tesi di laurea sui concerti per orchestra di - Rive

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA TESI
DI
LAUREA
I CONCERTI PER ORCHESTRA DI GOFFREDO PETRASSI
RELATORE: Prof. Giorgio PESTELLI CANDIDATO:
Riccardo Piacentini
Anno Accademico 1983/1984
1
1. L'uomo e l'artista
Goffredo Petrassi è convinto che esista una stretta
rispondenza fra l'uomo e l'artista. L'attività creati­
va, infatti, è per lui riflesso e prolungamento di una
natura umana sensibile agli avvenimenti quotidiani !'Non
credo - sosteneva in un'intervista
(1)
-
che un compo­
sitore possa scrivere in un modo del tutto avulso dal­
la sua umanità. Quando parlo di "carattere organico limi
riferisco
proprio a questo ••• La stessa musica
Stravinskij, che vuoI essere inespressiva, se-noi
esaminia~o
al di fuori, a freddo, che cosa ne
di
la
viene
fuori? Ne viene fuori la figura di un uomo, di una per
sona che ha certi caratteri. che corrispondono a quello
che era Stravinskij .•. Chiunque volesse, ascoltando la
musicà dì un compositore, potrebbe poi tracciare
g.rafico della persona di questo compositore
e,
un
chi ·10
sa, potrebbe forse corrispondere a quella che è la fi­
2
gura autentica. Naturalmente è un assurdo, perchA
un
grafico non si dovrebbe limitare soltanto al viso, op­
pure a un disegno di qualche cosa di visibile, ma
pen~
trare nell'interiorità, il che non è possibile".
Tanto più riferendosi a se stesso, Petrassi ama sot
tolineare il
carat~ere
personale ed emotivo della pro­
pria musica, anzi addirittura autobiografico.
"Quando
diressi il QUinto concerto al--Festival di Edimbt'trgo
egli ricorda (2) - su un giornale qualunque il
gior­
no dopo si parlava di un concerto autobiografico,
e
questo"mi impressionò abbastanza, perchè ad ore~chie non
prevenute, o meg lio ignare,· di tutti i miei :precedenti,
o parzialmentp. ignare dei precedenti della mia musica,
questo concerto risultO come qualcosa di cosl espressi
vo, di così. intenso, che ci videro addirittura un
mento autobiografico dell'autore, e in realtà,
posso dirlo, in ogni concerto e, credo, forse in
opera, c'è l'autobiografia dell'autore".
mo­
adesso
ogni
3
Affermazioni più esplicite non si possono dare.D'al
tra parte, per capacitarsi di esse, basterebbe
sfo­
gliare le partiture di Petrassi, confrontandole con
i
relativi periodi storici, di vita pubblica e, per quel
che sappiamo,
SUa
privata. Le prime opere di successo,
quelle che dalla Partita del 132 coprono tutto
l'arco
degli anni trenta, sono legate a un preci.so momento
s~
rico, a un preciso frangente di studi (Petrassi termi­
na,infatti, il corso di composizione nel 132), a
un
preciso rapporto di amicizia (si veda il carteggio con
Alfredo Casella). Così, il Coro di morti (140- 141)
fu
determinato "da una forte em.ozione e da una forte
rea
zione, quella della entrata in guerra dell ' Italia , nel
1940" (3), e il finale del Sesto concerto per orchestra
('56- 1 57) fu scritto sotto la suggestione dei
d'Ungheria dell'ottobre-novembre '56. perfino un
plice
~olpo
accordale può possedere1Pnsignificato
fatti
sem­
che
va oltre le note, come accade, nell ' Ottavo concerto per
4
orchestra (170 ••• '72), la cuì conclusione estrema è,se
condo le parole di Petrassi (4),
lI
un 51 o un noli,
la
ribellione a una tormentosa situazione di salute che
l'avrebbe potuto portare alla cecità.
1904.. :17 Nasce da pmi1e famiglia a Zagarolo, nei pressi
di
Palestrina (Roma), il 16 luglio 1904. Trasferitisi nel 1911
a
Roma, i genitori 10 iscrivono alla Scho1a Cantorum di S. Sa1vat~
re in Lauro, dove apprende i rudime~ti della musica e
pratica,
come fanciullo cantore, la po1ifonia del Quattro - Cinquecento •
Dirà di lui i l compagno Enniu Francia (5): "Petrassi sui tredici
anni si era fatto più serio, più diligente, più studioso.
Era
divenut~ il primo della classe, leggeva meglio di tutti, in man­
canza del maestro era lui. a battere il tempo, e quando
nessuno
.10 vedeva cominciava a mettere in piedi sul pentagramma., le une
accanto alle altre, minime e crome. Per questo 10 canionavamo,10
1917.•. '2.5 Alla Scho1a Petrassi rima
chiamavamo "la vecchia"".
ne sei anni, fino a quando, cioè,con la muta della voce, divien;
commesso nel prestigi080 negozio musicale Grandi (poi
F. LP.,
Fabbrica Italiana Pianoforti), dove può sfogliare ogni sorta di
spartiti e di partiture e conoscere di persona alcuni musicisti
romani, clienti del negozio. Tra questi, Alessandro Bustini
si
offre di impartirgli lezioni di. pianoforte. Petrassi segue appas
sionatamente le lezioni e intensifica quello che chiamerà
1110
studio clandestino" (6), analizzando partiture e frequentando i
concerti dell'Augusteo e dell'Opera. "Annaspavo in tutte le dire
zioni - leggiamo in una lettera a Guido Maria Gatti (7) -,
non
facilitato di certo dalla grama esistenza che ero costretto
a
condurre ••. Ero un giovane sprovveduto di tutto, ma non di pass~
ne. musicale, alla ricerca di qualche punto di riferimento
che
5
mi aiutasse a scoprire me stesso".
1925••• '32. Nel '25, inizia
10 studio regolare dell'armonia con Vincenzo Di Donato e,
nel
·28, si iscrive al Conservatorio di Santa Cecilia, venendo amme,!
so al settimo anno di composizione (scuola di Alessandro Bustini)
e al corso di organo tenuto da Fernando Germani. Gli anni
tra
il '26 e il '32 vedono nascere le prime composizioni, rimaste per
lo più inedite: la Partita e l'Egloga per pianoforte; la lirica
Salvezza, su testo di Guido Gozzano, per canto e pianoforte; le
Due liriche su temi della campagna romana per violino e piano ­
forte; La worte del cardellino e Per organo di Barberia, su te­
sti rispettivamente di' Guido Gozzano e di Sergio Corazzini, per
canto e pianoforte; la Sonata in tre brevi movimenti continui
per violoncello e pianoforte; i Canti della campagna romana per
canto e pianoforte, racco~ti e armonizzati in collaborazione con
Giorgio Nataletti; il Preludio e fuga per orchestra d'archi, pri
mo lavoro orchestrale ('29); le liriche Pioggia di peschi, su t~
sto di Mario Saint-Cyr, e Cam2ane, su testo di Valfrido Breccia,
per canto e pianoforte; le Tre 1iriehe antiche italiane per':caù-:
to e pianoforte; la Sinfonia, siciliana e fusa per quartetto di
archi; il Divertimento in do maggiore per orchestra; l~·Sicilia­
na e marcetta per pianoforte a quattro mani; la Sarabanda
per
flauto e pianoforte; la Ouverture da concerto e la Passacas1ia
per orchestra; i Tre cori le due liriche Colori del tempo per can­
to e pianoforte, premiate nel '32 al secondo concorso cameristi­
co dell'Accademia Filarmonica Roma~a.
1932••• ·37 Il '32 è u~ anno cruciale. Petrassi si
diploma
in composizione e scrive quella Partita per orchestJ;"a che, vinci
trice di due concorsi e successivamente premiata dal Ministero
dell 'Educazione Nazionale e dall' Accademia Italiana, lo segnala
all' attenzione pubblica rivelandoai il punto di a.vvio dei futuri
successi. L'anno seguente, infatti, essa viene diJ;"etta da Alfre­
do Casella (con il quale Petrassi stringe un'affettuosa amicizi~,
da Bernardino Molinari e da Ernest Ansermet, rispettivamente· ad
Amsterdam, Parigi e Ginevra. Diplomatosi anche in organo, Petras
6
si può ora dedicarsi interamente alla compos1z10ne e all'insegn~
mento presso l'Accademia di Santa Cecilia, dove nel '34 è nomin~
to docente della cattedra dì composizione. Del '33 sono l'Intro­
duzione e Allegro, nelle due versioni per violino e pianoforte e
per violino e undici strumenti, l,a Toccata per pianoforte,
il
!reludio, Aria e Finale per violoncello e pianoforte e il Concer­
to per orchestra, primo di una serie di otto Concerti, completa­
to l'anno successivo. Al '34 appartengono, invece, alcuni brani
per canto e pianoforte (Vodalizzo per addormentare una bambina ,
Benedizione e O sonni, sonni) e l'inizio del primo lavoro sinfo­
nico - corale, il Salmo IX, cui Petrassi lavora fino al '36. Ne­
gli anni '35 - '36, frequenta il corso di direzione d'orchestra
tenuto da Bernardino M~linari all'Accademia di Santa Cecilia; le
esecuzioni di suoi brani si. moltiplicano per tutta EltrOpa (egli
stesso è chiamato a dirigere a Praga l'Introduzione e Allegro
per violino e undici strumenti); viene nominato consulente musi­
cale all'Ispettorato del Teatro, ségretario al Centro Lirico Ita
1iano, accademico di Santa Cecilia; compone, oltre al Salmo IX,
il breve Lamento di Arianna, su testo di Libero De Libero,
per
canto e pianoforte.
1937 ..:39 Fra i l '37 e i l '39, accetta la carica di so~rintende!!. te al Teatro Ls. Fenice di Venezia. In questo periodo, trova tem­ po ed energie per comporre soltanto il Concerto per pianoforte e orchestra, del quale, osserva Lele D'Am1.cO (8):. IIPetrassi ha for se scritto il commento più 8agac~ •.. dimettendosi dalla
carica che gl'impediva i l lavoro di compositore". 1939... '51 Lasciata la Fenice nel '39, diviene ius.egnante
al Conservatorio romano e può dedicarsi nuovamente alla composizio­ ne. Sono gli anni del Magnificat per soprano leggero, coro misto e orche~tra ('39 - '40); delCoro di Morti ('40 - '41:), "madrig~ le dralJltllatico" su testo di Lèopardi, per voci maschili, tre pia­ noforti, ottoni, contrabbassi
percussione; delle Due liriche di Saffo per canto e pianoforte e della Piccola Invenzione
per pianoforte ('41); dei Quattro Inni Sacri per voce maschile e or­
e
7
gano,:poi anche trascritti per voce e orchestra, e del Diverti ­
mento scarlatti.ano per pianoforte ('42); del ballo in tre quadri
con recitativi per baritono La Follia di Orlando, su testi di Lu
dovicoAriosto, primo lavoro per il teatro in musica ('42 - '43).
Nel '43, è membro della Commissione direttiva per la riorganizz~
zione della didattica musicale italiana e della Commissione
di
vigilanza dell'E.I.A.R.; nel '44, cofondatore della rivista "Mu­
sica Viva"; nel '47, Direttore artistico dell'Accademia Filarmo­
nica di Roma. Scrive, in questo perìodo, le Invenzioni per pian~
forte, le !re liriche e il Miracolo per baritono e pianoforte,
l' Invenzione per due flauti, la Fanfara.per tre .trombe, le Musi ­
che di scena per "Gli Uccelli" di Aristofane per coro e dodici
strumenti e, lavori di maggior mole e impegno, il balletto
su
libretto di AureI M. Millos Ritratto di Don Chisciotte ('45)
e
l'opera in un atto tratta da Cervantes Il Cordovano, prima delle
due opere teatrali composte finora da Petrassi ('44 .•• '48).Negli
anni seguenti '48 ••.• '50, è la volta delle musiche inedite
per
i filma La Creazione del mondo, Lezione di geometria, Riso amaro
e Non c'è pace fra gli ulivi, accanto alle quali spiccano lavori
cameristici, come la Sonata da camera per clavioeftbalo. e dieci
strumenti, il Dialogo angelico per due flauti e il Patite piece
per pianoforte, nonchè la sfortunata tragedia (leggi: opera tra­
gica, la seconda delle due opere), su testo di loti Scialoja,Mor­
te dell'aria e la cantata per coro miat~ e orchestra, sul po~
omoni!!lo di San Juan de la Cruz, Noche Oscura, in prima esecuzio­
ne rispettivamente all'Eliseo di Roma e al Festival Internaziona
le di Strasburgo.
195L.• '64 Con i l 1951 -. anno in cui Petrassi scrive, dopo
un
intervallo di diciauette anni dal Primo, il Secondo Concerto ­
ha inizio una serie di viaggi di lavoro, a Salisb\.1.rgo (corso e­
stivo di composizione al Mozarteum, nel '51), a Londra (dirige
sue opere alla BBC, nel '52)"io America Lati~a (in veste di di­
rettore, compositore e conferenziere, nel '53), in Stati Uniti
(osp{te dtonore a Boston p~r la cerimonia del "Saluto a Roma" e
per la prima di ~into concerto, nel '55 e, ancora, nel '56, per
8
tenere un corso di compOS1Z10ne a Tanglewood), in Giappone (qua­
le direttore e compositore, nel '59), in Bulgaria (nel '62), in
Germania (nel '62) e, successivamente, nel '64 e '65, per dirig~
re i l Magnificat e i l Quinto concerto con i Berliner Philarmoni­
ker). Parallelamente, Petrassi scrive su commissione molta musi­
ca e viene insignito di nuove cariche ed onorificenze
come la
presidenza, prima nazionale e poi internazionale, del SIMC, fra
il '53 e il '56, la nomina a socio della Akademie der Kunste di
Berlino Ovest e della Académie Royale de Belgique, nonchè quella
a docente del corso di perfezionamento in composizione presso la
Accademia di Santa Cecilia (lasciando, perciò, nel '59, la catt~
dra di composizione che da ormai vent'anni deteneva al Conserva­
torio di Roma). Nel '62, si sposa con la pittrice Rosetta Acerbi,
coronando, anche sentimentalmente, una lunga passione per la pi!
tura e per il collezionismo. Nel '63, nasce Alessandra. Sei sono
i Concerti per orchestra che Petrassi scrive tra il '51 e il '64,
numerati da due a sette, spina dorsale della produzione di quel
periodo. Accanto, Cinque duetti per due violoncelli; cinque Non­
sense per coro a cappella (del '52, ai quali se ne aggiungerà un
sesto nel '64); un Glori. in excelsis Deo per soprano, ~lauto
e
organo; le musiche inedite per i films Pattuglia sperduta
e
Cartouche; le Musiche di scena per ,"Prometeo" di Esehilo e
per
Lorenzaccio di De Musset; il Saluto aug~rale per orchestra,
il
Quartetto.per archi e la Serenata per flauto,. viola, contrabbas­
so, clavicembalo e percussione. entrambi del '58; il Trio
per
archi.del '59; i Suoni notturni per chitarra; il Concerto
per
flauto e orchestra e i Proposd'Alain per baritono e dodici ese­
cutori del '60; le Musiche per il film IICronaca familiare" e la
Seconda Serenata - Trio per arpa, ehitarra e mandolinQ del '62;
la Musica di ottoni del '63; le Musiche per il fil~ documentario
"La porta di S. Pietro di Manzi)" e Tre per sette, "tre esecuto'
ri per sette strumenti" a fiato. del 164.
1964 .•. 'IO
Ormai al culmine della celebrità, Petrassi si de­
dica alla composizione, all'attività didattica e a presenziare
9
ai sempre più frequenti concerti con sue musiche. E' investi to,,'
dì continue Qnoreficenze: nel '75, è nominato sccio della Akade­
della
mie der KUnste di Berlino Est; nel '77, è nominato socio
Ame_iQan Academy and lstitute of Arts and Lettera di New York
e della Academia Nacional de Be11as Artes di Buenos Aires;
nel
'78, della American Academy of Arta and Sciences di Boston e del
la Bayerische Akademie di MUnchen; nel '79, della Accademia
di
Musica Liszt Ferenc di Budapest e, nell'80, della Acadcmia
dà·;
Bellas Artes de San Fernando. Quanto all'insegnamento, all'Acca­
demia di Santa Cecilia-rimane fino al '74, nel '66 - '67 insegna
ai corsi di perfezionamento dell'Accademia Chigiana di Siena, tut
tora impa~J:isc~ qualche lezione privata.
Meno numerose, rispetto agli anni precedenti, le composizioni si
tuate fra i l '65 e 1"80, causa anch.e il sopraggiunto indebolì ­
mento della vista. Sono i Mottetti per la Passione per coro mi­
sto e cappella, le Musiehe per il film "La Bibbia" di John Huston,
Estri per quindici esecutori, Beatitudines per basso o baritono
e cinque strumenti, Ottetto di ottoni, Souff1é per flauti e
un
unico esecutore, Elogio per un'ombra per violino, Nunc per chi ­
tarra, !!! per flauto, ottavino (un esecutore) e c1avicemba10,Ot­
tavo concerto per orchestra (del '70 •.. ' 72, attualmentè l'u1timci),
Orationes Christi per coro misto, ottoni, viole e viloncel1i,
Quattro odi per quartetto,d'archi, Fanfare per tre trombe,
Oh
1es beaux jours! per pianoforte, Alias ,per chitarra e clavicem- .
balo, Grand septuor per clarinetto concertante, Violaso1a
per
viola, Flou per arpa, Romanzetta per flauto e pianoforte e Poema
per archi e trombe.
Il corso degli eventi lungo cui si è svolta, e tut­
tora si svolge, l'attività di Petrassici aiuta a compre!!.
derne la dimensione umana e, insieme, artisti,ca. La sua
10
incessante presenza nel quadro della vita musicale con
­
,
temporanea, dal '32 ad oggi, non è forse spiegabile
senza tener conto del "carattere organico" (9) di
natura umano-artistica sempre
ape~ta
una
a nuove istanze.
Natura innanzittùtto operosa, come la sua stessa
O~~
rigine lascia supporre e come risulta dalla instancabi
le abitudine al lavoro. "Dalla scoperta e pubblicazio­
ne dei quaderni di appunti di" Beethoven - scriveva Pe­
trassi nel '44
(10)
-,
la piU parte degli ingenui cre-"
de che il musicista sia sempre in preda all'ispirazio­
ne, e che per non perdere una sola br.ici61à.'1 di tanta
provvidenza abbj.a sempre pronto nelle tasche il quader
no su cui notare quei temi portentosi elargitigli dall'alto. L'artista sa che tutto questo non è vero:
che l'ispirazione
pu~
dischiudersi per lui solo a
sa
pre~
zo di:grande fatica, solo dopo un estenuante lavoro di
sollecitazione attiva e disperata, rifuggendo essa
concedersi ai perdigiorno e ai dilettanti".
di
11
Natura pronta, inoltre, a cogliere i messaggi della
più incalzante attualità e ad appropriarsene critica ­
mente in quanto :f;unzionali al proprio mondo. La speri­
mentazione in se stessa, non interessa a Petrassi,
nè
come uomo nè come artista, anche se la sua produzione
non si
cristallizz~
mai in una cifra stilistica immu­
tabile, ma asseconda il divenire di uno spirito natu ­
ralmente irrequieto e ansioso 'di nuove conquiste.
"Il
barocco in cui credo, - egli disse una volta (11) -
è
un'ansia di sempre nuove esperienze •.• Mi turbano sol­
tanto le grandi riuscite delle opere d'arte. Gli
rimenti non mi turbano
mai"~
E spiega anche il
esp~
motivo
di questa sua posizione, proponendo un singolare acco­
stamento di fisico e di spirituale, che non
puòchaco~
validare la tesi px:epostaal nostro capitolo: nUna del
le ragioni della mia curiosità è la fame, la fame
nei
due sensi, in quello fisico e in quello spirituale;peE
chè in gioventù non ho avuto abbastanza da
mangiare
12
(sempre nei due sensi) e questo ha sviluppato in me un
appetito che non si placa mai, forse perchè suscitato
ancora dal timore - come nei complessi infantili - che
mi venga a mancare qualche cosa. Come succede alle peE
sone che da povere diventano ricche: un ricco che
stato povero non sarà mai un ricco autentico, come
è
un
ricco di tradizione".
Per cui si vedrà come Petrassi, oltre a contare una
chiara preparazione accademica, abbia sempre coltivato
"lo studio clandestino" (12), quello che non
scuole
0
conosce
accademie. e che ognuno deve crescere" dentro di
sè, per conto proprio, sfogliàndo libri e
partiture,
frequentando le sale da concerto, dimostrando continuo
interesse per i fatti d'arte, riservandosi, infine, di
apporre il proprio suggello critico: nella fattispecie,
f?Brà
il rifiuto· "del mondo dell' elettronica, la
parziale
accettazione del metodo seriale, la garbata polemica
verso la "musica statica" di Aldo Clementi, la
totale
13
negazione dei suoni multipli e delle tendenze orienta­
lizzanti, e via dicendo.
In un simile contesto, il profondo senso di libera­
lità che da sempre caratterizza Petrassi assume propoE
zioni più significati.ve. Ossia: le scelte che egli
ra nell'attuale panorama musicale sottendono una
op~
gran~
de disponibilità verso quelle da lui non condivise.
trassi non può che sorridere di fronte alla
p~
triste~oon
statazione che "i teorici delle diverse età sono
sem­
pre accomunati dalla persuasi.one che la musica del 10­
ro tempo rappresenti il periodo aureo, il culmine del­
la fioritura artistica" (13): egli non è un teorico nè
intende esserlo, e non è neppure un compositore
che:cr~
de di possedere la panacea della musica odierna; sapeE
fettamente che ogni cosa vivente, e l'arte è vivente,
muta in continuazione,. non conosce soste o periodi au­
rei, non è sclerotica, non è dogmatica, ma è continua­
eJpaziente ricerca.
14
Questa concezione risulta non solo da ogni intervi­
sta, poichè Petrassi ama insistervi partico1armente,ma
anche dall'attività didattica, il cui sviluppo è intut
to parallelo a quella di compositore. Oltre
qua~ant'a~
ni di insegnamento, si è visto, di cui venti al Conser
vatorio di Roma (dal '39 al '59) e diciassette all'Ac­
cademia di Santa Cecilia (nel '34 - '35 e dal '59
al
'74), senza contare i diversi corsi straordinari a Sa­
1isburgo, Tang1ewood e Siena. La testimonianza più pr2
bante è quella dei suoi allievi. Ce 10 descrivono tut­
ti come uomo estremamente corretto, attento a non cal­
pestare le loro specificità umane' e artistiche, a for­
nirli dei mezzi tecnici necessari perchè sappiano
scernere "soprattutto ciò che
di­
non si deve fare •••• La
formazione técnièa in che cosa consiste? Prima di tut­
to nell'avere coscienza della storia della propria ar­
te, e in secondo luogo nel sunteggiare dalla storia del
l'àrte il comportamento dei vari artisti, in che
modo
15
hanno lavorato per arrivare dove sono
pare
~he
Mi
~rrivati...
la base tecnica si identifichi con la cono
scenza e l'informazione" (14)
Di fatto, i suoi allievi - che, per limitarci
a
quelli italiani, vanno da Aldo Clementi a Boris Porena,
a Domenico Guaccerd, a Marcello Panni ••• - vivono esp!:.,­
rienze musicali talmente diverse, da confermare
"la conoscenza e l'informazione" petrassiane sono
punto di partenza di mille
possibilit~
che
il
artistiche, ma­
gari non sempre condivise dal maestro, ma comunque
da
lui accettate nel rispetto delle varie esigenze. Lo di
ce chiaramente Domenico Guaccero, in un saggio intito­
lato "Petrassi: l'empirismo illuminato della didattica
contemporanea" (15): "Petrassi ••• non ha mai formulato
un proprio "metodo" trasmissiblle e codiflcabile,
visto subj.to il lato dogmatico della dedecafonia
ha
come
tecnica e non lo ha assolutizzato in sistema e in si ­
stema "didattizzabile" ••• Ancor più -decisamente avver
16
so si è' .mostrato di anno in anno ••• rigua.rdo al ten­
tativo hindemithiano di conciliare antistoricamente lo
antico e il moderno •••• La "lezione" non è tanto e sol
tanto quella in cui il Maestro consiglia su un procedi
mento tecnico o "corregge" un lavoro, ma è quella
Petrassi ascoltato 'al concerto, che si puO seguire
del
o
criticare, che chiama un'adesione o indica addirittura
una strada diversa".
Petrassi stesso, d'altra pa.rte, afferma che
"una
delle (sue) prime frasi ••• agli studenti è di non cre­
dere mai al cento per cento (a ciO che egli dice) ". (16)
E precisa: "Uno dei consigli che
~i
possono dare
al
giovane compositore è ••• quello di "filtrare" il mate­
riale che si ha a disposizione, perchè sarà lui, in ul
tima analisi, a scegliere quello che gli necessità! di
adoperare e ciO che è superfluo per le sue idee, e che
perciO rifiuta". Per parte sua, Petrassi non condivide
il mondo dell'elettronica, non foss'altro perchè
lo
17
sente estraneo a sè, ma questo non significa che
quel
mondo non possa essere condiviso legittimamente da al­
tri, non esclusi i suoi allievi. "I suoal.
multipli •••
non li ho mai adoperati, e probél.bilmente neanche
11.
a­
doperera mai. Ma questo non significa che io non consi
gli a tutti gli studenti di prendere il trattato
Bartolozzi e di studiarselo, perchè rappresenta
di
unap~
spettiva più ampia, e se loro ritengono di dover usare
quei suoni multipli devono essere in grado di
sapere
qual è il risultato, come si formano, e quindi
hanno
bisogno di una guida. Ma a me non interessano". (17)
Occorre, a questo punto, rileyare ancora un aspetto
della personalità di Petrassi: il grande amore per
pittura e il collezionismo. Petrassi acquistò i
la
primi
quadri nel '38, quando era sovrintendente al Teatro La
Fenice di Venezia. La scelta cadeva sintomaticamente su
autori italiani contemporanei, alcuni dei quali ai 10­
ro esordi. E, difatti, la collezione petrassiana è inaU
.....
18
.gurata da una natura morta di Giuseppe Santomaso, al­
lora agli inizi della carriera artistica, cui
opere di Carrà, De
P~sis,
seguono
Morandi, Martini, Manzù,
ni ••• Poi decisivo, nel '51, l'acquisto dì. due
Vi~
qua­
dri di Burri, la cui "influenza mediata" - com'ebbe
dire lo stesso
Petr~ssi
(18) - lo incoraggia a
a
"fare
un salto" e a superare "certe remare morali". Dai gio­
vanili entusiasmi per la pittura espressionistica ita­
liana, Petrassi si interessa, quindi, sempre più
alle
recenti avanguardie, completando la propria collezione
con tele di Afro, Capogrossi, Turcato, Valenti,Dova •••
e con opere di artisti stranieri,come Dubuffet,
Ma­
thieu, Serpan, Twombly, Feito.
Restano, tuttavia, estranee alla
_ collez ione
le
opere del Neocubismo e,in genere,di ogni forma pittori
ca che si basi su schematismi a suo parere troppo rigi
di e costrittivi. "Le sicurezze formali preVf!ntive
spiega Petrassi -
...
sono contro la mia natura.
