Il numero aureo Φ: l’orma impressa dal Creatore nell’Universo. di Michele Nardelli In tale articolo, viene proposto e verificato un modello di unificazione, non limitato alle forze fondamentali dell’universo, ma esteso alla Conoscenza del fenomenico fisico, biologico e spirituale, basato sul numero aureo. Quando il cosmo aveva appena 10.000 anni, la forza di gravità cominciò ad unire i piccoli grumi di materia (oscura) seguendo la via più breve, costituita dalle brachistocrone: spirali logaritmiche che costituiscono i vortici, nel cui centro si ammassavano le masse roteanti, perché guidate dalle spirali. Le particelle richiamate da un centro di minima energia, si dirigono verso il centro “depressionario” costipandosi nel centro e determinando un accumulo di energia molto instabile. Nel cosmo, una lieve perturbazione media insita nella diversa massa e dinamica delle singole particelle, provocherà una vorticosità analoga a quella innescata dalla rotazione terrestre. Anche nel cosmo, per analogia con la meteorologia, definiremo un vortice determinato da una sorgente “A” ed un pozzo di energia “B”. In termini della teoria delle stringhe, lo spazio è attraversato continuamente da stringhe bosoniche (vettori di energia come i fotoni ed i gravitoni), con uno spettro di energia molto ampio le quali, per la relazione Palumbo-Nardelli (P-N) che lega e mette in corrispondenza biunivoca le stringhe bosoniche alle superstringhe, formano stringhe fermioniche (le particelle). Tutte le particelle sono dotate di spin, e, per la PN ciò deve valere anche per i bosoni. Il fotone, per esempio, secondo questo modello, nasce dall’elettrone (quindi un bosone nasce da un fermione secondo la relazione Palumbo-Nardelli), che ruota con una velocità angolare dell’ordine di 1016 rad sec-1, quindi anche il fotone (di massa pari a 10-35 kg) ruota con la stessa velocità angolare. Dal momento che tutte le strutture dell’universo derivano dalla composizione di particelle, segue che nell’universo tutto ruota. La massa di un fotone solare può ottenersi dall’uguaglianza 1/2 mv2 = h ν dove h è la costante di Planck (6.62 x 10-34 Joule x sec), v è la velocità della luce (3 x 108 m/sec) e ν è la frequenza (1016 Hz), da cui si ottiene m = 10-35 kg. Fotoni e gravitoni sono del tutto analoghi. Un fotone, l’elemento della gravità dotato di massa, durante il suo passaggio attraverso lo spazio emette onde attrattive (definite “gravitazionali”) che si espandono e ruotano nello stesso tempo, descrivendo circonferenze nel piano (sfere nello spazio) che si muovono lungo un inviluppo a forma di spirale logaritmica aurea. In particolare, alcune di queste circonferenze rappresentano luoghi di punti di massima attrazione, nei quali si addensano continuamente le particelle, che formeranno poi le masse animate da energia cinetica di rotazione e di rivoluzione. La struttura, la dimensione e l’energia cinetica di rotazione (o di rivoluzione) dei sistemi naturali, dagli ammassi galattici, al protone (stringa fermionica), al fotone 1 (stringa bosonica) dipendono dalla dimensione della spirale logaritmica generatrice e dalla loro densità. Analogamente al campo barico in meteorologia, anche quello gravitazionale cosmico, visto nel piano, mostra la presenza di isolinee gravimetriche in espansione e rotazione, in quanto tutto ruota nel cosmo, dal sistema solare alle galassie, ai sistemi galattici; un moto di circonferenze in espansione e rotazione che seguono l’inviluppo di una spirale logaritmica aurea. Nel 2007 alcuni astronomi dell’Università del Minnesota (USA) hanno scoperto il più grande “buco vuoto” mai visto; un buco che è il contrario di un buco nero (nel quale la concentrazione di materia è considerata infinita). Tale “buco bianco” è una zona priva di stelle, galassie, gas e perfino della materia oscura che riempie l’universo. Anche tale “fenomeno” può essere spiegato secondo la teoria dei vortici. Infatti, il senso di rotazione e la struttura di un vortice, osservati da un lato, sono l’opposto di quelli osservati dall’altro lato. Questo induce a ritenere che questo megavortice bianco corrisponda alla parte opposta di un buco nero appartenente ad un altro universo o dimensione, ossia costituisca un ponte che collega il nostro ad un altro universo parallelo, oppure appartenga al nostro stesso universo ma conduca ad un’altra dimensione. La mappa della radiazione di fondo ottenuta dal satellite COBE nel 1992 indicherebbe la presenza di “vortici” nell’universo primordiale. I vortici avrebbero accumulato al proprio centro le particelle, le polveri cosmiche e la materia oscura formando le masse, nelle quali è concentrata l’energia cinetica di tutte le particelle che le hanno costituite. Per il principio di conservazione dell’energia, le masse hanno convertito questa energia in quella potenziale gravitazionale, formalizzata da Isacco Newton. I