Dott.ssa Chiara Comotto
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Integrazione scolastica di alunni con disabilità gravissime: ha senso?
“Suo figlio non imparerà mai a leggere e scrivere”.
“Questo è il massimo che possiamo ottenere dal suo bambino”.
“Accettatelo per quello che è”.
Frasi lapidarie, sentenze inappellabili che i genitori di bambini gravemente disabili sono
spesso costretti ad udire da coloro che, invece, dovrebbero sostenere la fatica di un lavoro
che conduca a nuove mete e possibili miglioramenti.
Perché allora così sovente ci si arrende di fronte ai deficit di un bambino? Perché ancora ci
si ferma all’accudimento, all’accoglienza o al massimo si lavora per non far peggiorare la
situazione?
Quale dignità riconosciamo ad un bambino che non viene adeguatamente stimolato a
comunicare o a conquistare ogni movimento possibile? Come si può convincere dei genitori
a non iscrivere il figlio nella propria scuola o a farlo frequentare con un orario ridotto,
sostenendo di non aver nessun mezzo per svolgere un lavoro di senso e significativo?
La storia, gli studi, il progresso ci hanno permesso di fare qualche passo in più nella
comprensione di soggetti disabili e questo dovrebbe indurci a capire che è intatta la loro
vocazione umana, il loro potenziale umano della specie, la loro dignità di uomini, il loro
diritto morale e sociale all’aiuto perché gli ostacoli al loro sviluppo siano rimossi. Essere
aiutato a ritrovare il massimo possibile di livello umano che la specie voleva da lui è un
diritto fondamentale di ogni disabile.
Si tratta di ricostruire una razionalità pedagogica che riesca a ridare valore e senso alla
persona e dignità all’educazione come valore prioritario perché l’educazione, appunto, è la
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realtà imprescindibile attraverso la quale la persona manifesta la propria personalità e la
propria attitudine a realizzarsi come essere umano.
Per far questo occorrono non soltanto grandi idealità umane, ma anche conoscenze tecniche
ed educatori che, accanto al loro afflato umano e la loro forza morale, che rimane sempre la
molla di ogni comportamento valido, conoscano le vie per poter aiutare efficacemente i
soggetti disabili
Un contesto nel quale ancora oggi è molto difficile far coesistere, valorialmente e
funzionalmente, normalità e diversità è il mondo della scuola. Nonostante l’Italia possa
vantare una lunga tradizione di integrazione di disabili in classi “normali”, è ancora molto
difficile trasmettere l’importanza di questa scelta, soprattutto per coloro che risultano
totalmente privi dei requisiti considerati minimi per accedere a qualsivoglia forma di
apprendimento didattico.
In questo caso, pregiudizi, paure, ignoranza, lassismo pedagogico possono repentinamente
manifestarsi e generare ambivalenza tra l’aiutare e l’assistere, tra l’amare e l’odiare, tra lo
slancio liberatore di breve durata e l’affettività epidermica.
Certamente la difficoltà che un disabile grave impone alla scuola sono talmente grandi che
a volte non si riesce a capire il senso di una presenza che sia causa di un dispiego di energie
operative ed economiche molto elevato. La questione, che aleggia sempre presente, è se non
sia meglio inserirli in ambienti strutturati, creati appositamente per loro.
Dopo diversi inserimenti di bambini con gravi patologie, sono convinta che la risposta non
risieda assolutamente nella tanto anelata socializzazione, né nel raggiungimento di
autonomie fittizie o apprendimenti poco finalizzati. La sfida è imparare
a vedere
nell’educazione globale della persona il senso di una dignità che non si quantifica nella
misura in cui un soggetto apprende, è autonomo o si relaziona, ma che è data a prescindere.
Si tratta di riconoscere ad ogni essere umano il diritto di vivere una vita piena, ricca di
stimoli, di esperienze e di sollecitazioni continue a divenire Persona, perché, educare
significa soltanto e paradossalmente dare all’altro assai poco, ma operare affinché il
bambino porti in luce tutto ciò che già in sé è latente sul piano dell’essere, del poter-essere e
del dover-essere.
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Cruciale è non collegare la significatività della frequenza scolastica ad un concetto di
conoscenza e apprendimento legato esclusivamente alla didattica tradizionale. La
conoscenza va invece concepita come un processo costruttivo sempre dinamico e dialettico
nel quale ciò che conta è l’essere in quanto si manifesta e si rivela.
Ciò che contribuisce in maniera significativa a ridurre l’ansia degli insegnanti al momento
dell’inserimento di un grave disabile è la possibilità di poter accedere ad una buona
diagnosi funzionale.
