La storia (vera) che raccontata dallo scrivente

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Marcello Paglialunga
Dottore Commercialista
Al Presidente
Ai Componenti
Commissioni Agricoltura Camera dei Deputati e Senato della Repubblica
Egregi Presidenti, egregi onorevoli,
Vi chiedo pochi minuti per raccontarvi una storia (vera) che riguarda il settore oggetto del Vostro
lavoro e che potrebbe diventare un nuovo genere letterario, il “thriller burocratico”, se non fosse che
il finale è già noto a chi sa come finiscono le storie alle nostre latitudini. Nel 2008 due facoltosi
signori inglesi (Mrs Alison Deighton e Mr Ian Taylor), innamorati del Belpaese, decidono di fare un
cospicuo investimento nel Mezzogiorno d’Italia sviluppando un’idea innovativa di turismo di lusso
legato alla buona agricoltura. Il progetto è semplice: coniugare territorio, ambiente, tradizioni e
gastronomia di qualità con ospitalità a 5 stelle in strutture ricettive ecocompatibili e in un contesto
agricolo d’eccellenza.
Si sceglie una Regione di spinta del sud Italia (la Puglia), un territorio dinamico e in forte ascesa sul
mercato turistico (il Salento) e lì si individua un terreno di 30 ettari, 13 dei quali destinati dal PRG
approvato dal Comune all’edificazione di strutture turistico ricettive. Bene. Su quest’area si decide
di investire una cifra variabile fra i 60 e i 70 milioni di euro.
Uno stuolo di tecnici valuta e verifica, anche con gli uffici del Comune interessato, la fattibilità
dell'operazione sulla base della documentazione approvata dal Comune stesso, dalla Regione e sulla
base dei pareri espressi sul Piano Regolatore dalla Sovrintendenza. Ragionevolmente convinti della
possibilità di sviluppare la propria idea d’investimento, i soggetti decidono di acquistare le aree
spendendo i loro primi 5,3 milioni di euro attraverso una società italiana appositamente costituita
che mi pregio di rappresentare.
Lo stato d'animo positivo degli investitori viene messo però subito a dura prova. Pochi giorni dopo
l'acquisto dei terreni una mano ignota appicca il fuoco e solo grazie al tempestivo intervento dei
vigili del fuoco si evita che l’uliveto, fino ad allora improduttivo, finisca in fumo.
Ma la volontà di perseguire quell'idea di turismo eco sostenibile è ancora forte: l’uliveto, che dai
precedenti proprietari veniva utilizzato per la produzione di “legna da ardere”, viene messo in
produzione ed affidato ad una cooperativa locale che comincia a imbottigliare il primo olio
extravergine. Vengono coinvolti nello studio preliminare sia professionalità italiane che americane,
vere e proprie eccellenze nel campo progettuale e del marketing. I tecnici lavorano alla definizione
di un progetto il più integrato possibile con l'ambiente, pur considerando che si tratta di un'area
edificabile. Gli esperti di marketing si cimentano nel posizionamento dell'offerta turistica del
progetto, tenendo conto del mercato mondiale. La scommessa progettuale è quella di realizzare i
manufatti senza estirpare un solo albero d’ulivo, una sfida architettonica, agricola e ambientale che
verrà premiata con qualificati riconoscimenti di livello internazionale.
Gli investitori presentano le proposte alla città e in quella sede prendono l'impegno di dare priorità
alle maestranze del luogo per la realizzazione del progetto oltre che avviare specifici piani di
formazione per il personale che dovrà poi gestire le attività.
