UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA TESI DI LAUREA I CONCERTI PER ORCHESTRA DI GOFFREDO PETRASSI RELATORE: Prof. Giorgio PESTELLI CANDIDATO: Riccardo Piacentini Anno Accademico 1983/1984 1 1. L'uomo e l'artista Goffredo Petrassi è convinto che esista una stretta rispondenza fra l'uomo e l'artista. L'attività creati­ va, infatti, è per lui riflesso e prolungamento di una natura umana sensibile agli avvenimenti quotidiani !'Non credo - sosteneva in un'intervista (1) - che un compo­ sitore possa scrivere in un modo del tutto avulso dal­ la sua umanità. Quando parlo di "carattere organico limi riferisco proprio a questo ••• La stessa musica Stravinskij, che vuoI essere inespressiva, se-noi esaminia~o al di fuori, a freddo, che cosa ne di la viene fuori? Ne viene fuori la figura di un uomo, di una per sona che ha certi caratteri. che corrispondono a quello che era Stravinskij .•. Chiunque volesse, ascoltando la musicà dì un compositore, potrebbe poi tracciare g.rafico della persona di questo compositore e, un chi ·10 sa, potrebbe forse corrispondere a quella che è la fi­ 2 gura autentica. Naturalmente è un assurdo, perchA un grafico non si dovrebbe limitare soltanto al viso, op­ pure a un disegno di qualche cosa di visibile, ma pen~ trare nell'interiorità, il che non è possibile". Tanto più riferendosi a se stesso, Petrassi ama sot tolineare il carat~ere personale ed emotivo della pro­ pria musica, anzi addirittura autobiografico. "Quando diressi il QUinto concerto al--Festival di Edimbt'trgo egli ricorda (2) - su un giornale qualunque il gior­ no dopo si parlava di un concerto autobiografico, e questo"mi impressionò abbastanza, perchè ad ore~chie non prevenute, o meg lio ignare,· di tutti i miei :precedenti, o parzialmentp. ignare dei precedenti della mia musica, questo concerto risultO come qualcosa di cosl espressi vo, di così. intenso, che ci videro addirittura un mento autobiografico dell'autore, e in realtà, posso dirlo, in ogni concerto e, credo, forse in opera, c'è l'autobiografia dell'autore". mo­ adesso ogni 3 Affermazioni più esplicite non si possono dare.D'al tra parte, per capacitarsi di esse, basterebbe sfo­ gliare le partiture di Petrassi, confrontandole con i relativi periodi storici, di vita pubblica e, per quel che sappiamo, SUa privata. Le prime opere di successo, quelle che dalla Partita del 132 coprono tutto l'arco degli anni trenta, sono legate a un preci.so momento s~ rico, a un preciso frangente di studi (Petrassi termi­ na,infatti, il corso di composizione nel 132), a un preciso rapporto di amicizia (si veda il carteggio con Alfredo Casella). Così, il Coro di morti (140- 141) fu determinato "da una forte em.ozione e da una forte rea zione, quella della entrata in guerra dell ' Italia , nel 1940" (3), e il finale del Sesto concerto per orchestra ('56- 1 57) fu scritto sotto la suggestione dei d'Ungheria dell'ottobre-novembre '56. perfino un plice ~olpo accordale può possedere1Pnsignificato fatti sem­ che va oltre le note, come accade, nell ' Ottavo concerto per 4 orchestra (170 ••• '72), la cuì conclusione estrema è,se condo le parole di Petrassi (4), lI un 51 o un noli, la ribellione a una tormentosa situazione di salute che l'avrebbe potuto portare alla cecità. 1904.. :17 Nasce da pmi1e famiglia a Zagarolo, nei pressi di Palestrina (Roma), il 16 luglio 1904. Trasferitisi nel 1911 a Roma, i genitori 10 iscrivono alla Scho1a Cantorum di S. Sa1vat~ re in Lauro, dove apprende i rudime~ti della musica e pratica, come fanciullo cantore, la po1ifonia del Quattro - Cinquecento • Dirà di lui i l compagno Enniu Francia (5): "Petrassi sui tredici anni si era fatto più serio, più diligente, più studioso. Era divenut~ il primo della classe, leggeva meglio di tutti, in man­ canza del maestro era lui. a battere il tempo, e quando nessuno .10 vedeva cominciava a mettere in piedi sul pentagramma., le une accanto alle altre, minime e crome. Per questo 10 canionavamo,10 1917.•. '2.5 Alla Scho1a Petrassi rima chiamavamo "la vecchia"". ne sei anni, fino a quando, cioè,con la muta della voce, divien; commesso nel prestigi080 negozio musicale Grandi (poi F. LP., Fabbrica Italiana Pianoforti), dove può sfogliare ogni sorta di spartiti e di partiture e conoscere di persona alcuni musicisti romani, clienti del negozio. Tra questi, Alessandro Bustini si offre di impartirgli lezioni di. pianoforte. Petrassi segue appas sionatamente le lezioni e intensifica quello che chiamerà 1110 studio clandestino" (6), analizzando partiture e frequentando i concerti dell'Augusteo e dell'Opera. "Annaspavo in tutte le dire zioni - leggiamo in una lettera a Guido Maria Gatti (7) -, non facilitato di certo dalla grama esistenza che ero costretto a condurre ••. Ero un giovane sprovveduto di tutto, ma non di pass~ ne. musicale, alla ricerca di qualche punto di riferimento che 5 mi aiutasse a scoprire me stesso". 1925••• '32. Nel '25, inizia 10 studio regolare dell'armonia con Vincenzo Di Donato e, nel ·28, si iscrive al Conservatorio di Santa Cecilia, venendo amme,! so al settimo anno di composizione (scuola di Alessandro Bustini) e al corso di organo tenuto da Fernando Germani. Gli anni tra il '26 e il '32 vedono nascere le prime composizioni, rimaste per lo più inedite: la Partita e l'Egloga per pianoforte; la lirica Salvezza, su testo di Guido Gozzano, per canto e pianoforte; le Due liriche su temi della campagna romana per violino e piano ­ forte; La worte del cardellino e Per organo di Barberia, su te­ sti rispettivamente di' Guido Gozzano e di Sergio Corazzini, per canto e pianoforte; la Sonata in tre brevi movimenti continui per violoncello e pianoforte; i Canti della campagna romana per canto e pianoforte, racco~ti e armonizzati in collaborazione con Giorgio Nataletti; il Preludio e fuga per orchestra d'archi, pri mo lavoro orchestrale ('29); le liriche Pioggia di peschi, su t~ sto di Mario Saint-Cyr, e Cam2ane, su testo di Valfrido Breccia, per canto e pianoforte; le Tre 1iriehe antiche italiane per':caù-: to e pianoforte; la Sinfonia, siciliana e fusa per quartetto di archi; il Divertimento in do maggiore per orchestra; l~·Sicilia­ na e marcetta per pianoforte a quattro mani; la Sarabanda per flauto e pianoforte; la Ouverture da concerto e la Passacas1ia per orchestra; i Tre cori le due liriche Colori del tempo per can­ to e pianoforte, premiate nel '32 al secondo concorso cameristi­ co dell'Accademia Filarmonica Roma~a. 1932••• ·37 Il '32 è u~ anno cruciale. Petrassi si diploma in composizione e scrive quella Partita per orchestJ;"a che, vinci trice di due concorsi e successivamente premiata dal Ministero dell 'Educazione Nazionale e dall' Accademia Italiana, lo segnala all' attenzione pubblica rivelandoai il punto di a.vvio dei futuri successi. L'anno seguente, infatti, essa viene diJ;"etta da Alfre­ do Casella (con il quale Petrassi stringe un'affettuosa amicizi~, da Bernardino Molinari e da Ernest Ansermet, rispettivamente· ad Amsterdam, Parigi e Ginevra. Diplomatosi anche in organo, Petras 6 si può ora dedicarsi interamente alla compos1z10ne e all'insegn~ mento presso l'Accademia di Santa Cecilia, dove nel '34 è nomin~ to docente della cattedra dì composizione. Del '33 sono l'Intro­ duzione e Allegro, nelle due versioni per violino e pianoforte e per violino e undici strumenti, l,a Toccata per pianoforte, il !reludio, Aria e Finale per violoncello e pianoforte e il Concer­ to per orchestra, primo di una serie di otto Concerti, completa­ to l'anno successivo. Al '34 appartengono, invece, alcuni brani per canto e pianoforte (Vodalizzo per addormentare una bambina , Benedizione e O sonni, sonni) e l'inizio del primo lavoro sinfo­ nico - corale, il Salmo IX, cui Petrassi lavora fino al '36. Ne­ gli anni '35 - '36, frequenta il corso di direzione d'orchestra tenuto da Bernardino M~linari all'Accademia di Santa Cecilia; le esecuzioni di suoi brani si. moltiplicano per tutta EltrOpa (egli stesso è chiamato a dirigere a Praga l'Introduzione e Allegro per violino e undici strumenti); viene nominato consulente musi­ cale all'Ispettorato del Teatro, ségretario al Centro Lirico Ita 1iano, accademico di Santa Cecilia; compone, oltre al Salmo IX, il breve Lamento di Arianna, su testo di Libero De Libero, per canto e pianoforte. 1937 ..:39 Fra i l '37 e i l '39, accetta la carica di so~rintende!!. te al Teatro Ls. Fenice di Venezia. In questo periodo, trova tem­ po ed energie per comporre soltanto il Concerto per pianoforte e orchestra, del quale, osserva Lele D'Am1.cO (8):. IIPetrassi ha for se scritto il commento più 8agac~ •.. dimettendosi dalla carica che gl'impediva i l lavoro di compositore". 1939... '51 Lasciata la Fenice nel '39, diviene ius.egnante al Conservatorio romano e può dedicarsi nuovamente alla composizio­ ne. Sono gli anni del Magnificat per soprano leggero, coro misto e orche~tra ('39 - '40); delCoro di Morti ('40 - '41:), "madrig~ le dralJltllatico" su testo di Lèopardi, per voci maschili, tre pia­ noforti, ottoni, contrabbassi percussione; delle Due liriche di Saffo per canto e pianoforte e della Piccola Invenzione per pianoforte ('41); dei Quattro Inni Sacri per voce maschile e or­ e 7 gano,:poi anche trascritti per voce e orchestra, e del Diverti ­ mento scarlatti.ano per pianoforte ('42); del ballo in tre quadri con recitativi per baritono La Follia di Orlando, su testi di Lu dovicoAriosto, primo lavoro per il teatro in musica ('42 - '43). Nel '43, è membro della Commissione direttiva per la riorganizz~ zione della didattica musicale italiana e della Commissione di vigilanza dell'E.I.A.R.; nel '44, cofondatore della rivista "Mu­ sica Viva"; nel '47, Direttore artistico dell'Accademia Filarmo­ nica di Roma. Scrive, in questo perìodo, le Invenzioni per pian~ forte, le !re liriche e il Miracolo per baritono e pianoforte, l' Invenzione per due flauti, la Fanfara.per tre .trombe, le Musi ­ che di scena per "Gli Uccelli" di Aristofane per coro e dodici strumenti e, lavori di maggior mole e impegno, il balletto su libretto di AureI M. Millos Ritratto di Don Chisciotte ('45) e l'opera in un atto tratta da Cervantes Il Cordovano, prima delle due opere teatrali composte finora da Petrassi ('44 .•• '48).Negli anni seguenti '48 ••.• '50, è la volta delle musiche inedite per i filma La Creazione del mondo, Lezione di geometria, Riso amaro e Non c'è pace fra gli ulivi, accanto alle quali spiccano lavori cameristici, come la Sonata da camera per clavioeftbalo. e dieci strumenti, il Dialogo angelico per due flauti e il Patite piece per pianoforte, nonchè la sfortunata tragedia (leggi: opera tra­ gica, la seconda delle due opere), su testo di loti Scialoja,Mor­ te dell'aria e la cantata per coro miat~ e orchestra, sul po~ omoni!!lo di San Juan de la Cruz, Noche Oscura, in prima esecuzio­ ne rispettivamente all'Eliseo di Roma e al Festival Internaziona le di Strasburgo. 195L.• '64 Con i l 1951 -. anno in cui Petrassi scrive, dopo un intervallo di diciauette anni dal Primo, il Secondo Concerto ­ ha inizio una serie di viaggi di lavoro, a Salisb\.1.rgo (corso e­ stivo di composizione al Mozarteum, nel '51), a Londra (dirige sue opere alla BBC, nel '52)"io America Lati~a (in veste di di­ rettore, compositore e conferenziere, nel '53), in Stati Uniti (osp{te dtonore a Boston p~r la cerimonia del "Saluto a Roma" e per la prima di ~into concerto, nel '55 e, ancora, nel '56, per 8 tenere un corso di compOS1Z10ne a Tanglewood), in Giappone (qua­ le direttore e compositore, nel '59), in Bulgaria (nel '62), in Germania (nel '62) e, successivamente, nel '64 e '65, per dirig~ re i l Magnificat e i l Quinto concerto con i Berliner Philarmoni­ ker). Parallelamente, Petrassi scrive su commissione molta musi­ ca e viene insignito di nuove cariche ed onorificenze come la presidenza, prima nazionale e poi internazionale, del SIMC, fra il '53 e il '56, la nomina a socio della Akademie der Kunste di Berlino Ovest e della Académie Royale de Belgique, nonchè quella a docente del corso di perfezionamento in composizione presso la Accademia di Santa Cecilia (lasciando, perciò, nel '59, la catt~ dra di composizione che da ormai vent'anni deteneva al Conserva­ torio di Roma). Nel '62, si sposa con la pittrice Rosetta Acerbi, coronando, anche sentimentalmente, una lunga passione per la pi! tura e per il collezionismo. Nel '63, nasce Alessandra. Sei sono i Concerti per orchestra che Petrassi scrive tra il '51 e il '64, numerati da due a sette, spina dorsale della produzione di quel periodo. Accanto, Cinque duetti per due violoncelli; cinque Non­ sense per coro a cappella (del '52, ai quali se ne aggiungerà un sesto nel '64); un Glori. in excelsis Deo per soprano, ~lauto e organo; le musiche inedite per i films Pattuglia sperduta e Cartouche; le Musiche di scena per ,"Prometeo" di Esehilo e per Lorenzaccio di De Musset; il Saluto aug~rale per orchestra, il Quartetto.per archi e la Serenata per flauto,. viola, contrabbas­ so, clavicembalo e percussione. entrambi del '58; il Trio per archi.del '59; i Suoni notturni per chitarra; il Concerto per flauto e orchestra e i Proposd'Alain per baritono e dodici ese­ cutori del '60; le Musiche per il film IICronaca familiare" e la Seconda Serenata - Trio per arpa, ehitarra e mandolinQ del '62; la Musica di ottoni del '63; le Musiche per il fil~ documentario "La porta di S. Pietro di Manzi)" e Tre per sette, "tre esecuto' ri per sette strumenti" a fiato. del 164. 1964 .•. 'IO Ormai al culmine della celebrità, Petrassi si de­ dica alla composizione, all'attività didattica e a presenziare 9 ai sempre più frequenti concerti con sue musiche. E' investi to,,' dì continue Qnoreficenze: nel '75, è nominato sccio della Akade­ della mie der KUnste di Berlino Est; nel '77, è nominato socio Ame_iQan Academy and lstitute of Arts and Lettera di New York e della Academia Nacional de Be11as Artes di Buenos Aires; nel '78, della American Academy of Arta and Sciences di Boston e del la Bayerische Akademie di MUnchen; nel '79, della Accademia di Musica Liszt Ferenc di Budapest e, nell'80, della Acadcmia dà·; Bellas Artes de San Fernando. Quanto all'insegnamento, all'Acca­ demia di Santa Cecilia-rimane fino al '74, nel '66 - '67 insegna ai corsi di perfezionamento dell'Accademia Chigiana di Siena, tut tora impa~J:isc~ qualche lezione privata. Meno numerose, rispetto agli anni precedenti, le composizioni si tuate fra i l '65 e 1"80, causa anch.e il sopraggiunto indebolì ­ mento della vista. Sono i Mottetti per la Passione per coro mi­ sto e cappella, le Musiehe per il film "La Bibbia" di John Huston, Estri per quindici esecutori, Beatitudines per basso o baritono e cinque strumenti, Ottetto di ottoni, Souff1é per flauti e un unico esecutore, Elogio per un'ombra per violino, Nunc per chi ­ tarra, !!! per flauto, ottavino (un esecutore) e c1avicemba10,Ot­ tavo concerto per orchestra (del '70 •.. ' 72, attualmentè l'u1timci), Orationes Christi per coro misto, ottoni, viole e viloncel1i, Quattro odi per quartetto,d'archi, Fanfare per tre trombe, Oh 1es beaux jours! per pianoforte, Alias ,per chitarra e clavicem- . balo, Grand septuor per clarinetto concertante, Violaso1a per viola, Flou per arpa, Romanzetta per flauto e pianoforte e Poema per archi e trombe. Il corso degli eventi lungo cui si è svolta, e tut­ tora si svolge, l'attività di Petrassici aiuta a compre!!. derne la dimensione umana e, insieme, artisti,ca. La sua 10 incessante presenza nel quadro della vita musicale con ­ , temporanea, dal '32 ad oggi, non è forse spiegabile senza tener conto del "carattere organico" (9) di natura umano-artistica sempre ape~ta una a nuove istanze. Natura innanzittùtto operosa, come la sua stessa O~~ rigine lascia supporre e come risulta dalla instancabi le abitudine al lavoro. "Dalla scoperta e pubblicazio­ ne dei quaderni di appunti di" Beethoven - scriveva Pe­ trassi nel '44 (10) -, la piU parte degli ingenui cre-" de che il musicista sia sempre in preda all'ispirazio­ ne, e che per non perdere una sola br.ici61à.'1 di tanta provvidenza abbj.a sempre pronto nelle tasche il quader no su cui notare quei temi portentosi elargitigli dall'alto. L'artista sa che tutto questo non è vero: che l'ispirazione pu~ dischiudersi per lui solo a sa pre~ zo di:grande fatica, solo dopo un estenuante lavoro di sollecitazione attiva e disperata, rifuggendo essa concedersi ai perdigiorno e ai dilettanti". di 11 Natura pronta, inoltre, a cogliere i messaggi della più incalzante attualità e ad appropriarsene critica ­ mente in quanto :f;unzionali al proprio mondo. La speri­ mentazione in se stessa, non interessa a Petrassi, nè come uomo nè come artista, anche se la sua produzione non si cristallizz~ mai in una cifra stilistica immu­ tabile, ma asseconda il divenire di uno spirito natu ­ ralmente irrequieto e ansioso 'di nuove conquiste. "Il barocco in cui credo, - egli disse una volta (11) - è un'ansia di sempre nuove esperienze •.• Mi turbano sol­ tanto le grandi riuscite delle opere d'arte. Gli rimenti non mi turbano mai"~ E spiega anche il esp~ motivo di questa sua posizione, proponendo un singolare acco­ stamento di fisico e di spirituale, che non puòchaco~ validare la tesi px:epostaal nostro capitolo: nUna del le ragioni della mia curiosità è la fame, la fame nei due sensi, in quello fisico e in quello spirituale;peE chè in gioventù non ho avuto abbastanza da mangiare 12 (sempre nei due sensi) e questo ha sviluppato in me un appetito che non si placa mai, forse perchè suscitato ancora dal timore - come nei complessi infantili - che mi venga a mancare qualche cosa. Come succede alle peE sone che da povere diventano ricche: un ricco che stato povero non sarà mai un ricco autentico, come è un ricco di tradizione". Per cui si vedrà come Petrassi, oltre a contare una chiara preparazione accademica, abbia sempre coltivato "lo studio clandestino" (12), quello che non scuole 0 conosce accademie. e che ognuno deve crescere" dentro di sè, per conto proprio, sfogliàndo libri e partiture, frequentando le sale da concerto, dimostrando continuo interesse per i fatti d'arte, riservandosi, infine, di apporre il proprio suggello critico: nella fattispecie, f?Brà il rifiuto· "del mondo dell' elettronica, la parziale accettazione del metodo seriale, la garbata polemica verso la "musica statica" di Aldo Clementi, la totale 13 negazione dei suoni multipli e delle tendenze orienta­ lizzanti, e via dicendo. In un simile contesto, il profondo senso di libera­ lità che da sempre caratterizza Petrassi assume propoE zioni più significati.ve. Ossia: le scelte che egli ra nell'attuale panorama musicale sottendono una op~ gran~ de disponibilità verso quelle da lui non condivise. trassi non può che sorridere di fronte alla p~ triste~oon statazione che "i teorici delle diverse età sono sem­ pre accomunati dalla persuasi.one che la musica del 10­ ro tempo rappresenti il periodo aureo, il culmine del­ la fioritura artistica" (13): egli non è un teorico nè intende esserlo, e non è neppure un compositore che:cr~ de di possedere la panacea della musica odierna; sapeE fettamente che ogni cosa vivente, e l'arte è vivente, muta in continuazione,. non conosce soste o periodi au­ rei, non è sclerotica, non è dogmatica, ma è continua­ eJpaziente ricerca. 14 Questa concezione risulta non solo da ogni intervi­ sta, poichè Petrassi ama insistervi partico1armente,ma anche dall'attività didattica, il cui sviluppo è intut to parallelo a quella di compositore. Oltre qua~ant'a~ ni di insegnamento, si è visto, di cui venti al Conser vatorio di Roma (dal '39 al '59) e diciassette all'Ac­ cademia di Santa Cecilia (nel '34 - '35 e dal '59 al '74), senza contare i diversi corsi straordinari a Sa­ 1isburgo, Tang1ewood e Siena. La testimonianza più pr2 bante è quella dei suoi allievi. Ce 10 descrivono tut­ ti come uomo estremamente corretto, attento a non cal­ pestare le loro specificità umane' e artistiche, a for­ nirli dei mezzi tecnici necessari perchè sappiano scernere "soprattutto ciò che di­ non si deve fare •••• La formazione técnièa in che cosa consiste? Prima di tut­ to nell'avere coscienza della storia della propria ar­ te, e in secondo luogo nel sunteggiare dalla storia del l'àrte il comportamento dei vari artisti, in che modo 15 hanno lavorato per arrivare dove sono pare ~he Mi ~rrivati... la base tecnica si identifichi con la cono scenza e l'informazione" (14) Di fatto, i suoi allievi - che, per limitarci a quelli italiani, vanno da Aldo Clementi a Boris Porena, a Domenico Guaccerd, a Marcello Panni ••• - vivono esp!:.,­ rienze musicali talmente diverse, da confermare "la conoscenza e l'informazione" petrassiane sono punto di partenza di mille possibilit~ che il artistiche, ma­ gari non sempre condivise dal maestro, ma comunque da lui accettate nel rispetto delle varie esigenze. Lo di ce chiaramente Domenico Guaccero, in un saggio intito­ lato "Petrassi: l'empirismo illuminato della didattica contemporanea" (15): "Petrassi ••• non ha mai formulato un proprio "metodo" trasmissiblle e codiflcabile, visto subj.to il lato dogmatico della dedecafonia ha come tecnica e non lo ha assolutizzato in sistema e in si ­ stema "didattizzabile" ••• Ancor più -decisamente avver 16 so si è' .mostrato di anno in anno ••• rigua.rdo al ten­ tativo hindemithiano di conciliare antistoricamente lo antico e il moderno •••• La "lezione" non è tanto e sol tanto quella in cui il Maestro consiglia su un procedi mento tecnico o "corregge" un lavoro, ma è quella Petrassi ascoltato 'al concerto, che si puO seguire del o criticare, che chiama un'adesione o indica addirittura una strada diversa". Petrassi stesso, d'altra pa.rte, afferma che "una delle (sue) prime frasi ••• agli studenti è di non cre­ dere mai al cento per cento (a ciO che egli dice) ". (16) E precisa: "Uno dei consigli che ~i possono dare al giovane compositore è ••• quello di "filtrare" il mate­ riale che si ha a disposizione, perchè sarà lui, in ul tima analisi, a scegliere quello che gli necessità! di adoperare e ciO che è superfluo per le sue idee, e che perciO rifiuta". Per parte sua, Petrassi non condivide il mondo dell'elettronica, non foss'altro perchè lo 17 sente estraneo a sè, ma questo non significa che quel mondo non possa essere condiviso legittimamente da al­ tri, non esclusi i suoi allievi. "I suoal. multipli ••• non li ho mai adoperati, e probél.bilmente neanche 11. a­ doperera mai. Ma questo non significa che io non consi gli a tutti gli studenti di prendere il trattato Bartolozzi e di studiarselo, perchè rappresenta di unap~ spettiva più ampia, e se loro ritengono di dover usare quei suoni multipli devono essere in grado di sapere qual è il risultato, come si formano, e quindi hanno bisogno di una guida. Ma a me non interessano". (17) Occorre, a questo punto, rileyare ancora un aspetto della personalità di Petrassi: il grande amore per pittura e il collezionismo. Petrassi acquistò i la primi quadri nel '38, quando era sovrintendente al Teatro La Fenice di Venezia. La scelta cadeva sintomaticamente su autori italiani contemporanei, alcuni dei quali ai 10­ ro esordi. E, difatti, la collezione petrassiana è inaU ..... 18 .gurata da una natura morta di Giuseppe Santomaso, al­ lora agli inizi della carriera artistica, cui opere di Carrà, De P~sis, seguono Morandi, Martini, Manzù, ni ••• Poi decisivo, nel '51, l'acquisto dì. due Vi~ qua­ dri di Burri, la cui "influenza mediata" - com'ebbe dire lo stesso Petr~ssi (18) - lo incoraggia a a "fare un salto" e a superare "certe remare morali". Dai gio­ vanili entusiasmi per la pittura espressionistica ita­ liana, Petrassi si interessa, quindi, sempre più alle recenti avanguardie, completando la propria collezione con tele di Afro, Capogrossi, Turcato, Valenti,Dova ••• e con opere di artisti stranieri,come Dubuffet, Ma­ thieu, Serpan, Twombly, Feito. Restano, tuttavia, estranee alla _ collez ione le opere del Neocubismo e,in genere,di ogni forma pittori ca che si basi su schematismi a suo parere troppo rigi di e costrittivi. "Le sicurezze formali preVf!ntive spiega Petrassi - ... sono contro la mia natura. Per 19 questo la geometrizzazione di certi quadri. idi Villon a di certi quadri anche di Severini è una cosa che mi mette in sospetto" (19). Il vivo interesse che da sempre gli dimostra per i fatti d'arte, siano essi e­ relativi all'arte dei suoni o a quella figurativa, è conferma di una notevole "capacità soloniana di apprendere, appassionarsi a tutto, di non limitare la propria di cult~ ra e le proprie reazioni artist.iche e intellettuali al settore in cui si è specializzati •.• Nessuno è meno provinciale di quest'uomo di estrazione contadina e di formazione e tradizione schiettamente italiane" (20) •. Questa molteplicità di interessi obbedisce a una chiara concezione di autonomia delle arti. Il musici ­ sta; secondo Petrassi, deve essere un assiduo freque~ tatore non solo delle sale da concerto, ma di qualun ­ que ambiente in cui si pratichi l'arte, anche se sto non lo deve indurre ad illusorie alchimie, in que­ cui una forma d'arte venga asservita a un'altra,compromet­ 20 tendone l'indipendenza. "Ho avuto sempre il sospetto ­ asserisce in un'intervista (21) - che l'unione delle arti ipotizzata per esempio da Wagner fosse qualcosa che potesse scivolare nel dilettantesco, perchè imreal tà che cosa significava? Significava unire delle arti e fissarle in un momento di gusto di stile che poi sa­ rebbe stato del tutto travolto dai momenti successivi • •• Se Wagner avesse potuto realizzare la sua idea con­ temporaneamente con le arti che lui riteneva affini, conglobandole nel suo dramma, noi avremmo avuto si una rievocazione di quello che poteva essere il gusto e lo stile di quel momento, di quell'epoca, però del tutto inutilizzabile oggi. Per questo io rispetto l':autono ­ mia delle arti, perchè la musica, in quanto arte auto­ noma, prosegue il suo cammino nel tempo, la. pittura lo stesso, e cosi le altre arti ••• La musica di Wagner, (per parte sua), - precisa ancora petrassi - nonostan­ te le sue teorie, ••• è assolutamente autonoma.... Il 21 mi bemolle dell'Oro del Reno è un fatto puramente musi cale". 22 2. "Rapporti di dare e di avere ti • Il mutevole periodo storico e artistico lungo cui si è svolta l'attivitA creativa d.;t l?etrassi ha imposto agli artisti scelte quanto mai precise, attente a una situazione di. continui cambiamenti. "I miei rap­ porti con l'avanguardia - egli afferma (22) - sono di dare e di avere: credo forse di aver contribuito a dare qualche cosa e di aver ricevuto, qualche cosa".Che cosa intende Petrassi per avanguardia? E' chiaro, si osserv~ se che il termmne è da lui accostato à espres­ sioni quali "musica come scoperta", "senso di rivolta contro la situazione stabilizzata", "senso critico", "curiositA per la ricerca" ••• (23). Ma, in realtA, egli non ama questo te.rmine; piuttosto, preferisce sottoli­ neare la continuitA del cammino musicale, senza indul­ gere in terminologie che ritiene sospette. "Dico avan­ guardia, ma direi più. . volentieri giovani". (24) Per 23 Petrassi, avanguardia non è sinonimo di evoluzione:qu~ st'ultimo termine, in campo artistico, bisognerebbe zi eliminarlo; l'avanguardia è un rinnovamento a~ senza sosta, è il rincalzo delle nuove forze, è la curiosità e la ricerca. "lo parlo sempre di mutazione e non di evoluzione. Evoluzi'one significa non riconoscere quel­ lo di ieri per riconoscersi in quello di domani. La mu tazione, inv.ece, è una continuazione" (25). In sostan­ za, egli propone di sostituire il termine Uavanguardia" con quello di "mutazione". Un altro punto sembra interessante~ Se il rapporto di Petrassi con la mutazione è un costante e vigilerae porto di dare e di avere, il problema della sua attua­ lità artistica si pone necessariamente in primo piano; anche se, naturalmente, non ogni nuovo portato della scienza e della tecnologia, dell'arte e della cultura in genere, dovrà essere condiviso e sentito obbligato­ riamente come proprio. Anzi, quando chiesi a Petrassi 24· che cosa significasse per lui "essere attuale" e cosa "essere alla moda", egli rispose (26): IILa che moda, mi pare, è un modo di indulgere a certi atteggiamenti stravaganti ••• La moda cosa ?ignifica? Andare vestito o comportarsi secondo l'ultimo dettato di qualcuno.Non è proprio la mass-media, ma diventa una mass-media,peE ché tutti seguono questa moda .•. Ora,da questa biso ­ gna astenersi ••• L'attualità è una cosa un po' diversa. L'attualità è nel mondo in cui vivia~o e (in) tutte le proposte che ci vengono dal mondo, ma non in quelle che ci vengono dalla moda, ma dalla scienza, per esem­ pio. Le proposte della scienza, c~rto, sono proposte attuali, perchè non era possibile averle fatte ieri. Ma di queste proposte, noi quante ne possiamo assume ­ re? •. Di quanta parte noi ci possiamo nutrire e qua~ to dobbiamo rifiutare?" • Ci si chiede,ora, che cosa Petrassi abbia dato e che cosa ricevuto da tanti mutevoli fenomeni artistici.Per 25 questo, bisogna distinguere due momenti nella sua pro­ duzione, uno antecedente al 1951 e l'altro successivo. Dapprima, Petrassi si trova ad operare in una situazio ne storica, quella italiana fra le due grandi guerre , in cui la letteratura artistica è irregimentata secon­ do un forte spirito' nazionalistico e le iniziative per sonali sono "oggettivamente impedite" (27). In questo periodo, egli tenta di unire alla rigida formazione del Conservatorio la conoscenza e lo studio della musica d'oltralpe, adoperandosi nella ricerca e nell'analisi di nuove partiture. Viene agevolato dal lavoro di com­ messo nel negozio musicale Grandi, (dove rimane all'età di trent'anni), dai rapporti amichevoli e sino di lavoro con un artista cosmopolita come Alfredo Casella (al riguardo, ricordiamo il carteggio intercorso fra i due musicisti, di cui ci dà un saggio ragionato Clau dio Annibal~~ (28»), dai viaggi all'estero (il primo dei quali risale al '33, nei Paesi Bassi e in Germania) e, 26 alla base di tutto, da un'insaziabile curiosità per o­ gni evento artistico. Per l'esattezza, c'è da osservare che l'Italia fa­ scista, nonostante la censura del regime, non era del tutto isolata dall'arte e dalla cultura europee,tant'è che Petrassi rammenta di aver presenziato, all'Augusteo di Roma nel '33, a un'esecuzione della suite dal~~zeCk e , qualche anno dopo, alla prima veneziana .•. di Wein ~i Der Alban Berg. CosI, di Schonberg - per rimanere nell'ambito della Scuola di Vienna, a quell'epoca qua­ si ignota.~nella sua stessa città (29) - egli conosceva perfettamente il pierrot Lunalre ~ diverse altre opere. Nonostante fosse informato di cultura essenzialmente i taliana, che nella musica di allora si traduceva nei nomi di Pizzetti, Respighi, Malipiero e, in parte alme no, Casella (la "generazione dell'Ottanta" di cui par­ la Massimo Mila nella su a "Breve storia della ca" (30)), Petrassi provO un immediato interesse musi­ per 27 quello che poteva considerarsi il "tabù mitteleuropeo" della Scuola di Vienna. Interesse, e non attiva partecipazione. Negli anni '30 - '40, Petrassi non rinnega, infatti ,nèt,forse in quel:. la contingenza storica lo avrebbe potuto, la propria formazione "italiana". Dai musicisti della "generazio­ ne dell'Ottanta" egli assume due stilemi specifici: il gusto per l'arcaismo italiano e la tendenza a una qua­ , ~ lità sonora turgida e magniloquente. Quanto al gusto per l'arcaismo itallàno, questo si risolve, nel primo Petrassi, nel parziale recupero della melopea gregoria na e del suo diatonismo, nella fr~quente adozione più elementare contrappunto medievale,procedente del per quarte e quinte parallele,e nel singolare accostamento a questo dei ricordi gia.vanili, . naturalmente vissuti con altra maturità e preparazione, del fanciul lo cantore pratico di polifonte vocali del Quattro-Ci!!, quecento (si vedano, soprattutto, i grandi affreschi 28 sinfonico-corali, cioè il Salmo IX e il Magnificat) • Mentre il secondo stilema ci riporta chiaramente a vori come la Partita e il Concerto per orchestra, la ca­ ratterizzati da quelle sonorità carnose ed esultanti su cui molto insistettero Lele D'Amico e Gianandrea Gavazzeni, quest'ultimo sortendo la famosa formula del Petrassi "cattolico romano, controriformista e baroc:"~ co". (31) Date le indiscutibili ascendenze italiane,che otte~ nero a Petrassi anche lusinghieri apprezzamenti da pa!, te della critica nazionale dell'epoca, resterebbero, tuttavia,inspiegabili i ben pin numerosi deprezzamenti, se non si tenesse conto delle molteplici influenze stra niere. Citiamone alcuni. "Senza dubblo, il Petrassi un musicista ben preparato; ma non bisogna è lasciarsi attrarre dalla padronanza tecnica ••• Da questa "Parti­ ta" appare che al Petrassi non solo .non è dato di rag­ giungere uno stile, la ~~al cosa non si puO pretendere 29 da un principiante, ma non si comprende dove egli miri e quale possa essere la. sostanza spirituale del suo o­ rientamento. Chissà; può darsi che anche questa assen­ za di çentralità creativa, capace di suscitare una fOE· ma che vive soltanto di uno schema astratto, che cert~ ni invocano come una salvezza per la nuova musica ita­ liana, e della quale molti si sono beati, ammirando il lavoro del Petrassi, può darsi che questa ancora sia la tal cosa che noi non comprendi.amo e che comunernent.e si dice neo-classicismo" (32). "Petrassi si sente mai sicuro delle posizioni raggiunte,è padrone or­ assol~ to della propria tecnica, per la c:onquista della quale non si stanca mai, ed a ragione, di rendere omaggio a Casella; ma attento però al pericolo, che noi sincera­ mente rileviamo, di cadere nell'accademia della falsa modernità, attento al facile e dilettevole gusto clas­ sicheggiante" (33). "Goffredo l?etrassi ••• ha cercato di rievocare con l'asprezza primitiva dell'espressione 30 l'acceso fervore religioso, il geloso esclusivismo, la esaltazione che erano alle radici del popolo che rite­ neva se stesso l'eletto del Signore. E siccome tali ~~ timenti non fanno parte dell' equilibrio e della mode­ razione latina, il compositore ha dovuto cercarne l'e­ sempio altrove" (34). "Che questa musica sia piacevole credo difficile poter affermare. Va, quindi, messa fra quella "interessante" che, precipitata d'oltre alpe nel periodo soprattutto dell'immediato dopoguerra, si è adagiata comodamente da noi" (35). E, infine, la stroncatura più significativa, anche se, o proprio per chè, poco obbiettiva e poco lungimirante per quel se~bra che a noi, che valutiamo cinquant'anni dopo: " ••••. nei primi due tempi della Partita costui s'attacca da disperato agli ultimi capintesta Hindemith e Stravin ­ sk;i.j e alle querule stramberie del jazze (sic 1) negro", (36} • E' un fatto che, nella musica del primo Petrassi,a~ 31 canto ad aspetti tipicamente italiani, ne compaiano al tri quasi del tutto inediti nella contemporanea produ­ zione nazionale, se si eccettuano gli illustri casi di Alfredo Casella e di Luigi Dallapiccola. La ferrata tecnica di orchestratore, l'incisività dei ritmi, la neutralizzazione di' ogni forma di "verbalismo temati COli (37) e la simpatia normalmente. accordata al con­ trappunto sono elementi su cui poggia da sempre il lin guaggio di Petrassi e che esulano, propriamente, dal­ la tradizione italiana. "I miei musicisti italiani egli sostiene, riferendosi agli anni '30 (38) Casella e Malipiero, i quali (per~) erano gravitavano l'area europea ••• ". Soprattutto Casella, tramite nel­ la cui "azione neoclassica di rappel à l'ordre" (39), pe­ trassi potè accostarsi con buona disposizione alla mu­ sica di Paul Hindemith:"e di Igor Strav-tnskij, che era­ no anche "i musicisti stranieri che più, correvano, se non ancora nei conservatori, ..... nella' normalità degli 32 addetti ai lavori ••• Poi naturalmente'a distanz~ c'era no anche Honegger e Milhaud e i francesi". (40) Di Hindemith, egli ebbe in giovinezza come un'infa­ tuazionee potè, oltre che studiarne attentamente le partiture, ascoltarlo dirigere proprie composizioni al l'Augusteo di Roma.' La "Ouverture" da Neues Vom Tage ~ 29) fu una pietra miliare nell'esperienza artistica di Pe­ trassi e i l~vori di Hindemith che da Cardillac ('26) vanno a Mathis der Maler ('38), non escluse ed anzi in · l e j . < posizione preminente le Kammermusiken, sono da conside rarsi fra i poli attrattivi più consistenti dell'ispi­ razione petrassiana. Lo riscontri~o nel rigore _ con­ trappuntistico delle prime composizioni, nella disin ­ voItura con cui tratta gli strumenti e la ne strumentale, nella costante cent~i di attrazione tonale - pu r eludendo, nella sostanza, il tradizionale sistema della presenz~ tonalit~-, di conce~tazio~ nella cura per i valori formali e architettonici, nella rude schemati 33 citA ritmica ••. La Ouverture da concerto, in partico1a re, risente di tutto questo e, con essa, la Partita,i1 Concerto per orchestra e, in misura minore, le due op~' re sinfonico-corali. Queste ultime, piuttosto, risentono con maggior evi denza dell' influsso stravinskj,ano, vivo e operante in Petrassi a partire dal '33, anno in cui egli assistet­ te all'esecuzione romana de11'Oedipus Rex diretto da Casella. Chi, nella Partita del '32, ravvede l'ombra di Stravinskij, avverte Petrassi (41), sbaglia, poichè ~ solo negli anni del Salmo IX che questi, per altro con estrema consapevolezza da parte dell'autore, divie ne presenza determinante nella sua musica, dapprima in maniera eclatante, poi sempre meno decisiva. L'ossessi va ripetitività ritmica, la rigida asciuttezza melodi­ ca (specie nel Salmo IX), espedientt tecnici come le note ribattute o il pedale armonico, gli amalgami tim­ ~ric~,~"~e sembrano r iproporre l' Oedipus o la Symphonie 34 de Psaumes, il ricalco quasi letterale di melodie e di ritmi stravinskiani sono motivi ricorrenti nel Petras­ si degli anni '30 e '40. Ora, è essenzialmente nell'a­ scendenza a Hindemith e a Stravinskij che sta il neo ­ classicismo ravvisato dai detrattori di Petrassi so­ pra citati. Pierre Boulez, in un saggio del '57 pubblicato su "La Revue Music.ale" (42), afferma che se "da una parte Stravinskij faceva evolvere il ritmo con principistru~ turali, del tutto nuovi, fondati. sulla dissinunetria, sUll'indi-pendenza e lo sviluppo stesso delle cellule ritmiche ••• dove i procedimenti intorno a poli molto elementari daranno al vocabolario una forza inusitata • •• d'altra parte, a Vienna, nella stessa epoca: si formava un nuovo linguaggio, pazientemente, con p~rec- chie tappe; dapprima dissoluzione delle attrazioni to­ nal1 - procedimento contrario a quello di Stravinsklj-, in seguito ~ltratematizzazione funzionale, che doveva 35 giungere alla scoperta della serie, serie sfruttata in sensi molto diversi da Schonbex-g, Berg e Webern". Se si vuole accettare questa schematizzazione, forse un po' troppo sicura di se stessa, la posizione di trassi è, prima degli anni '50, nettamente a Pe­ favore di Stravinskij, mentre della Scuola di Vienna egli ac­ coglie il gusto per il contrappunto, già del resto mu­ tuato da Hindertiith" rifiuta.ndo perentoriamente il pri!!. cipio della seria1ità e il conseguente riba1tamento del sistema tona1e. Certo, specie nei lavori antecedenti alla Partita del '32, sono ravvisabi1i diversi spunti de11'atona1ismo viennese, ma qui il ter.mine da usarsi è, appunto, lI a tona1ismo 1l , non già IIdodecafonia ll o ria1ità ll (si osservi,fra l'altro, il costante 1I impiego degli intervalli armonici di tritano, di settima e nona, nonchè il generale clima espressionistico due liriche Colori del tempo del '31).' Senza se ­ di delle contare che assai poco di queste tracce rimarrà nei lavori se­ 36 guenti. Se proprio Petrassi dovesse esprimere un giudizio sulla Scuola di Vienna, giudizio che ancor oggi rimane per lui inalterato, egli por.rebbe al vertice delle pr~ ferenze Alban Berg, in posizione secondaria Anton We­ bern e, senz'altro ~ll'ultimo posto, Arnold Schonberg. Non è difficile intuirne le ragioni: Berg è il musici­ sta viennese che ~a vissuto piu emotivamente l'espe rienza prima atonale e poi dodecafonica, Webern, inve­ ce, ne ha rivelati i corollari e gli estremi sviluppi sul piano formale e tecnico - e vista da questo punto di , e, senza dubbio, il più interessante dei tre -, mentre Schonberg, il codificatore del sistema dodecaf~ nico, gli è sempre apparso "come un profeta che, così come Cristo nel Giudizio Universale di Michelangelo, e leva i buoni e condanna i cattivi". (43) Eppure,a partire dagli anni '50, qualcosa accade in Petrassi che lo proietta in una nuova dimensione, di­ 37 stogliendolo radicalmente dagli influssi italiani di Casella e di Malipiero,e, per molti aspetti almeno, da quelli neoclassici di Hinde~ith e di Stravinskij. Se~ bra anzi che, in concomitanza con i primi grandi vlag­ gi all'estero (che dal '51 si susseguono a tutt'oggi ininterrottamente) e con la mutata situazione pebliti ca in Italia, Petrassi si apra alle tendenze finora contraddette. Dopo le opere sinfonico-c,orali, il Salmo IX e il Magnificat, gli anni '40 segnano il progredi­ re di una crisi di linguaggio che si inaugura con Coro di Mort! ('40-'41) e, passando attraverso i due ballet ti La Follia di Orlando ("42- ' 43) e Ritratto di Don fhisciotte (145), tocca il culmine nella tragedia Mor­ te dell'aria e nella cantata Noche oscura (anni 149 ••• '51). A questo punto, la frattura vera e propria: con Terzo concerto ('52), Petrassi si accosta alla tecnica dodecafonica. - <./;..tI~\ dJ C(t Il fatto puO apparire sconcertante. Molti suoi esti 38 matori di un tempo, i;errna restando l'amicizia sul piano umano, non riconoscono più la recente produzione .. pe­ trassiana. L'esempio più illustre, i;orse,è quello di Gianandrea Gavazzeni. (44): uInfine ne IILa musica e il teatro" del '47 l'ultimo mio scritto critico su Petras si: La follia di Orlando e il Don Chisciotte. Da allo­ ra, nessun' altra possibilità cri.tica ••• Petrassi è mu­ tato troppo nel suo lavoro compositivo (vedi però cosa significa differenza fra generazioni: l'altra sera du­ rante una cena, Carlo e Luigi Pestalozza, Fellegara, Manzoni, sostenevano che in fondo non c'è stacco, omol to meno di quanto si. creda, tra i~ Petrassi giovane e l'odierno; ed io invece convinto del contrario •• J1tro,2 po diverso, per non dover dar luogo anche a un mutame~ to critico. Muta la critica e mutano gli strumenti che le son necessari. Non soltanto ad ogni generazione la sua critica; ma ad ogni mutamento dello stesso artista la propria critica, diversa ••• E però - prosegue Gavaz 39 zani - Petrassi possiede, per certi amici, per me,l'o­ limpica indifferenza apparente che è segno invece di profondo legame umano. Non sorge nessuna ombra se gli dico che non capisco e non amo la musica che compone oggi". L'adozione, nel 152, della tecnica dodecafonica non è, però, che l'esito ultimo è' più appariscente di una mutazione linguistica i cli! termini principali consi ­ stono altrove. E poi, non è un'accettazione incondi zionata, ma, al contrario, personale e conforme allo spirito antidogmatico e di ferma indipendenza artisti­ ca di Petrassi. Il quale non si preoccupa di corrispo~ dere esattamente ai canoni schOnberghiani; per lui, la serie è un pretesto costruttivo di cui il compositore si avvale nella misura che più gli garba; non crede neppure che, nella maggioranza dei casi, la successio­ ne seriale stabilita e , tanto più, gli svariati artif! ci contrappuntistici cui è soggetta.possano avere un 40 chiaro riscontro auditivo da parte dell'ascoltatore(45)r gli intervalli di terza, cosI tipJ.ci e ricorrenti la musica tonale, non rappresentano alcuna nel interdizio~ ne nei lavori seriali di Petrassi; i fraromenti di rie, le libere se­ iterazioni di suoni appartenenti alla serie, l'impiego costante delle tradizionali "note e­ stranee all'armonia (note di vqlta e di passaggio, no­ te sfuggite, anticipazioni, appoggiature etc.) elementi di eccezione che non confermano, in sono realtà, nessuna regola opposta. Ma i termini principali della mutazione linguistica di cui si ~ detto, che sono poi qùelli che veramente hanno determinato le nuove posizioni critiche di ~i e altre analoghe, stanno soprattutto Gava~ nel supera­ mento dell'esultanza romana dei primi anni e nell'as ­ sunzione di una nuova economia d.i linguaggio. Già Coro di Morti ('40 - '41), la timbrica emana in nuove suggestioni, una timbrica più accorta ed essenziale, 41 più aderente ai contenuti umani proposti dall'autore. Nei due balletti successivi (' 42 ••• '45), non solo timbrica la è investita di questa nuova essenzializzazio­ ne, ma anche le microstrutture compositive. Viene,cioè, neutralizzato ogni carattere tematico e di sviluppo t~ matico, in favore déll'adozione di "cellule organiche in sA ricorrenti" - l'espressione A dello stesso Pe­ trassi (46) -, che determinano i parametri timbrico,me lodico e ritmico. Per ora, si tratta di veri e propri incisi, secondo la terminologia tradizionale, che val­ gono a caratterizzare un particolare momento o un sin­ golo personaggio, sia esso Orlando (inciso esposto da­ gli ottoni la prima volta alle misure 45-46) o Angeli­ ca (inciso esposto dal flauto a miss. 105-106). Col tempo, questi incisi si scarnificano e si riducono numericaII'.ente nell' arnbtto di un medesimo lavoro, come accade nei cast. limite della tragedia Morte dell'aria ('49) e della cantata Noche Oscura ('51), dove gli 42 incisi portanti dell'intera composizione sono rispett! vamente due e uno. In Noche Oscura, si tratta di un semplice tetracordo, una sequenza isoritmica diquat­ tro note a intervalli definiti che viene costantemente iterata rappresentando l'" idea fissa Il che organizza tu,:!: to il lavoro. Si~~o ormai lontani da quella che Marvin Allen wolf .thal, in un saggio su Elliot Carter, compositore sta­ tunitense molto caro a Petrassl e del quale si avrà occasione di parlare in seguito, chiamò "sostanziale ~ quivalenza della frase brahmsiana a quella schonberghia na ll (47). Petrassi, come non crede che oggigiorno si possa ancora scrivere, se non anacronisticamente, musi ca con la "regola dell'ottava" (48), così. ri.tiene i­ nattuale il ricalco della struttura di linguaggio set­ te-ottocentesca. Schonberg, e la dodecafonia calata nel discorso schonberghiano: non lo riguardano, sia perchè assumono toni per lui troppo perentori e pontificiali, 43 sia perchè ribaltano totalmente il sistema della tona-= lità l senza però toccare minimamente il piano forma­ le. Neppure negli anni trenua, Petrassi scrisse Temi con variazioni, o Sonate (nel senso classico - romanti co del termine), o Rondò, o Sinfonie e, se in un primo tempo accettò la "regola dell'ottava", dagli anni '50 in poi praticamente la evitò del tutto. Elliot Carter, in "The Ne·...r Ancients and the Old Mo­ derns", scrive (49): liMi colpi ••• il fatto che, malgr~ do la novità e la varietà del vocabolario musicale EOst­ -tona~~, molte opere moderne "andassero avanti" modo generalmente fin troppo uniforme. Mi in sembrava,c~ che benchè si fosse udito ogni immaginabile tipo di combinazioni di armonie e di timbri, e benchè ci fosse stata una certa innovazione ritmica a livello locale , in particolare nella musica di StraVinskij, Bart6k, Va rèse e Ives, ciononostante il modo in cui tutto ciò veniva combinato ai livelli ritmici pia alti immediata 44 mente successivi e a quelli ulteriori rimaneva nell'or 'bita di quella che mi appartva la routine ritmica, al­ quanto limitata, della musica occidentale pr~cedente Questo ••• mi indusse a consultare tutti i metodi .• dipr~ sentazione e di continuazione che mi erano famigliari, tutta la cosiddetta logic rl musicale, fondata sull'af ­ fermazione dei temi e sul loro sviluppo ••. Mi apparve allora evidente che il discorso musicale richiedeva un ripenàamento tanto accurato quanto quello che aveva su bito l'armonia all'inizio del secolo". PetraS'!li mutua,"queste stesse posizioni"facendole criticamente proprie, da un f at.tent.a osservazione dei fatti musicali contemporanei. La fine degli anni 140 e tutti gli anni 150 assistono alla rivalutazione della tecnica puntillistica weberniana, intesa, assai più della serialità di schonberq e di Berg,. come il trami­ te verso la più recente avanguardia; si parla, ora, di serializzazione dei diversi parametri del suono,dl dis - . 45 soluzione non solo dei nesst tonali, cosa ormai vec­ chia di decenni, ma anche e soprattutto di quelli tema tici e formali; si sostituisce il concetto di "tensio­ ne" a quello di "forma"; i. suoni vengonoJarticolati s!:, condo giustapposizioni che, abolendo la tradizionale funzione accordale" valgono per la loro "intrinseca qua lità sonora ••• considerando il fenomeno acustico come primordiale" (50); si tende a superare lo storico arti ficio del temperamento equabile, a ricercare una nuova fisicità del suono, facendo capo al mondo inesplorato dell'elettronica e a un nuovo impiego delle risorse tecniche ed espressive della voce e degli strumenti del la tradizione. Ora, non c'è fenomeno tra questi. che Petrassi ab­ bia ignorato, operando cosI una sintesi progressiva e personale. Egli non ha accolto che in superficie il principia della serializzazione integràle proposto da Webern e dai post-weberniani, ma, a partire dalla 1n­ 46 venzione concertata ('56-'57) e dal Quartetto per ar­ chi (' 58), gli ultimi vaghi riferimenti. tematici cedo­ no a un sempre crescente astrattismo figurativo, in cui la matrice weberniana, sfrondata del proprio geome trico rigore, è subito riscontrabile. I parametri del­ l'intensità e del timbro sono valorizzati, il primo, dalle meticolose annotazioni del compositore, che ri­ chiede spesso contrasti repentini, e, il secondo, dal progredito impiego degli strumenti trattati solisticamen te e nella compagine orchestrale. Già nelle prime opere,tame. ebbero a rilevare Massi­ mo Mila (51) e molti altri critici, si denota unU1l.stin tiva proprietà strumentale" e una grande "maestria del la tecnica orchestrale". Ora, Petrassi conduce alle e­ streme conseguenze questa naturale propensione e sonda ogni "'riposta soluzione tecnica ed espressiva. "Riten­ go che con un organico il più normale possibile si può fare ancora della musica, anche la più anormale possi­ 47 bile - dichiarò nel 166, in un'intervista a Mario Bor­ tolotto (52) -. Evidentemente, questa mia è una posi ­ zione che tende a superare il ~ezzo in sè per ritrova­ re un dato ambiente sonoro. Cosl, il suono... (della mia) orchestra non mi pare tradizionale nè convenziona le". E aggiungeva, a proposito del recente lavoro Tre eer· sette (' 64): "Tre esecutori per sette strumenti; flauto, ottavino, flauto in sol; oboe, corno inglese; clarinetto, clarinetto piccolo. E' un lavore abbastan­ za virtuosistico: un certo mode di fare musicale è qui funzionalizzato per questi sette strumenti. La possib! lità di cambiare timbro in un ambito ristretto (una d~ cina di minuti) era allettante. Queste ri.cerche stru ­ mentali seguitano ad interessarmi •.•.~nche le masse del Settimo concerto si presentano lucide e sgra$sate. Non vi è nà accumulazione nè spersonalizzazione dei timbri, ma una collocazione timbrica. precisa •.• La mia filiazione neoclassica ha lasciato tracce, non nella 48 nè tantomeno nei "ritorni", ma nella purezza In questo universo petrassiano, non c'è posto, fin~ atmeno, per l'elettronica e per le rivoluzionarie ~ sperienze di Darmstadt. Intanto, Petrassi ritiene che tutt'oggi sia viva e determinante la scissione tra cuI umanistica e cultura scientifica, simpatizzando per la pima piuttosto che per la seconda; è inol­ la risposta che diede elegantemente a Maderna a tenere i corsi estivi di composi­ ziane a Darmstadt, e cioè di non voler "fare il Danie­ le nella fossa dei leoni" (53). Ma l'affermazione più significativa sta, forse, in un colloquio che egli eb­ be con Leonardo Pinzuati nel '68 (54): I~ ••• a me per­ verrebbe mai in testa - disse in quella usare ••• un mezzo elettronico~ Nè tanto mi passa per la mente di cercar di ottenere effet con altri mezzi .•• La musica elettro ­ e la musica Utradizionale" sono due mondi diver­ 49 si; e io d'altra parte sono convinto che si possa scri vere della musica anormale con mezzi normali, anche se sono curioso di tutte le possibilità che vengono of ferte, talvolta in modo perfino grandioso, dai giovani che usano i mezzi elettronici". Quanto all' "anno iero n prospettato dagli eversori di Darmstadt, Petrassi non ritiene che il 1950 debbaes sere rivestito di una tale importanza e sembra sorride re di fronte all'ardore di neofiti che contraddistin ­ gue musicisti come Pousseur e altri. Si è già visto come egli preferisca il termine "mutazione" a quello di "evoluzione", poichè "evoluzione significa non rico noscere quello di ieri per riconoscersi in quello domani" (55). Il fatto è che non potrà mai condo Petrassi, un n di esistere,s~ anno zero" nè in musica nè in al­ tro: "La musica è stata è sarà, e fra qualche anno ve­ dremo che. anche il 1950 sarà stato soltanto un'indica­ zione, allo stesso modo dell'anno del Sacre du printem­ so l?!. Il Sacre fu senza dubblo l'opera di un eyersore,ma noi vediamo adesso ccme anch'essa si sia collegata ad un tutto ••• CosI anche gli eversori del 1950 si vedrà, in futuro, che non sono stati cosI eversori". (56) La concezione storicistica di Petrassi trova il com piuto riscontro nelle sue opere, dove, nonostante qual che ingannevole apparenza, è possibile seguire una li­ nea progressiva di crescita o, meglio, di mutazione. BII cammino di Goffredo Petrassi" è il significativo titolo di un saggio di Mario Bortolotto (57): anche la crisi degli anni '40 - '50 assume un senso preciso e non contradditorio all'interno della sua produzione.ln sostanza, come egli stesso suggerisce, Petrassi non ha mai rinnegato il barocchismo dei primi anni - in­ tendendo per "barocco" "una categoria dello spirito ••• di sempre nuove esperienze" (58) -, e il neo­ classicismo di. Hindemith e di Stravinskij continua,tut tora, ad operare in lui, determinando, ancor pia che 51 negli anni giovanili, una essenzialità di scrittura, che è indice di quel michelangiolesco "toglier via", frutto di paziente lavoro e di maturazione. C'è chi, raggiunta una definita cifra stilistica, vi si adagia e si ritiene soddisfatto; Petrassi, invece, sembra non volere mai ripeters~ e sostiene che ogni brano musica­ le possiede una propria forma e che oggi non esistono più forme preconizzate e "formelle", vecchie o nuove che siano, in cui calare i contenuti; è l'artista mede simo ad essere regola a se stesso, con la propria cul­ tura, la propria intelligenza, la propria capacità scelta; e però la scelta, per Petrassi almeno, è pre collocata su una specifica traiettoria, è anzi di sem­ la scelta stessa di quella traiettoria,con i suoi implic! ti sviluppi e le sue mutazioni. 