La diagnosi funzionale è il documento pensato per esplorare la situazione globale
dell’alunno, per cercare di conoscerne i vari aspetti, le varie interconnessioni, i punti di
forza e di debolezza, le risorse, i vincoli, ciò che facilita e ciò che invece ostacola.
Purtroppo
spesso
invece
la
diagnosi
funzionale
risente
di
un’impostazione
prevalentemente clinico-medica, incentrata sull’etichetta diagnostica e sugli aspetti
connessi alla patologia, ma fornisce ben pochi aiuti concreti agli insegnanti impegnati a
definire una programmazione individualizzata.
DIAGNOSI FUNZIONALE
NOME :
ANNO:
ANDREA
2007/2008
CLASSE: I
Il ragazzo Andrea, nato a Milano il 30.11.1992, è seguito presso questo Centro dal
14.12.1994 con visite neurofisiatriche, programmi riabilitativi globali e sedute di
rieducazione neuromotoria.
Diagnosi
Esiti di coma conseguente ad arresto cardiaco avvenuto lo 01.10.1994 nel corso di un
intervento chirurgico. Dal punto di vista neurologico Andrea è affetto da tetraparesi
spastica più grave a sinistra, con conseguente ritardo psicomotorio, e da epilessia con crisi
che si manifestano più volte al giorno nonostante la terapia farmacologica.
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Area cognitiva e neuropsicologica
La valutazione delle capacità di apprendimento ha evidenziato che per Andrea la
comunicazione e la relazione sono veramente difficili da attuare, per cui si può ipotizzare
che quanto egli dimostri di sapere non sia conforme a ciò che egli ha appreso;
indispensabile risulta inoltre la presenza di un mediatore adulto per permettergli appunto
di esprimere al massimo le sue potenzialità che, altrimenti, potrebbero rimanere nascoste.
Nonostante la comprensione del linguaggio sia sempre maggiore, la produzione verbale
resta ancora limitata a suoni più o meno significativi.
Nel corso degli anni Andrea ha ottenuto continui progressi dal punto di vista cognitivo,
mentre alterna periodi in cui si attiva in modo positivo e propositivo a periodi in cui
sembra subire tutto passivamente.
Per ottenere miglioramenti sia dal punto di vista cognitivo che dal punto di vista
relazionale - comportamentale, è indispensabile che la partecipazione di Andrea all’interno
del gruppo classe sia la più attiva possibile, sia chiedendo a lui di pensare a quello che sta
facendo e di dare delle risposte adeguate sia promuovendo un reale inserimento del
ragazzo fra i compagni.
A livello didattico Andrea può accedere sia a progetti individualizzati e personalizzati
in base alle sue difficoltà e ai suoi interessi, sia seguire in modo semplificato il programma
di classe; importante è che ogni argomento gli sia proposto inizialmente in una modalità
concreta e (ove possibile) manipolabile, per poi successivamente generalizzare passando ad
una modalità più astratta.
La verifica degli apprendimenti può essere attuata mediante risposte a scelta multipla, vero
o falso e utilizzo del codice si/no (solo se si è certi di non interpretarlo) e la valutazione
deve essere coerente con l’impegno dimostrato da Andrea.
Area sensoriale
Andrea presenta un’ipovisione corticale che non si è stati ancora in grado di quantificare.
Area motorio-prassica
Gli arti di destra sono i più morbidi ed i più mobili, con essi Andrea accenna tutti i
movimenti. E’ peraltro un ragazzo ancora in parte in fase oppositiva e perciò non sempre
obbedisce alle richieste di tipo motorio, anche quando sarebbe in grado di compierle.
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Poiché la mano destra è meno rigida, Andrea riesce a singolarizzare l’indice e questo gli
permette di indicare, di scegliere e di premere i tasti di una tastiera.
I tempi di attivazione sono comunque piuttosto lunghi, per cui bisogna dare tempo al
ragazzo di organizzare il movimento.
Area affettivo-relazionale e comportamentale
Andrea ha più volte dichiarato di essere triste poiché è consapevole che gli altri non
riescono a capirlo; la mancanza di linguaggio è purtroppo la barriera più grossa che lo
separa dai compagni e da chi gli sta attorno. Nello stesso tempo, il fatto di essere capito da
chi lo conosce bene, a volte interpretato ma comunque soddisfatto nei suoi bisogni primari
ha fatto si che, nel corso degli anni, il ragazzo si sia un po’ abituato a pretendere e a sentirsi
in diritto di fare solo ciò che vuole. Molto importante è porsi verso Andrea in una relazione
di mediazione più che di aiuto, sostenendolo dove lui non può arrivare ma pretendendo da
lui il passo che è in grado di compiere verso il raggiungimento di qualsiasi obiettivo.