Corso Galliano 2A scala B – 73048 Nardò (Le)  Via del Tritone 102 - 00187 Roma
tel/fax. + 39 0833 572542 cell. +39 3386379742
e-mail [email protected]
Marcello Paglialunga
Dottore Commercialista
L'iter burocratico prende avvio ufficialmente a gennaio 2009. I due inglesi (ingenui…) si aspettano
un percorso in discesa per chi ha scelto di investire tanti quattrini scommettendo sul turismo e
l’agricoltura di qualità nel Sud dell’Europa, ma si scontrano subito con ritardi, rinvii, richieste di
integrazione di documentazione, di pareri non necessari. Ma soprattutto attese estenuanti, rimpalli
da un ufficio all’altro, da un ingegnere a un funzionario, come si trattasse con l’ultimo e
sconosciuto speculatore di provincia. E così gli investitori, che all’inizio pensavano di essere
portatori di una proposta positiva ed innovativa, cominciano a prendere confidenza con
l’indifferenza della politica nei confronti del loro progetto. La domanda più frequente che mi hanno
fatto in questi anni è stata: “perché nessun amministratore ci chiede ragione di quello che abbiamo
intenzione di fare?”. Immaginate il mio imbarazzo e la mia difficoltà a rispondere. In sei anni il
tempo di dialogo e di confronto con gli amministratori locali non sarà stato superiore alle due ore,
con i funzionari regionali ci saremo parlati sì e no per 4 ore complessivamente, mentre in
anticamere e in sale d’attesa avremo passato non meno di 72 ore.
Dal 2008 ad oggi sono stati decine e decine i pareri chiesti ai vari enti ed uffici per cercare di
approvare il piano di lottizzazione, compreso l’immancabile, per un thriller burocratico che si
rispetti, ricorso al Tar che ha annullato, in maniera imbarazzante per la Regione, il provvedimento
che ci negava il parere paesaggistico. Da qui poi l’immancabile appello al Consiglio di Stato per
l’ultimo, speriamo…, patetico tentativo di allontanare quest’investimento dal nostro Paese.
Nel frattempo, ma anche qui non c’è nessuna sorpresa, l’Agenzia delle Entrate contesta il valore
dichiarato nella compravendita dei terreni sostenendo che per quel lotto, che per la Regione è
un’oasi inedificabile, si sarebbe dovuto pagare almeno 1.800.000 euro in più rispetto ai 5,3
dichiarati. Insomma, l’Agenzia delle Entrate stima in oltre 7 milioni di euro il valore di trenta ettari
sui quali la Regione pretende l’immodificabilità assoluta. Anche questo, Vi assicuro, è stato difficile
da spiegare ai miei amici inglesi.
A questo punto io non so più cosa dire loro. Per questo Vi scrivo e Vi chiedo di parlare Voi con i
nostri due amici innamorati del Belpaese. Ditelo Voi ai due signori che l’Italia non è un paese per
loro, che sei anni non sono stati sufficienti a dare una risposta certa a chi voleva investire 70 milioni
di euro su agricoltura e turismo al Sud. Da una parte cerchiamo investitori che portino quattrini per
creare attività che non inquinino, non riciclino denari sporchi, che permettano al nostro territorio di
uscire dalla voragine della crisi scommettendo sulle proprie risorse e sulle proprie tipicità. Poi
trattiamo questi soggetti come i peggiori furfanti, o forse i furfanti siamo noi che bastoniamo e
saccheggiamo, proprio come facevano i briganti di una volta, i rari viandanti che ancora si
avventurano dalle nostre parti. La situazione della nostra agricoltura è drammatica, soprattutto al
Sud, l’olivicoltura nel Salento sta conoscendo la sua crisi peggiore con centinaia di ettari colpiti
dalla cosiddetta “peste dell’ulivo” che costringerà all’eradicazione di migliaia di piante e due privati
che scelgono di investire capitali esteri in un’impresa che coniuga agricoltura e turismo vengono
scoraggiati e lasciati in balia di burocrati e ricorsi per tutto questo tempo.
Dopo questi sei lunghi anni di calvario, il calvario dell’investitore…, i nostri amici inglesi si sono
stancati e stanno valutando seriamente l’ipotesi di dirottare progetto e quattrini in altri Paesi del
Mediterraneo più accoglienti e sensibili nei confronti degli investitori stranieri. Con tanti saluti alla
Puglia di Vendola e all’Italia di Renzi. E io non farò più nulla per trattenerli. Se lo ritenete, fate
qualcosa Voi.
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Marcello Paglialunga
Dottore Commercialista
Da ultimo Vi chiedo: ma siete proprio certi che per risolvere questa crisi sia il caso di continuare a
parlare con gli economisti? O piuttosto non sarebbe opportuno chiamare al Governo qualche bravo
psichiatra?
Distinti saluti
Marcello Paglialunga
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