52 3. Introduzione agli otto Concerti C'è un filo che percorre ininterrotto la produzione di Goffredo Petrassi: i Concerti per orchestra. Finora in numero di otto, sono stati composti nei diversi pe­ X'iodi della sua attività creativa, della quale possono, in certo senso, considerarsi la "Magna Charta" di più agevole consultazione: non esiste, infatti, nella pro­ duzione petrassiana, un gruppo di lavori altrettanto organico che la abbracci interamente dagl~ anni '30 ad oggi. Se si eccettua l'impiego della voce umana, pure larga parte ha in molti altri lavori, i che Concerti per orchestra ci permettono di consultare tutti gli aspetti della tecnica compositiva di Petrassi, seguen­ done passo a passo il divenire. C'è,anzi, chi fa·. di --~".- questi lavori il "clou" della sua produzione e uno dei massimi punto di riferimento della musica contempora ­ nea: " ••• i Concerti per orchestra ••• collocano Petras 53 si, ora che Stavinskij non c'è più, nella posizione di massimo compositore contemporaneo" (59). Ma limitj.a:qtQ­ ci a considerazioni il più possibile obiettive. Ciò che emerge dai dati è, innanzittutto, una prec! sa disposizione cronologica. Il Primo degli otto Con ­ certi risale al '33'- '34, cioè agli anni giovanili s!!, .bito seguenti la Ouverture da concerto ('31) e la Par­ tita per orchestra ('32); il Secondo, il Terzo, il Quarto, il Quinto e il Sesto sono, invece, compresi fra il '51 e il '57, anni di crisi per Petrassi e di pro­ gressive mutazioni, occupati quasi del tutto dalla pro duzione concertistica; mentre è de,l '64 il più proble­ matico degli otto Concerti, il Settimo, del quale prima veste (inedita e recante il titolo di Prologo la e cinque Invenzioni) appartiene agli anni determinanti del Concerto per flauto e orchestra e dei Propos d'A ­ fra il '70 e il '72, è stato, infine,sori~ to l'Ottavo concerto, la più consistente delle opere 54 petrassiane di questo decennio. Llarco di tempo di diciassette anni che separa i primi due Concerti è occupato, in primo luogo, dai gran di affreschi sinfonico - corali, il Salmo IX (134 •• 13~ e il Magnificat (139 - 140), lavori ancora permeati di quel gusto neofrescopa1diano che contraddistingue il primo Petrassi,e, in secondo luogo, dalle opere che porteranno alla frattura degli anni 150 (il Coro di Morti del 140 - 141, i balletti La follia di Orlando e Ritratto di Don Chisciotte del 142 ••• 145, gli atti uni ci Il Cordovano e Morte dell l aria del 144 ••• 149, la cantata Noche Oscura del 150- 151 ••• ). Questa frattu­ ra,che introduce per la prima volta nella produzione di Petrassi il sistema seria1e, accostandolo 1iberame~ te al neoc1assicismo dei primi anni, e dissolve pro­ gressivamante i nessi tematici e formali della tradi ­ zione, trQva il piU chiaro r~scontro nei cinque ConceE ti degli anni 150. Sicchè, se il (Primo) Concerto è te 55 stimonianza di ben definite ascendenze italiane e neo­ classiche, che caratterizzano i lavori di ~etrassi de­ gli anni '30, i cinque Concerti seguenti affondano le radici nelle mutazioni degli anni '40, incarnandone gli esiti. "La crisi della I,Uusica come linguaggio •.• (ovvero il) totale svuotamento della figura musicale", secondo espressioni usate da Boris Porèna in un interessante. sag: gio sui Concerti di Petrassi (60), raggiunge l'apice negli anni '60. Anche questo momento trova applicazio­ ne in un concerto, il Settimo, che è, forse, l'opera di Petrassi che ostenta il maggiore "avanguardismo" e che a ragione si pone cronologicamente a fianco di la­ vori come il Concerto per flauto e orchestra e i Propos d'Alain ('60), la Seconda Serenata - Trio ('62), per sette ('64), Estri ('66 - '67), Beatitudine~ Tre ('68) e altri. Cosi l'ultimo concerto, collocato come un gi­ gante fra pezzi di minor mole e impegno, è il simbolo 56 tuttora valido della più recente produzione di Petras­ si, volta al recupero di alcune schegge dei valori for mali, e persino tonali e modali, che sembravano ormai definitivamente superati. Sebbene gli ultimi sette Concerti al apparteng~no secondo dei due periodi creativi in cui si è per como­ do ripartita la produzione di Petrassi (cfr. cap. 2) , non crediamo obiettivo scindere "in due tronconi assai diseguali" il nostro discorso, come invece propone Boris Porena nel saggio citato (61). La ragione è i lavori petrassiani degli anni 140 ci consentono approdare naturalmente, e senza a~cun che di trauma, ai ConceE ti seguenti, e in specie al Secondo, che ripropone mo­ duli del tutto tradizionali e , si direbbe, anche _:.- più tradizionali di alcune opere precedenti (come la trage dia Morte dell'aria o la cantata Noche Oscura). Semma~ si possono individuare, come la stessa cronologia sug­ gerisce,quattro gruppi di lavori, corrispondenti ognu­ 57 no a un decennio: il (Primo) Conc,erto (anni • 30) , il Secondo, Terzo .•. Sesto concerto (anni '50), il Setti­ ~ (anni '60) e l'Ottavo (anni '70). Dalla quale ovvia disposizione sarà nostro compito rilevare i nessi e gli organici sviluppi. Altro dato è l'accezione qui assegnata al termine "concerto". Rifacendosi alla duplice etimologia latina, che vuole il termine derivato da "concertare" oppure "conserere", Petrassi ne accoglie il significato lato, nominando indifferentemente "concerti" sia le composi­ zioni sinfoniche sia quelle solistico - sinfoniche; si tratterà, per lui, di precisare se il concerto è per pianoforte e orchestra, o per flauto e orchestra, o sol tanto per orchestra, senza impiego di solisti o di certino. L'accezione risale all'epoca barocca, quando tale forma - diretta antecedente della sinfonia periodo classico - veniva detta "concerto di co~ del gruppol~ "concerto a piil strumenti" },: o "sonata - concerto" f o o 58 " s infon1a.. - concerto ti, o ancora "concerto ripieno". Ne furono autori Vivaldi, Telemann, Bach, Haendel ••• men­ tre nel nostro secolo è famoso e spesso eseguito il Concerto per orchestra di Béla Bart6k, di nove anni p~ steriore ali. (Primo) Concerto di Petrassi. Come frequenteme'nte accade nella classificazione delle forme musicali, il termine "concerto" può essere sostituito tranquillamente da altri, anche più efplici­ ti e informativi. E' il caso del Terzo concerto di Petrassi, il cui titolo principale è Récréation concer­ tante (quasi a sottolineare l'intento ricreativo, tipi co del "divertissement" francese,. e il dialettico .con­ certare delle parti), mentre Terzo concerto è semplic~ mente il sottotitolo; ed è il caso di Sesto Concertqu, meglio, Invenzione concertata. E' da osservare che, c~ me nelle epoche passate una medesima forma poteva uti­ lizzare terminologie diverse e la gara dei "distinguo" è stata ed è, spesso, una gara sfiziosa fra musicologi 59 pedanti, molti casi di forme del tutto analoghe, ma diversamente nominate, si incontrano anche nella musi­ ca del nostro secolo. In riferimento ai Concert1diPe­ trassi, basti pensare alle ultime quattro Kammermusi ­ ken di Paul HindemLth; '27) per piccola or~hestra ('25 ... , e (e pensiamo che il Quarto concerto di Petrassi scritto per sola orchestra d'archi, e il Secondo uti· lizza l'organico della piccola orchestra del periodo classico, il Terzo e il Sesto vedono la grande orche ­ stra mutilata di diversi strumenti, secondo le inten ­ zioni dell'autore), o basti pensare alla Synphonietta ('49) sempre ni Hindemith. Gli esempi si potrebbero mol tiplicare, citando le due Sinphonie da camera di Sch5n berg (1909 e '39), o i Drei OrchesterstUcke e la stessa Suite lirica (t25 - (~14 -'15) '26) di Berg, le sette Sinfonie di Prokofiev ('17 ..• '52) e le quattordici Sciostakovi~ ('25 ••• '69)~ di le tre di Stravinskij (1905 •• .• '45) o il celebre Dumbarton Oaks ('37 - '38), la Mu­ 60 sica per archi,celesta e percussione di Bart6k ('36), e via dicendo. In questi lavori,come nei Concerti per orchestra di Petrassi, vi sono su~ficienti elementi in comune per definire la medesima forma musicale: l'organico innanzitutto , un or~anico è, orchestrale, sia esso tipico della piccola orchestra o della grande orchestra; la composizione è partita in movimenti, talvolta nettamen te distinti e talvolta in soluzione rapsodica di conti nuità, comunque presenti e percepibili all'ascolto; ta li movimenti sono articolati secondo un principio di dialettica al ternan·z,a..; non viene normalmente impiegata umana; il primo movimento è il più 'elaborato, secondo uno stilema proprio della tradizione; il dina­ mismo e il carattere concertante animano le strutture interne ad ogni movimento ••• E', però, vero che il termine "concerto", come e più di quello di "sinfonia", riporta a contenuti . 61 puramente musicali, astratti da ogni riferimento lett~ rario, o generalmente extra-musicale. Dove Stravinskij pone a capo del suo Concerto in mi bemolle maggiore per orchestra il titolo di Dumbarton Oaks, Petrassi, p.r~iConcerti, tende a neutralizzare ogni elemento nei e­ straneo al puro far'musica, ad assolutizzare i contenu ti musicali esaltando l'aspetto tecnico ed artigianale: in questo senso, si dimostra anche più radicale "non espressivo ll Stravinskij e, invece, più vicino del al neoclassicismo teutonico di Hindemi.th.• Da notare che, se questo ~ il risultato ultimo, on­ la musica deve vivere di per se stessa e senza in­ trusione di corpi alieni, alla base dell'atto creativo sta pur sempre, per Petrassi, un lavoro paziente ed e­ motivamente sofferto, qualChe volta persino autobiogr~ fico (cfr. Cap. 1). Questo significa che la "complessa costellazione simbolica, culturale e· affettiva·n e l'" in nato, istintivo magistero sturmentale", che Lorenzo 62 ~99ini vede costantemente in ogni opera petrassiana (62), provengono da uno stato emotivo presto dimentic~ to, che può esplicarsi solo tramite un attento ed e­ sperto mestiere. Non è necessario, per chi ascolta, es sere a conoscenza di quell'emozione motoria, precisa Petrassi: " ••• la musica dovrebbe parlare per se stes­ sa •••• Un discorso psicologico ••• sulla musica forse non si dovrebbe fare ••• (ma può servire a) spiegare la natura di un pezzo" (63). Senza contare che, nei Con ­ certi di Petrassi, non resta alcun altro appiglio ~ta.-musicale, ex come invece accade nei due balletti, ne gli atti unici, nei Propos d'Alain etc. Tutto è ripo ­ sto nella perizia di un mestiere compiaciuto di sem­ pre nuove e incuriosite indagini. Musica assoluta, dun que, "musica al quadrato". Nei Concerti, soprattutto, le possibilità strument~ li vengono indagatevirtuosistica:rrente, si ricercano nuovi stimolanti impasti timbrici, la pagina musicale viene 63 attentamente spaziata, secondo un ordine estetico che vuole riflettere il pin importante ordine interiore, ~ gni elemento strutturale è neoclassicamente soppJfesat~ sobrio, essenziale, l'architettura portante è scrupol~ sarnente bilanciata in un perfetto rapporto dialettico di vuoti e di pien~.Il Concerto è, per Petrassi, la forma ideale in cui egli può approfondire e sviscerare i diversi artifici del mestiere. Si potrebbe credere che ciò comporti un virtuosismo strumentale di tipo effettistico e plateale, che i Con certi di Petrassi siano come la fucina esplosiva mille demagogie. L'opposto. Petra~si ha da sempre di neg~ to la presenza di un impegno politico o ideologico nel la propria musica, e le leggi del mercato sembrano non riguardarlo. Si è visto come egli distingua sottilmente fra "attualità 11 e IImoda ll (cfr. Cap. 2) e come il suo impegno sia essenzialmente morale e umano; ora, è :si­ gnificativo che l'unico degli otto Concerti che mani­ 64 • Il (I fest·l qualche intento gladiatorio è proprio quello che, nell'impiego strumentale, presenta la minor ricercatez \ za e il minor virtuosismo, cioeil Primo. Gli altri se! te, lasciata l'esultanza romana dei primi anni, ripie­ gano meditativamente sulle problematiche di linguaggio proprie di un artista positivo e irrequieto come Pe­ trassi, partecipe delle incalzanti mutazioni della no­ stra epoca. Solo da questo punto di vista, secondo noi, si può accettare la limitante bipartizione dei Concer­ ti proposta dal Porena. Chiarita la collocaz ione cronologica e l'accez.t.o­ ne che Petrassi assume del termine "concerto", da dire qual è la ~hiave resta di lettura che si intende peE seguire per penetrare all'interno di questi lavori.Mb­ vendo dai dati esteriori e prescindendo da qualsiasi giudizio di valore, è chiaro che i Concerti per orche­ stra di Petrassi attingono a un "humus" culturale di cui l'autore è perfettamente informato, sia esso quel­ 65 lo dell' Italia nazionalista della "generazione dell'80" e, per fortuna, anche del cosmopolita Alfredo Casella (Primo) Concerto ,sia quello dell'immediato periodo post­ -bellico, che vede l'espansione del puntillismo weber­ niano e la blasfema proclamazione dell'''anno zero" (Se­ condo ••• Sesto concerto), sia,infine, quello dominato dalla più recente avanguardia degli anni '60 - '70 (Settimo e Ottavo concerto). Si tratta, dunque, di sondare le diverse situazioni storico-artistiche e di rapportarle alle sce~te operate di! volta in volta da petrassi)' secondo ciò che traspare dalla sua produzione concertistica e non ignorando la funzione psicologica ed emotiva di fatti che sono di per sè estranei alla. pura attività musicale, ma che p~ re hanno agito, come egli dettagliatamente ci informa, sulla genesi e sullo sviluppo del processo creativo.Oc corre, poi, convogliare gran parte delle attenzioni sulla disamina dei mezzi tecnici ed espressivi impieg~ 66 ti: analisi, innanzitutto, della macrostruttura por­ tante dell'intero lavoro e del materiale timbrico a­ dottato, quindi delle strutture minime, per ciò che concerne la loro natura e derivazione ed il loro ruolo organizzativo. Il tipo di analisi tradizionale potrà soccorrere solo parzialmente, poichè quasi sempre tratterà di rilevare caratteri formali inediti, si o,qua~ to meno, non circoscrivibili nei "clichè" della tradi­ zione. Si parlerà ancora di schema tripartito e i, ' dei quattro parametri del suono, ma il concetto di "forma" dovrà essere propriamente sostituito sione lt , da quello di "te,!! cosa inevitabile negli ultimi Concerti; cosi, il concetto di "armonia" dovrà cedere a quello di "ag­ gregazione" o "densità timbrica" e i termini tradizio­ nali di "tema", "incisò!',' "motivo" etc. s,pesso non avranno più senso e lasceranno il posto ad altri più aderenti, come "cellula motoria", o "cellula ritmica"o "melodica" o "ritmico-melodica", o "cellula organica ,"'" 67 ricorrente"; anche il concetto di "melodia tl verrà per lo più sostituito da quello di "successione intervalli ca" ••• Petrassi stesso propone queste soluzioni di let tura (64). 68 4. (Primq Concerto:. il Concerto per orchestra - cosi fu intitolato ori­ ginariamente il primo degli otto Concerti - venne composto a Roma, fra il dicembre '33 e il dicembre '34. Concepito per grande orchestra, ma senza aqe e percus­ sioni e presenti il saxofono contralto in mi bemolle e il pianoforte, si colloca di poco posteriore ai primi lavori orchestrali di Petrassi: il Preludio e fuga per archi ('29), il Divertimento in do maggiore ('30), la Ouverture da concerto e la Passacaglia ('31), la Parti­ ta ('32). Sono questi gli anni in cui Petrassi ultima gli studi di composizione e di organo e ottiene i pri­ mi consensi di pubblico e di critica (vince, fra l'al­ tro, due concorsi di composizione, uno nazionale e l'altro internazionale, sue composizioni vengono tra ­ smesse radiofonicamente ed eseguite in diverse sale di Europa, nasce la fruttuosa amicizia con Casella ••••••• 69 • Cap. 1). "Fresco di studi - dirà a Luca Lombardi in un'inter avevo voglia di lavorare e voglia di si­ un lavoro tutto quello che dallal, scuo appreso. Insomma, era per fare una specie di bilancio di tutto quello che ero in quel momento". E aggiunge, a riprova dello spiccato interesse timbrico che, già allora, distingueva i suoi lavori. ti però avevo già fatto pratica d'orchestra, perchè suonavo nel l'orchestra dell'Augusteo, naturalmente come aggiunto • ••• e non nego che, anche se in quel momento avevo una sensibilità timbrica non ancora sviluppata, ••• i se­ gni già c'erano". Confessa anche che, in virtù di tale sensibilità, la Partita per orchestra del '32 è il lavoro che, personal mente, predilige fra quanti egli scrisse in quel peri~ do, mentre il Concerto del '3.4 "è già un po' una corru z10ne di certi caratteri della Partita e rivela un'"a­ 70 busata disinvoltura tecnica". Dove "disinvoltura tecni ca" significa: proprietà della scrittura::strumentale e pratica dell'orchestrazione, ricerca timbrica, acquisi zione di strutture linguistiche omogenee ("tematismo" di ascendenza hindemithiana, prevalente diatonismo,ele mentare incisività ritmica e melodica, compattezza del le dinamiche, ricorso costante - e tipicamente petras­ siano - al pedale armonico e alle note ribattu.te, pri­ vilegio degli intervalli armonici di quarta, quinta e settima, rigOglio di microstrutture ricorrenti, eviden za delle sezioni formali e dell'architettura ••• ), e, inoltre, significa applicazione in musica di uno spiri to giovanile ed esultante. Ora, nel Concerto si riscontra un evidente compia­ cimento verso i traguardi che Petrassi ha conseguito con relativa rapidità e dimostrando una volontà e una capacità di assimilaz!one non comuni. I suoi studi re­ golari di composizione hanno inizio nel '25, nel '28 71 è già iscritto al settimo corso di composizione in Conservatorio e, quattro anni dopo, ne ottiene brillan temente il diploma (cfr. Cap. 1). La Partita per orche stra è il primo importante raggiungimento di una futu­ ra promessa della musica italiana, che ha scoperto di essersi conquistati, un mestiere e, appunto, una "disin ­ voltura tecnica" che persino i critici dell'epoca,tal volta più o meno sottilmente polemici, non esitano a r ) riconoscergli. Le prime recensioni della Partita parlano, infatti, di "musique brillante et bien agencée, spirituelle,plei ne de coleur et de vivacité, un peu superficielle cer­ tes, mais débordante de vie et exempte de~. toute vulg~ rité" (66), di musica per cui "non è difficile ••• , co­ me per qualunque lavoro di. un giovane, fare dei Casella, Hindemith nomi: soprattutto, che Petrassi deve a­ ver studiato a fondo, come nessun altro in ltalia ••• (e che, però, a lui) servono solo carne punto di partenza 72 per camminare per conto proprio alla realizzazione di un suo linguaggio" (67), di "chiarezza latina, •••• tra sparenza mediterranea, .. 0 armonioso giuoco di forme, di timbri e di melodie" (68), o, ancora, di IIdoti inna te e ormai indubitabili di sicurezza orchestrale •••••• (immune sia da) quella declamazione strumentale che neralmente è tipica delle g~ nostre moderne composizioni orchestrali, e da cui non vanno esenti nè Malipiero,nè l?izzetti, nè Alfano o o •• (sia da quella forma di ,:mae­ stria tecnica che) tra gli eredi di Stravinskij, di Hindemith, di Honeggeroo. era ormai divenuta una merce secondaria e spregevole, buttata sul mercato senza ri guardi, a quantità impressionati" (69). Mentre le impressioni critiche prodotte dal succes­ sivo Concerto sono analoghe a quelle della Partita, ma con in più un senso di stanca insistenza su moduli già sperimentati a fondo. Ne abbiamo conferma nelle parole di Petrassi sopra riportate, o nella recensione dell'e 73 poca, che ci pare abbastanza sensibile ed equilibrata e che citiamo a modello fra tutte, del critico Luigi Rognoni in "Musica d'oggi" (70); "In questo Concerto possiamo vedere come il Petrassi abbia voluto approfo~ dire quegli elementi di espressione che aveva già sen­ tito vitali nella g~ovanile Partita: però v'è quivi un grave inconveniente, il pericolo di una possibile cri­ stallizzaziQne di tali elementi ••• Petrassi si sente ormai sicuro delle posizioni raggiunte, è padrone asso luto della propria tecnica, per la conquista della qua le non si stanca mai, ed a ragione, di rendere omaggiO a Casella; ma attento però al pericolo, che noi since­ ramente rileviamo, di cadere nell'accademia della fal­ sa modernità, attento al facile e dilettevole gusto classicheggiante". Giudizi datati, è vero, soprattutto per la forma in cui sono espressi, ma che, oltre a cons'ervare sostan ­ .' zialmente intatta la loro validità, contribuiscono ad 74 avvicinarci alla temperie culturale e artistica degli anni '30. In Italia, come noto, il decennio fu domina­ to da un forte spirito nazionalistico imposto dalla po litica del regime. Ne risultavano problemi e polemiche delle quali gli artisti più aperti alle istanze musica d'oltralpe ~ovevano della essere il facile bersaglio. Ovvio che Petrassi, musicista sempre disposto a nuovi contatti e a nuove integrazioni, "affamato" di possibile esperienza artistica, abbia avuto spesso che fare con la più incallita critica del regime, ogni a che gli rimproverava l'eccessivo modernismo neoclassico tuor viante rispetto ai canoni della tradizione italiana, e il conseguente estraniamento spirituale, che non gli consentiva di pervenire a una cifra stilistica unita ­ ria (quella di marca italiana, naturalmente, prossima ai gusti della "generazione dell'ottanta" e tesa a riavvalorare una sorta di i tal iart llà arcaica e antiroman tica (cfr. Cap. 2». 75 D'altre cante, perO, si penevauna schiera di crit! ci e di musicisti di più larghe vedute che, esaltande i tratti tipicamente italiani della sua musica, faceva ne di Petrassi un campiene della preduzione artistica nazienale.• Cesi Alfrede Casella, riferendesi, in "L'I­ talia letteraria" del 2 luglie '33, ad una esecuziene della Partita al .Festival di Amsterdam (71): "Accante alle altre musiche, tutte più e mene appartenenti alle stile internazienale esperantistice ••• la cempesiziene di Petrassi pareva un medelle di chiarezza latina, di trasparenza mediterranea, di armenioso giuece di ferme, di timbri e dimeledie; qualcesa di rare infine, e che valeva a dimestrare - in. queste impertantissime radune internazienale - quante sia .oggi indipendente la ne­ stra scuela e seprattutte quante essa si mueva cen si­ curezza ed agilità lunge la via maestra ritrevata del­ la tradizione. Verrei che qualcune di q:uelli che presenza di queste tipo di musica italiana e di in altri analoghi - parlane cen tanta indignazione e cen tanto 76 sproloquio di certo preteso "asservimento ad influenze straniere da parte dì. certa musica nostra; vorrei che questi signori avessero potuto vedere quale impressio­ ne di sana ed autentica italianità veniva fuori da que sta fresca ed espressiva musica nostra posta vicino al le al tre straniere,' e credo che quelli fra loro che so no capaci di buona fede, rinunzierebbero per un pezzo a scrivere sulle loro colonne taluni spropositi criti­ ci dai quali siamo tuttora afflitti'~. Da chiarire che Casella, per parte sua, si adeguò alle proclamate esigenze nazionalistiche, sapendole fondere, con estrema scaltrezza e intelligenza, a quelle dettate da una versatilità e un cosmopolitismo in lui irreprensibili. Infatti, dopo gli ardimenti periodo bellico (si vedano i Nove pezzi per del pianofort~ o le Pagine di guerra e 1 Pupazzett1 per pianoforte a quattro mani ••• ), egli retrocede prudentemente èntrQ, '1 confinj; di una "facile" solarità mediterranea, recupe­ 77 - con Scarlattiana, Partita, Serenata, Paganinia­ - stilemi compositivi che richiamanc in~ional all1epoca barocca e si pongono in aperta antitesi con quella romantica. Esempio unico, questo di Casella, e, ripeto, indice di grande intelligenza, che non è sfuggito al più gi9vane e stimato amico Petrassi. Precisata la collocazione nell'ambito del "corpus" petrassiano e della critica e produzione musicale del­ l'epoca, occorre ora addentrarsi nell'analisi dettagl.p ta,.:. del Concerto e verificare scientificamente" la "di­ sinvoltura tecnica", e relativi attributi, di cui si è detto (72). Formalmente, il lavoro è partito nei tradizionali tre movimenti, di cui il primo è il più esteso. Anche l'alternanza agogica riflette un'ipostazione del tutto Il normale " : primo movimento "Allegro", "secondo movimento IIAdagio", terzo movimento "Tempo di Marcia". Qualche 78 mutazione agogica è ancora presente all'interno dei singoli movimenti, di cui, senza considerare i rari rallentandi e accelerandi, quattro mutazioni sono pre­ senti nel primo movimento (nn. 20,22,24,27), otto nel secondo (nn. 2, 5, 6, 7, 12, 2 miss. prima del n. 13, nn. 14, 16) e tre nel terzo (2 miss. prima del n. 15, nn. 18, 24), risultando più compatti e monolitici, per questo aspetto, i due movimenti estremi, più mobile e cangiante quello centrale. Soffermiamoci sul primo tempo, "Alleg-ro". L'organi­ co adottato è molto simile a quello della Ouverture da concerto e, soprattutto, della Partita: legni al compl~ to, con la partecipazione straordinaria del sax contra! to, ottoni di una grande orchestra (4 corni, 3 trombe, 3 tromboni e 1 tuba bassa), pianoforte e archi. Le ar­ pe e le percussioni sono assenti. La scelta strumenta­ le cl segnala precise scelte estetiche, e cioè l'adozio ne di uno strumento desunto dall'attualità del jazz 79 (il saxofono~anche se la scelta si limita a una ragi~ ne coloristica e nulla più,e l'esclusione di strumenti allora attualissimi come l'arpa e le percussioni {si pensi, quanto alla prima, all'Impressionismo francese e, per le seconde, alle grandi partiture sch5nberghia­ ne}. Sin dalle prime battute, si constata la più assolu­ ta "correttezza" dell'orchestrazione e dei ruoli stru­ mentali. Si noti, fra l'altro, la meticolosa disposi ­ zione strumentale dell'''incipit'', dove trombe e trombo ni tacciono, per fare la loro festosa comparsa quattro misure dopo; anche i contrabbassi, nella prima battuta, sono curiosamente assenti, forse per non scurire tim­ bricamente il bicordo iniziale e per sottolineare l'in gresso dell'elemento ritmico - melodico seguente, e la parte dei due fagotti subisce, alla seconda Ve ~odifica misura,unali~ rispetto al grande unisono orchestrale,per ovviare a un'inutile difficoltà tecnica. Il carattere 80 concertante dell' orchestraz ione è sub;ito evidente ~ la sequenza timbrica vuole successivamente impegnati le­ gni e archi (miss. 2 e 3), ottoni (miss. 4 ••• 8), legni e pianoforte (miss. 9 ••• 11), nuovamente legni e archi (miss. 12 e 13), ottoni (mis. 14) etc. I diversi ele ­ menti timbrici si c?mbineranno secondo disparate solu­ zioni,ma resterà una sostanziale quadripartizione del orchestrale in legni (spesso uniti in raddop ,­ gli archi e, meno frequentemente, con il pia- Doforte), ottoni (la più autonoma delle quattro sezio­ ), pianoforte (con funzione prevalentemente timbrico - ritmica) e archi. Al parametro timbrico, oltre che al fattore agogico, affidata la partiz;ione formale del movimento, che al tradizionale schema A B A.1 La ai nn. 24 ••• 26, mentre la sezione C, è sez;io­ autentic~ a dell'esposizione iniziale, c;l porta dal n. 27 conclusione. Da notare che tutto l'episodio compreso 81 fra 28 e 29 corrisponde letteralmente al n. 3 della se zione A, ciò che ricorda procedimenti compositivi tipi camente barocchi e classici, normalmente abbandonati da fine Ottocento in poi. L'impiego tecnico - espress! vo degli strumenti rientra perfettamente nella linea della tradizione, non solo per la loro funzione negli interventi singoli e negli impasti orchestrali (i mol­ ti raddoppi di parti, presto lasciati dalla musica sinfonica del noatro secolo, sono, per lo più, quelli consigliati da Berlioz nel suo trattato di orchestra ­ saxofono viene trattato alla stregua di uno strumento della tradizione, con qualche privilegio solistico in più), ma anche per l'impiego propriamente tecnico, che evita ogni . sperimentalità vir­ tuosistica e non. L'impressione che deriva dall'insieme è quella di uno spessore orchestrale unitario che, clima spiritua­ le a parte, rimanda spesso a moduli di strumentazione 82 ottocenteschi, e che solo rar~ente si interrompe per far luogo a episodi espressivi in cui può emergere il timbro puro di un oboe, di un flauto o di un saxofono (vedi il caso della sezione B e del ponte che conduce ad essa, ai nn. 23 ••• 26). Questo per quel che riguarda l'aspetto timbrico.FoE malmente, abbiamo visto aDe sia la medesima timbrica, unita all'agogica, a determinare la tripartizione del movimento e a produrre un senso di organica compattezza. Ma tale senso non proviene soltanto dall'omogeneità del la timbrica e dell'agogica, bensl anche da un'attenta articolazione delle microstrutture. Un pullulare conti­ nuo di elementi ritmico - melodici, per. lo più semplici cellule prive di sviluppo, che ricorrono sistemati9~e~ te e si contrappuntano era ,loro, costituisce il tessuto di fitti intrecci su cui è "giocato" il lavoro. Sono frammenti tematici o incisi d~ netta provenienza hinde­ mithiana, prevalentemente diatonici nella condotta melo 83 dica, di robusta ed elementare vigor1a ritmica e scarsa mente differenziati dal punto di vista delle dinamiche. Ilprimo elemento ricorrente, tondato su una rapida isoritmla di crome in successione intervallica definita, compare a miss. 2 e 3, esposto e dagli archi, imme~iatamente all'unisono dai legni dopo il "signum" che in ­ troduce il lavoro richiamando all'attenzione (in questo non dissimilmente da molti "incipit" sette - ottocente­ schi). Ricomparirà, più spesso degli altri elementi,nel corso del movimento (4 miss. dopo il n. 1, 7 miss. dopo il n. 7, 2 prima di 11, 3 prima di 15, 6 dopo 18, 7 do­ po 20 ••• fino alla ripresa testuale, al n. 27). A mise 4, segue un nuovo elemento, affidato prima agli ottoni e poi al pianoforte, che viene riproposto 4 miss. dopo il n. 14, 2 prima di 15, al n. 16, 3 dopo 27 etq. Al n. 2, un terzo elemento, divisibile in tre tronconi (di cui il primo ricorre 3 miss. prima di 11 e 5 e 8 miss. dopo 23, il secondo 8 miss. dopo 17 e il terzo 3 miss. 84 prima di 33, mentre l'elemento ricompare integralmente, anche se in diversa soluzione ritmica, al n. 10). Altri elementi ricorrenti si presentano, la prima volta, n. 3, 5 miss. dopo 3 (qui contemporaneamente in al numero di due, l'uno alle trombe, l'altro a flauti, clarinetti e violini), al n. 5, 'al n. 6 (affidato al primo trombo­ ne e, imitativamente, al primo corno, poi ripreso dagli archi), 1 mise prima di 13, al n. 24 (dove la testa è derivata dall'elemento comparso la prima volta al n.3) • Chiamare "temi" queste cellule ritmico - melodiche cui non segue sviluppo alcuno e che danno vita a un discor so musicale che recupera la barocca "tecnica della pro­ gressione e della sequenza" (cfr. Alberto Basso: "L'età di Bach e di Haendel" (73» non ha senso. Il discorso procede, infatti,elementarmente,tramite una iterata e per lo più. testuale enunciazione. E poiché la loro fi­ sionomia è incisiva e facilmente memorizzabile e la lo­ ro successione o giustapposizione è piuttosto fitta, lo 85 ascoltatore è preso da un coinvolgimento emotivo e tellettuale senza soste. La giustapposizione di in­ tali cellule ritmico - melodiche è stabilita da un contrap ­ punto semplice, in cui le diverse componenti tematiche, mai più di due, sono subito individuabili e si esauri ­ scono nel giro di poche battute, per cedere all'incalza re di altre. Ma, più spesso, si ha sequenza di cellule ritmico - melodiche, come evidente nella esposizione dia: temporale data nelle prime pagine del movimento, o come accade sintomaticamente alle miss. 2 ••• 6 dopo il 14, dove sono successivamente enunciati, in cosi breve spa­ zio, addirittura cinque diversi frammenti tematici, za ricorsi contrappuntistici (n. 1 al pianoforte, n. ai tromboni primo e secondo, n. 3 alle trombe, n. 4 se~ 2 ai tromboni secondo e terzo, alla tuba bassa e ai contrab­ bassi, n. 5 ai violoncelli e ai contrabbassi): tecnica del tassello e della rapida sostituzione • . E',dunque, assai più importante la chiara percepibili 86 tà di ogni evento orizzontale, anche se questo non comporta mai un elaborato contrappuntismo, che la ver­ ticaIe combinazione delle armonie. Anzi, il Ilarmonia" bisognerebbe escluderlo dalla termine nostra anali­ si. Boris Porena sostiene (74), a riguardo del (Primo) Concerto, che Il evidente è fin da ora la tendenza di Petrassi a pensare la musica in termini non di melodia o di armonia, ma di intervallo. Anche se gli interval­ li effettivamente impiegati servono ancora per costrui re melodie e armonie in obbedienza alla tradizionale contrapposizione di "verticale" e "orizzontale" è come se la futura organizzazione per Il s trutture",cioè per unità figurali definite unicamente dai loro rapporti intervallici, sia già prefigurata nella mente del com­ positore, non ancora sufficientemente libero tuttavia da trarne le necessarie conseguenze". Mai :f;ol;"se, pu~ si essere anche più radicali, a:f;fermando che il tessu to armonico di questo COncerto è ,talmente povero e 87 scarno, ridotto frequentemente a grandi unisoni o a vuote sovrapposizioni intervalliche di quarte e quinte parallele, che è la condotta orizzontale delle parti a dominare l'attenzione dell'autore e di chi ascolta. Viene anticipata la libera combinazione di masse sono­ re, tesa a produrre. densità di timbri avulse da: qual­ siasi contesto armonico. Il dissonante bicordo iniziale, la polifonia a qùat tro voci con cui esordiscono gli ottoni, a mise 4, i moti contrari delle parti affidate agli archi, al n. 3 e al n. 24, e le "anomale" sovrapposizioni sonOre che ne derivano sfuggono a qualunque analisi di tipo armo­ nico e, in fondo, ciO che interessa è il risultato di una polifonia di sapore arcaico e primordiale, in cui le voci procedono più o meno omoritmicamente, "punctum contra punctum ci. Certo, ll , sortendo determinati spessori timbri­ specie~la parte degli ottoni, si possono incontrare triadi armoniche in piena regola, come ai 88 nn. 2, 4, 18, 34 e via dicendo; ma ogni ovvietà armoni ca e tonale è elusa con attenzione, e non è sicuramen­ te un caso che gli impasti sonori più "consonanti"sia no quasi sempre affidati a strumenti che, nel "forte" e nel "fortissimo", possiedono per loro natura il tim­ bro orchestrale più,metallico e penetrante. Sebbene questi si situino in un contesto obiettivamente atona­ le, o al massimo vagamente modaleggiante, è, comunque, prematuro parlare di "accordi di stupore", come petra..!! si consiglia per gli improvvisi riferimenti tonali e armonici che si presenteranno in molte sue opere suc ­ cessive (75). Qui non c'è stupore alcuno, poichè il g~ nerale diatonismo e la frequente sovrapposizione di u­ nisoni e di quarte e quinte parallele lasciano intende re un chiaro "background" tonale. Molte delle osservazioni concernenti il primo movi­ mento valgono anche per gli altri due e, di queste,tut te quelle che riguardano le caratteristiche di fondo 89 del linguaggio del primo Petrass~ (proprietà e tradi ­ zionalità della scrittura strumentale, compattezza del le dinamiche, calibrata articolazione delle forme, hin Q~mithismo degli incisi tematici, elementare vigoria ritmica e melodica, "tecnica del tassello e della rapi da sostituzione", scarnificazione armonica ••• ). Nel secondo movimento, il più chiaroscurato dei tre, tlAdagioll e poi lIAndante", "Sostenuto", "Adagio" etc. , c'~, al principio e alla fine, una fissità ignota ai due movimenti estremi, che sarà oggetto di una più ma­ tura ricerca nei prossimi lavori, per quanto sempre in funzione dialettica rispetto a una concezione. della musica sostanzialmente dinamica. D'altronde, l'appare~ te staticità dell'esordio - in cui ritorna, dapprima ~ gli archi, poi al pianoforte e quindi ai corni, 11 bi­ cordo dissonante che introduce il primo movimento - ce de presto a un inatteso fugato dei legni (nn. 2 e 3)e, successivamente, a un breve episodio degli ottoni iso­ 90 lati (n. 4), che ricorda, in movimento lento, il loro ingresso al principio del concerto e conduce a un "for tissimo" (n. 5), in cui ~ impegnata l'orchestra intera (ma senza il perforante ottavino). Al .n,. 7, l'ostinato ritmico dei celli e dei contrabbassi e l'insistente teggiatura del pian~forte, ~ qui usato in senso ritmico­ percussivo, assicura una continuità dinamica, cui può contrappuntarsi lo spianato melodiare dei violini pri­ mi, quindi del flauto, dei violini secondi e, nuovamen te, del saxofono che raddoppia, all'ottava sopra, le viole (n. 10). Ancora un "fortissimo", al il Ii. 11, e progressivo declinare alla quiete immobile della con­ clusione. Le predilezioni timbriche vanno essenzialmente legni, dei quali ~ spesso valorizzato il timbro ai puro, dissociato). dal resto dell' orcnestra, come nel passaggio "Calmo" dei tre flauti, al n. 14, o nella suggestiva chiusa del saxofono, al n. 15. In questo movimento, p~ 91 rò, si riscontra una minore compattezza e densità stru mentale rispetto al precedente e, come si è detto, una maggiore tendenza al contrasto e al chiaroscuro. L'ar­ chitettura generale si basa, assai più che sulle dif­ ferenziazioni timbriche (come, invece, accadeva nel primo movimento), su specifiche caratterizzazioni IIte­ matiche" • Dopo l'episodio introduttivo(prime quattro misure e n. 1), il fugato che appare al n. 2 presenta un pri­ mo elemento "tematico ll , che sarà ripreso, nel tempo di tre metà, dai celli e dai contrabbassi, nuovo alla fine del movimento (n. 15). Un nuovo elemento è intro­ dotto chiaramente dai violini, al n. 8, ripetuto per altre tre volte (e in modo completo due), con l'ostina­ ta punteggiatura dei ribattuti del pianoforte e, fino al n. 10 escluso, dei pizzicati dei violoncelli e dei contrabbassi; è l'elemento, in tutto il concerto, che presenta maggiori connotazioni tematiche. Il "Mossoll , 92 al n. 12,è come una sezione drammatica di sviluppo (e­ motivo, anzichè tematico, anche se nelle prime due mi­ sure ricompaiono ai corni frammenti tematici tratti dal n. 2), men tre il "Calmo", al n. 14, è il ponte che gu!, da alla breve ripresa del primo elemento tematico (n. 15) e, da ultimo, alla coda conclusiva (n. 16). Lo sche ma potrebbe, dunque, essere: introduzione, primo secondo elemento tematico (A), sviluppo emotivo ve ripresa del primo elemento (~, e (Bhbr~ conclusione. Con l'analisi del terzo movimento, IITempo di Mar­ cia", ci riportiamo al clima euforico del principio, con un gioco strumentale, però, più vario e interessan te. Una prima superficiale lettura, o un primo ascolto, rivela immediatamente una maggior spazialità nella di­ sposizione delle parti e una concertazione più libera e meno schematica. Come nel secondo movimento, il tim­ bro dissociato ha possibilità di emergere fra gli termittenti ripieni dellforchestr~. El il caso, in­ dopo 93 il duplice "signum" introduttivo, dell'intervento del secondo fagotto a mia. 4 o di quello del corno inglese 5 miss. dopo 1, del primo oboe 2 miss. prima di 2, del terzo trombone 2 miss. dopo 2, presto imitato dal se­ condo trombone e dalla terza tromba, dei due oboi asso ciati isoritmicamertte al corno inglese 3 miss. dopo 5, e via dicendo. Stravinskiano l'impiego ritmico - percussivo pianoforte, specie in passi come al n. 7 e al n. del 12. Il riferimento a Stravinskij è legittimo, oltre che evi dente, poiché proprio al '33 risale il primo approc cio di Petrassi con la musica di Stravinskij, e preci­ samente con l'Oedipus Rex, esegu:l.to in quell'anno l'Augusteo di Roma (76), mentre assurda sarebbe al­ ogni pretesa ascendenza nella partita ('32), o nella Ouver­ ture da concerto ('3.1). Qualche prudente arditezza nel l'uso degli archi, dove vengono introdotti ''glissé'' portamenti (1 mis. prima del n. 9 e 2 dopo il n. e 15, 94 ma anche i corni, al n. 16, hanno un curioso effetto di 'glissé" e suoni armonici (miss. 2 .•• 5 dopo 5, miss. 2 ••• 5 dopo 7, miss. 3 e seguenti dopo 17). La struttura generale del movimento è ancora una volta tripartita (A fino al n. 4, B da 5 a 17 quasi uno sViluppo,con la' comparsa di nuove cellule temati­ che e riproposizione di altre già enunciate nella se­ zione A -, A, da 18 a fine - ripresa variata di A con coda -). Numerose come nel primo movimento, ma serrate in meno rapida successione, le cellule ritmico - melo­ diche ricorrenti. La prima (mis. 4), che appare dopo kl "signum" introduttivo,è costituita da quattro note, di cui le prime tre puntate, a successione intervallica definita (quarta giusta ascendente, settima minore di­ scendente e seconda maggiore ascendente, cioè la mede­ sima successione affidata a pianoforte, celli e bassi l).elle ultime due misure del movimento precedente) gue una seconda cellula r1corrent~, i se­ al n. 1, nelle paE 95 ti del terzo trombone, della tuba bassa, dei celli dei bassi; una terza a carattere grazioso e e contrasta~ te, 5 miss. dopo 1, e altre nuove, al n. 3 (nella par­ te delle trombe) e 3 miss. dopo 5 (agli oboi e al cor­ no inglese). Sono elementi ritmicamente e melodicamen~ te pregnanti, di gr'an lunga più mobili e differenziati di quelli del primo movimento (in cui, fra l'altro, si contano due soli inavvertibili gruppi ritmici irregol~ ri (n. 2), contro i molteplici di questo movimento). Spesso in situazione imitativa, come accade per il pri mo elemento a miss. 2 ••• 7 dopo il n. 2, o per il terzo a miss. 1 e 2 del n. 6, essi errergono di volta in.volta, tramite una attenta scelta timbrica, che ne è caratte­ ristica imprescindibile. Da notare, in tutto il movi ­ mento, la frequente adozione di rapide scalette diato­ niche, la cui, funzione è meramente esornativa: unite alle doppie e triple acciaccature, ai"glissé"cui si già accennato e allo stilema petrassiano (qui più è che 96 ma insistente) delle note ribattute, esse denotano u­ na prima e ancora timida inclinazione, destinata ad a­ vere gran parte nei lavori più recenti di Petrassi, al 10 svolazzo e al virtuoso compiacimento. ­ Dedicato al direttore d'orchestra Bernardino Molina , ri, il Concerto rivela, all'analisi particolareggiata, una meticolosa cura per le scelte strumentali e per il carattere concertante de11'orchestrazione. Gli strumen ti, suddivisi quasi a blocchi nella prima parte, acqui­ stano, singolarmente, una maggiore autonomia nella se­ cond.a e terza, anche sfruttanda1lO1to diIreno gli abusati raddoppi della tradizione. Se è vero che "nessun'ombra nostalgica o la fredda speculazione intellettuale" come dice Guido Turchi (77) - toccano il neoclassici ­ smo petrassiano, e in questa prima fase meno che non è/perO, forse vero che "nenuneno il mondo di grande e perdurante tradizione strumentale mai, una sf~ori que~ 97 sto neoclassicismo". Al contrario, la preparazione nica e il ferrato mestiere da poco appreso, ed te~ anzi in questo Concerto un po' abusato, non possono che afi­ fondare le radici in una sicura formazione accademica, pur se scrupolosamente e personalmente assimilata. I:I fatti relativi agli .studi di Petrassi in Conservatorio convalidano questa tesi, e, d'altronde, bisogna conve­ nire che è difficile affrancarsi in breve tempo da una scuola cosi rigida e severa. Molti critici déll'epoca avevano già colto questo aspetto. " ••• nel gruppo dei musicisti nuovi, Petrassi è fra quelli che bisogna tenere più d'occhio. La sua lotta per la conquista di una originalità, di uno sti­ le è piena di impegno" (78). "Presentemente.•••• è im­ possibile pretendere di abbozzare e distinguere la per sonalità artistica di Petrassi ••• , richiederemo in av­ venire ••• maggiori prove di una sincera·e profonda urna nità ma per ora ciò che conta di più è appunto quella 98 novità di un elevato livello tecnico" (79). Il • • • que,!, 10 che di Hindemith, di Casella, di Berg o di Honegger (per citare un quartetto ormai definitivo in quanto precisi indirizzi), può aver assunto i l Petrassi, si­ gnifica essersi voluto porre in condizione di attuare e dar forma compiuta al proprio pensiero, volto comp1e tamente allo sfruttamento d'ogni minimo accenno quella che potrà esser domani la sua integrale di person~ 1ità, e di quella che è oggi una natura musicale già percorsa di 1infe proprie" (80). A proposito di ascendenze,. converrà, dunque, dare il giusto posto a una tradizione strumentale che si di mostra sempre viva e operante in Petrassi, compreso quando egli adotta strumenti come il saxofono (che ab­ biamo visto interessar10 per una semplice ragione tim­ brica, del tutto indifferente alla pratica del jazz). da un punto di vista formale, il Concerto appare legato agli schemi c1assic~ della tripartizione. 99 Dove invece, a nostro avviso, si riscontra il ma.g­ giare distacco dalla tradizione è nella natura e orga­ nizzazione interna delle microstrutture formali, sgra­ vate da ogni intenzione di sviluppo e articolate in u­ na dinamica. e instancabile successione, o giustapposte secondo un elementare contrappunto. Qui è evidente il riferimento a stravinskij e soprattutto a Hindemith,di r' cui 1'etrassi conosceva perfettamente e amava le Kammer­ musiken e tutta la prima produzione, ma senza ombra di cerebralità teutonica e impernutrito di ottimismo e di motorietà ritmica esaltante. "Hindernitb. è l'uomo del dopoguerra tedesco, il musicista di Brecht, di 1'i­ scator: la sua festosità è cinica, le risonanze della. sua gioia ritmica sono acri, i suoi notturni sono popo lati da personaggi che portano il camiciotto pro1eta. ­ rio dei "1'utsch" del dopoguerra. Al confronto, l'etras­ si è un contadino che, partito alla conquista della civiltà, ci mette una serietà e un rispetto' assoluti'~(81) .... 100 Crediamo che Lele D'Amico abbia sostanzialmente gione. Ma bisogna considerare che queste parole ra egli le scriveva nel lontano 1941, quando Petrassi aveva appena ultimato il Coro di morti. In realtà, a nostro avviso, la ne di Petrassi chia~irà successiv~.r' produzi~ come l'atteggiamento di esul ­ tante ottimismo che si riscontra nei primi lavori ben pepo abbia della semplicità contadina. Se è innegabile una certa asciuttezza formale ed espressiva in lavori come l'Ouverture da concerto e il Concerto per orche ­ stra, riteniamo, perO, che essa sia il frutto (o, alme no, in parte) di una scelta prioritaria chiaramente; de­ finita: quella di volere scandagliare un mestiere e u­ na tecnica compositiva saldamente acquisiti e impazie~ ti di manifestarsi, prima ancora che di "filtrare" e sperimentare a fondo i diversi portati della civiltà musicale dell'epoca, dei quali, per altro, Petrassi e­ ra sicuramente informato, nei limiti che la censura del regime gli permetteva. 101 5. Secondo concerto L'antitesi spirituale e la maggior eleganza e so­ brietà di scrittura che separano il Primo dal Secondo concerto per orchestra richiedono una spiegazione. In un artista eclettico ma progressivo come Petrassi, re­ stio alle "boutades" e all'aggressività dei proclami nessuna decisiva mutazione può avvenire casualmente senza che egli ne abbia coscienza. I diciassette e anni che intercorrono fra i primi due Concerti segnano un preciso cammino artistico. Queste, in successione cro­ nologica, le composizioni principali: Salmo IX per co­ ro e orchestra ('34 ••• '36), Concerto per pianoforte orchestra ('36.~.'39), e Magnificat per soprano leggero, coro misto e orchestra (' 39 - '40), Coro di morti,' "ma­ drigale dramma.tico" per voci maschili, tre pianoforti, ottoni, contrabbassi e percussione ('40 - '41), Quat ­ tro Inni Sacri per voce maschile e organo ('42), anche .. 102 nella versione per canto e orchestra ('50), La follia di Orlando, ballo in tre quadri con recitativi per ba­ ritono ('42 - '43), Invenzioni per pianoforte (' 44)}Ri­ tratto di Don Chisciotte, balletto in un atto ('45) iII Cordovano, opera in un atto ('44 ••• 148), Dialogo ange­ lico per due flauti e Sonata da camera per clavicemba­ lo e dieci strumenti ('48), Morte dell'aria, tragedia in un atto (149), Noche Oscura, cantata per coro mi­ sto e orchestra (150 - 151). Con il Salmo IX e il Magnificat, si conclude la prima stagione creativa di Petrassi, quella che Gianan ­ drea Gavazzeni etichettò come "cattolicesimo romano,con: , troriformista e barocco Il (82) e alla quale appartiene anche il (Primo) Concerto .. Lasciato in disparte il Con­ certo per pianoforte e orchestra, lavoro esteso dimensioni~ma per condizionato dalla onerosa carica di so­ vrintendente al Teatro La Fenice, un lento processo di mutazione ha, invece, inizio con i,l Coro di morti, che 103 non conferma affatto - come, al contrario, sosteneva Fedele D'Amico nella sua ormai lontana monografia su Petrassi (83) - i lavori precedenti, ma è il punto di partenza di un nuovo senso del diagramma evolutivo. Il contrasto con i lavori degli anni '30 è,infatti, notevole. La timbrica scelta, innanzittutto, preclude ogni possibilità di sussistere al "cattolicesimo roma­ no, controriformista e barocco" di Petrassi; il testo leopardiano, per parte sua, e la tragica circostanza che ne motivò l'adozione (l'entrata in guerra dell'It~ lia nella seconda guerra mondiale) non potevano ispira re la grandiosità e magniloquenza già proprie del Sal­ mo IX e, in parte, del Magnificat: i meccanismi inter­ ni del linguaggio, di conseguenza, si scarnificano e si essenzializzanoi con un procedimento destinato ad avere fortuna nella pr~ssima produzione di Petrassi, gli elementi tematici vengono come sbrindellati e ri ­ dotti a pretesti ritmico - melodici che vagano irrequi 104 eti dal principio alla fine dell'opera (vedi le semim! nime staccatissime, a miss. 1 e seguenti, l'arpeggio che compare la prima volta a miss. 19 e 20, il sogget­ to dello "Scherzo strumentale", poi ripreso e trasfigu rata, gli accordi ribattutticon il caratteristico in­ tervallo di nona maggiore, a miss. 33 e seguenti); an­ che l'impasto armonico è volutamente povero ed essen ­ ziale, a vantaggio del gusto per la dissonanza improv­ visa (vedi su "morte", a mis. 16), e cosi il contrap ­ punto nei due scherzi strumentali, freddamente ironiz­ zato, quasi un mondo senza possibilitA di ritorno. Ci siamo soffermati su questa partitura perchè essa è,forse, il nodo cruciale che permette di comprendere l'itinerario che porta al secondo gruppo di Concerti. Il Coro di morti non rappresenta, propriamente, una frattura rispetto alle opere precedenti, se non altro il solido e indiscutibile mestiere e l'ancor più acce­ sa figuratività (qui, a dire il vero, più medievale che 105 barocca); ma le scelte operate dall'autore di dimostr,! no, in esso, maggiormente atipiche e indipendenti, in­ ,formate, soprattutto, a un' "umanità" prima assente e che già Massimo Mila, nel '33, aveva invocata (84). Su questa scia, si collocano i lavori seguenti e, in particolare, i dùe balletti, la tragedia Morte del­ l'aria e la cantata Noche Oscura. I primi "hanno dato la stura a una fastidiosa serie di variazioni critiche sull'astratto ••• cioè l'assoluta abolizione di musicali, in altre figure parole l'atematismo generalizzato a tutti i parametri" (85), che certamente sono oltre le obiettive intenzioni del~a andate musica, ma che han no un fondo di vero. Come già suggerito in Coro di mor­ ti, il parametro ttmbrico è sempre più personalizzato, se non addirittura fatto protagonista, e le strutture tematiche sono rese più sottili e sfuggenti. Quest'ultimo aspetto è particolarmente evidente nel la cantata Noche Oscura, che è l'apice della crisi 106 degli anni '40 e, forse, il capolavoro del periodo. "U na svolta decisiva - ne scrisse Massimo Mila alla pri­ ma esecuzione veneziana (86) I su cui bisognerà prob~ bilmente tornare e forse non soltanto nell'ambito del­ la produzione di Petrassi". Si fonda, strutturalmente, su pochissime cellule ritmico - melodiche, di cui la principale è il tetracordo che compare a misura 1 e viene ossessivamente iterato, nella propria nuda ele ­ mentarità, per tutta la cantata, mentre un'altra di ri lievo è quella che risulta la prima volta a miss. 7 8, nella parte dei violini primi~ e Non è tanto nella strumentazione che si rivela l'originalità e novità di questo lavoro (per tale aspetto, i due balletti sono anche più interessanti), quanto, piuttosto, nella scelta e nella articolazione delle minime strutture del linguaggio e nella suggestiva monocromia che ne deriva. L'aderenza fra testo (di S. Giovanni della Croce) e m~ sica è, cost, realizzata secondo moduli di una soffer­ 107 ta e allucinata sensitività. Ora, come la Partita nei confronti di (Primo}Concer­ to, così la cantata Noche Oscura ha contribuito a in­ debolire la fama del successivo Secondo concerto. Ma, mentre (Primo) Concerto insisteva su stilemi compositi vi già perfettamente' impiegati ed esauriti nella Parti­ ta, Secondo Concerto si differenzia dall'aura greve e impressionante di Noche Oscura per una leggerezza tutta primaverile - "for a pastoral grace of exceptio­ nal delicacy", osserva il Waterhouse (87) - per una totale astrazione da contenuti extra-musicali, per una maggiore malleabilità e trasfigurazione dei disegni ri tmici e melodici, per la varietà degli atteggiamenti , per l'ostentata tradizionalità dell'organico orchestr~ le e per il suo misurato impiego. In sostanza, il condo concerto appare meno problematico della cantata che lo precede, e quasi una purificazione dell'aria scura l1 e un pOi soffocante che in ,essa domina. Se­ "~ Lavoro 108 inquietante Noche Oscura, teso a realizzare "espressi2 nisticamente" in musica il clima di forte misticismo della Spagna cattolica del Cinquecento: pia sereno, e permeato di valori puramente musicali, il Secondo concerto. Composto fra l'aprile e il dicembre 1951, esso cade in esatta coincidenza con il corso estivo di composi ­ zione tenuto da Petrassi al Mozarteum di Salisburgo e) fatto . notevole, con l'acquisto di due qua­ dri del Burri (88) che, pur utilizzando materiali anti pittorici, piacquero talmente al Petrassi collezioni ­ sta, da indurlo a riflettere quelle suggestioni, per lui affatto nuove e inaspettate, nei lavori seguenti. Da notare anche che il viaggio a Salisburgo è il primo di una serie di viaggi di lavoro che, nel giro di una decina d'anni, lo porteranno successivamente in In­ ghilterra, America Latina, Stati Uniti, Giappone, Bul­ 109 garia e Germania (cfr. Cap. 1). Periodo di progressive aperture, dunque, favorito dalla nuova situazione poli tica italiana e internazionale e dalle conseguenti ma~ giori possibilità di informazione e sperimentazione. "Bisogna precisare bene - dice Petrassi (89) - che nel 1930, ma dal '28' al '30, al 140, in tutto quel pe­ riodo non c1erano le proposte della scuola viennese. E rano, si può dire, confinate a una piccola area musica le della Mitteleuropa. D'altra parte ••• in quel perio­ do non si trovano tracce della scuola viennese in Fran eia, per esempio, non si trovano in Italia, e si dire non si trovano neanche in può Germania". Il caso della Scuola di Vienna, destinata ad avere il massi­ mo successo nell'Europa musicale del secondo periodo postbellico e ad impiantare le basi del moderno punti! lismo postweberniano, è significativo. Petrassi, abbia mo visto, ne subirà una chiara influenza, a partire dal Terzo concerto (cfr. Cap. 2),m~ già nella crisi de­ 110 gli anni '40 si nota come i l suo linguaggio tenda equiparare i diversi fa-ç,tgri, ad del suono (a cominciare dal timbro, d'ora in poi parte integrante e insostitui bile, qualche volta addirittura autosufficiente, della grammatica musicale) e a superare in modo sempre più definitivo la tecnica del tema e dello sviluppo temati co. Il Secondo concerto è come una pausa di meditazione j in questo cammino, volutamente disadorna - anche non completamente, come si "vedrà - dei contenuti se e­ spressivi e "umani" del Coro di morti o di Noche Oscu­ ~, protesa, invece, ai valori pu~amente tecnici e for mali. Per questo aspetto, almeno, occorre considerarlo prosecuzione ideale delle Invenzioni per pianoforte,del Dialogo angelico per due flauti e, soprattutto, della Sonata da camera per clavicembalo e dieci strumenti(an ni '44 ••• '48), assai più che dei capolavori te riconosciuti, quali Coro di mOl;'t1, i due· generalme~ balletti 111 e la cantata Noche Oscura. La conoscenza di questi ultimi è si indispensabile, per cogliere il processo di mutazione che dagli anni '30 ha condotto al secondo gruppo di Concerti, ma il Secondo concerto potrà appa­ rire un'involuzione rispetto ad essi, se non si tiene conto del clima e degli intendimenti del tutto diversi che lo animano. Qui,a Petrassi non interessano piU contenuti umani e morali di Coro di morti o di i Noche Oscura, bensi il puro e disinteressato far musica, una scelta e una necessità che molto spesso si pongono lun . go il suo cammino. Ma vediamo da vicino com'è strutturato questo con­ certo (90). Quattro parti, o movimenti, in soluzione di continuità: primo movimento "Calmo e sereno" e "Molto poi mosso, con vivacità", secondo movimento IIAlle­ gretto tranquillo (con spirito)", terzo "Molto calmo, quasi adagio", quarto "Presto". Notiamo subito come le 112 indicazioni agogiche rappresentino, più esplicitamente che non nel (Primo) Concerto, lo spirito del lavoro. "Calmo e sereno" o "Molto calmo, quasi adagio" non pr~ cisano la rapidità metronomica del brano - come, inve­ ce, accadeva nelle indicazioni di (Primo) Concerto;"Al legro", "Adagio", ",Tempo di Marcia" -, ma informano dell'atteggiamento spirituale con cui l'interprete de­ ve porsi di fronte alla pagina di musica. El segno, questo, di una più spiccata intenzione espressiva "umana" che, dagli anni '40 in poi, anche nei e lavori che meno sembrano risentire degli influssi esteriori, sarà sempre presente in Petrassi. (La dettagliata se ­ gnalazione del tempo voluto dall'autore è, invece, ag­ giunta tra parentesi con l'inequivocabile indicazione numerica riferita al metronomo) • Così, tutti i quattro movimenti, oltre a rivelare un'internamobilità agogica e una varietà dinamica più accentuate che in (Primo) Concerto, recano frequenti i!!, 113 dicaziQni tecnico-strumentali, unite ad altre di tipo espressivo, come il "senza vibrare sereno" dei violini, a mis. 2, o il "dolcemente staccato" dell'oboe e corni, a mis. 19, il "con grazia" del flauto, a dei miss. 101 - 102; accompagnato da una dinamica e un fraseggio meticolosamente annotati, il "poco sf, p e dolce" del primo corno, a mis. 250, il "sciolte - leggero" (sic) delle semicrome degli archi, a miss. 305 e seguenti ••• L'aspetto tecnico appare in funzione di un'espressivi­ tà più o meno sotterranea, memore, il primo, delle strazioni" della Sonata da camera per clavicembalo It a­ e dieci strumenti del '48, e, la seconda, dei due ballet ti, di Morte dell'aria e, soprattutto, di Noche Oscura ('42 .