Area comunicativa e linguistica
Il linguaggio è totalmente assente. Il “si” è espresso con un suono gutturale, il “no” non
viene mai espresso. A seconda della motivazione e dell’interesse Andrea è anche in grado
di farsi capire molto bene attraverso la modulazione di vari suoni e la mimica facciale.
Area delle autonomie personali e sociali
L’autosufficienza nei bisogni primari è nulla.
Se redatta con progettualità pedagogica, la diagnosi funzionale è la base indispensabile per
una buona definizione di un PEI perché la permanenza con i soggetti “sani” è senz’altro un
fatto positivo, ma sarebbe sterile di risultati formativi se non si tramutasse in una
permanenza qualitativa in virtù della quale ciascun alunno possa incontrare le opportunità
adeguate al maggior sviluppo possibile della propria personalità.
Il progetto in chiave pedagogica risulta essere il nucleo centrale del possibile, meglio: di
quel possibile che anziché rimanere confinato nell’astrattezza, deve tradursi in decisione e
in scelta.
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VERIFICA PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO
(V primaria)
AREA DELLE ABILITA' INTERPERSONALI / SOCIALI
Obiettivo: Aumentare la gamma degli interessi e delle preferenze
Modalità e strumenti:
■ Proporre nuove situazioni di lavoro e ludiche sfruttando gli interessi già esistenti.
■ Iniziale mediazione e costante supporto dell'adulto nelle nuove attività proposte.
■ Proposta di nuove attività generalmente in un piccolo gruppo di pari OBIETTIVO
PARZIALMENTE RAGGIUNTO: Gli interessi di Eleonora sono molti e ciò lo si può
verificare dagli spunti di conversazione e dagli argomenti che, soprattutto nell'ultimo
periodo, riguardano temi assai vari. Inoltre E. ha imparato a conoscere nuovi giochi e a
inserirsi in diverse attività ludiche. La tendenza è però di scegliere sempre le stesse.
Obiettivo: Aumentare la consapevolezza di ciò che non le piace, non sopporta, non la
interessa
Modalità e strumenti:
■ Uso di esperienze pratiche
■ Elaborazione cognitiva delle esperienze attraverso modalità verbali, visive e
rappresentative.
■ Sottolineare verbalmente e porre attenzione alla sensazione di poco interesse o fastidio
(quando accade).
■ Soffermarsi sulle motivazioni che l'hanno portata a fare o a non fare una certa scelta.
OBIETTIVO RAGGIUNTO: Eleonora al CDD si mostra sempre accondiscendente e mai
oppositiva. Ciò non significa che non abbia chiaro ciò che non vuole, non le piace, non la fa
stare bene. Tale consapevolezza è emersa soprattutto nell'attività sulle emozioni e in
rari episodi anche con altri bambini nei quali emergeva una determinata insofferenza.
Obiettivo: sostenere lo sviluppo dell'identità
Modalità e strumenti:
■ Libera scelta
■ Gioco solitario e condiviso
■ Offerta di relazioni positive
■ Accompagnamento all'autonomia negli ambiti appropriati
■ Gratificazioni e motivazione all'azione
OBIETTIVO RAGGIUNTO: E. è una bambina serena e sicura di sé che non ha paura di
confrontarsi con i pari. E' opportuno che le figure educative di riferimento continuino a
lasciare spazio a questa crescita offrendole occasioni sociali, di confronto, e di autonomia.
Obiettivo: incrementare l'autonomia e l'organizzazione dei tempo nei momenti di
solitudine
Modalità e strumenti:
■ Presentazione di diversi materiali ludici
■ Fornire strategie di gioco
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OBIETTIVO RAGGIUNTO: E. è ormai autonoma nell'organizzare il tempo (periodi anche
piuttosto lunghi) senza richiedere la presenza dell'adulto.
Obiettivo: gestire in modo adeguato le relazioni formali.
Modalità e strumenti:
■ Organizzazione di uscite sul territorio per svolgere semplici commissioni entrando in
relazione con persone sconosciute.
■ Presenza costante dell'educatore per mediare le relazioni formali.
■ Situazioni di role playing in aula in piccolo gruppo.
■ Lavoro costante e trasversale a tutte le attività sulla comunicazione verbale appropriata.
OBIETTIVO RAGGIUNTO: E. non è più imbarazzata nel rivolgersi a persone sconosciute
per chiedere informazioni o fare richieste. Ha guadagnato questa sicurezza anche grazie
alle competenze linguistiche che ha raggiunto nell'ultimo anno.
