella chiesa
della Martorana, tra gli altri numerosi
frammenti lapidei è stato trovato un
frammento di iscrizione in greco che si
è riconosciuto appartenere alla lapide
sepolcrale di Irene, moglie di Giorgio
di Antiochia, personaggio chiave della
corte normanna cui si deve la
costruzione della Chiesa di S. Maria
dell’Ammiraglio o della Martorana, ai
tempi di Ruggero II. La scoperta è
particolarmente interessante perché,
finora, l’esistenza di tale lapide si
conosceva soltanto attraverso il testo in
versi, tramandato da documenti di età
normanna, e da una testimonianza del
XVII secolo, mentre ora anche un altro
frammento è stato rintracciato alla
Galleria Regionale di Palazzo Abatellis;
non si esclude, altresì, la possibilità che
altri frammenti possano venir fuori con
l’affinamento
della
ricerca.
Il
frammento, la storia della scoperta,
legata strettamente alle vicende della
famiglia e del monumento privato
dell’ammiraglio Giorgio, nonché gli
interrogativi che ne derivano, sono
oggetto di un articolo di prossima
pubblicazione.
Fig. 32 Palermo, Palazzo Bellini, resti murari della fortificazione
nella chiostrina interna
Fig. 33 Palermo, Palazzo Bellini, frammenti di ceramica di età rinascimentale
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13- Sito: Palermo, via Garibaldi,
Palazzo Ajutamicristo.
Motivazione e periodo ricerca:
lavori per l’installazione di un
ascensore esterno in proprietà
privata. Giugno 2015.
Responsabili della ricerca: Carla
Aleo Nero, Antonio Di Maggio.
Risultati: lo scavo preventivo, sia
pure di dimensioni e profondità
limitate, concorre a dare un’idea più
completa dei depositi archeologici
presenti nell’area, insieme ai dati
stratigrafici desumibili, per esempio,
dagli scavi nel vicino Palazzo
Scavuzzo Trigona di S. Elia.
Alla profondità di. 2 m ca. sono stati
riscontrati livelli di riempimento
relativi all’età medievale e strutture
probabilmente finalizzate ad opere
di bonifica e consolidamento
dell’area, propedeutiche all’impianto
tardo
medievale
del
palazzo
nobiliare (fig. 34).
Fig. 34 Palermo, Palazzo Ajutamicristo,
in rosso l’area del saggio archeologico
14- Sito: Geraci Siculo – ex convento dei Padri Agostiniani.
Motivazione e periodo ricerca: Lavori per la realizzazione del Progetto “Recupero dell'ex convento dei Padri
Agostiniani e sistemazione esterna” a Geraci Siculo finanziato dal PO FESR 2007-2013 (misura 3.3.2.A –
allegato A). Aprile-giugno 2015.
Responsabili della ricerca: Rosa Maria Cucco, Filippo Iannì.
Risultati: L'ex convento dei Padri Agostiniani della Congregazione di Centorbi (Centuripe) fu fondato all’inizio
del XVII secolo e fu in uso fino al 1866-1867, anno in cui gli ordini religiosi furono soppressi dallo Stato unitario.
L’edificio fu costruito a ridosso della Chiesa di San Bartolomeo, patrono di Geraci. I lavori di sgombero di vani
dell’ala occidentale, interrati nel corso degli anni, hanno consentito il rinvenimento di un bel capitello con
raffigurazione di un santo (fig. 35), attribuibile ad una delle fasi precedenti l’edificio. Rilevante è anche il
rinvenimento di un frantoio oleario (fig. 36).
Fig. 35 Geraci Siculo, San Bartolomeo, capitello con figura
del santo
Fig. 36 Geraci Siculo, San Bartolomeo, locali con macine per lavorazioni agricole
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15- Sito: Termini Imerese –
Chiesa di Maria Santissima della
Misericordia.
Motivazione e periodo di ricerca:
lavori di sistemazione di nuovi
spazi
museali
nella
chiesa,
realizzati dal Comune di Termini
Imerese. 2014 – 2016.
Responsabili della ricerca: Monica
Chiovaro, Giuseppa Scopelliti.
Risultati: all'interno delle attività
di consolidamento dell’edificio e
sotto la Direzione Lavori dell’arch.
Antonio Callari, è stata previsto
anche
una
sorveglianza
archeologica dei lavori, poiché la
chiesa insiste in un'area molto
importante della città di Therme,
occupata – senza soluzione di
continuità – dalla fine del V secolo
a.C. ai nostri giorni. La chiesa, in
particolare, si trova nei pressi
dell'agorà ellenistica e del foro
romano della città, come già
evidenziato in numerosi interventi
di scavo urbano realizzati a
Termini. Le recenti attività di
scavo
archeologico
hanno
consentito di mettere in luce dati
di prima mano, databili all'inizio
dell'età moderna, utili alla ricostruzione di un'attività marinara
che da sempre ha costituito una
fonte
primaria
di
approvFigg. 37-38 Termini Imerese, Chiesa della Misericordia, particolari
vigionamento alimentare e di
della lastra funeraria con scene di tonnara e particolare
ricchezza commerciale per la
Sicilia, quale la pesca del tonno.
All'interno della chiesa, infatti, nei pressi dell'abside, nell'angolo sud-est dell'edificio, è stata rinvenuta una lastra
litica sulla quale è rappresentato in modo ancora vivido un momento della tradizionale "mattanza" (figg. 37-38).
La lapide funeraria era stata riutilizzata, probabilmente, come copertura di una delle numerose cripte che si sono
rinvenute all'interno della chiesa. La scena è resa a incisione e rappresenta barche, pescatori e la grande rete per
la pesca del tonno; sul bordo della lastra, un' interessante iscrizione in latino tardo ci fornisce il nome del "rais" e
dei suoi figli, a cui il sepolcro era dedicato, e la data della sepoltura: 1572. La lastra è stata recentemente esposta
presso il Museo Civico di Termini Imerese.
16- Sito: Caltavuturo: Rocca di Sciara, eremo di San Nicola.
Motivazione e periodo ricerca: progetto di restauro e recupero dell’eremo ed opere collaterali per la fruizione
del monumento, realizzato tramite un finanziamento PO FESR 2007/20013. Lavori realizzati tra il maggio 2014
ed il giugno 2015.
Responsabili della ricerca: Rosa Maria Cucco, Filippo Iannì.
Risultati: La Rocca di Sciara (1080 m s.l.m.) sovrasta il centro abitato di Caltavuturo (fig. 39). Sulla sommità
della Rocca, frequentata almeno sin da epoca arcaico-classica, come evidenziato negli anni scorsi da ricognizioni
archeologiche di superficie, si conservano le vestigia del cosiddetto eremo di San Nicola (fig. 40). Si tratta di una
chiesa con pianta ad aula monoabsidata, di cui, allo stato attuale delle conoscenze, possiamo solo fornire un
terminus ante quem, rappresentato dall’anno 1584, epoca cui risale una carta raffigurante Caltavuturo.