Per
19 questo la geometrizzazione di certi quadri. idi Villon
a di
certi quadri anche di Severini è una cosa che mi mette
in sospetto" (19). Il vivo interesse che da sempre
gli dimostra per i fatti d'arte, siano essi
e­
relativi
all'arte dei suoni o a quella figurativa, è conferma
di una notevole "capacità soloniana di apprendere,
appassionarsi a tutto, di non limitare la propria
di
cult~
ra e le proprie reazioni artist.iche e intellettuali al
settore in cui si è specializzati •.• Nessuno è
meno
provinciale di quest'uomo di estrazione contadina
e
di formazione e tradizione schiettamente italiane" (20) •.
Questa molteplicità di interessi obbedisce a
una
chiara concezione di autonomia delle arti. Il musici ­
sta; secondo Petrassi, deve essere un assiduo
freque~
tatore non solo delle sale da concerto, ma di qualun ­
que ambiente in cui si pratichi l'arte, anche se
sto non lo deve indurre ad illusorie alchimie, in
que­
cui
una forma d'arte venga asservita a un'altra,compromet­
20
tendone l'indipendenza. "Ho avuto sempre il sospetto ­
asserisce in un'intervista (21) - che l'unione delle
arti ipotizzata per esempio da Wagner fosse
qualcosa
che potesse scivolare nel dilettantesco, perchè imreal
tà che cosa significava? Significava unire delle
arti
e fissarle in un momento di gusto di stile che poi sa­
rebbe stato del tutto travolto dai momenti successivi •
•• Se Wagner avesse potuto realizzare la sua idea con­
temporaneamente con le arti che lui riteneva affini,
conglobandole nel suo dramma, noi avremmo avuto si una
rievocazione di quello che poteva essere il gusto e lo
stile di quel momento, di quell'epoca, però del
tutto
inutilizzabile oggi. Per questo io rispetto l':autono ­
mia delle arti, perchè la musica, in quanto arte auto­
noma, prosegue il suo cammino nel tempo, la.
pittura
lo stesso, e cosi le altre arti ••• La musica di Wagner,
(per parte sua), - precisa ancora petrassi - nonostan­
te le sue teorie, ••• è assolutamente autonoma....
Il
21
mi bemolle dell'Oro del Reno è un fatto puramente musi
cale".
22
2. "Rapporti di dare e di avere
ti •
Il mutevole periodo storico e artistico lungo
cui
si è svolta l'attivitA creativa d.;t l?etrassi ha imposto
agli
artisti scelte quanto mai precise, attente
a una situazione di. continui cambiamenti. "I miei rap­
porti con l'avanguardia - egli afferma (22) -
sono
di dare e di avere: credo forse di aver contribuito
a
dare qualche cosa e di aver ricevuto, qualche cosa".Che
cosa intende Petrassi per avanguardia? E' chiaro,
si
osserv~
se
che il termmne è da lui accostato à espres­
sioni quali "musica come scoperta", "senso di rivolta
contro la situazione stabilizzata", "senso
critico",
"curiositA per la ricerca" ••• (23). Ma, in realtA, egli
non ama questo te.rmine; piuttosto, preferisce sottoli­
neare la continuitA del cammino musicale, senza indul­
gere in terminologie che ritiene sospette. "Dico avan­
guardia, ma direi più. . volentieri giovani". (24)
Per
23
Petrassi, avanguardia non è sinonimo di
evoluzione:qu~
st'ultimo termine, in campo artistico, bisognerebbe
zi eliminarlo; l'avanguardia è un rinnovamento
a~
senza
sosta, è il rincalzo delle nuove forze, è la curiosità
e la ricerca. "lo parlo sempre di mutazione e non
di
evoluzione. Evoluzi'one significa non riconoscere quel­
lo di ieri per riconoscersi in quello di domani. La mu
tazione, inv.ece, è una continuazione" (25). In sostan­
za, egli propone di sostituire il termine Uavanguardia"
con quello di "mutazione".
Un altro punto sembra
interessante~
Se il rapporto
di Petrassi con la mutazione è un costante e vigilerae
porto di dare e di avere, il problema della sua attua­
lità artistica si pone necessariamente in primo
piano;
anche se, naturalmente, non ogni nuovo portato
della
scienza e della tecnologia, dell'arte e della cultura
in genere, dovrà essere condiviso e sentito obbligato­
riamente come proprio. Anzi, quando chiesi a
Petrassi
24· che cosa significasse per lui "essere attuale" e
cosa "essere alla moda", egli rispose (26): IILa
che
moda,
mi pare, è un modo di indulgere a certi atteggiamenti
stravaganti ••• La moda cosa ?ignifica? Andare vestito
o comportarsi secondo l'ultimo dettato di qualcuno.Non
è proprio la mass-media, ma diventa una mass-media,peE
ché
tutti seguono questa moda .•. Ora,da questa biso ­
gna astenersi ••• L'attualità è una cosa un po' diversa.
L'attualità è nel mondo in cui
vivia~o
e (in)
tutte
le proposte che ci vengono dal mondo, ma non in quelle
che ci vengono dalla moda, ma dalla scienza, per esem­
pio. Le proposte della scienza,
c~rto,
sono
proposte
attuali, perchè non era possibile averle fatte
ieri.
Ma di queste proposte, noi quante ne possiamo assume ­
re? •. Di quanta parte noi ci possiamo nutrire e
qua~
to dobbiamo rifiutare?"
• Ci
si chiede,ora, che cosa Petrassi abbia dato e che
cosa ricevuto da tanti mutevoli fenomeni artistici.Per
25
questo, bisogna distinguere due momenti nella sua pro­
duzione, uno antecedente al 1951 e l'altro successivo.
Dapprima, Petrassi si trova ad operare in una situazio
ne storica, quella italiana fra le due grandi guerre ,
in cui la letteratura artistica è irregimentata secon­
do un forte spirito' nazionalistico e le iniziative per
sonali sono "oggettivamente impedite" (27). In
questo
periodo, egli tenta di unire alla rigida formazione del
Conservatorio la conoscenza e lo studio della
musica
d'oltralpe, adoperandosi nella ricerca e nell'analisi
di nuove partiture. Viene agevolato dal lavoro di com­
messo nel negozio musicale Grandi, (dove rimane
all'età di trent'anni), dai rapporti amichevoli e
sino
di
lavoro con un artista cosmopolita come Alfredo Casella
(al riguardo, ricordiamo il carteggio intercorso
fra
i due musicisti, di cui ci dà un saggio ragionato Clau
dio Annibal~~ (28»), dai viaggi all'estero (il primo dei
quali risale al '33, nei Paesi Bassi e in Germania) e,
26
alla base di tutto, da un'insaziabile curiosità per o­
gni evento artistico.
Per l'esattezza, c'è da osservare che l'Italia
fa­
scista, nonostante la censura del regime, non era
del
tutto isolata dall'arte e dalla cultura europee,tant'è
che Petrassi rammenta di aver presenziato, all'Augusteo
di Roma nel '33, a un'esecuzione della suite
dal~~zeCk
e , qualche anno dopo, alla prima veneziana .•. di
Wein
~i
Der
Alban Berg. CosI, di Schonberg - per rimanere
nell'ambito della Scuola di Vienna, a quell'epoca qua­
si
ignota.~nella
sua stessa città (29) - egli conosceva
perfettamente il pierrot Lunalre
~
diverse altre opere.
Nonostante fosse informato di cultura essenzialmente i
taliana, che nella musica di allora si traduceva
nei
nomi di Pizzetti, Respighi, Malipiero e, in parte alme
no, Casella (la "generazione dell'Ottanta" di cui par­
la Massimo Mila nella su a "Breve storia della
ca" (30)), Petrassi provO un immediato interesse
musi­
per
27
quello che poteva considerarsi il "tabù mitteleuropeo"
della Scuola di Vienna.
Interesse, e non attiva partecipazione. Negli
anni
'30 - '40, Petrassi non rinnega, infatti ,nèt,forse in quel:.
la contingenza storica lo avrebbe potuto, la
propria
formazione "italiana". Dai musicisti della "generazio­
ne dell'Ottanta" egli assume due stilemi specifici: il
gusto per l'arcaismo italiano e la tendenza
a una qua­
,
~
lità sonora turgida e magniloquente. Quanto al
gusto
per l'arcaismo itallàno, questo si risolve, nel
primo
Petrassi, nel parziale recupero della melopea gregoria
na e del suo diatonismo, nella
fr~quente
adozione
più elementare contrappunto medievale,procedente
del
per
quarte e quinte parallele,e nel singolare accostamento
a questo dei ricordi
gia.vanili, .
naturalmente
vissuti con altra maturità e preparazione, del fanciul
lo cantore pratico di polifonte vocali del Quattro-Ci!!,
quecento (si vedano, soprattutto, i grandi affreschi
28
sinfonico-corali, cioè il Salmo IX e il Magnificat) •
Mentre il secondo stilema ci riporta chiaramente a
vori come la Partita e il Concerto per orchestra,
la
ca­
ratterizzati da quelle sonorità carnose ed esultanti
su cui molto insistettero Lele D'Amico e
Gianandrea
Gavazzeni, quest'ultimo sortendo la famosa formula del
Petrassi "cattolico romano, controriformista e
baroc:"~
co". (31)
Date le indiscutibili ascendenze italiane,che
otte~
nero a Petrassi anche lusinghieri apprezzamenti da pa!,
te della critica nazionale dell'epoca, resterebbero,
tuttavia,inspiegabili i ben pin numerosi deprezzamenti,
se non si tenesse conto delle molteplici influenze stra
niere. Citiamone alcuni. "Senza dubblo, il Petrassi
un musicista ben preparato; ma non bisogna
è
lasciarsi
attrarre dalla padronanza tecnica ••• Da questa "Parti­
ta" appare che al Petrassi non solo .non è dato di rag­
giungere uno stile, la
~~al
cosa non si puO pretendere
29
da un principiante, ma non si comprende dove egli miri
e quale possa essere la. sostanza spirituale del suo o­
rientamento. Chissà; può darsi che anche questa assen­
za di çentralità creativa, capace di suscitare una fOE·
ma che vive soltanto di uno schema astratto, che
cert~
ni invocano come una salvezza per la nuova musica ita­
liana, e della quale molti si sono beati, ammirando il
lavoro del Petrassi, può darsi che questa ancora
sia
la tal cosa che noi non comprendi.amo e che comunernent.e
si dice neo-classicismo" (32). "Petrassi si sente
mai sicuro delle posizioni raggiunte,è padrone
or­
assol~
to della propria tecnica, per la c:onquista della quale
non si stanca mai, ed a ragione, di rendere omaggio
a
Casella; ma attento però al pericolo, che noi sincera­
mente rileviamo, di cadere nell'accademia della falsa
modernità, attento al facile e dilettevole gusto clas­
sicheggiante" (33). "Goffredo l?etrassi ••• ha
cercato
di rievocare con l'asprezza primitiva dell'espressione
30
l'acceso fervore religioso, il geloso esclusivismo, la
esaltazione che erano alle radici del popolo che rite­
neva se stesso l'eletto del Signore. E siccome tali
~~
timenti non fanno parte dell' equilibrio e della mode­
razione latina, il compositore ha dovuto cercarne l'e­
sempio altrove" (34). "Che questa musica sia piacevole
credo difficile poter affermare. Va, quindi, messa fra
quella "interessante" che, precipitata d'oltre
alpe
nel periodo soprattutto dell'immediato dopoguerra,
si
è adagiata comodamente da noi" (35). E, infine,
la
stroncatura più significativa, anche se, o proprio per
chè, poco obbiettiva e poco lungimirante per quel
se~bra
che
a noi, che valutiamo cinquant'anni dopo: " ••••.
nei primi due tempi della Partita costui s'attacca
da
disperato agli ultimi capintesta Hindemith e Stravin ­
sk;i.j e alle querule stramberie del jazze (sic 1) negro",
(36} •
E' un fatto che, nella musica del primo
Petrassi,a~
31
canto ad aspetti tipicamente italiani, ne compaiano al
tri quasi del tutto inediti nella contemporanea produ­
zione nazionale, se si eccettuano gli illustri
casi
di Alfredo Casella e di Luigi Dallapiccola. La ferrata
tecnica di orchestratore, l'incisività dei ritmi,
la
neutralizzazione di' ogni forma di "verbalismo temati COli
(37) e la simpatia normalmente. accordata al
con­
trappunto sono elementi su cui poggia da sempre il lin
guaggio di Petrassi e che
esulano, propriamente, dal­
la tradizione italiana. "I miei musicisti italiani
egli sostiene, riferendosi agli anni '30 (38) Casella e Malipiero, i quali
(per~)
erano
gravitavano
l'area europea ••• ". Soprattutto Casella, tramite
nel­
la
cui "azione neoclassica di rappel à l'ordre" (39), pe­
trassi potè accostarsi con buona disposizione alla mu­
sica di Paul Hindemith:"e di Igor Strav-tnskij, che era­
no anche "i musicisti stranieri che più, correvano,
se
non ancora nei conservatori, ..... nella' normalità degli
32
addetti ai lavori ••• Poi naturalmente'a
distanz~
c'era
no anche Honegger e Milhaud e i francesi". (40)
Di Hindemith, egli ebbe in giovinezza come un'infa­
tuazionee potè, oltre che studiarne attentamente
le
partiture, ascoltarlo dirigere proprie composizioni al
l'Augusteo di Roma.' La "Ouverture" da Neues Vom Tage
~
29)
fu una pietra miliare nell'esperienza artistica di Pe­
trassi e i
l~vori
di Hindemith che da Cardillac
('26)
vanno a Mathis der Maler ('38), non escluse ed anzi in
·
l e j
.
<
posizione preminente le Kammermusiken, sono da conside
rarsi fra i poli attrattivi più consistenti dell'ispi­
razione petrassiana. Lo
riscontri~o
nel rigore _ con­
trappuntistico delle prime composizioni, nella disin ­
voItura con cui tratta gli strumenti e la
ne strumentale, nella costante
cent~i
di
attrazione tonale - pu r eludendo, nella sostanza,
il
tradizionale sistema della
presenz~
tonalit~-,
di
conce~tazio~
nella cura
per
i valori formali e architettonici, nella rude schemati
33
citA ritmica ••. La Ouverture da concerto, in partico1a
re, risente di tutto questo e, con essa, la Partita,i1
Concerto per orchestra e, in misura minore, le due
op~'
re sinfonico-corali.
Queste ultime, piuttosto, risentono con maggior evi
denza dell' influsso stravinskj,ano, vivo e operante
in
Petrassi a partire dal '33, anno in cui egli assistet­
te all'esecuzione romana de11'Oedipus Rex diretto
da
Casella. Chi, nella Partita del '32, ravvede l'ombra
di Stravinskij, avverte Petrassi (41), sbaglia, poichè
~
solo negli anni del Salmo IX che questi, per
altro
con estrema consapevolezza da parte dell'autore, divie
ne presenza determinante nella sua musica, dapprima in
maniera eclatante, poi sempre meno decisiva. L'ossessi
va ripetitività ritmica, la rigida asciuttezza melodi­
ca (specie nel Salmo IX), espedientt tecnici come
le
note ribattute o il pedale armonico, gli amalgami tim­
~ric~,~"~e
sembrano r iproporre l' Oedipus o la Symphonie
34
de Psaumes, il ricalco quasi letterale di melodie e di
ritmi stravinskiani sono motivi ricorrenti nel Petras­
si degli anni '30 e '40. Ora, è essenzialmente nell'a­
scendenza a Hindemith e a Stravinskij che sta il neo ­
classicismo ravvisato dai detrattori di Petrassi
so­
pra citati.
Pierre Boulez, in un saggio del '57 pubblicato
su
"La Revue Music.ale" (42), afferma che se "da una parte
Stravinskij faceva evolvere il ritmo con
principistru~
turali, del tutto nuovi, fondati. sulla dissinunetria,
sUll'indi-pendenza e lo sviluppo stesso delle cellule
ritmiche ••• dove i procedimenti intorno a poli
molto
elementari daranno al vocabolario una forza inusitata •
•• d'altra parte, a Vienna, nella stessa epoca:
si
formava un nuovo linguaggio, pazientemente, con
p~rec-
chie tappe; dapprima dissoluzione delle attrazioni to­
nal1 - procedimento contrario a quello di Stravinsklj-,
in seguito
~ltratematizzazione
funzionale, che
doveva
35
giungere alla scoperta della serie, serie sfruttata in
sensi molto diversi da Schonbex-g, Berg e Webern".
Se
si vuole accettare questa schematizzazione, forse
un
po' troppo sicura di se stessa, la posizione
di
trassi è, prima degli anni '50, nettamente a
Pe­
favore
di Stravinskij, mentre della Scuola di Vienna egli ac­
coglie il gusto per il contrappunto, già del resto mu­
tuato da Hindertiith"
rifiuta.ndo perentoriamente il pri!!.
cipio della seria1ità e il conseguente riba1tamento del
sistema tona1e. Certo, specie nei lavori antecedenti
alla Partita del '32, sono ravvisabi1i diversi spunti
de11'atona1ismo viennese, ma qui il ter.mine da usarsi
è, appunto,
lI
a tona1ismo 1l , non già IIdodecafonia ll o
ria1ità ll (si osservi,fra l'altro, il costante
1I
impiego
degli intervalli armonici di tritano, di settima e
nona, nonchè il generale clima espressionistico
due liriche Colori del tempo del '31).' Senza
se ­
di
delle
contare
che assai poco di queste tracce rimarrà nei lavori se­
36
guenti.
Se proprio Petrassi dovesse esprimere un giudizio
sulla Scuola di Vienna, giudizio che ancor oggi rimane
per lui inalterato, egli por.rebbe al vertice delle
pr~
ferenze Alban Berg, in posizione secondaria Anton
We­
bern e, senz'altro
~ll'ultimo
posto, Arnold Schonberg.
Non è difficile intuirne le ragioni: Berg è il musici­
sta viennese che
~a
vissuto piu emotivamente l'espe
rienza prima atonale e poi dodecafonica, Webern, inve­
ce, ne ha rivelati i corollari e gli estremi sviluppi
sul piano formale e tecnico - e
vista
da questo punto
di
,
e, senza dubbio, il più interessante dei tre -,
mentre Schonberg, il codificatore del sistema
dodecaf~
nico, gli è sempre apparso "come un profeta che,
così
come Cristo nel Giudizio Universale di Michelangelo, e
leva i buoni e condanna i cattivi". (43)
Eppure,a partire dagli anni '50, qualcosa accade in
Petrassi che lo proietta in una nuova dimensione,
di­
37
stogliendolo radicalmente dagli influssi italiani
di
Casella e di Malipiero,e, per molti aspetti almeno, da
quelli neoclassici di Hinde~ith
e di Stravinskij. Se~
bra anzi che, in concomitanza con i primi grandi vlag­
gi all'estero (che dal '51 si susseguono a tutt'oggi
ininterrottamente) e con la mutata situazione
pebliti
ca in Italia, Petrassi si apra alle tendenze
finora
contraddette. Dopo le opere sinfonico-c,orali, il Salmo
IX
e il Magnificat, gli anni '40 segnano il progredi­
re di una crisi di linguaggio che si inaugura con Coro
di Mort! ('40-'41) e, passando attraverso i due ballet
ti La Follia di Orlando ("42- ' 43) e Ritratto di
Don
fhisciotte (145), tocca il culmine nella tragedia Mor­
te dell'aria e nella cantata Noche oscura (anni 149 •••
'51). A questo punto, la frattura vera e propria:
con
Terzo concerto ('52), Petrassi si accosta alla tecnica
dodecafonica.
-
<./;..tI~\ dJ C(t
Il fatto puO apparire sconcertante. Molti suoi esti
38
matori di un tempo, i;errna restando l'amicizia sul piano
umano, non riconoscono più la recente produzione .. pe­
trassiana. L'esempio più illustre, i;orse,è quello
di
Gianandrea Gavazzeni. (44): uInfine ne IILa musica e
il
teatro" del '47 l'ultimo mio scritto critico su Petras
si: La follia di Orlando e il Don Chisciotte. Da allo­
ra, nessun' altra possibilità cri.tica ••• Petrassi è mu­
tato troppo nel suo lavoro compositivo (vedi però cosa
significa differenza fra generazioni: l'altra sera du­
rante una cena, Carlo e Luigi Pestalozza, Fellegara,
Manzoni, sostenevano che in fondo non c'è stacco, omol
to meno di quanto si. creda, tra
i~
Petrassi giovane
e
l'odierno; ed io invece convinto del contrario •• J1tro,2
po diverso, per non dover dar luogo anche a un
mutame~
to critico. Muta la critica e mutano gli strumenti che
le son necessari. Non soltanto ad ogni generazione
la
sua critica; ma ad ogni mutamento dello stesso artista
la propria critica, diversa ••• E però - prosegue Gavaz
39
zani - Petrassi possiede, per certi amici, per me,l'o­
limpica indifferenza apparente che è segno invece
di
profondo legame umano. Non sorge nessuna ombra se
gli
dico che non capisco e non amo la musica che compone
oggi".
L'adozione, nel 152, della tecnica dodecafonica non
è, però, che l'esito ultimo è' più appariscente di
una
mutazione linguistica i cli! termini principali consi ­
stono altrove. E
poi, non è un'accettazione incondi
zionata, ma, al contrario, personale e conforme
allo
spirito antidogmatico e di ferma indipendenza artisti­
ca di Petrassi. Il quale non si preoccupa di
corrispo~
dere esattamente ai canoni schOnberghiani; per lui, la
serie è un pretesto costruttivo di cui il compositore
si avvale nella misura che più gli garba; non
crede
neppure che, nella maggioranza dei casi, la successio­
ne seriale stabilita e , tanto più, gli svariati artif!
ci contrappuntistici cui è soggetta.possano avere
un
40
chiaro riscontro auditivo da parte dell'ascoltatore(45)r
gli intervalli di terza, cosI tipJ.ci e ricorrenti
la musica tonale, non rappresentano alcuna
nel
interdizio~
ne nei lavori seriali di Petrassi; i fraromenti di
rie, le libere
se­
iterazioni di suoni appartenenti
alla
serie, l'impiego costante delle tradizionali "note
e­
stranee all'armonia (note di vqlta e di passaggio, no­
te sfuggite, anticipazioni, appoggiature etc.)
elementi di eccezione che non confermano, in
sono
realtà,
nessuna regola opposta.
Ma i termini principali della mutazione linguistica
di cui si
~
detto, che sono poi qùelli che veramente
hanno determinato le nuove posizioni critiche di
~i e altre analoghe, stanno soprattutto
Gava~
nel supera­
mento dell'esultanza romana dei primi anni e nell'as ­
sunzione di una nuova economia d.i linguaggio. Già
Coro di Morti ('40 - '41), la timbrica emana
in
nuove
suggestioni, una timbrica più accorta ed essenziale,
41
più aderente ai contenuti umani proposti dall'autore.
Nei due balletti successivi (' 42 ••• '45), non solo
timbrica
la
è investita di questa nuova essenzializzazio­
ne, ma anche le microstrutture compositive. Viene,cioè,
neutralizzato ogni carattere tematico e di sviluppo
t~
matico, in favore déll'adozione di "cellule organiche
in sA ricorrenti" - l'espressione A dello stesso
Pe­
trassi (46) -, che determinano i parametri timbrico,me
lodico e ritmico. Per ora, si tratta di veri e
propri
incisi, secondo la terminologia tradizionale, che val­
gono a caratterizzare un particolare momento o un sin­
golo personaggio, sia esso Orlando (inciso esposto da­
gli ottoni la prima volta alle misure 45-46) o Angeli­
ca (inciso esposto dal flauto a miss. 105-106).
Col
tempo, questi incisi si scarnificano e si riducono numericaII'.ente nell' arnbtto di un medesimo lavoro,
come
accade nei cast. limite della tragedia Morte dell'aria
('49) e della
cantata Noche Oscura ('51), dove
gli
42
incisi portanti dell'intera composizione sono rispett!
vamente due e uno. In Noche Oscura, si tratta di
un
semplice tetracordo, una sequenza isoritmica diquat­
tro note a intervalli definiti che viene costantemente
iterata rappresentando l'" idea fissa
Il
che organizza tu,:!:
to il lavoro.
Si~~o
ormai lontani da quella che Marvin Allen wolf
.thal, in un saggio su Elliot Carter, compositore sta­
tunitense molto caro a Petrassl e del quale si
avrà
occasione di parlare in seguito, chiamò "sostanziale
~
quivalenza della frase brahmsiana a quella schonberghia
na ll (47). Petrassi, come non crede che oggigiorno
si
possa ancora scrivere, se non anacronisticamente, musi
ca con la "regola dell'ottava" (48), così. ri.tiene
i­
nattuale il ricalco della struttura di linguaggio set­
te-ottocentesca. Schonberg, e la dodecafonia calata nel
discorso schonberghiano: non lo riguardano, sia perchè
assumono toni per lui troppo perentori e pontificiali,
43
sia perchè ribaltano totalmente il sistema della tona-=
lità l senza
però
toccare minimamente il piano forma­
le. Neppure negli anni trenua, Petrassi scrisse
Temi
con variazioni, o Sonate (nel senso classico - romanti
co del termine), o Rondò, o Sinfonie e, se in un primo
tempo accettò la "regola dell'ottava", dagli anni
'50
in poi praticamente la evitò del tutto.
Elliot Carter, in "The Ne·...r Ancients and the Old Mo­
derns", scrive (49): liMi colpi ••• il fatto che,
malgr~
do la novità e la varietà del vocabolario musicale EOst­
-tona~~,
molte opere moderne "andassero avanti"
modo generalmente fin troppo uniforme. Mi
in
sembrava,c~
che benchè si fosse udito ogni immaginabile tipo
di
combinazioni di armonie e di timbri, e benchè ci fosse
stata una certa innovazione ritmica a livello locale ,
in particolare nella musica di StraVinskij, Bart6k, Va
rèse e Ives, ciononostante il modo in cui tutto
ciò
veniva combinato ai livelli ritmici pia alti immediata
44
mente successivi e a quelli ulteriori rimaneva nell'or
'bita di quella che mi appartva la routine ritmica, al­
quanto limitata, della musica occidentale
pr~cedente
Questo ••• mi indusse a consultare tutti i metodi
.•
dipr~
sentazione e di continuazione che mi erano famigliari,
tutta la cosiddetta logic rl musicale, fondata sull'af ­
fermazione dei temi e sul loro sviluppo ••. Mi
apparve
allora evidente che il discorso musicale richiedeva un
ripenàamento tanto accurato quanto quello che aveva su
bito l'armonia all'inizio del secolo".
PetraS'!li mutua,"queste stesse posizioni"facendole
criticamente proprie, da un f at.tent.a osservazione
dei
fatti musicali contemporanei. La fine degli anni 140 e
tutti gli anni 150 assistono alla rivalutazione della
tecnica puntillistica weberniana, intesa, assai
più
della serialità di schonberq e di Berg,. come il trami­
te verso la più recente avanguardia; si parla, ora, di
serializzazione dei diversi parametri del suono,dl dis
-
.
45
soluzione non solo dei nesst tonali, cosa ormai
vec­
chia di decenni, ma anche e soprattutto di quelli tema
tici e formali; si sostituisce il concetto di "tensio­
ne" a quello di "forma"; i. suoni vengonoJarticolati s!:,
condo giustapposizioni che, abolendo la tradizionale
funzione accordale" valgono per la loro "intrinseca qua
lità sonora ••• considerando il fenomeno acustico
come
primordiale" (50); si tende a superare lo storico arti
ficio del temperamento equabile, a ricercare una nuova
fisicità del suono, facendo capo al mondo inesplorato
dell'elettronica e a un nuovo impiego delle
risorse
tecniche ed espressive della voce e degli strumenti del
la tradizione.