Obiettivo: approfondimento e aumento della gamma delle emozioni conosciute (dal punto
di vista cognitivo ed esperienziale)
Modalità e strumenti:
■ Attività ad hoc per la conoscenza di alcune emozioni
(stupore, paura,
preoccupazione/soddisfazione, eccitazione)
■ Associazione emozione-espressione del volto
■ Termometro delle emozioni
OBIETTIVO RAGGIUNTO: E. riconosce le principali emozioni su cui abbiamo lavorato
dall'inizio dell'anno: gioia, tristezza, rabbia, stupore, paura, frustrazione.
Obiettivo: contestualizzazione delle emozioni proprie ed altrui (dal punto di vista
cognitivo ed esperienziale)
Modalità e strumenti:
■ Verbalizzazione da parte dell'educatore dei diversi stati d'animo propri ed altrui in
svariate situazioni concrete quotidiane
■ Associazione emozione-situazione possibile di vita
■ Associazione emozione-situazione reale e sperimentata di vita
■ Gioco simbolico guidato
■ Supporti visivi ed esperienziali
OBIETTIVO RAGGIUNTO: E. riconosce su di se e sugli altri le emozioni su cui abbiamo
lavorato. Riesce anche a collegarle a livello cognitivo ed esperienziale al suo vissuto.
Obiettivo: regolazione e gestione delle proprie emozioni (in particolare nei momenti di
eccitazione)
Modalità e strumenti: messi in atto contestualmente alla manifestazione dell'emozione da
parte della bambina, con conseguenti comportamenti più o meno adeguati:
■ Verbalizzazione delle azioni fatte o delle possibili conseguenze
■ Razionalizzazione dell'emozione da parte dell'educatore, coinvolgendo la bambina
■ Rinforzo verbale dei comportamenti adeguati
OBIETTIVO RAGGIUNTO: E. ha raggiunto ha una buona capacità di gestione delle
emozioni, utilizzando le strategie che le abbiamo insegnato. Questo è stato verificato
soprattutto nei momenti di disagio (le trema la manina, un altro bambino le dà fastidio), ma
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anche in alcune occasioni di forte eccitazione (momenti di estrema ilarità con le altre
bambine).
Obiettivo: fornire i primi cenni di educazione sessuale
Modalità e strumenti:
■ Spiegare in modo semplice e comprensibile alla bambina i cambiamenti fisici avvenuti e
che avverranno con lo sviluppo aiutandola ad affrontarli con serenità.
■ Accogliere le domande che emergono spontaneamente.
■ Nei prossimi mesi è in programma un percorso di educazione sessuale rivolto ad un
piccolo gruppo di bambine che avrà l'obiettivo di fornire le basilari conoscenze sul tema
spiegando la distinzione di generi e ruoli e il significato di semplici gesti, emozioni,
pensieri, avendo cura di inserirli nell'orizzonte più ampio dell'affettività del bambino.
■ Indispensabile è la condivisione di questi obiettivi psico-educativi con tutte le figure di
riferimento.
OBIETTIVO NON VALUTABILE: il lavoro su questo tema verrà affrontato il prossimo
anno.
Obiettivo: rinforzare la motivazione ad affrontare luoghi, situazioni e persone nuove
Modalità e strumenti:
■ Fornire strategie per controllare lo stato d'ansia
■ Preparazione preparare la bambina alla situazione stressante (sia spiegando in anticipo
cosa succederà, sia ricreando le condizioni che la potrebbero spaventare in un luogo a lei
conosciuto e con persone di cui si fida suggerendole strategie di risoluzione e
comportamenti adeguati), rassicurarla e accompagnarla durante l'evento stressante
standole vicino anche fisicamente e mantenendo un tono di voce calmo. Verbalizzare
successivamente l'accaduto.
OBIETTIVO
RAGGIUNTO: Considerando i risultati positivi ottenuti in quest'area
confidiamo che la famiglia possa offrire sempre maggiori possibilità di confronto in
situazioni nuove e occasioni sociali permettendo a E. di sperimentarsi autonoma.
Obiettivo: regolare l'impulso alla voracità
Modalità e strumenti: Consigliamo una dieta equilibrata e controlli frequenti di uno
specialista. Importante la collaborazione con tutte le figure di riferimento e in particolare
con la famiglia affinché siano condivisi e rispettati tempi, dosi e modalità. La continuità di
un lavoro di questo tipo speriamo potrà aiutare Eleonora a generalizzare tali modalità e a
recuperare una capacità di autoregolazione.