Sono stati effettuati tre saggi archeologici stratigrafici. Particolarmente significativi sono i risultati del saggio
realizzato nella spianata antistante il lato settentrionale dell’Eremo. Qui è stato messo in luce un edificio,
parzialmente conservato, a pianta rettangolare, di orientamento Est-Ovest, poggiato direttamente sul banco
roccioso. Sono attestate due fasi: la più antica, databile tra l’età tardo-islamica e quella sveva (XI-XIII secolo), fu
seguita da una fase successiva in cui si praticò un restringimento dell’unico vano dell’edificio. La copertura,
attestata da uno strato di crollo del tetto, era realizzata con coppi con tracce di inclusi vegetali, ma è da segnalare
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il rinvenimento insieme alle tegole medievali di tegole piane a listello, di tradizione greca. Queste ultime,
verosimilmente raccolte nell’area circostante frequentata già in età arcaico-classica ed ellenistica, furono
riutilizzate nel tetto dell’edificio medievale. Alla fase più antica di quest’ultimo si data un frammento di vaso con
filtro ed ansa apicata; alla fase posteriore può essere riferito un frammento di albarello. Un ampliamento dello
scavo a Sud dell’edificio, tra questo e l’eremo, ha permesso il rinvenimento di un frammento di piccola statua di
terracotta: si tratta di una testa femminile con alto polos databile ad età ellenistica, che documenta una
frequentazione dell’area precedente all’età medievale.
L’edificio a nord dell’eremo, forse adibito a magazzino in almeno una delle sue due fasi, come documenterebbe il
rinvenimento di molti frammenti di anfore, fu abbandonato prima della costruzione della chiesa dedicata a S.
Nicola.
Fig. 39 Caltavuturo, Rocca di Sciara, edificio medievale addossato all'eremo di San Nicola
Fig. 40 Caltavuturo, Rocca di Sciara, resti dell'eremo di San Nicola
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17- Sito: Polizzi Generosa: Chiesa Madre
Motivazione e periodo ricerca: Lavori di restauro diretti dalla Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo conclusisi
nel 2015. Scavi archeologici dicembre 2013 - febbraio 2014.
Responsabili della ricerca: Rosa Maria Cucco, Santo Ferraro
Risultati: Nell’ambito dei restauri della Chiesa Madre di Polizzi Generosa sono stati effettuati tre saggi
archeologici stratigrafici all’interno della sacrestia. L’importanza topografica della Chiesa Madre deriva dalla sua
collocazione geomorfologica, alle pendici nord-occidentali dell’acrocoro su cui sorge il castello medievale, nel
centro storico di Polizzi, sede dell’abitato ellenistico e probabilmente di un insediamento di età arcaico-classica,
posto a guardia del medio corso del fiume Imera settentrionale. Nel saggio I è stato individuato un muro ad
andamento circolare(USM 1), forse da collegare ad un intervento databile tra il XIV ed il XVII secolo. Sia
all’esterno che all’interno dell’USM 1 è stata scoperta ceramica indigena. Ad Est del Saggio I sono stati realizzati
il Saggio II ed il Saggio IIB. Nel Saggio II, dall’US 2, terreno di riempimento sotto lo strato di preparazione del
pavimento, frammisti a cocci moderni, provengono frammenti a v.n. e un frammento a fig .rosse, un frammento
decorato a bande di probabile fattura indigena, un frammento di unguentario, frammenti di ceramica acroma e
frammenti di ossa umane e animali. All’interno del saggio IIB si è trovato un muro a blocchetti (USM 1) di
orientamento NO-SE, largo 40 cm e lungo 100 cm ca, poggiante su terra. I materiali associati alla struttura
muraria sono abbastanza coerenti e ad una sommaria disamina inquadrabili in età ellenistica; a quota inferiore
rispetto al livello ellenistico si raccolgono due frammenti indigeni. Addossato alla parete Est del vano dove si è
effettuato il saggio, si è poi rinvenuta la parte superiore di uno scheletro in connessione anatomica ed
orientamento O-E, probabilmente da connettere al primo impianto della chiesa medievale (figg. 41-42).
I saggi della Chiesa Madre hanno consentito di rinvenire ceramica indigena, finora non attestata a Polizzi.
Questo nuovo dato può indiziare, se non la presenza stanziale, almeno una frequentazione del sito già dall’età
arcaico-classica, fatto probabile considerata la collocazione del centro in relazione alla chora di Himera.
Fig. 41 Polizzi Generosa, Chiesa Madre,
frammenti di ceramica indigena arcaica
Fig. 42 Polizzi Generosa, planimetria della Chiesa Madre, con la
localizzazione dei saggi archeologici
18- Sito: Terrasini – Baia dei Muletti – Chiesa di San Cataldo.
Motivazione e periodo ricerca: lavori di restauro del monumento, finanziati dal GAL “Golfo di Castellammare”.
Indagini 2014- 2015.
Responsabili della ricerca: Rosa Maria Cucco, Marco Correra
Risultati: La Baia dei Muletti è un contesto paesaggistico e storico di grande importanza per il tratto di costa
antistante la fertile Piana di Partinico. Sulla spiaggia, delimitata a Ovest dal torrente Nocella e sovrastata da Sud
e Ovest da una collina di forma allungata in senso Nord-Sud, si ergono i resti della chiesetta di San Cataldo, di
proprietà della Chiesa parrocchiale di Terrasini (fig. 43).
Sulla base dei risultati di scavo, i pochi frammenti di età medievale rinvenuti a ridosso delle fondazioni e un
setto murario al di sotto di queste possono far ipotizzare che l’area dell’attuale chiesa, che nella sua
configurazione attuale è databile ad età moderna, fu frequentata probabilmente a partire dall’età normanna.
Non è possibile ipotizzare a quale tipologia insediativa sia collegabile questa frequentazione se ad una chiesa
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precedente quella oggi visibile o ad uno o più edifici rurali o connessi alle attività marinare della baia. Lo scavo
dell'intera trincea di fondazione lungo tutto il perimetro esterno della chiesa ha, poi, permesso di portare alla
luce una banchina in muratura addossata alla facciata della chiesa e due diversi piani pavimentali in acciottolato
ad essa antistanti (fig. 44).
Lavori di somma urgenza effettuati dalla Soprintendenza di Palermo nel 2000 avevano messo in luce una
fornace circolare, presumibilmente in uso tra XVI e XVII secolo, preesistente alla stalla che affianca ad Est gli
ambienti annessi alla chiesa. All’intervento del 2000 si deve anche il rinvenimento della cripta sottostante il
pavimento della chiesa; questa, rimessa in luce nel recente scavo del 2014, è stata ripulita e i resti scheletrici
lasciati al suo interno.
Fig. 43 Terrasini, Baia dei Muletti, veduta
Fig. 44 Terrasini, Baia dei Muletti, Chiesa di San Cataldo a fine scavo
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19- Sito: Palermo, Piazza Rivoluzione,
Palazzo Scavuzzo Trigona di Sant’Elia.
Motivazione e periodo ricerca: lavori di
restauro del palazzo di proprietà privata.
Giugno – agosto 2015.
Responsabili della ricerca: Carla Aleo Nero,
Antonio Di Maggio, Giancarlo Guadagnino.