•• '51). I due/aspetti si compenetrano in un equi­ librio sottile e poco evidente alla superficie. La sutura dei quattro movimenti è sempre segnata dal progressivo estinguersi del movimento precedente e da un ponte di transizione, che suggerisce all'ascoltato­ 114 re uno stimolante senso di attesa, così come risulta a miss. 97 ••• 99 (sutura fra primo e secondo movimento),a miss. 206 (o 199) ••• 212 (sutura fra secondo e terzo) e a miss. 289 ••• 293 (sutura fra terzo e quarto). La sol~ zione rapsodica non toglie, comunque, che il concerto sia chiaramente quadripartito, secondo la tradizionale successione di Adagio - Allegro! Allegretto! Adagio!A! legro (se pure i due movimenti centrali siano inverti­ ti rispetto alla impostaziòne "classica", inversione già per altro adottata dai compositori di fine Qttoce~ to e dallo stesso Beethoven, nell'ultima sinfonia). A proposito di tradizione, un'~ltra constatazione è inevitabile, se si fa caso all'organico dell'orchestra, che è l'organico delle ultime sinfonie di "papà Haydn". Due flauti (il secondo anche ottavino), due oboi, due clarinetti in si bemolle, due fagotti, due corni in fa, due trombe in do, timpani (uniche percussioni, ~ssenti ancora nel (Primo) Concerto), archi (dove, pera, i vi2 115 lini - unica anomalia - sono costantemente divisi a tre). Si riconferma, anche in questo dato puramente e­ steriore, l'intento di utilizzare i mezzi della più stentata tradizione. E' chiaramente polemica la pressione dell'apparato percussivo 0­ sop­ in (Primo) Concer­ to, come non può sfùggire che, impiegando, in Secondo concerto, proprio al principio degli anni '50 (gli an­ ni di Darmstadt e del postwebernismo), un organico ad­ dirittura settecentesco, Petrassi si colloca nella po­ sizione di "alfiere del ritorno", evidentemente contra rio ,alla moda disfattista dell' "anno zero". Qualche a!!, no dopo,egli dirà, (91): IIIl punto è sempre uno solo: accettare la tradizione attiva e rifiutare. quella pas­ siva", in questo trovandosi perfettamente concorde con musicisti a lui contemporanei, come Luigi Dallapiccola o, IItrans oceanum Un'ultim~ ll , Elliot Carter. considerazione di carattere generale guarda la spazialità grafica .. e,naturalmente, il ri­ suo 116 riscontro auditivo. "Non c1è dubbio che llordine este­ riore della pagina musicale rifletta un ordine interio re piU profondo" mi disse Petrassi in un colloquio (92). Ora, sembra che egli abbia sempre prestato fede a que­ sta posizione, specie nei momenti culminanti dei primi due decenni creativi, con il Magnificat del 139 - 140 e con la tragedia e la cantata del 149 ••• 1 51. In Morte dell1aria e Noche Oscura, in particoalre, la greve mo­ nocromia ambientale è resa anche visivamente sulla paE titura, mentre il precedente Coro di morti (141) ri­ flette, nella schematica ed elementare disposizione dei segni, lliniziale e disorient'ata ricerca di un or­ dine a venire (il che non toglie, ed anzi forse accre­ sce, la suggestività del lavoro). In Secondo viceversa, llacquisita ordinata eleganza concerto, delliarticol~ zione visiva della pagina corrisponde ai criteri di una condotta musicale varia e stimolante, anche se com plessivamente omogenea. 117 Frequenti, nel primo, secondo e quarto movimento,le ostinate iterazioni ritmiche (e ritmico - melodiche) ,~ tilizzate quale sostegno e impulso motorio delle li­ nee melodiche generalmente soprastanti. Si tratta di figurazioni che conferiscono alla pagina musicale e al l'ascolto un organico "continuum" visivo e sonoro. Co­ sì a miss. 18 e seguenti (dove sono riscontrabili "continua", due uno ai violoncelli e l'altro ai corni),a miss. 52 e seguenti (ai timpani, che ribattono ostina­ tamente un mi bemolle in ppp, presto accostati ai vio­ loncelli, che contrappuntano per moto congiunto obli­ quo e ascendente), a miss. 77 ••• 80 (sempre ai timpani), a miss. 81 - 82 e 87 - 88, a miss. 100 ••• 137 (ai violi ni divisi a tre, che ribattono, senza sosta, per tren­ totto misure, triadi perfette di semiminime), e via di cendo. Già in (Primo) Concerto, l'espediente delle note ri battut;e e quello del "continuum" ritmico, di ascenden­ 118 za nettamente stravinskiana, erano abbondantementesfrut tati. Ma qui, specie nel primo movimento, tale mezzo tecnico supera ogni ascendenza immediata, non solo que! la di Stravinskij, ma anche di Hindemith (vedi l'esor­ dio della Kammermusik n. 1~ (Primo) Concerto sfoggiava un'esultanza ritmica che suggeriva, a un critico del­ l'epoca, la metafora del Petrassi "ritmo personifica ',"", to" (93); molta strada è stata fatta per arrivare a Secondo concerto, dove il senso dell'unità ed organic! tà formale non è più dato, essenzialmente, dall'inarre stabile motorietà ritmica (nonchè dalla costanza agog! ca e dinamica e dal brulichio di elementi "tematici"ri correnti), ma dall'attento dosaggio di elementi pura ­ mente ritmici che, insieme ad altri di carattere pro­ priamente tematico, ricorrono insistenti e ripetitivi, completi o frammentati. Esemplifichiamo, prendendo in considerazione il pr! mo movimento. Due sono le sezioni, principali in cui 119 questo si suddivide: "Calmo "Molto mosso. e sereno ll (miss. 1 ••• 63)e con vivacità" (miss. 64 ••• 99). Lo schema ricorda un pOi quello delle sinfonie classiche, talvol ta precedute da un Adagia (ma qui il "Molto mosso ...... seguente è meno esteso del IICalmo e sereno ll introdutti vo). Ci sono almeno' due e:bementi "puramente ritmici" , senza alcuna funzione tematica e, però, ricorrenti e parte integrante dell'organizzazione unitaria del movi mento. Il più importante è quello che compare la prima volta a mise 12, nella .parte dei violini primi, e che percorre tutto il movimento, non esclusa la seconda parte, anche incompleto, sotto fO,rma di tre crome rapi damente ribattute (miss. 25, 26, 27, 31, 64, 70, 71 etc); anche il secondo si presenta la prima volta a mise 12, nella parte dei violoncelli, ed è una succes­ sione di semiminime ribattute (per questo, si può an­ che considerare, essendo nel tempo 9/4 le semiminime ribattute a tre a tre, un allargamento della seconda ~ 120 zione del primo elemento ritmico). A questi elementi "puramente ritmici", assenti comunque più elatentari che nel (Pr,imo) Concerto ,si trappuntano quelli propriamente "tematici". E, o con­ forse, qui l'attributo "tematico" ha anche maggior ragione di impiego che non nel' (Primo) Concerto, poichè l'elemen­ to iniziale, proposto a miss. 2 ••• 8,secondo movenze che stanno a mezzo fra il ricercare cinquecentesco e la composizione pastorale, ha davvero i tratti e la com­ piutezza di un tema assoggettabile a prossimi sviluppi, . che di fatto non ci saranno. Questo elemento iniziale, dunque, è assai più che una semplice cellula, ritmica e melodica, e ricorre" spezzato in due tronconi e, spesso, per moto contrario, lungo tutto il brano. Le battute 2 ••• 18 - chè la prima è occupata dal consueto "signum" d'introduzione, questa volta non più un bicordo disso­ nante, ma un unico "mi" affidato a tutti gli strumenti dell'orchestra, tranne i fagotti ·e i contrabbassi - so 121 no "giocate" su questo primo elemento, che si contrap­ punta diversamente con se stesso e con il primo elemen to ritmico. Il primo troncone di esso riapparirà miss. 25, 46 e 49, 70, 73, 74; il secondo (vedi a parte dei violini primi, a miss. 7 e 8) alle miss. 28, 46 e 49 (sovrapposto al primo troncone), 50, 51 etc. Altri elementi "tematici" ricorrenti, ma meno com­ piuti nella loro enunciazione, si notano la prima volta a miss. 19 e 21 (oboe), 28 (flauto), 66 (clarinetti e violini). A riguardo di quest'ultimo elemento, rapida sequenza di terzine di crome, è notevole rilevare che si tratta di un'autentica successione dodecafonica,non certo casuale se viene integralmente ripetuta per al­ tre tre volte nel corso del movimento (a miss. 90 e 91). Se non andiamo errati, è questa la seconda volta che Petrassi inserisce fuggevolmente in un suo lavoro una serie dodecafonica, per altro non sfruttata nelle pro­ prie potenzialità organizzative: la prima è in Noche 122 Oscura (cfr. miss. 9 e 10, alla parte dei violini se­ condi) • Che la matrice seriale dodecafonica aleggi per tut­ to questo primo movimento è, d'altra parte, evidente: il primo elemento "tematico" interrompe la sequenza riale all'undicesima nota, e l'elemento che s~ compare all'oboe, a mis. 19, sgrana una serie di dieci note.La fisionomia delle linee melodiche assume, di conseguen­ za, un'analogia più schonberghiana che hindemithiana(a differenza del (Primo) Concerto), lontana, ormai, diatonismo arcaicizzante dei primi lavori dal e, invece, ricca di cromatismi e di frequenti esposizioni del totale cromatico. Come accade in genere, nella pratica seriale schonberghiana, gli artifici contrappuntistici e i procedimenti imitativi sono molto più scaltriti che non nel (Primo) Concerto, ma il contesto orizzonta le e verticale dei suoni rimanda decisamente a un libe ro atonalismo, ormai quasi del tutto sgravato dell'ip2. 123 teca nazionalistica degli anni '30. C'è, per la verità, in tutto il concerto, una sorta di gravitazione tonale intorno alla not.Ft "mi" , che nel primo movimento domina incontrastata le prime due misu re, per riapparire, in posizione di rilievo, a miss. 7 (viole), 10 (violini primi e celli, poi violini secon­ di), 12 (violini secondi), 21 (oboe), 26 (flauto, cla­ rinetto primo, fagotto) •• ~ e, in conclusione,alle miss. 95 ••• 99, nella parte dei timpani. Si pU~lanzi, sostene re che il primo e, soprattutto, l'ultimo tempo del con certo iniziano e finiscono nella tonalità di mi minore. Nel complesso, tuttavia, il "mi" risulta niente più che una nota ostinatamente presente, ma sganciata dai con­ catenamenti tonali; per questo, rimanda senz'altro "Grundton" o "suono fondamentale", teorizzato "Unterweisung in Tonsatz Il (' 37 ••• ' 39) di Paul al nella Hinde~­ mit,h. Due parole ancora sulla timbrica di questo movimen­ 124 to. L'orchestra, s'è detto, è quella di haydniana mem~ ria. Petrassi ne usa secondo i ruoli strumentali consa crati dalla tradizione: agli archi, che intervengono con entrate sca1ari in imitazione, è affidata l'ampia e serena enunciazione delle prime diciotto misure; timbro dolce e pene~rante dell'oboe, punteggiato il dal morbido staccato dei corni e dal fremere inquieto del­ la prima viola al pontice110, dipana, a miss. 19 ••• 25, una nuova distesa linea melodica, poi ripresa dalla tromba (miss. 30 e 31) e dal flauto (miss. 34 e 35) ;i1 fraseggio proposto al primo elemento ritmico, a miss. 9 e seguenti, è fra i pia ovvi e naturali per uno stru mento ad arco, e, difatti, per tutto il movimento quel l'elemento è affidato agli archi (tranne una rapidissi ma citazione dei legni, a mis. 88); l'effetto "lique ­ scente" del timbro dei clarinetti è reso, a rniss. 54 e 55, con l'adozione di ampi intervalli i frequenti i "r~, mantici" tremoli agli archi; i timpani, a tre caldaie, . 125 sono impiegati con moderazione e in modo tutt'altro virtuosisticoi attento il rapporto dei timbri e ~ delle intensità, tale da evidenziare, anche nello spessore degli amalgami, i singoli interventi strumentali ••• Rispetto a (Primo)' Concerto, i raddoppi delle parti sono molto meno praticati, i contrabbassi sono impiega ti quasi sempre autonomamente e senza ricalcare la li­ nea dei violoncelli, il carattere dialettico - concer­ tante è più disinvolto, meno legato agli schemi di una rigida partizione dei blocchi strumentali, la cono scenza delle possibilità tecniche ed espressive degli strumenti si dimostra più ampia, ,specie nel costante ricorso a suoni frullati. (vedi la seconda sezione del movimento, alla parte dei flauti e, due volte soltanto, a miss. 45 e 80, a quella dei clarinetti), armonici na turali ed artificiali degli archi, alternanza di arco e di pizzicato, tremoli e note ribattute, uso dell'ar­ co al ponticello e sulla tastiera, sordina agli ottoni 126 e agli archi. Tutta una gamma di effetti inutilizzati da Petrassi negli anni '30, e che si spiega con il la­ voro di ricerca del decennio successivo: rimandiam~per l'approfondita conoscenza del flauto, al Dialogo ange­ lico, per quella degli archi, alla Sonata da camera e, per l'acquisizione 'di una sensibilità sempre più pro ­ nunciata verso i valori timbrici fatti protagonisti,ai due balletti La follia di Orlando e Ritratto di Don Chisciotte. Gli altri tre movimenti, a nostro avviso, vivono del riflesso del primo. Il materiale ritmico e temati­ co, e naturalmente quello timbriqo, sono in parte de­ sunti dal movimento iniziale, ricordando la forma ci­ clica dei romantici. Dino Villatico nelle note di copeE, tina a un disco che reca inciso il ,Secondo concerto (94), parla di "fascia sonora che si perpetua per autogermi­ nazione". E, infatti, le triad1 armoniche ribattute dai violini divisi, nel secondo movimento - un "Allegretto 127 tranquillo (con spirito)" in forma tripartita con una sezione centrale di sviluppo (miss. 146 ••• 185) e ,la breve falsa ripresa, o coda, a conclusione (miss. 186 .•• 205 (o 198» seguita dal ponte al movimento succes­ sivo - riprendono il secondo elemento ritmico del pri­ mo tempo, mentre l''',incipit'' del flauto è tratto da un inciso più volte ricorrente nel "Calmo e sereno" ini ­ ziale (miss. 5, 7, 8, 10, 14 ••. 95, 96, 98), e così figurazione (ovv. (OVV. r.-l........ ) I· m ), o la quella . Il terzo movimento, "Molto calmo, quadi adagio" una sorta di rondò il cui ritornello, appena accennato da clarinetti e fagotti per moto contrario, a miss. 227 ••• 229, ritorna in evidenza a miss. 263 e 279 ri propone in chiave ••• "natalizia" le soluzioni ritmiche di sapore vagamente pastorale del primo movimento, anzi cita testualmente, a miss. 268 ••• 271 (parte ed del primo fagotto), l'elemento tematico introdotto dall'o­ 128 boe a mis. 19. L'''incipit" del flauto, di cui si parI,!!, va a proposito del secondo movimento, e, quasi inte­ gralmente, l'elemento tematico esposto dagli archi al­ l'inizio del primo tempo vengono ripresi nel "Presto" finale (rispettivamente a miss. 320 ••• e a miss.368 •• ), dove interviene anche la figurazione ritmico - melodi­ ca comparsa la prima volta fra le misure 105 e 106 e la quartina di semicrome già incontrata di sfuggita nel primo tempo, a miss. 18 e 35; su di essa, è fondato lo intero quarto movimento, il più effettistico e immedia to, forse anche il più superficiale. In conclusione, se il Secondo concerto per orch~a - come dice Mario Bortolotto (95) - "non manifesta pro positi di rinnovamento ••. (nonostante la) porta violen temente spalancata sul futuro (dalla precedente canta­ ta Noche Oscura)", non è, forse, sulla traiettoria di quest'ultima e delle composizioni. più "espressive" di 129 Petrassi che bisogna collocare il presente lavoro. ~eE ma restanto l'indubbia mutazione rispetto a (Primo)Con­ certo, qui respiriamo la medesima aria di astrazione (che è anche quella della Sonata da camera ~o e del Dialo­ angelico, la vera traiettoria da seguire), con in più un'emotività vibratile di cui sono carichi, soprat , tutto, il primo e il terzo movimento. Certo, non si tratta di un lavoro rivoluzionario, ma allora non lo fu nemmeno la Partita del lontano '32, riferibile a un preciso contesto e a precise ascendenze; e forse an che Noche Oscura non fu che una svolta - per altro pr2 gre s s i v amen te raggiunta - semplicemente all'interno della produzione di Petrassi, un capolavoro che par- la a chiare lettere e in modo personalissimo, perO sen za traumi o scoperte polemiche. Anche in Secondo concerto le ascendenze possono es­ sere indicate con sufficiente precisione. Ascendenze neoclassiche, prima di tutto, e cioè a Stravinskij, a 130 Hindermith e al loro mediatore italiano Casella (scom­ parso nel '47). Esse sono evidenti nella lucida impo ­ stazione formale, nella funzionalità di ogni minimo e­ lemento (ritmico, melodico, timbrico ••• ), nella "pure~ za sonora" (96), persino nella meticolosa spaziatura steriore della pagi~a. ~ Nel senso scontato del termine, il secondo movimento è il più neoclassico. L'adozione, invece, di un cromatismo che, nel corso degli anni, si è fatto in Petrassi sempre più consi­ stente, fa sì che la fisionomia dei disegni melodici e la loro combinazione verticale assumano, ora/analogie più schonberghiane che hindemithiane (e pensare che Schonberg, a detta di Petrassi, non suscitò mai, nè su scita tuttora le sue simpatie ••• ). Notevole è, poi - cosa che non ci risulta essere stata osservata da altri -, l'influsso bartokiano del finale, specie per i passaggi cromatici delle semicro­ me, che rarranentano l' ul timo tempo, anch' esso un "Pre 131 sto", del Concerto per orchestra di B~la Bart&k (del '49). D'altra parte, Petrassi conosceva e stimava Bar­ t6k dagli anni della sovrintendenza alla Fenice, quan­ do lo aveva invitato a Venezia ad eseguire la Sonata per due pianoforti e percussione, e, se anche il tribu to maggiore Petrassi lo doveva ancora versare con il Quarto concerto, di tre anni posteriore, già negli an­ ni '40 e al principio di quelli '50 egli non si mostrato del tutto insensibile ai modi del grande era col~·~ lega ungherese. Al quale, fra l'altro, lo accomunavano il vigoroso senso ritmico, il gusto per una dialettica rude e fortemente chiaroscurata e l'acuto interesse questo, per la verità, specialmente in Bart~k - per la musica popolare. (Un'interessante,e finora ignorata, prospettiva di ricerca potrebbe essere questa: rileva­ re gli influssi della musica popolare nella primissima ppoduzione di Petrassi, quella risalente ai Canti del­ la campagna romana, per intenderei, o poco dopo) • 132 6. Récréation concertante (Terzo concerto) Fra l'ottobre '51 e l'ottobre 152, fra le battute di Secondo concerto e le prime di ultime Récréation concertante (Terzo concerto), Petrassi scrive i Cinque duetti per due violoncelli, inediti e dedicati al vio­ loncellista Enrico Mainardi, suo collega ai corsi del Mozarteum di Salisburgo, nell'estate '51, i piU famosi Nonsense per coro a cappella, sugli spassosi testi Edward Lear di tradotti da Carlo Izzo e un Gloria in ex­ celsis Deo per soprano, flauto e organo, anch'esso ine dito. Nient'altro. Lavori relativamente di modesto im­ pegno, che docurcentano, riodo precedente, dopo le grandi opere del pe­ un rallentamento nell'attività creativa di Petrassi. Parallelamente, proseguono i viaggi all'estero, a Basj.,lea, per presenziare alla pri ma di Secondo concerto (commisionatogli. dal direttore sta bile della Basler Kammerorchester, Paul Sacher) e a 133 Londra, per dirigere un concerto di proprie con l'orchestra della C'erano tutti i musiche aac. presupposti per attendersi una vi­ rata, o, quanto meno, un mutamento, nella successiva produzione. Ma, forse, nessuno avrebbe potuto pronosti care una frattura c9sì apparentemente netta. Apparent~ mente: l'adozione del sistema seriale, già per altro impiegato in Italia da un campione della dodecafonia co me Luigi Dallapiccola, fin dal 1937 (con le Tre laudi per voce acuta e orchestra da.camera), non ha nulla di traumatico nè di stranamente capriccioso. in Petrassi. Il confronto con Stravinskij - che, notoriamente,aE. plic~ pochi mesi prima di Petrassi il metodo schon ­ berghiano, fra lo stupore di tutti-non va al di là della superficie. Vero che nè l'uno nè l'altro rinnegarono, per questo, la loro propria natura, già chiaramente de nunciata nelle opere precedenti - neoclassicismo anti­ romantico e antischonberghiano che, in Stravinskij, si 134 caratterizzava per una ritmica brillante e asimmetrica, per lo smaccato tonalismo (o politonalismo, ma U prin­ cipio è pur sempre quello della tonalità), l'"inespre~ sività" e la politezza formale, l'ammiccamento ironico ••• mentre, in Petrassi, il neoclassicismo d'oltralpe, quello di Hindemith'e di Stravinskij, mediato dal v~­ satile Casella, coincideva con la progressiva ricerca di espressione e con il coinvolgimento emotivo del com positore, con il distacco sempre maggiore dai canoni della tonalità e dalla "regola dell'ottava" (97), con un'informazione culturale e artistica man mano trascel ta e applicata in modo da sfuggire a ogni normale si­ stemazione ••• -. Ma proprio perchè non rinnegarono la propria natura, il riferimento è reso ancora più diffi cile e improbabile, limitato a una mera coincidenza tem porale e all'adozione tutt'altro che rigida e dogmati­ ca della serialità. Sicchè, la stravinskiana Cantata per soprano, teno­ 135 re, coro femminile e piccolo complesso strumentale(del '51 - '52) è la prima opera dodecafonica di chi voleva e poteva permettersi di provare anche questa esperien­ za, quella sch8nberghiana precedentemente contraddetta a livello di interviste e articoli e accese polemiche nonchè a livello artistico-creativo, dove il neoclassi cismo stravinskiano doveva trovare la più compiuta spressione proprio nell'opera in tre atti e­ 'l?he Rake' s Progress ('48 •.. '51), ultimata nello stesso anno della imprevedibile "conversione"; Récréation concertante (Terzo concerto), di pochi mesi posteriore alla Canta­ ta di Stravinskij, è uno dei possibili sviluppi logici cui i lavori precedenti di Petrassi hanno progressiva­ mente condotto. La natura di Petrassi non ha nulla che vedere con quella di Stravinskij, il rife~imento neo ­ classico, specie nei primi lavori, e, dunque, il rife­ rimento allo Stravinskij seconda maniera del periodo interbellico, è d'obbligo, ma ha un senso fondamentale 136 categoriale, che non tocca il temperamento personale di petrassi1assai meno propenso di quello stravinskia­ no all'ironia e allo sberleffo. "••• prima di chiudere il suo periodo neoclassico ­ sostiene Roman Vlad nella sua monografia stravinskiana (98) -, Stravinskij ne ha tratto le ultime conseguenze; ne ha riassunto i modi più tipici in una vasta opera che ne potesse costituire quasi un coronamento.... , la inattesa "sterzata" dopo The Rake's Progress e (e in realtà, comprensibile, se si tiene conto che) in Stra vinskij si assiste ad un processo di segreta germina ­ zione di elementi che, arrivati a maturazione, si mani festano in modo improvviso e sorprendente per chi aveva potuto rendersi conto di tutto quel lento non proce~ so di incubazione". Sarà. Ma quel "processo di incuba­ zione", più che "lento", ci appare talmente arcano e sotterraneo, che davvero c'è di che stupirsi e non più raccapezzarsi quando emerge di prepotenza alla luce, 137 come da una grotta inarrivabile. Viceversa, crediamo che critici della vecchia guar­ dia, come Fedele D'Amico e Gianandrea Gavazzeni, rima­ sti disorientati di fronte alle nuove prospettive del linguaggio petrassiano degli anni '50, si ostinino negare l'evidenza di un filo continuo e sempre a distes~ che non ne vuoI sapere di aggrovigliarsi in un medesi­ mo punto. Petrassi non si arresta mai, muta costante ­ mente come uomo e come artista, e muta secondo una di­ rezione rettilinea, senza clamori nè colpi di testa: non possiamo chiedergli di fermarsi e di ripetere stesso; quando lo ha fatto, nel (Primo) Concerto:~ se per orchestra e nel Concerto per pianoforte e orchestra de gli ormai lontani anni '30, i critici più sensibili lo hanno immediatamente rimbrottato, ed egli stesso ha ri conosciuto la fondatezza delle loro critiche. Allostes so modo, quando nell'ambizioso atto unico Morte ria déll~a­ (del' 4.9) egli varcO i limiti della propria genu! 138 na ispirazione, sconfinando nel campo a lui poco conge niale della speculazione metafisica, dovette far subi­ to macchina indietro per riprendere la normale traiet­ toria, con Noche Oscura e il secondo gruppo di Concer­ ti per orchestra (99). Sta~ per dire che Récreation concertante (Terzo 'concerto), come tutti i lavori di Petrassi maggiormente riusciti, potrebbe recare il (sotto) titolo - che, però, forse parafrasa troppe co­ se contemporaneamente ••• - di "The Work in Progress". Un lucido profilo di questo aspetto della personali tà petrassiana è contenuto, in uno scritto di Guido Tu!, chi (100): It(Per Petrassi.) i problemi sono una sorta di stimolo, ossia un principio attivo: essi pertanto contano non per ricercare soluzioni che possono condur re a esplorare e scoprire "nuove terre", ma soltanto per dare alimento al suo bisogno di parlare in e con la musica, tanto musica meglio se con parole non 10g.2, re ••• (L'originalità del suo stile) consiste in una in 139 consapevole e infallibile operazione ricreativa che imprime una specie di "verginità 11 , di giovanile fre­ schezza, per dir cosi semantica, a quanto.il composit2, re ha desunto dalle maggiori correnti musicali del no­ stro secolo con cui via via è venuto in contatto. Sic­ chè egli non identi'fica mai le proprietà del suo lin­ guaggio con le varie soluzioni proposte dalla musica di ieri e di oggi, il che fra l'altro spiega la compl~ ta asistematicità di tale linguaggio. I dati idiomati­ ci e lessicali in quel modo desunti vengono privati ~ le loro radici, etniche o culturali o intellettuali che siano, per essere assorbiti entr~ un discorso dove do­ minano sovrani l'emozione primigenia del suono, il pi~ cere sensuale di esso ll • Si è visto come Petrassi si sia progressivamente a! francato,nei lavori precedenti, dal diatonismo modale­ tonale di tipo hindemithiano, in favore di un sempre più accentuato cromatismo (cfr. Cap. 2). Il conseguen­ 140 te approdo alla dodecafonia è, senza dubbio, il I.fatto più appariscente di questo processo di mutazione, ma non bisogna esaltarne troppo l'importanza. Esso non f~ innanzi tutto, un approdo durevole e, tanto meno, defi­ nitivo; fu subordinato a mille condizioni e compromes­ si; non divenne mai' il fondamentale criterio organizz~ tivo di un lavoro (valendosi Petrassi, anche in Ter­ zo •.• Sesto concerto, di un .eclettismo assolutamente personale e atipico); i più sofisticati artifici con ­ trappuntistici - quelli che Boris Porena chiama. con felice espressione, "manipolazioni fianuninghe, inver ­ sione, retrogradazione, ecc." (10') - non vengono mai abusati, sfuggendo, così, a ogni senso di aridità e di sfizioso cerebralismo; l'aspetto tecnico e artigianale è funzianalizzato a quello espressivo, fondato non su un'aura grevemente "espressionistica", ma su una net.­ tissima "neoclassica" contrapposizione di stati emoti­ vi di tensione e distensione. Che. ciO si realizzi tra­ 141 mite l'''arcaismo neofrescobaldiano" dei primi lavori o la cruda e "disorientata" elementarità di Coro di mor­ ti o, ancora/con la parziale adozione della tecnica seriale di Récréation concertante (Terzo concerto), po co importa. Resta da puntualizzare in quali termini consistano la parziale adozione del sistema dodecafonico e le con dizioni cui lo ha sottoposto Petrassi. El un argomento che si dà solitamente per scontato o, tuttlal più, si risolve in pochi e vaghi accenni, senza precisare come egli abbia affrontato tecnicamente il nuovo approccio con un tipo compositivo così lontano dalla propria se~ sibilità e formazione. Su di esso vale, forse, la pena di soffermarsi. Per ~etrassi, innanzittutto, la serie non è mai "conditio sine qua non" è strutturato un suo e, difatti, neppure Ter20 e Sesto conce~to, la lavoro; che sono le composizioni di Petrassi più vicine alliortodossia 142 seriale, utilizzano la serie delle dodici note iniziaI mente esposta quale criterio organizzativo dell'intero lavoro, ed anzi nemmeno del singolo movimento. Piutto­ sto, in essi si assiste a un'eclettica commistione di elementi cromatici e seriali) "pares inter parestI, con elementi diatonici, o liberamente cromatici, qualche volta addirittura tonali o modali (gli "agili ma fer­ rei piloni tonali, o piuttosto polarità nettissime ll cui parla Mario Bortolotto nel già citato saggio di "Il cammino di Goffredo Petrassi" (102». Petrassi non si fa, dunque, scrupolo di inserire nel bel mezzo dell'impianto seriale un divertito episodio giocato sul ricorrente intervallo melodico e armonico di terza, notoriamente il meno canonico in un sistema che vuoI ribaltare la tonalità e la modalità tradizio­ nali, o una successione di triadi armoniche "perfette" (secondo l'accezione dei trattatisti), o il impiego dell'intervallo reiterato melodico' e armonico di ottav~ 143 per lo più bandito dai dodecafonici integrali •• Lo spi rito petrassiano è}poi, tanto distante dai tentativi "para-stilistici" e dalla intenzionale dello Stravinskij sia neoclassico sia Il inespressività" dodecafonico,qua~ to lo è dall'espressionismo della Scuola di Vienna. Pe trassi non ama il dogmatismo sch5nberghiano - di quel­ lo Sch5nberg che, "così come Cristo nel Giudizio Uni ­ versale di Michelangelo, eleva i buoni e condanna i cat tivi ll (103) - e, se-anche rimane profondamente affasc!, nato dal lirismo di Berg e stimolato dalla logica e stringente consequenzialità degli sviluppi artistici di Webern, e del puntillismo weberniano, in fondo stranee gli sono la patetica "recherche" berghiana "e­ o la weberniana utopia di un universo cristallino" (104) • Non meraviglia, allora, se il sistema sch5nberghia­ no delle dodici note, oltre a non essere la ragione tec nica portante di alcun lavoro di Petrassi, subisce de­ cisive amputazioni e trasfiguraz!oni. La sequenza dode 144 cafonica è rivestita, così,di un messaggio ritmico e melodico {ricorrendo spesso nella medesima pregnate for ma ritmica e secondo medesimi intervalli melodici, ri­ conoscibili e non rivoltati}, che percorre in modo chia ramente individuabile parte della composizione. E' il caso, si può dire, di tutti i lavori "dodecafonici" di Petrassi, da Terzo a Quinto a Sesto concerto, in cui la serie è assai più che una successione di semplici intervalli e assume chiara valenza motivico-tematica , in ciò favorita, o comunque caratterizzata, da una rit mica relativamente costante e regolare, qualche volta anche rude e spigolosa {retaggio ,dei lavori giovanili} e, in genere, di immediata acquisizione, che è quanto di più lontano si possa pensare dalla concezione ritmi ca dello "Sch6nbergkreis". Ma le amputazioni e trasfigurazioni di cui si detto consistono ancora altrove. La prima e più te è che è evide~ talora, come in QUinto 'e in Sesto concerto', la 145 enunciazione iniziale della serie non esaurisce il to­ tale croma.tico e risulta essere, invece, una successi~ ne endecafonica <Sesto concerto) o, addirittura, esafo nica (Quinto concerto), anche se la serie verrà poi completata, in maniera francamente impercettibile, una settantina di misure dopo). E non si tratta di tronco­ ni di serie, oppure potrebbero considerarsi tronconi di una serie immaginaria . che, irtberrotta e mai ripresa, non si udrà mai con chiarezza e interamente. Un altro fatto è notevole; che, data una successio­ ne seriale (sia essa dodecafonica o endecafonica o esa fonica), Petrassi usa spesso frammentarla e citarne i­ solate frazioni, anzichè riprenderla nella sua integri tà, qualche volta traendone spunto per un'insistenz~ ripetitiva che acquista un senso più ritmico-motorio che intervallare,. e rimanda agli elementari "continu~" ritmici di Secondo concerto. In questo, e nell'impiego più rettilineo e .percepibile degli artifici contrappu~ 146 tistici, sta un'altra differenza con la rigida applica zione schonberghiana, certo estranea a ogni sorta di primigenia istintività ritmica. Confrontiamo, inoltre, la disposizione intervallica interna alla serie di un lavoro di Schonberg e di di Petrassi, entrambi esemplari nella rispettiva uno ado­ zione del sistema dodecafonico. Le Variazioni op. per orchestra del '28, capolavoro indiscusso e 31 quasi antonomastico della codificazione schonberghiana, sono interamente costruite sulla seguente serie di dodici note: Riscontriamo la presenza di due intervalli diminuiti (si~-mi e doi -sol, essendo rei -~a assimilabile per e­ 147 narmonia a mib-fa), di tre intervalli di terza o del loro rivolto (fa# -re# ben ' fa-la e SOl# -si) e di cinque intervalli di tono o di semi tono (mi-fa# fa ovv. mib-fa, re-do# ,sol-sol# e si-do) . ,re:#'­ Mentre in Récréation concertante (Terzo concerto) la serie è: Qui, non ci sono intervalli diminuiti od eccedenti frequente è l'adozione dello "spurio" intervallo e di terza e del suo rivolto (sei volte: si~-sol, fa-re,re­ si, dO# -mi, mi-do e do-la, essendo queste ultime tre volte immediatamente successive l'una all'altra), men­ tre tre volte ricorre l'intervallo di semitono (alle no t~ 2, 3 e 4 in eccezionale successione cromatica) e u­ na quello di tono (si-do#). 148 Se vogliamo proseguire la statistica, per una volta crediamo non arida, analizzando col medesimo criterio la serie endecafonica presente in Sesto concerto) -'. 1 ( $~ • ~tcaveremo fu ~ _._- -- ------, - - - t • "• iJ= 5 " - ~""" ! l- ~ 9 -- _.-. ~~ -I I )~ conclusioni del tutto analoghe: completa senza di intervalli diminuiti ed ne a~ eccedenti (sOl# -do equivale, nel sistema terrperato , a 1a~-do), costanza de,! l'intervallo di terza o del suo rivolto (sol-si, sol# ' sol# -do si­ OVV. 1ab-do, do-mi, fai -la e 1a-do~, anche in questo caso presente per sei volte. e, di que­ ste, quattro e due consecutive) e quattro ricorsi a1­ l'intervallo di tono o di semitono e relativi rivolti (fa-sol, mi-fa# ' dO# -re# ' re# -re) • L'insistita presenza dell'intervallo di terza mag ­ 149 giore e minore (e del suo rivolto, intervallo di se­ sta) è, come si è già detto, lontano dalla pratica do­ decafonica e non può che richiamare a un'ambigua e scillante modalità mino-maggiore: al pantonalismo berghiano Petras'Si 0­ scho~ sembra unire un elementare e onni­ presente "pan-modalismo". Confermati dall' imprescindibi le movimento ritmico e dalla loro collocazione rispet­ to ai "battere" e ai "levare", sono ancora evidenti a!. cuni parallelismi melodici, o "microprogressioni". Co­ sì, gli intervalli di terza minore della enunciazione seriale di Récréation concertante (Terzo concerto) sono tutti disposti secondo un preciso schema ritmico e intercalati fra lot.o da una quartina di semi crome ( ~ - Fffì fff9 fffli ffFf Ffft ..... etc.), e, in Ses to concerto, i pr! ...... 5".( mi due intervalli di terza maggiore producono un in­ ')A.( 3C < nalzamento melodico di semitono,essendo entrambi nella 1~/tJ/w medesima situazione di arsi e di tesi (~ I I I, I --J-> - ~"> t ). 150 Questi parallelismi contribuiscono a privilegiare , in modo tutt'altro che conforme ai canoni del pancrom~ tismo dodecafonico, alcuni suoni che, nel caso specifi co di Terzo concerto, sono sib-sol-fa-re-do# -mi (re minore!) e, nel caso di Sesto concerto, sono sol-si sol # ovv. la~-do ,(do minore!). Si tratta , beninteso, di situazioni tonali assolutamente instabili e, an:?:i , inafferrabili, ma tuttavia decisive per stabilire l'e quidistanza di Petrassi tanto dalla tonalità quanto &d rigidi schemi della dodecafonia sch6nberghiana. Altri collegamenti con la tradizione si ravvisano nell'impiego di note extra-seriali, che hanno tutte le carte in regola per essere definite, come avrebbero fatto per assurdo un Theodore Dubois agli albori del nostro secolo, "note estranee all'armonia" ovvero, so~ prattutto, "note di appoggiatura", "note di volta" e "note di passaggio". Ma non bisogna, anche qui, insi ­ stervi anacronisticamente più di tanto, come non biso­ 151 gna che rilevare semplicemente, e considerare come un normale retaggio culturale, i possibili riferimenti al contesto armonico-tonale della tradizione. nat~ D'altra parte, la nostra sensibilità, chè, per ra o per acquisizione, non è certo portata alla parti­ zione dell'ottava in dodici semitoni, ingegnosamente (e gratuitamente) costretti a rivestirsi della medesi­ ma importanza, non può rinunciare a distinguere e a ~ larizzare l'attenzione su qualcosa, nella fattispecie . gerarchizzando, anche per un momento, due o più note. (Ricordo la definizione polemica che Edgar Varese, mu­ sicista pure cosi lontano da Petrassi, diede al tempe­ ramento equabile di "filo per tagliare l'ottava lt ) . ora,petrassi è un artista che rifiuta ogni forma so spetta di intellettualismo e che, soprattutto, non in­ tende sfuggire, quando compane, alla propria naturale sensibilità. Da Terzo concerto in avanti, egli trasfe­ risce la matrice dodecafonica in ogni propr:iolavoro, ma 152 il periodo di maggiore adesione - adesione per altro, come abbiamo esemplificato, del tutto personale e non poi CQsì determinante al fine dei caratteri del suo mutato linguaggio - è limitato fra il Terzo e il Se­ sto concerto. Dopo, sperimentato e fatto proprio an­ che questo aspetto dell'attuale civiltà musicale (im­ prescindibile, specie dagli anni '50 in poi), con il Quartetto per archi e la Serenata per flauto, viola, contrabbasso, clavicembalo e percussione (entrambi del '58), il Trio d'archi del '59 etc. egli si disferà ogni senso di obbligo informativo nei confronti di della dodecafonia, della quale manterrà, intatto solo lo spi­ rito di definitiva evasione tonale e la concezione in­ tervallica dei suoni. Detto questo, l'analisi di Récréation concertante (Terzo concerto) può avvenire su diversi piani, senza concentrarsi necessariamente sulla questione seriale.(105) 153 Formalmente, è anticipata la struttura del.'prossimo Quarto concerto, distinguendosi - in modo, però,tutt'a1 tro che sicuro, essendo ill.lavoro molto frammentato quattro movimenti ininterrotti, di cui il primo "Alle ­ gro sostenuto ed energico"/"Allegro spiritoso"/"Un po­ co più tranquillo/ a Tempo (Allegro spiritoso) "/"Tempo lI primo", il secondo "Molto mOderato"/"Quasi andantino"/ "Tranquillo (Poco meno del precedente) "/"Quasi andanti no"/"Tranquillo", il terzo "Vigoroso e ritmico"/ chissimo meno"/"Tempo, un poco più "Po­ comodo"/"Calmo"/"F~ rioso"/"Calmo"/"Furioso"/"Calmo"/"Tempo"/"Vivo e furio so"/"a Tempo"/"Comodo"/"Più aalmo"/"Adagio moderato", il quarto "Allegretto sereno"/"Poco meno"/"Calmo"/"So­ stenuto". Abbiamo indicato con completezza le agogiche relative ai singoli movimenti per significare l'estre­ ma mutevolezza e dinamicità di un concerto che a ragio ne il Waterhouse definisce "bold and colourful". (106) Uniti al frequente cambiamento di tempo (nel primo "Al 154 legro spiritoso" si contano ventuno cambiamenti in so­ le sessanta battute), fanno di questo concerto il _mobile, più agogicamente e ritmicamente, dei tre compo­ sti finora da Petrassi. A proposito dell'aspetto ritmico, è da notare che Petrassi ricerca, qui per la prima volta, soluzioni ir regolari e fortemente asimmetriche, non tanto attraver so l'adozione di figure ritmiche che non appartengono al tempo indicato (terzine, quartine, sestine etc.) ,ma tramite pause e accenti che disorientano il normale solfeggio e la normale alternanza dei movimenti (e del le suddivisioni) forti e deboli. Le prime misure del concerto sono sintomatiche: nes suno, a un semplice ascolto, potrebbe ricostruirne con certezza la grafia stabilita da Petrassi; i "battere"e i IIlevare" sono inafferrabili e la sequenza ritmica poiché di semplice sequenza si tratta, e non di con-o trappunto - procede varia e irregolare. La prima enun­ 155 ciazione ritmico-melodica della ser~e nel successivo "Allegretto spiritoso" (miss. 24 .•• 26) è resa tramite una successione isocrona di semicrome, che normalmente, nel tempo 3/4, dovrebbero essere accentuate a quattro a quattro, mentre Petrassi prescrive un accento irrego lare sulla quarta semicroma della seconda quartina e uno sulla seconda della sesta. Il passaggio affidato alla batteria a miss. 81 .•. 95 è giocato su una vivace imprevedibilità ritmica, e così quello di sapore vaga­ mentre stravinskiano di miss. 131 •.. 147, dov'è impegna ta l'intera orchestra, o, ancora, l'ostinata iterazio­ ne della minima cellula ritmica: flìl, c~e da misura ~ 220 in avanti percorre ossessivamente, e disposta, all'interno della battuta, in tutte le posizioni ritmi ­ che possibili) la partitura, o il serrato contrappunto imitativo, accuratamente sfasato da un punto di vista ritmico, fra gli archi solisti delle miss. 274 ..• 279,e via dicendo. 156 E' curioso che l'ultimo movimento ("Allegretto sere no") e, in parte, anche l' Il Adag;io moderato" che lo pre cede, concludendo il terzo movimento, siano,per contra sto, di una regolar;ità ritmica del tutto inaspettata , quasi pedante. Ci ricorda il finale di alcuni lavori da carnera di HindelRith, "Lied" e, in particolare, il (anche questo un "Allegretto") conclusivo della "Sona­ ta" per contrabbasso e pianoforte (del '49), per la verità assai più tortuosa e accidentata del presente concerto, ma anch'essa coronata, dopo le piroette ini­ ziali, da una chiusa "facile" e bonaria. Anche la timbrica merita una segnata attenzione, co me, d'altronde, sempre in Petrassi. E la prima zione è rivolta alli apparato r:ercussivo osserv~ che, dopo la giovanile scelta di rifiuto, divenuta negli anni '40 moderato e tradizionalissimo assenso (come ancora fig~ ra in Secondo concerto), cont.a, ora, a fianco dei tim­ pani, una batteria fornita di temple-block, frusta,t~ 157 buro con corda e senza corda, due piatti, piatto sosp~ so e gran cassa, la cui funzione timbrica e ritmica è onnipresente e insostituibile nel corso del lavoro: an che .i' nel l '''Adagio moderato" è previsto l'intervento del piatto sospeso (miss. 412 e seguenti), e il secondo movimento, il più tranquillo dei quattro, è punteggia­ to dalle entrate intermittenti dei due piatti e del piatto sospeso, del temple-block,dei timpani etc. Per il resto, l'organico orchestrale è composto da un flau to, un ottavino (che è anche, all'occorrenza, secondo flauto, ma è interessante che in queste indicazioni si verifichi un rovesciamento - puramente formale e fatto non determinante - di delle convenzioni che voglio no, viceversa, il secondo flauto anche ottavino), un ~ boe (uno solo), un corno inglese, due clarinetti in si bemolle, due fagotti, due corni in fa, una tromba ,'in do e un trombone tenore, i citatj. timpani e la batte ­ ria, gli archi (con la parte dei. violini raccolta ±nsQ 158 lìtamente su un unico pentagramma1 assenti i contrab- Gli strumenti sono sempre impiegati secondo le pro­ prietà tecniche ed espressive della tradizione (con qualche "glissè" e suono armonico artificiale in piO.) , dì cui Petrassi già negli anni '3D, e ancor più negli anni 140, si era dimo'strato sicuro conoscitore. Gli a­ malgami, che per altro proseguono l'assottigliamento degli spessori orchestrali degli anni '3D, sulla scia di Coro di morti.e - per i Concerti - di Secondo con­ certo, vedono solitamente raggruppati gli strumenti su! la base delle affinità timbriche. Cosl, la compagine 0E chestrale risulta suddivisa in chiare microsezioni stru mentali: il flauto, unito o non all'ottavino (o al se­ condo flauto) i l'oboe e il corno inglese; i due clari­ netti (associati in frequenti isoritmie) i i due fagot­ ,ti; i due corni i la trariba e il tranbonei i t.i.rrlpmi (una sor­ ta di. •• "libero" della formazione, alcune volte autoncmi, altre Ul'liti agli archi o alle percussioni •• ~ mai, comunque, ai 159 soli violoncelli); la batteria; gli archi. Le nuove microsezioni si ritrovano insieme in due soli momenti, a miss. 135 ••• 138 e all'ultima misura del concerto, an che se,per la precisione, qui è assente il quarto leg­ gio dei violini. Viceversa, frequenti sono le zone "scoperte", in cui uno strumento solista, o una deter­ minata microsezione o una categoria strumentale, ma . all'economia richi~ della musica da camera. In questa ot­ tica, tenendo anche presente l'estrema iridescenza di­ namica dei "piano" e dei "forte" (spesso anche sovrap­ posti), l'analisi della sorvegliata disposizione delle masse timbriche può sostituire - .forse più. propriamen­ te - l'analisi architettonica di tipo tradizionale. Ve diamo come. Primo movimento (miss. 1 ••• 165). L'" Allegno soste nuto ed energico" introduttivo (miss. 1 ••• 23), dopo il consueto segnale di richiamo all'attenzione (che sta voI ta è rappresentato da un '~sol", que­ che trascorre 160 da archi e timpani alla tromba e al trombone, secondo la formula ritmica. ;" ~ ~! 1---lJ. ), esaurisce, nelle prime battute, non solo il totale cromatico, che si completa con il fa diesis di oboe e clarinetti già a misura 6, ma anche quello strumentale, unica eccezio ne l'ottavino - secondo flauto, che tace. L'impressio­ ne generale è di una brillante e colorita presentazione della tavolozza timbrica del concerto. Il quale si può dire inizi soltanto a mis. 24 (IIA1­ legro spiritoso"), con l'improvvisa e "leggera" inter­ locuzione dei violini soli, che espongono concitatame~ te la serie dodecafonica su cui sarà "giocata" : buona parte del lavora. (Da notare, per inciso, che i ribat­ tuti che caratterizzano questa esposizione seriale e, con essa, l'intero movimento ricordano gli analoghi ri battutti della quarta variazione in "Walzertempo" del­ le sch8nberghiane Variazioni op. 31 per orchestra. E' particolarmente impressionante le l~ somiglianza con 161 parti dell'arpa, della celesta e dei violoncelli lIohne Kontrabasse", a miss. 167 ••• 170, un modello, si direb­ be quasi, cui Petrassi si è scrupolosamente attenuto}. I legni e, subito dopo, gli altri archi replicano con divertite e insistenti punteggiature (presente, oy viamente, il pancròmatismo prescritto dalla serie ini­ ziale, nelle parti dei due fagotti, poi degli archi flauti - archi, dall'oboe per moto contrario etc.). Il tessuto timbrico del concerto si ricostituisce, così, gradatamente, con una sorta di umoristico e trascolo ­ rante cicaleccio, cui sono partecipi tutti gli strume~ ti, compresi il secondo flauto (da mis. 29) e l'ottavi no (da mis. 71): semicrome ribattute a ogni strumento dell'orchestra, indistintamente; "liquidi" arpeggi ai legni; insistite riprese, in chiave motivico-temati ca, della enunciazione seriale di miss. 24 ••• 26, per lo più ai violini {vedi, fra l'altro, il moto retroga­ do cancrizzante dei violini e - per allargamento, ma 162 senza la settima nota della serie - del trombone, a miss. 62 ••• 66; o il moto contrario dei violini, subito dopo, a miss. 66 ••• 73, senza le note 11 e 12; o, anco­ ra, il moto retrogrado dei violini a miss. 108 .•• , il moto retto dei violoncelli sulla tastiera, a miss. 113 •.• etc.): "conati. melodici" presto interrotti, affi­ dati ai fiati (notevole, e inatteso, lo slancio lirico del primo fagotto, a miss. 47 ••• 62, per il quale è ad­ dirittura indicato "espressivo"7 cosi le due frasi del trombone in "mezzopiano", a miss. 62 ••• 68, e, poco più avanti, a miss. 77 .•• 79); integrazione dialettica dei timpani con la batteria (interessante il "battibecco" che inizia timidamente a mis. 76 e si protrae, sempre più insistente, fino a mis. 95, dove timpani e batte ­ ria trovano finalmente un accordo nell'esporre insieme le ultime due crome) ••• Come la sezione .introduttiva, che abbiamo visto es­ sere una presentazione del "totale timbrico" adottato 163 nel concerto, si concludeva chiaramente con una pausa coronata (mis. 23), cosi questa seconda parte conclude, a mis. 118, con una pausa analoga, dopo la quale ha i­ nizio il momento drammatico culminante del primo movi­ mento. Ritorna, qui, il tempo iniziale "Allegro sostenuto ed energico" e, con esso, lo spessore orchestrale che apriva il concerto, ma con l'aggiunta di elementi rit­ mici e intervallari (questi ultimi desunti dalla seri~ già apparsi nell'''Allegro spiritoso" precedente. L'in­ tensità "ff", talvolta anche "fff", si estende esaspe­ ratamente per trentadue misure (da 119 a 150), fino al "Poco meno" di mis. 150, dove il tessuto orchestrale e le intensità si assottigliano, preparati dalle triadi perfette di si minore, ribattute da tre violini soli in "pianissimo", due battute prima: è la coda conclusi va del primo movimento, che porta gradatamente al "Mol to moderato" con cui inizia il se.condo. 164 Un'osservazione su queste "improvvise tl triadi mino­ ri affidate ai violini. In (Primo) concerto erano gli undici ottoni a presentare frequentemente combinazioni di tre note sovrapponibili per terze (cioè, appunto, triadi armoniche), in Récréation concertante (~oCon- certo) sono, invece, gli archi (si veda anche il passa.<l gio delle tre viole sole, a miss. 77 ••• 79); l'interval­ lo di terza è, d'altronde, suggerito più volte dalla successione seriale, esposta a miss. 24 ••• 26 dagli ar­ chi e quasi sempre ripresa dagli stessi; in questa se­ zione conclusiva del primo tempo, ricorre, poi, con par­ ticolare insistenza l'intervallo di terza, soprattutto minore (dall'unisono iniziale di corno inglese - cla­ rinetti - corni, al passaggio seguente dei corni - e del corno inglese, con l'intervallo rivoltato -, alle note accentuate degli archi, a miss. 123 ••• 130, all'o ­ stinato e stravinskiano l'furioso", che procede ininter­ rotto da battuta 131a battuta 147, aggredendo ripetut~ 165 mente gli intervalli seriali di terza minore, dapprima sib-sol, poi fa-re, re-si, do-la, sol-mi e mi-do dunque, niente di piO. naturale che la comparsa, # ); Il :improv­ visa" solo sulla carta e non all' ascolto, di queste tri!, di minori, che non potevano che essere date agli archi, protagonisti in questo concerto dell'enunciazione se­ riale e del "divertimento", di cui. s'è appena detto,su.!, l'intervallo di terza. Torna alla mente la già citata espressione di Dino VillatUn,sebbene riferita da lui ad altro contesto, di "fascia sonora che si perpetua per autogerminazione'!(10'1). La fascia sonora è quella degli archi, che si fissano caparbiamente sull'intervallo melodico di terza minore, ~sserrlo però., non interscambiabili con altri strumenti (dif ferenza con Schonberg!), e l'autogerminazione di questa fascia è la logica e spontanea trasformazione in so­ vrapposizione triadica di terze. La rapida successione melodica delle terze affidate agli archi diviene, cosi, 166 contemporaneità timbrico-armonica. Secondo movimento (miss. 166 ..• 218). " ..• una spe­ cie di intermezzo o meglio di interludio tra gli episo­ di maggiori ••• : un divagare dell' estro, un dipanarsi lE!9: gero e lineare delle voci strumentali, il IIconcertante" appunto in cui in questo caso l'interlocutore principa­ le è il corno inglese" (108). Difatti, il camerismo di questo episodio - basato, almeno fino a mis. 190, sulla dialettica alternanza di fiati e di archi (rispettivi protagonisti il corno inglese e i violini uniti), poi integrati fra loro con neoclassica discrezione, da mis. 191 a 207 - domina indiscusso fino al "Vigoroso e ritmi co" seguente. Unica eccezione le miss. 210 ••• 212 che, come un lampo, squarciano. per un attimo, il sottile a­ rabesco. Suggestivo il IIfortissimo" dei timpani a mis. 212, quasi un tuono che 9iunge tardivamente e si protrae (sempre in IIfortissimo") sotto il fremere appena udibi­ le dei fagotti, spegnendosi in un·"pianissimo" bronto ­ 167 lio (miss. (214-) 215 ••• 218). Da osservare ancora il ruolo che, a miss. 197 e 201 -202, ricoprono léF. tromba e il trombone: già interv~ nuti a miss. 178 ••• 184 per punteggiare con lievi stac­ catissimi l'assolo del corno inglese, soltanto in que­ sti due casi assurgono in primo piano, imponendo come una inaspettata "Hauptstimme", che altro non è che la citazione del famoso tetracordo di Noche oscura (da no tare, fra l'altro, il moto contrario delle parti, a miss. 201 e 202). Petrassi ama, talvolta, riproporre frammenti di altre proprie composizioni, e, si badi, senza mai ripetere il clima espressivo che contraddi stingueva la prima formulazione. Quasi a significare che egli è rimasto lo stesso di sempre, nonostante il cammino percorso. A maggior riprova che "lo spirito non soltanto dell'intelletto, ••• (ma anche quello) del la emozione fisica che traversa il compositore giorno per giorno - come disse lo stesso Petrassi (1CiJ) ­ 168 è mai assente (nelle opere di un artista)", ecco ritroviamo attestati, nei lavori successivi di Pe­ trassi, i momenti di vita interiore più intensamente vissuti: in questo caso, si tratta della citazione del già ossessivo e implacabile tetracordo di Noche o,scu- E! (quasi l'estasi mistica, o l'incubo, di una visione notturna); nel futuro Quinto concerto si tratterà, i~ vece, della citazione desunta da un lavoro altrettanto inquietante e gravido di preoccupati contenuti . e umani come Coro di morti. idee fisse, che ritornano "Pensieri dominanti morali o Il, di quando in quand.o nella produzione di Petrassi, emergendo da una sorta di psi­ coemotività sotterranea. A essere precisi, in questo movimento si potrebbe~ rilevare una citazione, indubbiamente meno palese e clamorosa; è il lento mordente inferiore del flauto, a mise 167, poi ripreso dal primo corno e primo dai violini, a mise 174, nuovamente dai violini divisi (e, 169 per moto contrario, dalle viole), due misure dopo) e. ancora dai fiati e dalle viole e i violoncelli in "piz zicato", a mise 210, che ricorda il mordente che il secondo tempo ("Allegretto spiritoso") del apre Secondo concerto. Terzo movimento' (miss. 219 •.. 