OBIETTIVO RAGGIUNTO: E. sia all'Abilità che a casa dimostra un buon controllo della
voracità attraverso il rispetto delle regole della dieta alle quali non si oppone.
Obiettivo: incentivare il gioco solitario o condiviso senza la presenza costante
dell'educatore
Modalità e strumenti: Inizialmente proporremo giochi semplici e già conosciuti, sempre in
un piccolo gruppo di bambini e con la partecipazione dell'educatore. Successivamente
l'educatore sarà presente, supervisionando l'attività ma cercando di limitare il suo
intervento. Infine anche la presenza dell'educatore non sarà costante. La stessa modalità
verrà utilizzata per il gioco solitario.
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OBIETTIVO RAGGIUNTO
AREA DELL'AUTONOMIA
Obiettivo: incentivare e perfezionare le piccole autonomie già acquisite.
Modalità e strumenti: L'educatore lascia svolgere a Eleonora in autonomia i compiti già
acquisiti verificando solo l'esito finale. Se il risultato non è adeguato richiede che l'azione
sia ricompiuta con maggiore attenzione.
OBIETTIVO RAGGIUNTO
Obiettivo: incrementare la verbalizzazione sul modo migliore per essere aiutata a svolgere
alcune azioni della vita quotidiana.
Modalità e strumenti: Attività a tavolino riguardanti le autonomie quotidiane:
frammentazione dei compiti di autonomia distinguendo i passaggi che riesce a svolgere da
sola e quelli in cui ha bisogno di aiuto. Per questi ultimi trovare la forma adeguata per fare
la richiesta di aiuto. Durante la giornata aiutare Eleonora solo se lo chiede esplicitamente e
in maniera adeguata.
OBIETTIVO RAGGIUNTO: E. non solo chiede in maniera adeguata aiuto all'adulto nei
momenti di difficoltà , ha anche imparato a chiedere collaborazione ai compagni. Lo si è
verificato in maniera evidente nelle attività di autonomia che abbiamo organizzato in
chiusura dell'anno scolastico.
Obiettivo: incrementare la capacità di uso del PC
Modalità e strumenti: utilizzo frequente del PC con la presenza dell'educatore. Uso del
programma Doc Reader per favorire l'autonomia nella correzione degli scritti.
OBIETTIVO PARZIALMENTE VERIFICATO: Per questioni organizzative interne non
siamo riusciti a permettere a E. un costante uso del PC durante le attività. Abbiamo potuto
notare però che le sue capacità di utilizzo del PC sono notevolmente aumentate grazie
anche al lavoro settimanale con la Dott.ssa Comotto.
Obiettivo: sostenere le abilità di orientamento e di spostamento in spazi più ampi e meno
conosciuti.
Modalità e strumenti: Attraverso uscite in piccolo gruppo, sempre con la presenza di un
rapporto 1:1, percorrere brevi tratti e itinerari semplici. L'attenzione sarà rivolta anche alla
conoscenza dei segnali stradali, dei servizi e dei negozi presenti sul territorio (posta, bar,
ristorante, supermercato ecc..) e dei mezzi di trasporto. Le diverse esperienze verranno
adeguatamente preparate con schede e attività a tavolino e successivamente riprese in
piccolo gruppo.
OBIETTIVO RAGGIUNTO
AREA DEL LINGUAGGIO E DELLA COMUNICAZIONE
Obiettivo: Favorire la comprensione del linguaggio verbale Modalità e strumenti:
■ Se il messaggio comunicato non è stato compreso appieno, semplificarlo e concretizzarlo.
■ Utilizzo nella comunicazione di vocaboli nuovi, più adeguati e sinonimi spiegandoli
attraverso parole già conosciute e riferite a cose concrete.
■ Supporti visivi (immagini, foto, oggetti concreti) facilitano la comprensione e fungono da
promemoria in un discorso articolato come può essere una narrazione.
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OBIETTIVO RAGGIUNTO: E. ha raggiunto una buona capacità di comprensione del
linguaggio verbale quando si tratta di richieste, informazioni ecc.. Dimostra ancora qualche
problema nel mantenimento dell'attenzione all'ascolto e comprensione di racconti e testi
particolarmente impegnativi.
Obiettivo: Rinforzare la comunicazione orale (pronuncia, costruzione della frase,
ampliamento del vocabolario) Modalità e strumenti:
■ Ampliare il vocabolario inserendo parole nuove imparate insieme e riutilizzate spesso in
contesti diversi.
■ Fare attenzione alla pronuncia delle parole e alla costruzione corretta della frase. In caso
di errori insistere perché vengano ripetute in modo corretto.