Risultati: Le ricerche del 2015 (ancora in
corso nel 2016) hanno fatto seguito ad una
prima fase di archeologia preventiva svoltasi
a più riprese negli anni 2010-2012.
L’attività si è svolta principalmente
nell’esecuzione di un saggio (SAS 1/2015)
nel cortile (fig. 45), a ridosso dell’ala
orientale dell’edificio, dove verranno
realizzati un’indiana e il consolidamento
delle fondazioni.
Per motivi di sicurezza lo scavo non è stato
condotto fino ai livelli sterili e, pertanto, non
è stato possibile raggiungere i livelli
stratigrafici più profondi in cui, nelle
precedenti indagini, era stata evidenziata
una fase di utilizzazione dell’area come
necropoli di età ellenistico-romana.
Particolarmente significativa è, in ogni caso,
la sequenza stratigrafica attestata nel saggio,
soprattutto per quel che riguarda l’età
medievale; i livelli precedenti l’impianto
cinquecentesco del palazzo nobiliare hanno
evidenziato una fase insediativa databile
all’età sveva, con strutture murarie che
obliterano del tutto una precedente fase
islamica di occupazione stabile molto
articolata e di lunga durata, a giudicare dalla
complessa stratificazione e dalla notevole
quantità di materiale ceramico, prevalentemente, comunque, in giacitura secondaria (figg. 46-47).
Lo studio dei reperti è appena agli inizi e,
pertanto, sarà possibile in futuro precisare
meglio la cronologia delle strutture messe in
luce; al momento, si sottolinea, per la fase
islamica, la scoperta di strutture murarie e
di una fornace costruita in mattoni e argilla,
purtroppo gravemente compromessa in età
moderna dallo scavo di una buca per
l’alloggiamento di un parafulmine. La
fornace non è classificabile tra quelle note
per la produzione di ceramiche (fornaci a
barre o con suola forata), né se ne sono
ritrovati i caratteristici indicatori di
produzione, né indicatori di altro genere; di
conseguenza, appare al momento problematico definire la funzione specifica della
struttura artigianale e la destinazione d’uso
dell’area che essa caratterizza. L’ipotesi di
lavoro al momento messa in campo, ancora
da verificare, è che possa trattarsi,
considerate le dimensioni, di un forno da
pane di uso comunitario, adiacente a
22
Fig. 45 Palermo, Palazzo Scavuzzo Trigona, in evidenza l’area
di scavo
Fig. 46 Palermo, Palazzo Scavuzzo Trigona, strutture murarie
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costruzioni destinate ad attività specializzate
e/o residenziali.
Se fosse possibile confermarlo, il dato
potrebbe
arricchire
il
quadro
già
sufficientemente
noto
sulla
vocazione
artigianale del quartiere medievale gravitante
su Piazza della Rivoluzione, dal momento che
indagini molto recenti hanno fatto conoscere
la presenza di officine ceramiche attive,
sembra, in età normanna al Teatro di S.
Cecilia e a Palazzo Lungarini.
Fig. 47 Palermo, Palazzo Scavuzzo Trigona, frammenti ceramici di età islamica
20- Sito: Vicari – Castello e chiesa di Santa Maria di Boikos.
Motivazione e periodo ricerca: completamento del restauro del Castello, sistemazione dell'area, realizzazione di
attrezzature polifunzionali e servizi aggiuntivi, lavori realizzati dal Comune nell’ambito del PO FESR Sicilia
2007-2013. Novembre – dicembre 2015.
Responsabili della ricerca: Stefano Vassallo, Emanuele Canzonieri, Monica Chiovaro.
Risultati: i lavori dell’intervento di restauro precedente, avviati nel 1997 e interrotti nel 2002, avevano
consentito di mettere in luce e recuperare le tre torri che si dispongono lungo il versante settentrionale della
rupe che sovrasta il centro abitato di Vicari, tra cui la torre cosiddetta della “Porta Fausa” - così denominata
poiché nella parte interna non si trovano resti visibili di strutture murarie –, il complesso delle grandi cisterne
voltate del castello e parte di una porta fortificata interna (fig. 48). Il nuovo scavo archeologico, parte integrante
del progetto finanziato, ha consentito di rinvenire nuovi ambienti del castello, tra cui uno stretto accesso
lastricato attraverso la torre della cosiddetta “Porta Fausa”, un grande vano pavimentato con mattoni di
terracotta e nuove strutture murarie, forse anche utilizzate e realizzate in più fasi. Inoltre, ai piedi della rocca
sulla quale si trova il castello, è stata indagata la chiesa di S. Maria di Boikòs (fig. 49); lo scavo della navata
centrale absidata della chiesa ha rivelato la presenza – al di sopra di un pavimento costituito da mattoni in cotto
- di un altare centrale stuccato e di due altre strutture simili appoggiate ai lati dell’aula, nella parte più vicina
all'altare maggiore. Inoltre, rimovendo lo spesso strato di interramento che ingombrava la chiesa, è stato
possibile precisare che l’aula centrale era affiancata da due navate secondarie, alle quali era possibile accedere
da tre arcate ogivali per parte, in seguito murate. Le ricerche, tutt’ora in corso, mirano a precisare ulteriormente
la pianta dell’edificio, oltre che a definire la cronologia della sua fondazione.
Fig. 48 Vicari, veduta aerea dell'area di scavo nella parte alta del castello chiaramontano
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Fig. 49 Vicari, la chiesa medievale di Santa Maria di Boikòs nella fase settecentesca
21- -Sito: Campofelice di Fitalia – Borgo Fitalia – Chiesa di S. Nicola.
Motivazione e periodo ricerca: lavori di restauro strutturale della chiesa realizzati dal Comune di Campofelice
di Fitalia. Agosto – novembre 2015.
Responsabili della ricerca: Monica Chiovaro, Rosaria Di Salvo, Marilù Lima.
Risultati: per la verifica delle condizioni delle fondazioni della struttura, è stato realizzato un intervento di scavo
a mano nei pressi dell'altare della chiesa (figg. 50-51), nell'angolo sud dell'edificio. Lo scavo, realizzato dopo la
pulizia dell'area che era invasa dalle sterpaglie, è stato eseguito in uno strato di humus che in alcune aree
copriva i resti di una pavimentazione in mattoni di terracotta quadrati. Questa pavimentazione è stata rimossa
facilmente; al di sotto è stato rinvenuto uno strato costituito da pietrame di medie dimensioni legato con malta
– probabilmente lo strato di preparazione del pavimento - che si è rintracciato in tutta l'area del saggio scavato.
Fig. 50 Campofelice di Fitalia, la facciata delle chiesetta del borgo Fitalia
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Questo livello copriva uno strato di terra friabile di colore marroncino, quasi sterile, mista a grumi di calce
biancastra e qualche frammento di tegola di età moderna.
Questa terra costituiva anche il riempimento di una fossa terragna, scavata in uno strato compatto, argilloso,
sterile, di colore marroncino/grigiastro. La fossa conteneva tre scheletri in connessione anatomica, di cui il
primo aveva il capo orientato a Sud, protetto da un coppo capovolto; gli altri due erano disposti in senso
opposto, con il cranio situato a Nord; nella fossa non è stato rinvenuto alcun elemento di ornamento personale.