424). Il piO. e­ steso, interamente "giocato" sull'intervallo di terza, quello che rammenta più da vicino - anche rispetto a Secondo concerto e, tanto più, rispetto ai Concerti se guenti-l'esultanza romana dei primi anni. La già nota­ ta irregolarità ritmica e, in minor misura l l'estrema regolarità intervallica sono come inghiottite da un'iE resistibile vitalità timbrica e dinamica (definita,qu~ sta, da una contrapposizione del tutto tradizionale di "piani" e di "forti", senza possibilità intermedie) .E' il colore, inteso in senso lato, a prevalere: colore di timbri compatti e organizzati, che trascinano velo­ cemente allo stagnate "Adagio moderato" di miss.386 •.• 170 424, conclusione del movimento elo introduzione del successivo. Anche nei momenti più "cameristici" (miss. 227 .•• 231, 247 .•• 279 etc.), la coltre strumentale non perde di spessore, essendo il risultato timbrico molto omogeneo. La chiara sensazione suggerita dall'articol~ zione delle masse timbriche propone, cioè, la biparti­ zione in "Vigoroso e ritmicoll/"Pochissimo meno" •.• (pr!. ma parte) che, scemando di tensione con i tre brevi e improvvisi episodi in "Calmo" (miss. 332, 343, 348),il "Comodo" di mise 379 e il "Più calmo" di 383, sfuma nell'''Adagio moderato" di miss. 386 ••. 424 (seconda paE te) • Il quale, abbiamo detto, ha la funzione bivalente di principio e fine del movimento. Ritorna, in esso,la citazione dalla cantataNoche Oscura, bene in evidenza al corno inglese e al trombone, a mis. 402, e, più a­ vanti, in soluzione tradizionalmente ìnÌitativa. agli ottoni (miss. 414 ••• 416, con il moto contrario del 171 trombone e del primo corno), al primo flauto e all'ot­ tavino (miss. 416 e 417), agli archi in valori ritmici diminuiti (miss. 417 e 418 e, ancora, 420 e 421), al­ l'oboe e al corno inglese (miss. 420 e 421) e al prd,;­ ~ corno (mis. 422). E ritorna, accentuata, l'atmosfe­ ., ra di rarefatta fissità già incontrata in lavori prec~ denti, dall' "Adagio" di (Primo) Concerto" agli "eserci zi ascetici del Ritratto di Don Chisciotte" (109), al televisivo "bianco e nero" (110) di Morte dell'aria,a!. la monocromia notturna di Noche Qacura. Il "climax" di questo versante dell'ispirazione pe­ trassiana (che a noi sembra coll79are con un filo uni­ co autori cosi distanti nel tempo, come il Beethoven "" ""- e Gyorgy Ligeti, ma degli ultimi Quartetti, Bela Bartok di questo si riparlerà nel prossimo capitolo) sarà ra~ giunto nel "Lentissimo" (miss. 322 e seguenti) del ~arto concerto. Nell'''Adagio moderato" della Récréa ­ tion concertante (Terzo concerto), piuttosto, c'è una 172 interessante commistione di elementi puramente timbri­ ci e di altri propriamente melodici (o intervallari) , che, se non erriamo,hanno poco a che vedere, con l'esp2. sizione seriale del primo movimento, fermi restando la insistenza sull'intervallo di terza minore e l'adozio­ ne di un libero pancromatismo. (A meno che non si vo­ glia leggere passi come questo dei violini a miss.395 • •• 397 nel seguente modo: DOpo di che ula diritta via è smarrita".). A parte le citazioni da Noche oscura, molti elemen­ ti melodici si espandono in ampie volute alla paI:'te degli archi, senza per'altro assumere paI:'venze temati­ che, come il disteso intervallare' dei violoncelli, a 173 miss. 390 ••. 395, o la frase "espres:;;iva ma senza v:l.­ brare troppoll dei violini, che trascorre per nove bat­ tute a part:l.re dalla n. 395 e a cui risponde, in modo vagamente imitativo, quella più breve dei celli,a miss. 399 ••• 401, seguita dalle viole, a miss. 401 ... 409. Ma, contemporaneamente, gli effetti essenzialmente timbri­ ci dei fiati, che producono statiche agregazioni sono­ re e lentissimi ed esasperati cromatismi, hanno per u­ nico scopo quello di creare una situazione di fissità e di immobilismo, nella quale i diversi spunti melodi­ ci sembrano fluttuare perdutamente, come in un liquido umore. etè, in questo "Adagio", quasi, il tentativo di evadere dal tempo (musicale e terreno), persegu:l.to non tramite le irregolarità del solfeggio,ma una timbr:l.ca soffusa, "polifonica" e, nel contempo, inerte e monotE. na~ (senso etimologico), lunare. La trasposizione questi aggregati timbrici dai fiati agli archi di (mies. 409 ••• ), il recupero di un contrappunto imitativo di 174 tipo assolutamente tradizionale se non accademico (miss. 414 ••. ) e le "impertinenti" crome puntate dei flati (miss. 412 •.. 414) ci guidano gradatamente al movimento conclusivo, "Allegretto sereno". Quarto movimento (miss. 425 ••• 469). L'anti­ tesi del precedente. Vengono riprese, in tempo più ra­ pido, le crome puntate di miss. 412 ••. 414, ma la fissi tà timbrica dell' "Adagio moderato" cede a un divertito meccanicismo hindemithiano, in cui sono assenti le e­ spansività melodiche così come i cromatismi esasperati. La ricerca timbrica diventa gioco astratto di forme, gioco a incastri di precisione. L'aggiunta agogica n s !:, reno" sta, appunto, a significare l'oggettiva aproble­ maticità di questo movimento, che, con i suoi rapidi "tic-tac" di perfetto ingranaggio da orologeria (o di. "computer" di un'informatica antesi9nana •.• ), ci cond!! ce, in poche misure, alla conclusione del concerto.E', 175 forse, il movimento che meno si presta al tipo di ana­ lisi da noi proposta, ma egualmente puO essere conside rato per le chiare sezioni strumentali che definisce e che ne strutturano, in qualche modo, l'architettura portante. All'inizio, i clarinetti e i fagotti espongono, in una polifonia a quattro di sapore decisamente neoclas­ sico-stravinski~, figurazioni di crome leggere staccate. Intervengono, a poche misure di distanza, e i ribattuti col legno dei violini e delle viole, che co­ municano una nota timbrica del tutto nuova. Un passag­ gio "filante" degli archi in ottava conduce, quindi, a un dialogo più fitto e intrecciato fra le diverse crosezioni strumentali (cfr. terminologia adottata mi­ a pag. 158'). Sicchè, le miss. 425 ••• 432 sono come un cap­ pello introduttivo che anticipa i tipi ritmico-melodi­ ci ricorrenti nel movimento, dai balzi scattanti delle crome puntate dei fiati, a-i ribattutti e ai rapidi dia 176 tonismi de Il e semi crome degli archi. Il tutto con estt~ e ragionata parsimonia nell'impiego strumentale. Da mis~ 433, l'orchestra si ispessisce, toccando ra pidamente il "totale timbrico" (a mis. 436, con l'in­ tervento dell'oboe) e mantenendosi complessivamente im pegnata, fino all'acme drammatica di miss. 450 e 451, dove gli archi fuoriescono in una sfuriata di crome pic chettate in "fortissimo", che declina immediatamente al "pianissimo" di miss. 453 e seguenti. Qui, alle velo ci crome staccate e ai tremoli degli archi, si con­ trappone finalmente un disteso intervallare di flauto primo, corno inglese e fagotto primo, presto imitato e sostituito da quello dei violini e delle viole in va (si tratta del medesimo elemento comparso la ott~ prima volta a miss. 395 e seguenti, ma non si puO certo par­ lare di forma ciclica, per così poco). Un'ultima fantomatica scaletta diatonica alle viole in "pianissimo" (miss. 461 e 462)., i tremoli sussurati 177 ·di violini e viole e l'eco di lontano del"pianissimo" IIla ll maggiore dei corni chiusi + tromba con sordina e dei tre violoncelli soli (miss. 463 ••• 468): è "la qu:be te prima della tempesta" :einale. Per una mezza battuta ancora, l'orchestra si ricompone e scatena, in un ener gico "fortissimo", l'estrema conclusione. Récréation concertante (Terzo concerto) fu scritta su incarico della Sudwestfunk - Badeh Baden e ~n'apertura denota e una int.ernazionalità di intenti conferma ta non solo dalla sua destinazione, ma dai viaggi sempre J?iil: numerosi di Petrassi all'estero. Questa "interna ­ zionalità" si configura come abbandono, o mutazione,di vecchi stilemi compositivi, e coraggioso innesto dei nuovi su un linguaggio solido e mai rinnegato, tutt'al tro che consunto. ln particolare, si è detto della ado zione dodecafonica e del parziale superamento del dia­ tonismo, ma ancora pin notevole è l'abolizione quasi 178 totale della formq tradiz10nalmente intesa. Non non si danno più '~teJni" solo in questo concerto, mentre an­ cora in Secondo concerto abbiamo sottolineato il ca­ rattere chiaramente tematico della prima idea (miss. 2 ..• 8), ma anche le cellule ritmico-melodiche vengono compresse e frammentate, al punto che ciO che realmen­ te conta sembra essere il puro intervallo, il pur.o ti~ bro, il puro ritmo, e non più il loro valore motivico­ tematico e la loro capacità di organizzarsi, delimitan do chiare sezioni formali. E' quello che Boris Porena, nel suo saggio sui Con­ certi per orchestra (112), chiama "strutturalismo in­ tervallico", cioè "energia propulsiva degli elementi strutturali, pensati ••• in termini di intervallo e non di armonia o melodia", "riduzione della figura musica­ le a segno privo di significato, i •• nello spirito de,! l'ornamento, dell'arabesco emancipato". Ma non bisogna nemmeno esagerare. Sono espressio~i molto dense, che, 179 per quanto riferite dal Vorena proprio a questo Terzo concerto, vanno, secondo noi, applicate - forse ancora con qualche limitazione - a lavori di Petrassi più re­ centi e, nell'ambito dei Concerti, a Settimo concerto e, in minor misura, a ottavo concerto. Se è vero che l'intervallo assume, in Récréation concertante (Terzo concerto), un ruolo primario rispe! to ai tradizionali concetti di melodia e di armonia (e lo si è visto nel reiterato e divertito impiego del l'intervallo di terza minore, o nell'adozione di tria­ di armoniche cui si addiviene "per autogerminazione" (11 3), e se è vero che l'analisi dei tre parametri in­ tervallo - timbro - ritmo può sostituirsi con miglior successo all'analisi formale di tipo tradizionale - a­ nalisi e partizione della macrostruttura in base agli elementi tematici ricorrenti -, non crediamo, tuttavia, che si possa ancora parlare di. "riduzione della figura musicale a segno privo di significato", e, nel presen­ 180 te lavoro,meno che mai. Le indicazioni espressive, che si accentuano anche maggiormente che in Secondo concerto, sono presenti,o! tre che nelle generali indicazioni agogiche (dove si rrescrive energia, spirito, tranquillità, vigore, fu- ria (!), serenità), lungo le singole ];arti strumentali, e non hanno nulla di astratto, significando, anzi, pr~ cisi stati emotivi, o meglio emozionali, resi, per di più, da figure musicali assolutamente consone allo spi rito prescritto: saranno le pesanti accentuazioni di crome e di saniminime nell' "Allegro sostenuto ed ener­ gico" iniziale, o il leggero e capriccioso inseguimen­ to delle semicrome ribattute e variamente accentuate della esposizione seriale ("Allegro spiritoso"), o furioso insistere sulla cellula: r-r-l , che, il per sua ..../ stessa natura, comunque sia disposta all'interno di u­ na battuta, non può che risolversi, in , "fortissimo",c~ o, per allargamento, 74 J >-./ ~ , ~7 181 (cfr. il "Furioso" di miss. 339 ••• 341). Senza contare che, lungo il corso del lavoro e fra i pentagrammi, si incontrano richieste esplicite espressività ("espress."), che dovranno certo di essere riferite a figure musicali che qualcosa sono pure grado di esprimere. Caso eclatante l'assolo del fago~tp, a miss. 47 ••• 61, o quello del corno in primo inglese, nel secondo movimento, o, anche meglio, il passo dei violini, a miss. 395 e seguenti. E, poi, indicazioni come il "velato" delle a miss. 11~0 viole, il "furioso" dei violini in "fff", a mise 131 (questa curiosa aggettivazione, che ci fa pensare ,. a Bartok o a Prokofiev, è quella più frequente in Ré­ création concertante, ed estrapolarne una più "signifi cativa" credo impossibile), o il "dolce" dei corni, miss. 190 e, ancora, a miss. 195 e 196, o altre a come "morbido", "brillante", "sciolto", "sentito", "espress. ma senza vibrare troppo", "sempre molto calmo", "senti 182 to, ma dolce" ••• sono molto più che semplici suggeri ­ menti tecnici e sottendono una volontà espressiva che quasi ribalta l'affermazione di Porena. Quanto allo "spirito dell'ornamento, dell'arabesco emancipato", forse occorre riconnetterlo al più gener~ le spirito che caratterizza il concerto - che, come dì ceva 'vaterhouse, è "bold and colourful" (114) - e, na­ turalmente, all'innato magistero tecnico-strumentale che da sempre contraddistingue Petrassi e contraddi stingue~à ancor più in futuro il Petrassi di lavori e­ splicitamente ricreativi, come Tre per sette (già titolo sembra pensato per ricreaztone), o Estri il per quindici esecutori, entrambi del '67. Non bisogna, però, che questo senso evasivo pregiu~ dichi i contenuti umani ed espressivì, comunque presen ti. " •.. c'è un'espressione che è appunto un'espressio­ ne detta e un'espresstone non detta - afferma Petras­ si (115) -. L' espressilone detta è· l' espressi~:>ne concIa 183 mata attraverso un titolo, attraverso un testo; l'e­ spressione non detta è l'espressione che è tutta inter na e che si rivela soltanto attraverso la musica ••• Ci possono anche essere dei lavor~ da camera (come Tre per sette o Estri), in cui l'esornatività, l'arabesco prendono magari il 'sopravvento ••• , (ma) io dico, af­ fermo almeno per conto mio, privatamente, che in ogni lavoro è sempre reperibile una possibilità di espres ­ sione, ••• un sigillo espressivo •••• Insomma questo de! l'ornamento non significa che una musica è soltanto e­ vasiva perch~ ha alcuni momenti di ornamentazione. An­ che in molti lavori miei c'è la qompiacenza dell'orna­ mento, la compiacenza dello svolazzo, perchè no? Mi fa piacere, perchè negarmela?fI. Ecco, dunque, chia,rita l'accezione più vicina alle intenzioni dell'autore, da attribuire al titolo Récréation concertante. Emerge anche, di qui, la flbipolarità dell' flanimus fl petrass1ano (116), ovvero "the introvert and extrovert 184 sides of Petrassi's nature (117), sui quali molto han­ no insistito alcuni studiosi, per sottolineare il dua~ lismo espressione - evasione in l?etrassi, che pare fi­ nalmente trovare, in Récréation concertante (Terzo con­ certo , una "concordia discors" prima irrealizzata. Al riguardo, si osservi il contrasto di lavori così vici­ ni cronologica~ente, ma antitetici spiritualmente, co­ me il Concerto per pianoforte e il Coro di morti (anni '36 ••. '41), oppure l'opera Il Cordovano e la tragedia Morte dell'aria (anni '44 ••• '49), o, infine, la canta­ ta Noche o~~ura e i divertiti e divertenti Nonsease per coro a cappella (anni '51 - '52). Ma non è, forse, l" il caso che su questi Il "t'ono"," della critica petra~ siana insistiamo anche noi; rimandiamo, invece, ai cri tici riportati in nota. 185 7. Quarto concerto Quarto concerto non sembra proseguire la, strada in­ trapresa con Récréation concertante (Terzo concertO) .I due lavori sono separati nel tempo dalle Musiche di sce­ na per il ~LFrometeo" di Eschilo e il Lorenzaccio di De Musset (regista Luigi Squarzina) e dalle colonne sono­ re per il films Pattuglia sperduta e Cartouche, inedi­ te. E' passato un anno soltanto dai primi approcci di Récréation concertante con lo "strutturalismo interval-' lico" (118), ma già Petrassi pare discostarsene, senza approfondirne gli esiti. Dopo i viaggi a Salisburgo a Londra ('51 - '52) e la "tournée" in America e Latina (nel '53, come direttore, compositore e conferenziere), il '54, anno del presente concerto, trascOrre per Pe­ trassi a Roma in relativa quiete. E'come, metaforica­ mente e non, un rimpatrio, che lo immerge nella nuova temperie culturale e artistica dell'Italia musicale del 186 momento. "Nel Quarto concerto c'è. stata certamente una ::eorte influenza bartokiana ••• - conferma Petrassiin un'in ­ tervista (119) -. In realtà fu il momento, se non del­ la scoperta, dell'attualità di Bart6k. Fu un momento in cui ci si riavvicinO a Bart6k, ma con un'intensità e con una partecipazione direi assoluta e soprattutto ~ in Italia, soprattutto a Roma, e questo perchè già si delineavano le varie rotture di Darmstadt, e quindi tutte le nubi contestatrici della musica che sono venu te dopo, e forse Bartbk rappresentò per noi ancora la ultima possibilità di attenerci a·un modello che sodd! sfaceva le nostre es~genze spirituali alle quali, cre­ do, non abbiamo mai abdicato completamente. Naturalmen te sarà passato Bart6k, Saranno passati altri musici ­ sti, ma a queste esigenze almeno io ho cercato di tene re fede, nonostante tutti gli sviluppi e nonostante tut t~ le manipolazicni future". 187 Il riferimento a Béla Bart~k è tutt'altro che cau­ sale o secondario. Esso determina l'adozione di niche e modi compositivi prima elusi tec­ e, soprattutto, una maggiore "compattezza e organicità e omogeneità di concezione dove forse c'è da ravvisare un più sottile segno della lezione bartokiana" (120). Quanto ai primi, la stessa scelta strumentale,nuo­ va rispetto alle opere precedenti, è significativa.La orchestra d'archi qui impiegata - che è divisa nelle consuete cinque sezioni di violini primi, violini se­ condi, viole, violoncelli e contrabbassi - rimanda ad analoghe formazioni bartokiane f come il Divertimen­ to per archi del '39, o la Musica per strumenti a cor­ da, celeste e percussione del '36, o, ancor più, i sei Quartetti per archi del 1908 ••• '39, che indagano, co­ me forse nessun'altra opera di Bart5k, le possibilità tecniche e timbrico - contrappuntistiche degli archi. 188 Non è difficile scoprire la matrice di Musica per strumenti a corda, celeste e percussione, dove la pr! ma parte "Andante tranqu:Ulo" (anch' essa i11 tempo com posto e affidata alle crome sinuose degli archi) ri ­ corda il "Placidamente" di apertura di Quarto Concer­ to. Simile atteggiamento ritroviamo nel Bartbk dei Quartetti, e in particolare nel Secondo quartetto(pri mo movimento, 9/8 - 6/8, "Moderato") tetto (seconda parte, al "Più mosso, nel Terzo quar­ I J. = 90 - 92 11 in tempo 3/8 (nn. 13 e segg. delle edizioni Philarmonia» e nel Sesto quartetto (esordio "Mestoli in 6/8 di ogn!!, no dei quattro movimenti e, benchè in tempo "Vivace", tutto il primo movimento, a partire da mis. 24). Un primo immediato legame con il grande collega unghere­ se è, dunque, ravvisabile, oltre che nella adozione e sclusiva degli archi (strumenti bartokiani per eccel­ lenza), nell'uso insistito e melodicamente espressivo delle crome in tempo moderato di" 6, 9 o 12/8, secondo 189 un'agogica ed una ritmica di frequente utilizzazione in Bartok. Anche l'intervallazione intern~ linee di crome, che, nel breve arco di di queste qu~lche misu~a, toccano spesso il tot.ale cromatico, e la loro spinta ora ascensionale ora forte avvicinano discension~e i due autori. Ma dai Quartetti di Bart6k è desunto anche, e prattutto, quel "tessuto a maglie strette ll , so­ inteso cS!. me sovrapposizione ravvicinata delle parti strumenta­ li, che dà luogo, di l'quando in quando, a veri e pro­ pri lI c l us ters", o a contrappunti di seconde parallele, a incontri verticali di semitono più o meno prolunga­ ti, a crocevia di parti strette che si e incont~ano si scontrano come incuranti le une delle altre, ma re golate, in realtà, da una logica interna rigorosa nano alla mente ~nche i bartokiani Contr~sti lino, clarinetto e pianoforte del '38), o,meglio, addizioni - di materi~~i (bar per vio­ imit~zioni melodici e timbri­ 190 ci, che si articolano per progressivi interventi e si ~ggregati sonori Consideriamo il primo movimento, "Allegro", del accumulano (o viceversa), producendo di diversa tensione e compattezza ••• Quarto ~ttp_ di Bart6k. Gli intervalli armonici di tono e di semitono, e i loro derivati, sono i più fr~ quenti e, per di più, vengono trattati con una spre ­ giudicatezza tale, da non risparmiare le orecchie più agguerrite e abituate agli estremi pGlitonalismi. Qu~ sto il "bicinium" contrappuntistico delle prime tre misure, fra violino primo e violino secondo: mi I I fa f a # - - - - rel/ mi mib fa reg do. sol mJ do - - sib do.J! mi~ re~ ---"siI? la s~--si~ etc. Da notare, alla terza misura, lo strettissimo "acca ­ vallamento" e incrocio delle due parti a distanza se­ mitonale - tonale sulle note do - sib- dO# Il Il ma violino, stante il s1 fermo del secondo del priviolino. 191 A mis. 7, poi, un aut.entico "cluster", ottenuto dalla progressiva addizione delle parti a distanza di semi­ tono: fa#--­ fa~ . - - - ­ mi----­ mi~--- simile, ma pin complesso, il contrappunto imitativo che viene a mis. 14 e seguenti. I casi potrebbero mol tiplicarsi per tutto il primo movimento. Ora, non si vuole affermare che il Petrassi di Quarto concerto si sia posto di fronte a un preciso modello bartokiano, e tanto meno che questo modello sia proprio il quartetto che abbiamo preso in conside razione. Bart6k sbesso, d'altra parte, in diverse oc­ casioni adotterà l0 stilema che abbiamo definito del "tessuto a maglie strette", dato dalla sovrapposizio­ ne ravvicinata delle parti strumentali. Il concerto è, piuttosto, un esempio limite di un Quarto tipo compositivo che ritroviamo, anche se in modo meno ar­ 192 dito e provocatorio, in Quarto concerto. Questo contrappunto di minimi intervalli, unito al l'uso frequente delle note tenute, determina anche,in Bart~k come in Petrassi, momenti di magica contempla­ zione, già in parte riscontrabili in Morte dell'aria e:Recréation concertante (Terzo concerto) (vedi 11"A dagio moderato" conclusivo del terzo movimento), ma qui arricchiti di procedimenti tecnici, e conseguente mente espressivi, prima ignorati. Si vedrà come, nel "lentissimo" di miss. 322 e seguenti, Petrassi combi­ ni le sei parti in un contrappunto di grande tensione intervallare - eppure assolutamente statico nei suoi esiti, quasi allucinato -, dove gli strumenti interse cano linee di intervalli chiaramente definiti, rò, risultano praticamente impercetti~ili all'ascolto e si smarriscono in un pulviscolo di armonie temente di seconda, settima, nona etc~ che,p~ prevale~ Nei lavori di Bartok, ci imbattiamo spesso in passaggi analoghi.per 193 rimanere ai Quartetti, si pensi al "Lento" conclusi­ vo del Secondo quartetto, o alla'~icapitulazione{sic) della prima Terzo (specie ai nn. 3 e 4 del~ le edizioni Philarmonia), o, ancora, all'esordio e ad altri momenti del "Non troppo lento" del Quarto, e parte"de~ via ·.dicendo. Sono atteggiamenti - non crediamo di esagerare che affondano le radici in certo spirito visionario e incredibilmente avveniristico dell'ultimo Beethoven. Non siamo i soli a sostenerlo, se Giovanni Carli Bal­ lola, nella sua monografia su Beethoven (121), defini sce "beethoveniani nella sostanz.a" i Quartetti archi di Bart~k, "con la loro invenzione di forme cui di volta in volta s'identific~ lo stesso per in di­ scorso musicale, i loro parossismi e sortilegi, la lo ro assoluta interiorità che attinge ai piO. riposti a­ bissi dell'anima". Ci riferiamo, in particolare, alla "Canzona di ringraziamento offerto alla divinità da 194 un guarito, in modo lidico" (secondo movimento del Quartetto in la minore op. 132), all"'Andante con mo­ to ma non troppo" dell'op. 130, all'''Adagio ma non troppo e molto espressivo" dell'op. 131, al "Lento as sai, cantante e tranquillo" dell'op. 135. Dopo Bart6k, molti altri compositori, oltre a Pe­ trassi, hanno trasferito nella propria musica "gli e­ lementi di una natura visionaria e notturna, portata a scandagliare gli aspetti celati delle cose e la vi­ ta segreta della materia," (122). Fra di essi, il con­ terraneo di Bart6k,Gyorgy Ligeti - del quale ricordo le fissità astrali di Aeparitions e di Atmoseheres per orchestra ('60 - 161), del Requiem per coro e or­ chestra e di Lux aeterna per coro misto a cappella ('66), di Lontano per orchestra ('67) -, il polacco Krzystof Penderecki - autore di un allucinato Threnos (Klagegesang auf die 0efer von Hlro'shima) per 52 ar­ chi ('60) e di uno Stabat Mater per tre cori a cappel 195 la ('62) -, l'italiano Aldo Clementi - la cui conce ­ zione "statica" della musica lo ha condotto a un "ri­ goroso informel" (123), con lavari come i tre Informel 061. •• '63) o le tre Varianti (' 63-' 64) - e i diversi compositori che fanno uso dei nuovi mezzi elettronic~ Karlheinz Stockhausen, Henri Pousser, Bruno Maderna, Luciano Berio •••• L'elenco, naturalmente, potrebbe continuare,ma pr~ feriamo spostare l'asse del discorso su una questione più specificamente riferita a Petrassi: come si ciliano, in lui questi momenti statici - estatici derivazione bartokiana con una visione della con­ di musica sostanzialmente dinamica? Visione dinamica vuoI dire anche visione dialetti­ ca, fondata su rapporti più o meno contrastanti di tensione e distensione. Se, dunque, questi rari momen ti di "quiete" contribu~scono a sottolineare e a far.e emergere, con maggiore pregnanza e incisività,i ben 196 piU frequenti momenti di tensione, la loro funzione dialettica - dinamica è pienamente soddisfatta. Amme~ so, poi, che li si debba considerare come veri momen­ ti di distensione, chè in Petrassi anche l:a·nquiete" è sentita come un'inquieta attesa. Diverso procedimento è impiegato nei lavori statici di Aldo Clementi o, trasponendo in campo cinematografico, nelle regie di Bob Wilson (come Petrassi s.tesso mi spiegava, con sin golare accostamento, in un'intervista (124~, in cui i mutamenti di tensione ci sono senz'altro, ma in mo­ do talmente lento, da essere quasi impercettibili. La ipnosi e l' "assuefazione" sono obiettivi cui Petrassi, per libera scelta, non ha mai mirato. Ma c'è un aspetto tecnico più sottile e preminent~ per il quale Quarto concerto si distacca dalla via additata dallo "strutturalismo intervallico" di Récréa­ tion concertante (Terzo concerto),·per accostarsi, i:}. veceJall'esperienza bartokiana. Chiarito, come risul­ 197 ta da un semplice ascolto del concerto, che "non è •.. la componente folclorica in Bart6k a sollecitare l'in teresse di Petrassi", Boris Porena sostiene (125) che ciò che del linguaggio bartokiano avvince di più Pe­ trassi "e lo spinge a tentar qualcosa di analogo è la sintesi tra tema e struttura ••• (Per Bart6k) la "pu'­ rezza" non è condizione essenziale dell'opera d'arte. La scrittura bartokiana, infatti, ha il suo fondamen­ to in microunità figurali, in cellule tematico-strut­ turali definite sia dagli interni rapporti intervall~ ri, sia da un potenziale che vorremo dire semantico"· Nessun dubbio. E questa "sintesi tra tema e ;strut­ tura" Petrassi la 'Plge secondo una. singolare conuni stione - singolare, 'perchè neppure Bart6k ~i spinge a tanto - fra elementi strutturali - serialied elemen­ ti propriamente tematici. Già abbiamo riscontrato la compresenza dei due tipi di elementi in Terzo Concer­ to, che si avvaleva disinvoltamehte del binomio se­ 198 rie - motivo (essendo l'esposizione seriale non solo enunciazione di semplici e definiti intervalliJma di ritmi e di figurazioni tematiche ricorrenti, impre scindibili dalla successi.one seriale); ma in Quarto concerto quell'equilibrio raggiunto - o solamente te~ tato, a seconda dei punti di vista - sembra dissolver si in uno spiccato protagonismo dell'elemento temati­ co, a discapito di quello strutturale seriale. E' una scelta di linguaggio che, in se stessa e rapportata alle scelte precedenti, non implica, secondo noi, al­ cun giudizio di merito. Da notare, però, che la serie, anche se possiede, in genere, ancor meno valore gene­ tico e strutturale che in Récréation concertante (Ter­ zo concerto), è posta, ad ogni enunciazione, in massi ma evidenza. Prima di procedere a una veri.fi.ea dei bart.okismi ,-ri:n qui ,delineat.~, tramite l'analisi det.t.agl·iata della '·part.it.ura di Quarto coneerto,resta da dire del "più 199 sottile segno della lezione cio~ della "maggiore compattezza e organicità e omogeneità di bar~okiana", e concezione" del presente concerto (vedi la cit~zione riportata al principio del capitolo). Non significa, certamente, che Récréation concertante (Terzo Concer­ , to), o, a maggior 'ragione, i due Concerti per orche ­ stra precedenti, pecchino di interna disorganizzazio­ ne. Petrassi ~ sempre molto attento, ed anzi "neoclas sicamente" attento, ai valori della forma; solo, Quarto con~erto la monocromia timbrica dettata in dalla scelta strumentale (ben più responsabile, al riguardo, di quanto non si voglia credere~, la presenza di chia re cellule tematiche che fanno da connettivo ai singg li movimenti, l'agogica relativamente più costante e il contrappunto meno contrastato e più naturalmente discorsivo fanno risultare il concerto, ventidue minuti j dibilmente varteg~to più, pu~e nei suoi organico e meno preve­ dei precedenti. In realtà, l'a­ 200 nalisi seguente confermerà un'interna varietà di at ­ teggiamenti che, per nulla esaltata dalla circoscrit­ ta tavolozza timbrica, non è datp riscontrare neppure nel precedente "bold and colourful" (126) Terzo con­ certo. Il lavoro si divide, formalmente, in quattro part~ collegate fra loro da brevi episodi di transizione e, per la prima volta, scrupolosamente cronometrate dal­ l'autore (127). Essendo, dunque, indicato il di durata alla fine di ciascun movimento, non tempo c'è dubbio (come, invece, accadeva in Récréation concer ­ tante) sulla quadripartizione del concerto: prima paE te "Placidamente" (5'20", miss. 1 ••• 87), seconda par­ te "Allegro inquieto"I"Sereno"I"Allegro inquieto" (6' 20", miss. 88 ••• 283), terza parte l'Molto sostenuto" I "Lentissimo (4'40", miss. 284 ••• 360), quarta parte "Allegro molto"/"Allegro giusto"/"Sostenuto (non tro12 201 ·P(!» "/"Calmo l1 etc. (5'40", miss. 361 ••• 549). L'agogica, specie nella prima parte,è meno cangiante che nei due concerti precedenti; salvo che}nell'ultima parte, al­ le estreme cinquanta battute, l'indicazione metronomi ca cambia sei volte, comunicando un'inattesa mobilità. Il primo tempo, "Placidamente", è tutto imperniato sullo scorrere pacato e cullante delle crome in tempo 9/8 - 12/8. Sono movenze che rimandano non solo al la Musica per strumenti a corda, celeste e percussio­ ne e a taluni Quartetti per archi di Bart6k (come già si è rilevato), ma anche allo spirito serenamente pa­ storale che anima le prime misure del Secondo Concer­ to .e, soprattutto, il "Molto calmo, quasi Adagio" (miss. 213 e seguenti). Nel "Placidamente" di Quarto Concer­ to, però, la continuità discorsiva è maggiore, non li mitata all'enunciazione tematica, o a una breve sezio ne espositiva, e gli sviluppi emotivi procedono grad~ tamente, senza sobbalzi. L'osservazione è abbastanza 202 nuova rispetto al Petrassi di prima, ed anzi assoluta mente opposta a quelle suggerite dalle opere sangui·'­ gne o chiaroscurate degli anni '30 - '40. Beninteso, anche qui non sono assenti i contrasti chiaroscurali, ma i passaggi fra i diversi livelli di densità emoti­ va sono, in genere, meno bruschi e taglienti, più pr~ gressivi. Cosi, se si accostano le prime misure - in cui i violini primi, assecondati dai lievi e intermittenti pizzicati di violini secondi e viole, dipanano una "placida" e legatissima arcata di crome - all'esaspe­ rato "H6hepunkt" in "fff" di miss. 62 ••• 64, il contra sto dinamico ed emotivo non potrebbe essere più gran­ de, e ci si r.enderebbe cosi conto del graduale e in­ cessante cammino compiuto, quasi insensibilmente, in sole sessanta battute. Se, poi, constatiamo la rapida parabola discendente, che, subito dopo, conduce alla fine del movimento, potremmo tracciare un semplice 203 grafico di questo tipo, molto simile a quello che si potrebbe tracciare per il primo tempo, "Andate tran ­ quillo", di Musica per strumenti a corda, celeste percussione: e "Hohepunkt" Tre ci sembrano essere gli elementi ritmica - melo dici che articolano questo movimento: l'iniziale suc­ cessione di crome legate, ai violini primi (miss. 1 •• bene . 3), la sequenza dodecafonica di miss. 16 .•• 20 individuata anche ritmicamente, sempre ai violini pr~ mi; le semicrome staccate che, da miSe 38, percorrono insistentemente il movimento. Il primo elemento è quella più ricorrente e, alme­ no nella prima enunciazione, disegna con morbidezza un arca melodico di neoclassica perfezione. Il totale cromatico è esaurito con il la bemolle di mis~ 3, es­ sendo esposti successivamente, senza ripetizioni, sa­ lo le prime sette note di una serie incompleta e mai 204 comple.tata. L'elemento, come abbiamo detto, ricorrerà continuamente lungo il movimento, per lo più frammen­ tato in forma di scalette diatoniche per moto retto o contrario, variamente contrappuntate e giustapposte (vedi le miss. 6 ••• 16 e, in particolare, il moto trar io ai violini secondi di miss. 11 ••• 13; le con miss. 23 e 24, 29 ••• 31, 33 ••• 39 etc.). La giustapposizione, qualche volta, avviene, b'artokianamente (o stravinski~ namente), per seconde parallele, come nel passaggio ~ ( fa scendente di violini primi e secondi, a mise 16 la sol la sol si do~ etc.), o in quello di violini primi e viole, la si a miss. 56 e 57 (fai la# sifletc .-) • mi SOl~ l i Il trascorrere orizzontale di questo elemento di crome, che da "placido" diviene realmente ossessivo e _i nquietante, e il suo fitto e mobile intrecciarsi nel le più disparate contemporaneità verticali, produce un'impressione che cos1 avevo personalmente sintetiz­ 205 zato nelle prime note di ascolto: sa, per lo più allucinata, "A tmosfera grav~ ~astidiosa. Ascendenza ba~ tokiana, ma rivissuta da Petrassi in chiave personale. Il "Placidamente" dell'inizio}dopo un po~ non fa che "splacidarmi" e inervosirmi, per la sensuale e conti­ nuata movenza delle crome scivolose in t~mpo 9/8 12/8". Naturalmente, si può condividere o meno questa impressione, ma la reiterata proposizione di queIr~a~ cata" introduttiva dei violini primi, secondo un con­ trappunto insistente e allucinogeno che provoca fa­ sce sonore in lenta e ineluttabile progressione, fino al "fff" delle miss. 62 ..• 64, lè ,un fatto tipicamente bartokiano, quasi del tutto estraneo al Petrassi prima. di (Chissà che anche l'esperienza cinematografica non abbia in parte contribuito a questi atteggiamenti ... ) . Secondo elemento ritmico - melodico si è detto es­ sere la successione seriale di miss. 16 ••• 20. Come 206 in Récréation concertante (Terzo concerto), l'esposi­ zione seriale completa non appare che dopo qualche m! qualc~ sura dall'inizio e, quando appare, figura come sa di assolutamente nuovo, non anticipato da alcuna successione intervallare precedente. CosI le sovrapp~ sizioni in "fortissimo" dell'''Allegro sostenuto ed energico", che introducevano il Terzo concerto, e co­ sI le diatoniche successioni intervallari delle prime misure del Quarto, simili assai più a frammenti o meno lacunosi di scale modali - diatoniche che più a una seqùenza propriamente seriale. La serie vera e propria golare, il primo movimento pletamente che 'regola, o dovrebbe re è, dunque,enunciata per la prima e unica volta daL com­ violini primi, a miss. 16 ••• 20, e viene ripresa, ma senza la dodicesima nota, a miss. 20 ••• 22 e, in forma di emise rie, alle miss. 25 ••• 30 (violoncelli), 45 ••• 48 (vio ­ loncelli e contrabbassi), 62 ••• 64 (violini primi e 20il violoncelli primi) e 64 ••• 66 (idem un tono sotto e, dalla nota 3, un tono e mezzo sotto). Notevole è la chiara valenza motivico - tematica della serie,sempre enunciata secondo impostazioni ritmiche riconducibili (-) - v v (-) - v '" all'unico schema: 1 2 3 4 5 6 ••• L'enunciazione seria le, o emiseriale, è, inoltre, semp~posta in rilievo, conforme al suo "carattere tematico o motivico (piut­ tosto) che propriamente genetico strutturale" (128).A conferma e completamento delle analisi intervallari proposte Bel paragrafo precedente, è ancora interes ­ sante osservare che, nella presente serie, si dà la solita prevalenza dell'intervallo di terza e del suo rivolto (sette volte!, fra le note 1 e 2, 3 e 4, 5 e 6, 7 e 8, 8 e 9, 9 e 10, 11· e 12) e la completa assen za di intervalli diminuiti ed eccedenti. Terzo elemento, infine, una sorta di "continuum"e!! senzialmente ritmico, che trascorre da strumento a strumento (e richiama ai "continuali di Secondo Concer­ 208 to). Si tratta di sestine di semicrome staccate. che insistono macchinosamente su un medesimo intervallo melodico, per lo più quello di seconda o di settima (ultimo tempo, nAllegretto sereno", di Récréation con­ certante?). La loro funzione è puramente dinamico motoria, volta a intensificare il crescendo emotivo fra miss. 38 ••• 55, fino all'''animato'' che sfocerà nel "molto sost." "fff", vertice dramma.tico ed' intensità del movimento. Due parole su questo punto, che è come il sospira­ to arrivo del "placido" e incessante anelare del pri~ cipio. In esso, ricorrono la prima emiserie (tre vol­ te) e, contemporaneamente, alcune triadi perfette,che vengono ribattute o scorrono parallelamente per le due misure e mezzo in "fff". L'osservazione comprova l'irreprensibile eclettismo di Petrassi, che nonri­ fiuta l'uso di accordi tonali in piena regola (anche se sciolti dai normali concatenamenti della tradizio­ 209 ne), a fianco di una libera pratica dodecafonica. Ma non solo. Credo si possa parlare di sovrapposizioni poliarmoniche, già tipiche dello Stravinskij pre-neo­ classico. Infatti, queste due misure e mezzo "fff" si prestano perfettamente a un simile tipo di analisi triade di do diesis maggiore a violini secondi, viole, violoncelli secondi e contrabbassi ( fa = mi diesis), e, sovrapposta, quadriade di dominante di si, enuncia ta in arpeggio dalle prime quattro note della succes­ sione seriale, a violini primi e violoncelli primi (mi, dO# ' fa#, la# ! Non c'è neppure da operare tra­ sformazioni enarmoniche). Il battere di mis. 64 è peE sino un'~cepibile triade di re mtnore. Con il secondo movimento, "Allegro inquieto", cui preveniamo tramite un lungo passaggio in "p" - "ppp ", che all'improvviso esplode in una fremente concitazio ne, a miss. 87 - 88, Petrassi rit~momentaneamente (e stranamente) a moduli composi-tivi già sperimentati 210 in Récréation concertante (Terzo concerto). Ritorna , cioè, alla divertita "invenzione" sull'intervallo di terza minore, che aveva costituito il nerbo del "Vigo roso e ritmico" del concerto precedente. In più, ven­ gono riprese alcune rapide movenze del "Presto" con ­ elusivo di Secondo concerto (che, fra l'altro, già si era rilevato avere diversi punti di contatto con il "Presto" del Concerto per orchestra di Béla Bart6.k;).u.!. tima considerazione di carattere generale la tripartita, che mai per Petrassi mento forma come in questo movi rimanda cosI chiaramente allo schema tradizio­ nale A B A.)dove B (miss. 162 ••• 249) è un'autentico "Trio" e A, (miss. 250 ••• 283) è ripresa variata e ab­ breviata di A. Eppure, malgrado tutte queste ascendenze ai ConceE ti precedenti e ad una forma insigne e classica, come quella del "minuetto" - almeno per quel che riguarda 211 la tripartizione, la presenza di una sezione centrale contrastante e quasi autonoma e la abbreviata r~presa -, l'"Allegro inquieto ''l'' Sereno "1"Tempo 16 " di Quarto concerto risulta qualcosa di completamente nuovo ed è,forse, accanto al. "Lentissimo" del movimento segue!!, te, la parte pia interessante. Diversamente, l'estre­ ma normalità della forma e la ripresa di molti eleme!!, ti ormai risaputi della tecnica compositiva petrassi~ na (compresi, oltre al "divertimento" intervallico alle semicrome volanti che trascorrono da una e parte all'altra, gli stilemi delle note ribattute, dell'imi tazione fugata, del tremolo e dei suoni armonici •••• ) potrebbero indurre a una lettura superficiale. Se, però, osserviamo da vicino il primo "Allegro inquieto" (miss. 88 ••• 161), e cioè la prima delle tre parti in cui è diviso il secondo movimento, scopriamo: 1) l'estrerlla compattezza e "gradualità" dell' a.rco fo!, male, molto simile a quello del "Placidamente" dell'i 212 inizio, nonostante la maggiore iridescenza e spettac~ larità della dinamica e delle figure adottate (miss. 88 ••. 92, quasi un'introduzione (cfr. miss. 1 ~ ò 5);J'Iliss. 93 ••• 132, crescendo di tensione al "ff(f)" (cfr.miss. 6 •.. 61); miss. 133 ••• 138, "H8hepunkt" (cfr. 62 .•• 64); miss. 138 ••• 161, diminuendo alla parte guente, il "Sereno" di miss. 162 ••• 244 (cfr. miss. se­ miss. 64 ••• 87»; 2) la riproposizione "ciclica" dell'arcata melodica che abbiamo definito come primo elemento motivico tematico del movimento precedente (miss. 109 ••• 111, 113, 138 e 139, 156 ••• 161); 3) non solo, ma anche la riproposizione del materiale seriale comparso saltuariamente nel primo movimento , qui impiegato, a ben vedere, con criteri quasi geneti co - strutturali: alle miss. 88 ••• 92, che espongono liberamente il totale croma.tico f anticipando anche il prossimo "divertimento" sull' intervallo di terza mino­ \ 213 maggiore, seguono almeno 16 - 17 battute che si pos­ sono analizzare, davvero eccezionalmente per Petrassi, sulla base di soli principi seriali (cosI, il contrae basso espone per moto contrario le prime otto note della serie già proposta nel "Placidamente", a miss. 14 ••• 21, e violini primi - violini secondi - viole viQloncelli ne espongono noniche in successive imitazioni ca undici note, sempre per moto contrario, l'aggiunta di "note di volta" e la ripetizione con della nota 3 - "nota sfuggita"? - fra le note 4 e 5; e cosi via) • Il successivo "Sereno" (miss •.162 ••• 249), "Trio" della evidente forma triparti ta., contrasta l' inquiet!!, dine della parte precedente e di quella seguente. Es­ so, inoltre, prelude vagamente ai modi del futuro Quartetto per archi del '58, al quale si riconnette per la "elasticità" e "comodità" (cfr. le relative indicazioni agogiche ed espressive) dell'ampio, 1so ­ 214 ritmico fraseggiare. Ma qui le note ribattute, anzi chè fungere da impulso dinamico - motorio, hanno un valore essenzialmente lirico ed espressivo, e l'inci­ so ritmico - melodico del principio, nel suo curato disegno di crome ascendenti, assume il senso di un "incipit" tematico che ricorre in entrate spaziate subendo qualche metamorfosi lungo il corso del e brano (mis. 175 ai violini secondi, mise 178 alle viole,mis. 186 ai violoncelli etc.). Insistente, ancOra, l'inte~ vallo melodico e armonico di terza, che, oltre alle sovrapposizioni politonali di miss. 165 •.• 168 e 169 •• 194 etc., dà luogo a triadi perf~tte in piena regola (a miss. 197 e seguenti, ma, ormai, di questo non ci meravigliamo più). E insistente l'uso del pancromati­ smo ( la frase iniziale espone una serie completa,se~ za ripetizioni, di dodici. note), che,per altro, è av­ vicinato al più smaccato diatonismo di scale pseudo··­ 215 tonali (come a miss. 207 e 208, 218, 222 e 223, 231 e 233), o a passaggi di scala cromatica (miss. 189,191, 193 etc.). Della terza parte di questo secondo movimento, che è ripresa variata e abbreviata della prima, c'è da ri levare la presenza dei medesimi caratteri dell'''Alle­ gro inquieto" di miss. 88 ••• 161 (semicrome volanti, "gioco" sull'intervallo di terza, adozione seriale più rigorosa di quello che non sembri alla superficie, compattezza fOFrnale), nonchè sottolineare almeno altri -:. aspetti: l'episodio espressivo e Il tre intenso" (cfr. l'indicazione di mis. 262) affidato ai violini prim~ alle miss. 260 ••• 267; la citazione in "fortissimo" e per moto contrario dell'inciso che apre il "Sereno"(a mis:; .275); la magica e fantomatica coda in " pianissi­ moli (miss. 277 ••• 283) che, con i suoi rapidi cromati­ smi che si spengono nel silenzio di una pausa, ci.ri­ corda un po' l'analoga scala cromatica (ascendente,p~ 216 r~) che stava a conclusione de11 1 "A11egro spiritoso" di Récréation concertante (Terzo concerto) • Il terzo movimento è quello che, con il primo, ri­ corda di più i modi bartokiani. Le fasce melodiche che progressivamente si sovrappongono, in libera imi­ tazione, da mis. 287 in avanti e gli incroci e le dis.: sonanze ravvicinate, per di più in regione grave, mandano a passi analoghi del primo tempo del quartetto di Bart6k (128) ri~ Quarto (in particolare, alle miss. 14 e seguenti e alle miss. 105 e seguenti) e, in mi ~ nor misura, al primo tempo di Musica per strumenti;' a corda, celeste e percussione ('~6). E' qui valido, c2 mei' per il primo movimento, il discorso generale che si faceva sulle ascendenze bartokiane di Quarto con ­ certo: "tessuto a maglie strette" e "contrappunto di minimi intervalli", note tenute combinate vertica1men te con esiti di particolare suggestione timbrica,sin­ tesi di tema e struttura, "compattezza e organicità e 217 omogeneità di concezione" ••• Ma crediamo che l'attenzione principale di questo terzo movimento sia assorbita dal "Lentissimo" che lo conclude (a miss. 322 ••• 360), fungendo anche da "trait d'union" con 11 "Allegro moltol"Al1egro giusto" finale (e collocato, perciò, in una posizione del tutto simi le a quella dell'''Adagio moderato" di Récréation con­ certante (Terzo concerto». Si tratta del vero centro gravitazionale del concerto. "Der Hohepunkt dieses Satzes ist dynamisch eine "Anticlimax"" dice giusta ­ mente Roman Vlad in un saggio del '59 (129). E tale "Anticlimax", termine secondo noi indovinatissimo,co,!! siste in una "statische Vision" (130) che procede di gran lunga oltre gli spazi sonori di Bart6k, anche se questi permangono come ineliminabile punto di parten­ za. Prendiamo a prestito altre espressioni, questa voI ta del critico Mario Bortolotto (131): "estatici scor 218 rimenti delle parti ••• entro l·immobilità generale del passo", "concezione del suono puro", "neutralizzazio­ ne del parametro altezza nel timbro". Sono espressio­ ni riferite al "Lentissimo" in questione. Difatti,ciò che affascina maggiormente in questo passo, che è sen za dubbio una delle pagine più interessanti e sugge ­ stive di tutta la produzione di petrassi,è la compre­ senza dei momenti statico e dinamico. Le linee inter­ valliche affidate alle singole sei voci considerate in se stesse hanno un carattere progrediente e dise ­ gnano,fra miss. 322 ••• 330, delle arcate melodiche.dif ferenziate internamente anche da,un punto di vistarit mico, che sembrano suggerire uno spiccato senso di mo to, anzichè di stasi. Si prenda l·arcata disegnata dai violini primi,che, nello spazio di nove misure, percorrono un itinerario non privo di slanci propriamente melodici e di cadute, fra l·altro enunciando consecutivamente una serie com 219 pleta di dodici note: la prim~ delle due semifrasi in cui si scinde il disegno (miss. 322 ••• 326) presenta, dapprima, un chiaro moto ascensionale, fino al sol di mis. 325, cui segue un moto inverso di discesa, sul fa della misura dOP01 la seconda semifrase (miss. 326 ••• 339) è soggetta a una dinamica interna molto simi­ le alla prima, raggiungendo la tensione massima sul do diesis (nota reale, cinque tagli addizionali so­ pra il pentagramma in chiave di violino) di mis. 329 e declinando subito al si diesis della misura seguen­ te. La stessa situazione melodica si verifica ai con­ trabbassi, che imitano, sfasati di una battura e tra­ sposti un semitono sopra, i violini primi; con l'ecce zione che la serie viene interrotta alla decima nota e il fraseggio è un altro. Situazioni analoghe si dan no per le quattro parti interne, dove le viole espon­ gono la medesima serie di violini primi e contrabbas­ si in nuova soluzione ritmica e per moto contrario, 220 presenti tutte e dodici le note,mentre i violini se ­ condi e i violoncelli divisi enumerano le note di se­ rie diverse e incomplete. Ma questi moti contrappuntistici, in sè significa~ ti ed espressivi, sono come neutralizzati da due fat­ tori decisivi: la precisazione tecnico - espressiva "ppp senza vibrare" e la vischiosa compattezza delle combinazioni verticali e dei timbri. Questa, in particolare, è prodotta dalla disposizio ne ravvicinata e dagli scavalcamenti di alcune intermedie (vedi i violini secondi e le viole 324, i violoncelli primi e secondi parti a mis. a miss. 325 e 326, i violoncelli secondi e i contrabbassi a mis. 329,e~ sendo, invece, chiare e percepibili le due linee e­ streme dei violini primi e dei contrabbassi), ma, so­ prattutto, dalle "dissonanti" sovrapposizioni inter ­ val~iche, fra le quali sono favorite quelle di no e di settima. Cosl, le prime sovrapposizioni semit~ sono 221 veri e propri "clust:ers" , scrupolosamente annotati spaziati sul pentagramma. A mis. 323, la combinazion~ ordinata ascendendo dalla nota sol è questa: sol .... --- laft si do la dO#. E, a misure seguenti, partendo dal­ la nota re: re ., fa# sol ........... si~ si; mJ mi . . ._ . __ J e ~ sol lak lab .,.........­ sih sih -- S1; re mi mib mi sol la~ fa la do ----~~---- etc. '. Ora, questo pulviscolo sonoro delle prime nove misure del "Lentissimo" produce un senso di vastità e d'infinità spaziale, in cui gli "scorr1menti delle parti" sono come fluttuazioni senza tempo nè gravità. Ciò che l'orecchio percepisce è la "politimbrica" om2 genea dei sei archi, tutti "tasto, 'ppp senza vibrare'~ in cui si neutralizzano i parametri altezza e durata. Bart6k non si era mai spinto a tal segno, e il compo­ sitore contemporaneo che ci pare più vicino a particolare atteggiamento petrassiano crediamo questo sia, cOBsapevolmente o meno, Gy6rgy Ligeti (che, guarda ca­ 222 so, proprio nel '54 scriveva il suo primo importante lavoro, Métamorphoses nocturnes per quartetto d'arch:O. L'I1Anticlimax" di questo terzo movimento, nonchè dell'intero Quarto concerto, stia tutto in queste pri­ me nove misure del "Lentissimo", dopo le quali l'esp"lo sione "improvvisa" di un I1fortissimo" su un tradi.zio­ nale, e per questo doppiamente inatteso, accordo di settima con triade eccedente (do mi so1# si, a 331) ci porta progressivamente, prima diminuendo mise al "pianissimo" e poi nuovamente crescendo al "fortissi­ mo", alli ultimo movimento del concerto, "Allegro"mol­ to"I"Allegro giusto" (miss. 361 •.• 549). Che è il movimento di più facile acquisizione. Vi­ vace e brillante, basato su figurazioni tematiche net tamente profilate e disposte in successioni semprenuo ve e imprevedibili, "giocato" (specie a partire da mise 430) sul solito intervallo di .terza minore, che suggerisce, a miss. 450 ••• 485, d~i divertenti contraE 223 punti a incastro, dove gli strumenti sono impegnati in un nervoso battibecco. Prima della estrema conclu­ sione, il "Calmo" di miss. 513 ••• 529 rlpropone il pr! ma elemento ritmico - melodico del "Placidamente" ini ziale, punteggiandolo , ai violini primi, con triadi perfette minori. Il sestetto formato dalle prime par­ ti di violini primi e secondi (divisi entrambi a due), di viole e violoncelli, attacca, dopo le prime quat ­ tra misure del "Calmali, un:breve ma denso episodio in fugato (miss. 517 ••• 529), che è il riscontro in chia­ ve univocamente dinamica, e anche un po' accademica , del IILentissimo" di chiusura del terzo movimento. La ripresa dell' "Allegro giusto I l , a mis. 532, in seguito alla pausa riflessiva del "Calmo", è la coda che gui­ da alla conclusione, in un incalzante "stringendo". Analizzando nei particolari, Quarto concerto deno­ ta un bartokismo e, contemporane?mente, un deciso e 224 personale superamento del bartokismo, che lo distacc~ no sia dall'esperienza di Récréation concertante (Ter­ zo concerto) sia da quella seguente di Quinto concer­ to. Tuttavia, non crediamo si trassi aberrante" po~sa parlare di un"Pe­ (132}.Anche in Quarto concerto,Pe­ trassi è quello di sempre, proteso a una ricerca in­ stancabile che qui coincide con l'adozione, stimolata dall'attualità dell'epoca, di alcuni modi bartokiani. Filtrati;. beninteso, e fatti propri. Che tale adozio­ ne corrisponda, in particolare, a un' accentuazione dei tratti tematici a discapito dell'esclusivo impiego intervallico - strutturale dalla serie non ci pare un regresso e nemmeno un'aberrazione. D'altra parte, Petrassi rifiuterà ostinatamente un simile esclusivo impiego. Perchè fargliene un tor­ to? Oggi si può constatare, a posteriori, come strada additata. da Récréation concertante abbia la port~ to alla quasi totale assenza di figurazioni ritmico ­ 225 melodiche di una certa complessità e differenziazione interna - figurazioni in grado, cioè, di avere una va lenza motivico-tematica -, cosa che accade in Inven ­ zione concertata <Sesto concerto), o nei lavori came­ ristici Quartetto per archi, Serenata per flauto, vi~ la, contrabbasso, clavicembalo e percussione, Trio per archi etc. Ma Quarto Concerto rappresenta, comunque , il tentativo, secondo noi pienamente riuscito, di uni re ai modi bartokiani lo "strutturalismo intervallicd' di Récréation concertante (Terzo concerto), non con~-",:, traddicendo l'esperienza precedente, ma integrando la con un'altra presto superata. 