■ Uso di brevi storie e narrazioni da ripetere.
■ Lettura di immagini e uso di sequenze.
OBIETTIVO RAGGIUNTO: E. si è molto impegnata nella pronuncia di parole difficili
ottenendo risultati veramente apprezzabili. Spesso si corregge da sola. E' scomparso
l'utilizzo della parola frase e le sue frasi pur restando molto semplici a livello strutturale
sono correttamente organizzate e comprensibili da tutti.
AREA COGNITIVA E DEGLI APPRENDIMENTI
Obiettivo: Incremento della capacità attentiva.
Modalità e strumenti:
■ Suddividere il lavoro in sottofasi più brevi, che verranno via via incrementate come
durata e difficoltà.
■ Sarà d'aiuto la scelta di materiali semplici e accattivanti.
■ Partire da consegne semplici e gradite alla bambina insistendo sulla durata e qualità del
lavoro.
■ Richiamo verbale per riportare l'attenzione al compito.
■ Lavori di gruppo svolti a più mani possono essere occasione per imparare a mantenere
l'attenzione su uno stesso lavoro per più tempo, alternando fasi di partecipazione attiva a
fasi di attesa/riposo.
OBIETTIVO RAGGIUNTO, DA POTENZIARE
Obiettivo: Sviluppo della memoria
Modalità e strumenti:
■ Utilizzo di esperienze pratiche, vissute in prima persona dalla bambina.
■ Ripresa di tali esperienze con il supporto di materiale visivo (foto, immagini, disegni
ecc..) che aiutano la memorizzazione nel tempo.
■ Utilizzo di materiali e di riferimenti all'interno della gamma degli interessi della bambina.
■ L'utilizzo di supporti visivi e la ripresa costante delle esperienze sperimentate può
certamente aiutare la bambina a collocare in un contesto spazio temporale adeguato tali
vissuti.
OBIETTIVO RAGGIUNTO, DA POTENZIARE
Obiettivo: Rinforzo delle funzioni cognitive (concetti spazio-temporali, sequenze
cronologiche, associazioni causa-effetto, problem-solving)
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Modalità e strumenti:
■ Attività a tavolino di sequenze logiche e temporali legate alla sua esperienza.
■ Narrazioni brevi e ripresa delle stesse attraverso immagini, parole chiave, brevi frasi.
■ Esperienze pratiche poi riprese con immagini, foto, parole chiave.
■ Attività nell'area dell'autonomia inserendo semplici problem-solving. OBIETTIVO
PARZIALMENTE RAGGIUNTO: Siamo soddisfatti dei risultati raggiunti in quest'area.
L'unica difficoltà che continua a persistere riguarda i concetti temporali, e le sequenze
cronologiche. E. ha imparato il tempo a livello esperienziale ma fa ancora fatica a
generalizzarlo.
Anche di fronte al disabile più compromesso non si può dimenticare che l’apprendimento è
un processo necessario della vita umana ed è fondamento di ogni atto, di ogni relazione e
di ogni comunicazione. Vero è che questo processo, nella disabilità acquista qualcosa di
speciale, qualcosa di «speciale» che dovrebbe tendere a «farsi il più possibile normale»;
anzi, c’è la normalità stessa delle situazioni educativo-didattiche, la grande quotidianità
della vita scolastica inclusiva, che abbraccia tutti e che si arricchisce continuamente di quei
piccoli-grandi dettagli necessari a qualche alunno e utili per tutti.
In questo senso la qualifica «speciale» non è più legata alle scuole speciali, segreganti ed
emarginanti, ma a una buona qualità dei processi di insegnamento, che rende possibile una
realeainclusioneadelleadifferenzeaeadeiabisogniaeducativiaspeciali.
Aiutiamoci con diagnosi funzionali e piani educativi individualizzati ben sviluppati, ma
nessuna decodificazione del patrimonio genetico sarà in grado di trascrivere il progetto
dell’uomo, nessuno studio neurologico potrà mai prevedere i traguardi di un disabile
mentale, nessun test potrà mai tracciare il futuro di bambini con gravi deficit.