Si tratta, probabilmente, di sepolture di età moderna, relative alla piccola comunità che abitava il Borgo Fitalia
(fig. 52).
Fig. 51 Campofelice di Fitalia, l'inizio dello scavo all'interno della chiesa
Fig. 52 Campofelice di Fitalia, sepolture sotto il pavimento della chiesa
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RICERCHE IN CONVENZIONE CON UNIVERSITÀ
22- Sito: Castronovo di Sicilia, Monte Kassar e
Casale San Pietro,.
Motivazione
e
periodo
ricerca:
indagini
archeologiche; settembre 2014 e 2015.
Responsabili della ricerca: Alessandra Molinari
(Università di Roma, Tor Vergata) e Martin Carver
(University
of
York).
Referenti
per
la
Soprintendenza: Monica Chiovaro e Stefano
Vassallo.
Risultati: la finalità delle prime due campagne di
indagine è stata quella di valutare il potenziale
informativo di questo territorio, rispetto ad alcuni
interrogativi principali. In termini molto sintetici si
vuole realizzare un progetto di ricerca che illustri,
attraverso i dati archeologici, in quale modo i
cambiamenti di regime, ideologia e struttura sociale
abbiano avuto riflessi sugli standard di vita delle
popolazioni soggette. Partendo dalle importanti
ricerche condotte dalla Soprintendenza di Palermo
nei decenni passati, sono state svolte una serie di
analisi diagnostiche ed alcuni sondaggi stratigrafici
in due dei siti più importanti di quest’area: il Monte
Kassar ed il Casale San Pietro (fig. 53). Sul Monte
Kassar, che le ricerche passate hanno indicato come
sede di una imponente fortezza di età bizantina,
databile tra fine VII-VIII secolo, le questioni
fondamentali riguardano la sua articolazione
interna, la durata esatta dell’occupazione, la cultura
materiale di un insediamento militare di età
tematica (fig. 54).
I primi risultati sono molto
Fig. 53 Castronovo di Sicilia, i primi saggi al Casale San
promettenti: sulla parte alta
Pietro
del Monte è stata scavata
un’abitazione, il cui uso si
colloca precisamente nell’VIII
secolo, nonché i resti di
possibili altri edifici ed anche
le scale per salire sul
cammino di ronda del muro
difensivo. La magnetometria,
realizzata in alcuni punti del
Monte, comincia a restituire
un abitato a maglie molto
rarefatte, con la concentrazione di alcuni edifici di
maggiori dimensioni (lunghi
fino a trenta metri) in punti
strategici del rilievo. Casale
San Pietro è invece un
insediamento di tutt’altra
natura. L’area di interesse
archeologico si estende probabilmente per oltre quattro
ettari attorno ad un casale
costituito da un gruppo di
edifici conservati in elevato,
nei pressi dell’attuale strada
statale PA-AG.
Fig. 54 Castronovo di Sicilia, le fortificazioni bizantine del Kassar
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Si tratta probabilmente di un vasto insediamento rurale di tipo non protetto. Sono stati realizzati un totale di
quattro sondaggi di limitate dimensioni, che hanno indicato come esistano parti del sito molto disturbate dalle
arature recenti e parti meglio conservate. In particolare il sondaggio a nord degli edifici storici ha restituito una
sequenza stratigrafica intatta che si estende dal periodo bizantino a quello islamico. Risalgono a quest’ultimo
periodo i probabili resti di una abitazione. Nel 2014 sono anche state scoperte due sepolture infantili databili al
VI-VII secolo, dotate in un caso di una brocchetta con una croce incisa e nell’altro di un’ampolla vitrea. Nel
complesso quindi il territorio di Castronovo ha mostrato di avere enormi potenzialità rispetto al tema della
ricerca.
23- Sito: Gangi, Abbazia di Gangivecchio
Motivazione e periodo ricerca: Ricognizioni e scavo archeologico all’interno dell’Abbazia e nei terreni
circostanti. Anni 2000-2015.
Responsabili della ricerca: Fabiola Ardizzone (Università di Palermo) e Glenn Storey (Iowa University).
Referenti per la Soprintendenza Rosa Maria Cucco, Stefano Vassallo.
Risultati: Il sito di Gangivecchio, sede di un monastero benedettino fondato nel XIV secolo dai Ventimiglia ed
elevato al rango di Abbazia nel 1413 (fig. 55), riveste notevolissimo interesse archeologico, come documentato già
da ricerche di superficie condotte negli anni settanta da un’équipe italo-francese e nel 2000 dal prof. Storey
dell’Università dell’Iowa.
Grazie ad una convenzione stipulata nel 2004 tra la Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo e l’Università
dell’Iowa, cui nel 2012 si è aggregata anche l’Università degli Studi di Palermo, sono stati indagati alcuni settori
interni ed esterni all’antica Abbazia.
I saggi dell’Università dell’Iowa, sotto la guida del professor Glenn Storey, si sono concentrati inizialmente nel
cortile, dove è venuta in luce una tomba contenente più deposizioni e databile, sulla base dei vasi del corredo
funebre, ad età tardoromana-protobizantina. In seguito si è avviato lo scavo in un lotto di terreno ad Est del
complesso edilizio, denominato particella 19. Qui è stato messo in luce un muro ed abbondante materiale
ceramico di età imperiale, tardoantica (I-V sec. d.C.) e bizantina. Oltre ai reperti ceramici si segnalano vetri,
tessere di mosaico e pregevoli aghi crinali di osso lavorato (fig. 56). La tipologia dei rinvenimenti induce a
pensare che in quest’area sorgesse una villa romana che si sviluppò fino ad età bizantina, anche grazie al
raccordo con la viabilità che attraversa la zona e che collegava quest’area interna con le coste.
I sondaggi dell’Università di Palermo, effettuati sotto la guida della professoressa Fabiola Ardizzone, si sono
concentrati all’interno dell’Abbazia, in uno dei suoi magazzini sotterranei, ed all’esterno in un terreno adiacente
alla facciata ovest. Nel magazzino sono venute in luce alcune fosse immondezzai databili al IX secolo in quanto
hanno restituito frammenti di pentole a stuoia. Queste fosse sono relative ad una fase dell’insediamento
precedente l’arrivo degli Arabi.
Lo scavo antistante la facciata occidentale dell’Abbazia ha permesso di scoprire una fornace databile
probabilmente al XVIII secolo che produceva ceramica comune da mensa e da dispensa, tegoli ed elementi
maiolicati tipici dei pinnacoli delle chiese madonite. E’ inoltre venuta parzialmente in luce una struttura
identificabile con il campanile della chiesa abbaziale, forse edificata in una seconda fase edilizia (XV secolo).
Fig. 55 Gangivecchio, l'abbazia di Gangivecchio
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Fig. 56 Gangivecchio, ago crinale di
osso; scavo Università dell'Iowa 2015
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24- Sito: Altavilla Milicia, Chiesa di
San Michele del Golfo (Santa Maria di
Campogrosso).