Ora, non c'è fenomeno
tra questi. che Petrassi ab­
bia ignorato, operando cosI una sintesi progressiva
e
personale. Egli non ha accolto che in superficie
il
principia della serializzazione integràle proposto
da
Webern e dai post-weberniani, ma, a partire dalla
1n­
46
venzione concertata ('56-'57) e dal Quartetto per
ar­
chi (' 58), gli ultimi vaghi riferimenti. tematici cedo­
no a un sempre crescente astrattismo figurativo,
in
cui la matrice weberniana, sfrondata del proprio geome
trico rigore, è subito riscontrabile. I parametri del­
l'intensità e del timbro sono valorizzati, il
primo,
dalle meticolose annotazioni del compositore, che
ri­
chiede spesso contrasti repentini, e, il secondo,
dal
progredito impiego degli strumenti trattati solisticamen
te e nella compagine orchestrale.
Già nelle prime opere,tame. ebbero a rilevare Massi­
mo Mila
(51)
e molti altri critici, si denota unU1l.stin
tiva proprietà strumentale" e una grande "maestria del
la tecnica orchestrale". Ora, Petrassi conduce alle e­
streme conseguenze questa naturale propensione e sonda
ogni "'riposta soluzione tecnica ed espressiva. "Riten­
go che con un organico il più normale possibile si può
fare ancora della musica, anche la più anormale possi­
47
bile - dichiarò nel 166, in un'intervista a Mario Bor­
tolotto (52) -. Evidentemente, questa mia è una posi ­
zione che tende a superare il
~ezzo
in sè per ritrova­
re un dato ambiente sonoro. Cosl, il suono...
(della
mia) orchestra non mi pare tradizionale nè convenziona
le". E aggiungeva, a proposito del recente lavoro
Tre
eer· sette (' 64): "Tre esecutori per sette strumenti;
flauto, ottavino, flauto in sol; oboe, corno inglese;
clarinetto, clarinetto piccolo. E' un lavore abbastan­
za virtuosistico: un certo mode di fare musicale è qui
funzionalizzato per questi sette strumenti. La possib!
lità di cambiare timbro in un ambito ristretto (una
d~
cina di minuti) era allettante. Queste ri.cerche stru ­
mentali seguitano ad interessarmi •.•.~nche le
masse
del Settimo concerto si presentano lucide e sgra$sate.
Non vi è nà accumulazione nè spersonalizzazione
dei
timbri, ma una collocazione timbrica. precisa •.• La mia
filiazione neoclassica ha lasciato tracce, non
nella
48
nè tantomeno nei "ritorni", ma nella purezza
In questo universo petrassiano, non c'è posto,
fin~
atmeno, per l'elettronica e per le rivoluzionarie
~
sperienze di Darmstadt. Intanto, Petrassi ritiene che
tutt'oggi sia viva e determinante la scissione tra cuI
umanistica e cultura scientifica, simpatizzando
per la pima piuttosto che per la seconda; è inol­
la risposta che diede elegantemente a Maderna
a tenere i corsi estivi di composi­
ziane a Darmstadt, e cioè di non voler "fare il Danie­
le nella fossa dei leoni" (53). Ma l'affermazione
più
significativa sta, forse, in un colloquio che egli eb­
be con Leonardo Pinzuati
nel '68 (54):
I~
•••
a me
per­
verrebbe mai in testa - disse in quella
usare ••• un mezzo
elettronico~
Nè tanto
mi passa per la mente di cercar di ottenere effet
con altri mezzi .•• La musica elettro ­
e la musica Utradizionale" sono due mondi
diver­
49
si; e io d'altra parte sono convinto che si possa scri
vere della musica anormale con mezzi normali,
anche
se sono curioso di tutte le possibilità che vengono of
ferte, talvolta in modo perfino grandioso, dai giovani
che usano i mezzi elettronici".
Quanto all' "anno iero n
prospettato dagli eversori
di Darmstadt, Petrassi non ritiene che il 1950 debbaes
sere rivestito di una tale importanza e sembra sorride
re di fronte all'ardore di neofiti che contraddistin ­
gue musicisti come Pousseur e altri. Si è già
visto
come egli preferisca il termine "mutazione" a quello
di "evoluzione", poichè "evoluzione significa non rico
noscere quello di ieri per riconoscersi in quello
domani" (55). Il fatto è che non potrà mai
condo Petrassi, un
n
di
esistere,s~
anno zero" nè in musica nè in
al­
tro: "La musica è stata è sarà, e fra qualche anno ve­
dremo che. anche il 1950 sarà stato soltanto un'indica­
zione, allo stesso modo dell'anno del Sacre du printem­
so l?!. Il Sacre fu senza dubblo l'opera di un eyersore,ma
noi vediamo adesso ccme anch'essa si sia collegata
ad
un tutto ••• CosI anche gli eversori del 1950 si vedrà,
in futuro, che non sono stati cosI eversori". (56)
La concezione storicistica di Petrassi trova il com
piuto riscontro nelle sue opere, dove, nonostante qual
che ingannevole apparenza, è possibile seguire una li­
nea progressiva di crescita o, meglio, di mutazione.
BII cammino di Goffredo Petrassi" è il significativo
titolo di un saggio di Mario Bortolotto (57): anche la
crisi degli anni '40 - '50 assume un senso preciso
e
non contradditorio all'interno della sua produzione.ln
sostanza, come egli stesso suggerisce, Petrassi
non
ha mai rinnegato il barocchismo dei primi anni -
in­
tendendo per "barocco" "una categoria dello spirito •••
di sempre nuove esperienze" (58) -, e il neo­
classicismo di. Hindemith e di Stravinskij continua,tut
tora, ad operare in lui, determinando, ancor pia
che
51
negli anni giovanili, una essenzialità di scrittura,
che è indice di quel michelangiolesco "toglier
via",
frutto di paziente lavoro e di maturazione. C'è
chi,
raggiunta una definita cifra stilistica, vi si
adagia
e si ritiene soddisfatto; Petrassi, invece, sembra non
volere mai
ripeters~
e sostiene che ogni brano musica­
le possiede una propria forma e che oggi non esistono
più forme preconizzate e "formelle", vecchie o
nuove
che siano, in cui calare i contenuti; è l'artista mede
simo ad essere regola a se stesso, con la propria cul­
tura, la propria intelligenza, la propria capacità
scelta; e però la scelta, per Petrassi almeno, è
pre collocata su una specifica traiettoria, è anzi
di
sem­
la
scelta stessa di quella traiettoria,con i suoi implic!
ti sviluppi e le sue mutazioni.
52
3. Introduzione agli otto Concerti
C'è un filo che percorre ininterrotto la produzione
di Goffredo Petrassi: i Concerti per orchestra. Finora
in numero di otto, sono stati composti nei diversi pe­
X'iodi della sua attività creativa, della quale possono,
in certo senso, considerarsi la "Magna Charta" di
più
agevole consultazione: non esiste, infatti, nella pro­
duzione petrassiana, un gruppo di lavori altrettanto
organico che la abbracci interamente
dagl~
anni '30 ad
oggi. Se si eccettua l'impiego della voce umana,
pure larga parte ha in molti altri lavori, i
che
Concerti
per orchestra ci permettono di consultare tutti
gli
aspetti della tecnica compositiva di Petrassi, seguen­
done passo a passo il divenire. C'è,anzi, chi fa·.
di
--~".-
questi lavori il "clou" della sua produzione e uno dei
massimi punto di riferimento della musica contempora ­
nea: " ••• i Concerti per orchestra ••• collocano Petras
53
si, ora che Stavinskij non c'è più, nella posizione di
massimo compositore contemporaneo" (59). Ma limitj.a:qtQ­
ci a considerazioni il più possibile obiettive.
Ciò che emerge dai dati è, innanzittutto, una prec!
sa disposizione cronologica. Il Primo degli otto Con ­
certi risale al '33'- '34, cioè agli anni giovanili s!!,
.bito seguenti la Ouverture da concerto ('31) e la Par­
tita per orchestra ('32); il Secondo, il Terzo,
il
Quarto, il Quinto e il Sesto sono, invece, compresi fra
il '51 e il '57, anni di crisi per Petrassi e di
pro­
gressive mutazioni, occupati quasi del tutto dalla pro
duzione concertistica; mentre è de,l '64 il più proble­
matico degli otto Concerti, il Settimo, del quale
prima veste (inedita e recante il titolo di Prologo
la
e
cinque Invenzioni) appartiene agli anni determinanti
del Concerto per flauto e orchestra e dei Propos d'A ­
fra il '70 e il '72, è stato,
infine,sori~
to l'Ottavo concerto, la più consistente delle opere
54
petrassiane di questo decennio.
Llarco di tempo di diciassette anni che separa
i
primi due Concerti è occupato, in primo luogo, dai gran
di affreschi sinfonico - corali, il Salmo IX (134 ••
13~
e il Magnificat (139 - 140), lavori ancora permeati di
quel gusto neofrescopa1diano che contraddistingue
il
primo Petrassi,e, in secondo luogo, dalle opere
che
porteranno alla frattura degli anni 150 (il Coro
di
Morti del 140 - 141, i balletti La follia di Orlando e
Ritratto di Don Chisciotte del 142 ••• 145, gli atti uni
ci Il Cordovano e Morte dell l aria del 144 ••• 149,
la
cantata Noche Oscura del 150- 151 ••• ). Questa frattu­
ra,che introduce per la prima volta nella produzione
di Petrassi il sistema seria1e, accostandolo
1iberame~
te al neoc1assicismo dei primi anni, e dissolve
pro­
gressivamante i nessi tematici e formali della tradi ­
zione, trQva il piU chiaro
r~scontro
nei cinque ConceE
ti degli anni 150. Sicchè, se il (Primo) Concerto è te
55
stimonianza di ben definite ascendenze italiane e neo­
classiche, che caratterizzano i lavori di
~etrassi
de­
gli anni '30, i cinque Concerti seguenti affondano
le
radici nelle mutazioni degli anni '40, incarnandone gli
esiti.
"La crisi della I,Uusica come linguaggio •.• (ovvero
il) totale svuotamento della figura musicale", secondo
espressioni usate da Boris Porèna in un interessante. sag:
gio sui Concerti di Petrassi (60), raggiunge l'apice
negli anni '60. Anche questo momento trova applicazio­
ne in un concerto, il Settimo, che è, forse,
l'opera
di Petrassi che ostenta il maggiore "avanguardismo"
e
che a ragione si pone cronologicamente a fianco di la­
vori come il Concerto per flauto e orchestra e i Propos
d'Alain ('60), la Seconda Serenata - Trio ('62),
per sette ('64), Estri ('66 - '67),
Beatitudine~
Tre
('68)
e altri. Cosi l'ultimo concerto, collocato come un gi­
gante fra pezzi di minor mole e impegno, è il simbolo
56
tuttora valido della più recente produzione di Petras­
si, volta al recupero di alcune schegge dei valori for
mali, e persino tonali e modali, che sembravano ormai
definitivamente superati.
Sebbene gli ultimi sette Concerti
al
apparteng~no
secondo dei due periodi creativi in cui si è per como­
do ripartita la produzione di Petrassi (cfr. cap. 2) ,
non crediamo obiettivo scindere "in due tronconi assai
diseguali" il nostro discorso, come
invece
propone
Boris Porena nel saggio citato (61). La ragione è
i lavori petrassiani degli anni
140
ci consentono
approdare naturalmente, e senza
a~cun
che
di
trauma, ai ConceE
ti seguenti, e in specie al Secondo, che ripropone mo­
duli del tutto tradizionali e , si direbbe, anche _:.- più
tradizionali di alcune opere precedenti (come la trage
dia Morte dell'aria o la cantata Noche Oscura).
Semma~
si possono individuare, come la stessa cronologia sug­
gerisce,quattro gruppi di lavori, corrispondenti ognu­
57
no a un decennio: il (Primo) Conc,erto (anni • 30) ,
il
Secondo, Terzo .•. Sesto concerto (anni '50), il Setti­
~
(anni '60) e l'Ottavo (anni '70). Dalla quale ovvia
disposizione sarà nostro compito rilevare i nessi
e
gli organici sviluppi.
Altro dato è l'accezione qui assegnata al termine
"concerto". Rifacendosi alla duplice etimologia latina,
che vuole il termine derivato da "concertare"
oppure
"conserere", Petrassi ne accoglie il significato lato,
nominando indifferentemente "concerti" sia le composi­
zioni sinfoniche sia quelle solistico - sinfoniche; si
tratterà, per lui, di precisare se il concerto è
per
pianoforte e orchestra, o per flauto e orchestra, o sol
tanto per orchestra, senza impiego di solisti o di
certino. L'accezione risale all'epoca barocca,
quando
tale forma - diretta antecedente della sinfonia
periodo classico - veniva detta "concerto di
co~
del
gruppol~
"concerto a piil strumenti" },: o "sonata - concerto" f
o
o
58
" s infon1a.. - concerto ti, o ancora "concerto ripieno". Ne
furono autori Vivaldi, Telemann, Bach, Haendel ••• men­
tre nel nostro secolo è famoso e spesso eseguito
il
Concerto per orchestra di Béla Bart6k, di nove anni p~
steriore ali. (Primo) Concerto di Petrassi.
Come frequenteme'nte accade nella classificazione
delle forme musicali, il termine "concerto" può essere
sostituito tranquillamente da altri, anche più efplici­
ti e informativi. E' il caso del Terzo concerto
di
Petrassi, il cui titolo principale è Récréation concer­
tante (quasi a sottolineare l'intento ricreativo, tipi
co del "divertissement" francese,. e il dialettico .con­
certare delle parti), mentre Terzo concerto è
semplic~
mente il sottotitolo; ed è il caso di Sesto Concertqu,
meglio, Invenzione concertata. E' da osservare che,
c~
me nelle epoche passate una medesima forma poteva uti­
lizzare terminologie diverse e la gara dei "distinguo"
è stata ed è, spesso, una gara sfiziosa fra musicologi
59
pedanti, molti casi di forme del tutto analoghe,
ma
diversamente nominate, si incontrano anche nella musi­
ca del nostro secolo. In riferimento ai Concert1diPe­
trassi, basti pensare alle ultime quattro Kammermusi ­
ken di Paul HindemLth;
'27)
per piccola or~hestra ('25 ...
,
e
(e pensiamo che il Quarto concerto di Petrassi
scritto per sola orchestra d'archi, e il Secondo
uti·
lizza l'organico della piccola orchestra del periodo
classico, il Terzo e il Sesto vedono la grande orche ­
stra mutilata di diversi strumenti, secondo le inten ­
zioni dell'autore), o basti pensare alla Synphonietta
('49) sempre
ni
Hindemith. Gli esempi si potrebbero mol
tiplicare, citando le due Sinphonie da camera di Sch5n
berg (1909 e '39), o i Drei OrchesterstUcke
e la stessa Suite lirica (t25 -
(~14
-'15)
'26) di Berg, le sette
Sinfonie di Prokofiev ('17 ..• '52) e le quattordici
Sciostakovi~
('25 •••
'69)~
di
le tre di Stravinskij (1905 ••
.• '45) o il celebre Dumbarton Oaks ('37 - '38), la Mu­
60 sica per archi,celesta e percussione di Bart6k
('36),
e via dicendo.
In questi lavori,come nei Concerti per orchestra di
Petrassi, vi sono
su~ficienti
elementi in comune per
definire la medesima forma musicale: l'organico
innanzitutto , un
or~anico
è,
orchestrale, sia esso tipico
della piccola orchestra o della grande orchestra;
la
composizione è partita in movimenti, talvolta nettamen
te distinti e talvolta in soluzione rapsodica di conti
nuità, comunque presenti e percepibili all'ascolto; ta
li movimenti sono articolati secondo un principio
di
dialettica al ternan·z,a..; non viene normalmente impiegata
umana; il primo movimento è il più
'elaborato,
secondo uno stilema proprio della tradizione; il dina­
mismo e il carattere concertante animano
le strutture
interne ad ogni movimento •••
E', però, vero che il termine "concerto", come
e
più di quello di "sinfonia", riporta a contenuti
.
61
puramente musicali, astratti da ogni riferimento
lett~
rario, o generalmente extra-musicale. Dove Stravinskij
pone a capo del suo Concerto in mi bemolle maggiore per
orchestra il titolo di Dumbarton Oaks, Petrassi,
p.r~iConcerti,
tende a neutralizzare ogni elemento
nei
e­
straneo al puro far'musica, ad assolutizzare i contenu
ti musicali esaltando l'aspetto tecnico ed artigianale:
in questo senso, si dimostra anche più radicale
"non espressivo
ll
Stravinskij e, invece, più vicino
del
al
neoclassicismo teutonico di Hindemi.th.•
Da notare che, se questo
~
il risultato ultimo, on­
la musica deve vivere di per se stessa e senza
in­
trusione di corpi alieni, alla base dell'atto creativo
sta pur sempre, per Petrassi, un lavoro paziente ed e­
motivamente sofferto, qualChe volta persino
autobiogr~
fico (cfr. Cap. 1). Questo significa che la "complessa
costellazione simbolica, culturale e· affettiva·n e l'" in
nato, istintivo magistero sturmentale", che
Lorenzo
62
~99ini
vede costantemente in ogni opera petrassiana
(62), provengono da uno stato emotivo presto
dimentic~
to, che può esplicarsi solo tramite un attento ed
e­
sperto mestiere. Non è necessario, per chi ascolta, es
sere
a conoscenza di quell'emozione motoria, precisa
Petrassi: " ••• la musica dovrebbe parlare per se stes­
sa •••• Un discorso psicologico ••• sulla musica
forse
non si dovrebbe fare ••• (ma può servire a) spiegare la
natura di un pezzo" (63). Senza contare che, nei Con ­
certi di Petrassi, non resta alcun altro appiglio
~ta.-musicale,
ex
come invece accade nei due balletti, ne
gli atti unici, nei Propos d'Alain etc. Tutto è ripo ­
sto nella perizia di un mestiere compiaciuto di
sem­
pre nuove e incuriosite indagini. Musica assoluta, dun
que, "musica al quadrato".
Nei Concerti, soprattutto, le possibilità
strument~
li vengono indagatevirtuosistica:rrente, si ricercano nuovi
stimolanti impasti timbrici, la pagina musicale
viene
63
attentamente spaziata, secondo un ordine estetico
che
vuole riflettere il pin importante ordine interiore,
~
gni elemento strutturale è neoclassicamente soppJfesat~
sobrio, essenziale, l'architettura portante è
scrupol~
sarnente bilanciata in un perfetto rapporto dialettico
di vuoti e di
pien~.Il
Concerto è, per Petrassi,
la
forma ideale in cui egli può approfondire e sviscerare
i diversi artifici del mestiere.
Si potrebbe credere che ciò comporti un virtuosismo
strumentale di tipo effettistico e plateale, che i Con
certi di Petrassi siano come la fucina esplosiva
mille demagogie. L'opposto.
Petra~si
ha da sempre
di
neg~
to la presenza di un impegno politico o ideologico nel
la propria musica, e le leggi
del mercato sembrano non
riguardarlo. Si è visto come egli distingua sottilmente
fra "attualità 11 e IImoda ll (cfr. Cap. 2) e come il
suo
impegno sia essenzialmente morale e umano; ora, è
:si­
gnificativo che
l'unico degli otto Concerti che mani­
64
•
Il
(I
fest·l qualche intento gladiatorio è proprio quello che,
nell'impiego strumentale, presenta la minor ricercatez
\
za e il minor virtuosismo, cioeil Primo. Gli altri se!
te, lasciata l'esultanza romana dei primi anni, ripie­
gano meditativamente sulle problematiche di linguaggio
proprie di un artista positivo e irrequieto come
Pe­
trassi, partecipe delle incalzanti mutazioni della no­
stra epoca. Solo da questo punto di vista, secondo noi,
si può accettare la limitante bipartizione dei Concer­
ti proposta dal Porena.
Chiarita la collocaz ione cronologica e l'accez.t.o­
ne che Petrassi assume del termine "concerto",
da dire qual è la
~hiave
resta
di lettura che si intende peE
seguire per penetrare all'interno di questi lavori.Mb­
vendo dai dati esteriori e prescindendo da qualsiasi
giudizio di valore, è chiaro che i Concerti per orche­
stra di Petrassi attingono a un "humus" culturale
di
cui l'autore è perfettamente informato, sia esso quel­
65 lo dell' Italia nazionalista della "generazione dell'80"
e, per fortuna, anche del cosmopolita Alfredo Casella
(Primo) Concerto ,sia quello dell'immediato periodo post­
-bellico, che vede l'espansione del puntillismo weber­
niano e la blasfema proclamazione dell'''anno zero" (Se­
condo ••• Sesto concerto), sia,infine, quello dominato
dalla più recente
avanguardia degli anni '60 - '70
(Settimo e Ottavo concerto).
Si tratta, dunque, di sondare le diverse situazioni
storico-artistiche e di rapportarle alle
sce~te
operate
di! volta in volta da petrassi)' secondo ciò che traspare
dalla sua produzione concertistica e non ignorando
la
funzione psicologica ed emotiva di fatti che sono
di
per sè estranei alla. pura attività musicale, ma che
p~
re hanno agito, come egli dettagliatamente ci informa,
sulla genesi e sullo sviluppo del processo creativo.Oc
corre, poi, convogliare gran parte delle attenzioni
sulla disamina dei mezzi tecnici ed espressivi
impieg~
66
ti: analisi, innanzitutto, della macrostruttura
por­
tante dell'intero lavoro e del materiale timbrico
a­
dottato, quindi delle strutture minime, per ciò
che
concerne la loro natura e derivazione ed il loro ruolo
organizzativo. Il tipo di analisi tradizionale
potrà
soccorrere solo parzialmente, poichè quasi sempre
tratterà di rilevare caratteri formali inediti,
si
o,qua~
to meno, non circoscrivibili nei "clichè" della tradi­
zione. Si parlerà ancora di schema tripartito e
i, '
dei
quattro parametri del suono, ma il concetto di "forma"
dovrà essere propriamente sostituito
sione
lt
,
da quello di "te,!!
cosa inevitabile negli ultimi Concerti;
cosi,
il concetto di "armonia" dovrà cedere a quello di "ag­
gregazione" o "densità timbrica" e i termini tradizio­
nali di "tema", "incisò!','
"motivo" etc. s,pesso
non
avranno più senso e lasceranno il posto ad altri
più
aderenti, come "cellula motoria", o "cellula ritmica"o
"melodica" o "ritmico-melodica", o "cellula organica
,"'"
67
ricorrente"; anche il concetto di "melodia
tl
verrà
per
lo più sostituito da quello di "successione intervalli
ca" ••• Petrassi stesso propone queste soluzioni di let
tura (64).
68
4. (Primq Concerto:.
il Concerto per orchestra - cosi fu intitolato ori­
ginariamente il primo degli otto Concerti -
venne
composto a Roma, fra il dicembre '33 e il dicembre '34.
Concepito per grande orchestra, ma senza aqe e percus­
sioni e presenti il saxofono contralto in mi bemolle e
il pianoforte, si colloca di poco posteriore ai
primi
lavori orchestrali di Petrassi: il Preludio e fuga per
archi ('29), il Divertimento in do maggiore ('30),
la
Ouverture da concerto e la Passacaglia ('31), la Parti­
ta ('32). Sono questi gli anni in cui Petrassi
ultima
gli studi di composizione e di organo e ottiene i pri­
mi consensi di pubblico e di critica (vince, fra l'al­
tro, due concorsi di composizione, uno nazionale
e
l'altro internazionale, sue composizioni vengono tra ­
smesse radiofonicamente ed eseguite in diverse sale di
Europa, nasce la fruttuosa amicizia con Casella •••••••
69
• Cap. 1).
"Fresco di studi - dirà a Luca Lombardi in un'inter
avevo voglia di lavorare e voglia di si­
un lavoro tutto quello che dallal, scuo
appreso. Insomma, era per fare una specie
di
bilancio di tutto quello che ero in quel momento".
E
aggiunge, a riprova dello spiccato interesse timbrico
che, già allora, distingueva i suoi lavori.
ti
però
avevo già fatto pratica d'orchestra, perchè suonavo nel
l'orchestra dell'Augusteo, naturalmente come aggiunto •
••• e non nego che, anche se in quel momento avevo una
sensibilità timbrica non ancora sviluppata, ••• i
se­
gni già c'erano".
Confessa anche che, in virtù di tale sensibilità, la
Partita per orchestra del '32 è il lavoro che, personal
mente, predilige fra quanti egli scrisse in quel
peri~
do, mentre il Concerto del '3.4 "è già un po' una corru
z10ne di certi caratteri della Partita e rivela un'"a­
70
busata disinvoltura tecnica". Dove "disinvoltura tecni
ca" significa: proprietà della scrittura::strumentale e
pratica dell'orchestrazione, ricerca timbrica, acquisi
zione di strutture linguistiche omogenee ("tematismo"
di ascendenza hindemithiana, prevalente diatonismo,ele
mentare incisività ritmica e melodica, compattezza del
le dinamiche, ricorso costante - e tipicamente petras­
siano - al pedale armonico e alle note ribattu.te, pri­
vilegio degli intervalli armonici di quarta, quinta
e
settima, rigOglio di microstrutture ricorrenti, eviden
za delle sezioni formali e dell'architettura ••• ),
e,
inoltre, significa applicazione in musica di uno spiri
to giovanile ed esultante.
Ora, nel Concerto
si riscontra un evidente compia­
cimento verso i traguardi che Petrassi ha conseguito
con relativa rapidità e dimostrando una volontà e
una
capacità di assimilaz!one non comuni. I suoi studi re­
golari di composizione hanno inizio nel '25, nel
'28
71
è già iscritto al settimo corso di composizione
in
Conservatorio e, quattro anni dopo, ne ottiene brillan
temente il diploma (cfr. Cap. 1). La Partita per orche
stra è il primo importante raggiungimento di una futu­
ra promessa della musica italiana, che ha scoperto
di
essersi conquistati, un mestiere e, appunto, una "disin
­
voltura tecnica"
che persino i critici dell'epoca,tal
volta più o meno sottilmente polemici, non esitano
a
r )
riconoscergli.
Le prime recensioni della Partita parlano, infatti,
di "musique brillante et bien agencée, spirituelle,plei
ne de coleur et de vivacité, un peu superficielle cer­
tes, mais débordante de vie et exempte
de~.
toute
vulg~
rité" (66), di musica per cui "non è difficile ••• , co­
me per qualunque lavoro di. un giovane, fare dei
Casella, Hindemith
nomi:
soprattutto, che Petrassi deve
a­
ver studiato a fondo, come nessun altro in ltalia ••• (e
che, però, a lui) servono solo carne punto di partenza
72
per camminare per conto proprio alla realizzazione
di
un suo linguaggio" (67), di "chiarezza latina, •••• tra
sparenza mediterranea, ..
0
armonioso giuoco di
forme,
di timbri e di melodie" (68), o, ancora, di IIdoti inna
te e ormai indubitabili di sicurezza orchestrale ••••••
(immune sia da) quella declamazione strumentale che
neralmente è tipica delle
g~
nostre moderne composizioni
orchestrali, e da cui non vanno esenti nè Malipiero,nè
l?izzetti, nè Alfano o o •• (sia da quella forma di
,:mae­
stria tecnica che) tra gli eredi di Stravinskij,
di
Hindemith, di Honeggeroo. era ormai divenuta una merce
secondaria e spregevole, buttata sul mercato senza
ri
guardi, a quantità impressionati" (69).