Tecniche per gestire una classe con alunni con disabilità o iperattivi
Il Disturbo da deficit d'attenzione ed iperattività (ADHD) è un disturbo del comportamento
caratterizzato da inattenzione, impulsività e iperattività motoria che rende difficoltoso e in
taluni casi impedisce il normale sviluppo e integrazione sociale dei bambini. Si tratta di un
disturbo eterogeneo e complesso, multifattoriale che nel 70-80% dei casi coesiste con un
altro o altri disturbi (fenomeno definito comorbilità). La coesistenza di più disturbi aggrava
la sintomatologia rendendo complessa sia la diagnosi sia la terapia. Quelli più
frequentemente associati sono il disturbo oppositivo-provocatorio e i disturbi della
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condotta, i disturbi specifici dell'apprendimento (dislessia, disgrafia, ecc.), i disturbi d'ansia
e, con minore frequenza, la depressione, il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo da tic,
il disturbo bipolare.
Capita sempre più spesso di dover gestire in classe bambini iperattivi, il più delle volte
facendo leva sull' esperienza e sensibilità individuale piuttosto che su elementi di
conoscenza su questo specifico problema.
Alcune buone prassi da seguire quando si ha in classe un bambino che presenta iperattività
e disturbo dell’attenzione sono:
- E’ opportuno controllare le fonti di distrazione all’interno della classe: non è indicato far
sedere il ragazzo vicino alla finestra, al cestino, ad altri compagni rumorosi o ad oggetti
molto interessanti. Non è, ugualmente, produttivo collocare l’allievo in una zona
completamente priva di stimolazioni, in quanto egli diventa più iperattivo perché va alla
ricercaadiasituazionianuoveaeainteressanti.
- Disporre i banchi in modo che l’insegnante possa passare frequentemente in mezzo ad
essi, per controllare che i più distratti abbiano capito il compito, stiano seguendo la lezione
e stiano eseguendo il lavoro assegnato.
Alcuni suggerimenti per la gestione delle lezioni…
1. Accorciare i tempi di lavoro. Fare brevi e frequenti pause soprattutto
duranteaiacompitiaripetitiviaeanoiosi.
2. Rendere le lezioni stimolanti e ricche di novità: i bambini iperattivi con disturbi
dell’attenzione hanno prestazioni peggiori quando i compiti sono noiosi e ripetitivi (usare
figure,
schemi,
variare
spesso
il
tono
della
voce,
ecc).
3. Interagire frequentemente, verbalmente e fisicamente, con gli allievi.
4. Fare in modo che essi debbano rispondere spesso durante la lezione.
5. Utilizzare il nome degli allievi distratti per richiamarne l’attenzione.
6. Costruire situazioni di gioco per favorire la comprensione delle spiegazioni.
7. Utilizzare il gioco dei ruoli per spiegare concetti storici e sociali in cui siano
coinvoltiavariapersonaggi.
8. Abituare il bambino impulsivo a controllare il proprio lavoro svolto.
Anche l’ordine può aiutare…
1. E’ importante stabilire delle attività programmate e routinarie, in modo che il bambino
impariaaaprevedereaqualiacomportamentiadeveaprodurreainadeterminatiamomentiadella
agiornata.
2. E’ importante definire con chiarezza i tempi necessari per svolgere le attività giornaliere,
rispettando i tempi del bambino (questo lo facilita anche ad orientarsi meglio nel tempo).
3. Aiutare l’allievo iperattivo a gestire meglio il proprio materiale, insegnandogli
l’organizzazione e lasciandogli cinque minuti al giorno per ordinealeasueacose.
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4. L’insegnante deve proporsi come modello per mantenere in ordine il proprio materiale e
mostrare alcune strategie per fare fronte alle situazioni di disorganizzazione.
5. Utilizzare il diario per una efficace comunicazione giornaliera con la famiglia (non per
scrivere note negative sul comportamento del bambino, mortificandolo).
E per gestire il comportamento cosa si può fare…
1. Innanzitutto è opportuno definire e mantenere regole chiare e semplici all’interno della
classe
(è
importante
ottenere
un
consenso
unanime
su
tali
regole).
2. Rivedere e correggere le regole della classe, quando se ne ravvede la necessità.
3. Spesso è necessario spiegare chiaramente agli alunni disattenti/iperattivi quali sono i
comportamentiaadeguatiaeaqualiaquelliainappropriati.
4. E’ molto importante far capire agli allievi impulsivi quali sono le conseguenze dei loro
comportamenti
positivi
e
quali
quelle
derivanti
da
azioni
negative.
5. E’ più utile rinforzare i comportamenti positivi (stabiliti in precedenza),
piuttostoacheapunireaquellianegativi.
6. Sottolineare i comportamenti adeguati del bambino attraverso ampie ed
evidentiagratificazioni.
7. Avere la possibilità, creativamente, di cambiare i rinforzi quando tendono a
perderead’efficacia.
8. Si raccomanda di non punire il bambino togliendo l’intervallo, perché il bambino
iperattivo necessita di scaricare la tensione e di socializzare con i compagni.