Motivazione e periodo ricerca:
Conoscenza storico-archeologica-architettonica del complesso medievale,
ricognizioni nel territorio circostante.
Anni 2015-2017.
Responsabili della ricerca: prof.
Slawomir Mozdzioch dell'Istituto di
Archeologia ed Etnologia di Wroclaw e
dal
prof.
Tadeusz
Baranowski
dell'Istituto
di
Archeologia
ed
Etnologia di Warsaw
Referenti per la Soprintendenza
Valeria Brunazzi e Alba Maria
Gabriella Calascibetta.
Risultati: La chiesa di San Michele
(figg. 57-58), i cui ruderi monumentali,
noti volgarmente con l'epiteto di
Chiesazza, segnano oggi in modo
suggestivo il paesaggio di Altavilla,
faceva parte di un più vasto complesso
monastico basiliano risalente all'XI
secolo. Rimasto in vita fino a poco oltre
la metà del XIII secolo, quando, a
seguito delle guerre angioino-aragonesi
che determinarono la desertificazione
di numerosi villaggi, il cenobio
perdette la sua base economica e la
nuda proprietà di cui era stato dotato
fu inclusa fra i possedimenti della
cattedrale
di
Palermo.
Persa
l'originaria funzione, continuò la sua
esistenza fino alla fine del XVI secolo,
quando, ormai in rovina per le ripetute
incursioni piratesche e divenuto rifugio
di ladroni e malviventi, venne demolito
definitivamente.
Grazie alla convenzione stipulata tra la
Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo,
l'Accademia Polacca delle Scienze e il
Comune
di
Altavilla
Milicia,
nell'autunno del 2015 sono state
avviate le ricerche finalizzate alla
conoscenza storico-archeologica-architettonica dell'importante complesso
medievale.
Le indagini sul campo, dirette dal prof.
Slawomir Mozdzioch dell'Istituto di
Archeologia ed Etnologia di Wroclaw e
dal
prof.
Tadeusz
Baranowski
dell'Istituto
di
Archeologia
ed
Etnologia di Warsaw ed effettuate da
specialisti e studenti, in collaborazione
con l'U.O. 5 della Soprintendenza,
hanno privilegiato in questa prima fase
l'aspetto conoscitivo del manufatto
architettonico e del suo contesto, per la
prima volta oggetto di indagini e studi
28
Fig. 57 Altavilla Milicia, foto aerea dei ruderi di San Michele del Golfo
Fig. 58 Altavilla Milicia, resti della chiesa di San Michele del Golfo
Fig. 59 Altavilla Milicia, sepolture a ridosso delle fondazioni della chiesa
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29
sistematici (fig. 59).
Attraverso l'impiego delle più moderne tecniche di rilevamento metrico e materico (scansione laser e
modellazione fotografica) è stata acquisita una dettagliata documentazione dei resti presenti oggi sul sito e nel
territorio circostante, che conserva altre significative emergenze come, di rilevante importanza, il ponte
normanno a cavallo del fiume San Michele. L'equipe polacca ha inoltre realizzato una prima mappatura dei
marchi dei lapicidi presenti numerosi sulle murature.
Le indagini geofisiche (georadar e resistività elettrica), effettuate nelle adiacenze della chiesa, hanno evidenziato
la presenza di strutture pertinenti all'annesso complesso monastico basiliano risalente all'XI secolo e un breve
saggio stratigrafico, effettuato all'esterno della chiesa, ha messo in luce alcune strutture murarie e due sepolture
relative a un infante e a un adulto.
Questi primi soddisfacenti risultati evidenziano l'estremo interesse del complesso monumentale; le indagini
future, previste già a partire dalla prossima primavera, consentiranno non solo di avanzare nella conoscenza, ma
anche di avviare un processo graduale che miri al restauro, alla piena valorizzazione e fruizione del sito.
L'efficace collaborazione tra la Soprintendenza, l'Amministrazione comunale e l'Accademia polacca potrà
trasformare il complesso monumentale in un'importante risorsa culturale ed economica del territorio, per altro
ricadente all'interno dell'itinerario “Palermo arabo normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale” già inserito
nella lista del patrimonio dell'Umanità dell'Unesco.
25- Sito: Baucina – Necropoli e abitato
di Monte Falcone e Monte Carrozza.
Motivazione e periodo ricerca: scavo
archeologico 2014-2015.
Responsabili
della
ricerca:
Oscar
Belvedere (Università degli studi di
Palermo, Dipartimento Culture e Società,
Sezione Beni Culturali). Referenti per la
Soprintendenza Stefano Vassallo e
Monica Chiovaro.
Risultati: la necropoli e l’abitato di Monte
Carrozza e Monte Falcone erano state
oggetto, da parte della Soprintendenza di
Palermo, di esplorazioni archeologiche
realizzate negli anni ’90 del secolo scorso.
La Sezione Beni Culturali del Dipartimento Culture e Società dell'Università
di Palermo - nell’ambito della Convenzione tra la Soprintendenza e lo stesso
Istituto, che prevede la realizzazione di
indagini di superficie e scavi archeologici
nel territorio della colonia di Himera – ha
voluto riprendere le ricerche archeologiche nell’area, grazie anche all’interesse e alla disponibilità del Comune di
Baucina che da anni sostiene la ricerca e
la valorizzazione dei beni archeologici del
proprio territorio. Lo scavo si è concentrato soprattutto nella necropoli, dove
sono state indagate alcune sepolture già
in parte violate; in particolare, si è scavata
una monumentale tomba a grotticella,
chiusa da un grande portale litico,
certamente utilizzata per più secoli (fig.
60). Tutta l’area di scavo, inoltre, era
occupata da sepolture di varia tipologia,
realizzate sia con il rito dell’inumazione,
sia dell’incinerazione. Nella zona dell’abitato, invece, è stato realizzato un limitatissimo intervento di scavo che ha
consentito di rinvenire le fondazioni dei
muri perimetrali di un piccolo ambiente.
Fig. 60 Baucina, sepoltura ipogeica a Monte Falcone
Fig. 61 Baucina, Museo comunale, esposizione archeologica
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26- Sito: Monte Pellegrino, Addaura,
Grotta delle Incisioni, Palermo.
Motivazione e periodo della ricerca:
rilievo fotografico e indagini strumentali
della parete dei graffiti. Ottobre 2015.
Responsabile della ricerca: Gianpiero
Di Maida; Referente Soprintendenza:
Giuseppina Battaglia.
Risultati: In collaborazione con il
Dipartimento di Preistoria e Protostoria
dell'Università di Kiel (Germania) si
stanno conducendo indagini fotometriche e prelievi di campioni di
concrezioni presenti sulle incisioni al
fine di documentare tutte le tracce
lasciate dall'uomo sulle pareti della
grotta. Considerato che nuovi studi
antropologici hanno datato la presenza
umana nel complesso rupestre dell'Addaura al Tardoglaciale, si sta verificando
l'ipotesi, attraverso queste indagini, che
i graffiti della Grotta delle Incisioni si
possano attribuire a quei primi gruppi
umani (fig. 62).