vortici hanno fornito alle masse, insieme all’energia potenziale gravitazionale, anche (i) la loro energia cinetica di rotazione e rivoluzione, e, quando la loro intensità era elevatissima, (ii) una enorme densità. E’ possibile dimostrare (Palumbo 2008) che, tenuto conto dell’effetto della densità e del dinamismo delle masse, la relazione newtoniana spiega, ovviamente in termini gravitazionali, (iii) anche le forze elettromagnetiche e nucleari fornendo quindi un modello di unificazione delle forze fondamentali. Tale relazione è: F = γ (ρ)2 x M2 / r2 , (1) dove ρ indica la densità. Una rappresentazione fisica più vicina dell’energia è quella di un dominio di infinite onde Fi che costituiscono l’energia F = ∫ Fi dFi , (2) dove l’integrale va da zero ad infinito e dove Fi rappresentano tutte le onde parziali appartenenti ad F (Palumbo 2001) e ricoprenti tutto lo spettro immaginabile delle frequenze e delle lunghezze d’onda. Con il modello Palumbo-Nardelli (2006a) è stato 2 dimostrato che bosoni (vettori dell’energia) e fermioni (le particelle) sono aspetti duali dell’energia: 1 1 R − ∫ d 26 x g − − g µρ g νσ Tr (Gµν Gρσ ) f (φ ) − g µν ∂ µ φ∂ν φ = 2 16πG 8 ∞ 2 1 1 ~ 2 κ 2 1/ 2 = ∫ 2 ∫ d 10 x(− G ) e −2Φ R + 4∂ µ Φ∂ µ Φ − H 3 − 102 Trν F2 (3) 2κ 10 2 g10 0 ( ) (il primo integrale nel membro di destra va da 0 ad infinito) per cui la massa è un’altra categoria dell’energia. Il segno meno nella formula del modello PalumboNardelli (3) indica che le particelle (fermioni) si muovono in senso inverso alla propagazione dell’energia. Tale formula rappresenta un’interazione e quindi il segno di uguaglianza andrebbe più correttamente sostituito con quello della reversibilità, utilizzato nelle reazioni chimiche. Ciò implicherebbe che i bosoni si trasformano in fermioni e viceversa. Questa rappresentazione teorica trova una verifica sperimentale nella trasformazione in natura di un elettrone, che ha una massa, in un fotone, che invece non la possiede, oppure avrebbe una massa 105 volte inferiore a quella dell’elettrone. Un altro esempio è costituito dalla differenza (pari a 4 volte la massa dell’elettrone) fra la massa teorica del deuterio e quella sperimentale; una quantità estremamente esigua, alla base dell’enorme energia liberata durante la fusione fra i nuclei più leggeri e la divisione (o fissione) di quelli più pesanti. D’altra parte, la spontanea comparsa di particelle dall’energia è stata osservata nei vari colliders. La relazione (3) dice che i vettori dell’energia potenziale (Ep), ossia i modi con i quali essa si manifesta, diventano realtà geometricamente e strutturalmente definite (particelle) e ne conservano i caratteri. I bosoni sono il linguaggio (i vettori) a mezzo del quale Ep evolve fino a diventare fermioni, ossia particelle materiali, mentre i fermioni si esprimono con un linguaggio costituito dall’energia cinetica ed in particolare mediante l’interazione gravitazionale, ossia la forza attrattiva fra le masse. Nell’universo, appaiono spesso forme legate al numero aureo φ uguale a 0.61803398… = (√5 – 1) / 2 e quindi all’angolo aureo arccosφ = 51.827292°, così come esistono moltissime forme (sferiche e circolari) legate al numero π uguale a 3.14159265…. Pertanto, π e φ sono i segni fondamentali caratterizzanti molte opere d’arte e tutte le forme naturali. Il legame tra π e φ , ossia tra 3.14… e 0.618… , può ottenersi dalla semplice relazione arccosφ = arccos 0.618 = 0.2879 π. (4) I valori di π e di Φ (dove Φ = 1.61803398… è detto rapporto aureo) sono inoltre legati dalla relazione del celebre genio matematico S. Ramanujan: π = F(n) / [(√5 + 1) / 2]n = F(n) / Φn , (5) 3 che lega l’ennesimo numero della serie di Fibonacci alla potenza ennesima di Φ, a partire dal numero 5 (5, 8, 13, 21, 34, 55, 89,…). Ad esempio 13, che è il terzo numero della sequenza a partire da 5, diviso Φ3 si avvicina al valore di π. Il numero 55, che è il sesto numero della sequenza a partire dal numero 5, diviso Φ6 , si avvicina ancora di più al valore di π. Il rapporto aureo Φ compare insieme a π nella (3), la quale lega l’energia alle particelle ed estende quindi la dipendenza da Φ di tutte le forme del micro- e del macrocosmo (Palumbo e Nardelli 2007). Esso, che ha affascinato i pensatori del passato i quali ritenevano Φ alla base di tutte le forme estetiche e cosmiche, trova qui il suo significato fisico, costituendo la radice di tutte le forme naturali. Una sorgente può trasferire all’esterno parte della sua energia, emettendo sia particelle, sia onde. Prendiamo in esame un fotone, inteso come particella di luce secondo Newton, generato da un elettrone che circuita intorno al proprio asse. Nel momento della sua nascita esso ruotava anch’esso intorno al nucleo. Prima della sua nascita, il fotone non esisteva e quindi la sua velocità di propagazione era nulla. Appena nato, passa dalla velocità di espansione zero