Mentre le impressioni critiche prodotte dal succes­
sivo Concerto sono analoghe a quelle della Partita, ma
con in più un senso di stanca insistenza su moduli già
sperimentati a fondo. Ne abbiamo conferma nelle parole
di Petrassi sopra riportate, o nella recensione dell'e
73
poca, che ci pare abbastanza sensibile ed equilibrata
e che citiamo a modello fra tutte, del critico
Luigi
Rognoni in "Musica d'oggi" (70); "In questo Concerto
possiamo vedere come il Petrassi abbia voluto
approfo~
dire quegli elementi di espressione che aveva già sen­
tito vitali nella
g~ovanile
Partita: però v'è quivi un
grave inconveniente, il pericolo di una possibile cri­
stallizzaziQne di tali elementi ••• Petrassi si
sente
ormai sicuro delle posizioni raggiunte, è padrone asso
luto della propria tecnica, per la conquista della qua
le non si stanca mai, ed a ragione, di rendere omaggiO
a Casella; ma attento però al pericolo, che noi since­
ramente rileviamo, di cadere nell'accademia della fal­
sa modernità, attento al facile e dilettevole
gusto
classicheggiante".
Giudizi datati, è vero, soprattutto per la forma in
cui sono espressi, ma che, oltre a cons'ervare sostan ­
.' zialmente intatta la loro validità, contribuiscono
ad
74
avvicinarci alla temperie culturale e artistica
degli
anni '30. In Italia, come noto, il decennio fu domina­
to da un forte spirito nazionalistico imposto dalla po
litica del regime. Ne risultavano problemi e polemiche
delle quali gli artisti più aperti alle istanze
musica d'oltralpe
~ovevano
della
essere il facile bersaglio.
Ovvio che Petrassi, musicista sempre disposto
a nuovi
contatti e a nuove integrazioni, "affamato" di
possibile esperienza artistica, abbia avuto spesso
che fare con la più incallita critica del regime,
ogni
a
che
gli rimproverava l'eccessivo modernismo neoclassico tuor
viante rispetto ai canoni della tradizione italiana, e
il conseguente estraniamento spirituale, che non
gli
consentiva di pervenire a una cifra stilistica unita ­
ria (quella di marca italiana, naturalmente, prossima
ai gusti
della "generazione dell'ottanta" e tesa
a
riavvalorare una sorta di i tal iart llà arcaica e antiroman
tica (cfr. Cap.
2».
75
D'altre cante, perO, si penevauna schiera di crit!
ci e di musicisti di più larghe vedute che, esaltande
i tratti tipicamente italiani della sua musica, faceva
ne di Petrassi un campiene della preduzione artistica
nazienale.• Cesi Alfrede Casella, riferendesi, in "L'I­
talia letteraria" del 2 luglie '33, ad una esecuziene
della Partita al .Festival di Amsterdam (71): "Accante
alle altre musiche, tutte più e mene appartenenti alle
stile internazienale esperantistice ••• la cempesiziene
di Petrassi pareva un medelle di chiarezza latina,
di
trasparenza mediterranea, di armenioso giuece di ferme,
di timbri e dimeledie; qualcesa di rare infine, e che
valeva a dimestrare - in. queste impertantissime radune
internazienale - quante sia .oggi indipendente la
ne­
stra scuela e seprattutte quante essa si mueva cen si­
curezza ed agilità lunge la via maestra ritrevata del­
la tradizione. Verrei che qualcune di q:uelli che
presenza di queste tipo di musica italiana e di
in
altri
analoghi - parlane cen tanta indignazione e cen tanto
76
sproloquio di certo preteso "asservimento ad influenze
straniere da parte dì. certa musica nostra; vorrei
che
questi signori avessero potuto vedere quale impressio­
ne di sana ed autentica italianità veniva fuori da que
sta fresca ed espressiva musica nostra posta vicino al
le al tre straniere,' e credo che quelli fra loro che so
no capaci di buona fede, rinunzierebbero per un
pezzo
a scrivere sulle loro colonne taluni spropositi criti­
ci dai quali siamo tuttora
afflitti'~.
Da chiarire che Casella, per parte sua, si
adeguò
alle proclamate esigenze nazionalistiche, sapendole
fondere,
con estrema scaltrezza e intelligenza,
a
quelle dettate da una versatilità e un cosmopolitismo in
lui irreprensibili. Infatti, dopo gli ardimenti
periodo bellico (si vedano i Nove pezzi per
del
pianofort~
o le Pagine di guerra e 1 Pupazzett1 per pianoforte
a
quattro mani ••• ), egli retrocede prudentemente èntrQ, '1
confinj; di una "facile" solarità mediterranea, recupe­
77
- con Scarlattiana, Partita, Serenata, Paganinia­
- stilemi compositivi che richiamanc
in~ional
all1epoca barocca e si pongono in aperta antitesi
con quella romantica. Esempio unico, questo di Casella,
e, ripeto, indice di grande intelligenza, che non
è
sfuggito al più gi9vane e stimato amico Petrassi.
Precisata la collocazione nell'ambito del "corpus"
petrassiano e della critica e produzione musicale del­
l'epoca, occorre ora addentrarsi nell'analisi dettagl.p
ta,.:. del Concerto e verificare scientificamente" la "di­
sinvoltura tecnica", e relativi attributi, di cui
si
è detto (72).
Formalmente, il lavoro è partito nei tradizionali
tre movimenti, di cui il primo è il più esteso.
Anche
l'alternanza agogica riflette un'ipostazione del tutto
Il
normale " : primo movimento "Allegro", "secondo movimento
IIAdagio", terzo movimento "Tempo di Marcia".
Qualche
78
mutazione agogica è ancora presente all'interno
dei
singoli movimenti, di cui, senza considerare i
rari
rallentandi e accelerandi, quattro mutazioni sono pre­
senti nel primo movimento (nn. 20,22,24,27), otto
nel
secondo (nn. 2, 5, 6, 7, 12, 2 miss. prima del n.
13,
nn. 14, 16) e tre nel terzo (2 miss. prima del n.
15,
nn. 18, 24), risultando più compatti e monolitici, per
questo aspetto, i due movimenti estremi, più
mobile
e cangiante quello centrale.
Soffermiamoci sul primo tempo, "Alleg-ro". L'organi­
co adottato è molto simile a quello della Ouverture da
concerto e, soprattutto, della Partita: legni al
compl~
to, con la partecipazione straordinaria del sax contra!
to, ottoni di una grande orchestra (4 corni, 3 trombe,
3 tromboni e 1 tuba bassa), pianoforte e archi. Le ar­
pe e le percussioni sono assenti. La scelta strumenta­
le cl segnala precise scelte estetiche, e cioè l'adozio
ne di uno strumento desunto dall'attualità del
jazz
79 (il
saxofono~anche
se la scelta si limita a una
ragi~
ne coloristica e nulla più,e l'esclusione di strumenti
allora attualissimi
come l'arpa e le percussioni
{si
pensi, quanto alla prima, all'Impressionismo francese
e, per le seconde, alle grandi partiture sch5nberghia­
ne}.
Sin dalle prime battute, si constata la più assolu­
ta "correttezza" dell'orchestrazione e dei ruoli stru­
mentali. Si noti, fra l'altro, la meticolosa disposi ­
zione strumentale dell'''incipit'', dove trombe e trombo
ni tacciono, per fare la loro festosa comparsa quattro
misure dopo; anche i contrabbassi, nella prima battuta,
sono curiosamente assenti, forse per non scurire
tim­
bricamente il bicordo iniziale e per sottolineare l'in
gresso dell'elemento ritmico - melodico seguente, e la
parte dei due fagotti subisce, alla seconda
Ve ~odifica
misura,unali~
rispetto al grande unisono orchestrale,per
ovviare a un'inutile difficoltà tecnica. Il carattere
80
concertante dell' orchestraz ione è sub;ito evidente ~
la
sequenza timbrica vuole successivamente impegnati
le­
gni e archi (miss. 2 e 3), ottoni (miss. 4 ••• 8), legni
e pianoforte (miss. 9 ••• 11), nuovamente legni e
archi
(miss. 12 e 13), ottoni (mis. 14) etc. I diversi ele ­
menti timbrici si c?mbineranno secondo disparate solu­
zioni,ma resterà una sostanziale quadripartizione
del
orchestrale in legni (spesso uniti in raddop ,­
gli archi e, meno frequentemente, con il
pia-
Doforte), ottoni (la più autonoma delle quattro sezio­
), pianoforte (con funzione prevalentemente timbrico
- ritmica) e archi.
Al parametro timbrico, oltre che al fattore agogico,
affidata la partiz;ione formale del movimento, che
al tradizionale schema A B A.1 La
ai nn. 24 ••• 26, mentre la sezione C,
è
sez;io­
autentic~
a dell'esposizione iniziale, c;l porta dal n.
27
conclusione. Da notare che tutto l'episodio compreso
81
fra 28 e 29 corrisponde letteralmente al n. 3 della se
zione A, ciò che ricorda procedimenti compositivi tipi
camente barocchi e classici, normalmente abbandonati
da fine Ottocento in poi. L'impiego tecnico - espress!
vo degli strumenti rientra perfettamente nella
linea
della tradizione, non solo per la loro funzione negli
interventi singoli e negli impasti orchestrali (i mol­
ti raddoppi di parti, presto lasciati dalla
musica
sinfonica del noatro secolo, sono, per lo più,
quelli
consigliati da Berlioz nel suo trattato di orchestra ­
saxofono viene trattato alla stregua
di
uno strumento della tradizione, con qualche privilegio
solistico in più), ma anche per l'impiego propriamente
tecnico, che evita ogni
. sperimentalità
vir­
tuosistica e non.
L'impressione che deriva dall'insieme è quella
di
uno spessore orchestrale unitario che, clima spiritua­
le a parte, rimanda spesso a moduli di strumentazione
82
ottocenteschi, e che solo
rar~ente
si interrompe
per
far luogo a episodi espressivi in cui può emergere
il
timbro puro di un oboe, di un flauto o di un saxofono
(vedi il caso della sezione B e del ponte che conduce
ad essa, ai nn. 23 ••• 26).
Questo per quel che riguarda l'aspetto timbrico.FoE
malmente, abbiamo visto
aDe
sia la medesima
timbrica,
unita all'agogica, a determinare la tripartizione
del
movimento e a produrre un senso di organica compattezza.
Ma tale senso non proviene soltanto dall'omogeneità del
la timbrica e dell'agogica, bensl anche da un'attenta
articolazione delle microstrutture. Un pullulare conti­
nuo di elementi ritmico - melodici, per. lo più semplici
cellule prive di sviluppo, che ricorrono
sistemati9~e~
te e si contrappuntano era ,loro, costituisce il tessuto
di fitti intrecci su cui è "giocato" il lavoro. Sono
frammenti tematici o incisi
d~
netta provenienza hinde­
mithiana, prevalentemente diatonici nella condotta melo
83
dica, di robusta ed elementare vigor1a ritmica e scarsa
mente differenziati dal punto di vista delle dinamiche.
Ilprimo elemento ricorrente, tondato su una
rapida
isoritmla di crome in successione intervallica definita,
compare a miss. 2 e 3, esposto
e dagli archi,
imme~iatamente
all'unisono dai
legni
dopo il "signum" che in ­
troduce il lavoro richiamando all'attenzione (in questo
non dissimilmente da molti "incipit" sette - ottocente­
schi). Ricomparirà, più spesso degli altri elementi,nel
corso del movimento (4 miss. dopo il n. 1, 7 miss. dopo
il n. 7, 2 prima di 11, 3 prima di 15, 6 dopo 18, 7 do­
po 20 ••• fino alla ripresa testuale, al n. 27). A mise
4, segue un nuovo elemento, affidato prima agli ottoni
e poi al pianoforte, che viene riproposto 4 miss. dopo
il n. 14, 2 prima di 15, al n. 16, 3 dopo 27 etq.
Al
n. 2, un terzo elemento, divisibile in tre tronconi (di
cui il primo ricorre 3 miss. prima di 11 e 5 e 8
miss.
dopo 23, il secondo 8 miss. dopo 17 e il terzo 3
miss.
84
prima di 33, mentre l'elemento ricompare integralmente,
anche se in diversa soluzione ritmica, al n. 10). Altri
elementi ricorrenti si presentano, la prima volta,
n. 3, 5 miss. dopo 3 (qui contemporaneamente in
al
numero
di due, l'uno alle trombe, l'altro a flauti, clarinetti
e violini), al n. 5, 'al n. 6 (affidato al primo trombo­
ne e, imitativamente, al primo corno, poi ripreso dagli
archi), 1 mise prima di 13, al n. 24 (dove la testa
è
derivata dall'elemento comparso la prima volta al n.3) •
Chiamare "temi" queste cellule ritmico - melodiche cui
non segue sviluppo alcuno e che danno vita a un
discor
so musicale che recupera la barocca "tecnica della pro­
gressione e della sequenza" (cfr. Alberto Basso: "L'età
di Bach e di Haendel" (73»
non ha senso. Il
discorso
procede, infatti,elementarmente,tramite una iterata
e
per lo più. testuale enunciazione. E poiché la loro fi­
sionomia è incisiva e facilmente memorizzabile e la lo­
ro successione o giustapposizione è piuttosto fitta, lo
85
ascoltatore è preso da un coinvolgimento emotivo e
tellettuale senza soste. La giustapposizione di
in­
tali
cellule ritmico - melodiche è stabilita da un contrap ­
punto semplice, in cui le diverse componenti tematiche,
mai più di due, sono subito individuabili e si esauri ­
scono nel giro di poche battute, per cedere all'incalza
re di altre. Ma, più spesso, si ha sequenza di cellule
ritmico - melodiche, come evidente nella esposizione dia:
temporale data nelle prime pagine del movimento, o come
accade sintomaticamente alle miss. 2 ••• 6 dopo il
14,
dove sono successivamente enunciati, in cosi breve spa­
zio, addirittura cinque diversi frammenti tematici,
za ricorsi contrappuntistici (n. 1 al pianoforte, n.
ai tromboni primo e secondo, n. 3 alle trombe, n. 4
se~
2
ai
tromboni secondo e terzo, alla tuba bassa e ai contrab­
bassi, n. 5 ai violoncelli e ai contrabbassi):
tecnica
del tassello e della rapida sostituzione •
. E',dunque, assai più importante la chiara percepibili
86
tà di ogni evento orizzontale, anche se questo
non
comporta mai un elaborato contrappuntismo, che la ver­
ticaIe combinazione delle armonie. Anzi, il
Ilarmonia" bisognerebbe escluderlo dalla
termine
nostra anali­
si. Boris Porena sostiene (74), a riguardo del (Primo)
Concerto, che Il evidente è fin da ora la tendenza
di
Petrassi a pensare la musica in termini non di melodia
o di armonia, ma di intervallo. Anche se gli interval­
li effettivamente impiegati servono ancora per costrui
re melodie e armonie in obbedienza alla tradizionale
contrapposizione di "verticale" e "orizzontale" è come
se la futura organizzazione per Il s trutture",cioè
per
unità figurali definite unicamente dai loro rapporti
intervallici, sia già prefigurata nella mente del com­
positore, non ancora sufficientemente libero
tuttavia
da trarne le necessarie conseguenze". Mai :f;ol;"se,
pu~
si
essere anche più radicali, a:f;fermando che il tessu
to armonico di questo COncerto è ,talmente povero
e
87
scarno, ridotto frequentemente a grandi unisoni o
a
vuote sovrapposizioni intervalliche di quarte e quinte
parallele, che è
la condotta orizzontale delle
parti
a dominare l'attenzione dell'autore e di chi ascolta.
Viene anticipata la libera combinazione di masse sono­
re, tesa a produrre. densità di timbri avulse da: qual­
siasi contesto armonico.
Il dissonante bicordo iniziale, la polifonia a qùat
tro voci con cui esordiscono gli ottoni, a mise 4,
i
moti contrari delle parti affidate agli archi, al n. 3
e al n. 24, e le "anomale" sovrapposizioni sonOre
che
ne derivano sfuggono a qualunque analisi di tipo armo­
nico e, in fondo, ciO che interessa è il risultato di
una polifonia di sapore arcaico e primordiale, in
cui
le voci procedono più o meno omoritmicamente, "punctum
contra punctum
ci. Certo,
ll
,
sortendo determinati spessori timbri­
specie~la
parte degli ottoni, si
possono
incontrare triadi armoniche in piena regola, come
ai
88
nn. 2, 4, 18, 34 e via dicendo; ma ogni ovvietà armoni
ca e tonale è elusa con attenzione, e non è sicuramen­
te un caso che gli impasti
sonori più "consonanti"sia
no quasi sempre affidati a strumenti che, nel
"forte"
e nel "fortissimo", possiedono per loro natura il tim­
bro orchestrale più,metallico e penetrante. Sebbene
questi si situino in un contesto obiettivamente atona­
le, o al massimo vagamente modaleggiante, è, comunque,
prematuro parlare di "accordi di stupore", come petra..!!
si consiglia per gli improvvisi riferimenti tonali
e
armonici che si presenteranno in molte sue opere suc ­
cessive (75). Qui non c'è stupore alcuno, poichè il
g~
nerale diatonismo e la frequente sovrapposizione di u­
nisoni e di quarte e quinte parallele lasciano intende
re un chiaro "background" tonale.
Molte delle osservazioni concernenti il primo movi­
mento valgono anche per gli altri due e, di queste,tut
te quelle che riguardano le caratteristiche di
fondo
89
del linguaggio del primo
Petrass~
(proprietà e tradi ­
zionalità della scrittura strumentale, compattezza del
le dinamiche, calibrata articolazione delle forme, hin
Q~mithismo
degli incisi tematici, elementare vigoria
ritmica e melodica, "tecnica del tassello e della rapi
da sostituzione", scarnificazione armonica ••• ).
Nel secondo movimento, il più chiaroscurato dei tre,
tlAdagioll e poi lIAndante", "Sostenuto", "Adagio" etc. ,
c'~,
al principio e alla fine, una fissità ignota
ai
due movimenti estremi, che sarà oggetto di una più ma­
tura ricerca nei prossimi lavori, per quanto
sempre
in funzione dialettica rispetto a una concezione. della
musica sostanzialmente dinamica. D'altronde,
l'appare~
te staticità dell'esordio - in cui ritorna, dapprima
~
gli archi, poi al pianoforte e quindi ai corni, 11 bi­
cordo dissonante che introduce il primo movimento - ce
de presto a un inatteso fugato dei legni (nn. 2 e 3)e,
successivamente, a un breve episodio degli ottoni iso­
90
lati (n. 4), che ricorda, in movimento lento, il
loro
ingresso al principio del concerto e conduce a un "for
tissimo" (n. 5), in cui
~
impegnata l'orchestra intera
(ma senza il perforante ottavino). Al .n,. 7, l'ostinato
ritmico dei celli e dei contrabbassi e l'insistente
teggiatura del
pian~forte,
~
qui usato in senso ritmico­
percussivo, assicura una continuità dinamica, cui
può
contrappuntarsi lo spianato melodiare dei violini pri­
mi, quindi del flauto, dei violini secondi e, nuovamen
te, del saxofono che raddoppia, all'ottava sopra,
le
viole (n. 10). Ancora un "fortissimo", al
il
Ii.
11, e
progressivo declinare alla quiete immobile della con­
clusione.
Le predilezioni timbriche vanno essenzialmente
legni, dei quali
~
spesso valorizzato il timbro
ai
puro,
dissociato). dal resto dell' orcnestra, come nel passaggio
"Calmo" dei tre flauti, al n. 14, o nella suggestiva
chiusa del saxofono, al n. 15. In questo movimento,
p~
91
rò, si riscontra una minore compattezza e densità stru
mentale rispetto al precedente e, come si è detto, una
maggiore tendenza al contrasto e al chiaroscuro. L'ar­
chitettura generale si basa, assai più che sulle
dif­
ferenziazioni timbriche (come, invece, accadeva
nel
primo movimento), su specifiche caratterizzazioni IIte­
matiche" •
Dopo l'episodio introduttivo(prime quattro misure
e n. 1), il fugato che appare al n. 2 presenta un pri­
mo elemento "tematico ll , che sarà ripreso, nel
tempo di tre metà, dai celli e dai contrabbassi,
nuovo
alla
fine del movimento (n. 15). Un nuovo elemento è intro­
dotto chiaramente dai violini, al n. 8, ripetuto
per
altre tre volte (e in modo completo due), con l'ostina­
ta punteggiatura dei ribattuti del pianoforte e,
fino
al n. 10 escluso, dei pizzicati dei violoncelli e
dei
contrabbassi; è l'elemento, in tutto il concerto,
che
presenta maggiori connotazioni tematiche. Il "Mossoll ,
92
al n. 12,è come una sezione drammatica di sviluppo (e­
motivo, anzichè tematico, anche se nelle prime due mi­
sure ricompaiono ai corni frammenti tematici tratti dal
n. 2), men tre il "Calmo", al n. 14, è il ponte che gu!,
da alla breve ripresa del primo elemento tematico
(n.
15) e, da ultimo, alla coda conclusiva (n. 16). Lo sche
ma potrebbe, dunque, essere: introduzione, primo
secondo elemento tematico (A), sviluppo emotivo
ve ripresa del primo elemento
(~,
e
(Bhbr~
conclusione.
Con l'analisi del terzo movimento, IITempo di
Mar­
cia", ci riportiamo al clima euforico del principio,
con un gioco strumentale, però, più vario e interessan
te. Una prima superficiale lettura, o un primo ascolto,
rivela immediatamente una maggior spazialità nella di­
sposizione delle parti e una concertazione più
libera
e meno schematica. Come nel secondo movimento, il tim­
bro dissociato ha possibilità di emergere fra gli
termittenti ripieni
dellforchestr~.
El il caso,
in­
dopo
93
il duplice "signum" introduttivo, dell'intervento
del
secondo fagotto a mia. 4 o di quello del corno inglese
5 miss. dopo 1, del primo oboe 2 miss. prima di 2, del
terzo trombone 2 miss. dopo 2, presto imitato dal
se­
condo trombone e dalla terza tromba, dei due oboi asso
ciati isoritmicamertte al corno inglese 3 miss. dopo 5,
e via dicendo.
Stravinskiano l'impiego ritmico - percussivo
pianoforte, specie in passi come al n. 7 e al n.
del
12.
Il riferimento a Stravinskij è legittimo, oltre che evi
dente, poiché
proprio al '33 risale il primo approc
cio di Petrassi con la musica di Stravinskij, e preci­
samente con l'Oedipus Rex, esegu:l.to in quell'anno
l'Augusteo di Roma (76), mentre assurda sarebbe
al­
ogni
pretesa ascendenza nella partita ('32), o nella Ouver­
ture da concerto ('3.1). Qualche prudente arditezza nel
l'uso degli archi, dove vengono introdotti ''glissé''
portamenti (1 mis. prima del
n. 9 e 2 dopo il n.
e
15,
94
ma anche i corni, al n. 16, hanno un curioso effetto
di 'glissé" e suoni armonici (miss. 2 .•• 5 dopo 5, miss.
2 ••• 5 dopo 7, miss. 3 e seguenti dopo 17).
La struttura generale del movimento è ancora
una
volta tripartita (A fino al n. 4, B da 5 a 17
quasi
uno sViluppo,con la' comparsa di nuove cellule
temati­
che e riproposizione di altre già enunciate nella
se­
zione A -, A, da 18 a fine - ripresa variata di A
con
coda -). Numerose come nel primo movimento, ma serrate
in meno rapida successione, le cellule ritmico - melo­
diche ricorrenti. La prima (mis. 4), che appare dopo kl
"signum" introduttivo,è costituita da quattro note, di
cui le prime tre puntate, a successione intervallica
definita (quarta giusta ascendente, settima minore di­
scendente e seconda maggiore ascendente, cioè la mede­
sima successione affidata a pianoforte, celli e bassi
l).elle ultime due misure del movimento precedente)
gue una seconda cellula
r1corrent~,
i
se­
al n. 1, nelle paE
95
ti del terzo trombone, della tuba bassa, dei celli
dei bassi; una terza a carattere grazioso e
e
contrasta~
te, 5 miss. dopo 1, e altre nuove, al n. 3 (nella par­
te delle trombe) e 3 miss. dopo 5 (agli oboi e al cor­
no inglese). Sono elementi ritmicamente e
melodicamen~
te pregnanti, di gr'an lunga più mobili e differenziati
di quelli del primo movimento (in cui, fra l'altro, si
contano due soli inavvertibili gruppi ritmici
irregol~
ri (n. 2), contro i molteplici di questo movimento).
Spesso in situazione imitativa, come accade per il pri
mo elemento a miss. 2 ••• 7 dopo il n. 2, o per il terzo
a miss. 1 e 2 del n. 6, essi errergono di volta in.volta,
tramite una attenta scelta timbrica, che ne è caratte­
ristica imprescindibile. Da notare, in tutto il movi ­
mento, la frequente adozione di rapide scalette diato­
niche, la cui, funzione è meramente esornativa:
unite
alle doppie e triple acciaccature, ai"glissé"cui si
già accennato e allo stilema petrassiano (qui più
è
che
96
ma insistente) delle note ribattute, esse denotano
u­
na prima e ancora timida inclinazione, destinata ad a­
vere gran parte nei lavori più recenti di Petrassi, al
10 svolazzo e al virtuoso compiacimento.
­
Dedicato al direttore
d'orchestra Bernardino Molina
,
ri, il Concerto rivela, all'analisi particolareggiata,
una meticolosa cura per le scelte strumentali e per il
carattere concertante de11'orchestrazione. Gli strumen
ti, suddivisi quasi a blocchi nella prima parte, acqui­
stano, singolarmente, una maggiore autonomia nella se­
cond.a e terza, anche sfruttanda1lO1to diIreno gli abusati
raddoppi della tradizione. Se è vero che "nessun'ombra
nostalgica o la fredda speculazione intellettuale"
come dice Guido Turchi (77) - toccano il neoclassici ­
smo petrassiano, e in questa prima fase meno che
non è/perO, forse vero che "nenuneno il mondo di
grande e perdurante tradizione strumentale
mai,
una
sf~ori que~
97
sto neoclassicismo". Al contrario, la preparazione
nica e il ferrato mestiere da poco appreso, ed
te~
anzi
in questo Concerto un po' abusato, non possono che afi­
fondare le radici in una sicura formazione accademica,
pur se scrupolosamente e personalmente assimilata.
I:I
fatti relativi agli .studi di Petrassi in Conservatorio
convalidano questa tesi, e, d'altronde, bisogna conve­
nire che è difficile affrancarsi in breve tempo da una
scuola cosi rigida e severa.
Molti critici déll'epoca avevano già colto
questo
aspetto. " ••• nel gruppo dei musicisti nuovi, Petrassi
è fra quelli che bisogna tenere più d'occhio. La
sua
lotta per la conquista di una originalità, di uno sti­
le è piena di impegno" (78). "Presentemente.•••• è
im­
possibile pretendere di abbozzare e distinguere la per
sonalità artistica di Petrassi ••• , richiederemo in av­
venire ••• maggiori prove di una sincera·e profonda urna
nità ma per ora ciò che conta di più è appunto
quella
98
novità di un
elevato livello tecnico" (79).
Il • • •
que,!,
10 che di Hindemith, di Casella, di Berg o di Honegger
(per citare un quartetto ormai definitivo in quanto
precisi indirizzi), può aver assunto i l Petrassi,
si­
gnifica essersi voluto porre in condizione di attuare
e dar forma compiuta al proprio pensiero, volto comp1e
tamente allo sfruttamento d'ogni minimo accenno
quella che potrà esser domani la sua integrale
di
person~
1ità, e di quella che è oggi una natura musicale
già
percorsa di 1infe proprie" (80).