Fig. 62 Monte Pellegrino, Addaura, indagini sulla
parete delle incisioni
RICERCHE DELLA SOPRINTENDENZA
27- Sito: Gangi, Monte Alburchia
Motivazione e periodo ricerca: campagna di scavo, condotta tra gli ultimi mesi del 2014 ed il 2015, mirante a
mettere in luce il più possibile della parete nord del Monte dove erano visibili nicchie scavate nella roccia.
Responsabili della ricerca: Rosa Maria Cucco, Santo Ferraro.
Fig. 63 Gangi, veduta del Monte Alburchia
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Risultati: L’asportazione della terra accumulatasi davanti alla parete ha messo in luce una serie di edicole di
forma generalmente quadrangolare, scavate nella parete di roccia conglomeratica, di varie dimensioni per
profondità ed altezza, disposte a quote differenti ma seguendo una sorta di allineamento per file parallele. Due
sono monumentali. Una era inquadrata da due colonnine scanalate sulla fronte; un’altra, con pavimento in opus
signinum è preceduta da un altarino ed ha una banchina al suo interno. Dubbia la pertinenza di un architrave di
pietra, decorato con dentelli, rinvenuto in due frammenti nel terreno di accumulo. Rilevante, poi, la scoperta di
un vano scavato nella roccia con un basamento cubico costituito da pietre davanti l’ingresso. Non è chiara la
funzione di questo vano, se fosse un luogo di deposizione o un luogo di culto. Il complesso rupestre, che trova
confronti in contesti analoghi della Sicilia e di Alessandria d’Egitto, può essere interpretato come un luogo di
culto dei defunti eroizzati, probabilmente dislocato lungo una via sacra (figg. 63-64).
(Per una disamina dettagliata si rimanda all’articolo pubblicato in Notiziario Archeologico Soprintendenza di
Palermo, 1/2016 : R.M. Cucco, Recenti scoperte archeologiche a Monte Alburchia (Gangi): le edicole rupestri di
Età ellenistico-romana)
Fig. 64 Gangi, Monte Alburchia, parete nord con edicole votive lungo la via sacra
28- Sito: Petralia Soprana – contrada Pellizzara-località
S. Marina.
Motivazione e periodo ricerca: Scavo archeologico.
Luglio 2013-2015.
Responsabili della ricerca: Rosa Maria Cucco, Oscar
Belvedere, Aurelio Burgio
Risultati: presso la villa S. Marina, residenza signorile
situata in una ridente vallata a Pellizzara nel Comune di
Petralia Soprana (PA), sono stati condotti scavi
archeologici promossi dalla Soprintendenza BB.CC.AA.
di Palermo in convenzione con l’Associazione Culturale
“Gaetano Messineo” ed in collaborazione con
l’Università degli Studi di Palermo, Sede di Agrigento.
L’Associazione Culturale “Gaetano Messineo” è stata
fondata per continuare le ricerche del compianto
professore di archeologia dell’Università dell’Aquila, la
cui famiglia è proprietaria del fondo in cui si svolgono gli
Fig. 65 Petralia Soprana, sepoltura medievale rinvenuta sui resti della villa romana
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scavi. Il contesto indagato è emerso, infatti, a seguito di
lavori agricoli fatti realizzare nel secolo scorso dal padre
di Gaetano Messineo, lavori che hanno messo in luce una
porzione di portico colonnato. Questa struttura, insieme
ai reperti mobili emersi, tra cui si segnala una placchetta
di osso raffigurante una testa di Sileno, indiziò subito
una villa rustica di Età imperiale, forse impiantata già in
età ellenistica.
Le recenti campagne di scavo hanno messo in luce vani
che si dispongono su due terrazze intorno all’ area
porticata. Sul terrazzo sovrastante il portico, nell’ambito
cioè di un ambiente della villa romana, sono state
rinvenute due tombe ad inumazione in fossa terragna,
prive di oggetti di corredo, pertinenti ad una fase
posteriore e ad una mutata destinazione d’uso della
residenza di età imperiale (figg. 65-66).
L’esame dei due scheletri (due individui di sesso
maschile) con il metodo del radiocarbonio, effettuato
dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) di
Firenze, ha consentito una loro datazione ad età
medievale e precisamente un individuo sarebbe stato
deposto tra la fine del IX e gli inizi dell’XI secolo d.C.,
l’altro tra gli inizi del X e la metà circa del XII secolo d.C.
La villa di S. Marina, è un contesto molto interessante in
quanto esemplificativo di un insediamento connesso alla
vita del latifondo in quest’area delle Madonie, cuore
della Sicilia, importante zona di produzione cerealicola
dall’età romana fino al secolo scorso.
32
Fig. 66 Petralia Soprana, scavi alla villa romana di
Santa Marina
29- Sito: Monte Barraù/Contrada Castro (Corleone)
Motivazione e periodo della ricerca: Studio e analisi diacronica della storia insediativa attraverso lo studio
topografico e le ricognizioni archeologiche intensive. Aprile-agosto 2015.
Responsabile: Angelo Castrorao Barba (VU University Amsterdam, collaboratore esterno Soprintendenza di
Palermo). Referenti Soprintendenza: Stefano Vassallo, Alba Maria Gabriella Calascibetta.
Fig. 67 Corleone, l'area delle ricognizioni in contrada Castro
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Risultati: gli obiettivi principali della ricerca sono stati l’individuazione di tutte le evidenze materiali (aree di
concentrazione di reperti in superficie e strutture) riconducibili a forme di occupazione del territorio nella lunga
durata. Si tratta di un lavoro preliminare volto ad un inquadramento diacronico della storia insediativa di
quest’area, ricadente interamente entro i limiti della proprietà della Bona Furtuna Società Agricola s.r.l.,
attraverso una mappatura dei siti di interesse storico/archeologico. All’interno dei limiti dell’azienda si sono
concentrate le prime ricognizioni sul terreno al fine di circoscrivere e identificare le concentrazioni di materiali
ceramici in superficie. Le prospezioni sono state effettuate cercando di coprire la maggiore estensione della
superficie dei campi, senza la pianificazione di quadrettature, in cui sono stati raccolti solamente pochi
frammenti diagnostici e non è stata realizzata una campionatura statistica dei frammenti sul terreno: si è optato
quindi per una ricognizione qualitativa funzionale ad un rapido inquadramento cronologico delle evidenze e alla
delimitazione delle aree di affioramento di materiali.
Fig. 68 Corleone, contrada Castro, Monte Barraù
In totale sono state visionate 27 porzioni di terreno, per un totale di 48,03 ha. Le ricognizioni di superficie
hanno consentito l’individuazione di 15 aree riconducibili ad occupazioni umane di epoca protostorica,
medievale e moderna: in particolare abbiamo identificato e delimitato cinque concentrazioni di materiali
databili al X-XII secolo d.C. (BF01-BF02-BF03-BF04-BF05), una (BF06) con materiali protostorici tra cui un
frammenti tipo Serraferlicchio (circa 2800-2500 sec. a.C.), tre (BF07-08-09) genericamente dell’Età del Bronzo
(1800-1200 sec. a. C.), due (BF11-NF12) con reperti di epoca moderna, quattro zone (BF10-BF13-BF14-BF15)
caratterizzate da strutture murarie a secco funzionali ad attività legate alla pastorizia – mannare – di epoca
moderna (XVIII – XIX secolo) (figg. 67-68).