9. Le punizioni severe, note scritte o sospensioni, non modificano il
comportamentoadelabambino,aseanonainapeggio.
10. E’ importante stabilire giornalmente o settimanalmente semplici obiettivi
daaraggiungere.
11. E’ utile informare spesso il bambino su come sta lavorando e come si sta comportando
(feedback), soprattutto rispetto agli obiettivi da raggiungere.
Due cose da evitare: non creare situazioni di competizione durante lo svolgimento dei
compiti con altri compagni e non focalizzarsi sul tempo di esecuzione dei compiti, ma sulla
qualità del lavoro svolto (anche se questo può risultare inferiore a quello dei compagni).
E due da non dimenticare: occorre utilizzare i punti forti ed eludere il più possibile i lati
deboli del bambino: ad esempio, se dimostra difficoltà fine-motorie, ma ha buone abilità
linguistiche, può essere utile favorire l’espressione orale, quando è possibile sostituirla a
quella scritta. la seconda: bisogna enfatizzare i lati positivi del comportamento quali la
creatività, l’affettuosità, l’estroversione.
Quando l’alunno con ADHD, o con disabilità, viene tenuto il più possibile in aula e
coinvolto nella vita della classe, si corre il rischio di incorrere nelle lamentele dei genitori
dei compagni normodotati o con difficoltà minori; essi sono convinti che i loro figli possano
subire gli effetti negativi di una presenza così impegnativa sia a livello di programmazione,
sia di coesione della classe, sia emotivo.
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Le ricerche però smentiscono questo timore e dicono, infatti, che non si notano né ritardi
nello svolgimento della
programmazione didattica, né problemi di unità della classe
dovuti alla presenza dell’alunno grave.
Occorre,
invece,
essere
pienamente
coscienti
che
l’integrazione
del
disabile
è
un’opportunità formativa molto importante anche per tutti i compagni. Numerose prove
hanno evidenziato come siano gli stessi allievi normodotati ad avere dei grandi benefici
soprattutto in tre specifiche aree:
-
calore e attenzioni nei rapporti interpersonali,
-
sviluppo del sé,
-
maturazione delle abilità sociali.
Naturalmente, per una buona interazione, occorrerà mettere in atto alcuni pilastri
educativo - didattici imprescindibili. Essi sono: una unitarietà di intenti, pianificazione
accurata dei momenti di accoglienza e di accompagnamento, operare sulle routine
scolastiche, metodologie didattiche alternative, soddisfare il bisogno di competenza.
Negli ultimi anni in tutte le scuole si è andata sempre più diffondendo la cultura di una
nuova didattica, non più basata unicamente su lezioni frontali, ma orientata all’utilizzo di
laboratori, e metodi alternativi d’insegnamento; queste strategie si sono rivelate
fondamentali per coinvolgere gli alunni con bisogni educativi speciali, permettendo loro di
apprendere e contemporaneamente di sentirsi parte del gruppo classe.
A livello didattico diverse sono le strategie studiate per coniugare l’apprendimento alla
dimensione relazionale e di “sociabilità”. Si sviluppa, infatti, sempre più il cooperative
learning che sollecita gli insegnanti a suddividere gli alunni in microgruppi, i quali devono
collaborare e gestirsi per arrivare insieme ad eseguire la consegna; questa tecnica, se ben
utilizzata e mediata, è molto utile per permettere allo scolaro con handicap di conoscere e
farsi conoscere da tutti i compagni e di dare il suo contributo che generalmente, nel grande
gruppo, rischia di perdersi.
Anche la tecnica del tutoring ha valenze molto positive, a patto che sia ben guidato.
Personalmente non concordo con una pratica del tutoring rivolta al compagno disabile;
credo invece all’utilità di una turnazione su un ruolo che ricopre delle responsabilità, nel
quale deve essere incluso anche il disabile. Far vedere alla classe che anche chi ha delle
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difficoltà e di solito viene aiutato, può assolvere dei compiti ed essere utile è il modo
migliore
per
promuovere
l’abbattimento
dei
pregiudizi
e
creare
una
cultura
dell’integrazione.
In alcuni casi è possibile che, pur in una prospettiva dell’integrazione, si finisca per
dimenticare i compagni di classe del bambino con bisogni educativi speciali o per
considerarli in una logica puramente strumentale ed è un grave errore perché, se
opportunamente coinvolti come partner del progetto, possono diventare i veri protagonisti
del processo d’integrazione. Questo però a patto che venga predisposto un percorso che
parta dalla conoscenza reciproca e arrivi al “fare” insieme.
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