226 8. Quinto concerto C'è una recensione sul "The Christian Science Moni tortI del 3 dicembre 1955 (133), in cui si legge:"The­ re were many moments, for instance, when he (Petrass~ gave an impression of having cCJmposed "un petit sacre du printemps", one that employed great restraint, ec2, nomy, and good formo And there were other times when one caught of Wozzeck". Il passo dell'articolo citato si riferisce alla prima esecuzione di Quinto concerto - tenutasi a Boston il 2 dicembre '55, essendo l'ope­ 0 ra "commissionata a celebrazione 'del 75 a.n:rU:versario della Boston Symphony Orchestra e del suo direttore Charles Munch" - e riporta le impressioni di ascolto del giornalista e critico musicale Harold Rogers. ADa loghi lusinghieri giudizi ,troviamo, in medesima data, sul "Boston Post" e il "Boston Daily Globe" et data 11 dicembre, sul "New York T'imes ll (134). in 227 Anche in Italia, la critica dell'epoca riserva una nimemente i propri favori al Quinto concerto per or­ chestra di Petrassi. Cosi ne scrisse Massimo Mila, su '~'Espresso" (135), in occasione della prima esecuzione romana: "Il Quinto concerto non assomiglia piO. a nien te che si conosca, è unicamente e esc1us!varnente stesso: una voce che parla per sè". E tre anni se dopo preciserà (136): "Nei nuovi Concerti (di Petrass!, e in particolare il Quinto e il Sesto), l'intuizione prescrive a se stessa il propr!o linguaggio, è imme ­ diatamente fantastica e sonora al tempo stesso: il se gno nasce con la cosa, è la cosa,stessa ••• Prima _ c! si trovava in presenza di un'individuata intuizione di),ordine fantastico o emotivo, magari letterario culturale ••• intuizione tradotta in una lingua o music~ le di cui era noto il vocabolar!o e si conoscevano stimati esempi. Qui, !nvece, non c'è traduzione: significato e 11 significante fanno una cosa sola". !1 228 La critica dell'epoca aveva colto nel segno. -Essa sottolineava, in sostanza, la crucialità di Quinto concerto e il raggiungimento di una cifra stilistica assolutamente personale. (Primo) Concerto, infatti,ri manda a ben definite ascendenze italiane e neoclassi­ che (all'arcaismo neofrescobaldiano dell'Italia in­ terbellica, ad Alfredo Casella e ai due luminari del neoclassicismo internaz ionale, Hindemith e Stravinskij); Secondo concerto, invece, ad una sorta di neoclassici smo categoriale che, per la sobrietà e la chiarezza di scrittura e, in parte, per il tradizionale organi­ co, fa ancora capo alle hindemithiane Kammermusiken e anticipa, nell'ultimo tempo, l'adozione di modi bart~ kiani che saranno particolare oggetto di indagine so­ lo in Quarto concerto; Récréation concertante (Terzo concerto) affronta il problematico approccio di ·pe­ trassi con Schonberg e la dodecaf'onia e il conseguen­ te approdo allo "strutturalismo·intervallico"; Quarto 229 concerto è, come si è appena visto, il più bartokiano dei Concerti per orchestra di petrassi; Quinto concer­ to, non perseguendo nella fattispecie alcun modello sterno - sia esso quello bartokiano, o ~ schonberghian~ o neoclassico-hindemithiano, o, tanto meno, quello "neofrescobaldiano" degli anni '30 -, si rivela, nel contempo, opera di crisi e di feliCi raggiungimenti • Di crisi, perchè rompe con le perlustrazioni e le "indagini intensive" dei Concerti di prima. Di felici raggiungimenti, almeno momentanei, perchè di conse~ za "non assomiglia più a niente che si conosca ed esclusivamente se stesso" - come già scrisse è Mila (137) - o, quanto meno, compendia una somma eclettica di elementi stilistici tale, che ogni possibile rife­ rimento ad altri autori perde di rilievo e risulta de contestualizzato. (Una posizione analoga, di rottura e di provvisorio traguardo, ci pare occupata nella duzione petrassiana dal Coro di morti del '40 ~ - '41, 230 "punto criticissimo", secondo il B.ortolotto (138), e conquista di un nuovo prepotente linguaggio sui piani formale, timbrico ed espressiva) • Sintomaticamente, se di riferimenti chiari e perc~ pibili si deve trattare, questi sono le molteplici ci tazioni, più o meno letterali, che Petrassi desume da propri lavori precedenti. Citazioni fra le più perso­ nali e atipiche, non immediatamente riconducibili modelli. Una in particolare è molto evidente, a quella ricavata da Coro di morti alle parole "Lieta no" (miss. 20 - 21 e 251 - 252), che compare, quasi un motto in­ sistente e ossessivo, lungo tutto il primo movimento del concerto - essendo, perciò, un morfema ricorrente di fondamentale importanza - e ritorna, da ultimo, a miss. 198 - 199 del movimento conclusivo. Si tratta di una breve sigla di tre note in successione scalare diatonica, con cui. esordiscono, al principio del con­ certo (miss. 3 e 4), i due tromboni tenori, poi ripre 231 sa dalle trombe prima e seconda, a miss. 8 e 9, quin­ di dai corni, dai clarinetti e, in contrappunto imita tivo sin dalla misura 6, dai violini in tremolo sul ponticello .•• Altri riferimenti espliciti al Petrassi di prima sono: l'impiego "un poco misterioso" e "in rilievo" dell'arpa alla tavola, che suggerisce l'atmosfera e~ talvolta, approssimativamente lo stesso tetraccordo (cfr. il primo movimento, a miss. 34, 35 e 45, e il secondo, a miss. 227 e 230), che già furono della pre cedente cantata Noche oscura ('50 - '51); i frequenti incontri armonici di quinta vuota, presenti a partire dalla quarta misura, anche in successione parallela (come a miss. 34 ••. 36), che rimandano alla tragedia Morte dell 'aria ('49 - '.50).; i tremoli degli archi in "pianissimo" al ponticello, che, in passaggi quelli a miss. 6 ••• 10 o 18 e 19 del primo come movimento, ricordano un effetto analogo già' collaudato in Secon­ 232 do concerto (miss. 36 ••• 39) e ancora rlpreso in Quar­ to concerto (terzo movimenta); i "secchi" staccati di miss. 47i •• , 84 ••• , 102 ••• , 132 ••• etc., che possono ricordare gli staccati dei tre pianofor~i morti; le liquescenze melodiche" dei in Coro di flautli e dei clarinetti, con arpeggi che trascorrono continuativa­ mente di parte in parte, a miss. 77 e seguenti, il cui chiaro antecedente si incontra in Récréation concer ­ tante (Terzo concerto); il ricorso insistente, che è / ormai divenuto un autentlco r,'t'O'n'O ç" del linguaggio petrassiano, alli intervallo di terza (da mise 117 del primo tempo e, soprattutto., a miss. 89 e segg. secondo); il ricorso alle note ribattute, anche del que­ ste tipiche, si può dire, di ogni stagione creatlvadi Petrassi; l'adozione della testa tematica dell'IlAlle­ gretto spiritoso" di Secondo concerto, già rtèomparsa nel "Molto moderato" di Terzo concerto (miss. 170 e 171 e, soprattutto, miss. 236 e sagge del primo movi­ 233 mento); la ritmica qualche volta ruvida ed che sembra rieche99~are "quel procedere tarchiato e senza('isorrisa che fece la fortuna di opere come Primo concerto" (139) (stesse misure c~tate , ener9~ca per il ~l pu!!, to precedente); le triadi armoniche e la polifonia ~- soritmica degli ottoni soli, a miss. 257 ••. 259 del primo movimento, che ricordano alcuni passaggi di (Primo) Concerto; il protagonismo del corno inglese, nella prima parte del secondo movimento, che ci ripoE ta all'''Andantino tranquillo" di Récréation concertan­ ~i l'impiego dell'arpa, a miss. 19 ••• 32 e 62 ••. 65,se~ pre nel secondo tempo, che richiama ancora una volta alla cantata Noche oscura (vedi, di questa, le miss. 214 ... 216); lo smaliziato gioco strumentale, e timbri co in genere, del secondo movimento, che rimanda alle tavolozze de La follia di Orlando ('42 - '43) e di Ritratto di Don Chisciotte ('45); certe sequenze di semicrome in tempo "Mosso, con vivacità", che riflet­ 234 tono l'articolazione ritmica della prima esposizione seriale di Récréation concertante (secondo movimento, miss. 100 e segg.); gli arpeggi e i cromatismi degli archi, a miss. 125 ••• 129, che ricordano il finale del secondo tempo di Quarto concerto ••• Detti riferimenti ad alcuni dei tratti più li della produzione petrassiana precedente non person~ solo comprovano l'originalità di questo lavoro, ma ne sot­ tolineano almeno due altri aspetti: l'autobiografismo e la profonda tragicità.L'autobiografismo, innanzit­ tutto. Poichè è lo stesso Petrassi ad,informarci (140) che, quando egli diresse il Quinto concerto al Festi­ val di Edimburgo, "su un giornale qualunque il giorno dopo si parlava di un concerto autobiografico ••• (co­ sa che lo) impressionò abbastanza, perchè ••• orecchie non prevenute, o meglio ignare r di tutti i... (suoi) precedenti, o parzialmente ignare dei precedenti del­ la ••• (sua) musica (avevano colto esattamente nel se­ 235 gno)". Quinto concerto è davvero la "sununa", "rivedu­ ta e corretta ll , delle esperienze petrassiane precede~ ti. Esperienze soprattutto umane ed emotivamente sof­ ferte. Ritorna, con la citazione da Coro di morti, il ricordo dell'entrata in guerra dell'Italia nel '40; l'arpa e il tetracorpo di Noche oscura riportano al­ l'ascesi religiosa del mistico S. Giovanni della Cro­ ce; le quinte vuote attualizzano le speculazioni mora li e intellettuali di Morte dell'aria; nel contempo,i riferimenti alle "astrazioni 1f di Primo e di Secondo concerto recuperano un paradiso di pura musica, musi­ ca assoluta e "al quadrato". Che ne esca un panorama vario e tiomposito, ma nel­ la sostanza. alquanto grigio, se non addirittura dramma tico o tragico, non fa meraviglia. Roman V1ad parla , al riguardo, di "tragische Gesamtcharakters" (141). E aggiunge: "Seit dem Coro di' morti hatte Petrassi kein so pessimistisches, von We1tschmerz durchtr!nktes 236 Werk geschrieben" (la citazione del "Lieta no" da Co­ ro di morti assmme, in questa ottica, duplice rileva~ za). La "sincera e profonda umanità" che Massimo Mila invocava in un lontano articolo del '34 (e già citato al cap. 4 (142») è, così,pienamente realizzata tramite un'alta tensione emozionale. Che significa: autobio ­ grafismo dato dal recupero di motivi mnestici, quasi una monografia petrassiana in musica, e tragicità de gli atteggiamenti espressivi. C'è una forte carica u­ mana, in questo lavoro, e una prepotenza drammatica tali, da giustificare le impressioni del recensore del "The Christian Science Monitor" èitato al principio del -capitolo _, che vi scorgeva come dei l;:1agliori del Sacre e del Wozzek. E, crocianamente, il risultato creativo appare molto vicino all'intuizione l:iricall " i!!! mediatamente fantastica e sonora al tempo stesso", co . ­ me scriveva Massimo Mila in una critica del '60~(143) Il parametro timbrico viene esaltato sopra tutti, 237 favorendo un'atmosfera di tragica espressività: Anche la ritmica cede ai valori del timbro e si scarnifica secondo moduli piuttosto semplici; melodia ed armonia, invece, sono "neutralizzate dall'iterazione" come dice Boris Porena (144) -,un'iterazione di segno asso lutamente opposto a quella dinamica e sovraeccitante di Stravinskij, ed anzi sofferente e ossessiva. La sola scelta dell'organico orchestrale, per la verità, non dice all'apparenza molto. E' quello, dal pift al meno, di una grande orchestra: due flauti, ot­ tavino (questa volta non pift suonato da un esecutore • .• "anfibio", come invece accadeva per norma" dall'e­ poca di "papà Haydn"), due oboi, corno inglese, due clarinetti in si bemolle, clarinetto basso in si be ­ molle, due fagotti, quattro corni in fa, tre trombe in do, due tromboni tenori, trombone basso, percus$~one -con tamburo, piatto sospeso, due timpani, piatt~ tam tam piccolo, cassa chiara, gran cassa- -'arpa, ar­ 238 chi. Ma, nel (l(j)otest!o globale della. produzione di trassi, la presenza dell'arpa e la nutrita schiera Pe­ d~ gli ottoni dovrebbero far rfflettere. Se non andiamo errati, l'arpa compare qui per la prima volta in lavoro puramente strumentale di Petrassi, mentre un era già stata impiegata (con moderazione) nelle opere sin fonico-corali, dal Magnificat del '39 - '40 alla can­ tata Noche oscura del '50 - '51. Rispetto alla quale, abbiamo visto, e vedremo meglio nella dettagliata an~ lisi che segue, ripropone un impiego tecnico ed:·, :e­ spressivo dello strumento molto s~mile e determinante ai fini dello spirito del lavoro. Potremmo addirittu­ ra parlare di un impiego protagonistico, insostituibi le. Anche la folta compattezza della sezione degli ot­ toni merita attenzione e non può che rimandare ai primi lavori sinfonici degli anni '30 (tra cui il (Pri­ 239 mo)Concerto o, meglio, al Coro di morti del '40 -'41 e al suo interessante organico (voci maschili, tre pianoforti, ottoni con quattro corni, quattro trombe, due tromboni e tuba, contrabbassi e percussione), chè ai due balletti del '42 ••• '45, dove la no~ caratteri~ zazione timbrica dei personaggi vede gli ottoni in pr! mo piano. Il frequente uso degli archi~in tremolo"pi~ no-pianissimo" e la loro aggregazione in fasce sonore la cui verticalità acquista funzione non certo tradi­ zionalmente armonica,ma di densità e spessori timbri­ ci già in parte sondati con Secondo e Quarto concert~ conferisce una sorta di sensitività vibratile e un inquieto, iDstabile senso di. attesa ignoti ai lavori petrassiani di prima, compresa 11 "espressionistica" cantata Noche oscura e il 'criticissimo" (145) Coro di morti. Un altro aspetto è( forse, ancora più nuovo e de ­ terminante di quelli finora esposti: la dinamica di­ 240 scorsiva sembra recuperare la frammentarietà tematica di (Prtmo) Concerto - e di un lavoro che, per questo verso, non è poi tanto distante, ed anzi più radicale e conseguente, di (Primo) concerto, come Noche oscura e il suo onnipresente tetracordo - e, insieme, sembra anche recuperare i II continua" ritmici di Secondo Con­ certo (dove,però, c'era un "tematismo" più consisten­ te). In questo, anzichè un ritorno ai vecchi schemi , sta il più decisivo superamento della fprma tradizio­ nalmente intesa e l'acquisizione di un linguaggio or­ mai definitivamente sganciato dagli antichi vincoli tematici. In (Primo) Concerto, Petrassi reagiva con stravin~~ skiano antiromanticismo a un'articolazione del discor so musicale per frasi e sviluppi tematici, in ciò po­ lemizzando con il sostanziale "ottocentismo" della forma sch8nberghiana (leggi Elliot Carter in "Music and the Time Screen" (146), in cui si parla di " avan ­ 241 guardia all'antica .•. (che) non aveva nulla di vera ­ mente "sperimentale" o avanzato, perchà nasceva da u­ na visione della temporalità musicale tanto regiment!!<, ta quanto la vita dei pazienti della "Montagna incan­ tata" di Thomas Mann", posizione assolutamente avalla ta da Petrassi); anche se la macrostruttura dei li movimenti si poteva ancora ricondurre a un sing~ vago schema sonatistico e chiare erano le sezioni di ripre sa. Con Secondo concerto, invece, Petrassi faceva uso di un "tematismo" più accentuato e di ostinati ritmi­ ci che fungevano da molla e propulsione unitaria alla dialettica discorsiva generale. Una situazione non mofu to dissimile si verifica, da questo punto di vista,in Quarto concerto, dove la bartokiana sintesi di tema e struttura è unita a una maggiore monocromia timbri­ ca, nonchà a una condotta più progressiva e omogenea del discorso nel suo complesso. Mentre Récréation con­ certante (Terzo' eoncerto), primo 'approdo allo "strut­ 242 turalismo intervallico", sembra, nonostante tutto,ri­ calcare, quasi per esperimento e con curiosa e perso­ nale.' simbiosi, la via additata da Schonberg. Ora, con Quinto concerto, Petrassi accoglie e radi calizza tutte queste posizioni, forgiandosi una dia ­ lettica di linguaggio che risulta, infine, diversissi ma da quella dei Concerti precedenti. La frammentazi2 ne tematica di (Primo) Concerto diventa citazione rei te rata e ossessiva di brevi cellule mnestiche, prima fra tutte quella del "Lieta no" dal Coro di morti; i "continua" di Secondo concerto si semplificano ulte ­ riormente, trasformandosi in martellanti semiminime che compiono con ripetizione traiettorie intervalli ­ che obbligate (primo movimento), o in pedali "rimbal­ zanti" di crome e in semicrome velocemente ribattute (secondo movimento, rispettivamente a miss. 23 e·.segg. e a miss. 100 e segg.); i due punti ora detti, e l'au ra costantemente tesa e ~rammatica, assicurano un'or­ 243 ganizzazione complessiva del lavoro memore della "eo!!! pattezza e organicità e omogeneità di concezione" di Quarto concerto; la serie dodecafonica di Récréation concertante è qui essenzia1izzata, ridotta, per 10 più, a emiserie o, addirittura, a tetraserie che assumono la parvenza di un " s imbo1um", una sigla che, come il "Lieta noli da Coro di morti, si imprime tenacemente nella struttura dell'opera. Naturalmente, come sempre in Petrassi, i nuovi ter mini con cui si pone il problema formale di Quinto concerto non compromettono l'accortezza dell'autore nel disporre i momenti di uno "status animi" che, pr~ prio perchè profondamente sofferto e mutevole. ma an­ che dominato con critica lucidità, si esprime alter­ nando in neoc1assiche spazialità i differenti livelli di densità emotiva. Veramente qui·· "non esiste (più) la forma (tradizionalmente intesa) .• 0 ma esistono altri punti di riferimento che sostituiscono la forma, e ••• 244 uno dei punti di riferimento è la tensione, il mecca­ nismo delle varie tensioni, dei vari punti tensivi e il rapporto tra di loro (147). Sono espressioni dello stesso Petrassi,che, per proseguire e approfondire il senso della citazione,s2 stiene anche che il proprio sistema di lavoro· "non è precostituito se non in linea molto sommaria, cioè scrivere un pezzo per orchestra, oppure scrivere un pezzo per strumenti. Ma questa è la scelta del mate ­ riale da collocare in una certa situazione ••• per il resto la precostituzione, la programmazione, sono •••• in contrasto con il ••• (suo) modo di lavorare" (148). Dove la "scelta del materiale", cioè dell 'organicostw mentale, è il punto di partenza e l'impulso di ·ogni possibilità di ispirazione, che si particolarizza in "situazioni" emotive divenienti. L'analisi dettaglia­ ta di queste situazioni e dei mezzi tecnici attraver­ so i quali si perviene ad esse in Quinto concerto sa­ 245 rà l'oggetto delle considerazioni seguenti. Il concerto si divide in due mov~enti o distinti: 1) "Molto moderato ••• Presto", nettamente o 2") "Andan­ tino tranquillo ••• Mosso, con vivacità •••• Lento e grave .•. ". (149) .Osserviamo che alcune delle indica ­ zioni agogiche apposte sono le stesse già apparse in lavori precedenti (anche queste sono citazioni auto ­ biografiche?), come il "Molto moderato" e 1'''Andanti­ no tranquillo" che si incontrano in Récréation concer­ tante (secondo movimento), o il "Presto" finale di Secondo concerto. Un po' come in .Noche oscura, e a differenza di quanto sembrava prospettarsi in Récréa­ tion concertante,la mobilità agogica di mu~azioni ~.un'ottantina in tutto! - non infirma la monoliticità di Quinto concerto, che pDocedeper tensioni e diste,!! sieni di un medesimo "status" tragico di fondo. Vediamolo nel primo movimento,- "Molto moderato"(150}. 246 Le viole introducono ponticello in tremolo "pianissimo" e al una inquietante e misteriosa serie di sei note,che si scoprirà essere la prima emiserie di una successione dodecafonica enunciata per intero (e abba stanza sibillinamente) solo a miss. 69 - 70, dal "bi­ cinium" dei clarinetti. Le progressive entrate di vio lini secondi - arpa - tam tam, tromboni con sordina , violini primi (che riprendono l'emiserie delle viole nell'ordine 3, 4, 5, 6, 2, 1 ..• ), timpani, trombe con sordina, celli e clarinetti, contrabbassi e corni, gotti e, man mano, di tutti i legni esa~riscono f~ non solo la presentazione del "totale timbrico", ma anche di quell'aura gravosa e "senza tempo tinta" che carat terizzerà il colore strumentale di quasi tutto il con­ certo. Le viole innanzittutto (miss. 1 e 2), con i loro tremoli ansiosi al ponticello; l'arpa (miss. 2 e segg .), con il la bemolle ribattuto dalla mano destra alla ta 247 vola, il cui intervento è drammatizzato dal sol die sis, in "p ianissimo" sulla. quarta corda. dei violini secondi e, in particolar modo, dal suggestivo colpo di gong (che è, fra le altre di questo inizio, la no­ ta timbrica più immediata ed effettistica); i trombo­ ni "dolci" con sordina, che enunciano per primi, in un diatonico "punctum contra punctum" per moto contra rio, la breve e interrogativa citazione del "Lieta no" da Coro di morti (miss. 3 e 4) ••• Bastano queste quat­ tro misure per definire un preciso ambito timbrico emotivo che si manterrà sostanzialmente per tutto il lavoro. Si puO parlare di una prima sezione di questo mov! mento (miss. 1 •• • 42), per lo più giocata in "PPp' - mp" sugli elementi timbrici e ritmico-melodici espost;i in principio dalle viole, dall'arpa e dai tromboni. Il senso che essa suggerisce è quello di un'arcana a­ spettazione. Con il "PiO. mosso" seguente (miss. 42 ••• 248 59), il velo ~ infranto da un crescendo travolgente che porta al "fortissimo" di miss. 48 ••• 51, una temp!. sta presto sedata con il graduale ritorno al "Tempo I Il (miss. 60 ••• 64), specie di ripresa illusoria· l'intervento del~e con viole al ponticello che espongono la solita emiserie, ma per moto contrarioje dell'arpa alla tavola, assenti questa volta i tromboni e la ci­ tazione da Coro di morti. I seguenti "Più. mosso","tem po", "più. mosso, movendo sempre più.", dove finalmente la serie ~ completata nelle polifonie a due dei clari netti (a miss. 69 e 70, essendo la successione do-mib « , - ,si-fa;-,la-sol#. ~re-mi!-:si~ -fa#. ~bdO# -sol!, sono epi­ sodi di transizione al "Presto/Ritmico" di miss. 73 e segg. Qui,la partizione formale si fa più. difficile. Le "liquescenze" di flauti e clarinetti sopra gli armoni ci degli archi confluiscono, a mise 84, in un "Ritmi­ co" "piano, staccato, sottovoce"'di nervosa compatte,! 249 za, in cui prevale, sino a mise 94, il colore degli archi e, da mise 95, quello dei fiati. Con il "Poco meno tl successivo (miss. 103 •.• 107), ritorniamo per un attimo al "Presto tl di prima e alle "liquescenze" dei flauti e dei clarinetti. Come in una scacchiera, ecco ancora il "Ritmica" ,"piano, staccato, sottovoce" (miss. 107 ••. 147), interrotto a 131 e 145 da due misure so spensive degli ottoni in "forte"; di grande suggestio ne i contrappunti imitativi e tetraseriali degli ar­ chi in pizzicato che, dal "mezzopiano" delle viole a~­ mise 136, si dileguano gradatamente nel silenzio di U na pausa. Il "forte" deciso delle ultime tre misure di <;lue­ sta sezione prepara il "Meno mosso" di miss. 148 ••••• 184, segnato da un'apprensività timbrica e dinamica molto contrastata: ricompaiono i tremoli degli archi al ponticello (assenti, a parte un'apparizione poco e vidente alle viole di miss. 127.~.130, da mise 72); h 250 gli staccati in "p - mp", prima affidati soprattutto agli archi, vedono qui protagonisti i legni, cui si contrappuntano liberamente i sussulti aggressivi dei violini primi, insistenti su alcuni intervalli seria­ li (sih -sol = 1-2 per moto contrario, do-fa# = 3-4, sol-sib -fa# -do-mi-mib = 1-2-3-4-5-6 etc.); i ribat­ tuti degli archi col legno e del piatto sospeso con uso della spazzola metallica, a miss. 159 ••• 163, comu nicano una nota timbrica nuova e inattesa; inattese anche le giustapposizioni dinamiche di "p" e di "f" (o "ff"), a miss. 164 ••• 176, che troveranno una con ~ cordia nel "fn e nell'omoritmia di miss. 180 ••• 183. Il "Poco piil" di mis. 185 è transizione al "tempo, piil sostenuto" di mis. 195, chetrecuperando gli osses sivi staccati di prima e le combina.zioni polidinami ­ che di miss. 148 ••• 176, esaspera ulteriormente la te~ sione emotiva per sfogare, infine, nel sospirato "Ho­ hepunkt" di miss. 232 ••• 263. In questo vertice, l'or­ 251 chestra letteralmente esplode in un concitato "ff", e poi "fff", che propone interativamente il tetracordo di apertura della serie su cui è in parte fondato il movimento, mentre persegue una ritmica gagliarda che, specie a miss. 236 ••• 243 e 246 ••. 255, ricorda quella di Primo e, in parte~di Secondo concerto (a proposito di quest'ultimo, già, si è rilevata la perfetta corri­ spondenza ritmico - melodica tra l'esordio dell'"Alle gretto tranquillo" e l'episodio in questione) • Ma, a partire dalla mise 264, la tensione scema sempre più. Già a mise 266, ritorna in "mezzoforte staccato Il (violini primi e violoncelli) il ticchettiO metronomico abbandonato dalla mise 244, e che è l'ele mento di gran lunga più ricorrente da mise 84 in poi. A miss. 285 - 286, la tensione è completamentesspenta nell'immobile "ppp" di un do grave affidato a timpan;i, arpa, celli e bassi. Alle percussioni spetta, ora, il compito di. un graduale crescendo che, da mise 288, 252 riporta a un "Presto", questa volta di conclusione (miss. 297 •.• 317); conclusione rapidissima e sbrigati va che, dopo l'accentuazione in "forte" del battere della misura iniziale, prosegue in "p - pppu, come un fantasma che svanisce magicamente nel nulla. Volendo sintetizzare all'estremo la nostra analisi - che è,certamente solo una delle analisi possibili-, il movimento consta di quattro parti principali: 1) miss. 1 ••• 72, quasi un "Adagio" di introduzione e di presentazione del ma.teriale timbrico, diÌinamico, ritmi co e intervallare del movimento; 2) miss. 73 ••• 231, quasi un "Allegro" che, utilizzando i medesimi eleme!! ti delle misure introduttive, raggiunge per progress! ve ed esaperanti somme emozionali il "climax" espres­ sivo a 3) miss. 232 ••• 263,per declinare, con le miss. 264 ••• 284, all'''anticlimax'' di miss. 285 - 286 e con­ cludere a 4) miss. 297 .•• 317 con un bile "Presto Il • b~eve e inafferra 253 Simile analisi si può condurre per il secondo e ul timo movimento di questo concerto. Il quale inizia con un IlAndantino traquillo", in cui sono protagonisti i fiati e, da mise 83, gli archi; segue, a misura 98 e successive, un "Mosso, con vivacità" giocato su note ribattu.te e semicrome volanti; e, terza e conclusiva sezione, il "Lento e grave" di miss. 197 e seguenti, che "sparisce" nel "Calmissimo" che chiude il concer­ to (interessante annotazione riferita ai violini pri­ mi e secondi per le ultime due misure e mezzo: "Da qui, e per tutta la battuta seguente, smette di suona re un leggio per volta, in manie~a che all'ultima bat tuta rimanga soltanto l'ultimo leggio dei I e l'ultimo deLIIIl). La partizione emotivo - formale è, per que ­ sto movimento, di piU immediato e sicuro riscontro. La prima sezione è, nell'affiPito del concerto, quel la che conserva i maggiori tratti tematici e la mag­ giore varietà di atteggiamenti. Il disteso interloqui 254 re del corno inglese, fra miss. 5 e 22, dolcementec~ trappuntato prima dagli archi e, poi, dal pr~mo flau­ to e dal primo fagotto, contiene veri e propri elemen ti tematici, presto ripresi lungo il corso d~ questa prima parte del movimento. Così, le miss. 5 ••• 7, i cui primi tre intervalli sono i medesimi dell'inizio del­ la serie del movimento precedente, le ritroveremo al­ l'oboe di miss. 25 - 26 e al corno inglese di miss. 31 ••• 33: e le miss. 9 ••• 11, una serie di nove note senza ripetizioni, sono come un "leit - motiv" cheJda battuta 60 percorre costantemente la sezione del mov! mento, fino a dar luogo a una sorta di elementare fu­ gato, a miss. 89 ••• 97i il tratto compreso nelle miss. 14 e 15-- che, fra l'altro, riprende testualmente una figurazione ritmico - melodica di mis~ ;11 - è replic~ to, a miss. 19 ••• 21, dal primo fagotto (e;suoi fram­ menti sono anche ripresi da flauto e corno inglese al le stesse misure), a miss. 50 ••• 52 dal corno inglese 255 e dal primo fagotto all'unisono, a mise 73 da flauto e primo oboe, a miss. 81 e 82 dal primo clarinetto etc. Un altro elemento che ricorre frequentemente è il diatonismo discendente proposto da flauto e ottavino, a mise 21, e che può rammentare la citazione da Coro di morti del primo movimento: lo riincontriamo più a­ vanti, al primo corno (miss. 25 e 27), all'ottavino (miss. 34 e 35, per allargamento), al clarinetto bas­ so unito a viole, celli e bassi (miss. 41 e 42, anche qui per allargamento), all'arpa e ai bassi la misura dopo, e così via. Ritroveremo, ancora, l'inciso del primo fagotto di mise 1, l'arpeggio dei clarinetti di miss. 3 e 4, le terzine del primo oboe di mise 5, le note ribattute degli archi di miSe 13 e seguenti ••••• La natura emotiva e psicologica di questa prima se zione del movimento è, dunque, rappresentata in primo luogo da una complessa costellazione di elementi - o 256 franunenti di elementi ·"tematici "_, quale non si forse era incontrata, almeno in cost breve spazio, in nessun lavoro precedente di Petrassi. Si comprende per fettamente, a questo punto, a che cosa alludesse il recensore statunitense che abbiamo citato al princi ­ pio del capitolo " parlando di "great restraint, eco­ nomy, and good form". Il pullulare di elementi ritmi­ co - melodici è qui, infatti, ordinato secondo una lu cidissima disposizione spaziale. E, se il primo movi­ mento, per la sua espressivi.tà talora tragica e bruta l:e, poteva rimandare a "un petit sacre du printemps"e, per altri versi, all'espressionismo del Wozzeck, que­ sta prima parte del secondo movimento argina la pro ­ pria emozione entro un neoclassico "great restraint". CiO che non impedisce, ed anzi serve a sottolineare, il suggestivo colore timbrico dato dagli interventi dei singoli strumenti, e piQ di tutti dal primo to, dal corno inglese e dall'arpa. fago~ 257 C'è una particolare figurazione di quattro semicr2 me, nell'''Andantino tranquillo" (a miss. 52, 70, 76 e 88), che anticipa il seguente "Mosso, con vivacità­ (miss. 98 e segg.), caratterizzato appunto dalla sistita presenza di un motto ritmico nervoso in­ (lì!!), "­ affidato di volta in volta alle diverse parti strumen tali, non escluse le percussioni, la cui funziòne­ corrisponde a quella unificante e connettiva della ci tazione da Coro di morti nel primo movimento e delle miss. 9 ..• 11 del corno inglese, nella prima parte del secondo movimento. E' un mezzo linguistico che esula da ogni intenzione di sviluppo tematico, ed anzi dalla concezione stessa di tema, per utilizzare, invece, in sequenza ripetitiva e in giustapposizione, un mede simo inciso di minime proporzioni. Ricorda l'adozione persistente del tetracordo di Noche oscura, o dei ~due una nuclei musicali: un disegno arpeggiato ••• e costante invenzione salla quinta vuota" (151) di Mor­ 258 te dell'aria. Ma in Quinto concerto gli elementi .di cui si è detto servono a definire singoli episodi,non l'intero lavoro: la citazione da Coro di morti - natu ralmente unita ad altri elementi caratterizzanti - de finisce il primo movimento; per il secondo movimento, le miss. 9 ••• 11 del corno inglese definiscono la pri­ ma parte, mentre la seconda è segnata dalle quattro semicrome di cui abbiamo appena parlato, e la terza e ultima (miss .197 ••• 246), come un cerchio che sjj,chiu de, riprende gli elementi del primo movimento. Al neoclassico "restraint" della prima parte di qu~ sto movimento e alla nervosa conçitazione della secon da, succede, infine, uno stato emozionale di misteri~ sa quiete. Preparato dal "Molto sostenuto" di miss. 187 ••• 196, dapprima in lancinante "fff" e poi subito in "pp", r iaff':brano, in questo "Lento e grave... Cal­ missimo" di conclusione, gli atteggiamenti del movimento. Si ha la chiara sensazione che quegli primo at~~ 259 teggiamenti non siano stati, in realtà, mai spenti, neppure nel secondo mov~mento, e che solo ora riemer­ gano come da un fittizio torpore. Cosl, il ritorno del l'arpa "in rilievo Il e alla tavola con il suo t~pico bemolle ribattuto, il ritorno delle viole in la tremolo "p ianissimo" e·al ponticello e dei tromboni con sordi na che recuperano la citazione da Coro di morti (an ­ che se non si tratta più di due tromboni tenori, ma del secondo trombone tenore e del trombone basso urrct tava sotto rispetto al primo movimento, onde il regi­ stro timbrico è più scuro) suonano come una sospirata ripresa di emozioni musicali - e. anche fisiche e psi­ cofisiche - provate al principio del concerto. Crediamo che l'aspetto tecnico, soprattutto in ste due parti estreme del lavoro (miss. 1 ••• 72 qu~ del primo movimento e miss. 197 ••• 246 del secondo), debba essere assolutamente subordinato a quello espressivo, tant'è che il riferimento del "Lento e grave ••• Cal ­ 260 missimo" conclusivo al "Moltomoderato" di apertura è un fatto talmente immediato e istintivo, che le rela­ zioni formali tra i diversi elementi ritmico-melodici delle due parti in questione appaiono del tutto secon darie, al confronto dei valori timbrico - dinamico emotivi. Per precisione, si devono tuttavia rilevare,oltre a quelle già accennate, alcune chiare riprese: i moti contrari dei contrabbassi, a miss. 205 ••• 208, presen­ ti anche oltre, che riproducono per moto retrogrado quelli di miss. 29 ••. , 38 •.• , 54 ••• , etc. del primo movimento; i pizzicati, sempre dei contrabbassi (+ timpani), a miss. 214 ••• 221epiù avanti, che enunciano le prime quattro note della serie comparsa alle viole e imitano un passo ostinato più volte ricorrente nel primo tempo (cfr. miss. 47 ••• , 132 ••• , 164 ••. etc) iil medesimo frammento tetraseriale in imitazione fra gli archi, a miss. 227 ••• 232, l'utilizzazione della prima 261 emiserie per moto retrogrado, alle miss. 197 ••• 200{al ternativamente·. nelle parti delle viole e dei violon­ celli divisi: SOl# (6) - la (5) - fa (4) - si (3) mib (2) - do (1) e alle miss. 242 ••• 246, una sorta di simbolica retrospettiva,.un cammino a ritroso "ad or! ginem", la coincidenza degli estremi del principio della fine; il ritorno dell'arpa e del colpo di e gong in "pianissimo", a due - tre misure dalla fine, secon do una posizione esattamente speculare al primo movi­ mento. Consolidati i successi anche a livello internazio­ naIe, divenuto presidente della SIMC (italiana nel '53, internazionale nel '54), eseguite in tutto il mondo sue musiche e pubblicati su di lui diversi sag­ gi ed articoli (specie in concomitanza con il tesimo d~lla cinqua~ nascita), Petrass1 è ormai maturo, in Quinto concerto, per esprimere se stesso pienamenbe e 262 senza sperimentali compromessi. Questo lavoro è, dun­ que, un traguardo, prima che un "sintomo di crisi"(152). E il traguardo sta nella tragica espressività re,che tecnicamente interi~ rimanda a citazioni autobiogra­ fiche, non desunte dallo spirito o dalla lettera altri autori. "Lo strumento, suono astratto, di indaga, con la massima lontananza dalla parola, la capacità del suono a farsi parola. E' un misurarsi con il si­ lenzio. Con l'emozione. Ma attraverso un progressivo rarefarsi della materia, un rifiuto sempre pii! decis~! al: gesto declamatorio, all'evidenza della .P'erorazio­ ne". ( 1 5 3) • Questo rifiuto era già chiaro nel (Primo) Concerto e nei lavori degli anni '30, ma l'acquisizione di una tecnica compositiva sempre pii! eclettica e internazi2 naIe e, soprattutto, di una capacità espressiva - non necessariamente legata al veicolo verbale - equidistan te dai poli dell'espressionismo viennese e de.l primo 263 Stravinskij ha contribuito, nelle opere degli a un linguaggio di indubbia \ person~le anni'5~ energia dram­ matica. In questo senso, l'itinerario compreso fra Se­ condo e Quinto concerto è quanto di più imprevedibile e, insieme, di rigorosamente consequenziale che si possa immaginare. Petrassi non ama proseguire su una linea ovviamente prestabilita e affronta, invece, e­ sperienze sempre nuove, senza dimenticare quelle pas­ sate, ma integrandole con i modi di recente acquisi ­ zione. Così è avvenuto nel passaggio fra Secondo e Terzo concerto (dove la serialità è unita al neoclassicismo hindemithiano del concerto precedente) e fra Terzo e Quarto concerto (dove lo spirito e il "tematismo" bartokiano tentano la simbiosi .con lo "strutturalismo intervallico" di Terzo concerto). Così è avvenuto, ig fine, tra Quarto;e Quinto concerto.'Ma·qui non si fan no più i nomi nè di Hindemith nè si Sch5nberg nè di 264 Bart~k. Qui è Petrassi, e Petrassi soltanto, ad esse­ re modello a se stesso, anche se, naturalmente, con il bagaglio di esperienze e di cultura che sappiamo. L'accentuazione del lato tragico-espressivo è .sempre più evidente da Secondo a Quinto concerto, tocc~,il culmine in quest'ultimo. Le forti emozioni trasferite in musica da Coro di morti e Noche oscura trovano l'~ quivalente puramente musicale e strumentale, senza, . cioè, l'ausilio dei mezzi vocali e, soprattutto, quelli verbali, in questo concerto, che spetto di per tàle.; a resta un "unicum" della produzione petrassia­ nq. Nei lavori futuri - a parte i Eropos d' Alain ( '60) , i Mottetti per la Passione ('65), le Beatitudines ( '68) e le Orationes Christi (' 74 - '75) - ,Petrassi in sisterà spesso, all'opposto di Quinto concerto, sul­ l'esornatività e sul virtuosismo strumentale. Lo stru mento, specie in lavori come 'rre··per sette ('64) o E­ 265 stri per quindici esecutori ('66 - '67) o Grand sep ­ tuor ('77 - '78) ••• , sarà il nuovo oggetto di indagi­ ne, un'indagine che mira a svelarne le piU risposte qualità tecnico - virtuosistiche, allontanandosi dal tradizionale concetto di "espressività", cui in so­ stanza è ancora legato Quinto concerto. Esempi di questo tipo non mancano nemmeno produzione precedente di Petrassi, nella (si vedano i Non­ sense per coro a cappella e le Invenzioni per piano ­ forte del '44l.Ma l'intento espressivo, comunque, è in essi evidente e vuol essere anteposto a quello pu­ ramente tecnico, tant'è che i passaggi di acrobatico virtuosismo si può dire che siano del tutto assenti nel Petrassi degli anni '30 ••• 1 50, per coronarsi, in­ fine, nelllllespressivismo totale" di questo concerto. Forse, Quinto concerto, piU che un punto cruciale o - come dice Dino Villatico (154) - un "punto di vol ta", è la meta ultima di una ricerca espressiva, 01 ­ 266 tre la quale non è possibile andare,se non mutando di rezione. Solo in questo senso, puO essere il segno di una crisi, ma di una crisi a venire che, di fatto, sa rà brillantemente scongiurata da Petrassi,in favore di nuove e impreviste opzioni. In Quinto concerto, "l'impronta dialettico-discor­ siva del sistema linguistico ra del tutto cancellata t~adizionale (anzi, per niente non è anco­ cancellat~ noi diremmo : ciò che di quel sistema Petrassi tenta in ogni modo di eludere è la logica formale. Agli el~ menti primi del linguaggio tradizionale egli anche in seguito farà ricorso, beninteso entro tutt'altri con­ testi; mai più tornerà a pensare musiéalmente nei ter mini di quella logica, neppure quando si tratterà per lui di proporre un'alternativa alle soluzioni icono ­ claste proposte dall'avanguardia" (155). Boris Pore­ na, secondo noi, qui ha ragione. La dialettica alternanza di pieni e di vuoti, di 267 momenti di tensione e distensione, si avvale ancora delle figure ritmico-melodiche della tradizione, an­ che se ridotte come a formule stenografiche, "labili figure ••• (dagli) imprecisi~contorni, ••• allusioni, quasi diremmo tracce dell'antica figuratività". (156). Ma la logica che guida l'organizzazione di queste fi­ gure, nell'arco generale del lavoro o nel singolo movimento o parte di movimento, non rimanda a nessuna forma della tradizione classico-romantica, sia essa tripartita o ritornellata. E le osservazioni dei pri­ mi recensori di Quinto concerto, che vedevano, in es­ so, soprattutto il fitto avvicendarsi di stati emozio nali diversi (ricordiamo la posizione crociana di Mi­ la), non sono poi "del tutto superficiali", come inv.! ce qualcuno sostiene (157). Certo, l'analisi dettaglia ta rivela una saldissima rete di morfemi ricorrenti e sempre uguali a se stessi, neppure variati; per~, sto non elimina la loro funzione eminentemente qu~ espre~ siva, anzi emotiva, che sopravanza di gran lunga ogni senso di costruzione cerebrale. 268 9. Invenzione concertata (Sesto concerto) Quinto concerto fu composto nel 1955, Invenzione con­ certata (Sesto concerto) fra llottobre 156 e il marzo 157. Eppure, malgrado i diversi mesi intercorsi tra due lavori, il catalogo delle opere petrassiane i non ne annovera altri in questo periodo, rimandando, inve­ ce, a due soggiorni di lavoro negli Stati Uniti. Il primo di questi risale al novembre-dicembre 155, in oc casione delle celebrazioni del "Saluto a Roma" e della prima esecuzione assoluta di Quinto concerto (tenutasi a Boston il 2 dicembre): il secondo, più lungo e pro ­ trattosi per circa due mesi nelllestate successiva,co­ incide con il corso di composizione al Berkshire Music Center di Tanglewood nel Massachussetts - cui Petrassi è chiamato in qualità di docente dalla Fondazione Kus­ sevitzki e dal Dipartimento di Stato - ed offre llop ­ portunità di visite e di contatti artistici con le più 269 importanti città statunitensi. Si capisce che le principali attenzioni di questi undici mesi sono per Petrassi assorbite da altre ragi2 ni d'interesse, che non dalla pratica della composizi2 ne. E tuttavia, i due viaggi oltreoceano e le conse guenti esperienze culturali e artistiche,e certamente anche umane, hanno lasciato una indubbia traccia nella sua futura attività creativa, se il primo lavoro che ne è seguito è all'apparenza cosi contrastante rispet­ to ai lavori precedenti, da segnare una nuova ennesima mutazione nel globale "iter" petrassiano. Irtvenzione concertata, sesto del~a Concerti per orchestra, rappresenta serie degli appunto otto questa nuova ennesima mutazione. "Sesto concerto •••• si ripr2 pone in un certo senso come opera prima, frutto fre­ schissimo di una problematica d'avanguardia innestata sul ceppo fecondo di uno stile già perfettamente defi­ nito " (158). La mutazione sta, innanzitutto, nella di­ 270 versa articolazione delle strutture minime del lingua~ gioo Le quali, in se stesse, sono poi le medesime prima. la successione di unisoni in IIpianissimo ll di delle prime misure richiama .. ..agli lIincipit ll della ter'·za e quarta delle Invenzioni per pianoforte (del '44), se non addirittura alla IICiaccona ll della lontana Partita per orchestra (del '32); l'insistenza sull'intervallo di terza e su alcuni lIintervalli chiave ll ricavati dal­ la sequenza seriale del principio ci ricorda le espe ­ rienze strutturaliste inaugurate con Récréation con­ certante (Terzo concerto); lo stilema del tremolo per terze e quello delle note ribattute, l'uso di triadi perfette, il pedale narmonico" (vedi i timpani di miss. 32 ••• 35, o gli archi e le percussioni di miss. 95 ••• 99, o le percussioni sole di miss. 102 ••• 118 etc.), gli stinati ritmici, i 0­ "neoclassici ll ritmi puntati, l'am ­ pio e disteso intervallare (secondo movimento), i suo­ ni armonici. tenuti degli archi (miss. 114 ••• 118, 126 •• 271 150 etc.) ,le semicrome "volanti" sempre agli archi(ter zo movimento), i passaggi di libere scale diatoniche (come il caso eclatante di miss. 160 e 161) o di fram­ menti di scala cromatica (come a miss. 192 e 306) ••• Ma altra, rispetto ai lavori precedenti, è la com­ plessiva organizzazione di queste minime strutture, , "~01TOl~ del linguaggio petrassiano desunti da un mede simo vocabolario, ma informati alle leggi di una nuova grammatica. "La composizione - osserva Massimo Mila (159)' - si attua legando insieme minime figure, "microstrut-· ture intervallari" (l'espressione è tratta dal sag­ gio di Boris Porena sui Concerti per orchestra di Pe­ trassi, da noi più volte citato) in­ , trascorrendo stancabile dall'una all'altra in uno stile di variazio ne infinitesimale ••• Un'operazione simile significa rompere le ossa alla musica, onde è facile comprendere la difficoltà che simili composizioni presentano all'a scolto e la resistenza a cui vann6 incontro". 272 Lo "'stile di variazione infinitesimale" di cui par­ la Mila è un fatto assolutamente inedito nel Petrassi di prima. Per limitarci ai Concerti per orchestra, lo strutturalismo di Récréation concertante non si spinge oltre una concezione motivico-tematica della serie, a~ zardando, come abbiamo visto, un "divertimento" sullo intervallo di terza che, però, rimanda curiosamente a certi modi ritmici stravinskiani; per non dire di Quar­ to concerto, dove la bartokiana sintesi di tema e strut tura è anche pin evidente; mentre in Quinto concerto la continua iterazione deL breve motto desunto "Lieta no" di Coro dal di morti e di altre microstrutture portanti dell'intero lavoro non subisce variazione ge­ netica alcuna lungo il corso del brano: si tratta, cioè, di ripetizioni pin.o meno letterali. Ora, in Invenzione concertata <Sesto concerto) re­ stano i minimi elementi costitutivi che abbiamo in paE te elencato sopra, ma questi non concorrono pin a defi 273 nire e comporre ("cumponere") articolate frasi temati­ che nè vengono, per lo più, ripresi testualmente. discorso è come fatto a pezzi, le sue ossa sono, Il appu~ te, "rotte" e polverizzate. " ••• ogni ripetizione è de litto", sostiene sempre Massimo Mila nel citato artic~ lo, ma qui, forse, non senza esagerazione. CiO che so­ pravvive sono le minime strutture di base e, più spes­ so della loro articolazione ritmica, la loro articola­ zione intervallica. La "variazione infinitesimale" con siste esattamente in questo: che nella insistita ripr~ posizione di alcuni semplici intervalli desunti dalla serie inizialmente esposta, e che stanno, in vari pun­ ti, a fianco di una ritmica più o meno elementare e perfettamente caratterizzata, dipende lo svolgersi uni tario del lavoro. La ritmica. Anche questa merita una particolare at­ tenzione. Se in Quarto e, soprattutto, in Quinto Con ­ certo essa cedeva a una ricerca tesa a valorizzare lo 274 interesse preminente degli altri parametri del suono , specie quelli melodico-intervallare e armonico-timbri­ co, qui sembra riscattarsi.e proseguire le intenzioni di Récréation concertante (Terzo concerto). Lo vediamo subito nella mobilità dei tempi adottati nelle prime misure del concerto (dove si alternano rapidamente bat tute di 3/4, 5/8, 6/8, 5/8, 3/4, 5/8, 6/8 etc.) e, in particolare, nelle irregolarità delle percussioni, a miss. 5 - 6 e 19 - 20. Le percussioni, soprattutto, so no la "zona orchestrale" che suggerisce maggiormente a Petrassi questa irregolarità - ed è anche normale, da­ to il loro ruolo che, per intrinseca natura, è eminen­ temente ritmico, oltre che timbrico -, ma è interessan te rilevare che anche da esse provengono, come da una naturale germinazione,. alcuni spunti di estrema e os­ sessiva regolarità. Petrassi costruisce spesso per op­ poste antinomie. A miss. 5 e 6, prevale indubbiamente l'irregolarità 275 ritmica, ma le biscrome ribattute della cassa chiara~ no, per contro, regolarissime. Analogo discorso per le miss. 19 e 20. Il pedale in "pianissimo" delle miss. 32 ••• 35, fondato sui ribattutiirlel piatto sospeso e della cassa chiara "all'orlo" e sulle terzine costanti dei timpani, è, invece, di una regolarità quasi stati­ ca. All'opposto le miss. 45 ••. 50, varie e imprevedibi­ li. Mentre l'ostinato che si protrae da mise 102 mis. 118, e giocato sul ritmo implacabile: L 11. 1 non solo è regolarissimo, ma addirittura normale, a , se non abusato, nel repertorio della tradizione. Ritorne­ rà all'ultimo movimento, a miss. 279 ••• 314. E gli esem pi potrebbero proseguire. Altro aspetto da considerare è quello timbrico.L'oE ganico appare insolito rispetto ai Concerti precedenti, i quali utilizzavano.compagini strumentali di relativa tradizionale osservanza. Cosi. le grandi orchestre di Primo e Quinto concerto, cosi l'orchestra haydniana di 276 Secondo concerto, o quella da camera - privata, però , dei contrabbassi e accresciuta di una batteria consi ­ stente di percussioni - di Récréation concertante (Ter­ zo concerto), o del bartokiano (o berghiano?) complesso d'archi di Quarto concerto. Invenzione concertata (Se­ sto concerto) ricorda, invece, vagamente l'organico di Coro di morti, costituito da voci maschili, tre piano­ forti, ottoni, contrabbassi e percussione~, Ma qui si possono schematizzare tre chiare sezioni strumentali: quella degli ottoni (quattro corni in fa, tre trombe in do, due tromboni ternori e un trombone basso), quella delle percussioni (timpani, tamburo con corde, cassa chiara, gran cassa, tam tam piccolo, tam grande, gong cinese grande, due piatti, piatto tam so speso, triangolo, maracas grandi; in tutto quattro ese cutori) e quella degli archi (al completo, secondo la tipica pentapartizione). Anche se le diverse sezioni~ no scrupolosamente concertate - donde il titolo Inven­ 277 I tre gruppi strumentali si trovano, dunque, in una situazione di "paresinter pares", in cui la nuova ac­ quisizione di personalità e di autonomia da parte del­ le percussioni. non è ostacolo, maJal oontrario, garanzia della parità strumentale e di una concertazione equili brata. Se è vero che il compositore, secondo Petrassi, "si deve identificare con lo strumento che sta adope ­ rando ••• essendo, volta a volta, un flautista, un sas­ sofonista, un violoncellista, o quello che sia". e se è vera la fede incrollabile che egli nutrè (160), per 278 l'esercizio contrappuntistico e per una concezione del la musica basata su di esso (161), ne deriva che ogni strumento dell'orchestra,purchè impiegato secondo congenite potenzialità tecnico-espressive e le secondo una logica diveniente, deve presentare una condotta a~ tonomamente espressiva, .anche se, per ipotesi, 'avulsa dalla concertazione generale. Quest'ultima, poi, è da­ ta dalla somma delle diverse parti, singolarmente aut~ nome, ma integrate in un complesso di omogenea compa :,­ tezza, senza "divismi strumentali" e prevaricazioni. Avviciniamo, ora, la. partitura di Invenzione certata (Sesto concerto), con­ per accertarci delle consi­ derazioni fatte a) sulla nuova particolare articolazio ne dei morfemi linguistici' b) sulla ritmica, che con­ trappone a soluzioni irregolari altre del tutto regol~ ri e tradizionalmente simmetriche e c) sulla timbrica, che divide l'organico in tre sezioni strumentali in 279 perfetta osmosi (162). Dei tre movimenti in cui si può ripartire il concer to - primo movimento "Mosso (inquieto)/Adagio/Tempo/A­ dagio ••• " etc., secondo "Adagio sostenuto... (estatico) ~ terzo "Libero, (con fantasia)/Tempo/Tempo, sostenuto I Tempo (liberamente) •• :1 etc. - il primo è, forse, quel­ lo più stimolante per la nostra analisi. Si snoda da miss. 1 a mise 128 e utilizza liberamente le successio ni intervalliche stabilite dalla serie endecafonica sposta al principio da violoncelli e contrabbassi e~ se- condo una semplice omoritmia, inquadrata, però, un due misure differenti, l'una di 3/4 e l'altra di 5/8 (f~~). Le miss. 3 e 4 - e, più avanti, le miss. 22 e 23,32 ••• 35 (timpani), 49 e 50 (tromboni e contrabbassi), 72 ••• 74, 81 e 82 (violini secondi), 95 ••• 99 (viole e violon celli), 109 ••• 115 (violini, utilizzando anche il rivol to, cioè l'intervallo di seconda minore o di nona mino re), 126 ••• 128 - insistono sulla ottava diminuita-set­ 280 tima maggiore delle note 10 e 11 della serie. Insistenze su altri intervalli seriali sono presen­ ti ovunque nel movimento: la sesta maggiore discenden te delle note 7 e 8 la ritroviamo, ripetuta quasi quarantina di volte, a miss. una 9 ••• 18; frequente ricor­ re la sovrapposizione di terze mino-maggiori - interval li che nella sequenza seriale troviamo, anche sotto forma dei rispettivi rivolti, sei volte: sol-si,si-sOl#, SOl# -do (=Si# ), do-mi" fa# -la, la-do# ; più una set tima volta, quando la serie endecafonica iniziale completata dalla dodicesima nota, che stabilisce è con quella precedente l'intervallo re-si~ -, come ai corni di miss. 11 .•• 18, ai violini primi di miss. 17 e 18, ai corni e alle viole in trillo di miss. 29 ••. 31, ai corni di miss. 48 ••• 50, ai tromboni secondo e terzo di miss. 49 e 50 e all'episodio affidato agli archi fra miss. 85 (83) e 91 ••• Ma solo in un caso, a miss. 36.~.43, la serie dode­ 281 cafonica è utilizzata per intero e ripetutamente,dando origine a cinque entrate sca1ari, rispettivamente di violoncelli, viole, contrabbassi, violini secondi e violini primi. Il passo, come accadrà ancora per l'ini zio del secondo movimento, è tutto analizzabile serven dosi di so11 criteri seria1i; 282 ( ~+2.) t,. 5'1­ 3 2. 1 3 283 Oltre alla presenza costante di alcuni intervalli seriali (la settima maggiore e la terza mino-maggiore con relativi rivolti) e, almeno in un episodio, al con trappunto dodecafonico del più assoluto rigore - ciò che, nell'insieme,giustifica l'analisi puramente inter vallica proposta dal capoverso precedente -, bisogna, però, riconoscere che in questo movimento ricorrono an cora elementi ritmico-melodici più complessi che, in­ sieme alle "microstrutture :imtervalliche", contribuisco no alla organicità generale. Anche qui, come in Récréation concertante (Terzo Con­ certo), l'~sizioneseriale è condotta secondo uno schema ritmico e melodico ricorrente, permanendo, cioè, le medesime figurazioni ritmiche e la medesima succes­ sione di intervalli limmediatamente riconoscibile; la serie inizialmente esposta assume, cosI, sin dal prin­ cipio (anche se incompleta della dodicesima nota, che comparirà finalmente a mis. 37) una sottile valenza 284 motivico-tematica, memore dei lavori precedenti, mal ­ grado la minor caratterizzazione del tratto ritmico.Lo riscontriamo nelle successive formulazioni, tutte fram mentarie fino al passo fugato di miss. 36 e seguenti, ma chiaramente individuabili da un punto di vista rit­ mico-melodico: a miss. 12 ••• 14 (contrabbassi), 15 (vi~ lini secondi e viole), 27 (violini secondi e violoncel li), 28 e 29 (viole e violoncelli) e, dopo le miss. 36 ••• 43 di cui si è detto, a miss. 63 e 64 (terzo tromb~ ne e contrabbassi)., 75 (viole e violoncelli), 81 e 82 (violoncelli e contrabbassi), 103 e 104 (idem, per moto contrario), 109 e 110 (viole, violoncelli e contrabbas si, utilizzando moti paralleli dissonanti che ci ricor dano Quarto concerto). Altre figurazioni ricorrenti so no quelle degli ottoni, a miss. 25 ••• 27, le quattro semiminime rimarcate per la prima volta dai corniedai tromboni, a miss. 44, la breve figurazione dei corni , a miss. 64 e 65, etc. 285 La ritmica di questo primo movimento richiama, inv~ ce, ad alcune asimmetrie di Récréation concertante,de! le quali sembra essere l'ideale prosecuzione. Si è già rilevato lo stretto avvicendarsi di misure in tempo diverso: nelle prime dodici, esso cambia otto voI te il passo sopra illustrato., come si può - e os­ servare, muta tempo cinque volte nel giro di otto bat­ tute (ma se, per l'esattezza, si pone attenzione che sopra alla prima misura in 5/8 c'è scritto 3+2 - cioè 3/8+2/8 - e sopra la seconda 2+3 -2/8+3/8 -, le muta ­ zioni diventano addirittura sei). Spesso, vengono im­ piegati gruppi ritmici irregolari di non facile scompo sizione, come a miss. 5 - 6 e 19 - 20, che, a un primo ascolto, possono senz'altro lasciare interdetto anche il fruitore più attento (naturalmente sprovvisto della partitura). Altre volte, combinazioni ritmiche diverse, in se stesse semplici, sono fra loro contrappuntate, sortendo effetti di una interessante irregolarità, co­ 286 me alle miss'~ 58, 61, 64 ••• 66 e 79 ••• 82. I ribattuti delle trombe e del primo corno,a miss. 95 ••• 99, sono il primo esempio in Petrassi di "melodia -durata", ossia di una successione di puri ritmi, loro differenziati su una nota insistentemente tra rfupet~ ta. In essi, ricorre spesso il ritmo della croma punta ta + semicroma, poco oltre ripreso (a mise 102 e segg.), per protarsi ostinatamente sino all'''Energico'' di Di questo ostinato ci sono da rilevare almeno aspetti: uno è il dialettico contrasto con le due irregol~ ritmiche precedenti,- secondo un procedere antino­ tipico in Petrassi; l'altro è il riferimento "quoti extra-musicale cui Petrassi lo ha collegato e egli stesso ci informa dettagliatamente (162). "Nel Sesto concerto per archi e ottoni (e percussioni) che scris­ si per la BBC c'è a un certo punto - questo lo proprio come riprova di quel continuo dico rapporto ci deve essere fra il nostro essere spirituale e 287 fisico e il lavoro che stiamo facendo questione già affrontata al cap. 1) (ritorna una -, a un certo pu~ to c'è un movimento ritmico che non definisco precisa­ mente, ma comunque un movimento insistito che alla fi­ ne esplode, perchè in quel momento c'erano i fatti d'Un gheria che mi sconvolsero talmente che non potevo rifletter l i in quello che stavo facendo, non non potevo far sì che queste mie emozioni fossero una cosa indi ­ pendente dal mio impegno di lavoro, e in questo senso i concerti riflettono costantemente i miei impulsi del momento e quindi questa mia espressione, non c'è dub ­ bio" • Quanto alla timbrica, il primo movimento vede le tre sezioni strumentali costantemente impegnate. l'L' or ganico - scrive Dino Villatico (163) -, con l'elimina­ zione dei legni, suggerisce chiaramente gli intenti di chiarezza timbrica, di costruzione e di intreccio di piani distinti". E, difatti, la net·ta distinzione data 288 dalla natura timbrica di strumenti così diversi come gli ottoni, le percussioni e gli archi è perseguita da Petrassi fin dalla prima esposizione del materiale tim brico: esordio degli archi gravi che espongono la se­ rie endecafonica, seppure con il lontano "pedale" in "ppp" della gran cassa con mazze morbide; intervento separato (a mise 4 - 5) delle percussioni con i ritmi regolari-irregolari; presentazione dei loro violini primi e delle viole (a mise 7) e, poco oltre, dei con­ trabbassi e dei violini secondi; chiaro ingresso della nuova sezione degli ottoni con le morbide terze paral­ lele del primo e terzo corno (mis .. 