a quella della luce, animandosi così di moto accelerato. Una carica elettrica in moto accelerato, come il fotone, genera un campo elettromagnetico le cui onde sferiche hanno frequenza, lunghezza d’onda ed energia rispettivamente pari a 1023 Hz, 10-13 m e 108 eV e si propagano nello spazio. L’elettrone, dal quale è nato il fotone, ruotava intorno all’asse con una velocità angolare ω = 4.13 x 1016 rad sec-1, pertanto, l’onda sferica elettromagnetica generata dal fotone sarà animata dalla velocità di espansione, pari a quella della luce “c” più quella di rotazione. L’inviluppo di questa forma d’onda, nel piano equatoriale, è costituita da una spirale logaritmica aurea basata sul numero aureo φ. La non omogenea distribuzione spaziale della radiazione di fondo aveva originato vortici spiraliformi, lungo le cui curve generatrici fluivano le particelle convogliate verso il centro dei vortici. Tali curve, osservate in piano dall’alto (o dal basso), rappresentano spirali logaritmiche auree. Secondo la (3), la propagazione dell’energia avviene in senso opposto al flusso delle particelle. Sia le particelle, sia l’energia fluiscono sempre lungo curve spiraliformi logaritmiche auree. Ciò vale anche per una massa, la quale emette gravitoni, che si dirigono, ovvero si propagano, verso le altre masse, seguendo un movimento il cui inviluppo ha la forma di spirale logaritmica aurea. Le masse attratte, a loro volta, si muovono sempre seguendo spirali logaritmiche, in direzione opposta e cioè verso la massa attraente. Le forme naturali originarie, ovvero l’accumulo delle particelle da cui ebbero origine, vanno quindi ricercate nel luogo dei punti a maggiore valore attrattivo ed in particolare nel luogo dei punti, fissi nello spazio, sede delle onde “R” (cioè delle onde risultanti). Mentre tali onde si propagano, infatti, il luogo dei punti dove ebbero origine resta fermo, in quanto è il luogo dei punti dove si ripete a cadenza elevatissima la fusione delle coppie di onde successive. Le particelle richiamate da un vortice nel suo centro hanno una forma sferica (più precisamente un involucro sferico), una forma basata quindi su π, le altre forme sono quelle che si sono formate a seguito dell’interazione fra le masse e sono legate 4 ovviamente all’intensità di interazione di ciascuna massa, o, in generale, di ciascuna sorgente. Tutte le forme naturali e molte di quelle artistiche sono il risultato della propagazione di due (o più) sorgenti, l’inviluppo di ciascuna delle quali è di tipo sferoidale, rappresentato da una spirale archimedea, basata su valori prossimi a π, oppure rappresentato da una spirale logaritmica talora aurea. Le predette forme sono quindi marcate da segni che manifestano in maniera non distinguibile sia il carattere di φ, sia quello di π, ed altre, ovviamente meno numerose, caratterizzate soltanto da φ oppure soltanto da π. Dal momento che arccosφ = arccos 0.618 = 0.2879 π, ossia che φ e π sono legati da una relazione semplice, segue che tutte le forme dell’universo e le loro evoluzioni sono caratterizzate direttamente o indirettamente dal numero aureo, che rappresenta quindi l’orma impressa dal Creatore dell’Universo, ossia lo strumento matematico mediante il quale lo ha creato. Lo zero, inteso come vuoto o assenza di materia e di energia e riguardato attraverso le proprietà, si avvicina all’intelletto. Il vuoto, infatti, possiede le stesse proprietà della materia, è sede di campi elettromagnetici, crea e distrugge incessantemente particelle o stringhe (il vuoto quantistico o “vuoto perturbativo di stringa”) e fornisce addirittura l’energia all’universo. Dal punto di vista fisico, lo zero sarebbe, pertanto, addirittura prima dell’unità: in altri termini, l’unità “emergerebbe” dallo zero, e “l’essere” proverrebbe dal “non essere”, analogamente al caos che genera il cosmos. Dallo zero matematico equivalente al non essere della filosofia ed al vuoto della fisica che crea e distrugge particelle o stringhe in ogni istante e fornisce l’energia all’universo, è nata l’essenza ossia l’energia unitaria (la superstringa bosonica, che, per la (3), contiene φ), la quale, evolvendo in se stessa mediante la (3), ha creato le particelle (stringhe fermioniche), e quindi le forme naturali tutte basate direttamente o indirettamente su φ e π e quindi, per la (4), su φ. Le onde gravitazionali emesse da queste forme innescano reazioni nel cervello dell’uomo, nato dall’interazione pura di φ (l’ellissoide aureo del suo spermio) e di π (l’ovulo della donna). L’uomo le esprime nelle opere d’arte, nei sentimenti, nei momenti di contemplazione e di estasi: stringhe bosoniche derivanti dalla reazione inversa, pure espressa dalla (3), le quali chiudono il ciclo dialettico dell’universo ritornando all’essenza unitaria e forse allo zero, il Primo Motore immobile (Dio nella sua forma di Assoluto, senza Vibrazione