A proposito di ascendenze,. converrà, dunque,
dare
il giusto posto a una tradizione strumentale che si di
mostra sempre viva e operante in Petrassi,
compreso
quando egli adotta strumenti come il saxofono (che ab­
biamo visto interessar10 per una semplice ragione tim­
brica, del tutto indifferente alla pratica del
jazz).
da un punto di vista formale, il Concerto appare
legato agli schemi
c1assic~
della tripartizione.
99
Dove invece, a nostro avviso, si riscontra il ma.g­
giare distacco dalla tradizione è nella natura e orga­
nizzazione interna delle microstrutture formali, sgra­
vate da ogni intenzione di sviluppo e articolate in u­
na dinamica. e instancabile successione, o giustapposte
secondo un elementare contrappunto. Qui è evidente
il
riferimento a stravinskij e soprattutto a Hindemith,di
r'
cui 1'etrassi conosceva perfettamente e amava le Kammer­
musiken e tutta la prima produzione, ma senza
ombra
di cerebralità teutonica e impernutrito di ottimismo e
di motorietà ritmica esaltante. "Hindernitb. è
l'uomo
del dopoguerra tedesco, il musicista di Brecht, di 1'i­
scator: la sua festosità è cinica, le risonanze
della.
sua gioia ritmica sono acri, i suoi notturni sono popo
lati da personaggi che portano il camiciotto pro1eta. ­
rio dei "1'utsch" del dopoguerra. Al confronto, l'etras­
si è un contadino che, partito alla conquista
della
civiltà, ci mette una serietà e un rispetto' assoluti'~(81)
....
100
Crediamo che Lele D'Amico abbia sostanzialmente
gione. Ma bisogna considerare che queste parole
ra
egli
le scriveva nel lontano 1941, quando Petrassi
aveva
appena ultimato il Coro di morti.
In realtà, a nostro avviso, la
ne di Petrassi
chia~irà
successiv~.r' produzi~
come l'atteggiamento di esul ­
tante ottimismo che si riscontra nei primi lavori
ben
pepo abbia della semplicità contadina. Se è innegabile
una certa asciuttezza formale ed espressiva in
lavori
come l'Ouverture da concerto e il Concerto per orche ­
stra, riteniamo, perO, che essa sia il frutto (o, alme
no, in parte) di una scelta prioritaria chiaramente; de­
finita: quella di volere scandagliare un mestiere e u­
na tecnica compositiva saldamente acquisiti e
impazie~
ti di manifestarsi, prima ancora che di "filtrare"
e
sperimentare a fondo i diversi portati della civiltà
musicale dell'epoca, dei quali, per altro, Petrassi e­
ra sicuramente informato, nei limiti che la censura
del regime gli permetteva.
101
5. Secondo concerto
L'antitesi spirituale e la maggior eleganza e
so­
brietà di scrittura che separano il Primo dal Secondo
concerto per orchestra richiedono una spiegazione.
In
un artista eclettico ma progressivo come Petrassi, re­
stio alle "boutades" e all'aggressività dei proclami
nessuna decisiva mutazione può avvenire casualmente
senza che egli ne abbia coscienza. I diciassette
e
anni
che intercorrono fra i primi due Concerti segnano
un
preciso cammino artistico. Queste, in successione cro­
nologica, le composizioni principali: Salmo IX per co­
ro e orchestra ('34 ••• '36), Concerto per pianoforte
orchestra
('36.~.'39),
e
Magnificat per soprano leggero,
coro misto e orchestra (' 39 -
'40), Coro di morti,' "ma­
drigale dramma.tico" per voci maschili, tre pianoforti,
ottoni, contrabbassi e percussione ('40 -
'41), Quat ­
tro Inni Sacri per voce maschile e organo ('42), anche
.. 102
nella versione per canto e orchestra ('50), La
follia
di Orlando, ballo in tre quadri con recitativi per ba­
ritono ('42 - '43), Invenzioni per pianoforte (' 44)}Ri­
tratto di Don Chisciotte, balletto in un atto ('45) iII
Cordovano, opera in un atto ('44 ••• 148), Dialogo ange­
lico per due flauti e Sonata da camera per clavicemba­
lo e dieci strumenti ('48), Morte dell'aria, tragedia
in un atto (149), Noche Oscura, cantata per coro
mi­
sto e orchestra (150 - 151).
Con il Salmo IX e il Magnificat, si conclude
la
prima stagione creativa di Petrassi, quella che Gianan
­
drea Gavazzeni etichettò come "cattolicesimo romano,con:
,
troriformista e barocco
Il
(82) e alla quale appartiene
anche il (Primo) Concerto .. Lasciato in disparte il Con­
certo per pianoforte e orchestra, lavoro esteso
dimensioni~ma
per
condizionato dalla onerosa carica di so­
vrintendente al Teatro La Fenice, un lento processo di
mutazione ha, invece, inizio con i,l Coro di morti, che
103
non conferma affatto - come, al contrario, sosteneva
Fedele D'Amico
nella sua ormai lontana monografia
su
Petrassi (83) - i lavori precedenti, ma è il punto
di
partenza di un nuovo senso del diagramma evolutivo.
Il contrasto con i lavori degli anni '30 è,infatti,
notevole. La timbrica scelta, innanzittutto,
preclude
ogni possibilità di sussistere al "cattolicesimo roma­
no, controriformista e barocco" di Petrassi; il
testo
leopardiano, per parte sua, e la tragica circostanza
che ne motivò l'adozione (l'entrata in guerra
dell'It~
lia nella seconda guerra mondiale) non potevano ispira
re la grandiosità e magniloquenza già proprie del Sal­
mo IX e, in parte, del Magnificat: i meccanismi inter­
ni del linguaggio, di conseguenza, si scarnificano
e
si essenzializzanoi con un procedimento destinato
ad
avere fortuna nella
pr~ssima
produzione di Petrassi,
gli elementi tematici vengono come sbrindellati e ri ­
dotti a pretesti ritmico - melodici che vagano irrequi
104 eti dal principio alla fine dell'opera (vedi le semim!
nime staccatissime, a miss. 1 e seguenti,
l'arpeggio
che compare la prima volta a miss. 19 e 20, il sogget­
to dello "Scherzo strumentale", poi ripreso e trasfigu
rata, gli accordi ribattutticon il caratteristico in­
tervallo di nona maggiore, a miss. 33 e seguenti); an­
che l'impasto armonico è volutamente povero ed essen ­
ziale, a vantaggio del gusto per la dissonanza improv­
visa (vedi su "morte", a mis. 16), e cosi il contrap ­
punto nei due scherzi strumentali, freddamente ironiz­
zato, quasi un mondo senza possibilitA di ritorno.
Ci siamo soffermati su questa partitura perchè essa
è,forse, il nodo cruciale che permette di comprendere
l'itinerario che porta al secondo gruppo di
Concerti.
Il Coro di morti non rappresenta, propriamente,
una
frattura rispetto alle opere precedenti, se non
altro
il solido e indiscutibile mestiere e l'ancor più acce­
sa figuratività (qui, a dire il vero, più medievale che
105 barocca); ma le scelte operate dall'autore di dimostr,!
no, in esso, maggiormente atipiche e indipendenti, in­
,formate, soprattutto, a un' "umanità" prima assente
e
che già Massimo Mila, nel '33, aveva invocata (84).
Su questa scia, si collocano i lavori seguenti
e,
in particolare, i dùe balletti, la tragedia Morte del­
l'aria e la cantata Noche Oscura. I primi "hanno
dato
la stura a una fastidiosa serie di variazioni critiche
sull'astratto ••• cioè l'assoluta abolizione di
musicali, in altre
figure
parole l'atematismo generalizzato
a tutti i parametri" (85), che certamente sono
oltre le obiettive intenzioni
del~a
andate
musica, ma che han
no un fondo di vero. Come già suggerito in Coro di mor­
ti, il parametro ttmbrico è sempre più personalizzato,
se non addirittura fatto protagonista, e le strutture
tematiche sono rese più sottili e sfuggenti.
Quest'ultimo aspetto è particolarmente evidente nel
la cantata Noche Oscura, che è l'apice della
crisi
106 degli anni '40 e, forse, il capolavoro del periodo. "U
na svolta decisiva - ne scrisse Massimo Mila alla pri­
ma esecuzione veneziana (86)
I
su cui bisognerà
prob~
bilmente tornare e forse non soltanto nell'ambito del­
la produzione di Petrassi". Si fonda, strutturalmente,
su pochissime cellule ritmico - melodiche, di cui
la
principale è il tetracordo che compare a misura 1
e
viene ossessivamente iterato, nella propria nuda ele ­
mentarità, per tutta la cantata, mentre un'altra di ri
lievo è quella che risulta la prima volta a miss. 7
8, nella parte dei violini
primi~
e
Non è tanto nella
strumentazione che si rivela l'originalità e
novità
di questo lavoro (per tale aspetto, i due balletti sono anche più interessanti), quanto, piuttosto,
nella
scelta e nella articolazione delle minime strutture del
linguaggio e nella suggestiva monocromia che ne deriva.
L'aderenza fra testo (di S. Giovanni della Croce) e
m~
sica è, cost, realizzata secondo moduli di una soffer­
107 ta e allucinata sensitività.
Ora, come la Partita nei confronti di (Primo}Concer­
to, così la cantata Noche Oscura ha contribuito a
in­
debolire la fama del successivo Secondo concerto.
Ma,
mentre (Primo) Concerto insisteva su stilemi compositi
vi già perfettamente' impiegati ed esauriti nella Parti­
ta, Secondo Concerto si differenzia dall'aura
greve
e impressionante di Noche Oscura per una leggerezza
tutta primaverile - "for a pastoral grace of exceptio­
nal delicacy", osserva il Waterhouse (87) -
per
una
totale astrazione da contenuti extra-musicali, per una
maggiore malleabilità e trasfigurazione dei disegni ri
tmici e melodici, per la varietà degli atteggiamenti ,
per l'ostentata tradizionalità dell'organico
orchestr~
le e per il suo misurato impiego. In sostanza, il
condo concerto appare meno problematico della
cantata
che lo precede, e quasi una purificazione dell'aria
scura l1 e un pOi soffocante che in ,essa domina.
Se­
"~
Lavoro
108
inquietante Noche Oscura, teso a realizzare "espressi2
nisticamente" in musica il clima di forte misticismo
della Spagna cattolica del Cinquecento: pia
sereno,
e permeato di valori puramente musicali, il
Secondo
concerto.
Composto fra l'aprile e il dicembre 1951, esso cade
in esatta coincidenza con il corso estivo di composi ­
zione tenuto da Petrassi al Mozarteum di Salisburgo e)
fatto
. notevole,
con l'acquisto di due
qua­
dri del Burri (88) che, pur utilizzando materiali anti
pittorici, piacquero talmente al Petrassi collezioni ­
sta, da indurlo a riflettere quelle suggestioni,
per
lui affatto nuove e inaspettate, nei lavori seguenti.
Da notare anche che il viaggio a Salisburgo è il primo
di una serie di viaggi di lavoro che, nel giro di
una
decina d'anni, lo porteranno successivamente in
In­
ghilterra, America Latina, Stati Uniti, Giappone, Bul­
109
garia e Germania (cfr. Cap. 1). Periodo di progressive
aperture, dunque, favorito dalla nuova situazione poli
tica italiana e internazionale e dalle conseguenti
ma~
giori possibilità di informazione e sperimentazione.
"Bisogna precisare bene - dice Petrassi (89) -
che
nel 1930, ma dal '28' al '30, al 140, in tutto quel pe­
riodo non c1erano le proposte della scuola viennese. E
rano, si può dire, confinate a una piccola area musica
le della Mitteleuropa. D'altra parte ••• in quel perio­
do non si trovano tracce della scuola viennese in Fran
eia, per esempio, non si trovano in Italia, e si
dire non si trovano neanche in
può
Germania". Il
caso
della Scuola di Vienna, destinata ad avere il
massi­
mo successo nell'Europa musicale del secondo
periodo
postbellico e ad impiantare le basi del moderno punti!
lismo postweberniano, è significativo. Petrassi, abbia
mo visto, ne subirà una chiara influenza, a
partire
dal Terzo concerto (cfr. Cap. 2),m~ già nella crisi de­
110
gli anni '40 si nota come i l suo linguaggio tenda
equiparare i diversi fa-ç,tgri,
ad
del suono (a cominciare
dal timbro, d'ora in poi parte integrante e insostitui
bile, qualche volta addirittura autosufficiente, della
grammatica musicale) e a superare in modo sempre
più
definitivo la tecnica del tema e dello sviluppo temati
co.
Il Secondo concerto è come una pausa di meditazione j
in questo
cammino, volutamente disadorna - anche
non completamente, come si "vedrà - dei contenuti
se
e­
spressivi e "umani" del Coro di morti o di Noche Oscu­
~,
protesa, invece, ai valori
pu~amente
tecnici e for
mali. Per questo aspetto, almeno, occorre considerarlo
prosecuzione ideale delle Invenzioni per pianoforte,del
Dialogo angelico per due flauti e, soprattutto,
della
Sonata da camera per clavicembalo e dieci strumenti(an
ni '44 ••• '48), assai più che dei capolavori
te riconosciuti, quali Coro di mOl;'t1, i due·
generalme~
balletti
111 e la cantata Noche Oscura. La conoscenza di
questi
ultimi è si indispensabile, per cogliere il processo
di mutazione che dagli anni '30 ha condotto al secondo
gruppo di Concerti, ma il Secondo concerto potrà appa­
rire un'involuzione rispetto ad essi, se non si
tiene
conto del clima e degli intendimenti del tutto diversi
che lo animano. Qui,a Petrassi non interessano piU
contenuti umani e morali di Coro di morti o di
i
Noche
Oscura, bensi il puro e disinteressato far musica, una
scelta e una necessità che molto spesso si pongono lun .
go il suo cammino.
Ma vediamo da vicino com'è strutturato questo
con­
certo (90). Quattro parti, o movimenti, in soluzione
di continuità: primo movimento "Calmo e sereno" e
"Molto
poi
mosso, con vivacità", secondo movimento IIAlle­
gretto tranquillo (con spirito)", terzo "Molto calmo,
quasi adagio", quarto "Presto". Notiamo subito come le
112
indicazioni agogiche rappresentino, più esplicitamente
che non nel (Primo) Concerto, lo spirito del lavoro.
"Calmo e sereno" o "Molto calmo, quasi adagio" non
pr~
cisano la rapidità metronomica del brano - come, inve­
ce, accadeva nelle indicazioni di (Primo) Concerto;"Al
legro", "Adagio", ",Tempo di Marcia" -, ma informano
dell'atteggiamento spirituale con cui l'interprete de­
ve porsi di fronte alla pagina di musica. El
segno,
questo, di una più spiccata intenzione espressiva
"umana" che, dagli anni '40 in poi, anche nei
e
lavori
che meno sembrano risentire degli influssi esteriori,
sarà sempre presente in Petrassi. (La dettagliata se ­
gnalazione del tempo voluto dall'autore è, invece, ag­
giunta tra parentesi con l'inequivocabile
indicazione
numerica riferita al metronomo) •
Così, tutti i quattro movimenti, oltre a rivelare
un'internamobilità agogica e una varietà dinamica
più
accentuate che in (Primo) Concerto, recano frequenti i!!,
113
dicaziQni tecnico-strumentali, unite ad altre di
tipo
espressivo, come il "senza vibrare sereno" dei violini,
a mis. 2, o il "dolcemente staccato" dell'oboe e
corni, a mis. 19, il "con grazia" del flauto, a
dei
miss.
101 - 102; accompagnato da una dinamica e un fraseggio
meticolosamente
annotati, il "poco sf, p e dolce" del
primo corno, a mis. 250, il "sciolte - leggero"
(sic)
delle semicrome degli archi, a miss. 305 e seguenti •••
L'aspetto tecnico appare in funzione di un'espressivi­
tà più o meno sotterranea, memore, il primo, delle
strazioni" della Sonata da
camera per clavicembalo
It
a­
e
dieci strumenti del '48, e, la seconda, dei due ballet
ti, di Morte dell'aria e, soprattutto, di Noche Oscura
('42 .•• '51). I due/aspetti si compenetrano in un equi­
librio sottile e poco evidente alla superficie.
La sutura dei quattro movimenti è sempre segnata dal
progressivo estinguersi del movimento precedente e
da
un ponte di transizione, che suggerisce all'ascoltato­
114
re uno stimolante senso di attesa, così come risulta a
miss. 97 ••• 99 (sutura fra primo e secondo movimento),a
miss. 206 (o 199) ••• 212 (sutura fra secondo e terzo) e
a miss. 289 ••• 293 (sutura fra terzo e quarto). La
sol~
zione rapsodica non toglie, comunque, che il concerto
sia chiaramente quadripartito, secondo la tradizionale
successione di Adagio - Allegro! Allegretto! Adagio!A!
legro (se pure i due movimenti centrali siano inverti­
ti rispetto alla impostaziòne
"classica", inversione
già per altro adottata dai compositori di fine
Qttoce~
to e dallo stesso Beethoven, nell'ultima sinfonia).
A proposito di tradizione,
un'~ltra
constatazione è
inevitabile, se si fa caso all'organico dell'orchestra,
che è l'organico delle ultime sinfonie di "papà Haydn".
Due flauti (il secondo anche ottavino), due oboi,
due
clarinetti in si bemolle, due fagotti, due corni in fa,
due trombe in do, timpani (uniche percussioni,
~ssenti
ancora
nel (Primo) Concerto), archi (dove, pera, i vi2
115
lini - unica anomalia - sono costantemente divisi
a
tre). Si riconferma, anche in questo dato puramente e­
steriore, l'intento di utilizzare i mezzi della più
stentata tradizione. E' chiaramente polemica la
pressione dell'apparato percussivo
0­
sop­
in (Primo) Concer­
to, come non può sfùggire che, impiegando, in
Secondo
concerto, proprio al principio degli anni '50 (gli an­
ni di Darmstadt e del postwebernismo), un organico ad­
dirittura settecentesco, Petrassi si colloca nella po­
sizione di "alfiere del ritorno", evidentemente contra
rio ,alla moda disfattista dell' "anno zero". Qualche a!!,
no dopo,egli dirà, (91): IIIl punto è sempre uno
solo:
accettare la tradizione attiva e rifiutare. quella pas­
siva", in questo trovandosi perfettamente concorde con
musicisti a lui contemporanei, come Luigi Dallapiccola
o, IItrans oceanum
Un'ultim~
ll
,
Elliot Carter.
considerazione di carattere generale
guarda la spazialità grafica .. e,naturalmente, il
ri­
suo
116
riscontro auditivo. "Non c1è dubbio che llordine este­
riore della pagina musicale rifletta un ordine interio
re piU profondo" mi disse Petrassi in un colloquio (92).
Ora, sembra che egli abbia sempre prestato fede a que­
sta posizione, specie nei momenti culminanti dei primi
due decenni creativi, con il Magnificat del 139 -
140
e con la tragedia e la cantata del 149 ••• 1 51. In Morte
dell1aria e Noche Oscura, in particoalre, la greve mo­
nocromia ambientale è resa anche visivamente sulla paE
titura, mentre il precedente Coro di morti (141)
ri­
flette, nella schematica ed elementare disposizione
dei segni, lliniziale e disorient'ata ricerca di un or­
dine a venire (il che non toglie, ed anzi forse accre­
sce, la suggestività del lavoro). In Secondo
viceversa, llacquisita ordinata eleganza
concerto,
delliarticol~
zione visiva della pagina corrisponde ai criteri
di
una condotta musicale varia e stimolante, anche se com
plessivamente omogenea.
117
Frequenti, nel primo, secondo e quarto movimento,le
ostinate iterazioni ritmiche (e ritmico - melodiche)
,~
tilizzate quale sostegno e impulso motorio delle
li­
nee melodiche generalmente soprastanti. Si tratta
di
figurazioni che conferiscono alla pagina musicale e al
l'ascolto un organico "continuum" visivo e sonoro. Co­
sì a miss. 18 e seguenti (dove sono riscontrabili
"continua",
due
uno ai violoncelli e l'altro ai corni),a
miss. 52 e seguenti (ai timpani, che ribattono ostina­
tamente un mi bemolle in ppp, presto accostati ai vio­
loncelli, che contrappuntano per moto congiunto
obli­
quo e ascendente), a miss. 77 ••• 80 (sempre ai timpani),
a miss. 81 - 82 e 87 - 88, a miss. 100 ••• 137 (ai violi
ni divisi a tre, che ribattono, senza sosta, per tren­
totto misure, triadi perfette di semiminime), e via di
cendo.
Già in (Primo) Concerto, l'espediente delle note ri
battut;e e quello del "continuum" ritmico, di ascenden­
118
za nettamente stravinskiana, erano abbondantementesfrut
tati. Ma qui, specie nel primo movimento, tale
mezzo
tecnico supera ogni ascendenza immediata, non solo que!
la di Stravinskij, ma anche di Hindemith (vedi l'esor­
dio della Kammermusik n.
1~
(Primo) Concerto sfoggiava
un'esultanza ritmica che suggeriva, a un critico
del­
l'epoca, la metafora del Petrassi "ritmo personifica ',"",
to" (93); molta strada è stata fatta per arrivare
a
Secondo concerto, dove il senso dell'unità ed organic!
tà formale non è più dato, essenzialmente, dall'inarre
stabile motorietà ritmica (nonchè dalla costanza agog!
ca e dinamica e dal brulichio di elementi "tematici"ri
correnti), ma dall'attento dosaggio di elementi pura ­
mente ritmici che, insieme ad altri di carattere
pro­
priamente tematico, ricorrono insistenti e ripetitivi,
completi o frammentati.
Esemplifichiamo, prendendo in considerazione il pr!
mo movimento. Due sono le sezioni, principali in
cui
119
questo si suddivide: "Calmo
"Molto mosso.
e sereno ll (miss. 1 ••• 63)e
con vivacità" (miss. 64 ••• 99). Lo schema
ricorda un pOi quello delle sinfonie classiche, talvol
ta precedute da un Adagia (ma qui il "Molto mosso ......
seguente è meno esteso del IICalmo e sereno ll introdutti
vo). Ci sono almeno' due e:bementi "puramente ritmici" ,
senza alcuna funzione tematica e, però, ricorrenti
e
parte integrante dell'organizzazione unitaria del movi
mento. Il più importante è quello che compare la prima
volta a mise 12, nella .parte dei violini primi, e
che
percorre tutto il movimento, non esclusa la seconda
parte, anche incompleto, sotto fO,rma di tre crome rapi
damente ribattute (miss. 25, 26, 27, 31, 64, 70, 71
etc); anche il secondo si presenta la prima volta
a
mise 12, nella parte dei violoncelli, ed è una succes­
sione di semiminime ribattute (per questo, si può
an­
che considerare, essendo nel tempo 9/4 le semiminime
ribattute a tre a tre, un allargamento della seconda
~
120
zione del primo elemento ritmico).
A
questi elementi "puramente ritmici", assenti
comunque più elatentari che nel (Pr,imo) Concerto ,si
trappuntano quelli propriamente "tematici". E,
o
con­
forse,
qui l'attributo "tematico" ha anche maggior ragione di
impiego che non nel' (Primo) Concerto, poichè l'elemen­
to iniziale, proposto a miss. 2 ••• 8,secondo movenze che
stanno a mezzo fra il ricercare cinquecentesco e
la
composizione pastorale, ha davvero i tratti e la
com­
piutezza di un tema assoggettabile a prossimi sviluppi,
.
che di fatto non ci saranno. Questo elemento iniziale,
dunque, è assai più che una semplice cellula, ritmica e
melodica, e ricorre" spezzato in due tronconi e, spesso,
per moto contrario, lungo tutto il brano. Le battute 2
••• 18 - chè la prima è occupata dal consueto "signum"
d'introduzione, questa volta non più un bicordo disso­
nante, ma un unico "mi" affidato a tutti gli strumenti
dell'orchestra, tranne i fagotti ·e i contrabbassi - so
121 no "giocate" su questo primo elemento, che si contrap­
punta diversamente con se stesso e con il primo elemen
to ritmico. Il primo troncone di esso riapparirà
miss. 25, 46 e 49, 70, 73, 74; il secondo (vedi
a
parte
dei violini primi, a miss. 7 e 8) alle miss. 28,
46
e 49 (sovrapposto al primo troncone), 50, 51 etc.
Altri elementi "tematici" ricorrenti, ma meno
com­
piuti nella loro enunciazione, si notano la prima volta
a miss. 19 e 21 (oboe), 28 (flauto), 66 (clarinetti
e
violini). A riguardo di quest'ultimo elemento, rapida
sequenza di terzine di crome, è notevole rilevare
che
si tratta di un'autentica successione dodecafonica,non
certo casuale se viene integralmente ripetuta per
al­
tre tre volte nel corso del movimento (a miss. 90 e 91).
Se non andiamo errati, è questa la seconda volta
che
Petrassi inserisce fuggevolmente in un suo lavoro
una
serie dodecafonica, per altro non sfruttata nelle pro­
prie potenzialità organizzative: la prima è in
Noche
122
Oscura (cfr. miss. 9 e 10, alla parte dei violini
se­
condi) •
Che la matrice seriale dodecafonica aleggi per tut­
to questo primo movimento è, d'altra parte, evidente:
il primo elemento "tematico" interrompe la sequenza
riale all'undicesima nota, e l'elemento che
s~
compare
all'oboe, a mis. 19, sgrana una serie di dieci note.La
fisionomia delle linee melodiche assume, di conseguen­
za, un'analogia più schonberghiana che hindemithiana(a
differenza del (Primo) Concerto), lontana, ormai,
diatonismo arcaicizzante dei primi lavori
dal
e, invece,
ricca di cromatismi e di frequenti esposizioni del totale cromatico. Come accade in genere, nella
pratica
seriale schonberghiana, gli artifici contrappuntistici
e i procedimenti imitativi sono molto più scaltriti
che non nel (Primo) Concerto, ma il contesto orizzonta
le e verticale dei suoni rimanda decisamente a un libe
ro atonalismo, ormai quasi del tutto sgravato dell'ip2.
123
teca nazionalistica degli anni '30.
C'è, per la verità, in tutto il concerto, una sorta
di gravitazione tonale intorno alla not.Ft "mi" , che
nel
primo movimento domina incontrastata le prime due misu
re, per riapparire, in posizione di rilievo, a miss. 7
(viole), 10 (violini primi e celli, poi violini secon­
di), 12 (violini secondi), 21 (oboe), 26 (flauto, cla­
rinetto primo, fagotto) ••
~
e, in conclusione,alle miss.
95 ••• 99, nella parte dei timpani. Si
pU~lanzi,
sostene
re che il primo e, soprattutto, l'ultimo tempo del con
certo iniziano e finiscono nella tonalità di mi minore.
Nel complesso, tuttavia, il "mi" risulta niente più che
una nota ostinatamente presente, ma sganciata dai con­
catenamenti tonali; per questo, rimanda senz'altro
"Grundton" o "suono fondamentale", teorizzato
"Unterweisung in Tonsatz Il
('
37 ••• ' 39) di Paul
al
nella
Hinde~­
mit,h.
Due parole ancora sulla timbrica di questo movimen­
124 to. L'orchestra, s'è detto, è quella di haydniana
mem~
ria. Petrassi ne usa secondo i ruoli strumentali consa
crati dalla tradizione: agli archi, che intervengono
con entrate sca1ari in imitazione, è affidata
l'ampia
e serena enunciazione delle prime diciotto misure;
timbro dolce e
pene~rante
dell'oboe, punteggiato
il
dal
morbido staccato dei corni e dal fremere inquieto del­
la prima viola al pontice110, dipana, a miss. 19 ••• 25,
una nuova distesa linea melodica, poi ripresa
dalla
tromba (miss. 30 e 31) e dal flauto (miss. 34 e 35) ;i1
fraseggio proposto al primo elemento ritmico, a
miss.