11); ancora un tervento isolato delle percussioni (mis. 19); in­ archi (mis. 21 - 22); tromboni al completo in improvviso "fortissimo" (mis. 22 - 23); corni + tromboni + trombe, ovverò tutti gli ottoni insieme, a mise 24 e seguenti, con il lieve mormorio degli archi sotto stanti mentre le percussioni tacciono ••• Il contrappunto timbrico è, 289 insomma, vivacissimo e tende a riunire gli strumenti in "microsezioni strumentali", espressione già da noi im­ piegata per Récréation concertante (p. 158 ): ottoni , a loro volta suddivisi in corni, trombe, tromboni; peE. cussioni, e talora timpani e batteria; archi. Interessante, però, è che, proprio perché ogni mi­ crosezione assolve al proprio ruolo con neoclassica correttezza e sulla base di un tessuto intervallico e motivico stabilito e assolutamente organico, la compe­ netrazione dei diversi livelli strumentali riesce per­ fettamente, senza nulla togliere alle peculiarità indi viduali. Ritorna l'affermazione di ·Petrassi secondo cui "la serie è un pretesto costruttivo" che molte vol te non è chiaramente percepibile dall'orecchio nella sua definita struttura intervallica, mentre la fisici­ tà sonora, essa sI deve essere sempre percepibile e mai rimanere un puro decorativismo grafico (164). Come dire che anche il "ppp" dovrà essere sempre disposto 290 in modo tale, da essere inequivocabilmente "udibile", e in particolare l'articolazione timbrico-strumentale do vrà sempre rispondere a criteri di massima lucidità,in cui nulla di ciè) che è scritto vada p.erso a un attento ascolto. ~n questo senso, è da interpretare un'altra afferm~ zione di Petrassi (165): "La mia filiazione neoclassi­ ca ha lasciato tracce, non della frigidità nè tanto meno nei "ritorni", ma nella purezza sonora. Del resto occorre esorcizzare il diavolo, e rivedere il Neoclas­ sicismo, da cui nè SChonberg nè Webe n sono esenti". 0}2 pure (166): "Ciè) che l'orecchio non arriva a percepire è inesistente; sono trascorsi alcuni anni dalla lia della "Augenmusik" ll • fol­ L'aspetto timbrico, come qua­ si sempre in Petrassi, puè) addirittura essere il prin­ cipale metro di partizione formale. Cosi in questo primo movimento. Dove le miss. 1 •••• 35 sono l'introduzione e presentazione della tavolozza 291 timbrica dell'intero concerto, non dissimi1mente quanto avveniva per le prime misure di Terzo e da Quinto concerto; dopo di che, il concerto sembra prendere mosse def~nit~vamente con ~1 le fugato degli archi di miss. 36 ••• 43; segue la contrapposizione di ottoni,peE cussioni e archi di miss. 44 ••. 47; poi, gli ottoni so­ no gli indiscussi protagonisti, almeno fino al "Mosso" di mise 75; riprendono archi e percussioni, con qual ­ che sporadica intermittenza degli ottoni che, dopo fanfara in "forte" di miss. 91 ••• 93 e il breve e la con­ trastante episodio deL violini a miss. 93 e 94, torna­ no a dominare con la "melodia-durata" di miss. 95 seguenti; di qui, le tre sezioni s~ e integrano progres­ sivamente, con sempre maggiore equilibrio e compattez­ za; ma, da mise 120, le percussioni improvvisamente tacciono e, nelle ultime due misure del movimento (127 e 128), rimangono soli in "piano" e "dolce" le e i violoncelli. viole 292 Il movimento seguente, "Adagio sostenuto ••• (estati CO)II (miss. 129 ••• 183), è quello che risponde alla ma.9: giare monocromia, sotto tutti i principali aspetti: strutturale-linguistico, ritmico, timbrico. Le prime misure possono essere analizzate, come già le miss. 36 •.• 43, sulla base della loro rigida costituzione dode­ cafonica. Gli armonici suggestivi degli archi, "piano, senza vibrare, al ponticello ll , "quasi un canto fermo su cui un preludio bachiano libera la sua invenzione strumentale Il (167), espongono, fra miss. 129 e 140, la serie completa del primo movimento per moto retrogrado~ il trombone terzo, invece, espone (a miss. 129 ••• 134) la serie completa per moto retto - essendo il secondo fldcJ'di mise 134 una IInote sfuggita", estranea alla suc­ cessione seriale -, imitato a distanza di tre movimen­ ti dal primo trombone, che propone la stessa serie per moto contrario, e, più oltre (mis. 135 e segg.), dalla prima tromba, che la propone per moto retrogrado e con 293 trario - essendo il sol diesis di mise 139 una "nota di volta", e non "di appoggiatura" come risulta dall'a nalisi del Bortolotto! (168) -; anche i tromboni secon do e terzo di miss. 136 e seguenti riprendono la quenza seriale~ se­ l'uno per moto retto e l'altro per mo­ to contrario. La serie ritornerà, più rigidamente non nel primo movimento, per tutto il corso di che questo "Adagio sostenuto" (evidentissima, in nuova soluzione ritmica, ai celli e bassi di miss. 146 ••• 151 e, come in principio di concerto, senza l'undicesima nota; op­ pure ai flautati dei violini e delle viole di miss.151 e 152,nell'ordine 247, o di miss. ,153 e 154, o di 154 e 155 e via dicendo fino alla ripresa, anche figurati­ vamente molto simile al principio del movimento, di miss. 170 e segg.). Da notare, ancora, l'insistenza dei timpani (miss • 176 ••• ) e poi delle viole (miss. 179 ••• ) sull' interval lo seriale di settima maggiore, particolarità già rile 294 vata nella stessa parte dei timpani, a miss. 32 ••• 35 del primo movimento. E, infine, inattesa sul momento , anche se tipica delle opere di Petrassi da Récréation concertante in poi, l'intrusione delle fantasmagoriche scalette diatoniche di miss. 160 e 161, che spiccano curiosamente nel generale contesto cromatico. (A proP2 sito di queste scalette che spariscono in diminuendo nel vuoto di una pausa, impossibile non ricordare le analoghe miss. 112 ••• 114 (viole) di Récréation concer­ tante e le ultime misure. del secondo movimento di Quar­ to concerto, anche se, in questi due casi, si tratta di scale cromatiche e non diatoniche) • Ritmicamente, il movimento appare estremamente line are e aproblematico, eccetto, forse, un passo delle percussioni, a miss. 162 ••• 164, che rimanda alle irre­ golarità del primo movimento. Dove, invece, l'attenzio ne principale dell'ascolto ~ fortemente calamitata è nella regione timbrico-strumentale. Al "calmo" e seve­ 295 ro incedere dei tromboni, e progressivamente di tutti gli ottoni, del principio - sovrastanti, come s'è det­ to, i fissi e allucinati armonici artificiali archi - fa seguito, da mis. 151, un graduale degli animando di intenzioni che si spegne, infine, nelle scalette dia toniche ascendenti degli archi e, tramite un ponte di tre misure affidato alle percussioni (finora assenti "ppp in questo movimento), sfocia in un "(estatico)" senza vibrare" (miss. 165 ••• 170), in cui le dieci par­ ti degli archi contrappongono frammenti seriali in elementare e magico "punctum contra punctum". Qui, veramente la rarefazione e la evidenza 11 un l.del linguaggio sonoro si fanno tali da superare ogni osta­ colo di comprensione" (169). Il riferimento al "Lenti§. simo" di Quarto concerto è immediato, non solo per la identica richiesta dinamico-espressiva, "ppp senza vi­ brare", riferita anche alla medesima sezione strumenta le e a valori ritmici di lunga durata (ma nel presente 296 "(estatico)", per l'esattezza, è previsto in pia l'uso della sordina), ma, soprattutto, per l'esito di sta­ gnante depressione - la " s tatische Vision" e l' "Anticli max" di cui parlava Roman Vlad (170) ..; che informa ste qu~ misure. Anche se, nell,n (estatico) " di Invenzio­ ne concertata il contrappunto delle gelide fasce sono re degli archi è esteso complessivamente a dieci parti, e non pia a· sei, il raffronto con Quarto concerto de­ nuncia un'ulteriore essenzialità. Gli "estatici scorri menti delle singole parti" che, in questo, ravvisava Mario Bortolotto (171) diventano "scorrimenti" chiara­ mente percepibili allo scadere di ogni misura, in vir­ ta dell. 'adozione di un procedimento contrappuntistico mol to semplice, nota contro notai fenna restando l'estatici tà del passo, che non perde nulla rispetto al "Lentis­ simo" di Quarto concerto. Questa, semmai, ne esce come razionalizzata e fatta pia lucida e consapevole. Alla fine del movimento, dalla "magia razionalizza­ 297 tali di questo episodio centrale ritorniamo, con la mis. 170 - 171, alle gravi enunciazioni seriali degli ottoni in imitazione. Le terzine dei timpani, a miss. 176 ••• 181, preparano il "fff" "si" dei violoncelli (a mis. 181), seguito, una misura dopo, dalla isterica pro lusione degli altri archi al "Libero, (con fantasia)", che apre il terzo e ultimo movimento. Il quale, almeno nella sua primq parte, crediamo sia il movimento più convenzionale e meno interessante del concerto. (Noteremo soltanto il ritorno, a mis. 187,di un motto già comparso nel primo tempO a miss. 46, 48 119, e le semicrome trascoloranti fra i vari e strument~ a miss. 188 •.• 191, che ricordano il secondo movimento di Quarto concerto). Ma dal furioso e delirante ingre! so dei timpani e, poi, delle altre percussioni, a mis. 278 - 279, che riprendono e rielaborano il movimento ritmico di miss. 102 .•• 118, c'è COme un'improvvisa ri­ carica della tensione emotiva e dell'interesse, non di 298 mentica della lezione del Sacre e di certi "Allegri baf. bari" di Bart6k. Si torna a parlare, come in Quarto o Quinto concer­ to, di "H8hepunkt", situato al "fortissimo" di mis.316, dopo i~ quale la tensione scema progressivamente con continui cambiamenti di tempo (quasi trenta, fra miss. 316 e 358) e di iridescenze timbriche, in cui le per ­ cussioni fanno sfoggio di virtuosismo. Virtuosismo, punto. Ma - un po' come. accadeva, anche se meno a~ spett~ colarmente e con minor complicazione, al passaggio dei timpani di miss. 212 ••• 218 di R~cr~ation concertante ­ si tratta di un virtuosismo teso a fini essenzialmente espressivi e drammatici, qui tutt'altro che esornativo. Ricordiamo, d'altronde, lo stimolo che ha indotto trassi a questo particolare atteggiamento, cioè Pe­ le tragiche vicende che riabilitarono il regime comunista in Ungheria (ottobre-novembre '56). Questo tratto de~ terzo movimento {miss. 278 - 279 299 .•• 359) è, forse, con le parti estreme di Quinto con ­ certo, quanto di più tragico ed espressivo Petrassi ab bia fino allora scritto per quel che riguarda la prod~ zione strumentale. Un'analisi un po' approfondita del presente passo ci porta a riscontrare un'irrequieta drammaticità nei seguenti elementi tecnico-compositivi: l'ostinato di croma puntata + semicroma, innanzittutt~ che è ossessivamente presente in tutte le misure com ­ prese fra 279 e 314, ora a una microsezione strumenta­ le ora un'altra; l'onnipresente impiego delle percus ­ sioni, sempre in evidenza o,addirittura, protagoniste della pulsazione ritmica ed emotiva del passo (caso u­ nico, fino allora, in Petrassi); le semicrome concita­ te e ripetitive degli ottoni (miss. 279 ••• 283) ei poi, degli archi (miss. 287 ••. 293; 300 ••• 307 e 309 ••• 312) ; la dinamica mutevole degli ottoni e degii archi, men­ tre quella delle percussioni procede impassibilmente in un "sempre forte" senza tregua e abbinato, per di 300 più, al ritmo implacabile dei fatti d'Ungheria; la me­ tamorfosi ritmica e timbrica delle miss. 317 e seguen­ ti, che frantuma la concertazione in punti esclamativi e interiezioni strumentali, sorta di punteggiatura che a metà frasi parole e rimbalza imprevedibilmente diversi strumenti; la conseguente instabilità ritmica e timbrica che subentra con improvviso contr~ sto, a miSe 317, alla generale compattezza delle misu­ re precedenti; l'estinguersi di ogni prepotenza ritmi­ co-timbrica nelle note lunghe di ottoni ed archi e nel "sordo pulsare" (172) delle percussioni di miss. 352 •• e, infine, nel "pp - ppp" di mise 358, seguito da gran pausa coronata che potrebbe essere l'estremo di vita del concerto. Et invece, le miss. 360 ... 365 concludono il lavoro un beethoveniano, "fortissimo" "raptus" finale.Quin­ to concerto finiva nel nulla del principio, quasi un organismo che proviene da un limbo 'iperuranico, cresce 301 e si sviluppa, per poi declinare e morire, tornando al proprio limbo senza colore. Invenzione concertata (Se­ sto concerto) ci sembra dimostrare, al contrario,un'iE reprensibi1e volontà di vita che, alla fine, trionfa nonostante le pene e le sofferenze terrene. Récréation concertante (Terzo concerto) fu commissi onata dalla Sudwestfunk Baden Baden, Quinto concerto dalla Boston Symphony Orchestra, Invenzione concertata (Sesto concerto) dalla BBC di Londra, Prologo e cin­ que ~nvenzioni ('61 - '62) - lavoro poi rifuso nel su~ cessivo Settimo concerto del '64 - dalla Port1and Ju ­ nior Symphony Orchestra e, infine, Ottavo concerto('70 ••• '72) dalla Chicago Symphony Orchestra. L'elenco in cui non figurano i l Primo, il Secondo e i l Quarto concerto, poiché significativamente non risulta che es si siano stati commissionati da ente alcuno - ci infor ma dell'assoluta consapevolezza di. Petrassi nel soddi­ 302 sfare le esigenze di un pubblico e di una critica in ­ ternaz ionali. L'internazionalità, appunto, di cui si era già par­ lato a proposito di Terzo e di Quinto concerto, favor! ta anche dai sempre pift frequenti viaggi all'estero (giusto all'epoca di Terzo concerto, egli prese a via~ giare quasi ogni ann~,coincide con l'acquisizione di un linguaggio sempre meno circoscritto at confini na­ zionali. Ne deriva una maggiore disinibizione nell'uso di mezzi compositivi sempre pift svariati ed eclettici, contemperati in modo personale. Con l'accrescersi delle possibilità di scelta, Pe­ trassi radica e particolarizza con pift originalità ed evidenza le scelte di volta in volta operate. "C' è una parola - egli diceva in un'intervista del '66 (173) che mi piace per indicare il mio attuale passato) (ma anche modo di procedere: polimaterico o meglio po­ litecnico: la commistione delle teçniche, infine. CosI I. 303 per il problema della serialità. Soffermarsi oggi sul­ la serie, a meno che non si. voglia fare opera didattica o filosofica o analitica, non ha più senso. Si tratta di materia assorbita dai conservatori (o almeno, ritèngo che così dovrebbe essere). Ad un giovane, chi domanda più se usa o no la serie? Una pratica seria le si dà per scontata. E la nozione di armonia non sussiste nel senso tradizionale, ma in quanto concatenazione di si­ tuazioni sonore. Una condotta armonica non in senso to naIe, ma piuttosto tenendo presente una eufonia dei rapporti sonori tra loro. Certo gli elementi della mu­ sica non si lasciano più separare e.analizzare partita­ mente se non partendo da posizioni del tutto diverse da quelle della scolastica. Ritengo comunque sia il timbro la dimensione nuova della musica attuale, in co,!! trasto con la musica del passato (Neoclassicismo com ­ preso) ... Ecco, l'acquisita internazionalità di Petrassi la 304 si fa, per norma, coincidere con l'adozione del siste­ ma seriale sch8nberghiano, ed egli stesso sembra por ­ tarci a questa interpretazione. Difatti, la prima ope­ ra che gli fu commissionata da una grande istituzione straniera, la SUdwestfunk Baden Baden, è proprio quel­ la che denuncia il primo sistematico approccio con la tecnica dodecafonica, cioè Récréation concertante (Ter­ zo concerto). E, dei prossimi Concerti per orchestra commissionati da importanti società straniere, non ve n'è uno che ignori la matrice seriale dodecafonica. In­ vezione concertata (Sesto concerto) è, poi, nelle par~ le di John Waterhouse (174), il lavoro che "represents Petrassi's n~-est approach to systematic dodecaphony ­ though even here the technique is not rigorously thro~ ghout". Rimandiamo, per le osservazioni di carattere generale su questo problema, al cap. 6. Per quel che riguarda, in particolare, Invenzione concertata (Sesto concerto), la dodecafonia sch8nber­ 305 ghiana è, secondo noi, decisamente superata nei termi­ ni dello II s trutturalismo intervallico", come già si prospettava ,in Récréation concertante (Terzo concerto). Ma ci~ che in Récréation concertante era, un circoscrit to "divertimento" sull'intervallo melodico-armonico di terza minore, qui si estende ai principali intervalli seriali, la terza mino-maggiore e la settima maggiore. E tale costante divertimentointerval,lico - che, si è visto, pu~ come anche ignorare la valenza motivico-te­ matica dei parametri ritmo e melodia - caratterizza or ganicamente l'intera composizione, provando la fonda ­ tezza di un'analisi puramente intervallare. Eppure, ll"humus" culturale che sottostà a questo aspetto,per altro certo importante, è troppo complesse per esaurirsi in una semplice analisi intervallare. Il diatonismo delle prime opere non è, in realtà, mai sta to abbandonato da Petrassi, e l'esultanza ritmica de­ gli anni giovanili persiste tuttora. Le conquiste e­ 306 spressive, poi, da Coro di morti a Noche oscura, a Quinto concerto, realizzate soprattutto tramite una ricerca approfondita di nuove "armonie timbriche" e se gno, anche, di una sofferta maturazione umana, oltre che artistica, non possono assolutamente essere inclu­ se e valutate in una analisi di tipo esclusivamente s~ riale o intervallico. Ribadiamo, in sostanza, i conte­ nuti umani ed espressivi resi da Petrassi in musica in modo sempre più pertinente" attraverso la somma e la critica sovrapposizione di nuove acquisizioni tecni che. Parlare di ascendenze, in questo fitto intreccio, non è facile. Certo, il Petrassi di Sesto concerto ap­ pare, più che mai proiettato nell'attualità internazi~ naIe di quegli anni. Le percussioni, polemicamente ri­ fiutate nei primi due Concerti per orchestra, sono ora una delle sezioni strumentali portanti dell'intero la­ voro (Elliot Carter?Edgard Varèse? -Pierre Boulez? •• ); 307 il puntillismo postwerberniano è vagamente accostato con l'accentuazione delle "microstrutture intervalliche lt e con la massima rilevanza del timbro puro e, parimen­ ti, del ritmo puro (vedi il caso di "melodia-durata" , a miss. 95 ••• 99); la "polverizzazione", anche se non totale, delle funzioni motivico-tematiche,della tradi ­ zione conduce a un utilizzo sempre pi~ consistente strutture ritmiche o timbriche o, come abbiamo di detto al punto due di questo capoverso, microintervallari, soggette a uno Il stile di variazione infinitesimale" (175) (Darmastadt e la Neue Musik?); la scelta timbrica ten­ de ad affrancarsi da qualunque modello preesistenteia~ che la forma in generale del lavoro - che ancora Quarto concerto abbiamo visto recuperare moduli in espre~ sionisti, mentre Quinto concerto sembrava perseguire ~ na libera e istintiva dinamica di tipo emotivo, tutta­ via preoccupata di soddisfare a una dialettiva di stam po sostanzialmente tradizionale - è come insofferente 308 di regole ormai vecchie e consunte e si avvale di varietà e frammentazione diRcorsive tenute in una piedi dal ricorrere di strutture minime rigorosamente defini te. 309 10. Settimo concerto Abbiamo definito il Settimo concerto come "il problematico" degli otto Concerti per orchestra più (cfr. Cap. 3). Quasi tutti i lavori di Petrassi, per la veri tà, sembrano essere "agoni" in cui determinati proble­ mi vengono dibattutti e risolti. Ma con Settimo certo- quella che Boris Porena chiama "la crisi Con­ della musica come linguaggio significante" (176) tocca il cul • mine, almeno in Petrassi, e si fa problema dei proble­ mi, "prima quaestio". Tra Sesto e Settimo concerto· intercorrono sette an­ ni, durante i quali la produzione si arri?Chisce di nuo vi decisivi lavori, soprattutto nel settore cameristi­ co: occorre accennare prima a questi, per comprendere il cammino linguistico che da Sesto concerto ha porta­ to all'opera che si sta per esaminare. Un elenco completo comprende il Quartetto per ar­ 310 chi (dei primi mesi del 158), il Saluto augurale per orchestra (che reca una curiosa dedica poliglotta: "Sa luto augurale/per gli anni Sessanta/di Heinrich Stro­ bel/Emperor of Modern Music/feliciter regnans/sur les domaines hypothétiques/de los nuevos espacios sonoros/ composto dal suo amico fedele/Goffredo Petrassi/in Ro­ ma/ maggio 1958), la Serenata per flauto, viola, trabbasso, clavicembalo e percussione (del giugno con­ ~58), il Trio per archi e i Suoni notturni per chitarra (en­ trambi del 159), il Concerto per flauto e orchestra e i Propos d'Alain per baritono e dodici esecutori ('60) , il Prologo e Ginque Invenzioni per orchestra ('61 '62), le Musiche per il film "Cronaca familiare" e la Seconda Serenata - Trio ('62), la Musica di ottoni per ottoni e timpani ('63) e, da ultimo, risalenti allo stesso anno di Settimo concerto, le Musiche per il film documentario "La porta di S. Pietro di Manzil" ('64). Il Quartetto del '58 - anno in cui Petrassi è nomi­ 311 nato socio della Akademie der Ktlnste di Berlino l'ultimo lavoro in cui la nozione lata di tema è (eleme~ to tematico, cellula ritmico-melodica ricorrente, nes­ so o figurazione tematica ••• ) può essere, in qualche modo, veicolo di analisi. E, infatti, questa composi ­ zione, divisa in cinque movimenti facilmente individu~ bili, è ancora costruita su elementi tematici ricorren ti: nel primo movimento - un "Allegretto comodo", il cui passaggio iniziale all'unisono, fra l'altro anche questa una endecaserie, ricorda quello che apre Inven­ zione concertata (Sesto concerto) - si può addirittura ravvisare il principio bitematico" dove il primo ele ­ mento tematico (miss. 1 e segg.) verrà più volte ri­ preso non solo durante il primo movimento, ma durante tutto il lavoro, mentre il secondo elemento fa la sua evidente comparsa a miss. 19 e seguenti, disegnando u­ na figurazione ritmico-melodica di carattere contra stante. 312 Notevole anche, sempre nel primo movimento, la pro­ gressiva acquisizione d'importanza delle terzine di crome ribattute (miss. 40, 85, 117 ••• 130 e segg.). Ri­ corrente, nel secondo movimento, è la parte affidata al secondo violino, a miss. 184 etc., e il ribattere leggero di terzine di semicrome (si potrebbe, addirit­ tura, parlare di un modello ritmico che appartiene ci­ clicamente ai primi tre movimenti) .Elementi tematici ricorrenti si rinvengono ancora nel terzo movimento,un gustoso scherzo strumentale in tempo "Presto". Ma vertice del "tema.ti5lID"del Quartetto è la "fuga il illusoria'~ come dice Maria Bortolotto (177), -del quarto movimento, dove vengono impiegati i tradizionali artifici contra~ puntistico-imitativi su elementi chiaramente tematici. Inatteso e antitetico, invece, l'inizio dell'ultimo tem po, in cui Petrassi sembra anticipare l'astrattismo te matico delle opere successive. Questo è inaugurato con la Serenata per quattro stru 313 menti e percussione, dello stesso anno del Quartetto • Partitura emblematica e, per molti versi, atipica nel contesto della produzione di Petrassi. E' come il pon­ te che, dal "tematismo" del Quartetto, va al completo latematislOo" del successivo Trio per archi. In essa,si insiste su determinati modelli ritmici (vedi le sioni da mise 69 in poi, il ce~alo percu~ a miss. 42 - 43 e 84 e 85, il tremolo .di semicr,ome da mise 93 in poi •.•), si impiegano le più normali imitazioni contrappuntisti che (vedi soprattutto da mise 153 in avanti), c'è peE sino un " re frain", a miss. 130 ••• 135, poi ripreso a miss. 183 ••. 187; ma, nello stesso tempo, non c'è modo di parlare di elementi propriamente tematici e, meno che mai, di temi. Il discorso è come scheggiato in paE ti infinitesimali e, anche se ricorrono costantemente alcune minime cellule di tipo ritmico-melodico, queste si confondono in un rapido, disinvolto intarsio guizzi e di sussulti. di 314 Così ne scrive Franco Donatoni (178): "Non si trat­ ta soltanto del graduale processo di cromatizzazione delle figure - già iniziato, peraltro, da ben piO. un lustro e cioè con la Récréation concertante '52 - '53, se non anche prima di del - ma del loro progressi vo "raffreddamento" discorsivo, sino ad una completa nestesia che le rende segni autonomi, indifferenti ~ ad ogni tentativo di crescita o sviluppo. C'è qualcosa di minerale nella grazia che l'opera sprigiona con la sua filiforme, ma spesso volutamente opaca e faticosa can­ tabilità. Siamo assai lontani dalla forma-motivo di sonatistica memoria,. ma anche dal tematismoricercari­ stico che caratterizza molte delle opere precedenti del Maestro. Dall'immobilità della cifra melodica, re­ cante in sè la memoria di una individuazione che sta cancellandosi, nasce l'arabesco dalle movenze svagate e cadenzanti. Ma l'arabesco non pu~ che essere ripetu­ to o continuamente reinventato: spezzato o frammentato, 315 muta connotati e acquista vita autonoma, come quegli or ganismi che si riproducono per scissione, ma non può in alcun modo essere sottoposto a processi di "varia ­ zione sviluppante". La forma petrassiana, del resto, non patisce schemi, essa vive di intuizioni e di memo­ rie improvvise loro come le citazioni del vissuto - irrelate tra ~agini del1 1 esistenza. Bisogna coglieE ne il legame, aderendovi intuitivamente e per virtù di sintonia Il 11 11 • raffreddamento discorsivo" e la totale aneste ­ tizzazione delle. figure, rese "segni autonomi, indiff~ renti ad ogni tentativo di. crescitq o sviluppo ll, di cui parla Donatoni, sono il perfetto traguardo delle ~ pere che vengono dopo la Serenata, dal Trio per archi al Concerto ~er flauto e orchestra, ai Propos d'Alain, al Prologo e cinque Invenzioni, alla Seconda Serenata­ Trio, e, infine, a Settimo concerto. Il Trio è il primo completo raggiungimento dell'ate 316 matismo in Petrassi, attestando, insieme, il definiti~ vo abbandono - o, meglio, il superamento - della scho~ berghiana tecnica dodecafonica (per curiosa coinciden­ za, nello stesso anno, il '59, Petrassi lascia l'inse­ gnamento al Conservatorio ••• ). Nelle sue quattro se- Z:ioni formali, sottolineate dalla diversa unità del mo vimento ), sebbene non abbia senso par­ lare di. quattro tempi distinti, non si danno più le ricorrenti figurazioni ritmico-melodiche del Quartetto, di solo un anno precedente; e le frasi che potrebbero ricondursi a tempi o a frammenti tematici (vedi miss. 54 ••• , 90 ••• etc.) non vengono più, riprese. nel corso del lavoro. Da notare, nella seconda sezione, le tipi--'~ che note ribattute, t''C'01r041r del linguaggio petrassia­ no, e le rapide scalette diatoniche. Vi è poi, a miss. 42, 161 e 166, uno stacco in terzine che sembra recup~ rare, per un momento, i modi bartokiani di Quarto con­ certo. , 317 Nella nuova prospettiva dell' "atematismo " della Se­ renata e, soprattutto, del ~, i Propos d'Alain, com posti nell'anno in cui Petrassi succede a Ildebrando Pizzetti alla cattedra di perfezionamento in composi ­ zione presso l'Accademia di S. Cecilia ('60), affront~ no, nella fattispecie, il problema dell'abbinamento vo ce - strumenti, qui ripreso per la prima volta, dopo la cantata per coro misto e orchestra Noche oscura (del '50 - '51), secondo un personale eclettismo che, con un impiego strumentale più "avanzato", rivendica ruolo tecnico ed espressivo affidato alla voce il dalla tradizione. "lo trovo che laflNeue Musik" ha violentato la voce in modo antinaturale esigendo prestazioni assurde, con parziali e sporadiche riuscite. La voce è uno strumen­ to molto serio e piegarla all'asemanticità direi che è un delitto contro natura ••• Giustamente i musicisti,d2 po aver esplorato tutte le possibilità del materiale 318 sonOICa disposizione, hanno rivolto i loro interessi al lo strumento piU primordiale, la voce umana. Ma a que ­ sto lavorio di astrazione e di violenza la voce non si sottopone in un modo così pacifico come gli altri stru­ menti perché, in definitiva, il baritono dev'essere sa­ crosantamente il baritono (allusione ai Propos d'Alain), il tenore non potrà mai evirarsi per diventare un sopr~) no, e il soprano trasformare i,l suo organo per piegarsi alle esigenze del basso. Voglio dire infine che la natu ra si vendica di chi se ne fa beffa" (179). EI,pertanto, utile analizzare questa partitura, par­ ticolarmente complessa nella molteplicità degli elemen­ ti che la compongono, secondo una triplice progressione 1) considerare il testo di Alain - dove "l'homme de Dieu" è colui che, quasi importunamente, procede tra la moltitudine senza lasciarsene condizionare -; 2) indag~ re la veste canora con la quale Petrassi ha rivestito il testo esaminato - constatando la' forte carica emoti­ 319 va, l'esasperata aderenza al significato delle parole, la tradizionalità dell'impiego vocale -i 3) considera­ re la parte strumentale, specie in rapporto al filo i­ ninterrotto di sutura che è la voce solista. A questo lavoro di intensa espressività, musicale ed extramusicale, ne succedono altri, che si concentra no sul fattore della pura musica, con uni alternanza che abbiamo già rilevato essere tipica della produzione di Petrassi (Partita per orchestra e (Primo)Concerto Coro di mortii Invenzioni per pianoforte e Sonata camera ••.•• Morte dell'aria e Noche oscurai da secondo gruppo di Concerti per orchestra ..... Propos d I Alain~ ~"'"";. Si;' t:r;atta- del Concerto per ftauto~e la Seconda Serenata-Trio, lavori Il orchestra. e del in gran forma Il, dove llottimismo e la vitale esuberanza di Petrassi trovano, ora nell'agile flauto di Severino Gazzelloni (cui è dedicato il Concerto per flauto), ora nello stimolante e inconsueto organico di arpa + chitarra + mandolino, 320 la loro congeniale espressione. In entrambi i lavori, l'''atematismo" è unito ad una astratta, edonistica vo­ gli adi far musica, di giocare ("to play") con i suoni e con gli strumenti; il compositore si identifica con l'esecutore, e questi con lo strumento, del quale dimo stra una sicura padronanza. In questa situazione di spericolate acrobazie stru­ mentali e di magie timbriche, il Concerto per flauto e orchestra procede fra piroette e ritmi imprevedibili, che incalzano soprattutto nella parte solistica, men­ tre l'orchestra segue schemi contrappuntistici piutto­ sto semplici e tradizionali. Di notevole suggestione al:. cuni momenti, come l'esordio del flauto- dove allo stru mento solista e all'estro dei suoi sorprendenti passa~ gi è contrapposta l'allucinata fissità degli archi e del piatto sospeso "appena udibile" - e il veloce rit­ mo puntato che percorre l'orchestra in crescendo, mis. 170 a mise 197. da 321 La Seconda Serenata-Trio, invece, la cui composizi~ ne segue di poco al felice matrimonio con la pittrice Rosetta Acerbi, dalla quale Petrassi avrà l'anno ventu ro la figlia Alessandra, approfondisce l'amalgama tim ­ brico dei tre strumenti a corde pizzicate arpa, chita~ ra, mandolino e, tramite questo, la disgregazione tot~ le dell' "ultimo tematismo" del Quartetto per archi. E', insomma, un raffinato studio di concertazione, in gli strumenti si rimbalzano frammenti cui ritmico-melodi­ ci (qualche volta, anzi, solo piccolissime schegge) seriti, però, in un quadro formale di ampio ,i~ respiro,s~ gnato da numerose pause .coronate, ·da soste e da slanci che rispondono alla classica alternanza di tensione e distensione. Non abbiamo più citato, intenzionalmente, il Prolo­ go e Cinque Invenzioni per orchestra (del '61 - '62 e, dunque, anche precedente al Concerto per flauto e alla Seconda Serenata-Trio), perchà un'discorso su questo 322 lavoro, tuttora inedito, rientra perfettamente nella sfera specifica di. Settimo concerto. "Settimo concerto­ spiega, infatti, Petrassi (180) - in origine era un pezzo che mi fu chiesto e commissionato da un'orchestra americana di giovani, chestra la Portland Junior Symphony Or­ , tanto che la prima stesura si chiamava Pro­ logo e Cinque Invenzioni. lo scrissi questo pezzo per quest'orchestra, pensando così in un certo senso a u­ n'idea un po' didattica, tanto che c'è la partizione in vari periodi, in varie parti: prologo, prima, seco~ da, terza e quarta ed epilogo., appunto pensando di po­ ter esaltare le varie categorie dell'orchestra, perchè ogni parte ha un impiego orchestrale diverso: una sarà per archi soltanto, un'altra sarà soltanto per ottoni, un'altra per fiati e percussioni, e così via; poi al principio e alla fine si mescolano. Quindi questo è il carattere e il punto di partenza. Cosa è successo ? Mi fu mandata la registrazione e trovai il concerto or 323 ribile, e non soltanto perchè era eseguito male, con ~ na grande imperizia e questo era forse da aspettarselo, ma proprio perchè tutta la composizione mi risultò germente fastidiosa. Allora lo rifusi le~ completamente,l~ sciando però la partizione originale, ossia lasciando queste varie sezioni". Rinnegato l'''orribile'' Prologo e Cinque Invenzioni, ciò che delle sue spoglie resta in Settimo concerto(di due - tre anni posteriore) è, appunto, lo scheletro formale, la macrostruttura, che assume un nitore e una disposizione geometrica tali, che non si erano mai ve­ rificati nei Concerti di prima. Le .sei sezioni corrono ininterrotte, incernierandosi con estrema naturalezza l'una all'altra, lungo i diciotto minuti del concerto. Il "prologo", il cui titolo e la cui estensione de­ sumiamo dall'indicazione posta sotto mis. 56, funge da presentazione del "totale timbrico" del concerto, an­ che se questo "totale" non comparirà mai, nè ora nè a­ 324 vanti, tutto insieme. La prima invenzione - che, però, in Settimo concerto è denominata "Primo", cioè primo movimento, come da mise 155 - si estende fino alla mi­ sura detta e privilegia la parte dei timpani, punte~ l~ giata dagli interventi in massa degli ottoni, da un to, e degli archi, dall'altra. La seconda invenzione ­ "Secondo" si estende da mise 157 a mise 229 ed è af­ fidata agli strumenti dell'orchestra che non suonano nella invenzione precedente, e cioè i legni, l'arpa e le percussioni. La terza invenzione - "Terzo" - va da mise 230 a mise 280, protagonista la xilomarimba asse­ condata dagli archi in un lungo episodio acrobatico. Poi, la quarta invenzione - "Quarto" -, che inizia a mise 281 e termina a mise 372, ripropone gradatamente il "totale timbrico" del concerto con alternata preva­ lenza delle percussioni, degli archi o dei fiati. La quinta invenzione-"Epilogo" - corona, dalla mise 373 alla fine, il lavoro, ricomponendo' definitivamente il 325 tessuto timbrico prima sezionato e indagato con puntu~ lità nelle sue minime parti. C'è, perO, in questo concerto, una chiara dissocia­ zione fra macro e micro-struttura. Anche la frammenta­ zione dei pentagrammi - mero dato grafico ed esteriore, d'accordo, già in parte adottato nel Concerto per to e orchestra e ne~ fla~ Propos d'Alain - ce lo fa intuire. L'architettura complessiva è, come si è visto, di rigore geometrico quasi incredibile in Petrassi; un per una volta, davvero il lavoro appare come precostituito e calato in un "clichè" formale pre-disposto dal compS?, sitorei lo schema è di una perfetta simmetria, in cui, fra i due piloni laterali del "Prologo" e dell'''Epilo­ go", stanno le quattro invenzioni strumentali, ognuna intese a far bella mostra di una sezione dell'orche ­ strai è come un'ineccepibile sequenza filmica di sei inquadrature, delle quali le quattro di mezzo riprend2 no, volta a volta, i divexsi particolari di una medesi­ 326 ma visione, mentre quelle estreme la riproducono inte­ gralmente, senza fissità e progressivamente, con mobi­ li e rapide carrelate. Per singolare contrasto, alla organicità e sinteti­ cità generale fa riscontro il proliferare di schegge tematiche, che non vogliono saperne di mille organi~ zarsi nelle minime cellule tematiche di cui si serviva ancora Invenzione concertata (Sesto concerto) e, anche maggiormente,il Quartetto per archi dell'anno dopo, ul tima spiaggia del "tematismo" petrassiano. "Settimo concerto - scrive Franco Pulcini (181) - fa pensare al le avanguardie pittoriche del dopoguerra ••• Una parti­ tura del genere vo·ascoltata in maniera analoga a come si guarderebbero le linee di un quadro astratto o la disposizione spaziale di una intricatissima scultura realizzata con i più disparati materiali filiformi". I guizzi e i sussulti che si erano ravvisati nella condotta ritmica e nelle successioni melodico-interval 327 lari della Serenata per quattro strumenti e percussio­ ne del '58, e che dovevano aprire la strada a un com ­ piaciuto acrobatismo strumentale e all'''atematismo'' g~ neralizzato ai vari parametri, li ritroviamo quasi in ogni lavoro seguente di Petrassi e, soprattutto, nel Concerto per flauto e orchestra del '60, nella Seconda Serenata-Trio del '62 e nell'unica composizione edita per orchestra di quegli anni, che è appunto il Settimo concerto. Mentre il Trio per archi del '59, più che i~ sistere sulle spericolate arditezze tecnico-strumenta­ li, prosegue la via della frammentazione tematica discorsiva, già iniziata, si può dLre, con i e lavori giovanili, ma accelerata e resa quanto 'mai problemati­ ca a partire dagli anni '50, fino ad approdare al più completo "atematismo". Ora, Settimo concerto comprende entrambi questi aspetti: 1) "la compiacenza dell'orna­ mento ••• e dello svolazzo" - com'ebbe a dire lo stesso Petrassi (182) -,il nervoso ghiribizzo strumentale, e 328 2) l' "atematismo". "Cosa significa atematismo? Evidentemente atemati ­ smo vuol dire la mancanza di tema - spiega Petrassi (183) -, ma la mancanza di un tema è, mi pare, ormai una co­ stante abbastanza diffusa nella musica contemporanea,e quindi che anch'io mi sia interessato a quella direzio ne, mi pare che non stupisca. D'altra parte però l'at~ matismo non significa rinuncia totale a dei punti riferimento come poteva essere il tematismo, e di quando si abbandonano dei codici di riferimento, generalmente se ne creano degli altri, e se io ho abbandonato via via il tematismo, non è detto che àbbia abbandonato del tutto certi riferimenti che potrebbero anche esse­ re dei nessi tematici. Ma anche su questo bisogna poi intendersi. Noi diciamo dei nessi tematici e forse sba gliamo, perchè il tematismo ci riporta a una pratica musicale in cui il tema - largo, stretto, più o \ meno lungo, più o meno accidentato - era una base di compo­ 329 sizione, e qui evidentemente passi di questo genere non ce ne sono, ma era parecchio che non ce n I erano piO. e per questo non bisogna piO. parlare di atematismo: ar rivati a un certo momento noi possiamo parlare soltan­ to di cellule, di cellule se non proprio tematiche,peE chè anche questo è un equivoco, di cellule organiche in sè ricorrenti. Questo è possibile, ed è questo con­ cetto che ho seguitato a impiegare forse dal settimo , ottavo concerto, ma soprattutto nella musica da La citazione, se la si accosta a quella di camer~~ Franco Donatoni sopra riportata a proposito della Serenata del '58 (184), ci illumina senza mezzi termini sulla nuo­ va opzione linguistica di Petrassi,dalla Serenata in poi. Ci sono, infatti, alcune tappe fondamentali nella sua attività artistica: la prima è, senza dubbio, la Partita del '32 (seguita, due anni dopo, da (Primo)Con­ certo), la seconda è il "criticissimo" Coro di del '40 - 141 (che è, forse, l'ope~a di Petrassi morti che 330 merita il maggior numero di citazioni nel raffronto con le altre), la terza è la cantata Noche oscura del '50 ­ '51, la quarta Récréation concertante (Terzo concerto)e la quinta la Serenata. Le "cellule organiche in sè ri­ correnti" di cui parla Petrassi, e la cui analisi, dalla Serenata in poi, sostituisce ogni tentativo di anali si tematica, altro non sono che minimi nuclei ritmici o intervallari, o ritmico-intervallari, che ricorrono per sottili allusioni,. non sempre quantizzabili, ma comun ­ que percepibili a un intuitivo e intelligente ascolto. Così l'anticipazione sincopata del battere del movi­ mento - come a miss. 2, 9, 14, 29 (primo fagotto), 33 (primo flauto), 38 (violoncelli), 49 (clarinetto basso) etc., fino all'epilogo conclusivo -i l'accentuazione, spesso in contrattempo, dell'ultima croma di una terzi­ na ( . ., ., 1'> ) - L--...l~ come a miss. 5 (primo flauto), 7 (ti!!! pani), 11 ••• - o della seconda croma - come già a 1 e, più oltre, a miss. 13 (contrabbassi), 33 mise (primo 331 flauto), 48 ••• -; l'insistenza sui medesimi gruppi rit miei irregolari, soprattutto terzine e quintine; il ricorrere costante dell'intervallo di nona minore (ciò che si verificava anche, curiosamente, nel primo degli otto Concerti) j la contrapposizione fra la staticità di lunghe note tenute, vere e proprie fasce sonore ed agglomerati timbrici (l'attributo "armonici" è comple­ tamente fuori . luogo), e la dinamicità sfuggente de­ gli "scherzi strumentali " delle altre parti, procedi­ mento già ampiamente riscontrato nel Concerto per flauto e orchestra del '60 - come evidenti a miss. 64 e seguenti e per tutta la parte in'iziale della prima invenzione, a miss. 212 e seguenti, 238 ••• 241, 251; ••• 272 etc. -j i moti contrari delle parti, più o meno speculari, "punctum contra punctum" - come a miss. 19 e segg., 157 ••• 161, 246 ••• 248, 323 ••• 332 etc. - e, per contrasto, certi ostinati moti paralleli per quarte (mis. 25) o, addirittura, per triàdi perfette (miss. 332 382 e 383) 1 i concitatL interventi poliritmici e poli­ timbrici delle. diverse sezioni dell'orchestra a miss. 101 ••. 106 (ottoni), 107 ••. 112 (archi) come nella prima invenzione, o a miss. 187 •.• 217 (percussioni)ne! la seconda, o a miss. 344 •.• 347 e 350 ••• 353 (archi)nel la quarta -; le frequenti, e in fondo tradizionalissi-.::· me, imitazioni ritmiche o ritmico-intervallari fra diverse parti dell'orchestra - caso lampante agli le ar­ chi di miss. 424 .•• 429, dove si utilizzano ancora en ­ trate scalari in imitazione canonica Il fitto "reticolo", per usare un termine caro ad Aldo Clementi, di tutti questi elementi o stilemi o nu clei linguistici, o "cellule organiche in sé ricorre,!! , o sottili allusioni reciproche, stabilisce un pu! t ~· " visco lo di microstrutture che dà senso e omogeneità al l'intero lavoro. La macrostruttura complessiva, che,a! l'opposto, abbiamo visto essere semplice e lineare, g~ rantisce ancora di pin, caso mai ce ne sia il bisogno, questa omogeneità, conferendo all'insieme proporzioni 333 ordinate e sinunetria. Al brulicare di strutture infinitesimali corrispon­ dono una agogica, una dinamica, una ritmica ed una tim brica altrettanto imprevedibili e cangianti. L'agogica, rifuggendo del tutto (per la prima volta nei Concerti per orchestra di Petrassi, mentre la produzione cameri stica già dal Trio per archi del '59 adottava questo sistema) dalle indicazioni tradizionali, è regolata u­ nicamente da precisi suggerimenti metronomici, che mu­ tano con frequenza. Ciò significa che, accanto alla ra pidità metronomica richiesta, non vi sono più apposte alle molte minime sezioni in cui si ripartisce agogic~ mente il concerto indicazioni concernenti lo spirito e l'espressione. Significativo è che -neppure fra i pentagranuni se ne incontrano, come invece accadeva fino a Sesto C9n ­ certo: il fattore espressivo - comunque imprescindibi­ le, a nostro avviso, dalla musica di Petrassi, anche 334 quando in essa prevale l'arabesco, cioè l'elemento de­ corativo, come egli stesso ha più volte confermato (cfr. cap. 1) - è, invece, oggettivamente sintetizzato nelle richieste tecnico-strumentali, come sempre dettagliate .e di per se stesse eloquenti. Sarà il l1 mp pizzo pont. 1I degli archi a mise 1, o lo sforzato "f tav." dell'arpa a mise 2, o il "f ••• sf flatt." della terza tromba a mise 10, o il "mp col legno e all'orlo" dei timpani di mise 89 e via d:icendo, ogni battuta offrendo spunto per una esemplificazione. Sono eccezioni irrilevanti il "secco" riferito ai timpani in "fortissimo" ac­ centuato di mise 10, il "dolce" dell'arpa in "mezzopia no" legato di mise 23 e il "deciso" in "forte" ac ­ centuato di mise 57; anzi, nel contesto generale di as soluta essenzialità direi quasi che appaiono come ple~ nasmi. Il discorso sull'agogica ha condotto spontaneamente a quello sulle dinamiche. Le quali sono di una mobili­ 335 tà e di una mutevolezza radicali che - seppure già in parte presenti in Quinto e Sesto concerto e pienamente adottate a partire dalla Serenata o, meglio, dal Trio per archi - solo in Settimo concerto raggiungono i li­ miti estremi, estendendosi contemporaneamente ai diver si strumenti dell'orchestra. Non è difficile il riferi mento alla "serializzazione integrale", che è, quindi, anche serializzazione del parametro delle intensità, proposta dal puntillismo postweberniano. Qui, in effe! ti, si pu() parlare .non solo di "totale cromatico" e, come abbiamo fatto sin da Récréation concertante (Ter­ zo concerto), di "totale timbrico", ma anche di "tota­ le dinamico" e, come si vedrà, di "totale ritmico".L'e sperienza di Darmstadt e del preteso "anno zero" non è passata invano neppure per Petrassi, il quale, senza aderirvi in prima persona, ed anzi condannandola in li nea di principio, ha saputo dedurne le indicazioni che più riteneva consone al proprio universo musicale, fat 336 to di "attualità" (185) e di "tradizione attivali (18~). Consideriamo, ad esempio, l'inizio del concerto, le cui prime due misure esauriscono già il "totale dinami co": mis. 1 p mis. 2 --===..f f-== mf pp --=mp f -­ pp -=:::::::: mf ..:::::­ mp f pp pp--­ Come si può constatare dal semplice schema, in que­ ste prime due misure sono coperti tutti i gradi di in­ tensità possibili, dal "pp" al "ff" (o, stando al cre­ scendo che segue al "ff", al "fff"). Altro dato che si ricava è la compresenza del IItotale timbrico" alla 337 seconda battuta. Da notare che per Petrassi la dina­ mica indicata ha sempre valore assoluto, non relativo allo strumento cui è assegnata (differentemente da quanto avviene,poniamo}nella scrittura orchestrale di Haydn e di Mozart, in cui il "forte" riferito indistin tamente a fiati e ottoni va sempre bilanciato con at­ tenzione dall'esecutore e dal direttore, in quanto il "forte" di un ottone risulta, per norma, più. potente di quello di un legno). PuO essere utile, in questo senso, l'avvertenza che Petrassi pone in calce alla se sta pagina dei Prapos d'Alain per baritono e dodici e­ secutori del '60 (187): "La dinamica nei tratti in cui si usano le bacchette di gomma ••• per la Marimba e lo Xilofono è relativa al risultato fonico da ottenere, che è quello segnato. Quindi un "piano" di effetto rea le dovrà probabilmente essere realizzato con la dinami ca di un "mp" o "mf". Il direttore stabilirà l'equili­ brio". Fermo restando che qualche minima sproporzione 338 non potrà fare a meno d;l, suss;l,stere, per la natura stes sa degli strumenti. Siamo ormai lontani dalle "analisi espressioniste" di Quarto e Qu;l,nto concerta, dove riscontravamo l'''Ha­ hepunkt" del lavoro in un esaperato "ffflt o, viceversa, l'IlAnticlimax", o "Anti-Hohepunkt" , in un It ppp inespre§. sivo e senza vibrare". Le ampie arcate bartokiane Quarto concerto, il racconto autobiografico di concerto di Quinto e persino i tragici riferimenti e la frammen tazione discorsiva di Invenzione concertata (Sesto con­ certo) si sfaldano, lasciando scoperte le punte aguzze di una dialettica vivace e mutevole, in cui i diversi parametri si contrappuntano quasi in un' istitiva pri"l­ mordialità. Non è, certo, il rinnegamento di una civiltà musica le della quale Petrassi, oltre che ottimo conoscitore, è pur sempre un fervido credente, ma, piùttosto, recupero di valori elementari e la loro elevazione il a 339 dignità almeno pari a quella degli altri valori consa­ crati dalla. tradizione. La semiotica musicale e 111 'ef­ fetto Schonberg ll - dal quale deriva la serializzazione estesa dal totale cromatico a quelli dinamico, ritmico e timbrico - hanno contribuito in modo decisivo a que­ sto atteggiamento di Epeculazione "ab imis" della fisi­ cità del suono e di tutte le singole proprietà che caratterizzano. A Petrassi non poteva sfuggire la questo ennesimo "aggiornamento", presente nelle sue opere dal la Serenata e dal Trio per archi in poi. Della ritmica di Settimo concerto si è già in parte accennato}trattando delle microstrutture linguistiche. Quello che occorre ancora rilevare è la sua logica ad~ renza a quanto abbiamo ora sostenuto. Petrassi sembra fare un ragionamento perfettamente matematico: prendi~ mo l'unità del movimento - al caso la semiminima - e scomponiamola nelle più svariate possibilità, uti'liz ­ zando anche, con particolare frequenza, figurazioni rit 340 irregolari largamente pausate: del pari, scompo­ niamo le singole misure, che a loro volta muteranno co stantemente, e ricaviamone le più diverse partizioni sommiamo contemporaneamente o in rapida successione temporale i detti procedimenti .•• L'esito, ~ di~ chiaramen~ te, è quello di una vorticosa fantasmagoria di situa ­ zioni che, specie se combinate assieme in verticale, l'orecchio riesce difficilmente a districare una ad u­ na dal complesso inviluppo. Si veda la nervosa sequenza ritmica delle prime mi­ sure, in cui si susseguono valori regolari, ma spesso in sincope o in contrattempo, e valori irregolari (so­ prattutto terzine e quintine) che, in più, rimbalzano imprevedibilmente da strumento a strumento e secondo misure diverse: o si vedano le giustapposizioni, iscrit te nell'ambito di una intera misura, di terzina + quar tina (4/4, miSe 34) e quartina + quintina (3/4, mise 43), effetti ritmici poi ripresi, anche pià complicat~ 341 mente, in Ottavo concerto; o gli indistricabili intre~ ci di miss. 101 e seguenti, 187 ••• , 350 ••• etc.; o irregolarità dei timpani virtuosi nella pr~; le invenzio ne (miss. 65 e segg.) e della cadenza della xilomarim­ ba che, contrastata dalle fissità astrali degli archi in "piano" sospesi sui loro "clusters" di armonici, si destreggia fra ritmi ardui e spericolati (terza inven­ zione, miss. 240 e segg.) ••• Il "totale ritmico'· di Settimo concerto è già prefi­ gurato nel prologo, per quanto qui non si possa parla­ re di totale esaurimento dei ritmi utilizzati nel con­ certo. Questo prologo, che per molti versi ricorda la introduzione di Récréation concertante, non presenta , infatti, le rapide figurazioni di semicrome ricorrenti spesso nel resto del lavoro (escludiamo le note ribat­ tute e i treroc>li ), e i ritmi elaborati dei timpani della xilomarimba restano una sorpresa a venire. ciò, il parametro ritmico, a differenza di quelli e Per­ in­ 342 tervallare, dinamico e timbrico, ci sembra sia ancora trattato secondo moduli sostanzialmente tradizionali o, almeno, scarsamente influenzati dalla serializzazione weberniana e postweberniana. El chiaro che Petrassinan intende spingersi~ e fino ad oggi pare non essere sta­ to neppure nelle sue piQ remote intenzioni, alla rigi­ da serializzazione di alcun parametro del suono, ciò che non è avvenuto nè per il parametro delle altezze (da Terzo a Sesto concerto) nè, tanto meno, per quel lo delle durate. Sappiamo la sua insofferenza per ogni forma di dogmatismo., Egli non sembra neanche voler rinnegare la tradizio naIe divisione in battute e il riferimento ad un "tac­ tus" metrico che, in qualche modo, si articoli in ag­ gregazioni ritmiche elaborate, ma sempre riconducibili a quel "tactus" e alle battute in cui i Iltacta Il si rac colgono ordinatamente. IILa tecnica di coordinamento dei tempi metronomici, denominata l'modu.1azione metrica 11 343 (del suo collega e amico Elliot carter) e che consi:3te nel transitare da un tempo all'altro mediante un ele ­ mento comune di durata"(188), e "il desiderio di tro­ vare un pensiero temporale più significativo" (189),m!:. no costretto nelle leggi risapute della tradizione, non riguardano Petrassi da vicino. Una scelta, crediamo,a~ zi che un limite, se ancora oggi egli persiste convin­ to, e come sempre informatissimo, in quella direzione. "Fra me e Carter c'è reciproca stima e comunanza di i­ dealità. Nulla più". (190) Resta da dire dell'organico strumentale e del para-: metro timbrico in genere, che nei Concerti per orche ­ stra abbiamo sempre additato come prioritario e qui analizziamo per ultimo non certo perchè venuto secondo ordine, ma per meglio comprenderlo alla che in luce degli altri parametri considerati. In Settimo concerto, in effetti, l'elemento timbrico è più che mai determi­ nante. Innanzittutto, viene impiegata una grande orche 344 stra - dai legni al completo agli ottoni (con quattro corni, quattro trombe e tre tromboni), all'arpa, la xi lomarimba, le percussioni (con timpani, tre piatti,due gong, due tamburi, cassa chiara, tre blocks e, come per Invenzione concertata, in tutto quattro esecutori), gli archi -. "Dopo la rarefazione sonora dei lavori cedenti - osserva Boris Porena (191) -, certo Settimo ripropone con estrarne evidenza uno pr~ con­ spessore fisico del suono, riconquìstato al di là del pressochè totale svuotamento della figura musicale". Anzi, è proprio lo "svuotamento della figura music~ le" a permettere una più esplicita autonomia del fatto re timbrico, che assume, perciò, un ruolo primario nel la partiziQne formale del lavoro. E' la differenziazi~ ne timbrica, più di qualunque altro parametro (inter ­ vallare, dinamico, ritmico), a delineare chiaramente le sei sezioni del concerto. Non dimentichiamo, poi, che Settimo concerto, nelle parole di. Petrassi,fu scrit 345 to per un'orchestra di giovani, con l'intento d;L "poter esaltare le varie categorie strumentali " (192). Sic chè ne è u$c;Lto un lavoro che, pur facendo uso di una grande orchestra (o proprio perchè fa uso di una gran­ de orchestra), somiglia ristico ora pe~ in pin punti a un brano came soli ottoni, ora per sole percussioni, ora per xilomarimba con ;Ll sostegno degli archi. Si potrebbe parlare di una sorta di "policamerismo" che evita, per regola, l'accostamento simultaneo di tutte le parti strumentali, anche in quelle sezioni formali in cui l'orchestra è pin compatta (il prologo, la quarta invenzione e l'epilogo, o quinta invenzione). "Petrassi - scrive Dino Villatico a proposito del Set­ timo concerto (193) - appare sempre pin teso a scavar­ si uno spazio intimo, cameristico; dopo l'Ottavo con­ certo sarà anzi questo il suo spazio esclusivo" (ma ul timamente, nel '77 ••• 80, Petrassi ha scritto un Poema per archi e trombe che, in certo senso, può considerar 346 si un nono concerto per orchestra). E' interessante che ciò avvenga utilizzando una grande orchestra, intende~ dola come un ampliamento delle svariate possibilità di combinazione. cameristica, ovvemoun agglomerato di po­ tenziali complessi da camera, uno a uno individuati e trascelti. Un'analisi del concerto sotto questa angolatura ri­ sulta efficace per comprenderne la dialettica comples­ siva (194). Il prologo (miss. 1 ••. 