Cosmica), secondo lo schema seguente: 1(l’essenza unitaria assoluta) genera φ, legato a π dalla (4), che conferiscono le forme all’universo, la cui evoluzione genera l’uomo, che poi ritorna all’unità. E’ chiaro che il pregio delle stringhe bosoniche nate dall’intelletto umano e le connesse intensità e reversibilità della (3) dipendono dalla purezza della sorgente. Il motivo per il quale fra i tanti universi immaginari, quello reale è basato su φ = 0.61803398…, risiede nella particolarità, o singolarità del numero aureo φ di essere connesso matematicamente sia all’unità sia a π: due entità fondamentali, la prima costituendo la base della numerazione e la seconda perché tutte le forme naturali sono basate su π, l’imprescindibile base delle forme geometriche. La relazione numerica fra π e φ è fornita dalla (4); quella fra il numero aureo φ, ovvero fra il suo inverso Φ (fattore aureo) e l’unità deriva dalle seguenti relazioni: 1.618 = 1 / 0.618 = 1 / 1 – 5 1.618 e 1.6182 = 2.618 = 1.618 + 1 le quali mostrano che, sottraendo il numero 1 da 1.618 si ottiene il suo valore inverso, mentre aggiungendo il numero 1 ad 1.618, si ottiene il suo quadrato. Dal momento che tutti i corpi originari del cosmo, da quelli celesti agli atomi, hanno una struttura legata alle spirali logaritmiche, segue che tutte le forme naturali sono basate su φ. Il presente modello unifica le forze gravitazionali alle altre due forze fondamentali della fisica (forza elettromagnetica e forze nucleari). Ciò è confermato dal legame di Φ e π al fattore della costante di gravitazione universale γ (6.67 x 10-11) dalla relazione: π2 – 2Φ = γ che fornisce un grado di approssimazione tanto maggiore quanto più numerose sono le cifre decimali dei due numeri irrazionali utilizzate. Il comune legame della costante newtoniana e di quella della struttura fina (α = 2πe2/(hc), che come vediamo, è legata a π) a π implica quindi quello fra le due predette costanti α e γ. Inoltre, da 432/π = 137 = 1/α segue che α = π/432 = 1/137 (dove 432 è la frequenza del La naturale) ed analogamente, da γ = π2 – 2Φ si ottiene γ = 0.0155 x 432. Sia il microcosmo, governato dalle costanti atomiche fondamentali, che il macrocosmo, governato dalla costante di gravitazione universale sono legati quindi alla frequenza del La naturale, che a sua volta è legato alla costante di struttura fina ed a π dalla seguente formula inversa 432 = π/α. Anche la struttura della molecola d’acqua è legata a Φ. L’angolo formato dalle semirette, in seno alla molecola di acqua, centrate nell’atomo di ossigeno e passanti per i due atomi di idrogeno è circa 104°, sicché l’angolo formato da ciascuna delle due predette semirette rispetto all’asse di simmetria della molecola è circa uguale a 52° che è un valore prossimo all’angolo aureo che misura 51.827292°. L’acqua è il composto più diffuso e più peculiare della vita; non è allora strano che la forma della sua molecola, sia ad un tempo la più bella (legata a φ), la più protetta (legata a π) e la più efficiente (legata a φ) fra tutte le specie chimiche. L’uomo sentì il bisogno di enumerare gli oggetti circostanti ed inventò, pertanto, la serie dei numeri naturali. Da questa serie, Fibonacci trasse la serie dei numeri che prese il suo nome, e che spiega moltissime proprietà dei sistemi naturali. Cerchiamo di spiegare il perché. Tutti i sistemi naturali sono costituiti, nel dominio spaziale, da un numero elevatissimo di sistemi più piccoli, come i cristalli, i minerali, etc, e, nel dominio temporale, da un numero elevatissimo di eventi, come la frequenza del suono, della radiazione, etc, costituita da numerosissime oscillazioni al secondo. Ogni sistema naturale è pertanto espresso dai grandi numeri. Il rapporto fra due numeri successivi della serie di Fibonacci tende sempre più al numero aureo al crescere dell’ordine della serie. Segue che tale serie è legata al numero aureo ed è auto simile, in quanto uno qualsiasi dei numeri della serie è ottenibile per semplice “ingrandimento” di un numero più piccolo della serie stessa, moltiplicandolo per un fattore di φ. Ecco perché i numeri di Fibonacci, auto simili e basati su φ come i sistemi naturali, riescono a spiegarne i comportamenti. La serie dei numeri naturali, contenente il germe di quella di Fibonacci, dà quindi ragione a Pitagora il quale affermava che il Tutto è esprimibile mediante i numeri naturali. La geometria, la matematica, la fisica, la chimica, la biologia, fino all’arte, seguendo Pitagora, 6 esprimono il fenomenico nei termini della serie dei numeri naturali, mentre esso sarebbe meglio rappresentato, anzi lo è, nei termini della serie dei numeri di Fibonacci. La teoria delle stringhe, che riduce il comportamento caotico del paesaggio della meccanica quantistica, costituisce un utile ponte fra il modello proposto e quello probabilistico dei quanti, che investiga il microcosmo