9 e seguenti, è fra i pia ovvi e naturali per uno stru
mento ad arco, e, difatti, per tutto il movimento quel
l'elemento è affidato agli archi (tranne una rapidissi
ma citazione dei legni, a mis. 88); l'effetto "lique ­
scente" del timbro dei clarinetti è reso, a rniss. 54 e
55, con l'adozione di ampi intervalli i frequenti i
"r~,
mantici" tremoli agli archi; i timpani, a tre caldaie,
.
125
sono impiegati con moderazione e in modo tutt'altro
virtuosisticoi attento il rapporto dei timbri e
~
delle
intensità, tale da evidenziare, anche nello spessore
degli amalgami, i singoli interventi strumentali •••
Rispetto a (Primo)' Concerto, i raddoppi delle parti
sono molto meno praticati, i contrabbassi sono impiega
ti quasi sempre autonomamente e senza ricalcare la li­
nea dei violoncelli, il carattere dialettico - concer­
tante è più disinvolto, meno legato agli schemi
di
una rigida partizione dei blocchi strumentali, la cono
scenza delle possibilità tecniche ed espressive
degli
strumenti si dimostra più ampia, ,specie nel costante
ricorso a suoni frullati. (vedi la seconda sezione
del
movimento, alla parte dei flauti e, due volte soltanto,
a miss. 45 e 80, a quella dei clarinetti), armonici na
turali ed artificiali degli archi, alternanza di
arco
e di pizzicato, tremoli e note ribattute, uso dell'ar­
co al ponticello e sulla tastiera, sordina agli ottoni
126 e agli archi. Tutta una gamma di effetti inutilizzati
da Petrassi negli anni '30, e che si spiega con il la­
voro di ricerca del decennio successivo:
rimandiam~per
l'approfondita conoscenza del flauto, al Dialogo ange­
lico, per quella degli archi, alla Sonata da camera
e,
per l'acquisizione 'di una sensibilità sempre più pro ­
nunciata verso i valori timbrici fatti protagonisti,ai
due balletti La follia di Orlando e Ritratto di
Don
Chisciotte.
Gli altri tre movimenti, a nostro avviso,
vivono
del riflesso del primo. Il materiale ritmico e temati­
co, e naturalmente quello timbriqo, sono in parte
de­
sunti dal movimento iniziale, ricordando la forma
ci­
clica dei romantici. Dino Villatico
nelle note di copeE,
tina a un disco che reca inciso il ,Secondo concerto (94),
parla di "fascia sonora che si perpetua per autogermi­
nazione". E, infatti, le triad1 armoniche ribattute dai
violini divisi, nel secondo movimento - un "Allegretto
127
tranquillo (con spirito)" in forma tripartita con
una
sezione centrale di sviluppo (miss. 146 ••• 185) e
,la
breve falsa ripresa, o coda, a conclusione (miss.
186
.•• 205 (o 198»
seguita dal ponte al movimento succes­
sivo - riprendono il secondo elemento ritmico del pri­
mo tempo, mentre l''',incipit'' del flauto è tratto da un
inciso più volte ricorrente nel "Calmo e sereno" ini ­
ziale (miss. 5, 7, 8, 10, 14 ••. 95, 96, 98), e così
figurazione
(ovv.
(OVV.
r.-l........
)
I·
m ),
o
la
quella
.
Il terzo movimento, "Molto calmo, quadi adagio"
una sorta di rondò il cui ritornello, appena accennato
da clarinetti e fagotti per moto contrario, a
miss.
227 ••• 229, ritorna in evidenza a miss. 263 e 279
ri
propone in chiave ••• "natalizia" le soluzioni ritmiche
di sapore vagamente pastorale del primo movimento,
anzi cita testualmente, a miss. 268 ••• 271 (parte
ed
del
primo fagotto), l'elemento tematico introdotto dall'o­
128
boe a mis. 19. L'''incipit" del flauto, di cui si parI,!!,
va a proposito del secondo movimento, e, quasi
inte­
gralmente, l'elemento tematico esposto dagli archi al­
l'inizio del primo tempo vengono ripresi nel
"Presto"
finale (rispettivamente a miss. 320 ••• e a miss.368 •• ),
dove interviene anche la figurazione ritmico - melodi­
ca comparsa la prima volta fra le misure 105 e 106
e
la quartina di semicrome già incontrata di sfuggita nel
primo tempo, a miss. 18 e 35; su di essa, è fondato lo
intero quarto movimento, il più effettistico e immedia
to, forse anche il più superficiale.
In conclusione, se il Secondo concerto per
orch~a
- come dice Mario Bortolotto (95) - "non manifesta pro
positi di rinnovamento ••. (nonostante la) porta violen
temente spalancata sul futuro (dalla precedente canta­
ta Noche Oscura)", non è, forse, sulla traiettoria
di
quest'ultima e delle composizioni. più "espressive"
di
129 Petrassi che bisogna collocare il presente lavoro.
~eE
ma restanto l'indubbia mutazione rispetto a (Primo)Con­
certo, qui respiriamo la medesima aria di astrazione
(che è anche quella della Sonata da camera
~o
e
del Dialo­
angelico, la vera traiettoria da seguire), con
in
più un'emotività vibratile
di cui sono carichi, soprat
,
tutto, il primo e il terzo movimento. Certo, non
si
tratta di un lavoro rivoluzionario, ma allora non
lo
fu nemmeno la Partita del lontano '32, riferibile
a
un preciso contesto e a precise ascendenze; e forse an
che Noche Oscura non fu che una svolta - per altro pr2
gre s s i v amen te raggiunta
- semplicemente all'interno
della produzione di Petrassi, un capolavoro
che
par-
la a chiare lettere e in modo personalissimo, perO sen
za traumi o scoperte polemiche.
Anche in Secondo concerto le ascendenze possono es­
sere indicate con sufficiente precisione. Ascendenze
neoclassiche, prima di tutto, e cioè a Stravinskij,
a
130
Hindermith e al loro mediatore italiano Casella (scom­
parso nel '47). Esse sono evidenti nella lucida impo ­
stazione formale, nella funzionalità di ogni minimo e­
lemento (ritmico, melodico, timbrico ••• ), nella
"pure~
za sonora" (96), persino nella meticolosa spaziatura
steriore della
pagi~a.
~
Nel senso scontato del termine,
il secondo movimento è il più neoclassico.
L'adozione, invece, di un cromatismo che, nel corso
degli anni, si è fatto in Petrassi sempre più consi­
stente, fa sì che la fisionomia dei disegni melodici e
la loro combinazione verticale assumano, ora/analogie
più schonberghiane che hindemithiane (e pensare
che
Schonberg, a detta di Petrassi, non suscitò mai, nè su
scita tuttora le sue simpatie ••• ).
Notevole è, poi - cosa che non ci risulta essere
stata osservata da altri -, l'influsso bartokiano
del
finale, specie per i passaggi cromatici delle semicro­
me, che
rarranentano l' ul timo tempo, anch' esso un "Pre
131 sto", del Concerto per orchestra di B~la Bart&k
(del
'49). D'altra parte, Petrassi conosceva e stimava Bar­
t6k dagli anni della sovrintendenza alla Fenice, quan­
do lo aveva invitato a Venezia ad eseguire la
Sonata
per due pianoforti e percussione, e, se anche il tribu
to maggiore Petrassi lo doveva ancora versare con
il
Quarto concerto, di tre anni posteriore, già negli an­
ni '40 e al principio di quelli '50
egli non si
mostrato del tutto insensibile ai modi del grande
era
col~·~
lega ungherese. Al quale, fra l'altro, lo accomunavano
il vigoroso senso ritmico, il gusto per una dialettica
rude e fortemente chiaroscurata e l'acuto interesse
questo, per la verità, specialmente in Bart~k - per la
musica popolare. (Un'interessante,e finora ignorata,
prospettiva di ricerca potrebbe essere questa: rileva­
re gli influssi della musica popolare nella primissima
ppoduzione di Petrassi, quella risalente ai Canti del­
la campagna romana, per intenderei, o poco dopo) •
132
6. Récréation concertante (Terzo concerto)
Fra l'ottobre '51 e l'ottobre 152, fra le
battute di Secondo concerto e le prime di
ultime
Récréation
concertante (Terzo concerto), Petrassi scrive i Cinque
duetti per due violoncelli, inediti e dedicati al vio­
loncellista Enrico Mainardi, suo collega ai corsi
del
Mozarteum di Salisburgo, nell'estate '51, i piU famosi
Nonsense per coro a cappella, sugli spassosi testi
Edward Lear
di
tradotti da Carlo Izzo e un Gloria in ex­
celsis Deo per soprano, flauto e organo, anch'esso ine
dito. Nient'altro. Lavori relativamente di modesto im­
pegno, che docurcentano,
riodo precedente,
dopo le grandi opere del
pe­
un rallentamento nell'attività
creativa di Petrassi. Parallelamente, proseguono
i
viaggi all'estero, a Basj.,lea, per presenziare alla pri
ma di Secondo concerto (commisionatogli. dal direttore sta
bile della Basler Kammerorchester, Paul Sacher) e
a
133
Londra, per dirigere un concerto di proprie
con l'orchestra della
C'erano tutti
i
musiche
aac.
presupposti per attendersi una vi­
rata, o, quanto meno, un mutamento, nella successiva
produzione. Ma, forse, nessuno avrebbe potuto pronosti
care una frattura c9sì apparentemente netta.
Apparent~
mente: l'adozione del sistema seriale, già per altro
impiegato in Italia da un campione della dodecafonia co
me Luigi Dallapiccola, fin dal 1937 (con le Tre laudi
per voce acuta e orchestra da.camera), non ha nulla di
traumatico nè di stranamente capriccioso. in Petrassi.
Il confronto con Stravinskij - che, notoriamente,aE.
plic~
pochi mesi prima di Petrassi
il metodo schon ­
berghiano, fra lo stupore di tutti-non va al di là della
superficie. Vero che nè l'uno nè l'altro rinnegarono,
per questo, la loro propria natura, già chiaramente de
nunciata nelle opere precedenti - neoclassicismo anti­
romantico e antischonberghiano che, in Stravinskij, si
134
caratterizzava per una ritmica brillante e asimmetrica,
per lo smaccato tonalismo (o politonalismo, ma U prin­
cipio è pur sempre quello della tonalità),
l'"inespre~
sività" e la politezza formale, l'ammiccamento ironico
••• mentre, in Petrassi, il neoclassicismo d'oltralpe,
quello di Hindemith'e di Stravinskij, mediato dal
v~­
satile Casella, coincideva con la progressiva ricerca
di espressione e con il coinvolgimento emotivo del com
positore, con il distacco sempre maggiore dai
canoni
della tonalità e dalla "regola dell'ottava" (97),
con
un'informazione culturale e artistica man mano trascel
ta e applicata in modo da sfuggire a ogni normale
si­
stemazione ••• -. Ma proprio perchè non rinnegarono
la
propria natura, il riferimento è reso ancora più diffi
cile e improbabile, limitato a una mera coincidenza tem
porale e all'adozione tutt'altro che rigida e dogmati­
ca della serialità.
Sicchè, la stravinskiana Cantata per soprano, teno­
135
re, coro femminile e piccolo complesso strumentale(del
'51 - '52) è la prima opera dodecafonica di chi voleva
e poteva permettersi di provare anche questa esperien­
za, quella sch8nberghiana precedentemente contraddetta
a livello di interviste e articoli e accese polemiche
nonchè a livello artistico-creativo, dove il neoclassi
cismo stravinskiano doveva trovare la più compiuta
spressione proprio nell'opera in tre atti
e­
'l?he Rake' s
Progress ('48 •.. '51), ultimata nello stesso anno della
imprevedibile "conversione";
Récréation concertante
(Terzo concerto), di pochi mesi posteriore alla Canta­
ta di Stravinskij, è uno dei possibili sviluppi logici
cui i lavori precedenti di Petrassi hanno progressiva­
mente condotto. La natura di Petrassi non ha nulla che
vedere con quella di Stravinskij, il
rife~imento
neo ­
classico, specie nei primi lavori, e, dunque, il rife­
rimento allo Stravinskij seconda maniera del periodo
interbellico, è d'obbligo, ma ha un senso fondamentale
136
categoriale, che non tocca il temperamento personale
di petrassi1assai meno propenso di quello stravinskia­
no all'ironia e allo sberleffo.
"••• prima di chiudere il suo periodo neoclassico ­
sostiene Roman Vlad nella sua monografia stravinskiana
(98) -, Stravinskij ne ha tratto le ultime conseguenze;
ne ha riassunto i modi più tipici in una vasta
opera
che ne potesse costituire quasi un coronamento....
,
la inattesa "sterzata" dopo The Rake's Progress e
(e
in
realtà, comprensibile, se si tiene conto che) in
Stra
vinskij si assiste ad un processo di segreta germina ­
zione di elementi che, arrivati a maturazione, si mani
festano in modo improvviso e sorprendente per chi
aveva potuto rendersi conto di tutto quel lento
non
proce~
so di incubazione". Sarà. Ma quel "processo di incuba­
zione", più che "lento", ci appare talmente arcano
e
sotterraneo, che davvero c'è di che stupirsi e non più
raccapezzarsi quando emerge di prepotenza alla
luce,
137 come da una grotta inarrivabile.
Viceversa, crediamo che critici della vecchia guar­
dia, come Fedele D'Amico e Gianandrea Gavazzeni, rima­
sti disorientati di fronte alle nuove prospettive
del
linguaggio petrassiano degli anni '50, si ostinino
negare l'evidenza di un filo continuo e sempre
a
distes~
che non ne vuoI sapere di aggrovigliarsi in un medesi­
mo punto. Petrassi non si arresta mai, muta costante ­
mente come uomo e come artista, e muta secondo una di­
rezione rettilinea, senza clamori nè colpi di testa:
non possiamo chiedergli di fermarsi e di ripetere
stesso; quando lo ha fatto, nel (Primo)
Concerto:~
se
per
orchestra e nel Concerto per pianoforte e orchestra de
gli ormai lontani anni '30, i critici più sensibili lo
hanno immediatamente rimbrottato, ed egli stesso ha ri
conosciuto la fondatezza delle loro critiche. Allostes
so modo, quando nell'ambizioso atto unico Morte
ria
déll~a­
(del' 4.9) egli varcO i limiti della propria genu!
138
na ispirazione, sconfinando nel campo a lui poco conge
niale della speculazione metafisica, dovette far subi­
to macchina indietro per riprendere la normale traiet­
toria, con Noche Oscura e il secondo gruppo di Concer­
ti per orchestra (99).
Sta~
per dire che Récreation
concertante (Terzo 'concerto), come tutti i lavori
di
Petrassi maggiormente riusciti, potrebbe recare
il
(sotto) titolo - che, però, forse parafrasa troppe co­
se contemporaneamente ••• - di "The Work in Progress".
Un lucido profilo di questo aspetto della personali
tà petrassiana è contenuto, in uno scritto di Guido Tu!,
chi (100): It(Per Petrassi.) i problemi sono una
sorta
di stimolo, ossia un principio attivo: essi pertanto
contano non per ricercare soluzioni che possono condur
re a esplorare e scoprire "nuove terre", ma soltanto
per dare alimento al suo bisogno di parlare in
e con la musica, tanto
musica
meglio se con parole non 10g.2,
re ••• (L'originalità del suo stile) consiste in una in
139
consapevole e infallibile operazione ricreativa
che
imprime una specie di "verginità 11 , di giovanile
fre­
schezza, per dir cosi semantica, a quanto.il composit2,
re ha desunto dalle maggiori correnti musicali del no­
stro secolo con cui via via è venuto in contatto. Sic­
chè egli non identi'fica mai le proprietà del suo
lin­
guaggio con le varie soluzioni proposte dalla musica
di ieri e di oggi, il che fra l'altro spiega la
compl~
ta asistematicità di tale linguaggio. I dati idiomati­
ci e lessicali in quel modo desunti vengono privati
~
le loro radici, etniche o culturali o intellettuali che
siano, per essere assorbiti
entr~
un discorso dove do­
minano sovrani l'emozione primigenia del suono, il
pi~
cere sensuale di esso ll •
Si è visto come Petrassi si sia progressivamente a!
francato,nei lavori precedenti, dal diatonismo modale­
tonale di tipo hindemithiano, in favore di un
sempre
più accentuato cromatismo (cfr. Cap. 2). Il conseguen­
140
te approdo alla dodecafonia è, senza dubbio, il
I.fatto
più appariscente di questo processo di mutazione,
ma
non bisogna esaltarne troppo l'importanza. Esso non
f~
innanzi tutto, un approdo durevole e, tanto meno, defi­
nitivo; fu subordinato a mille condizioni e compromes­
si; non divenne mai' il fondamentale criterio
organizz~
tivo di un lavoro (valendosi Petrassi, anche in
Ter­
zo •.• Sesto concerto, di un .eclettismo assolutamente
personale e atipico); i più sofisticati artifici con ­
trappuntistici - quelli che Boris Porena chiama.
con
felice espressione, "manipolazioni fianuninghe, inver ­
sione, retrogradazione, ecc." (10') - non vengono
mai
abusati, sfuggendo, così, a ogni senso di aridità e di
sfizioso cerebralismo; l'aspetto tecnico e artigianale
è funzianalizzato a quello espressivo, fondato non
su
un'aura grevemente "espressionistica", ma su una net.­
tissima "neoclassica" contrapposizione di stati emoti­
vi di tensione e distensione. Che. ciO si realizzi tra­
141
mite l'''arcaismo neofrescobaldiano" dei primi lavori o
la cruda e "disorientata" elementarità di Coro di mor­
ti
o, ancora/con la parziale adozione della tecnica
seriale di Récréation concertante (Terzo concerto), po
co importa.
Resta da puntualizzare in quali termini consistano
la parziale adozione del sistema dodecafonico e le con
dizioni cui lo ha sottoposto Petrassi. El un argomento
che si dà solitamente per scontato o, tuttlal più,
si
risolve in pochi e vaghi accenni, senza precisare come
egli abbia affrontato tecnicamente il nuovo approccio
con un tipo compositivo così lontano dalla propria
se~
sibilità e formazione. Su di esso vale, forse, la pena
di soffermarsi.
Per
~etrassi,
innanzittutto, la serie non è mai
"conditio sine qua non" è strutturato un suo
e, difatti, neppure Ter20 e Sesto
conce~to,
la
lavoro;
che sono
le composizioni di Petrassi più vicine alliortodossia
142
seriale, utilizzano la serie delle dodici note iniziaI
mente esposta quale criterio organizzativo dell'intero
lavoro, ed anzi nemmeno del singolo movimento. Piutto­
sto, in essi si assiste a un'eclettica commistione
di
elementi cromatici e seriali) "pares inter parestI,
con
elementi diatonici, o liberamente cromatici, qualche
volta addirittura tonali o modali (gli "agili ma
fer­
rei piloni tonali, o piuttosto polarità nettissime
ll
cui parla Mario Bortolotto nel già citato saggio
di
"Il
cammino di Goffredo Petrassi" (102».
Petrassi non si fa, dunque, scrupolo di inserire nel
bel mezzo dell'impianto seriale un divertito episodio
giocato sul ricorrente intervallo melodico e
armonico
di terza, notoriamente il meno canonico in un
sistema
che vuoI ribaltare la tonalità e la modalità tradizio­
nali, o una successione di triadi armoniche "perfette"
(secondo l'accezione dei trattatisti), o il
impiego dell'intervallo
reiterato
melodico' e armonico di
ottav~
143 per lo più bandito dai dodecafonici integrali •• Lo spi
rito petrassiano è}poi, tanto distante dai tentativi
"para-stilistici" e dalla intenzionale
dello Stravinskij sia neoclassico sia
Il
inespressività"
dodecafonico,qua~
to lo è dall'espressionismo della Scuola di Vienna. Pe
trassi non ama il dogmatismo sch5nberghiano - di quel­
lo Sch5nberg che, "così come Cristo nel Giudizio Uni ­
versale di Michelangelo, eleva i buoni e condanna i cat
tivi ll (103) - e, se-anche rimane profondamente affasc!,
nato dal lirismo di Berg e stimolato dalla logica
e
stringente consequenzialità degli sviluppi artistici
di Webern, e del puntillismo weberniano, in fondo
stranee gli sono la patetica "recherche" berghiana
"e­
o
la weberniana utopia di un universo cristallino" (104) •
Non meraviglia, allora, se il sistema sch5nberghia­
no delle dodici note, oltre a non essere la ragione tec
nica portante di alcun lavoro di Petrassi, subisce de­
cisive amputazioni e trasfiguraz!oni. La sequenza dode
144
cafonica è rivestita, così,di un messaggio ritmico
e
melodico {ricorrendo spesso nella medesima pregnate for
ma ritmica e secondo medesimi intervalli melodici, ri­
conoscibili e non rivoltati}, che percorre in modo chia
ramente individuabile parte della composizione. E'
il
caso, si può dire, di tutti i lavori "dodecafonici" di
Petrassi, da Terzo a Quinto a Sesto concerto, in
cui
la serie è assai più che una successione di semplici
intervalli e assume chiara valenza motivico-tematica ,
in ciò favorita, o comunque caratterizzata, da una rit
mica relativamente costante e regolare, qualche
volta
anche rude e spigolosa {retaggio ,dei lavori giovanili}
e, in genere, di immediata acquisizione, che è
quanto
di più lontano si possa pensare dalla concezione ritmi
ca dello "Sch6nbergkreis".
Ma le amputazioni e trasfigurazioni di cui si
detto consistono ancora altrove. La prima e più
te è che
è
evide~
talora, come in QUinto 'e in Sesto concerto', la
145 enunciazione iniziale della serie non esaurisce il to­
tale croma.tico e risulta essere, invece, una
successi~
ne endecafonica <Sesto concerto) o, addirittura, esafo
nica (Quinto concerto), anche se la serie verrà
poi
completata, in maniera francamente impercettibile, una
settantina di misure dopo). E non si tratta di tronco­
ni di serie, oppure potrebbero considerarsi tronconi
di una serie immaginaria
. che,
irtberrotta e mai
ripresa, non si udrà mai con chiarezza e interamente.
Un altro fatto è notevole; che, data una successio­
ne seriale (sia essa dodecafonica o endecafonica o esa
fonica), Petrassi usa spesso frammentarla e citarne i­
solate frazioni, anzichè riprenderla nella sua integri
tà, qualche volta traendone spunto per
un'insistenz~
ripetitiva che acquista un senso più ritmico-motorio
che intervallare,. e rimanda agli elementari
"continu~"
ritmici di Secondo concerto. In questo, e nell'impiego
più rettilineo e .percepibile degli artifici
contrappu~
146 tistici, sta un'altra differenza con la rigida applica
zione schonberghiana, certo estranea a ogni sorta
di
primigenia istintività ritmica.
Confrontiamo, inoltre, la disposizione intervallica
interna alla serie di un lavoro di Schonberg e di
di Petrassi, entrambi esemplari nella rispettiva
uno
ado­
zione del sistema dodecafonico. Le Variazioni op.
per orchestra
del '28, capolavoro indiscusso e
31
quasi
antonomastico della codificazione schonberghiana, sono
interamente costruite sulla seguente serie di
dodici
note:
Riscontriamo la presenza di due intervalli diminuiti
(si~-mi e doi -sol, essendo rei -~a assimilabile per e­
147 narmonia a mib-fa), di tre intervalli di terza o
del
loro rivolto (fa# -re#
ben
' fa-la e SOl# -si) e di
cinque intervalli di tono o di semi tono (mi-fa#
fa
ovv. mib-fa, re-do# ,sol-sol#
e si-do) .
,re:#'­
Mentre
in Récréation concertante (Terzo concerto) la serie è:
Qui, non ci sono intervalli diminuiti od eccedenti
frequente è l'adozione dello "spurio" intervallo
e
di
terza e del suo rivolto (sei volte: si~-sol, fa-re,re­
si, dO# -mi, mi-do e do-la, essendo queste ultime
tre
volte immediatamente successive l'una all'altra), men­
tre tre volte ricorre l'intervallo di semitono (alle no
t~
2, 3 e 4 in eccezionale successione cromatica) e u­
na quello di tono (si-do#).
148
Se vogliamo proseguire la statistica, per una volta
crediamo non arida, analizzando col medesimo criterio
la serie endecafonica presente in Sesto concerto)
-'.
1
(
$~ •
~tcaveremo
fu ~
_._- -- ------, - - -
t
• "• iJ=
5
"
-
~"""
! l- ~
9
-- _.-.
~~ -I
I
)~
conclusioni del tutto analoghe: completa
senza di intervalli diminuiti ed
ne
a~
eccedenti (sOl# -do
equivale, nel sistema terrperato , a 1a~-do), costanza de,!
l'intervallo di terza o del suo rivolto (sol-si,
sol# ' sol# -do
si­
OVV. 1ab-do, do-mi, fai -la e 1a-do~,
anche in questo caso presente per sei volte. e, di que­
ste, quattro e due consecutive) e quattro ricorsi
a1­
l'intervallo di tono o di semitono e relativi rivolti
(fa-sol, mi-fa# ' dO# -re# ' re# -re) •
L'insistita presenza dell'intervallo di terza mag ­
149 giore e minore (e del suo rivolto, intervallo di
se­
sta) è, come si è già detto, lontano dalla pratica do­
decafonica e non può che richiamare a un'ambigua e
scillante modalità mino-maggiore: al pantonalismo
berghiano Petras'Si
0­
scho~
sembra unire un elementare e onni­
presente "pan-modalismo". Confermati dall' imprescindibi
le movimento ritmico e dalla loro collocazione rispet­
to ai "battere" e ai "levare", sono ancora evidenti a!.
cuni parallelismi melodici, o "microprogressioni". Co­
sì, gli intervalli di terza minore della enunciazione
seriale di Récréation concertante (Terzo concerto) sono tutti disposti secondo un preciso schema ritmico
e
intercalati fra lot.o da una quartina di semi crome ( ~
-
Fffì fff9
fffli ffFf Ffft
.....
etc.), e, in Ses to concerto, i pr!
......
5".(
mi due intervalli di terza maggiore producono un
in­
')A.(
3C <
nalzamento melodico di semitono,essendo entrambi nella
1~/tJ/w
medesima situazione di arsi e di tesi (~
I I I, I
--J->
-
~">
t ).
150
Questi parallelismi contribuiscono a privilegiare ,
in modo tutt'altro che conforme ai canoni del
pancrom~
tismo dodecafonico, alcuni suoni che, nel caso specifi
co di Terzo concerto, sono sib-sol-fa-re-do#
-mi
(re
minore!) e, nel caso di Sesto concerto, sono sol-si
sol
#
ovv. la~-do ,(do minore!). Si tratta , beninteso,
di situazioni tonali assolutamente instabili e, an:?:i ,
inafferrabili, ma
tuttavia decisive per stabilire l'e
quidistanza di Petrassi tanto dalla tonalità quanto &d
rigidi schemi della dodecafonia sch6nberghiana.