56), come già avven! va nelle sezioni di apertura di tutti i sei Concerti precedenti, presenta il totale degli, strumenti impieg~ ti. Il totale timbrico dei legni viene esaurito a mise 38, con l'intervento dei due oboi, quello degli ottoni a mise 13, con l'intervento della quarta tromba, quel­ lo delle percussioni a mise 15, con la terzina di semi minime ai piatti, quello degli archi a mise 5, con lo ingresso dei violini primi e secondi (sussiste la tra­ 347 dizionale pentapartizione degl~ archi), mentre arpa e xilomarimba sono già rispettivamente presenti dalle miss. 2 e 4. I violoncelli e i contrabbassi stendono un filo co.ntinuo di sostegno, in cui abbondano le note lunghe, e rare sono, al confronto delle altre parti,le irregolarità ritmiche. Per il resto, l'orchestra gioca di guizzi e di improvvts·i sussulti timbrici, che poss~ no, di primo acchito, far pensare alla "Klangfarbenrne­ lodie" di schonberghiana memoria o, per altro verso,a.!. le tendenze aleatorie degli anni '60. Quanto all'alea, bisogna ribadire che di casuale in Petrassi non v'è proprio nulla, nè in Settimo concerto nè in altro lavoro, e, quand'anche egli voglia~ottene­ re un effetto simile a quello ottenibile con una prat! ca aleatoria, procura sempre di prescriverne i termini puntualmente. Il fatto è evidente in Settimo concerto, dove i diversi parametri sonori sono tutti scrupolosa­ mente indicati, al limite di un matematico e "boulezia 348 no" rigore. Forse, la punta più avanzata dell'influenza aleato­ ria in Petrassi, almeno fino ad oggi, la si trova in u na composizione di tre anni posteriore a Settimo con­ 'certo, Estri per quindici esecutori. In essa, corri spondentemente alla mise 70, c'è la seguente annotazi~ ne: "Da % A al ~ B. La Viola il più rapido possibile in "pp" e legato. Il cambio dell'arcata a discrezione dell'esecutore, senza accenti, salvo dov~èindicato. Il Violoncello meno rapido della Viola, sempre "pp" e le­ gato. Per le arcate ecc., come la Viola. Il Contrabbas so inserisce i suoi interventi con una relativa liber­ tà, senza rigore. In questo passaggio l'esattezza del­ l'intonazione non dev' essere .. assoluta". Può essere cam biata anche qualche nota, a discrezione e opportunità dell'esecutore". Ma è un caso estremo ed isolato, dove, comunque, le note da eseguire sono segnate una ad una - malgrado le minime libertà che si-può prendere l'ese 349 cutore - e gli interventi del contrabbasso vanno di­ stanziati con notevole attenzione, affinchè possano es sere tutti compresi nello spazio temporale geometric~ mente definito dalle tre percussioni (inquadrate rigore in misure di 4/8) con ~ La schonberghiana tlKlangfarbenmelodie", invece, è più vicina allo spirito di Petrassi, ma c'è da dire che nei caratteri timbrici egli ricerca concentrazioni vertical~ piuttosto che orizzontali, un equivalente de! la tradizionale armonia, in cui, perO, vadano persi gli antichi concetti di consonanza e di dissonanza,per far luogo a un impasto fisico-sonoro di variabile den­ sità e tensione. In Settimo concerto, questo non appare tanto nelle misure iniziali, dove sono frequenti gli incontri di ottava vuota e gli interventi strumentali isolati (fra cui spiccano quelli delle percussioni, a mise 4, e del l'arpa, a miss. 5 ••• 8), ma s~ impone con evidenza da 350 mise 9 in avant~. Vengono sovrappost~, dapprima, i bri degli ottoni, poi quelli degli archi e, t~~ quind~,~ li dei legni con la punteggiatura delle percussioni; succedono gli interventi polifonici, isoritmici e "iso timbric~" - nella forma del "bicinium" , "tricinium" e "quadricinium" - del primo e terzo corno (miss. 17 •••• 22), dei tre tromboni (miss. 21 ••• 25), dei corni primo, + secondo e terzo (miss. 25 e 26), dei tre clarinetti primo fagotto (miss. 26 e 27) e dei quattro ottoni gr~ vi (miss. 31 e 32); poi, prevalgono per cinque misure (32 ..• 36) gruppi ritmici irregolari affidati camerist~ camente alle diverse sezioni dell'orchestra (notevole il breve assolo della tromba in "mezzopiano", a miss. 33 ••• 35); da mise 37 a mis. 44, emerge l'arpa, cui è dato una sorta di divertimento intervallico sulla set­ tima maggiore - nona minore; l'aggregato ~n "fortissi­ mo" di legni, trombe e archi, alla mise 46, si spegne­ rà nel lungo fa-fa diesis in II p ianissimo" di contrab·­ 351 bassi + timpani e arpa, quasi un sordo brontolio, pro­ dotto dai battimenti delle due note a distanza ~emito­ nale (miss. 51 ••• 56). Con la prima invenzione di miss. 57 ••• 156, la gine orchestrale si scinde nei due blocchi di comp~ archi e di ottoni, con quel filo di sutura che è il protago­ nismo dei cinque timpani (essendo richiesta l'aggiunta di una caldaia piccola per le note più acute), impegn~ ti in un complesso intervento di grande mobilità inteE vallare, dinamica e ritmica. Le miss. 57 ••• 64 non sono che una preparazione, che recupera figurazioni ritmi ­ che e contrasti dinamici del prologo, a questo inter ­ vento dei timpani: dopo di che, i timpani esordiscono in un agile passaggio in "fortissimo", cui sovrastano gli armonici allucinati. degli archi in tlpianissimo'~vi~ loncelli e contrabbassi esclusi (miss. 64-64 ••• 68): iE calzano gli ottoni soli. in "fortissimo", a miss. 68 ••• 74, seguiti da un nuovo intervento, analogo al primo , 352 di timpani + archi (questi non più in armonici, ma con sordina); come in una scacchiera, ancora il blocco de­ gli ottoni soli, cui questa volta è affidata una ritmi ca più mossa di terzine dt semicrome che passano, in libera imitazione>, dalla "microsezione" dei quattro cor­ ni a quella dei quattro ottoni gravi, a quella delle quattro trombe (miss. 79 ••• 92); con quest'ultima parte, si interseca il solito - ma strutturalmente sempre va­ riat.o - abbinamento timpani e archi (miss. 81 ••• 100) ; ottoni soli, fra miss. 101 e 106, che intrecciano un fitto contrappunto a dodici voci dei più svariati in­ tervalli e di ritmi per lo più irregolari (rileviamo il crescendo di complessità in questi tre interventide gli ottoni); timpani più archi soli, fra miss. (107) ­ 108 e 111; poi, da mis. 112, i due blocchi strumentali si integrano progressivamente con predominanza degli ottoni; a battuta 148, infine, i tlÌimpani,.isolati su un sol diesis-fa dtesis di violoncelli e contrabbassi che 353 si spegne nel nulla, riaffermano un'ultima volta il proprio ruolo protagonistico con un furioso "fortissi­ mo" di quattx:o misure, che declina inunediatamente al "pianissimo" di conclusione. La seconda invenzione (miss. 157 •.. 228) è, invece, affidata agli strumenti assenti nell'invenzione di pri ma (eccetto la xilomarimba), e cioè i legni, l'arpa la battex:ia di percussioni, senza i timpani. I gruppi stx:umentali entrano nell'ordine: legni e tre (mis. 157)-percussioni (mis. 162)-arpa(mis. 163),creando su­ bito un amalgama in cui si contrappongono i legati dei legni, da una parte, ai pizzicati dèll'arpa e i rintoc chi delle percussioni, dall'altra. A queste e all'arp~ cioè al secondo dei due blocchi timbrico-strumentali dell'invenzione, è interamente dedicato una specie di "trio" centrale, fra m1ss. 187 e 198. Dopo, 1 due bloc chi si combinano nuovamente, finchè, a miss. 222 •••229, il discorso si sfalda, man mano, sulla nota pedale del 354 primo contrabba.sso (un "si" di centro in armonico natu ra1e) cui si aggiungeranno,di misura in misura, il se­ condo, il terzo, il quarto, il quinto e, a mise 227, tutti i restanti contrabbassi dell'orchestra. Nella terza invenzione (miss. 230 ••• 280), il cameri smo strumentale di Settimo concerto si concentra sulla xi10marimba, che non sentivamo più dal prologo, e su­ gli archi. Le miss. 230 ••• 239 sono occupate soltanto dagli archi, dei quali risultano strane e inattese, nel contesto della produzione petrassiana degli anni '60, le terze parallele dei violini primi e secondi, a misura 232; poi, sugli armonici tenuti degli archi, la xi1omarimba. improvvisa - ma l'improvvisazione è apparente, poich~ tutta. Petrassi definisce al dettaglio in:­ terva11i, dinamiche e ritmi - una acrobatica cadenza che dura un'unica interminabile misura con punto coro­ nato (la n. 240); archi soli in IIpp - mp" a miss. 242 ••• 244, poi ancora insieme alla xi10marimba (miss. 245 355 ••• 247), nuovamente soli (miss. 248 •.• 251), un'altra cadenza della xilomarimba a mise 252 (misura coronata), in cui essa si destreggia àgitosamente come in una "ge­ latina" di suoni armonici tenuti dagli archi (la situa zione ricorda chiaramente quella dei timpani + archi in armonici della prima invenzione), contrappunto due elementi timbrici dell'invenzione, da mise 253 dei a mise 266, dove gli archi si fissano, per la terza vol­ ta, su lunghe note tenute, non più armonici però, e la xilomarimba riprende, a tempestare con le bacchette du re, fino a mise 275. Di qui, i timpani in "fortissimo" - cui si aggiungono subito il gong grande (anche que­ sto in spettacolare "fortissimo"), la cassa chiara, il tamburo grande e i piatti - sopraffanno ill.lungo asso­ lo della xilomarimba, divenendo i principaliinterpre­ ti della invenzione seguente. Questa (miss. 281 ••• 372) tende, in realtà, a ricom­ porre la totalità timbrica dell'inizio, con interventi , 356 sparsi di tutte le categorie strumentali. Infatti -·pur restando onnipresenti le percussioni, almeno sino a battuta 307, dopo la quale compariranno a intermitten­ za -, fra le miss. 282 e 291 si insinuano in libera al ternanza tutti i legni, l'arpa, la xilomarimba e gli archi. Da mise 294, anche gli ottoni fanno la loro com parsa con il primo e terzo corno, ma i tromboni e la tuba tacciono fino alle ultime misure dell'invenzione, fino a quando, cioè,. la tuba attacca un gravissimo "mi" quattro tagli addizionali sotto il rigo in chiave di basso (mis. 366). Da questa battuta a batto 369, si in crociano il prepotente crescendo dei. fiati, che sbotta nel "fortissimo" di miss. 368 e 369, e il "sempre ppp sparendo" degli archi. Pausa a mise 370, su un "mi"gra ve al ponticello dei contrabbassi, e un crescendo, a miss. 371 e 372, che scompare d'improvviso nel vuoto di mise 373, la cui prima parte è occupata da una pau­ sa interrogativa di attesa. 357 L'epilogo, o quinta invenzione, (miss. 373 ••• 435~ è il secondo dei. due pilastri fra cui si svolgono le ar­ cate delle quattro invenzioni, corrispondendo .. perciO specularmente al prologo di apertura. E, come il pro12 go, l'epilogo esaurisce il totale timbrico in breve spazio: i legni compaiono tutti nel giro di tre misure soltanto, gli ottoni esauriscono il proprio totale con l'intervento della. quarta tromba, a mis. 387, l'arpa compare alla quarta misura, la xilomarimba e gli archi senza contrabbassi alla prima, i contrabbassi alla ter za. Difficile sezionare l'amalgama timbrico-formale che ne deriva, ma, da mis. 420 - 421·, è chiaro un dimi nuendo di tensione dato dall'assottigliarsi del mate­ riale timbrico sulle note statiche in tremolo degli archi (un evidente riferimento alle fissità astrali de gli archi nella prima e. terza invenzione, procedimento già incontrato, come si ricorderà, nel Concerto per flauto e orchestra del '60). Il passo in "pianissimo " 358 agli archi con sordina delle seguenti miss. 424 ••. 431, un autentico fugato di tradizionale osservanza in cui si inseguono rapidamente dodici parti d.i.' semicrome. l~ gate (essendo i violini divisi a sei, le viole, i cel­ li e i bassi rispettivamente a due), è come una coda conclusiva, che anticipa di poco l'estremo "accordol/in "ff - fff" dell'orchestra quasi al completo (miss. 434 e 435). Le voci, in questo episodio, si addizionano e si sottraggono, secondo un suggestivo ondeggiamento che, con dinamica sempre "pianissimo", sposta gradual­ mente il registro strumentale degli archi dall'acuto al grave, allargando, per di più, i valori ritmici del principio sivo cfftl-+nTI.... 1 I I I), come per inerzia e progres­ affaticamento~ La problematicità di Settimo concerto - che è inuti le estendere alla dedica, secondo la quale parrebbe che il lavoro sia stato scritto in relazione alla Pri­ 359 ma rassegna di Musiche per la Resistenza (Bologna, 1964), poichè Petrassi ci spiega (195) che essa è del tutto occasiona1e e posteriore alla composizione del concer­ to - sta nella radica1izzazione del linguaggio già in parte prefigurato in Terzo e Sesto concerto.E', cioè, 10 strutturalismo adattato a tutti i parametri del suono, e non soltanto più a quello delle altezze (=" s truttura1ismo interva11ico", che po in un primo tem­ coincideva con la libera adozione del sistema dode cafonico) • Un adattamento assolutamente personale, s'intende·, che innalza soprattutto il parametro timbrico e quello dinamico. Il timbro è il principale mezzo di partizio­ ne formale, mentre la frammentazione discorsiva deriva, forse, tlin primis l1 dalle "guizzanti" e imprevedibili situazioni dinamiche. Le quali sbric1oùmo definitiva mente le microstrutture linguistiche, già in se stesse piccolissime. L'espressività di Settimo concerto, che 360 consiste in una tensione emozionale che da Quarto con­ certo sembra non avere mai abbandonato Petrassi (neE pure nei lavori più brillanti e edonistici), è resa e!!, senzialmente tramite i due parametri che abbiamo detto. Le aggregazioni verticali assumono il significato di fasce sonore più o meno dense e caratterizzate da defi niti rapporti timbrici, pr~ma che intervallari. "Quello che mi interessava - dirà Petrassi riferen­ dosi a Ottavo concerto (196), ma il discorso è perfet­ tamente valido anche per il Settimo - non era mica la armonia, era proprio di poter dare delle facce diverse di questa aggregazione, che non era un'aggregazione di tipo armonico, ma di tipo timbrico. Il pericolo della monotonia, dell'appiattimento del materiale attraverso il suo uso continuo, ho.cercato di evitarlo con delle relazioni timbriche individuali e di massa". Masse circoscritte, in Settimo concerto, a gruppi strumenta­ li di tipo cameristico o pseudocameristico, senza fare 361 mai l'uso dell'orchestra in blocco. Se un appunto non si può davvero muovere a Settimo concerto è quello di essere monotono, chè anzi, in esso, il materiale lin ­ guistico si può dire riservi sorprese ad ogni battuta. Oppure: IILa nozione di armonia - sostiene ancora p!::. trassi (197) - ••• non sussiste nel senso tradizionale, ma in quanto concatenazione di situazioni sonore. Una condotta armonica non in senso tonale, ma piuttosto te nendo presente una eufonia ("eu ll relativamente ai ca­ ratteri dell'effetto timbrico che si vuole ottenere dei rapporti sonori C'è come ~n e timbrici in primo luogo . III ribaltamento delle posizioni sette-otto centesche l'intervallazione - intesa in senso orizzon­ tale (melodia) e in senso verticale (armonia) - e ritmica, mezzi tecnici di base per costruire i temi la e utilizzare una forma strutturata organicamente su .: di essi, cedono alla prevalenza de i fattori timbrico e di namico. La timbrica, in particolare, sostituisce sia 362 la melodia sia soprattutto l'armon~ai la dinamica/sfa~ cettata in mille guise, concorre a neutralizzare senza più dubbi ogni elemento vagamente tematico (anche non ricorrente) e a fare ulteriormente in pezzi se qualu~ que minima struttura. La forma in generale, la macro ­ struttura, sarà garantita da zone strumentali dominan­ ti e da addensati timbrici neoclassicamente (ci riferi~ mo, ovviamente, a un neoclassicismo categoriale) disp~ sti. 363 11. Ottavo concerto Il termine "avanguardia" è tra i più equivoci e im­ precisi; per questo lo abbiamo usato raramente. Qui,pe rò, non se ne può più fare a meno ed è tempo di chiari re l'equivoco. Mario Baroni tenta una definizione (198), sostenendo che "il fenomeno dell'avanguardia si eserci­ ta direttamente S0tto forma di opposizione al linguag­ gio ereditato e soprattutto a quegli aspetti di esso che coinvolgono significati e valori non più accettabi li per chi ne scopre la caducità. Rapporti di questo tipo col mondo circostante furono instaurati anche dai musicisti del XIX sec. (ma non soltanto, indubbiamente anche prima) Avanguardia nel senso attuale parola si ha invece quando comincia a incrinarsi della que­ sta tendenza alla ricreazione e alla rielaborazionedel mondo preesistente, quando cioè il rapporto fra l'arti sta e il linguaggio che lo precede o lo circonda dive~ 364 ta un rapporto di negazione che si configura in termi­ ni polemici Il • E' d'obbligo citare il Sacre e i successivi lavori di Stravinskij, l'''antiespressiv:l,tà ••• ferrea e na" (199) disurn~ (sulla quale espressione ci sarebbe da discu tere non poco) di molte oper,e hindernithiane e, in par­ ticolare, di quelle comprese fra il Terzo quartetto per archi ('22) e l'opera Mathis, der Maler ('38), "la polemica antiromantica e antimpressionistica" di Erik Satie e del "gruppo dei Sei", "le avanguardie musicali sovietiche, rappresentate particolarmente da Sciostak2 vié e Prokofiev" (anzi, dal loro primo periodo creati­ vo: anni '20 - '30), per l'Italia interbellica "la ge­ nerazione dei Casella e dei Malipiero e successivamen­ te ••• quella dei Dallapiccola e dei Petrassi", "il su­ peramento dell'ideologia borghese" nell'opera di. Leos " Bartok, le ricerche ornitologiche Janacek e di Bela . il "Trattato del ritmo" ('54) di Olivier Messiaen, e le 365 geniali sperimentazioni, solo tardivamente scoperte, dell'americano Charles Ives e del franco-americano Ed gar Varèse, e, naturalmente, "l'esperienza ••• capitale per la musica contemporanea" che fu il ribaltamento pro gressivo della logica tonale, avvenuto con l'invenzio­ ne del sistema dodecafonico schonberghiano, che sanci­ sce la serializzazione del parametro delle altezze (Scuola di Vienna - Arnold Schonberg, Alban Berg e An­ ton Webern. Anni interbellici). Questo per quel che r! guarda le cosiddette "avanguardie storiche", ossia,se­ condo un'espressione di Elliott Carter già da noi ri,­ portata, dell'lIavanguardia all'antica ••• che metteva in dubbio tante cose, ma solo superficialmente" (200). Ma, a partire dagli anni '50, quelli del famoso lI an no zero" della musica, le nuove avanguardie - in segui to alle gravi problematiche sollevate soprattutto dal puntillismo weberniano e, in minor misura, perch' la sua ~ama è decisamente.postuma e attende ancora oggi 366 una sicura sistemazione, dalla "ricerca sul suono ver'" gine, ove preistoria e avvenirismo strumentale paiono coincidere" (201) di Edgar Varese - concentrano le at­ tenzioni sulla fisicità sonora, sganciata da ogni log! ca e dialettica tradizionale. Di qui, la serializzazi~ ne integrale dei parametri del suono (Pierre Boulez, Karlheinz Stockhausen, Iannis Xenakis e la "compute:r:i!. zazione stocastica", Henry Pousseur, gli italiani Lu ­ ciano Berio, Luigi Nono e Bruno Maderna ••• ), l'impiego delle nuove apparecchiature elettroniche (~ t'musica concreta" e "musica elettronica", dove tecnologia ed arte sono indissolubilmente unite; i compositori da menzionare sono Peter Schaeffer e i medesimi di cui so pra), il "trattamento materico" dell'orchestra tradi ­ zionale "per analogia con i materiali sonori che il mu sicista elettronico usa maneggiare" (Gy5rgy Ligeti, Krzistof Penderecki, Aldo Clementi ••• ), l'alea e il probabilismo (John Cage, Morton Feldman, Earle Brown e 367 gli italiani Franco Donatoni, Aldo Clementi, Luciano Berio ••• ), il misticismo cosmico e orientalizzante Stockhausen o il medievalismo di Dieter Schnebel, di o,a~ cora, il sensuale erotismo di Sylvano Bussotti •••• Se quella che si è fin in qui delineata è la norma­ le accezione del termine "avanguardia", il Petrassi di Ottavo concerto compie senz'altro un "passo indietro" rispetto agli ardimenti del concerto Un precedente~ po' come sembrava succedere in Quarto e Quinto concer­ to,dopo lo " s tr:utturalismo intervallico" di Récréation concertante (Terzo concerto). "The Eighth Concerto - o~ serva il Waterhouse (202) - ••• shows,signs of a retreat from the radicalism, of the 1960s" (o, meglio, a parti re dalla Serenata del '58 e per buona parte degli anni '60). Questo concerto, infatti, - composto a Roma tra il '70 e il '72, essendo dunque quello che ha richie ­ sto la pift lunga elaborazione - testimonia di un nuovo mutamento nell'arco della produzione' di Petrassi. Muta 368 mento che, senza rinnegare l'''atematismo'' e la cenza dell'ornamento e dello s~olazzo", "compi~ non sembra pr2 seguire l'''avanguardismo'' (perO, secondo lo spirito di petrassi, tutt'altro che polemico) del Settimo concer­ to e delle. opere cameristiche d·alla Serenata (' 58) a Beatitudines ('68). Quest'ultimo lavoro, in particolare, va considerato attentamente come il punto estremo di contatto niverso petrassiano con le nuove avanguardie. Ad dell'~ esso si perviene, dopo la composizione di Settimo concerto, attraverso quattro lavori per ridotto numero di esecu­ tori: i due "divertimenti strumentali" Tre per sette per ottavino, flauto, flauto in sol (primo esecutore), oboe, corno inglese (secondo esecutore), clarinetto piccolo in mi bemolle e clarinetto in si bemolle (ter­ zo esecutore) del '64 e Estri p~r quindici esecutori d e l , .. '66 - '67~ e i due brani per coro misto a cappella Sesto non-senso e Mottetti per la passione del 369 '64 - '65; più le inedite, e inutilizzate, Musiche per il film "La Bibbia ll del '65. L'esultanza sonora di Settimo concerto e dei due IIdivertimentj,.1I del '64 - '67 si scarnifica e si depri.... me in Beatitudines,"testimonianza per Martin Luther King" per basso o baritono e cinque strumenti, del' 68. E' come uno studiQ di rarefatta espressività sui tim­ bri e sulla voce, in cui 1 diversi elementi galleggia­ no senza apparente gravitazione in un magma informe. "Le sottili entità melodiche non si saldano per nulla co'l resto, compaiono rare come fantasmi e si sperdono nella nebbia di una scrittura depressa al massimo in cui sembrano pesare maggiormente le stratificazionidei silenzi e dei vuoti che dei suoni .•• Tutto il resto timbro, scarno fonema, come certi squilli della è trom­ ba .•• o i sinistri glissandi dei timpani. Anche la vo­ ce si contrae al massimo, quello slancio che la anima­ va ancora in pr~pos viene qui sopito nella oppiacea e 370 sonno lenta immobilità di una scrittura gregoriana cro­ matizzata al massimo, che lenisce il dolore ma non lo elimina" (203). Come nei Propos d'Alain, però, è la voce a tessere il principale filo di sutura che dà sen so e unitarietà al lavoro; le beatitudini evangeliche sono sottilmente indagate da essa, ripartendo l'arco formale della composizione in un'alternanza di pieni e di vuoti, di tensioni e distensioni, cui gli strumenti con i loro sparsi interventi fanno da cornice e da e­ videnziazione emotiva. Si ha la sensazione come. di una terra inaridita, di un deserto la cui argilla non si ra~prende . in alcuna rosa: restano, di quell'argilla, gli infinitesimi gra­ nelli uno ad uno, infine sabbia e polvere. I parame ­ tri intervallare, dinamico, ritmico e timbrico - cui si aggiunge, ora, quello che regola l'attacco dei suo­ ni nelle due estreme possibilità dell'accentuazione e del "non far sentire l'attacco" - sono resi più che mai 371 autonomi.Non sipilòcertoparlare. di "serializzazione inte < ­ grale" nè di serializzazione relativa a un singolo pa­ rametro, neppure quello delle altezze, ma il messaggio lanciato da Boulez e dalla "computerizzazione stocasti cali è ugualmente colto con la massima lucidità. Anche il fattore ritmico è qui emancipato dai vec­ chi schemi della tradizione, e le misure non sono che una necessità della concertaziqne polifonica (difatti, con il soccorso delle parole, a miss. 68 e 69, 88, 95 etc., le stanghette di divisione diventano pleonasti ­ che e sono < perciò soppresse; le stesse figure musica­ li sono spesso abbandonate, come risulta sin dalle pri me misure) . Il parametro intervallare non risponde a nessuna co dificazione prestabilita e viene trattato con grande libertà e mutevolezza dalla voce, che percorre l'inte­ ra gamma della propria tessitura tramite caratteristi~ ci "ondeggiamenti"; ma, precisa Petrassi (204), biso­ 372 gna "evitare una recitazione espressiva "cantilenante" e attenersi alla sobrietà della dizione rispettando i segni dinamici, ma senza rigidezza e con libera flessi bilitàl l • Le dinamiche, come già in Settimo concerto, molto contrastate, comprendo sono , però, il totale solo a mise 103, con il "fff" della viola e del contrabbasso. La timbrica, infine, è secondo noi. il fattore deci se~ sivo, quello che determina all'ascolto il maggiore so di depressione emotiva, compresi in essa i diversi spazi pausati, in certo modo timbri fra timbri. La stessa scelta strumentale parla da sè: clarinetto,trom ba (in fa!), viola e contrabbasso, timpani + la voce grave di basso o baritono. Ma l'utilizzo di questi s~ menti parla ancora più chiaro. Le fissità astrali dei suoni tenuti al principio da viola e contrabbasso e, ancora,alla fine del lavoro (miss. 200 e segg.) riman­ dano, senza dubbio, al "trattamento materico" degli 373 strumenti proprio di compositori come Gyorgy Ligeti-: o . Krzistof Penderecki: i "glissè" dei timpani con peda­ le, a mis. 49, possono riportare al rumorismo di certa "musica concreta" e gli ampi inte:nralli del clarinetto, a miss. 130, 146 e 147, 178 ••• 180, ricordano i modi pu!!, tillistici weberniani e post-weberniani. I mezzi elet­ tronici, l'alea, i suoni multipli - che Petrassi defi­ nisce "suoni sporchi" (205) - non trovano, invece, po­ sto. Procedere sulla strada di Settimo concerto e di Bea­ titudes, per citare due dar lavori di punta della pro­ duzione petrassiana degli anni '60, .avrebbe voluto di­ re polverizzare e ridurre all'annientamento quelli che Donatoni chiama i "relitti della musica", o, comunque, perseguire fino alle estreme conseguenze i "sentieri che portano alla soglia del silenzio" (206). Ciò signi ficava, infine, giungere dove l'avanguardia pia aggueE rita era in effetti giunta: l'alea Q la "grande pausa" 374 di John Cage; la preminenza dell'interprete sul compo­ sitore; l'arte estatica, sorella della speculazione me tafisica, e la prossima adorniana "finis artium" di Aldo Clementi; il misticismo orientalizzante di Karl ­ heinz Stockhausen .• Lo strutturalismo bouleziano, dopo aver zi la dialettica della tradizione. fatto ape,! sezionando 'i quattro parametri del suono, demoliva alla fine se stesso e completava - o, meglio, esauriva del tutto ­ la propria analisi introspettiva con una sorta di ulti­ ma considerazione sulla "vanitas.vanitatis" del suono (del quale resta la pura materialità, anzi neppure que! la, ovvero il suono con valenza negativa), della musi­ ca, dell'arte, delle cose umane. Non è difficile, come si vede, spingersi dalla musica alla speculazione meta fisica, come fa appunto Aldo Clementi. Ma, anche se dagli allievi (e Clementi fu allievo di Petrassi) c'è spesso molto da imparare, come assicu 375 ra Sch8nberg (207) e come lo stesso Petrassi sostiene (208), egli non condivide affatto questo sconfinamento, che a suo parere è eccessivo. Alla domanda "Che cosa :~ dice ••• della celebre frase di Adorno sulla poesia non " egli risponde (209):'!CeE più possibile dopo Auschwitz?, te profezie non sono nuove: anche Hegel, mi sembra,paE lO della morte dell'arte più di cento anni fa; e inve­ ce abbiamo visto che l'arte non è morta. El fatale,ceE to, che certe affermazioni drastiche siano fatte periodi di grandi sconvolgimenti, che incidono dopo non soltanto sulle cose ma sul morale degli uomini.... E quindi credo che,nonostante Adorno, l'arte non morirà. Perchè poi dovrebbe morire? Sarebbe come preconizzare la morte dell'uomo". Forse, le Beatitudines furono sentite da Petrassi come un momento estremo e invalicabile. Non era possi­ bile avanzarsi oltre, se non preponendo la scienza al- l'umanesimo, la tecnologia all'arte (intesa tradizio ­ 376 nalmente, come poesia, creazione sI intellettuale, ma anche emotivamente sofferta, autobiografica, testimo ­ nianza di un'umanità viva e responsabile). E', in ulti ma analisi, il rifiuto di demandare le proprie scelte ad altro da se stessi e, meno chell.1mai, ad una macchina, foss'anche la più perfetta. "Automazione", non esclusa quella programmata al dettaglio dalla mente umana, non è certo sinonimo di "fine dell'arte", ma devia le pro­ spettive di scelta dell'artista-poeta e, prima ancora, dell'uomo-poeta. In questo senso, Petrassi è legato in maniera irrinunciabile alla tradizione che precede gli anni '50 e dalla quale non va esente nessuna delle "a­ vanguardie storiche". Che cosa, dunque, è accaduto dopo gli ardimenti di Settimo concerto e di Beatitudines? Che Petrassi, a no stra avviso, non se l'è sentita di compiere un nuovo "salto" (210), come, invece, aveva fatto tra Secondo e Terzo concerto, relativamente all'adozione del sistema 377 dodecafonico, probabilmente ritenendo che questa ta si sarebbe trattato di un "salto mortale ll • vol­ Si è, a!. lora, ripiegato su tre brevi composizioni solistiche ­ Souffle per flauto in do, flauto in sol e ottavino del '69, Elogio per un'ombra per violino e Nunc per chi ­ tarra del '71 - e sui due lavori cameristici Ottetto di ottoni del '68, che Mario Bortolotto soprannominò significativamente "Ottetto degli adii" (211), e Ala per flauto, ottavino (un esecutore) e clavicembalo del '72. Che sono il documento delle scelte recenti, fino a quella "summa" del sapere petrassiano che è l'Ottavo concerto per orchestra. In esse, Petrassi sembra rifugiarsi in una ricerca di tipo essenzialmente tecnico-strumentale che rmmanda alle esperienze passate, non ultima quella del neoclas sicismo interbellico (soprattutto per quel che riguar­ da la chiarezza e la funzionalità della scrittura),tèn dendo, invece, a sfuggire alle gravi problematiche poste 378 nei lavori immediatamente precedenti. Bisogna tenere presente che questi sono gli anni in cui egli teme per la propria vista, indebolitasi con l'età e l'intenso lavoro i e l'impedimento fisico deve averlo ostacolato non poco nell'attività compositiva e, più che altro,di sturbato o, comunque, condizionato psicologicamente. Tant'è che crediamo che il particolare. stato emotivo e di salute abbia in gran parte segnato lo spirito della sua ultima produzione. Anzi, basterebbe il lavoro più rappresentativo e. di maggior mole e impegno di questa più recente stagi2 ne creativa, cioè l'Ottavo concerto, a confermare nostra tesi. It dovrei dire qualcosa di personale .la e quindi di psicologico che nell'Ottavo concerto ha avu­ to peso - egli confida (212) -: è un concerto che ho scritto in un periodo in cui temevo per la mia vista e quindi l'ho scritto con una specie di rabbia, con una specie di esaltazione, e perciò, mi pare, ha •.• questa 379 decisione di direzione. Perch€ questo senso psicologi­ co che io sentivo era permanente, potevano cambiare certi momenti di umore, però c'era questo fondo che mi portava, oltre che a una inquietudine molto profonda , anche a una specie di lotta, a non voler accettare ~l verdetto che poteva essere e poteva non essere ••• in­ somma c'è questo risvolto psicologico dell'Ottavo con­ certo che è quello che ha dato, mi pare, la mossa in quella direzione, dove non ci sono molti tentennamenti, non ci sono delle zone così incerte o delle zone un po' paludose per arrivare da un punto all'altro ••• Non è un lavoro in cui sperimentavo diver'se cose, era un la­ voro sorretto continuamente da quello che io sentivo internamente. E' un discorso psicologico che sulla mu­ sica forse non si dovrebbe fare, ma per spiegare la natura di un pezzo (può considerarsi lecito)". Franco Donatoni (213) parla giustamente, a proposi­ to dell'ultimo Petrassi, di "monològo interiore del 380 quale noi non possiamo apprezzare che la superficie ll , ossia di "monologo non verbalizzabile ma nella più stretta connessione al segno del suono ll • E, forse, il discorso si potrebbe estendere al Quarto, Quinto e Se­ sto concerto, per limitarci a questo solo settore del­ la produzione petrassiana (non citando il Coro di mor­ ti, la tragedia Morte dell'aria, Noche oscura etc.) .Ri cordiamo, infatti, l'''espressionismo" di Quarto con­ certo, o il tragico autobiografismo del Quinto, o, an­ cora, il riferimento ai fatti d'Ungheria di Invenzione concertata (Sesto concerto). Ma qui, in Ottavo concer­ to, il dramma umano si fa più che mai esperienza viva e toccante, alla quale Petrassi è interessato in prima persona: è, in sostanza - perchè negarlo? smo beethoveniano redivivo. Ben il titani vengano, in questi ca si, le utili delucidaz.ioni dell' autore. Ma la musica, come afferma ancora Petrassi (214),"d~ vrebbe (comunque) parlare per se stessa". Non resta 381 che verificare, il più possibile obiettivamente, cosa riesca in effetti a dircLOttavo concerto, che commi~ sionato dalla. Chicago Symphony Orchestra e dedicato al direttore d'orchestra Carlo Maria Giulini (uomo e arti sta profondamente stimato da Petrassi (215)>, è ripart! to formalmente in tre movimenti distinti, ciò che avveniva dai tempi di (Primo) concerto, mentre non degli altri sei Concerti solo il Quipto è s.chematicamente bi partito. Se si aggiunge che l'articolazione agogica corrisponde approssimativamente a quella tradizionale di Allegro (primo movimento) - Adagio (secondo movime~ to) - Allegro (terzo movimento) e che essa è decisamen te meno mutevole che in tutti i Concerti precedenti,si ha un primo sintomo della particolarità di questo lavo ro. Infatti, il primo movimento è contrassegnato dalle seguenti indicazioni metronomiche: ••• 1501), J J == 120 (miss. 151 •••• 182), = 132 (miss. J= 1 80 rit ••••• 382 (mis. 183), J = 132 (miss. 184 ••• 215); il secondo movi mento è,invece}più differenziato agogicamente, ma variazioni oscillano fra i limiti di J= 46 e .1 = 92 le t senza bruschi trapassi; mentre il terzo movimento si a pre con la J = 88-92 (miss. 1 ••• 89), che poi diviene, volta a vOlta) = 100 (miss. 90 ••• 114), J= 88-92 (miss. 115 ••• 118),d = 58-60 (miss. 119 ••• 130),d = 131 ••• 171),d = 148 ••• 152 (miss. 172 ••• 185, dove ricom­ 92 (miss. pare per un'unica volta la tradizionale indicazione di "presto"), J = 132 (miss. 186 ••• 195), J = 148-152 (miss. 196 ••• 225). Un altro dato assolutamente atipico nell'arco della produzione petrassiana è l'inquadramento ritmico in mi sure regolari e continuate di 4/4 - come si osserva concerta meraviglia nel primo movimento, interamente costruito su questo metro - o, comunque, in misure che non variano con la frequenza vertiginosa dei Concerti precedenti, e soprattutto di Sesto e Settimo concerto. 383 La stessa divisione interna alle battute è perseguita con una regola.rità insolita, almeno dai tempi di Sesto concerto in poi. Incontriamo, spesso, passaggi insisti ti di semicrome (quello introduttivo del primo tempo~ quello di miss. 59 ••• 62 sempre del primo movimento, o quello di miss. 64 •.. 69 etc.), passaggi di semiminime consecutive o di crome o di terzine di crome, e via di cendo. Ma è interessante che questo accada con la paralle­ la adozione di figurazioni ritmiche oltremodo irregol~ ri, quali neppure in Settimo concerto era possibile ri levare. Alcune soluzioni, che sommano alla difficoltà del solfeggio in senso orizzontale quella di un compIi cato contrappunto ritmico verticale, sono un vero "re­ bus". Valga per tutti quell.e delle miss. 33 ••• 35 del primo movimento: la misura di 4/4 viene frantumata,ne! la parte degli archi, contemporaneamente in cinque, sei e sette parti eguali, cosa già in se stessa non sempl! 384 ce, mentre le singole quattro divisioni vengono ulte ­ riormente suddivise dai fiati in terzine, quintine e doppie terzine, anche pausate; triple terzine,comprese ognuna nell'ambito di due divisioni, quintine, settimi ne e decimine (idem, nell'ambito d~ due movimenti) co~ pletano il panorama delle irregolarità. Altri "rebus" a miss. 15, 25, 32, 53, 55, 57, 60, 61 ••• {primo movi­ mento, il più interessante da questo punto di vista} , 102 e 103 •.. {secondo movimento, 67 e 84 ••. (terzo mo­ vimento) • La dinamica ricalca, in linea di principio, i della ritmica: alcune volte piattamente uniforme, modi al~ tre contrastatissima. Le prime misure del concerto an­ ticipano perfettamente questi due aspetti dialettici. Un "ppp" alle semicrome legate dei contrabbassi con sor dina apre suggestivamente, e senza altre dinamiche fi­ no a mise 4, il concerto; poi, d'improvviso, un "fff " di archi, xilomarimba e xilofono, cui segue il "ppp {ma 385 sentito)" di miss. 5 e 6r di nuovo un "fff", poi un "ppp", la rapida sequenza di "fff-ppp-fff" di mise 8; miss. 9 e 10 in "fff"; miss. 11-12 ••• 21 in "ppp-mp"; miss. 22 ••• 25 in "fff"; e così via. El chiaro che,alm~ no in queste prime misure, Petrassi gioca di nettissi­ mi effetti chiaroscurali, dove luci e ombre si avvice~ dano più o meno rapidamente: corruschi bagliori, oscu­ ramenti improvvisi, magie notturne, luminosità persi ­ stenti •••• Il lavoro, nel complesso, confermerà le pri me impressioni, insistendo particolarmente sulle oppo­ ste intensità e sul loro alternato inseguirsi. MacrQpartizione formale, agogica, ritmica e dina­ mica rimandano. dunque,.,per molti versi, a posizioni "preavanguardistiche", rispetto agli ardimenti di Set­ timo concerto e di Beati tudines, pure attestando - nel­ l'abbandono delle tradizionali indicazioni agogiche,in certe ardue soluzioni ritmiche, nella sistematica con­ trapposizione di situazioni dinamiche antitetiche 386 la conoscenza pratica degli artifici puntillistici e perfino di qualche atteggiamento "giudiziosamente" a­ leatorio (miss,. 88 ••• 94 e 187 .•• 189 del primo movimen­ to, 12 - 13 e 110 ••• 124 del secondo). Così pure l'aspetto timbrico riporta, di primo chi-to,a scelte antecedenti all' I~anno ac­ zero". Vogliamo dire, innanzittutto, che la strumentazione ricade su un organico assolutamente anticonformista, rispetto al l'attualità degli anni '60 - '70. Non dimentichiamo che, in questo periodo, ,la ricerca timbrica si spinge verso nuovi spazi sonori: l'elettronica, l'uso incon ­ sueto degli strumenti della tradizione (singolarmente e abbinati), il largo impiego delle' percussioni ••• in­ fine l'antitradiziane. Invece, con Ottavo concerto, Pe trassi riafferma la propria fede in un mondo di suoni ormai usato ed abusato, ma dal quale egli crede cfue si fX'~ sano ancora ottenere effetti nuovi e nuove prospettive. "Ritengo che con un organico il più normale possibile 387 si può fare ancora della musica, anche la più anormale possibile u (216). Nessuna composizione orchestrale di Petrassi, d'al­ tronde, si è mai staccata fondamentalmente dai modu­ li degli organici tradizionali. Pensando ai Concerti per orchestra, ricordiamo che il Primo è stato concepi to per grande orchestra, con la significativa (e una volta per dichiaratamente polemica) esclusione della arpa e delle percussioni, il Secondo corrisponde sfro!!, tatamente all'organico delle ultime sinfonie di Haydn, il Terzo utilizza una normale piccola orchestra, parti colarmente nutrita nel settore delle percussioni e con la sola curiosa assenza dei contrabbassi, il Quarto per orchestra d'archi in corretta pentapartizione, è il Quinto e il Settimo nuovamente per grande orchestra, senza particolarità rilevanti di organico; solo Inven­ zione concertata (Sesto concerto), per la sua tripart! zione strumentale in ottoni - percussioni - archi, può 388 suggerire il richiamo a Coro di morti e, con esso, una ricerca di organico che non coincide con i canoni del­ la tradizione. Quanto a Ottavo concerto, neppure la sezione percus siva, per norma esaltata da Petrassi a partire da Ré­ création concertante, trova un posto di spicco. Vengo~ no impiegati due timpani e una batteria piuttosto pov~ ra, rappresentata da due tamburi (con corde e senza corde) e dalla gran cassa. Il primo timpano fa la com­ parsa a miss. 10 ... 15 del primo tempo, per poi mesco­ larsi con gli altri strumenti dell'orchestra, senza particolari protagonismi; i tamburi. esordiscono, inve­ ce, solo a mis. 99, e la gran cassa a 151, non prevar! cando mai, però, la condotta principale degli altri strumenti. Il secondo tempo è, per questo aspetto, anche significativo, con l'unica interessante eccezione più del "pp, glissare lentamente tra il fa e il la senza rigo­ 389 re di tempo" del primo timpano, a miss. 110 ... 124 (ma, in fondo, non è che un normalissimo rullo in funzione di pedale, con l'aggiunta del glissando). E il terzo tempo procede, fino a battuta 27, senza uso di percus­ sioni, dopo di che c'è qualche intervento più consi stente, fra miss. 53 e 78. Gli altri strumenti sono quattro flauti, (il primo e il quarto anche ottavini), tre oboi, corno inglese, tre clarinetti in si bemolle (il terzo anche clarinetto piccolo in mi bemolle), cl~ rinetto basso in si bemolle, tre fagotti, controfagot­ to, quattro corni in fa, quattro trombe in do, due trom boni tenore, due tromboni basso, xilofono, xilomarimb~ archi. Una orchestra così ampia non era stata impiegataneE pure per il Primo, Quinto e Settimo concerto e, se si eccettua l'uso relativamente limitato delle percussio­ ni e l'assenza del pianoforte e dell'arpa (strumenti per i quali, specie il primo, Petrassi non dimostròmai 390 eccessiva simpatia), è un "unicum" nella produzione pe trassiana, ancor più sottolineato dalla riduzione de­ gli organici adottata negli altri lavori di questo pe­ riodo. Lavori in parte solisttci - Souffle per flauto in do, flauto in sol, ottavino del '69; Elogio per un ombra per violino e Nunc per chitarra del '71; Oh les beaux jours! per pianoforte del '76 (ma si tratta del­ la rielaborazione di un vecchio brano del '42); Viola­ sola per viola del '78; Flou per arpa dell"80 -, in parte cameristici,escludendo i già menzionati lavori antecedenti alI 'Ottetto di ottoni del '68, Ala per to, ottavino e clavice~alo fla~ del '72; Orationes Christi per coro misto, ottoni, viole, violoncelli del '74 '75; Quattro odi.I?er ,9'uartetto d'archi del '73 ... '75; Fanfare per tre trombe in do del '76; Alias per chi­ tarra e clavicembalo del '77; Grand Septuor "avec cla­ rinette concertante" del '77 - '78; Romanzetta per flauto e pianoforte dell"80; Sestina d'autunno "Veni" 391 creator Igor" per sei strumenti dell' '82 - e, infine, un lavoro per ridotto organico orchestrale, il Poema per a.rchi e trombe del '77 ••••' 80. Fin da Coro di morti del '40 - '41, in Petrassi si era manifestata la tendenza alla riduzione del materia le strumentale, una tendenza che naturalmente non impe diva lo sporadico recupero delle grandi masse orchestra li, come nei due balletti del '42 ••• '45, nell'opera Il Cordovano e nella cantata Noche oscura, nel Quinto nel Settimo concerto. Ma negli anni '60 - '70 e questa tendenza si fa particolarmente evidente, tanto che gli unici lavori per grande orchestra scritti da Petrassi negli ultimi due decenni sono il Settimo e l'Ottavo concerto, mentre orchestre di proporzioni minori sono impiegate nel Concerto per flauto e orchestra (dove al la folta schiera delle percussioni fanno contrasto i pochi archi, ridotti a violoncelli e contrabbassi) e nel recente Poema per archi e trombe. 392 "C'è questo doppio bimrio - spiega Petrassi - a dimostrare la molteplicità e la pluralità (217) delle direzioni che ci sono oggi •.•• C'è la tendenza alla ri duzione al minimo possibile degli elementi; però con ­ temporaneamente esiste tuttora anche una tendenza opp~ sta ••• , la possibilità di adoperare grandi strutture e grandi masse timbriche". E cita Boulez (Rituel in me ­ moriam Maderna, 1975) e Carter (Sinfonia per tre orche­ stre, 1976), Donatoni (del quale si può ricordare To earle Two per orchestra in due sezioni del '71 - '72 e Voci del '72 - '73), Berio (di cui recente, '75 - '76, è Coro per quaranta voci e strumenti), Penderecki (au­ tore di composizioni magniloquenti, come la Passio mors Domini nostri Iesu Christi secundum Lucam et del '65, il Dies irae del '67, la Kosmogonia del '70 etc.). Naturalmente, anche Petrassi non è rimasto del tut~ to insensibile a questa duplicità di atteggiamenti,pr! vilegiando, però, quella che egli chiama la "tendenza 393 minimale" (218). Ciò è indubbio nella sua recente pro­ erge duzione, rispetto alla quale Ottavo concerto si come un gigante fra lavori di minori dimensioni. I singoli strumenti sono impiegati secondo i tradi­ zionali attributi, con in pift il largo uso di "note di abbellimento", di tremoli e di note ribattute, di "effetti" come il pizzicato degli archi al ponticello, la frequente adozione della sordina, i suoni flautati o in armonici, "glissè", portamenti, pizzicati "alla Bart6k", rulli di timpani (anche in glissando), frulla ti dei legni, "soffi d'aria senza suono" (una delle più stimolanti invenzioni del "dopo-:Darmastadt"; si ve da il suggestivo Quintetto per fiati di Salvatore rino) ••• Effetti che neppure il problematico Sc~ Settimo concerto affrontava con tanta determinazione. Mancano, invece, certamente per libera scelta del compositore, altri effetti come i "suoni sporchi" (219) o i degli archi oltre il ponticello. ;. suoni 394 L'amalgama degli strumenti tende alla "nebulizzazi~ ne delle singole famiglie strumentali Il (220), sortendo, perciò, un ri.sultato timbrico antitetico a quello del concerto per orchestra precedente (il quale è, in que­ sto, simile alla schematica concertazione di (Primo) Concerto). Nella verticalità degli addensati timbrici, che nulla tolgono all'autonomia e compiutezza del con­ trappunto orizzontale delle parti, vengono ricercati gradi differenti di tensione e densità emotiva, che sono, forse, il migliore veicolo di analisi formale di questo lavoro, come di tutti i lavori dell'ultimo Pe­ trassi. Ma qui, a differenza, poniamo,di Settimo con­ certo, gli strumenti tendono a comporsi in un tutto di grande omogeneità, dove non ci sono sezioni strumenta­ li contrapposte. La dialettica discorsiva procede,allo ra, non per blocchi strumentali si zone timbriche.oche contrastano successivamente come in una persisten­ te IIbotta e risposta", ma per la progressiva accumula­ 395 zione (e viceversa) di masse timbriche che articolano e spaziano la pagina musicale con vario equilibrio. In questo senso crediamo si debba intendere l'affer mazione di Mass.imo Mila (221)1 secondo cui "tutti i la vori recenti di Petrassi sono vere e proprie avventure di personaggi musicali •.• e dal gioco delle loro comb! nazioni nasce il mobile significato, come un'appasio ­ nante "storia di suoni"lf. "Suoni" nel senso più fisico del termine, timbri singolarmente definiti e poi so­ vrapposti in modo da raccontare emozioni e stabilire u na simpatia (11(fUjA-tlot-et..l.O(.") di stati di tensione in divenire. Al riguardo, dovrebbe far.' riflettere l'anno tazione posta a conclusione del primo movimento, la quale, riferendosi alle viole prime sospese su un bi­ cordo in "ppp" che diminuisce al nulla, prescrive di "fermare l'arco sulla, corda, senza suono ••• a discre ­ zione del direttore, fino all'esaurimento della tensio ne". El immediato il richiamo a una dichiarazione di 396 Petrassi del 1980 (222): "La tensione è quello che ha preso il posto della forma nella musica attuale". Il concetto tradizionale di "forma" si fondava es­ senzialmente sia sulla strutturazione di un lavoro in movimenti o parti distinte - e, in questo senso, corri spondeva all'architettura generale, cioè, con termino­ logia più recente, alla "macrostruttura" - sia sulla interna organizzazione degli elementi ritmici e melodi ci, coagulati in frasitematiche definite e autosuffi­ cienti poi sottoposte a sviluppo. Lo "strutturalismo atematico Il d.i Settimo edi Ottavo concerto, "una ~di quelle formule di cui bisogna pure accontentarsi in ma!!, canza di meglio" (223), ha ormai minato ogni possibili tà di stabilire l'articolazione formale di una composi zione su quest'ultimo vecchio schema, poichè gli stes­ si termini del discorso, il glossario, sono mutati fOE se irreversibilmente. Non più temi, o sviluppi di temi inesistenti, ma concentrazione sui parametri isolati 397 del suono e, soprattutto, su quello t~brico. In ottavo concerto., per la verità, c'è ancora come un sentore degli elementi tematici della tradizione, che, pet:ò, non è affatto nostalgico e si rivela incapace di determinare nessi formali consistenti. Da questo pun to di vista, Ottavo concerto è, senza dubbio, un ri­ credersi nei confronti del radicale "a tematismo" di Settimo concerto e di Beatitudinesi ma è, nello stesso tempo, un modo di ritrattar lo petrassianamente, nella ottica della tradizione e tentando una nuova sintesi. Può tornare alla mente Quarto concerto, che abbandona­ va in parte lo "strutturalismo inte.tyallico" di création concertante~per Ré­ provare la bartokiana simbio­ si di tema e struttura. Ma è un parallelo impreciso, poichè Ottavo concerto, come anche Quinto e Sesto," non assomiglia più a niente che si conosca" (224) e, suo incredibile eclettismo, convoglia una miriade atteggiamenti che pervengono complessivamente ad nel di una 398 fisionomia ~nsol~ta e personale. "Di fronte al baratro come si presenta in Beatitu ­ dines - sost~ene Lorenzo Maggini (225) - non c'era che da far saltar tutto, oppure t~rare i remi in barca ••• , oppure ••• cercare puntigliosarnente una via d'uscita, na che anche in passato non aveva mai deluso. r~prova Questa del r~prova 168 ~ , ennesima, già enunciata dalllOttetto si ha con Ottavo concerto, un'opera di va­ ste proporzioni, che rimette in gioco migliaia di note, figure tematiche,. un'orchestra piuttosto (?) ampia ••.• Tutto il materiale di settanta anni e passa di esperie~ ze musicali ••• è steso sul tavolo come in un consunti­ vo generale". Petrassi non ha mai rifiutato l'epiteto di "eclett! co", puntualizzando (226), perO, che è riduttivo far coincidere l'eclettismo con "la mescolanza di caratte­ ri diversi che possono essere presi da varie parti •.•• mentre l'idea positiva (di eClettis~o) potrebbe essere 399 di rifiutarsi di adoperare sempre gli stessi stilemi •• in modo che i caratteri non siano cosi distinti epe­ rentori, tanto da poterli identificare a prima vista". L'eclettismo dei morfemi linguistici di Ottavo con­ certo va dall'insistenza, unica finora in Petrassi,sul l'intervallo di tono, che contrassegna il lavoro con frequenti scale diatoniche o addirittura debussiane (= scale esatonali per toni interi), all'adozione disegni ritmico-melodici piuttosto estesi e di caratteri~ zati, al loro frammentario ricorso, alle chiare ascen­ denze seriali-dodecafoniche, alle ostentate sezioni i­ mitative, a certi ostinati di tipo ritmico e/o melodi­ co, alla neoclassica disposizione spaziale delle parti, alla insistita presenza di triadi armoniche perfette •. Tutti aspetti, ormai, quasi del tutto detronizzati in Settimo concerto e che, invece, nell'Ottavo trovano un terreno fertile, accanto a un'agogica l'inespressi ­ va" fatta di indicazioni puramente metronomiche, una 400 ritmica particolarmente complessa (certo più complessa che non in Settimo concerto e qualunque altro concerto di Petrassi), una dinamica che utilizza per contrasto tutti i gradi di intensità possibili, dal soffio e dal silenzio al "fff" più esasperato, una timbrica, in fine, che stabilisce una tensione emotiva molto elasti ca, che è il vero metro formale di questa "appassiona!! te storia di suoni". Il concerto si apre con un lieve passaggiO dei con­ trabbassi in "ppp" con sordina (227). Il totale croma­ tico è subito esaurito secondo successioni intervalli che che rimandano a Schonberg; la ritmica, qui almen~ è di immediata acquisizione, e il clima complessivo a~ sume i toni di un'inquieta attesa: la tensione è massi ma, in questo principio, sottolineata anche dal colore timbrico insolito. Ad essa, i laceranti contrasti dina micidelle seguenti miss. 4 ••• 11 comunicano un'ener ­ 401 gia nervosa. Poi, l'intervento del primo timpano "p ianissimo, al bordo", sotto i tremoli delle in viole in "ppp" al ponticello, è come il vero "start" del con certo,dopo le misure introduttive. Compariranno, gra ­ dualmente, tutti gli strumenti dell'orchestra, con al­ cuni stilemi ritmici e/o melodico-intervallari ricor ­ renti. Tra questi, le elaborate poliritmie irregolari di terzine, quintine, sestine, settimine etc. - come già da mise 12 e segg., con un caratteristico e reiterato schema di "crescenti ritmici" che concludono,ognuno , su una o piO. misure in difficile contrappunto: miss.12 ~15, 16-:11>20-21,22___.25, 26-..+32 ••. 37, 38~40-41. -; alcune sequenze intervallari già esposte dai contrabbassi di miss. 1 ••• 4 - la successione sol-sib ­ Si~-dO~ -re di miss. 12 e 13 alle viole corrisponde, u na seconda maggiore sotto, alle note 4 ••. 8; la parte del clarinetto basso, a miss. 14 e 15, quella delle 402 viole, a miss. 34 .•• 38,etc. possono ricondursi faci1me~ te a11'interva11azione, se non anche alla ritmica, del passaggio iniziale dei contrabbassi .•• -; l'anticipazio­ ne sincopata del battere del movimento, già spesso ri­ scontrata in Settimo concerto - miss. 22, 26, 27, 31,43, 46 ••. - e il largo uso di effetti ritmici in contrat­ tempo; il disinvolto matici ad altri accostamento di procedimenti cro­ espressamente diatonici, fino a11'enun ciazione testuale, più oltre ripresa, della scala debu~ siana per toni interi - vedi, in queste prime misure,la settimina dei contrabbassi, a mise 25 -; l'insistenza sull'intervallo di seco~maggiore e sul relativo rivo1 to - da notare, fra l'altro, i passaggi paralleli miss. di 38 (archi), 46 e 47 (ottoni), 53 e 54 (xi1omarim ba) -; le terze armoniche affidate soprattutto agli ar­ chi, ma sovrapposte in modo tale da produrre autentici "c1usters" - come a miss. 20 ••• ,22 ••• , 31~ •• -; e inol­ tre "glissandi", suoni in armonici o al pontice110, tre 403 moli, frullati ••• Il livello tensivo è dato dalle situazioni che sca­ turiscono dalla diversa combinazione di questi elemen­ ti e, in più, da una timbrica che trasco1ora senza po­ sa e dai chiaroscuri della dinamica. Fino a mise 32, prevalgono aggregati timbr~co-armonici di non grande spessore, comunicando un senso di neoc1assica asciut ­ tezza che, in questo caso, significa una specie di ten­ sione interrogativa. Una prima "risposta Il l'abbiamo nei verticali addensati ritmici di miss. 33 e seguenti, d~ ve, benchè con dinamica "pp - ppp", si ha la compren ,­ senza di flauti, clarinetti, viole, ce11i, bassi e,po~ anche di ottavino e timpani, impegnati in una densa co ste11azione contrappuntistica. Questa, dopo una relativa sostai a miss. 42 ••• 50,ri prende animatamente e con varia continuità da mise 51, facendo protagonisti, volta a volta, gli' archi (miss. 51 e 52), i fiati + xilofono e xi10marimba (miss. 53 •• 404 58), gli archi + timpani e, poi, + xilomarimba e trom­ ra~ be (miss. 59 •.• 79), le quattro trombe sole, presto giunte dai quattro corni + archi e dai legni + trombo­ ni (miss. 80 .•• 87), nuovamente gli archi + timpani,con le triadi eccedenti di flauti e clarinetti stravinskia Po~ namente giustapposte. Distensione a miss. 95 •.• 99. i guizzi delle biscrome ai legni di miss. chi~ 100.~.103 ri l'interesse, giocando sui soliti intervalli proposti dai contrabbassi in apertura del concerto, u­ n'autentica esposizione del materiale intervallico, la cui funzione è simile a quella delle prime misure del­ l'tlAllegro spiritoso" di Récréation concertante. tensione cede sui più ampi valori delle misure 104 La e 105. Ritmi più mossi e di complessa irregolarità miss. 106 •.