caotico. Fra i tanti ellissoidi, naturali o teorici, esiste quello aureo, direttamente legato al numero aureo φ. Secondo la teoria delle stringhe, è allora possibile che dalle vibrazioni di quest’ultimo per la (3), siano nati i vortici naturali e da questi le particelle materiali, mentre le vibrazioni degli altri innumerevoli ellissoidi abbiano generato altre possibili forme estranee al nostro universo, presumibilmente appartenenti ai 10500 universi (landscapes) previsti dalla teoria delle stringhe. L’ellissoide aureo può quindi immaginarsi come lo strumento originario, che ha emesso le vibrazioni (stringhe bosoniche, AUM della religione induista) che hanno costituito le particelle del Modello Standard in base alla (3), nella quale compare sia il numero aureo, sia π. Il modello qui esposto, che propone una spiegazione fisica della genesi e della morfologia delle strutture naturali della fisica classica, tradotto in termini della teoria delle stringhe dal Nardelli, è estensibile, quindi, anche al reame del microcosmo. Abbiamo detto che le vibrazioni dell’ellissoide aureo originario hanno generato le prime particelle (Palumbo e Nardelli 2007). Tutta la realtà emerge e si esprime attraverso l’interazione fra sorgenti; le forme delle molecole, in particolare, sono il prodotto dell’interazione fra sorgenti equintense atomiche o molecolari la cui propagazione sferica, nel piano, descrive un’orbita il cui inviluppo è una spirale archimedea. La composizione di due onde equintense in espansione e rotazione, formanti una propagazione concentrica, è rappresentata da una coppia di spirali di Archimede. Nella spirale archimedea è possibile costruire soltanto un triangolo rettangolo isoscele, relativamente ad una rotazione del raggio di circa 108°. La suddetta rappresentazione basata su φ, può essere costruita a partire da 8 sorgenti, per cui figureranno 8 triangoli isosceli. Nell’inerte, all’istruzione gravitazionale che unisce le masse mediante i vortici (nel piano, spirali logaritmiche), imprimendo ad esse la densità, fa equilibrio quella repulsiva dei vortici equiversi, largamente prevalente in natura. L’equilibrio fra gli effetti di queste due istruzioni è limitato da due condizioni estreme. La diminuzione della densità oltre il limite inferiore, tenderebbe ad annullare, per la (1), l’azione attrattiva disgregando la realtà; per contro, l’aumento della densità oltre l’altro estremo provocherebbe la fusione nucleare di tutte le masse. Entro questo range di variazione i sistemi naturali evolvono, dalla condizione di massima stabilità (ordine), nella quale l’equilibrio può essere descritto in termini deterministici di causa-effetto, alla condizione di massima instabilità (disordine), nella quale, una sia pur lieve perturbazione esterna può, sia spostare il sistema verso il punto iniziale della stabilità, sia verso la massima criticità ed instabilità che lo condurrà poi alla degenerazione catastrofica. I sistemi naturali in evoluzione immanente (causata dall’istruzione gravitazionale) seguono l’orbita di spirali logaritmiche, che sono caratterizzate dal 7 numero aureo φ e dalla similarità, caratteri che si ritrovano, nella ripetitività delle forme (tutte basate su φ) nel dominio spaziale e nella modalità delle trasformazioni nel dominio temporale. La proprietà della similarità consente di leggere un fenomeno ignoto, che si verifica in una scala temporale e spaziale, mediante le caratteristiche dello stesso fenomeno noto in una scala diversa. Se la fisica classica e la geometria sanno leggere l’evoluzione dei sistemi nella loro condizione di stabilità, per il principio della similarità, possono anche interpretarla nelle condizioni di equilibrio governato dalla complessità e dalla caoticità. Ecco perché la natura è semplice e può essere interpretata mediante una lettura elementare: la semplicità è la chiave della verità, come la geometria euclidea e la fisica classica sono alla base del modello qui proposto. Sappiamo che in prossimità di una massa, lo spazio-tempo si curva e che la luce si propaga in esso secondo una geodetica che non è una linea retta. Questo significa che in teoria, la luce di una stella lontana posta dietro il Sole dal punto in cui noi la osserviamo, giunge da una direzione diversa da quella effettiva: ovvero la posizione della stella ci appare spostata da quella effettiva di un certo angolo. In principio, nel cosmo vi era un numero elevatissimo di fotoni: corpuscoli roteanti i quali, nei termini dinamici del modello proposto, emettevano onde gravitazionali in contemporanea espansione e rotazione, propagatisi lungo l’inviluppo di spirali logaritmiche. In termini statici, tale rappresentazione è analoga a quella della distribuzione equipotenziale della gravità intorno al fotone. Nel caso particolare della deflessione della luce osservata, l’interazione è avvenuta fra il campo gravitazionale