INTERVENTI NELL’AMBITO DELL’AZIONE DI TUTELA E VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO
30- Sito: Montelepre
Motivazione: Consegna reperti archeologici alla Soprintendenza da parte dei Carabinieri di Montelepre, agosto
2015.
Responsabili: Rosa Maria Cucco, Stefano Vassallo.
Risultati: Si tratta di un notevole gruppo di reperti databili tra l’età arcaica e l’età ellenistica, che per tipologia e
classi di appartenenza potrebbero provenire dal sito di Monte d’Oro, centro di origine indigena, forse da
identificare con la città sicana di Hykkara citata dalle fonti, in vita tra l’età arcaica ed il III sec. a.C. Il buono
stato di conservazione dei materiali sembra indiziare la loro pertinenza a corredi di tombe della necropoli di
Manico di Quarara, connessa all’insediamento suddetto e situata ad Ovest di questo. Sia l’area dell’abitato che la
necropoli sono da anni deturpate da scavi clandestini.
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I reperti consegnati, in prevalenza di medie e piccole
dimensioni (coppe, skyphoi, lucerne, lekythoi, gutti,
brocche, fig. 69), comprendono vasi di produzione
attica a vernice nera e a figure rosse e probabilmente di
produzione coloniale; ceramica comune e vasi di
produzione indigena, tra cui spicca un’hydria con
motivo decorativo dipinto a bande e spirali. Si segnala
una coppa a vernice nera, tipo C, con iscrizione incisa
sul fondo del piede (fig. 70). Un unico esemplare di
anfora è del tipo “ad echino”. Numerosi i pesi da telaio.
Un ulteriore gruppo di otto pesi da telaio, alcuni con
bollo (illeggibile) è stato consegnato ai Carabinieri a
fine gennaio 2015.
Tutti i reperti descritti, provengono probabilmente da
scavi non autorizzati e da rinvenimenti fortuiti
effettuati a Montelepre. Pertanto, la Soprintendenza, al
fine di una loro valorizzazione nei luoghi di
rinvenimento e di una sensibilizzazione della
cittadinanza nei confronti di questi beni quali “beni
comuni”, che qualora detenuti da privati devono essere
restituiti alla collettività, ha deciso di esporne una
significativa selezione presso la Torre dei Ventimiglia,
attuale sede del Museo Civico di Montelepre.
31- Sito: Palermo, Piazza della
Vittoria.
Motivazione e periodo ricerca:
intervento di messa in sicurezza da
parte del Comune di Palermo a causa
dei danni causati dal maltempo.
Dicembre 2015.
Responsabili della ricerca: Carla Aleo
Nero.
Risultati: Il crollo di una palma a
causa del maltempo ha provocato il
danno alla copertura a botte di un
ambiente interrato nei giardini della
Piazza. (figg. 71-72)
L’ambiente rettangolare, il cui piano
di calpestio si trova a circa – m 1,60
rispetto alla quota del giardino,
misura all’incirca 4,00 x 3,00 m e, per
le sue caratteristiche, si configura
come un colatoio cd. “a seduta” (fig.
73); si tratta, infatti, di un vano
ipogeico (di solito posto sotto il
34
Fig. 69 Montelepre, reperti recuperati da scavi
clandestini a Manico di Quarara
Fig. 70 Montelepre, fondo di kylix attica di tipo C
con iscrizione
Fig. 71 Palermo, Villa Bonanno, localizzazione del colatoio
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pavimento della chiesa) provvisto sui
lati di sedili in muratura entro i quali
sono incassati dei recipienti fittili, atti
a
raccogliere
i
liquidi
della
decomposizione. Sul lato occidentale,
inoltre, è presente un altare per la
celebrazione occasionale di funzioni
religiose, la cui superficie è affrescata
con semplice motivo a festoni in rosso
su fondo bianco; sopra l’altare, una
croce dipinta in rosso. La tipologia di
questo genere di colatoi, diffusa
anche in Sicilia, è descritta dal
Fornaciari nell’articolo “Processi di
tanatometamorfosi:
pratiche
di
scolatura dei corpi e mummificazione nel Regno delle Due Sicilie”,
2010; probabilmente il colatoio era
pertinente ad una delle chiese che
sorgevano nell’area prima che venisse
gradualmente trasformata in piazza
d’armi a partire dalla seconda metà
del XVI secolo. Nella carta di BraunHogenberg del 1581 la parte oggi
occupata da Piazza della Vittoria
appare già quasi totalmente libera da
edifici, restando in piedi soltanto
alcune chiese (probabilmente S.
Maria della Pinta, S. Barbara
Soprana, S. Giovanni la Galka)
allineate lungo l’asse del nuovo
“Cassaro” (odierno Corso Vittorio
Emanuele). In una nota carta di
autore anonimo del XVII secolo,
invece, le chiese non sono più
rappresentate; la pianta ricostruttiva
pubblicata dal Di Giovanni nel suo
volume sulla topografia di Palermo
del 1890 (fig. 74), pur essendo basata
solamente su documenti d’archivio,
conserva, a nostro parere, se non le
proporzioni reali, almeno i rapporti
relazionali tra i vari edifici presenti
nell’area. Sulla base dei dati
disponibili, l’ambiente ipogeico ora
casualmente “riscoperto” potrebbe
essere stato il colatoio/cripta della
chiesa di S. Giovanni la Galka, della
quale, purtroppo, si hanno scarsissime notizie.
Il colatoio era stato già individuato
dal Salinas durante i lavori del 1904
per l’impianto del giardino e
segnalato brevemente (Notizie Scavi
1906); probabilmente allo stesso
Salinas si deve la scelta di coprire
l’ambiente con una piccola volta a
botte senza reinterrarlo.
35
Fig. 72 Palermo, Villa Bonanno, la palma caduta sul soffitto del colatoio
Fig. 73 Palermo, Villa Bonanno, interno del colatoio con altare
Fig. 74 Palermo, ricostruzione dell'assetto medievale della Galka (Di Giovanni)
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32- Sito: Cefalù. Piazzetta Bagni di Cicerone.
Motivazione: Sopralluogo effettuato a Cefalù presso abitazione privata nel dicembre del 2015.
Responsabili: Stefano Vassallo, Rosa Maria Cucco
Risultati: In Piazzetta Bagni di Cicerone, nei locali seminterrati di un’abitazione privata, con la facciata esposta
a Nord sovrastante un tratto delle mura megalitiche di Cefalù, sono stati riconosciuti i vani pertinenti ad un
antico edificio termale, le cui strutture visibili possono ricondursi ad età medievale. Notevoli la copertura a volta
forata dell’ambiente di accesso, che trova stringenti confronti con le terme di Cefalà Diana, un capitello su una
delle pareti del medesimo vano ed una porta con copertura ogivale, tompagnata, sulla parete ovest dell’ambiente
che dà sul mare.