• 108 alle ricaricano la tensione e preludono ai divertimenti intervallari che, uniti a una "summa" più ideale che matematico-strutturale d~gli elementi di 405 prima, caratterizzano tutta l'ultima parte di questo mo vimento, concentrandosi su frammenti di scala cromatica e sull'intervallo di seconda maggiore. "Ho scelto di proposito un intervallo molto pericoloso, - afferma Pe­ trassi (228) - e questo proprio per stanchezza dello uso della seconda minore e dei suoi derivati: nona mino re, settima maggiore e cosl via, e quindi ho preso la seconda maggiore che è pericolosissima perchè un segui­ to di seconde maggiori porta alla scala esatonale. D'al tra parte, manipolando aggregati di seconde maggiori c'è sl la scala esatonale, ma poi c'è anche il totale cromatico, poichè unendo le due scale esatonali si ha il totale cromatico, e qui nella partitura dell'Ottavo concerto queste aggregazioni dei due aspetti delle sca­ le esatonali danno appunto molto spesso il totale croma tico". Cosl, i contrabbassi divisi a due, a miss. 110 e 111, procedono per settime minori parallele, e ciascuna par­ 406 te traccia una scala esatonale completa. Ancora diato­ nismi dei contrabbassi, a miss. 111 e 112, mentre la misura seguente propone,per smaccato contrato,un fram­ mento di sette note di scala cromaticai Cromatismi an­ che ai tromboni primo e secondo di mis. 120 (questa volta di dodici note, enunciando, cioè, una scala cro­ matica completa) e alla terza tromba di mis. 123. subito dopo, diatonismi alle viole ~ viole ----.,;).~ ~ E, violoncelli - . violoncelli, in reciproca imitazione (miss. 124 •• 127). Insistiti movimenti di seconde mag­ giori parallele ai violini primi di miss. 143 ••• 146.Li bera successione di diatonismi e di cromatismo al pri­ mo oboe e al controfagotto di mis. 145. Varie combina­ zioni "armoniche" in cui prevale l' i·ncontro di seconda maggiore (o settima minore o nona maggiore), fra le miss•. 145 ••• 151 •••• Fino alle scale tonali e :pentatonali (mentre quelle esatonali sono qui assent~), alle triadi e alle quarte parallele di miss. 172 ••• 178, logico e conseguente "H6 hepunkt" - se così. possiamo ancora esprimerci - di tan 407 to uso di un intervallo storicamente datato, ricordi e suggestioni di una civiltà musicale viva e operante in Petrassi, citata per scrupolo di onestà. Da questo punto culminante, il movimento si spegne man mano. (Da notare ancora le seconde maggiori paral­ lele di miss. 184 .•• 189 - dove,a miss. 186 e 187, dispetto della grafia voluta re violino primo ii a dall'autore, bisogna uni violino quarto e viole terza e quar ta, violino secondo a violino terzo e viola terza etc. -; i passaggi diatonici agli archi di miss. 191 ••• 193; le commistioni cromatico-diatoniche delle semicrome di miss. 196 e 197, 199 ••• 202 che richiamano al passaggio iniziale dei contrabbassi; le triadi dei tre fagotti; le settime parallele dei violini primi; le seconde te­ nute e sovrapposte di. tromboni e viole e i "clusters 11 dei violoncelli e dei contrabbassi a mise 202 •.• ). Con le note lunghe in IIppp" di fiati e archi, da mise in poi, soprastanti ai rulli dei timpani e alla 204 gran 408 cassa, la tensione si scompone del tutto, fino allo "zero assoluto" delle ultime due misure, dove la fa­ scia sonora precedente (davvero qui si potrebbe parla­ re di "trattamento materìco" dell'orchestra) si esauri sce, come per fisica inerzia, nel vuoto espressivo del la pausa. I due movimenti successivi proseguono consequenzia! mente sulla base delle premesse del primo. Il secondo, la cui funzione nel contesto generale del lavoro non è molto dissimile da quella del classico Adagio centrale, gioca ancora sull'intervallo di seconda maggiore e sui frammenti intervallici della frase iniziale dei con­ trabbassi. Di essa, in particolare, vengono riproposti atteggiamenti immediatamente riferibili, come il breve passo delle biscrome dei contrabbassi, a miss. 5 e 6, o le terzine dei violoncelli, a miss. 22 e 23, o l'ep! sodio degli archi in "pianissimo, senza cresc.", a miss. 91 ••• 94, o quelli a miss. 98 ••• , 106 ••• Insisten 409 za, ancora, sulle scale diatoniche e libera ripresa dei giochi timbrici dei fiati di miss. 100 ••• 104 del primo movimento (cfr. miss. 75 ••• 79), passaggi di seconde e settime parallele (citiamo, fra tutti, i casi macrosco pici di miss. 56 ••• 60, 80 e, soprattutto, 96 e segg.). L'analisi della tensione è meno complessa che nel primo movimento, in quanto il brano sembra ruotare at­ torno alla "distensione" prodotta dalla cadenza di miss. 61 ••• 64, affidata principalmente alla xilomarim­ ba (ricordiamo che è la seconda volta che Petrassi de­ dica a questo strumento un episodio protagonisticoi la prima era nella terza invenzione di Settimo concerto) • Dal principio del movimento a questo punto, si accumu­ la uno stato di progressive tensioni, che si diradano (rapidamente: solo con gli interventi scalari dei vio­ lini primi in trillo "ppp",a miss. 54-55 e seguenti, e con gli scatti improvvisi dei celli e dei bassi, a miss. 56 ••• 60~ quindi, la xilomarimba, sulle note tenu 410 te degli archi (luogo comune di Petrassi dal Concerto per flauto in poi), si profonde in una bri.llante cade,!! za "adagio, con rubato", che scarica in un compiaciuto acrobatismo le. tensioni di prima. L'aspetto edonistico e decorativo di, questa cadenza, per altro breve, mina il clima delle misure successive, in cui dete~ prevale il raggruppamento dell'orchestra in categorie strumen­ tali che si rispondono o si contrappuntano reciproca ­ mente. Magica la conclusione, da mis. 110 a 125, sfuma il movimento con l'utilizzo dei fiati in 'che soffi d'aria senza suono, quasi uno stanco ansimare che muo­ re nella quli:.è.t:è del "ppp" finale, mentre i timpani rull~ no con sordi glissandi e gli archi punteggiano con mor bide scalette. Il terzo movimento è il più "neoclassico". Il con ­ certo, infatti, guadagna man mano in lucidità e chia ­ rezzai se il primo movimento è la stesura completa e di non facile decodificazione del materiale impiegato­ 411 materiale poliedrico, i cui rimandi culturali sono spesso di una sottigliezza tale, da potersi cogliere solo per via intuitiva -, il secondo si svolge attra ­ verso una "tensionalità" più lineare, vorrei dire meno congestionata, dove l'espressione è meno problematica, meno "costruita" o "voluta"; il terzo movimento, infi­ ne, stempera il tutto in un organismo di cartesiano ri gore, in cui i diversi elementi strutturali e l'artico lazione complessiva dimostrano una consapevolezza supe riore, che è, innanzittutto, consapevolezza di un me­ stiere secondo noi più disinvolto e meno tormentato,r! spetto ai due movimenti precedenti. , ;1 Questo "neoclassico" rigore emerge 1) dalla"micro ­ struttura", 2) dalla "macrostruttura". Molti elementi microstrutturali riportano, infatti, ad atteggiamenti francamente accademici: l'esordio dei violini e delle viole, a miss. 1 e 2, che per la loro incisività ricor dano la testa di un soggetto di fuga poi liberamente 412 ripreso lungo il corso del movimento (miss. 10,25, 83, 130 etc.) i la generale struttura ritmica, che, in con­ fronto ai due movimenti di prima e soprattutto. a quello iniziale, denota una essenzialità e quasi una rudezza di contorni che sembra riesumare i modi di (Primo) Concerto e dei lavori giovanili; la scontata i mitatività di alcuni passi, come agli ottoni di miss. 47 ..• 52 o ai legni di miss. 95 .•• 100; la scoperta ins! stenza, che qui può ricondursi agevolmente a Debussy (a differenza, forse, dei due movimenti le scale ~nali, precedent~,sul come nel passaggio degli ottoni cui si è ora accennato (che si serve unicamente di scale esatonali) o nei parallelismi di seconde maggiori agli archi di miss. 75 .•• 78 e, più avanti, a miss. 84 e 85, 86, 88, 95~ •• 99, 101 e 102, 122, 144, 157 (clarinetti), 1 58 e 159, 1 66 etc. La "macrostruttura Il, d' al tra canto, può essere defini ta da rapporti di tensione altrettanto chiari. CosI, è 413 evidente l'omogeneità delle misure 1 ••• 22, sottolinea­ ta dal ricorrere di tre sole figure ritmiche - la semi breve, la minima e la semiminima - e da un tarchiato procedere in "fortissimo", con prevalenza di grandi i!! tervalli e dei timbri degli archi e dei legni.Una sorta di coda o di logico corollario si possono consi­ derare le seguenti miss. 23 ••• 31, mentre a miss. 32 e 33 il discorso precipita in un ""pianissimo" improv­ viso, in cui sopravvivono il primo, il secondo e il terzo corno con un lungo enigmatico tricordo. Le miss. 35 .•. 46 sono come il ponte in crescendo di tensione, che conduce a un nuovo qhiaro episodio,i~ trodotto con un "fortissimo" del terzo trombo!1.e e pro­ seguito dagli altri tromboni e dalle trombe in imita ­ zione canonica. A mis. 53, poi, compare una ritmica piU mossa e cangiante, con i timbri indissolubilmente asso ciati, fino a mis. 73, dello xilofono, della xilomarim ba e delle percussioni, unica zona del concerto)insie­ 414 me a quella conclusiva di miss. 202 ..• 225,in cuilepeE, cussioni assumono un ruolo primario. Contrastante, a mise 75, l'ingresso delle seconde parallele degli ar ­ chi con fraseggio '. . legato. ' A mis. 89, nuova stasi depressiva e graduale trans! zione - con impiego, fra l'altro, di triadi armoniche politona'lmente sovrapposte nelle parti di oboi, fagotti e trombe - alle imitazioni scorrevoli dei legni (miss. 95 e segg.), che sfociano in un passo ipnotico ·:degli archi in "piano, sottovoce, senza vibrare" (miss. 111 e segg.). Le semicrome in "ppp" dei violoncelli con sordina e il-Ia-basso tenuto del quarto trombone con sordina me~ tallica, a miss. 126 - 127, aprono una nuova prospetti va di soluzioni concertanti, in cui vengono recuperati frammenti intervallici del primo tempo e, con riferi mento libero ma inequivocabile, l'''incipit'' del movi ­ mento (miss. 113 ••• ) i l'orchestra si' inspessisce nuova 415 mente in un vivace battibecco di sezioni strumentali, secondo un criterio abbastanza schematico che vede al­ ternarsi rapidamente clarinetti, trombe, oboi, violini e viole, fagotti, ottavino + clarinetto piccolo + xil~ fono + xilomarimba e tamburo, tromboni e contrabbassi, timpani, legni acuti, archi, legni acuti, trombe e cOE no inglese (vedi le misure comprese fra 137 e 153). La tensione è massima riel "fff, furioso" di miss. 154 •••• 159. Poi, improvviso "pianissimo" fl:ei"clusters" ribattu­ ti degli archi, con i fluttuanti arpeggi (miss. 159 160) e le agili scalette diatoniche, (mis. 162) di e ott~ vino e flauti, mentre le trombe a quattro con sordina disegnano un ampio "cantus firmus" - ampio grazie al fatto che gli esecutori, essendo appositamente in quat tro ad eseguire la medesima parte, possono respirare a turno, senza che per questo resti interrotto il suono­ I che da mise 159 si estende a mise 168, declinando, in­ 416 fine, alle miss. 169 ..• 171, con staccati per grado con giunto, dove le quattro trombe sbocciano inaspettata ­ mente in una diaspora di strette polifonie per moto re! to discendente. Crediamo sia il momento più suggestivo di tutto il concerto. La parte delle trombe, soprattut to, il cui interesse può a tutta prima sfuggire, ci sembra, anche presa in se stessa, un capolavoro di fi­ nezza e di essenzialità, quasi l'estremo lucido ±ra~ do delle fissità estatiche del "Lentissimo" di Quarto concerto. -----1~---, flr ·"'u, I 417 Il "presto" che, da mise 173, porta a conclusione il movimento (e il concerto) esordisce ancora una volta per dialettico contrasto, rispetto all'atteggiamento sta.tico precedente. Il vertice della tensione è raggiU!!. alle miss. 202 ••• 207, quando i due timpani letteralmeg te esplodono in una tempesta di suoni, la cui ritmica, dominante riporta sorprendentemente al celeberrimo ini­ zio della Quinta sinfonia di Beethoven. La citazione , che per di più è utilizzata con insistenza da queste misure alla fine del concerto, è ovviamente intenziona le e si giustifica con il particolare stato psicologi­ co in cui Petrassi scrisse il lavoro. " ••. c'era que­ sto fondo che mi portava ••• a non voler accettare quel verdetto che poteva essere e poteva non essere (il verdetto medico riguardante la precarietà della sua vista) , e la citazione di Beethoven mi è venuta ché avevo adoperato un ritmo simile. Questo ritmo ha portato al ritmo beethoveniano e l'ho citato, per­ mi l'ho 418 citato proprio per onestà. Poi il pezzo finisce con un colpo molto violento e io dico cos'è quel colpo: è un si o un no, ossia una decisione assoluta" (229) Se nel termine "avanguardia" è necessariamente im­ plicito un significato polemico, il Petrassi di ottavo concerto è l'''anti-avanguardia'' per eccellenza. Chè anzi egli non fu polemico nemmeno nel "problematico" Settimo concerto, essendo il suo un cammino graduale e senza clamori: "natura non facit saltus", Petrassi se,!!! bra direi mentre, se di polemica si deve proprio parl~ re, questa va piuttosto riferita, par,adossalmente, ai lavori giovanili degli anni '30, che rifiutavano deli­ beratamente la struttura formale e il "pathos" romant!, ci o certi strumenti come l'arpa e le percussioni. Ora,il polemico e geograficamente circoscritto "a­ vanguardismo" dei primi anni è stato, in fondo, perse­ guito da Petrassi con una logica del.tutto personale, 419 de.l­ che si è servita, volta a volta e parzialmente, l'attualità del momento, senza conformismi di comodo o temuti confronti, e lasciando soprattutto in disparte ogni aperto polemismo e ogni amore forsennato. Anche il "salto" di Récréation concertante si è visto essere, in realtà, il frutto di un'esigenza profondamente int~ riore, collocandosi in una prospettiva di coerenti e progressive mutazioni (il termine "mutazione", si ri:­ corderà, è perfettamente petrassiano (cfr. cap. 2). Guido Turchi, riferendosi agli otto Concerti, sise~ ve di un parallelo che non sarà certo spiaciuto a .Pe­ trassi, parlando di "metamorfosi ••• che potrebbero trovare una qualche analogia, sia pure su più vasta sca la, nel celebre albero dipinto da Mondrian in cinque o sei versioni - dal disegno naturalistico al suo pro gressivo dissolvimento quasi astratto in linee e mac­ chie di colore - oppure nell'altrettanto celebre toro di Picasso negli undici passaggi litografici che ne 420 scompongono i tratti fino all'astrazione" (230). In o­ gni concerto di Petrassi, infatti, sono come potenziaI mente contenuti i concerti futuri, mentre si rivela la contemporanea presenza, ideale eia materiale, dei con­ certi precedenti. La cifra stilistica di Petrassi è con tinuarnente mobile e inafferrabile, "eclettica", si do­ vrebbe definire con termine tecnico, presupponendo una natura umana e artistica sempre in preda a un'inquieta ricerca, non dimentica di quello che è stata e presag~ si direbbe, di quello che diverrà. Ottavo concerto riflette l'esperienza più recente di questa inquieta ricerca, la punta che ora affiora dell'immane "iceberg", nitida e memore più che mai del le esperienze passate. In esso, è convogliata la sof ­ ferta maturaziQne di almeno quarant'anni di lavoro. Se si aggiunge l'intensa emotività. che lo sorregge dall'i nizio alla fine, senza più insistere sulla problemati­ ca sperimentalità di Settimo concerto, è chiaro che il 421 lavoro appare informato a una prepotente forza interi2 re, in cui rivivono, meglio che in ogni altro concerto di Petrassi, le indagini musicali precedenti, private di qualunque sospetto di sperimentazione. Questo pu~ far sì che Petrassi sembri ritrattare i raggiungimenti, degli anni '60, quelli che lo avvicina vano di più alle nuove avanguardie. Ma è un impressio­ ne errata. Petrassi, come sempre., ha proseguito con se­ rio impegno umano e artistico la propria ricerca crea­ tiva, e l'ha proseguita senza estremismi, tentando, in vece, una panoramica composita del proprio operato di prima. Che questo coincida, o non coincida, con i pro­ grammi delle avanguardie dell'epoca non ha importanza; resta, ed è evidente, una profonda informazione e lé'.ca­ pacità di trascegliere le possibilità a lui congenialL Altro punto. La consapevole chiarezza e gli mezzi tecnici con cui ci~ stessi avviene possono richiamare a certi atteggiamenti "neoclassici", o· piuttosto "neoclas r. 422 sicisti" (un critico berlinese ha addirittura definito Ottavo concerto "esemplare lavoro neoclassicista"(231)). Specie nell'ultimo tempo, in effetti, la sobria e tenta spaziatura delle parti, la chiara at­ articolazione delle tensioni, la configurazione quasi accademica di molti disegni ritmico-intervallari e la "occietà" di alcuni passi imitativi sembrano darne conferma. Ma,anzié::hè soffermarci sulla gratuità o meno un'etichetta che non crediamo poi così riduttiva, di è, invece un dato immediato l'equilibrata e quasi alchimi stica fusione di elementi vari, appartenenti a una dia temporalità tanto estesa."Non è vietato - sostiene Mas simo Mila (232) - scorgere nei capolavori dell'ultimo stile di Petrassi qualcosa come lo specchio delle real tà del mondo e dell'uomo quali le indaga la scienza mo derna: la cosmica danza delle particelle che costitui­ scono la materia e le oscure insondabili pulsioni del­ l'inconscio". Questa "cosmica danza di particelle" è segno di una forte capacità analitiça e, insieme, sin­ . 423 teticai ma l'analisi e la pintesi compiute alla lucedi una intuizione personalmente sofferta, cui sono parte­ cipi in modo solo apparentemente inconscio le esperie~ ze culturali e umane dell'autore nel tempo presente e in quello passato, sono attuali per ciò stesso e sfug­ gana insofferenti a qualunque costrizione di tipo avan guardistico e non . 424 12. Osservazioni conclusive sugli otto Concerti Può suscitare meraviglia, di primo acchito, che uno studio espressamente rivolto ai Concerti per orchestra abbia preso le mosse dal fatto che Petrassi sia un au­ tore "espressivo", se non "autobiografico", il cui lin guaggio è traduzione di una spiritualità interiore emo tivamente sofferta. Infatti: 1) Petrassi non fu certo un epigono romantico, ed anzi si schierò fin dai primi momenti con le posizioni antiromatiche del neoclassi~ cismo hindemithiano e stravinskiano, filtrato attraver so la lezione fredo Casella; di 2) "rappel a l'ordre" (223) i Concerti per orchestra si sono notoriamente accolti cammino verso l'astrattismo termine, quale "astrattismo di Al­ di Petras come il progressivo - nel senso lato figurativo", ossia del lI a­ strattismo del significante rispetto al significato", 425 "astrattismo dei (o dai) contenuti" etc. -, senza contare che, accanto ai lavori cameristici, è il settore della produzione di Petrassi che meno sembra evocare e lementi estranei al puro far musica o, addirittura, a una concezione della musica come artigianato ed esper­ to mestiere (cfr. cap. 3). Si deve allora precisare che 1) per Petrassi la po­ lemica antiromantica non va al di là dell'insofferen­ za per un decadente sentimentalismo, in cui si stabili sca l'irrimediabile frattura tra mente e cuore, mentre il credo nel valore espressivo, di linguaggio signifi­ cante e di comunicazione, della musica e, in genere, dell'arte resta incrollabile. Di conseguenza, 2) -non crediamo si debba troppo accentuare la direzione verso l'astrattismo comunemente attribuita agli otto Concer­ ti - e, forse, riferibile assai più verosimilmente al­ le composizioni da camera -, chè anzi proprio l'ultimo di essi reca l'impronta di una dura esperienza, non so 426 lo artistica, ma umana. Se è vero che "la musica deve parlare per se stes ­ sali (234), è anche vera che Petrassi si preoccupa di informarci dei contenuti perfettamente quotidiani che sono adombrati in quelle forme così nitidamente compo­ ste (stante, ovviamente, che "l'opera d'arte non è un mito, è qualche cosa che parte dal nostro spirito; il nostro spirito sì appartiene anche alla vita quotidia­ na, ma è qualcosa che è interiore a noi, non è esterna mente a noi; il nostro spirito non ha niente a che ve­ dere con la lattina della coca-colali (235». A noi sembra che due soli Concerti, il Primo e il Settimo - composti, non certo casualmente, proprio in corrispondenza a due eventi di vita molto importanti e rasserena~{t per Petrassi, la conclusione degli studi e il matrimonio con la pittrice Rosetta Acerbi e la con­ seguente nascita della figlia Alessandra' -, manifesti­ no il puro e compiaciuto desiderio di far musica, che 427 è, in fondo, espressione di gioia o, comunque, di irre frenata vitalità. Con il Secondo concerto, sebbene forse il più "ne.2, classico" per molti aspetti (orchestrazione, macro e micro-struttura, ritmica, dinamica etc.), c'è la chia­ ra intenzione di alitare come un prepotente soffio di vita in strutture formali di per se stesse rigide e già un po' sclerotiche; la generale essenzialità di o­ gni elemento, primo fra tutti l'elemento timbrico, e le determinanti esperienze passate del "cr iticissimo" Coro di morti, dei due balletti, della tragedia Morte dell'aria e, da ultimo, della cantata Noche oscura do­ vevano lasciare un segno, quasi intangibile ma presen­ te, nella leggiadra grazia di questo concerto. Récréation concertante (Terzo concerto) è, invece, l'improvvisa apertura verso nuovi orizzonti internazi2 nali, la sintesi di neoclassicismo e strutturalismo (quest 'ultimo ancora in embrione), in. .funzi'one . di un 428 linguagg~o che esprime un'ans~a non solo tramite determinate irrequieta di evasione, acquisizion~ anche una colorita varietà di stat~ tecniche, ma d'animo che anti­ cipa l'''avanguardismo'' degli anni '60. Quarto, Qu~nto di analisi tivi ed e Sesto concerto non hanno bisogno approfond~te espress~vi. per scoprirne i contenuti emo­ Il Quinto, ~n particolare, propone sintomaticamente citazioni autobiografiche, collocand2 si, secondo no~, al vertice della ricerca espressiva strumentale di Petrassi; esso è come l'esito finale, volto nei termini di una tragica ed esasperata espres­ sione, del "neofrescobaldismo" di (Primo) Concerto,del "neoclassicismo" di Secondo concerto, dello "struttura lismo intervallico" di Terzo concerto e del "bartoki ­ smo - espressionismo" del Quarto - semplici etichette, d t accordo, ma che risporrlono a terminologie e a schemi di prammatica, normalmente significanti -. Dell'Ottavo ·concerto e dei suoi sotterranei riferimenti si è già 429 detto. Confermati dalle nostre analisi crediarro anche l'operosi tà e la naturale propensione e apertura verso nuove istanze che ab­ biamo riferite a Petrassi nel cap~tolo iniziale. L'ope rosità emerge dal fatto che non un solo anno della sua vita, a partire almeno dal '26 in dall'att~vità po~, non fu segnato creativa. Per quel che riguarda i certi per orchestra, si è visto-come essi Con­ ~accino lo intero arco produttivo; e, se intercorrono diciassette anni fra i primi due, o sei fra il Sesto e il Settimo e cinque fra il Settimo e l'Ottavo, questi furono occu pati dal progredire di altri lavori di impegno, che ab biamo preso in considerazione, anche se meno approfon­ ditamente, per cercare di comprendere il cammino che separa i lavori oggetto specifico della nostra analisi. L'operosità è, comunque, evidente anche riferendosi ai soli otto Concerti e alla continuità di intenti che ne regola le progressive mutazioni. 430 L'apertura verso nuove istanze si impone, invece,ri velando man mano l'incredibile "eclettismo" che presi!:, de all'attività artistica., e non solo artistica per quel che sappiamo, di Petrassi. Il quale è davvero !/'un "saccheggiatore", un saccheggiatore intelligente che rifiuta ogni forma di dogmatismo o di pedante morali ­ smo, e sa trascegliere lucidamente di fronte alle pos­ sibilità che gli si presentano e delle quali è instan­ cabile ricercatore. Ma è un saccheggiatore della civil tà - occidentale soprattutto, che è quella che sente più vicina al proprio spirito, rifiutando egli ogni artefatta commistione -, mentre raccoglie e compone secondo le proprie personali esigenze (che rimangono, a­ deguate a se stesso, le esigenze di chi si serve di un linguaggio e crede in quel linguaggio, esigenze cioè di comunicazione e di espressione) i diversi pez­ zi, o relitti, o cocci, di linguaggi preesistenti e at tuali. Con "artistico capriccio", rifiutando i due e­ 431 stremi del ghiribizzo fine a se stesso e della costru­ zione cervellot~ca. C'è, al riguardo, una testimonianza esemplare di Bruno Maderna (236), che risale al lontano 1946 ed è riportata su un programma di sala del Festival di Musi ca Contemporanea della Biennale di Venezia (quella ~ sa in cui è stato presentato,di recente, il Poema per archi e trombe), assolutamente sottoscrivibile da Pe­ trassi: Il • • • oggi ognuno custodisce gelosamente la propria sensibilità coccolata al riparo degli influssi. Non si sa più amare profondamente l'opera d'arte com ­ piuta, non si è più capaci di vedere,dietro di essa l'uomo che l'ha creata e da lui imparare ••• Il saggio Montaigne, invece, confessava di sentirsi II s imile alle api che pur saccheggiando i fiori qua e là, danno poi un miele che appartiene soltanto a loroll. Certo non si puO parlare di un ritorno "ab imis"come di un ri­ medio all'eccessivo particolarismo della posizione in­ 432 dividua1ista di moda tra la maggior parte di musicisti e musicologi contemporanei, ma non v'è dubbio che un ben grave ostacolo sarà rimosso quando ci porremo di fronte 10 alla musica con la stessa modestia e con stesso desiderio di essere semplici, comuni, possibil­ mente anonimi che faceva nascere "tropi" e "antifone" proprio da quei monaci che tenevano in assoluto dispr~ gio la fama e che quella musica scrivevano ad esclusi­ va e maggior gloria di Dio". In questa ottica, è da intendersi qualunque rappor­ to di 'Petrassi con la "mutazione" dentemente ine1iminabi1e, data la (cfr. cap. 2), evi ­ ~ua continua e aggio!:. nata informazione verso i fatti d'arte. Sicchè l'anali si di ciascun concerto ha determinato implicitamente l'analisi dei reciproci fattori di scambio. (Primo) Concerto, debitamente iscritto nella produ­ zione petrassiana degli anni '30, riflette la conge ­ rie spirituale dell'Italia interbel1ica (dominata da­ 433 gli arcaici recuperi nazionalisti della "generazione dell'Ottanta" e scarsamente aperta alle istanze d'ol ­ tralpe), accennando, per~, all'alternativa di accogli~ re con buona disposizione il colto cosmopolitismo di Casella; Secondo concerto denota un'informazione più ampia e serena, oltre che una ormai matura e controlla ta capacità espressiva, manifestando gli estremi ri­ svolti di un neoclassicismo di. tipo hindemithiano, già in parte presente in (Primo) Concerto, ma qui sgravato delle più vistose ascendenze italiane e, soprattutto, dalla sanguigna esultanza degli anni giovanili; Terzo e Quarto concerto affrontano di petto le problematiche sollevate dalla Scuola di Vienna, proponendo, il primo, la simbiosi con il neoclassicismo hindemithiano lavori precedenti e, il secondo, con il bartokismo dei in voga nell'Italia di allora; Quinto concerto traduce in termini tragicamente espressivi e autobiografici le conquiste tecniche di prima, facendo capo a un'indivi­ 434 dualit~ umana e artistica molto pronunciata, che tende a liquidare gli influssi esterni più evidenti; da s~o:~Ottavo Se­ concerto, invece, si nota una varia inci­ denza dei rivoluzionari proclami di Darmstadt e del "dopo-Darmastadt" nella valorizzazione dei singoli quat tra parametri sonori, e, in particolare, di quelli tim brico e dinamico, fino alla completa neutralizzazione dei tradizionali c.oncetti di "formali e di "nesso tema­ tico". Ciò significa, negli ultimi tre Concerti, tazione l'acce~­ del "trattamento materico" dell'Qrchestra, del timbro quale principale veicolo dell'analisi tensiva , della matrice dodecafonica liberamente estesa a tutti i parametri, di una aleatorietà, o "pseudo-aleatorietà'~ "in nuce", dei nuovi effetti strumentali, come i soffi d'aria senza suono o le statiche fasce sonore degli aE chi in armonici, dell'uso intensivo delle percussioni e di una ritmica sempre più elaborata, di difficile de codificazione, dell'acrobatico virtuosismo strumentale e dell'''arabesco emancipato" (237) .••••• I 435 Significa, inoltre, il rifiuto del mezzo elettro nico e di una concezione scientifico-tecnologica della arte, della subordinazione del compositore all'inter ­ prete, della casualità intesa come il principio gener~ tore di una composizione, del "pastiche" che rievoca e collega tra loro citazioni letterali di autori classi­ ci, magari sovrapposte (cer.to, comunque, mescolate) ad atteggiamenti solo e tipicamente avanguardistici - ca­ so interessantissimo, e definito dall'autore stesso co me "la musica forse più sperimentale che (egli) abbia mai scritto" (238), la Sin~onia per otto voci e orche­ stra del '68 di Luciano Berio -, rifiuto di una vocali tà che stravolge l'uso tradizionale della voce, rifiu­ to di effetti strumentali come i suoni multipli, o "suoni sporchi" (239), e i suoni oltre il ponticello, di una musica statica e visionaria, dell'assimilazione dell'arte con la speculazione metafisica (cfr. Aldo Clementi), dell'impegno politico-partitico in arte, a 436 favore, invece,di un più completo e onnicomprensivo im pegno morale e umano ••• E, infine, signif ica il contributo per personale. una concezione della musica instancabilmente dinamica e stimolatrice di un vivo interesse emotivo e intellet tuale, per un "ecl.ettismo" che non conosce traguardi e presuppone un'estesa informazione culturale e musical~ per la compresenza organica dei più svariati elementi della civiltà musicale occidentale, attraverso una 10­ ro assimilazione più ampia possibile, riversata poi. nella pagina musicale secondo un nuovo esito espressi­ vo, per una rivalutazione critica della "tradizicme at­ tiva" (249), contro ogni forma di dogmatismo rivoluzi2 nario, per una vitale volontà di rinnoVamento., senza soste o pigre sclerosi, per una perfetta conoscenza de! le possibilità di tutti i mezzi tecnici di cui ha to e può servirsi fino ad oggi il compositore e, pot~ in particolare, dei mezzi strumentali e delle diverse so­ 437 luzioni linguistiche, per una concezione, infine, umil mente artigianale del far musica ••. Ma sarebbe riduttivo parlare soltanto di reciproci scambi con la "mutazione", per cogliere alla radice il messaggio di Petrassi, poic~ i suoi oltre cinquant'an ni di attività compositiva rappresentano un diagramma di sviluppi personali, che non sempre e in tutto sono raffrontabili con i paralleli sviluppi delle avanguar­ .. die. Egli - scriveva nel '63 Mario Bortolotto (241) (ormai possiamo preveder lo) non accetterà mai di mar­ tellare le superstiti metope, per farne terriccio, peE ché tutto sparisca. In fondo, egli è partito da una civiltà che poteva, nonostante tutto, definirsi ancora umanistica". E questa civiltà umanistica Petrassi non l'ha mai rinnegata, come non ha mai rinnegato l'ottimi smo nei confronti di un cammino artistico che tiene in grande considerazione le esperienze passate e, anzi, è su di esse indissolubilmente fondato. La riprova sta 438 nell'ultimo degli otto Concerti, una "summa" ponderosa e complessamente articolata di tutta la civiltà di cui è tributore e, in parte, anche fautore Petrassi. Ci sono due etichette di tipo ideale-categoriale che possono chiarire questo generale atteggiamento: "baroE, chismo" e "neoclassicismo". Entrambe sono confermate dalla testimonianza di Petrassi. Il quale diceva (242), nel '68, che "si, è vero, mi sto allontanando da quel I "barocco" primitivo (Cioè quello dei primi lavori) .•• Ma il "barocco" in cui credo - quello che ho chiamato una categoria dello spirito, e che è un termine del tutto inedito, mi sembra - è un'ansia di sempre nuove esperienze. In ques~o senso posso accettarlo anche per le mie composizioni più recenti. Del resto ... rà si sa­ notato come io, generalmente, non ripeto cose già fatte, e specialmente quelle che sono riuscite; perché il "possedere" una cosa mi spinge subito al desiderio di provare l'esperienza di nuove cose". E cosi, come 439 abbiamo g;ià riportato (243), "la mia filiazione neoclas sica ha lasciato tracce, non nella frigidità nè tanto meno nei "ritorni", ma nella purezza sonora". Difficilmente si sentirà altro compositore vicino alle attuali correnti dell'avanguardia impiegare i due termini di "barocchismo" e di "neoclassicismo" che se, ancora adesso, una certa ~ia an­ di etichettare secondo terminologie che fino a qualche tempo fa erano cadute nel più ~ssoluto e polemico disuso, come quella di "neoromanticismo", sembra incontrare il favore di alcuni musicisti e musicologi -. Questo vuoI dire, a nostro avviso, che il Petrassi di oggi è il Petrassi di sempre, con qualche anno e qualche esperienza piÙi in che, cioè, non si danno altri punti di partenza, nella sua produzione, che quelli corrispondenti al "barocco romano, cattolico e controriformistà" e al neoclassicismo hindemithiano e stravinskiano, mediato da Casella, dei lavori degli anni '30. Da essi e da 440 queste pos~zion~ ideali-estetiche deriva tutta la pro duzione seguente di Petrassi, senza che i diversi mut~ menti ne annullino i valori di base. Petrassi crede tuttora nell'inquieta ricerca dei primi anni, in quel "barocchismo·· il cui senso, libera to da ogni contingenza, permane immutato come un'esi ­ genza irrinunciabile dell'animo umano. Allo stesso mo­ do, la tendenza neoclassica ha agito su di lui come il tramite per cui anche le emozioni più violente si tra­ ducono in forme musicali responsabilmente ordinate, ducate", civili. Il mestiere e l'eleganza con cui "~ Pe­ trassi esprime i propri sentimenti -,sconforto, rabbia, gioia ed esultanza, tragici presentimenti .•• - "non sa ranno mai lodati a sufficienza" (244). Il "filo" degli otto Concerti puO, in conclusione, essere stabilito non solo dalla loro obiettiva colloca zione cronologica, ma da alcune significative costanti, cioè dai seguenti schemi di lettura:' espressività e 441 autobiografismo, "barocchismo Il categoriale (cuI tura sE!!! pre viva e attenta ai valori della civiltà, soprattut­ to quella occidentale), "neoclassicismo" categorialeie - per l'aspetto più propriamente tecnico - concezione essenzialmente artigianale della musica (sicura cono ­ scenza e pratica dei diversi artifici del mestiere,dei singoli strumenti e della loro concertazione, dei vari stilemi compositivi, delle. possibili soluzioni esteti­ che), progressiva equiparazione dei quattro parametri del suono, parallela personalizzazione "eclettica" del la cifra linguistica in genere. Attraverso questi sch~ mi, è possibile seguire, passo a passo, le mutazioni avvenute lungo sessant'anni e più di attività creativa e spiegare l'intramontabile presenza e giovanilità di un autore che appartiene davvero al suo tempo- o ai suoi tempi -, essendo additato a maestro da ormai tre generazioni. Ritorna la distinzione tra "moda'" e "attualità" (cfr. 442 cap. 2): Petrassi ha saputo adeguarsi ai tempi, senza mai lasciarsene irretire rinnegando se stesso; al con­ trario, è rimasto vivo e vitale, sempre pronto a mette re in discussione il già discusso, risoluto a non in­ vecchiare. Ancora oggi, nell'ottantesimo dalla nascita, egli si dimostra un vivace e lucido conversatore, per­ fettamente informato di quanto lo circonda, proteso a un inarrestabile rinnovamento, sereno nella responsab! lità delle proprie scelte. "Il giusto agire si rivela specialmente da ciò, che anche il passato in esso si completa armoniosamente": alla citazione di Ernst JUn­ ger Petrassi mi sorride ••. ,forse perchè corrisponde e­ sattamente al modo in cui egli pensa e agisce. 443 I NOTE ! (l) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore. (2) Luca Lombardi, Conversazioni con Petrassi, Suvini Zer­ boni, Milano,1980,. pago 139. (3) Idem, pago 115. (4) Idem, pago 135. (5) Fatti principali della vita di Goffredo Petrassi, in "Qu~ derni della Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 145. (6) Goffredo Petrassi, Lettera a Guido M. Gatti, in "Quade.E. ni della Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 7. (7) Idem. (8) Lele D'Amico, G.P., Documento, Roma, 1942, pago 53. (9) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore. (IO) G. P., Taccuino di musica, Urbinati, Roma, 1944, pag.10. (11) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G. P., in "Nuova Rivi sta Musicale Italiana", II (1968) , n. 3, pago 486. (12) Vedi (6). (13) Luigi Ronga, L'esperienza storica' della musica, Laterza, Bari, 1960, pago 11. (14) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pagg. 6-7. (15) Domenico Guaccero, P.: l'empirismo illuminato nella di­ dattica contemporanea, in "Quaderni della Rassegna mu­ sicale", 1964, n. 1, pago 86. (6) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pagg. 8-9-13. 444 (17) Idem, pago 9. (18) Idem, pago 86. (19) Idem, pago 84. (20) Cesare Vivaldi, P. e le arti figurative, in "Quaderni della Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 95. (21) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 90. 11 ì , (22) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G. P., in "Nuova Rivi sta Musicale Italiana", Il (968), n. 3, pago 484. (23) Idem. (24) Idem. (25) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore. (26) Idem. (27) Cfr. Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerbo ; 1 ì l i I ni, Milano, 1980, pago 3. (28) Claudio Annibaldi, Alfredo Casella a G. P. Ventitrè let­ tere inedite, in "Nuova Rivista Musicale Italiana", VI 1 (1972), n. 4, pagg. 553 ... 571. (29) Cfr. Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerbo ni, Milano, 1980, pago 2. (30) Massimo Mila, Breve storia della musica, Einaudi, Tori no, 1963, pago 419. (31) Gianandrea Gavazzeni, La musica e il teatro, Nistri­ Lischi, Pisa, 1954, pago 242. (32) Guido Pannain, 11 Concerto inaugurale" in "La Stampa", Torino, 3 aprile 1933. (33) Luigi Rognoni, P. Concerto - Partitura, in "Musica d'oa gi", Milano, agosto 1936. 445 (34) G.C.P., 11 primo concerto sinfonico, in "L'Ambrosiano", Milano, 3 maggio 1939. (35) G.S., l concerti sinfonici al Conservatorio, in "11 Popo­ lo d'Italia", Milano, 14 dicembre 1935. (36) Bruno Barilli, 11 primo concerto alla Mostra musicale al­ l'Augusteo, in "11 Tevere", Roma, 3 aprile 1933. (37) Massimo Mila, Ultime tendenze della musica italiana. Un giovane: G. P., in "Domus", febbraio 1934. (38) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 99. (39) Idem. (40) Idem. (41) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 97. (42) Pierre Boulez, Note di apprendistato, Einaudi, Torino, 1968, pago 197. (43) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 16. (44) Gianandrea Gavazzeni, Un I amicizia di trent' anni, in "Quaderni della Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 105. (45) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore. (46) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 140. (47) Marvin Allen Wolfthal, Elliot Carter (le opere dal 1946 al 1971), in "Musica/Realtà", IV (1983), n. 11, pago 108. 446 ~ j (48) l Leonardo Pinzauti, A colloquio con G. P., in "Nuova Ra~ segna Musicale Italiana", 11 (968), n. 3, pago 491. l \ (49) Elliott Carter, The New Ancients and the Old Moderns, conferenza alla Biennale di Venezia, 8 ottobre 1981. (50) Pierre Boulez, Note di apprendistato, Einaudi, Torino, 1968, pago 198. (50 Massimo Mila, Ultime tendenze della musica italiana. Un giovane: G. P., in "Domus", febbraio 1934. (52) Mario Bortolotto, Intervista con G. P., in "Lo spettatore musicale", Bologna, febbraio 1966, pago 8. (53) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 23. (54) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G.P., in "Nuova Ra~ segna Musicale Italiana", 11 (968), n. 3, pago 487. (55) Intervista del 24 settembre '83 a cura dell' autore. (56) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G.P., in "Nuova Ri­ vista Musicale Italiana", II (1968), n. 3, pago 483. (57) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­ la Rassegna musicale", 1964, n., l. (58) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G. P., in "Nuova Ri­ vista Musicale Italiana", 11 (968), n. 3, pago 486. (59) Massimo Mila, Il difficile capolavoro di P., in "La Stampa", Torino, 24 ottobre 1982. (60) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica come linguaggio, in "Nuova Rivista Musicale Italiana", I (967), n. l, pago 10lo (61) Idem, pago 102. l ) 447 i (62) Lorenzo Maggini, G.P. da "Estri" a "Ottavo concerto", in "Nuova Rassegna Musicale Italiana", IX (975), n. 1, pago 64. (63) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pagg. 135-136. (64) Idem, pagg. 136-140-141. (65) Idem, pagg. 93-103. (66) Henry Prunières, Le XIe Festival de la Société Interna­ tionale de Musique Contemporaine à Amsterdam, in "La Revue Musicale", Paris, luglio-agosto 1933. (67) Lele D'Amico, La Mostra del Sindacato Musicisti a Roma, in "L'Italia Letteraria", 16 aprile 1933. (68) Alfredo Casella, Al Festival di Amsterdam, in "L Italia I Letteraria", 2 luglio 1933. (69) Vedi (SU. (70) Vedi (33). (71) Vedi (68). (72) Analisi condotta sulla partitura edita da Ricordi, Mila­ no, P.R. 613. (73) Alberto Basso, L'età di Bach e di Haendel, in "Storia della musica", E.D.T., Torino, 1976, voI. V, pago 33. (74) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica come linguaggio, in "Nuova Rivista Musicale Italiana", 1. 0967} , n. 1, pago 103. (75) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G. P. , Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 98. (77) Guido Turchi, note di copertina al disco Italia 70009. 448 (78) L. C., I primi concerti a Roma della Rassegna Nazionale Sindacale, in "Il Resto del Carlino", Bologna, 2 aprile 1935. (79) Vedi (50. (80) Gianandrea Gavazzeni, Cronache Musicali, in "Letteratu­ ra", Firenze, ottobre 1937, pago 179. (81) Lele D'Amico, G.P., Documento, Roma, 1942, pago 29. (82) Vedi (31). (83) Cfr. Lele D'Amico, G.P., Documento, Roma, 1942, pagg. 73 ••• 78. (84) Vedi (51). (85) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­ la Rassegna musicale", 1964, n. l, pago 33. (86) Massimo Mila, in "L'Unità", 26 settembre 1951. (87) John C.G. Waterhouse, P.G., in "New Grove's Dictionary of Music and Musicians", Lond,on. (88) Cfr. Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerbo ni, Milano, 1980, pago 86. (89) Idem, pago 98. (90) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­ ni, Milano, S.5780 Z. (91) Mario Bortolotto, Intervista a G. P., in "Lo Spettatore musicale", febbraio 1966, pago 9. (92) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore. (93) B. B., in "Il Giornale d'Italia", 2 aprile 1935; (94) Dino Villatico, note di copertina al disco Italia 70005. (95) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­ la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 50. 449 (96) Vedi (52). (97) Vedi (75), (98) Roman Vlad, Strawinsky, Einaudi, Torino, 1973, pago 231. (99) Mario Bortologgo, Il cammino di G.P., in "Quaderni de.!. la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pagg. 43 ... 45. (100) Guido Turchi, note di copertina al disco CBS 561371. (101) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica come linguaggio, in "Nuova Rivista Musicale Italiana", I (196 7 ), n • 1 , P a g • 107. (102) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­ la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 53. (103) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 16. (04) Vedi (101). (105) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­ ni, Milano, S. 4964 Z. (106) Vedi (87). (107) Vedi (94). (08) Vedi (100). (109) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 140. j (110) i (111) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­ Vedi (100). la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 45. (112) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica come linguaggio significante, in "Nuova Rivista Musica­ le Italiana", 10967>, n. 1, pago 106. 450 (113) Vedi (94). (114) Vedi (87). (115) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pagg. 141-142. ( 116) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­ la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 54. (117) Vedi (87), (118) Vedi (112). (119) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano. 1980, pagg. 144-145. (120) Vedi (100). (121) Giovanni Carli Ballola. Beethoven, Accademia. Milano, 1977, pago 27l. ( 122) Massimo Mila, Breve storia della musica, Einaudi, Tori­ no, 1963. pago 407. (123) Mario Bortolotto, Clementi, Aldo, in "Enciclopedia della musica", Rizzoli-Ricordi, Milano. (124) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell'autore. (125) Boris Porena, I Concerti di Petrassi e la crisi della musica come linguaggio significante, in "Nuova Rivista Musicale Italiana", I (1967), n. 1, pago 110. (126) Vedi (87). (127) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­ ni, Milano, S. 5223 Z. (128) Boris Porena. I Concerti di Petrassi eIa crisi della musica come linguaggio significante, in "Nuova Rivista Musicale Italiana". I (1967), n. -1, pago l1l. (129) Roman Vlad, G.P.10rchesterkonzerte, in "Melos", XXVI (1959), pago 175. , 1 451 (130) Idem. (131) Mario Bortolotto, 11 cammino di G. P., in "Quaderni del­ la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pagg. 55-56. (132) Boris Porena, I Concerti di Petrassi e la crisi della musica come linguaggio significante, in "Nuova Rivista Musicale Italiana", I (1967), n. 1, pago 112. (133) Harold Rogers, Salute to Rome' at Symphony, in "The Christian Science Monitor", Boston, 3 dicembre 1955. 1i (134) Cfr. Tucker Keiser, in "Boston Post", Boston, 3 dicem ­ bre 1955: Cyrus Durgin, in "Boston Daily Globe", Boston, 3 dicembre 1955; Harold C. Schonberg, in "New York Times", New York, 11 dicembre 1955. (135) Massimo Mila, Civiltà strumentale di P. , in "L' Espres ­ so", Roma, 17 febbraio 1957. (136) Massimo Mila, 11 linguaggio di P., in !IL 'E spresso", Ro­ ma, 9 ottobre 1960. (137) Vedi (135). (138) Mario Bortolotto, 11 cammino di G.P., in "Quaderni del­ la Rassegna musicale", 1964, n . .1, pago 29. (139) Idem, pago 52. (140) Vedi (2). (141) Roman Vlad, G. P .s.Orchesterkonzerte, in "Melos", XXVI (1959), pago 176. (142) Vedi (5U. (143) Vedi (136). ( 144) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica come linguaggio significante, in. "Nuova Rivista Musica­ le Italiana", l (967), n. 1, pago 113. 4 "ì·. !, 452 (145) Vedi (38). (146) Elliott Carter, Music and the Time Screen. ristampato in The Writings of Elliott Carter, Indiana Uni versity Press, 1977, pagg. 343 .•• 365. (147) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 141. (148) Idem. (49) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­ ni, Milano, S. 5254 Z. (150) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P. , in "Quaderni della Rassegna musicale", 1964, n. l, pago 45. (151) Boris Porena, I Concerti diP. e la crisi della musica come linguaggio significante, in "Nuova Rivista Musica­ le Italiana", I (967), n. l, pago 114. (52) Dino Villatico, note di copertina al disco Italia 70076. (53) Idem. (54) Vedi (52). (155) Mario Bortolotto, Il cammino di G.P., in "Quaderni del­ la Rassegna musicale", 1964, n. l, pago 58. (56) Idem, pag. 57. 057> Vedi (52). (158) Massimo Mila, Un gran violinista e un bel programma, in "La Stampa", 15 aprile 1972. (59) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 7. (160) Cfr. Idem. (161) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­ ni, Milano, S. 5402 Z. 453 (62) Vedi (46). (163) Vedi (152). (64) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell'autore. (65) Vedi (52). (66) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago Il. (67) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­ la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pagg. 63-64. (68) Idem, pago 60. (169) Vedi (158) • (170) Vedi (129). (171 ) Vedi 031>. (72) Vedi (67). (73) Mario Bortolotto, Intervista a G.P., in "Lo Spettatore mUsicale", febbraio 1966, pago lO. (174) Vedi (87). (175) Vedi (58). (176) Vedi (60). (177) Mario Bortolotto, I l commino di G~ P. " in "Quaderni del la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 69. (178) Franco Donatoni, note di copertina al disco Italia 70027. (179) Vedi (91). (80) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 137. (81) Franco Pulcini, note al programma di sala del concerto svoltosi all' Auditorium di Torino; stagione concertistica '79-'80, il 7 dicembre 1979. , r , 454 (182) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 142. (183) Idem, pago 139. (184) Vedi (78). (185) "Attualità" in opposizione a "moda", secondo la distin zione che P. stesso fece nella intervista del 24 settem ­ bre '83, a cura dell' autore. Cfr. cap. 2. (86) Vedi (91). (87) G.P., Propos d'Alain per baritono e dodici esecutori, Suvini Zerboni, Milano, S. 5791 Z., pago 6. ( 188) Marvin Allen Wolfthal, Elliott Carter (le opere dal 1946 al. 1971), in "Musica/Realtà", IV (1983), n. 11, pago 113. (89) Vedi (146). (190) Intervista del 21 febbraio '84, a cura dell'autore. (191) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica come linguaggio significante, in "Nuova Rivista Musica­ le Italiana", I (967), n. 1, paga 117. (192) Vedi (180). (93) Vedi (94). (194) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­ ni, Milano, S. 5938 Z. (95) Vedi (180). (196) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 136. (97) Vedi (173). (198) Mario Baroni, P. G., in "EnciclOpedia della Musica", Rizzoli-Ricordi, Milano. • 455 (199) Idem, come le seguenti citazioni. (200) Vedi (146). (201) Mario Messinis, Musica '83. Punto e contrappunti su Varèse, opuscolo esplicativo del Festival omonimo, Roma, 20 settembre - 4 ottobre 1983, pago 13. (202) 'Vedi (87), (203) Lorenzo Maggini, G.P. da "Estri" a "Ottavo concerto", in "Nuova Rassegna Musicale Italiana", IX (1975), n. 1, pago 80. (204) G.P., Beatitudines (Testimonianza per Martin Luther King) per basso o baritono e cinque strumenti, Suvini Zerboni, Milano, S. 6879 Z., pago 5. (205) Vedi (17). (206) Vedi (178). (207) Cfr. Arnold Schonberg, Manuale di armonia, Il Saggiat.s: re, Milano, 1980, pago 1. (208) Cfr. Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerbo ni, Milano, 1980, pago 14. (209) Cfr. Leonardo Pinzauti, A colloquio con G.P., in "Nuova Rivista Musicale Italiana", Il (1968), n. 3, pago 488. (210) Vedi (88), (211) Mario Bortolotto, Ottetto degli addii, in "Lo Spettatore musicale", VI (1971), n. 2, pago 6. (212) Vedi (4). (213) Vedi (178). (214) Vedi (4). (215) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore. (216) VÈ!di (52). 456 (217) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 39. (218) Idem. (219) Vedi (17). (220) Vedi (77). (221) Massimo Mila, Gioiello dell'orafo P. per un omaggio a Strawinsky, in "La Stampa", Torino,27 agosto 1982. (222) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 141. (223) Vedi (59). (224) Vedi (135). (225) Lorenzo Maggini, G.P. da "Estri" a "Ottavo concerto", in "Nuova Rivista Musicale Italiana", IX (1975), n. 1, pagg. 84-85. (226) Luca Lombardi, Conversazioni con P •• Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 170. (227) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerboni, Milano, S. 7520 Z. (228) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 134. (229) Vedi (3). (230) Vedi (77). (231) K. Geitel, in "Wie Welt", Berlino, 7 maggio 1973. (232) Vedi (59). (233) Vedi (38), (234) Vedi (1%). (235) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore. 457 (236) Cfr. Enzo Restagno, l classici di .... , opuscolo esplic~ tivo dei concerti di musica contemporanea per la sta­ gione '83-'84 dell' Unione Musicale di Torino. (237) Vedi (11~). (238) Luciano Berio, note al programma di sala del concerto svoltosi all' Auditorium di Torino, stagione concertistica '83-'84, il 30 marzo 1984. (239) Vedi (7), (240) Vedi (91). (241) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­ la Rassegna Musicale", 1964, n. 1, pago 78. (242) Vedi (11). (243) Vedi (52). (244) Vedi (31). (245) Cfr. Mario Bortolotto, Il cammino di G.P., in "Quaderni della Rassegna musicale", 1964, n. 1, pagg. 78-79. 458 BIBLIOGRAFIA Segnaliamo alcuni degli scritti più importanti su Gof ­ fredo Petrassi, rimandando, per un elenco esauriente, al testo di Claudio Annibaldi e Marialisa Monna, Biblio­ grafia e catalogo delle opere di G.P., edito da Suvini Zerboni, Milano, 1980. Monografie - Lele D'amico, G.P., Documento, Roma, 1942. - John S. Weissmann, G.P., Suvini Zerboni, Milano 1957. - Giuliano Zosi, Ricerca e sintesi nell'opera di G.P., Storia e Letteratura, Roma, 1978. Saggi Gianandrea Gavazzeni, Due balletti di P., in "La musi ca e il teatro", Nistri-Lischi, Pisa, 1954, pagg. 241­ 257. - Gianandrea Gavazzeni, I valori di P. e Le musiche gio­ vanili di P., in "Trent'anni di musica", Ricordi, Mi­ lano, 1958, pagg. 169-186. - Roman Vlad, Goffredo Petrassis Orchesterkonzerte, in "Melos", XXVI (1959), pagg. 342 ... 346. - Massimo Mila, Civiltà strumentale di P. e Una telefo­ nata in musica, in "Cronache Musicali 1955-59", Eina!:! di, Torino, 1959, pagg. 224 ... 227 e 347 ... 349. 459 - Fedele D'Amico, P. e il biografo imprudente e Ballet­ ti di Milloss, in "I casi della musica", Il Saggiato­ re, Milano, 1962, pagg. 110 •.. 113 e 156 ... 159. - Mario Bortolotto, Il cammino di G.P./Domenico Guacce­ ro, P.: l'empirismo illuminato nella didattica contem­ poranea/Cesare Vivaldi, P. e le arti figurative/Cesa­ re Brandi, Piccolo ricordo del "Coro di mortill/Gianan­ drea Gavazzeni, Un'amicizia di trent'anni/Claudio An­ nibaldi, Trent'anni di critica petrassiana/ in IIQua ­ derni della Rassegna musicale", 1964, n. 1. - Boris Porena, I Concerti di Petrassi e la crisi della musica come linguaggio significante, in "Nuova Rivi ­ sta Musicale Italiana", I (1967), n. 1, pagg. 101 ... 119. - Massimo Mila, Presenza di G.P. nella musica contempo­ ranea, saggio per il programma di sala del concerto svoltosi a Fiuggi il 17 luglio 1969. Gioacchino Lanza Tomasi, Genetliaco di G.P., in "Lo Spettatore musicale", Bologna, luglio-agosto 1969, p agg. 11 ••• 13. - Claudio Annibaldi, Alfredo Casella e G.P.: ventitré lettere inedite, in Nuova Rivista Musicale Italiana ll , VI (1972), n. 4, pagg. 553 ••. 571. - Lorenzo Maggini, G.P. da "Estri" a "ottavo concerto", in "Nuova Rivista Musicale Italiana ll , IX (1975), n. 1 pagg. 64 .•• 96. - Massimo Bogianckino, Profilo di G.P., Pubblicazione dell'Associazione Musicus Concentus, Firenze, settem­ bre 1977. -- 460 Fiamma Nicolodi, G.P. frammenti di annotazioni e ri ­ cordi, in "Antologia Viesseux", Firenze, luglio-dice,!!! bre 1977 (fascicoli 47-48), pagg. 2 ... 8. Interviste - Mario Bortolotto, Intervista con G.P., in "Lo Spetta­ tore musicale", Bologna, febbraio 1966, pagg. 8 .•. 10. - Leonardo Pinzauti, A colloquio con G.P., in "Nuova Ri vista Musicale Italiana", II (1968), n. 3, pagg. 482 ..• 493. - Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980. Tesi di Laurea - DIga Stone, The Style of G.P. as Seen in His Writing for Keyboard, Boston University, 1967. - John C.G. Waterhouse, The Emergence of Modern Italian Music to 1940, Oxford University, 1969. - Lorenzo Maggini, L'opera di G.P.; Università di Firen ze, 1972-1973. 461 INDICE l. L'uomo e l'artista pago 1 2. "Rapporti di dare e di avere" . 22 3. Introduzione agli otto Concerti " 52 4. (Primo) C,oncerto II' 68 5. Secondo Concerto " 101 6. Récréation concertante (Terzo c.oncerto) " 132 7. Quarto concerto " 185 8. Quinto concerto " 226 9. Invenzione concertata (Sesto concerto) " 268 lO. Settimo Concerto " 309 Il. Ottavo Concerto " 363 12. Osservazioni conclusive s ugli otto Concerti " 424 NOTE " 443 BIBLIOGRAFIA " 458