del velocissimo fotone e quello del Sole, in conseguenza della quale la traiettoria del fotone ha assunto la forma di un’iperbole che aggirava il Sole. L’unione di quei fotoni che viaggiavano nella stessa direzione formava poi le particelle e quindi i corpi celesti ciascuno dei quali irradiava gravitoni in tutte le direzioni in maniera ordinata. Il numero dei fotoni, costituenti l’insieme caotico originario, andava quindi marcatamente diminuendo nel tempo, mentre, nel contempo, aumentava enormemente l’insieme ordinato di fotoni, oggi osservato nello spazio, dove essi viaggiano (i) con quasi moto rettilineo, (ii) con energia più bassa di quella dei fotoni primordiali, perché emessi da sorgenti stellari meno intense del big bang originario e (iii) con uno spettro di frequenze (energia) più ristretto, perché provenienti da sorgenti omogenee. Anche in questo caso, si può osservare che il caos contiene in sé il germe dell’ordine che esso stesso crea. Come la caotica distribuzione (spaziale ed energetica) dei fotoni si è trasformata in una distribuzione ordinata, con uno spettro ridotto di energia, così dalla disomogenea (disordine) distribuzione originaria dell’energia sono nati i vortici, rappresentati nel piano da spirali logaritmiche, e da questi le masse (per la relazione (3)), con forme e proprietà ordinate, tutte basate sul numero aureo φ. Entrambe le rappresentazioni sono state causate dall’istruzione “gravitazionale” del DNA del tutto. Lungo le spirali, basate su φ, l’energia passa, nel tempo più breve, da un punto a potenziale più alto verso uno a potenziale più basso, generando al centro del vortice (nel piano delle spirali) una concentrazione di energia, tradotta poi in massa (per la relazione (3)) le cui forme e proprietà dovevano, come di fatto si osserva, essere 8 caratterizzate o meglio informate a φ. Il numero aureo qui definito, la forma impressa dal Creatore nell’universo, non è pertanto la prima manifestazione del primo motore immobile; esso è stato generato ed è la conseguenza del germe “gravitazionale” dell’ordine insito nel DNA del tutto, che trasforma il caos nel cosmos, come si è verificato marcatamente nell’evoluzione delle sette fasi dell’universo e si ripete in tutta l’evoluzione del creato, che tende verso forme sempre più perfette, sempre più informate a φ, fino a generare il cervello dell’uomo e da questo le sue opere (in particolare artistiche) prossime a φ e quindi all’Idea della Bellezza, ossia dell’ordine armonico universale. La (1) lega l’attrazione gravitazionale e quindi l’intensità dei gravitoni alla densità della sorgente. Segue che esiste uno spettro di gravitoni, da quelli ordinari emessi dalle masse come le rocce naturali a quelli emessi dai protoni, 1017 volte più intensi. Per estrapolazione, nel percorso a ritroso si può quindi immaginare di pervenire al super-gravitone (il quanto della supergravità), analogo al fotone pesante, primigenio, inteso come corpuscolo. Esso, durante il suo percorso alla velocità della luce, emetterebbe onde gravitazionali (gravitoni ordinari) in cinque direzioni (negli infiniti piani equatoriali) formanti un angolo fra loro di 72°. (Sia dato l’arco AP = 18° della circonferenza trigonometrica, l’arco doppio P’P = 36° è la decima parte della circonferenza goniometrica, la corda P’P è uguale al lato del decagono regolare inscritto nella circonferenza e la sua lunghezza è (√5 – 1) / 2, quindi il lato del decagono regolare inscritto in una circonferenza è uguale alla sezione aurea del raggio. Notiamo come 72° sia un multiplo dell’arco di 18°). Una volta generato un numero elevatissimo di onde in un punto immaginario, il gravitone continua a viaggiare nello spazio. Secondo la (3), governata da π e quindi da φ, vi è una continua interazione fra bosoni (e quindi gravitoni) e fermioni (particelle). Dal momento che queste ultime sono dotate di spin, cioè ruotano intorno al proprio asse, anche il bosone (gravitone) generatore deve girare intorno al proprio asse. Una tale affermazione è confortata da recenti indagini le quali, seguendo le ricerche di Erwin Schrodinger, secondo il quale il fotone poteva avere una massa pari a 10-47 kg, mostrano la possibilità che un fotone (e di conseguenza anche un gravitone) abbia una massa “m” fino a 10-60 kg. Le onde emesse si espandono e roteano, in quanto sollecitate dalla rotazione del gravitone per poi interagire con altre onde. Vi sarà una prima onda risultante “pulsata”, seguita da un’altra onda pulsata, nello stesso luogo di formazione di quella precedente, originata da un’altra coppia successiva, e così via, in modo che il primo luogo delle onde pulsate è un luogo fisso nello spazio, in quanto occupato ad intervalli infinitesimi da successioni di onde consecutive. Vi è quindi una sequenza di luoghi di punti fissi nello spazio caratterizzati da una maggiore attrazione gravitazionale, tutti