Altri collegamenti con la tradizione si ravvisano
nell'impiego di note extra-seriali, che hanno
tutte
le carte in regola per essere definite, come avrebbero
fatto per assurdo un Theodore Dubois agli albori
del
nostro secolo, "note estranee all'armonia" ovvero,
so~
prattutto, "note di appoggiatura", "note di volta"
e
"note di passaggio". Ma non bisogna, anche qui, insi ­
stervi anacronisticamente più di tanto, come non biso­
151
gna che rilevare semplicemente, e considerare come
un
normale retaggio culturale, i possibili riferimenti al
contesto armonico-tonale della tradizione.
nat~
D'altra parte, la nostra sensibilità, chè, per
ra o per acquisizione, non è certo portata alla parti­
zione dell'ottava in dodici semitoni, ingegnosamente
(e gratuitamente) costretti a rivestirsi della medesi­
ma importanza, non può rinunciare a distinguere e a
~
larizzare l'attenzione su qualcosa, nella fattispecie
. gerarchizzando, anche per un momento, due o più
note.
(Ricordo la definizione polemica che Edgar Varese, mu­
sicista pure cosi lontano da Petrassi, diede al tempe­
ramento equabile di "filo per tagliare l'ottava lt ) .
ora,petrassi è un artista che rifiuta ogni forma so
spetta di intellettualismo e che, soprattutto, non in­
tende sfuggire, quando compane, alla propria naturale
sensibilità. Da Terzo concerto in avanti, egli trasfe­
risce la matrice dodecafonica in ogni propr:iolavoro,
ma
152 il periodo di maggiore adesione - adesione
per altro,
come abbiamo esemplificato, del tutto personale e
non
poi CQsì determinante al fine dei caratteri del
suo
mutato linguaggio - è limitato fra il Terzo e il
Se­
sto concerto. Dopo, sperimentato e fatto proprio
an­
che questo aspetto dell'attuale civiltà musicale
(im­
prescindibile, specie dagli anni '50 in poi), con
il
Quartetto per archi e la Serenata per flauto, viola,
contrabbasso, clavicembalo e percussione (entrambi del
'58), il Trio d'archi del '59 etc. egli si disferà
ogni senso di obbligo informativo nei confronti
di
della
dodecafonia, della quale manterrà, intatto solo lo spi­
rito di definitiva evasione tonale e la concezione in­
tervallica dei suoni.
Detto questo, l'analisi di Récréation concertante
(Terzo concerto) può avvenire su diversi piani,
senza
concentrarsi necessariamente sulla questione seriale.(105)
153
Formalmente, è anticipata la struttura del.'prossimo
Quarto concerto, distinguendosi - in modo, però,tutt'a1
tro che sicuro, essendo ill.lavoro molto frammentato
quattro movimenti ininterrotti, di cui il primo "Alle ­
gro sostenuto ed energico"/"Allegro spiritoso"/"Un po­
co più tranquillo/ a Tempo (Allegro spiritoso) "/"Tempo
lI
primo", il secondo "Molto mOderato"/"Quasi andantino"/
"Tranquillo (Poco meno del precedente) "/"Quasi andanti
no"/"Tranquillo", il terzo "Vigoroso e ritmico"/
chissimo meno"/"Tempo, un poco più
"Po­
comodo"/"Calmo"/"F~
rioso"/"Calmo"/"Furioso"/"Calmo"/"Tempo"/"Vivo e furio
so"/"a Tempo"/"Comodo"/"Più
aalmo"/"Adagio moderato",
il quarto "Allegretto sereno"/"Poco meno"/"Calmo"/"So­
stenuto". Abbiamo indicato con completezza le agogiche
relative ai singoli movimenti per significare l'estre­
ma mutevolezza e dinamicità di un concerto che a ragio
ne il Waterhouse definisce "bold and colourful". (106)
Uniti al frequente cambiamento di tempo (nel primo "Al
154 legro spiritoso" si contano ventuno cambiamenti in so­
le sessanta battute), fanno di questo concerto il
_mobile,
più
agogicamente e ritmicamente, dei tre compo­
sti finora da Petrassi.
A proposito dell'aspetto ritmico, è da notare
che
Petrassi ricerca, qui per la prima volta, soluzioni ir
regolari e fortemente asimmetriche, non tanto attraver
so l'adozione di figure ritmiche che non appartengono
al tempo indicato (terzine, quartine, sestine etc.) ,ma
tramite pause e accenti che disorientano il
normale
solfeggio e la normale alternanza dei movimenti (e del
le suddivisioni) forti e deboli.
Le prime misure del concerto sono sintomatiche: nes
suno, a un semplice ascolto, potrebbe ricostruirne con
certezza la grafia stabilita da Petrassi; i "battere"e
i IIlevare" sono inafferrabili e la sequenza ritmica
poiché di semplice sequenza si tratta, e non di
con-o
trappunto - procede varia e irregolare. La prima enun­
155
ciazione ritmico-melodica della
ser~e
nel successivo
"Allegretto spiritoso" (miss. 24 .•• 26) è resa
tramite
una successione isocrona di semicrome, che normalmente,
nel tempo 3/4, dovrebbero essere accentuate a
quattro
a quattro, mentre Petrassi prescrive un accento irrego
lare sulla quarta semicroma della seconda quartina
e
uno sulla seconda della sesta. Il passaggio affidato
alla batteria a miss. 81 .•. 95 è giocato su una
vivace
imprevedibilità ritmica, e così quello di sapore vaga­
mentre stravinskiano di miss. 131 •.. 147, dov'è impegna
ta l'intera orchestra, o, ancora, l'ostinata iterazio­
ne della minima cellula ritmica:
flìl,
c~e
da
misura
~
220 in avanti percorre ossessivamente, e disposta, all'interno della battuta, in tutte le posizioni ritmi ­
che possibili) la partitura, o il serrato contrappunto
imitativo, accuratamente sfasato da un punto di
vista
ritmico, fra gli archi solisti delle miss. 274 ..• 279,e
via dicendo.
156
E' curioso che l'ultimo movimento ("Allegretto sere
no") e, in parte, anche l' Il Adag;io moderato" che lo pre
cede, concludendo il terzo movimento, siano,per contra
sto, di una regolar;ità ritmica del tutto inaspettata ,
quasi pedante. Ci ricorda il finale di alcuni
lavori
da carnera di HindelRith,
"Lied"
e, in particolare, il
(anche questo un "Allegretto") conclusivo della "Sona­
ta" per contrabbasso e pianoforte (del '49), per
la
verità assai più tortuosa e accidentata del presente
concerto, ma anch'essa coronata, dopo le piroette ini­
ziali, da una chiusa "facile" e bonaria.
Anche la timbrica merita una segnata attenzione, co
me, d'altronde, sempre in Petrassi. E la prima
zione è rivolta alli apparato r:ercussivo
osserv~
che, dopo
la
giovanile scelta di rifiuto, divenuta negli anni '40
moderato e tradizionalissimo assenso (come ancora
fig~
ra in Secondo concerto), cont.a, ora, a fianco dei tim­
pani, una batteria fornita di temple-block,
frusta,t~
157
buro con corda e senza corda, due piatti, piatto
sosp~
so e gran cassa, la cui funzione timbrica e ritmica
è
onnipresente e insostituibile nel corso del lavoro: an
che
.i'
nel l '''Adagio moderato" è previsto l'intervento
del piatto sospeso (miss. 412 e seguenti), e il secondo
movimento, il più tranquillo dei quattro, è punteggia­
to dalle entrate intermittenti dei due piatti e
del
piatto sospeso, del temple-block,dei timpani etc.
Per
il resto, l'organico orchestrale è composto da un flau
to, un ottavino (che è anche, all'occorrenza,
secondo
flauto, ma è interessante che in queste indicazioni si
verifichi un rovesciamento - puramente formale e
fatto non determinante -
di
delle convenzioni che voglio
no, viceversa, il secondo flauto anche ottavino), un
~
boe (uno solo), un corno inglese, due clarinetti in si
bemolle, due fagotti, due corni in fa, una tromba
,'in
do e un trombone tenore, i citatj. timpani e la batte ­
ria, gli archi (con la parte dei. violini raccolta ±nsQ
158 lìtamente su un unico pentagramma1 assenti i
contrab-
Gli strumenti sono sempre impiegati secondo le pro­
prietà tecniche ed espressive della tradizione
(con
qualche "glissè" e suono armonico artificiale in piO.) ,
dì cui Petrassi già negli anni '3D, e ancor più
negli
anni 140, si era dimo'strato sicuro conoscitore. Gli a­
malgami, che per altro proseguono l'assottigliamento
degli spessori orchestrali degli anni '3D, sulla
scia
di Coro di morti.e - per i Concerti - di Secondo con­
certo, vedono solitamente raggruppati gli strumenti su!
la base delle affinità timbriche. Cosl, la compagine 0E
chestrale risulta suddivisa in chiare microsezioni stru
mentali: il flauto, unito o non all'ottavino (o al se­
condo flauto)
i
l'oboe e il corno inglese; i due clari­
netti (associati in frequenti isoritmie)
i
i due fagot­
,ti; i due corni i la trariba e il tranbonei i t.i.rrlpmi (una sor­
ta di. •• "libero" della formazione, alcune volte autoncmi, altre
Ul'liti agli archi o alle percussioni •• ~ mai, comunque,
ai
159 soli violoncelli); la batteria; gli archi. Le
nuove
microsezioni si ritrovano insieme in due soli momenti,
a miss. 135 ••• 138 e all'ultima misura del concerto, an
che se,per la precisione, qui è assente il quarto leg­
gio dei violini. Viceversa,
frequenti sono le zone
"scoperte", in cui uno strumento solista, o una deter­
minata microsezione o una categoria strumentale,
ma . all'economia
richi~
della musica da camera. In questa ot­
tica, tenendo anche presente l'estrema iridescenza di­
namica dei "piano" e dei "forte" (spesso anche sovrap­
posti), l'analisi della sorvegliata disposizione delle
masse timbriche può sostituire - .forse più. propriamen­
te - l'analisi architettonica di tipo tradizionale. Ve
diamo come.
Primo movimento
(miss. 1 ••• 165). L'" Allegno soste
nuto ed energico" introduttivo (miss. 1 ••• 23), dopo il
consueto segnale di richiamo all'attenzione (che
sta voI ta è rappresentato da un
'~sol",
que­
che trascorre
160
da archi e timpani alla tromba e al trombone, secondo
la formula ritmica.
;"
~ ~! 1---lJ.
), esaurisce,
nelle prime battute, non solo il totale cromatico, che
si completa con il fa diesis di oboe e clarinetti
già
a misura 6, ma anche quello strumentale, unica eccezio
ne l'ottavino - secondo flauto, che tace. L'impressio­
ne generale è di una brillante e colorita presentazione
della tavolozza timbrica del concerto.
Il quale si può dire inizi soltanto a mis. 24 (IIA1­
legro spiritoso"), con l'improvvisa e "leggera" inter­
locuzione dei violini soli, che espongono
concitatame~
te la serie dodecafonica su cui sarà "giocata"
: buona
parte del lavora. (Da notare, per inciso, che i ribat­
tuti che caratterizzano questa esposizione seriale
e,
con essa, l'intero movimento ricordano gli analoghi ri
battutti della quarta variazione in "Walzertempo" del­
le sch8nberghiane Variazioni op. 31 per orchestra.
E'
particolarmente impressionante
le
l~
somiglianza con
161
parti dell'arpa, della celesta e dei violoncelli lIohne
Kontrabasse", a miss. 167 ••• 170, un modello, si direb­
be quasi, cui Petrassi si è scrupolosamente attenuto}.
I legni e, subito dopo, gli altri archi replicano
con divertite e insistenti punteggiature (presente, oy
viamente, il pancròmatismo prescritto dalla serie ini­
ziale, nelle parti dei due fagotti, poi degli archi
flauti - archi, dall'oboe per moto contrario etc.). Il
tessuto timbrico del concerto si ricostituisce, così,
gradatamente, con una sorta di umoristico e trascolo ­
rante cicaleccio, cui sono partecipi tutti gli
strume~
ti, compresi il secondo flauto (da mis. 29) e l'ottavi
no (da mis. 71): semicrome ribattute a ogni strumento
dell'orchestra, indistintamente; "liquidi"
arpeggi
ai legni; insistite riprese, in chiave motivico-temati
ca, della enunciazione seriale di miss. 24 ••• 26,
per
lo più ai violini {vedi, fra l'altro, il moto retroga­
do cancrizzante dei violini e - per allargamento,
ma
162
senza la settima nota
della serie - del trombone,
a
miss. 62 ••• 66; o il moto contrario dei violini, subito
dopo, a miss. 66 ••• 73, senza le note 11 e 12; o, anco­
ra, il
moto retrogrado dei violini a miss. 108 .•• , il
moto retto dei violoncelli sulla tastiera, a miss. 113
•.• etc.): "conati. melodici" presto interrotti, affi­
dati ai fiati (notevole, e inatteso, lo slancio lirico
del primo fagotto, a miss. 47 ••• 62, per il quale è ad­
dirittura indicato "espressivo"7 cosi le due frasi del
trombone in "mezzopiano", a miss. 62 ••• 68, e, poco più
avanti, a miss. 77 .•• 79); integrazione dialettica
dei
timpani con la batteria (interessante il "battibecco"
che inizia timidamente a mis. 76 e si protrae,
sempre
più insistente, fino a mis. 95, dove timpani e batte ­
ria trovano finalmente un accordo nell'esporre insieme
le ultime due crome) •••
Come la sezione .introduttiva, che abbiamo visto es­
sere una presentazione del "totale timbrico" adottato
163
nel concerto, si concludeva chiaramente con una
pausa
coronata (mis. 23), cosi questa seconda parte conclude,
a mis. 118, con una pausa analoga, dopo la quale ha i­
nizio il momento drammatico culminante del primo movi­
mento.
Ritorna, qui, il tempo iniziale "Allegro sostenuto
ed energico" e, con esso, lo spessore orchestrale
che
apriva il concerto, ma con l'aggiunta di elementi rit­
mici e intervallari (questi ultimi desunti dalla
seri~
già apparsi nell'''Allegro spiritoso" precedente. L'in­
tensità "ff", talvolta anche "fff", si estende esaspe­
ratamente per trentadue misure (da 119 a 150), fino al
"Poco meno" di mis. 150, dove il tessuto orchestrale e
le intensità si assottigliano, preparati dalle triadi
perfette di si minore, ribattute da tre violini
soli
in "pianissimo", due battute prima: è la coda conclusi
va del primo movimento, che porta gradatamente al "Mol
to moderato" con cui inizia il se.condo.
164
Un'osservazione su queste "improvvise
tl
triadi mino­
ri affidate ai violini. In (Primo) concerto erano
gli
undici ottoni a presentare frequentemente combinazioni
di tre note sovrapponibili per terze (cioè, appunto,
triadi armoniche), in Récréation concertante
(~oCon-
certo) sono, invece, gli archi (si veda anche il passa.<l
gio delle tre viole sole, a miss. 77 ••• 79); l'interval­
lo di terza è, d'altronde, suggerito più volte dalla
successione seriale, esposta a miss. 24 ••• 26 dagli
ar­
chi e quasi sempre ripresa dagli stessi; in questa
se­
zione conclusiva del primo tempo, ricorre, poi, con par­
ticolare insistenza l'intervallo di terza, soprattutto
minore (dall'unisono iniziale di corno inglese -
cla­
rinetti - corni, al passaggio seguente dei corni -
e
del corno inglese, con l'intervallo rivoltato -, alle
note accentuate degli archi, a miss. 123 ••• 130, all'o ­
stinato e stravinskiano l'furioso", che procede ininter­
rotto da battuta 131a battuta 147, aggredendo
ripetut~
165 mente gli intervalli seriali di terza minore, dapprima
sib-sol, poi fa-re, re-si, do-la, sol-mi e mi-do
dunque, niente di piO. naturale che la comparsa,
# );
Il
:improv­
visa" solo sulla carta e non all' ascolto, di queste tri!,
di minori, che non potevano che essere date agli archi,
protagonisti
in questo concerto dell'enunciazione
se­
riale e del "divertimento", di cui. s'è appena detto,su.!,
l'intervallo di terza.
Torna alla mente la già citata espressione di Dino
VillatUn,sebbene riferita da lui ad altro contesto,
di
"fascia sonora che si perpetua per autogerminazione'!(10'1).
La fascia sonora è quella degli archi, che si fissano
caparbiamente sull'intervallo melodico di terza minore,
~sserrlo
però.,
non interscambiabili con altri strumenti (dif
ferenza con Schonberg!), e l'autogerminazione di questa
fascia è la logica e spontanea trasformazione in
so­
vrapposizione triadica di terze. La rapida successione
melodica delle terze affidate agli archi diviene,
cosi,
166 contemporaneità timbrico-armonica.
Secondo movimento
(miss. 166 ..• 218). " ..• una spe­
cie di intermezzo o meglio di interludio tra gli episo­
di maggiori ••• : un divagare dell' estro, un dipanarsi lE!9:
gero e lineare delle voci strumentali, il IIconcertante"
appunto in cui in questo caso l'interlocutore principa­
le è il corno inglese" (108). Difatti, il camerismo
di
questo episodio - basato, almeno fino a mis. 190, sulla
dialettica alternanza di fiati e di archi (rispettivi
protagonisti il corno inglese e i violini uniti),
poi
integrati fra loro con neoclassica discrezione, da mis.
191 a 207 - domina indiscusso fino al "Vigoroso e ritmi
co" seguente. Unica eccezione le miss. 210 ••• 212
che,
come un lampo, squarciano. per un attimo, il sottile a­
rabesco. Suggestivo il IIfortissimo" dei timpani a mis.
212, quasi un tuono che 9iunge tardivamente e si protrae
(sempre in IIfortissimo") sotto il fremere appena udibi­
le dei fagotti, spegnendosi in un·"pianissimo" bronto ­
167
lio (miss. (214-) 215 ••• 218).
Da osservare ancora il ruolo che, a miss. 197 e 201
-202, ricoprono
léF. tromba e il trombone: già
interv~
nuti a miss. 178 ••• 184 per punteggiare con lievi stac­
catissimi l'assolo del corno inglese, soltanto in que­
sti due casi assurgono in primo piano, imponendo
come
una inaspettata "Hauptstimme", che altro non è che
la
citazione del famoso tetracordo di Noche oscura (da no
tare, fra l'altro, il moto contrario delle parti,
a
miss. 201 e 202). Petrassi ama, talvolta, riproporre
frammenti di altre proprie composizioni, e, si
badi,
senza mai ripetere il clima espressivo che contraddi
stingueva la prima formulazione. Quasi a significare
che egli è rimasto lo stesso di sempre, nonostante
il
cammino percorso. A maggior riprova che "lo spirito
non soltanto dell'intelletto, ••• (ma anche quello) del
la emozione fisica che traversa il compositore giorno
per giorno - come disse lo stesso Petrassi
(1CiJ)
­
168
è mai assente (nelle opere di un artista)",
ecco
ritroviamo attestati, nei lavori successivi di Pe­
trassi, i momenti di vita interiore più intensamente
vissuti: in questo caso, si tratta della citazione del già ossessivo
e implacabile tetracordo di Noche o,scu-
E! (quasi l'estasi mistica, o l'incubo, di una visione notturna); nel futuro Quinto concerto
si tratterà,
i~ vece, della citazione desunta da un lavoro altrettanto inquietante e gravido di preoccupati contenuti
. e umani come Coro di morti.
idee fisse, che ritornano
"Pensieri dominanti
morali o
Il,
di quando in quand.o nella
produzione di Petrassi, emergendo da una sorta di psi­
coemotività sotterranea.
A essere precisi, in questo movimento si
potrebbe~
rilevare una citazione, indubbiamente meno palese
e clamorosa; è il lento mordente inferiore del
flauto, a mise 167, poi ripreso dal primo corno e
primo
dai
violini, a mise 174, nuovamente dai violini divisi (e,
169
per moto contrario, dalle viole), due misure dopo)
e.
ancora dai fiati e dalle viole e i violoncelli in "piz
zicato", a mise 210, che ricorda il mordente che
il secondo tempo ("Allegretto spiritoso") del
apre
Secondo
concerto.
Terzo movimento'
(miss. 219 •.. 424). Il piO. e­
steso, interamente "giocato" sull'intervallo di terza,
quello che rammenta più da vicino - anche rispetto
a
Secondo concerto e, tanto più, rispetto ai Concerti se
guenti-l'esultanza romana dei primi anni. La già nota­
ta irregolarità ritmica e, in minor misura l l'estrema
regolarità intervallica sono come inghiottite da un'iE
resistibile vitalità timbrica e dinamica
(definita,qu~
sta, da una contrapposizione del tutto tradizionale di
"piani" e di "forti", senza possibilità intermedie) .E'
il colore, inteso in senso lato, a prevalere:
colore
di timbri compatti e organizzati, che trascinano velo­
cemente allo stagnate "Adagio moderato" di miss.386 •.•
170
424, conclusione del movimento elo introduzione
del
successivo. Anche nei momenti più "cameristici" (miss.
227 .•• 231, 247 .•• 279 etc.), la coltre strumentale
non
perde di spessore, essendo il risultato timbrico molto
omogeneo. La chiara sensazione suggerita
dall'articol~
zione delle masse timbriche propone, cioè, la biparti­
zione in "Vigoroso e ritmicoll/"Pochissimo meno" •.• (pr!.
ma parte) che, scemando di tensione con i tre brevi
e
improvvisi episodi in "Calmo" (miss. 332, 343, 348),il
"Comodo" di mise 379 e il "Più calmo" di 383, sfuma
nell'''Adagio moderato" di miss. 386 ••. 424 (seconda paE
te) •
Il quale, abbiamo detto, ha la funzione bivalente
di principio e fine del movimento. Ritorna, in esso,la
citazione dalla cantataNoche Oscura, bene in evidenza
al corno inglese e al trombone, a mis. 402, e, più
a­
vanti, in soluzione tradizionalmente ìnÌitativa.
agli
ottoni (miss. 414 ••• 416, con il moto contrario
del
171 trombone e del primo corno), al primo flauto e all'ot­
tavino (miss. 416 e 417), agli archi in valori ritmici
diminuiti (miss. 417 e 418 e, ancora, 420 e 421),
al­
l'oboe e al corno inglese (miss. 420 e 421) e al
prd,;­
~
corno (mis. 422). E ritorna, accentuata, l'atmosfe­
., ra di rarefatta fissità già incontrata in lavori
prec~
denti, dall' "Adagio" di (Primo) Concerto" agli "eserci
zi ascetici del Ritratto di Don Chisciotte"
(109), al
televisivo "bianco e nero" (110) di Morte dell'aria,a!.
la monocromia notturna di Noche Qacura.
Il "climax" di questo versante dell'ispirazione pe­
trassiana (che a noi sembra coll79are con un filo uni­
co autori cosi distanti nel tempo, come il Beethoven
""
""- e Gyorgy Ligeti, ma
degli ultimi Quartetti, Bela Bartok
di questo si riparlerà nel prossimo capitolo) sarà
ra~
giunto nel "Lentissimo" (miss. 322 e seguenti)
del
~arto
concerto. Nell'''Adagio moderato" della Récréa ­
tion concertante (Terzo concerto), piuttosto, c'è
una
172
interessante commistione di elementi puramente timbri­
ci e di altri propriamente melodici (o intervallari) ,
che, se non erriamo,hanno poco a che vedere, con l'esp2.
sizione seriale del primo movimento, fermi restando la
insistenza sull'intervallo di terza minore e l'adozio­
ne di un libero pancromatismo. (A meno che non si
vo­
glia leggere passi come questo dei violini a miss.395 •
•• 397 nel seguente modo:
DOpo di che ula diritta via è smarrita".).
A parte le citazioni da Noche oscura, molti elemen­
ti melodici si espandono in ampie volute alla
paI:'te
degli archi, senza per'altro assumere paI:'venze temati­
che, come il disteso intervallare' dei violoncelli,
a
173 miss. 390 ••. 395, o la frase "espres:;;iva ma senza
v:l.­
brare troppoll dei violini, che trascorre per nove bat­
tute
a part:l.re dalla n. 395 e a cui risponde, in modo
vagamente imitativo, quella più breve dei celli,a miss.
399 ••• 401, seguita dalle viole, a miss. 401 ... 409. Ma,
contemporaneamente, gli effetti essenzialmente timbri­
ci dei fiati, che producono statiche agregazioni sono­
re e lentissimi ed esasperati cromatismi, hanno per u­
nico scopo quello di creare una situazione di fissità
e di immobilismo, nella quale i diversi spunti melodi­
ci sembrano fluttuare perdutamente, come in un liquido
umore. etè, in questo "Adagio", quasi, il tentativo
di
evadere dal tempo (musicale e terreno), persegu:l.to non
tramite le irregolarità del solfeggio,ma una timbr:l.ca
soffusa, "polifonica" e, nel contempo, inerte e monotE.
na~
(senso etimologico), lunare. La trasposizione
questi aggregati timbrici dai fiati agli archi
di
(mies.
409 ••• ), il recupero di un contrappunto imitativo
di
174
tipo assolutamente tradizionale se non accademico (miss.
414 ••. ) e le "impertinenti" crome puntate dei flati
(miss. 412 •.. 414) ci guidano gradatamente al movimento
conclusivo, "Allegretto sereno".
Quarto movimento
(miss. 425 ••• 469). L'anti­
tesi del precedente. Vengono riprese, in tempo più ra­
pido, le crome puntate di miss. 412 ••. 414, ma la fissi
tà timbrica dell' "Adagio moderato" cede a un divertito
meccanicismo hindemithiano, in cui sono assenti le
e­
spansività melodiche così come i cromatismi esasperati.
La ricerca timbrica diventa gioco astratto di forme,
gioco a incastri di precisione. L'aggiunta agogica
n
s !:,
reno" sta, appunto, a significare l'oggettiva aproble­
maticità di questo movimento, che, con i suoi
rapidi
"tic-tac" di perfetto ingranaggio da orologeria (o
di.
"computer" di un'informatica antesi9nana •.• ), ci cond!!
ce, in poche misure, alla conclusione del concerto.E',
175
forse, il movimento che meno si presta al tipo di ana­
lisi da noi proposta, ma egualmente puO essere conside
rato per le chiare sezioni strumentali che definisce e
che ne strutturano, in qualche modo, l'architettura
portante.
All'inizio, i clarinetti e i fagotti espongono,
in
una polifonia a quattro di sapore decisamente neoclas­
sico-stravinski~,
figurazioni di crome leggere
staccate. Intervengono, a poche misure di distanza,
e
i
ribattuti col legno dei violini e delle viole, che co­
municano una nota timbrica del tutto nuova. Un passag­
gio "filante" degli archi in ottava conduce, quindi, a
un dialogo più fitto e intrecciato fra le diverse
crosezioni strumentali (cfr. terminologia adottata
mi­
a
pag. 158'). Sicchè, le miss. 425 ••• 432 sono come un cap­
pello introduttivo che anticipa i tipi ritmico-melodi­
ci ricorrenti nel movimento, dai balzi scattanti delle
crome puntate dei fiati, a-i ribattutti e ai rapidi dia
176
tonismi de Il e semi crome degli archi. Il tutto con
estt~
e ragionata parsimonia nell'impiego strumentale.
Da
mis~
433, l'orchestra si ispessisce, toccando ra
pidamente il "totale timbrico" (a mis. 436, con l'in­
tervento dell'oboe) e mantenendosi complessivamente im
pegnata, fino all'acme drammatica di miss. 450 e
451,
dove gli archi fuoriescono in una sfuriata di crome pic
chettate in "fortissimo", che declina immediatamente
al "pianissimo" di miss. 453 e seguenti. Qui, alle velo
ci crome staccate e ai tremoli degli archi, si
con­
trappone finalmente un disteso intervallare di
flauto
primo, corno inglese e fagotto primo, presto imitato e
sostituito da quello dei violini e delle viole in
va (si tratta del medesimo elemento comparso la
ott~
prima
volta a miss. 395 e seguenti, ma non si puO certo par­
lare di forma ciclica, per così poco).