Questi vani sembrano riconducibili a quelli riprodotti da Jean Houël nel XVIII secolo in un acquarello oggi
esposto al Museo dell’Ermitage di S. Pietroburgo, come fu notato alcuni anni or sono anche dal prof. A. Tullio
(fig. 75).
Fig. 75 Cefalù, piazzetta Bagni di Cicerone, a dx vano d'ingresso con volta forata, a sn disegno di Houël
33- Sito: Castronovo di Sicilia – Monte Carcaci
Motivazione e periodo
ricerca: sopralluogo
tecnico a seguito segnalazione area di interesse
archeologico da parte del Comando del Corpo
Forestale della Regione Siciliana. Dicembre 2014 –
gennaio 2015.
Responsabile della ricerca: Monica Chiovaro.
Risultati: il sopralluogo è stato realizzato sul
versante nord del rilievo dove, lungo la strada
sterrata di accesso alla Riserva Demaniale di Monte
Carcaci, alla quota di 860 m ca. s.l.m., si estende un
pianoro in lieve pendenza verso settentrione; in
basso, in direzione nord-ovest, si domina il
caseggiato indicato nelle mappe come “Case
Colobria”. Sul terreno, occupato da una pineta,
sono presenti sterpaglie e vegetazione erbosa, che
limitano la visibilità del suolo; nella parte più a
monte, la vegetazione arbustiva diventa più fitta e
sono presenti anche grossi massi. Nonostante le
scarse condizioni di visibilità, sul terreno si nota
abbondante pietrame sparso, oltre ad alcuni
allineamenti di blocchetti di calcare biancastro
grossolanamente sbozzato. Inoltre sono evidenti,
sparse sul pendio, a valle della strada sterrata, poco
meno di una decina di fosse rettangolari (2 x 0,60
m ca.) rivestite da blocchetti e lastrine (fig. 76).
Fig. 76 Castronovo di Sicilia, Monte Carcaci,
tomba di probabile età tardo-antica
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In alcune si rinvengono ancora in situ frammenti di ossa lunghe (non più in connessione).
Purtroppo, in superficie i frammenti ceramici sono scarsissimi e tutti relativi a ceramica acroma. Si tratta
certamente di un'area di necropoli, già in gran parte violata, probabilmente databile in età l'alto-medievale;
peraltro, in un'area più a monte (alla quota di 950 m ca.), sullo stesso versante, era già stata segnalata – da
ricognizioni di superficie - un'area di sepolture, collocata cronologicamente tra l'età romano-imperiale e l'età
medievale.
34- Sito: Carini- mosaico “Galati”: deposito
presso l’ex Convento di San Rocco dei Frati
Minori Conventuali.
Motivazione e periodo ricerca: Movimentazione
del mosaico “Galati” (fig. 77) dall’oratorio dei
Padri Filippini di Palermo a Carini, a seguito
dell’assegnazione temporanea del reperto al
Comune di Carini da parte dell’Assessorato
BB.CC.AA (nota del D.G. dell’Assessorato BB.CC.
e I.S. prot. 56706 del 10.12.2012). Gennaio 2015.
Responsabili: Rosa Maria Cucco, Vincenzo
Maltese, Rosario Vella.
Risultati: Il grande mosaico policromo rinvenuto
sul finire del 1873 in contrada San Nicola,
prende il nome da Giuseppe De Spuches,
principe di Galati, che lo acquistò subito dopo il
rinvenimento e che lo fece rimontare nel grande
Fig. 77 Carini, mosaico Galati
salone della sua residenza palermitana, posta
all’incrocio tra via Ruggero Settimo e via Cavour.
Il grande pavimento tassellato è caratterizzato da una complessa decorazione geometrica alternata a elementi
vegetali e zoomorfi. Sulla base dei confronti con i mosaici di Piazza Armerina e con i tessellati africani è databile
tra il III e il IV secolo d.C. Dal 1997 di proprietà della Regione Siciliana, nel 2004 fu oggetto di un accurato
restauro. Il mosaico è stato trasferito a Carini, a seguito di reiterate richieste da parte del Comune. E’
attualmente in deposito temporaneo, presso i locali comunali dell’ex Convento di San Rocco, suddiviso in
pannelli contenuti in casse lignee, in attesa che venga predisposto un appropriato progetto espositivo.
DIDATTICA E PUBBLICAZIONI
35- Attività: Corso di aggiornamento per i docenti, di ogni ordine e grado, delle scuole di Palermo e provincia.
Periodo: ottobre – dicembre 2015. Referente: Giuseppina Battaglia.
Descrizione: Il corso, giunto alla 4a
edizione, quest'anno ha trattato il tema
delle testimonianze artistiche presenti
in Sicilia dalla preistoria al medioevo.
È stata mantenuta la struttura ben
collaudata: i sei incontri seminariali si
sono svolti presso il Liceo Scientifico
Statale “Galileo Galilei” di Palermo e le
tre visite guidate si sono effettuate
presso il Museo dell'arte islamica
(Palazzo della Zisa), la Cattedrale di
Palermo e presso Palazzo Abatellis. I
relatori sono stati sia archeologi della
Soprintendenza (C. Aleo Nero, G.
Battaglia, M. Chiovaro, R.M. Cucco, S.
Vassallo) sia studiosi esterni (V.
Abbate, R. De Simone, G. Meli). Il
materiale prodotto e presentato nei
vari incontri è stato messo a
disposizione dei docenti attraverso la
piattaforma Arca dei Suoni – CRICD
Learn per la didattica dei Beni
Fig. 78 Palermo, visita del convegno di Geologia alle grotte dell'Addaura
Culturali.
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Il corso ha riscosso un buon consenso visto il costante incremento del numero di partecipanti: infatti dai primi
30 iscritti al primo corso si è passati ai 41 del secondo, ai 59 del terzo, fino ai 115 attuali.
36- Attività: pubblicazioni archeologiche.
Periodo: 2015
Responsabile: Riccardo Sapia
Nel 2015 è stata incrementata, sul sito del
Dipartimento dei Beni Culturali, la
disponibilità di pubblicazioni on line degli
anni precedenti, relative a guide archeologiche, opuscoli, cataloghi di mostre, oltre
alla monografia sui rapporti di scavo realizzati sul Monte Kassar di Castronovo di
Sicilia (fig. 79), dove negli anni passati sono
state avviate le indagini nelle fortificazioni
bizantine. Sono stati, inoltre, avviati i lavori
per la realizzazione del Notiziario Archeologico della Soprintendenza, un resoconto
dei lavori svolti dall’Unità Operativa e dei
quali s’intendono fornire i dati archeologici
più indicativi e rilevanti. Il Notiziario lo si
trova disponibile, sia da consultare sia da
scaricare, sul sito del Dipartimento nonché
su quello di Academia.edu.
Infine, sono state pubblicate quattro nuove
guide archeologiche brevi di siti della
provincia di Palermo: Colle Madore,
Montagna dei Cavalli, Maranfusa-Calatrasi
ed Entella, anch'esse disponibili sul sito (fig.
80).
Fig. 79 Scavo sul Monte Kassar pubblicato nel 2015
Fig. 80 Le Guide Brevi pubblicate nel 2015
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