disposti lungo una spirale logaritmica. Questi punti fissi costituiscono poi la rete viaria lungo la quale viaggiano i gravitoni, mentre le onde da essi emesse interferendo e componendosi fra loro, determineranno il luogo dei punti di attrazione di corpuscoli che costituiranno le varie forme naturali. In natura, esiste un numero infinito ed una vastissima gamma di gravitoni (stringhe bosoniche) e quindi di onde da essi generate (frequenze, i cui valori sono tutti potenze 9 di φ), le quali si propagano lungo spirali logaritmiche auree. Le onde equintense, componendosi fra loro, generano propagazioni concentriche governate da spirali archimedee. Un gravitone nel suo migrare incontra perciò subito e con frequenza infinita configurazioni concentriche che in pratica riempiono l’universo e viaggia quindi lungo archi brevissimi di spirali archimedee. La sua velocità limite, quella della luce, è un dato sperimentale che deve coincidere con quella della propagazione lungo la spirale archimedea, perché, ovviamente il gravitone non può viaggiare ad una velocità superiore a quella con la quale procede il suo tracciato, costituito dalla propagazione archimedea. Esso potrà incontrare e viaggiare poi anche lungo brevissimi tratti di altre spirali logaritmiche fino a quella limite aurea caratterizzata da φ, ma la sua velocità, imposta dal continuo incontro di spirali archimedee, non verrà superata, anche viaggiando lungo spirali non archimedee. La musica, ed in particolare quella aurea, è il linguaggio dell’universo e dell’anima che è parte di esso ed avvicina l’uomo a quel Deus qui Caritas Est. Infatti, quel Deus, l’essenza unitaria assoluta, in quanto Est, ossia essere attivo unificante, ha impresso nel codice genetico del creato l’istruzione gravitazionale stessa del Suo amore (Caritas). Mediante questa gravitazione su Se stesso, coincidente con l’Amore e quindi con lo Spirito Santo, Egli genera (non crea) φ (il Verbo). Attraverso il Verbo, coincidente con l’Amore increato di cui la scienza, con questo modello, individua uno degli aspetti nella forza unificante della gravità, il Deus fa tendere, attraverso lo strumento del φ implicito alla gravità, l’universo verso forme sempre più armoniose simulate dalla musica aurea, caratteristiche degli ideali dell’Amore e della Bellezza, ideali che si raggiungeranno quando il tutto si sarà unificato, attraverso il Demiurgo, che realizzerà il suo disegno: ut unum sint. L’universo è nato e si evolve mediante le interazioni. Lo stesso vale per tutti i suoi sottoinsiemi, dalle galassie ai quark ed ai leptoni, nel reame dell’inerte, dagli organismi alle cellule in quello del vivente, dagli istinti all’estasi in quello del pensante. La fisica teorica ha individuato il primo motore immobile aristotelico nelle note delle stringhe o del vuoto. Esiste, perciò, un unico antenato: la musica, ossia il linguaggio-dimensione mediante il quale la realtà nasce, si riconosce, interagisce, si trasforma ed evolve verso forme più progredite, di cui il cervello dell’uomo rappresenta l’ultimo prodotto. Secondo A. Palumbo (2005), l’anima sarebbe l’onda forzata generata dalla risonanza fra un’onda esterna ed un’onda elettromagnetica sincrona interna alla memoria cerebrale, capace di propagarsi nel vuoto e per sempre. Il passaggio dalla vita alla morte potrebbe essere spiegato ricordando che i campi di forze che governano tutti i sistemi dell’universo e quindi anche quello della vita del singolo uomo, tendono allo stato di minima energia, diverso da zero, che è quello della morte. In tale stato il sistema universo ed il sistema uomo continuano, però, ad essere permeati dal campo di forze di Higgs che non si annulla. (La particella nota col nome di Bosone di Higgs è il quanto di uno dei componenti del campo di Higgs. Nello spazio vuoto, il campo di Higgs acquisisce un valore non-zero (detto valore atteso del vuoto non-zero) che permea tutto lo spazio dell'universo in qualsiasi istante. L'esistenza di questo valore gioca un ruolo fondamentale: esso 10 darebbe massa a tutte le particelle elementari, incluso lo stesso bosone di Higgs. In particolare, l'acquisizione di un valore non-zero romperebbe la simmetria di gauge elettrodebole, un fenomeno conosciuto come meccanismo di Higgs. Esso è il meccanismo più semplice in grado di dare massa ai bosoni di gauge compatibile anche con le teorie di gauge. Nel Modello Standard, il campo di Higgs consiste in campi con due componenti neutre e due componenti cariche. Entrambi i componenti cariche ed uno dei campi neutri sono bosoni di Goldstone, che sono privi di massa e divengono, rispettivamente, le componenti longitudinali tri-polarizzate dei bosoni massivi W + , W − , e Z0. Il quanto della restante componente neutra del campo di Higgs corrisponde al bosone di Higgs. Poiché il campo di Higgs è un campo scalare, il bosone di Higgs ha spin zero e non ha momento angolare intrinseco). È noto che, se si introduce nel sistema nello stato di energia minima un campo non nullo, l’energia di questo campo esterno aumenta l’energia complessiva del sistema. La forza newtoniana inversa che si desta al momento terminale del sistema universo, ossia quando è tornato al punto limite del buco nero, induce in esso quella forza che lo farà divenire un nuovo universo (teoria dell’universo ciclico prevista anche dalle stringhe). La stessa cosa potrebbe avvenire per il sistema uomo, il quale durante e dopo la morte è permeato e mantenuto in vita dal campo di forze di Higgs non nullo. In queste condizioni di minima energia esso potrà essere investito da un campo di forze non nullo e riacquisire la sua energia vitale (anche se non in un corpo fisico, ma in un corpo astrale). La morte è il momento più catastrofico della vita dell’uomo: il sistema più perfetto, dotato della massima entropia negativa possibile, con una concentrazione di energia pregiata, per la cui formazione, l’evoluzione dell’universo ha impiegato più di 13 miliardi di anni. Se quell’evento non preludesse, analogamente a quanto avviene per tutti gli altri sistemi del creato, ad una trasformazione radicale in un altro sistema più progredito, sarebbero violati il principio di conservazione e quello dell’evoluzione. Quel momento è invece essenziale all’evoluzione del sistema uomo, perché, soltanto in quelle condizioni di energia infinitesima, la esigua energia acquisita del dominio di coerenza sovraintellettuale potrà interagire con quella infinita del vuoto mediante l’unica relazione basata soltanto sul numero aureo φ. La sola relazione che lo avvicina a quella della creatività, che caratterizza tutte le forme dell’universo, del pensiero e dell’arte. Ciò implicherebbe la nascita di una nuova forma di intelligenza evoluta al punto da non richiedere un supporto biologico (il corpo fisico), un ente che è possibile individuare nell’anima libera dal corpo. L’interazione reversibile energia-particelle, espressa dalla (3) è tanto più intensa quanto più vicini al numero aureo sono i parametri che informano le sorgenti interagenti. Sorgenti caratterizzate da parametri ancora più vicini ai numeri irrazionali π e φ, come le manifestazioni pure dello spirito, possono emettere onde sincrone con quelle immanenti del vuoto e confondersi (immettersi) con esse, assumendo, per 11 effetto della risonanza, un’ampiezza e quindi un’intensità (teoricamente infinita secondo la fisica), tale da poter realizzare, secondo la (3), la trasformazione delle particelle in energia (onde). Nel reame dell’inerte, tutte le reazioni fra energie tipiche naturali sono irreversibili, mentre quelle elevatissime, corrispondenti alle stringhe ed espresse dalla (3) sono reversibili. Questo principio è estendibile anche al reame del pensante, nel quale le reazioni che avvengono nel range di energie naturali, sia pure pregevoli, sono irreversibili. Allorquando il pregio di queste energie in gioco assume valori estremamente elevati, analogamente a quelle della (3) nell’inerte, le trasformazioni diventano reversibili. Ciò potrebbe spiegare il motivo per cui il Cristo poteva assumere in qualsiasi momento sia la forma di “luce”, come prima della nascita, sul Tabor (trasfigurazione), nell’apparizione ad Emmaus dopo l’incontro con i discepoli e dopo la resurrezione, sia quella “corporea”. Se i corpi del Cristo e della Vergine Maria derivano da sorgenti geneticamente perfette informate al numero aureo (per quanto già detto a pag. 5), la Resurrezione del Cristo e l’Assunzione di Maria Vergine, ossia la trasformazione delle particelle del loro corpo in onde e quindi il loro ritorno all’essenza unitaria assoluta dell’energia del vuoto, secondo la (3), rientra nel disegno intelligente, ciclico e dialettico dell’universo. Quando le vibrazioni della vita parallela costruita da ciascuno nello specchio del vuoto ed ivi propagantisi saranno state amplificate da quelle sincrone e co-presenti del Cristo, il cui spettro contiene tutte le frequenze e quindi anche quelle di ciascuna vita individuale, allora si verificherà la relazione reversibile (3) e le onde della vita parallela di tutti e di ciascuno (si trasformeranno) rigenereranno le particelle determinando la resurrezione del corpo, così come è avvenuto per il Cristo il terzo giorno, dopo l’ascesa al Padre quando, apparendo a porte chiuse e conoscendo l’incredulità di Tommaso, si fece toccare e sedette insieme ai discepoli. Ciò è implicito nel principio universale dell’autosimilarità, secondo il quale, il fenomeno della resurrezione del corpo del Cristo, deve valere anche per noi, in quanto membra del Corpo mistico di cui Egli è il capo. Desidero ringraziare il Prof. Antonino Palumbo dal cui testo: "L'Unificazione della Conoscenza" – ESI – Dic. 2008, è stato ricavato il presente articolo 12