Un'ultima fantomatica scaletta diatonica alle viole
in "pianissimo" (miss. 461 e 462)., i tremoli sussurati
177
·di violini e viole e l'eco di lontano del"pianissimo"
IIla ll maggiore dei corni chiusi + tromba con sordina
e
dei tre violoncelli soli (miss. 463 ••• 468): è "la qu:be
te prima della tempesta" :einale. Per una mezza battuta
ancora, l'orchestra si ricompone e scatena, in un ener
gico "fortissimo", l'estrema conclusione.
Récréation concertante (Terzo concerto) fu scritta
su incarico della Sudwestfunk - Badeh Baden e
~n'apertura
denota
e una int.ernazionalità di intenti conferma
ta non solo dalla sua destinazione, ma dai viaggi sempre
J?iil: numerosi di Petrassi all'estero. Questa "interna ­
zionalità" si configura come abbandono, o mutazione,di
vecchi stilemi compositivi, e coraggioso innesto
dei
nuovi su un linguaggio solido e mai rinnegato, tutt'al
tro che consunto. ln particolare, si è detto della ado
zione dodecafonica e del parziale superamento del dia­
tonismo, ma ancora pin notevole è l'abolizione
quasi
178
totale della formq tradiz10nalmente intesa. Non
non si danno più
'~teJni"
solo
in questo concerto, mentre an­
cora in Secondo concerto abbiamo sottolineato il
ca­
rattere chiaramente tematico della prima idea (miss. 2
..• 8), ma anche le cellule ritmico-melodiche
vengono
compresse e frammentate, al punto che ciO che realmen­
te conta sembra essere il puro intervallo, il pur.o
ti~
bro, il puro ritmo, e non più il loro valore motivico­
tematico e la loro capacità di organizzarsi, delimitan
do chiare sezioni formali.
E' quello che Boris Porena, nel suo saggio sui Con­
certi per orchestra (112), chiama "strutturalismo
in­
tervallico", cioè "energia propulsiva degli elementi
strutturali, pensati ••• in termini di intervallo e non
di armonia o melodia", "riduzione della figura musica­
le a segno privo di significato,
i ••
nello spirito de,!
l'ornamento, dell'arabesco emancipato". Ma non bisogna
nemmeno esagerare. Sono
espressio~i
molto dense,
che,
179 per quanto riferite dal Vorena proprio a questo
Terzo
concerto, vanno, secondo noi, applicate - forse ancora
con qualche limitazione - a lavori di Petrassi più re­
centi e, nell'ambito dei Concerti, a Settimo concerto
e, in minor misura, a ottavo concerto.
Se è vero che l'intervallo assume, in Récréation
concertante (Terzo concerto), un ruolo primario rispe!
to ai tradizionali concetti di melodia e di
armonia
(e lo si è visto nel reiterato e divertito impiego del
l'intervallo di terza minore, o nell'adozione di tria­
di armoniche cui si addiviene "per autogerminazione"
(11 3), e se è vero che l'analisi dei tre parametri in­
tervallo - timbro - ritmo può sostituirsi con
miglior
successo all'analisi formale di tipo tradizionale - a­
nalisi e partizione della macrostruttura in base
agli
elementi tematici ricorrenti -, non crediamo, tuttavia,
che si possa ancora parlare di. "riduzione della figura
musicale a segno privo di significato", e, nel presen­
180 te lavoro,meno che mai.
Le indicazioni espressive, che si accentuano
anche
maggiormente che in Secondo concerto, sono presenti,o!
tre che nelle generali indicazioni agogiche (dove
si
rrescrive energia, spirito, tranquillità, vigore,
fu-
ria
(!),
serenità), lungo le singole ];arti strumentali,
e non hanno nulla di astratto, significando, anzi,
pr~
cisi stati emotivi, o meglio emozionali, resi, per
di
più, da figure musicali assolutamente consone allo spi
rito prescritto: saranno le pesanti accentuazioni
di
crome e di saniminime nell' "Allegro sostenuto ed ener­
gico" iniziale, o il leggero e capriccioso inseguimen­
to delle semicrome ribattute e variamente accentuate
della esposizione seriale ("Allegro spiritoso"), o
furioso insistere sulla cellula:
r-r-l , che,
il
per sua
..../
stessa natura, comunque sia disposta all'interno di u­
na battuta, non può che risolversi, in
,
"fortissimo",c~
o, per allargamento,
74
J
>-./
~
,
~7
181 (cfr. il "Furioso" di miss. 339 ••• 341).
Senza contare che, lungo il corso del lavoro e
fra
i pentagrammi, si incontrano richieste esplicite
espressività ("espress."), che dovranno certo
di
essere
riferite a figure musicali che qualcosa sono pure
grado di esprimere. Caso eclatante l'assolo del
fago~tp,
a miss. 47 ••• 61, o quello del corno
in
primo
inglese,
nel secondo movimento, o, anche meglio, il passo
dei
violini, a miss. 395 e seguenti.
E, poi, indicazioni come il "velato" delle
a miss.
11~0
viole,
il "furioso" dei violini in "fff", a mise
131 (questa curiosa aggettivazione, che ci fa pensare
,.
a Bartok o a Prokofiev, è quella più frequente in
Ré­
création concertante, ed estrapolarne una più "signifi
cativa" credo impossibile), o il "dolce" dei corni,
miss. 190 e, ancora, a miss. 195 e 196, o altre
a
come
"morbido", "brillante", "sciolto", "sentito", "espress.
ma senza vibrare troppo", "sempre molto calmo", "senti
182
to, ma dolce" ••• sono molto più che semplici suggeri ­
menti tecnici e sottendono una volontà espressiva
che
quasi ribalta l'affermazione di Porena.
Quanto allo "spirito dell'ornamento, dell'arabesco
emancipato", forse occorre riconnetterlo al più
gener~
le spirito che caratterizza il concerto - che, come dì
ceva 'vaterhouse, è "bold and colourful" (114) - e, na­
turalmente, all'innato magistero tecnico-strumentale
che da sempre contraddistingue Petrassi e contraddi
stingue~à
ancor più in futuro il Petrassi di lavori e­
splicitamente ricreativi, come Tre per sette (già
titolo sembra pensato per ricreaztone), o Estri
il
per
quindici esecutori, entrambi del '67.
Non bisogna, però, che questo senso evasivo
pregiu~
dichi i contenuti umani ed espressivì, comunque presen
ti. " •.. c'è un'espressione che è appunto un'espressio­
ne detta e un'espresstone non detta - afferma
Petras­
si (115) -. L' espressilone detta è· l' espressi~:>ne concIa
183
mata attraverso un titolo, attraverso un testo;
l'e­
spressione non detta è l'espressione che è tutta inter
na e che si rivela soltanto attraverso la musica ••• Ci
possono anche essere dei
lavor~
da camera
(come
Tre
per sette o Estri), in cui l'esornatività, l'arabesco
prendono magari il 'sopravvento ••• , (ma) io dico,
af­
fermo almeno per conto mio, privatamente, che in
ogni
lavoro è sempre reperibile una possibilità di espres ­
sione, ••• un sigillo espressivo •••• Insomma questo de!
l'ornamento non significa che una musica è soltanto e­
vasiva
perch~
ha alcuni momenti di ornamentazione. An­
che in molti lavori miei c'è la qompiacenza dell'orna­
mento, la compiacenza dello svolazzo, perchè no?
Mi
fa piacere, perchè negarmela?fI. Ecco, dunque, chia,rita
l'accezione più vicina alle intenzioni dell'autore, da
attribuire al titolo Récréation concertante.
Emerge anche, di qui, la flbipolarità dell' flanimus fl
petrass1ano (116), ovvero "the introvert and extrovert
184 sides of Petrassi's nature (117), sui quali molto han­
no insistito alcuni studiosi, per sottolineare il
dua~
lismo espressione - evasione in l?etrassi, che pare fi­
nalmente trovare, in Récréation concertante (Terzo con­
certo , una "concordia discors" prima irrealizzata. Al
riguardo, si osservi il contrasto di lavori così vici­
ni
cronologica~ente,
ma antitetici spiritualmente, co­
me il Concerto per pianoforte e il Coro di morti (anni
'36 ••. '41), oppure l'opera Il Cordovano e la tragedia
Morte dell'aria (anni '44 ••• '49), o, infine, la canta­
ta Noche
o~~ura
e i divertiti e divertenti Nonsease
per coro a cappella (anni '51 - '52). Ma non è, forse,
l"
il caso che su questi
Il
"t'ono","
della critica
petra~
siana insistiamo anche noi; rimandiamo, invece, ai cri
tici riportati in nota.
185 7. Quarto concerto
Quarto concerto non sembra proseguire la, strada in­
trapresa con Récréation concertante (Terzo concertO) .I
due lavori sono separati nel tempo dalle Musiche di sce­
na per il
~LFrometeo"
di Eschilo e il Lorenzaccio di De
Musset (regista Luigi Squarzina) e dalle colonne sono­
re per il films Pattuglia sperduta e Cartouche, inedi­
te. E' passato un anno soltanto dai primi approcci
di
Récréation concertante con lo "strutturalismo interval-'
lico" (118), ma già Petrassi pare discostarsene, senza
approfondirne gli esiti. Dopo i viaggi a Salisburgo
a Londra ('51 - '52) e la "tournée" in America
e
Latina
(nel '53, come direttore, compositore e conferenziere),
il '54, anno del presente concerto, trascOrre per
Pe­
trassi a Roma in relativa quiete. E'come, metaforica­
mente e non, un rimpatrio, che lo immerge nella
nuova
temperie culturale e artistica dell'Italia musicale del
186
momento.
"Nel Quarto concerto c'è. stata certamente una ::eorte
influenza bartokiana ••• - conferma Petrassiin un'in ­
tervista (119) -. In realtà fu il momento, se non del­
la scoperta, dell'attualità di Bart6k. Fu un momento in
cui ci si riavvicinO a Bart6k, ma con un'intensità
e
con una partecipazione direi assoluta e soprattutto
~
in Italia, soprattutto a Roma, e questo perchè già
si
delineavano le varie rotture di Darmstadt, e
quindi
tutte le nubi contestatrici della musica che sono venu
te dopo, e forse Bartbk rappresentò per noi ancora
la
ultima possibilità di attenerci a·un modello che sodd!
sfaceva le nostre
es~genze
spirituali alle quali, cre­
do, non abbiamo mai abdicato completamente. Naturalmen
te sarà passato Bart6k, Saranno passati altri musici ­
sti, ma a queste esigenze almeno io ho cercato di tene
re fede, nonostante tutti gli sviluppi e nonostante tut
t~
le manipolazicni future".
187 Il riferimento a Béla Bart~k è tutt'altro che cau­
sale o secondario. Esso determina l'adozione di
niche e modi compositivi prima elusi
tec­
e, soprattutto,
una maggiore "compattezza e organicità e omogeneità di
concezione dove forse c'è da ravvisare un più sottile
segno della lezione bartokiana" (120).
Quanto ai primi, la stessa scelta strumentale,nuo­
va rispetto alle opere precedenti, è significativa.La
orchestra d'archi qui impiegata - che è divisa nelle
consuete cinque sezioni di violini primi, violini se­
condi, viole, violoncelli e contrabbassi -
rimanda
ad analoghe formazioni bartokiane f come il Divertimen­
to per archi del '39, o la Musica per strumenti a cor­
da, celeste e percussione del '36, o, ancor più, i sei
Quartetti per archi del 1908 ••• '39, che indagano, co­
me forse nessun'altra opera di Bart5k, le possibilità
tecniche e timbrico - contrappuntistiche degli archi.
188
Non è difficile scoprire la matrice di Musica
per
strumenti a corda, celeste e percussione, dove la pr!
ma parte "Andante tranqu:Ulo" (anch' essa i11 tempo com
posto e affidata alle crome sinuose degli archi) ri ­
corda il "Placidamente" di apertura di Quarto Concer­
to. Simile atteggiamento ritroviamo nel Bartbk
dei
Quartetti, e in particolare nel Secondo quartetto(pri
mo movimento, 9/8 - 6/8, "Moderato")
tetto (seconda parte, al "Più mosso,
nel Terzo quar­
I
J.
=
90 - 92 11
in
tempo 3/8 (nn. 13 e segg. delle edizioni Philarmonia»
e nel Sesto quartetto (esordio "Mestoli in 6/8 di ogn!!,
no dei quattro movimenti e, benchè in tempo "Vivace",
tutto il primo movimento, a partire da mis. 24).
Un
primo immediato legame con il grande collega unghere­
se è, dunque, ravvisabile, oltre che nella adozione e
sclusiva degli archi (strumenti bartokiani per eccel­
lenza), nell'uso insistito e melodicamente espressivo
delle crome in tempo moderato di" 6, 9 o 12/8, secondo
189
un'agogica ed una ritmica di frequente utilizzazione
in Bartok. Anche l'intervallazione
intern~
linee di crome, che, nel breve arco di
di
queste
qu~lche misu~a,
toccano spesso il tot.ale cromatico, e la loro
spinta ora ascensionale ora
forte
avvicinano
discension~e
i due autori.
Ma dai Quartetti di Bart6k è desunto anche, e
prattutto, quel "tessuto a maglie strette
ll
,
so­
inteso cS!.
me sovrapposizione ravvicinata delle parti strumenta­
li, che dà luogo, di l'quando in quando, a veri e pro­
pri
lI
c l us ters", o a contrappunti di seconde parallele,
a incontri verticali di semitono più o meno prolunga­
ti, a crocevia di parti strette che si
e
incont~ano
si scontrano come incuranti le une delle altre, ma re
golate, in realtà, da una logica interna rigorosa
nano alla mente
~nche
i bartokiani
Contr~sti
lino, clarinetto e pianoforte del '38),
o,meglio, addizioni - di
materi~~i
(bar
per vio­
imit~zioni
melodici e timbri­
190 ci, che si articolano per progressivi interventi e si
~ggregati
sonori
Consideriamo il primo movimento, "Allegro",
del
accumulano (o viceversa), producendo
di diversa tensione e compattezza •••
Quarto ~ttp_ di Bart6k. Gli intervalli armonici di
tono e di semitono, e i loro derivati, sono i più
fr~
quenti e, per di più, vengono trattati con una spre ­
giudicatezza tale, da non risparmiare le orecchie più
agguerrite e abituate agli estremi pGlitonalismi. Qu~
sto il "bicinium" contrappuntistico delle prime
tre
misure, fra violino primo e violino secondo:
mi
I
I
fa f a # - - - - rel/ mi
mib fa
reg do. sol mJ do - - sib do.J!
mi~ re~ ---"siI? la s~--si~
etc.
Da notare, alla terza misura, lo strettissimo "acca ­
vallamento" e incrocio delle due parti a distanza se­
mitonale - tonale sulle note do - sib- dO#
Il
Il
ma violino, stante il s1 fermo del secondo
del priviolino.
191
A mis. 7, poi, un aut.entico "cluster", ottenuto dalla
progressiva addizione delle parti a distanza di semi­
tono:
fa#--­
fa~ . - - - ­
mi----­
mi~---
simile, ma pin complesso, il contrappunto imitativo
che viene a mis. 14 e seguenti. I casi potrebbero mol
tiplicarsi per tutto il primo movimento.
Ora, non si vuole affermare che il Petrassi
di
Quarto concerto si sia posto di fronte a un preciso
modello bartokiano, e tanto meno che questo
modello
sia proprio il quartetto che abbiamo preso in conside
razione. Bart6k sbesso, d'altra parte, in diverse oc­
casioni adotterà l0 stilema che abbiamo definito
del
"tessuto a maglie strette", dato dalla sovrapposizio­
ne ravvicinata delle parti strumentali. Il
concerto è, piuttosto, un esempio limite di un
Quarto
tipo
compositivo che ritroviamo, anche se in modo meno ar­
192
dito e provocatorio, in Quarto concerto.
Questo contrappunto di minimi intervalli, unito al
l'uso frequente delle note tenute, determina anche,in
Bart~k come in Petrassi, momenti di magica contempla­
zione, già in parte riscontrabili in
Morte dell'aria
e:Recréation concertante (Terzo concerto)
(vedi 11"A
dagio moderato" conclusivo del terzo movimento),
ma
qui arricchiti di procedimenti tecnici, e conseguente
mente espressivi, prima ignorati. Si vedrà come,
nel
"lentissimo" di miss. 322 e seguenti, Petrassi combi­
ni le sei parti in un contrappunto di grande tensione
intervallare - eppure assolutamente statico nei
suoi
esiti, quasi allucinato -, dove gli strumenti interse
cano linee di intervalli chiaramente definiti,
rò, risultano praticamente
impercetti~ili
all'ascolto
e si smarriscono in un pulviscolo di armonie
temente di seconda, settima, nona
etc~
che,p~
prevale~
Nei lavori
di
Bartok, ci imbattiamo spesso in passaggi analoghi.per
193 rimanere ai Quartetti, si pensi al "Lento" conclusi­
vo del Secondo quartetto, o alla'~icapitulazione{sic)
della prima
Terzo (specie ai nn. 3 e 4
del~
le edizioni Philarmonia), o, ancora, all'esordio
e
ad altri momenti del "Non troppo lento" del Quarto,
e
parte"de~
via ·.dicendo.
Sono atteggiamenti - non crediamo di esagerare
che affondano le radici in certo spirito visionario e
incredibilmente avveniristico dell'ultimo Beethoven.
Non siamo i soli a sostenerlo, se Giovanni Carli Bal­
lola, nella sua monografia su Beethoven (121), defini
sce "beethoveniani nella sostanz.a" i Quartetti
archi di Bart~k, "con la loro invenzione di forme
cui di volta in volta
s'identific~
lo stesso
per
in
di­
scorso musicale, i loro parossismi e sortilegi, la lo
ro assoluta interiorità che attinge ai piO. riposti a­
bissi dell'anima". Ci riferiamo, in particolare, alla
"Canzona di ringraziamento offerto alla divinità
da
194
un guarito, in modo lidico" (secondo movimento
del
Quartetto in la minore op. 132), all"'Andante con mo­
to ma non troppo" dell'op. 130, all'''Adagio ma
non
troppo e molto espressivo" dell'op. 131, al "Lento as
sai, cantante e tranquillo" dell'op. 135.
Dopo Bart6k, molti altri compositori, oltre a
Pe­
trassi, hanno trasferito nella propria musica "gli e­
lementi di una natura visionaria e notturna, portata
a scandagliare gli aspetti celati delle cose e la vi­
ta segreta della materia," (122). Fra di essi, il con­
terraneo di Bart6k,Gyorgy Ligeti - del quale ricordo
le fissità astrali di Aeparitions e di Atmoseheres
per orchestra ('60 - 161), del Requiem per coro e or­
chestra e di Lux aeterna per coro misto a cappella
('66), di Lontano per orchestra ('67) -, il
polacco
Krzystof Penderecki - autore di un allucinato Threnos
(Klagegesang auf die 0efer von Hlro'shima) per 52
ar­
chi ('60) e di uno Stabat Mater per tre cori a cappel
195 la ('62) -, l'italiano Aldo Clementi - la cui conce ­
zione "statica" della musica lo ha condotto a un "ri­
goroso informel" (123), con lavari come i tre Informel
061. •• '63) o le tre Varianti (' 63-' 64) - e i diversi
compositori che fanno uso dei nuovi mezzi
elettronic~
Karlheinz Stockhausen, Henri Pousser, Bruno Maderna,
Luciano Berio ••••
L'elenco, naturalmente, potrebbe continuare,ma
pr~
feriamo spostare l'asse del discorso su una questione
più specificamente riferita a Petrassi: come si
ciliano, in lui questi momenti statici - estatici
derivazione bartokiana con una visione della
con­
di
musica
sostanzialmente dinamica?
Visione dinamica vuoI dire anche visione dialetti­
ca, fondata su rapporti più o meno contrastanti
di
tensione e distensione. Se, dunque, questi rari momen
ti di "quiete"
contribu~scono
a sottolineare e a far.e
emergere, con maggiore pregnanza e incisività,i
ben
196 piU frequenti momenti di tensione, la loro funzione
dialettica - dinamica è pienamente soddisfatta.
Amme~
so, poi, che li si debba considerare come veri momen­
ti di distensione, chè in Petrassi anche l:a·nquiete" è
sentita come un'inquieta attesa. Diverso procedimento
è impiegato nei lavori statici di Aldo Clementi
o,
trasponendo in campo cinematografico, nelle regie
di
Bob Wilson (come Petrassi s.tesso mi spiegava, con sin
golare accostamento, in un'intervista
(124~,
in
cui
i mutamenti di tensione ci sono senz'altro, ma in mo­
do talmente lento, da essere quasi impercettibili. La
ipnosi e l' "assuefazione" sono obiettivi cui Petrassi,
per libera scelta, non ha mai mirato.
Ma c'è un aspetto tecnico più sottile e
preminent~
per il quale Quarto concerto si distacca dalla
via
additata dallo "strutturalismo intervallico" di Récréa­
tion concertante (Terzo concerto),·per accostarsi, i:}.
veceJall'esperienza bartokiana. Chiarito, come risul­
197
ta da un semplice ascolto del concerto, che "non è •..
la componente folclorica in Bart6k a sollecitare l'in
teresse di Petrassi", Boris Porena sostiene (125) che
ciò che del linguaggio bartokiano avvince di più
Pe­
trassi "e lo spinge a tentar qualcosa di analogo è la
sintesi tra tema e struttura ••• (Per Bart6k) la "pu'­
rezza" non è condizione essenziale dell'opera d'arte.
La scrittura bartokiana, infatti, ha il suo fondamen­
to in microunità figurali, in cellule tematico-strut­
turali definite sia dagli interni rapporti
intervall~
ri, sia da un potenziale che vorremo dire semantico"·
Nessun dubbio. E questa "sintesi tra tema e ;strut­
tura" Petrassi la 'Plge secondo una. singolare conuni
stione - singolare, 'perchè neppure Bart6k
~i
spinge a
tanto - fra elementi strutturali - serialied elemen­
ti propriamente tematici. Già abbiamo riscontrato
la
compresenza dei due tipi di elementi in Terzo Concer­
to, che si avvaleva disinvoltamehte del binomio
se­
198 rie - motivo (essendo l'esposizione seriale non
solo
enunciazione di semplici e definiti intervalliJma
di
ritmi e di figurazioni tematiche ricorrenti, impre
scindibili dalla successi.one seriale); ma in
Quarto
concerto quell'equilibrio raggiunto - o solamente
te~
tato, a seconda dei punti di vista - sembra dissolver
si in uno spiccato protagonismo dell'elemento temati­
co, a discapito di quello strutturale seriale. E' una
scelta di linguaggio che, in se stessa e rapportata
alle scelte precedenti, non implica, secondo noi, al­
cun giudizio di merito. Da notare, però, che la serie,
anche se possiede, in genere, ancor meno valore gene­
tico e strutturale che in Récréation concertante (Ter­
zo concerto), è posta, ad ogni enunciazione, in massi
ma evidenza.
Prima di procedere a una veri.fi.ea dei bart.okismi
,-ri:n qui
,delineat.~,
tramite l'analisi det.t.agl·iata della
'·part.it.ura di Quarto coneerto,resta da dire del
"più
199
sottile segno della lezione
cio~
della
"maggiore compattezza e organicità e omogeneità
di
bar~okiana",
e
concezione" del presente concerto (vedi la
cit~zione
riportata al principio del capitolo). Non significa,
certamente, che Récréation concertante (Terzo Concer­
,
to), o, a maggior 'ragione, i due Concerti per orche ­
stra precedenti, pecchino di interna disorganizzazio­
ne. Petrassi
~
sempre molto attento, ed anzi "neoclas
sicamente" attento, ai valori della forma; solo,
Quarto
con~erto
la monocromia timbrica dettata
in
dalla
scelta strumentale (ben più responsabile, al riguardo,
di quanto non si voglia
credere~,
la presenza di chia
re cellule tematiche che fanno da connettivo ai singg
li movimenti, l'agogica relativamente più costante
e
il contrappunto meno contrastato e più naturalmente
discorsivo fanno risultare il concerto,
ventidue minuti j
dibilmente
varteg~to
più,
pu~e
nei suoi
organico e meno preve­
dei precedenti. In realtà, l'a­
200
nalisi seguente confermerà un'interna varietà di at ­
teggiamenti che, per nulla esaltata dalla circoscrit­
ta tavolozza timbrica, non è datp riscontrare neppure
nel precedente "bold and colourful" (126) Terzo
con­
certo.
Il lavoro si divide, formalmente, in quattro
part~
collegate fra loro da brevi episodi di transizione e,
per la prima volta, scrupolosamente cronometrate dal­
l'autore (127). Essendo, dunque, indicato il
di durata alla fine di ciascun movimento, non
tempo
c'è
dubbio (come, invece, accadeva in Récréation concer ­
tante) sulla quadripartizione del concerto: prima paE
te "Placidamente" (5'20", miss. 1 ••• 87), seconda par­
te "Allegro inquieto"I"Sereno"I"Allegro inquieto" (6'
20", miss. 88 ••• 283), terza parte l'Molto sostenuto" I
"Lentissimo (4'40", miss. 284 ••• 360), quarta
parte
"Allegro molto"/"Allegro giusto"/"Sostenuto (non tro12
201 ·P(!»
"/"Calmo
l1
etc. (5'40", miss. 361 ••• 549). L'agogica,
specie nella prima parte,è meno cangiante che nei due
concerti precedenti; salvo che}nell'ultima parte, al­
le estreme cinquanta battute, l'indicazione metronomi
ca cambia sei volte, comunicando un'inattesa mobilità.
Il primo tempo, "Placidamente", è tutto imperniato
sullo scorrere pacato e cullante delle crome in tempo
9/8 - 12/8. Sono movenze che
rimandano non solo al
la Musica per strumenti a corda, celeste e percussio­
ne e a taluni Quartetti per archi di Bart6k (come già
si è rilevato), ma anche allo spirito serenamente pa­
storale che anima le prime misure del
Secondo Concer­
to .e, soprattutto, il "Molto calmo, quasi Adagio" (miss.
213 e seguenti). Nel "Placidamente" di Quarto Concer­
to, però, la continuità discorsiva è maggiore, non li
mitata all'enunciazione tematica, o a una breve sezio
ne espositiva, e gli sviluppi emotivi procedono
grad~
tamente, senza sobbalzi. L'osservazione è abbastanza
202
nuova rispetto al Petrassi di prima, ed anzi assoluta
mente opposta a quelle suggerite dalle opere sangui·'­
gne o chiaroscurate degli anni '30 - '40. Beninteso,
anche qui non sono assenti i contrasti chiaroscurali,
ma i passaggi fra i diversi livelli di densità emoti­
va sono, in genere, meno bruschi e taglienti, più
pr~
gressivi.
Cosi, se si accostano le prime misure - in cui
i
violini primi, assecondati dai lievi e intermittenti
pizzicati di violini secondi e viole, dipanano
una
"placida" e legatissima arcata di crome - all'esaspe­
rato "H6hepunkt" in "fff" di miss. 62 ••• 64, il contra
sto dinamico ed emotivo non potrebbe essere più gran­
de, e ci si r.enderebbe cosi conto del graduale e
in­
cessante cammino compiuto, quasi insensibilmente,
in
sole sessanta battute. Se, poi, constatiamo la rapida
parabola discendente, che, subito dopo, conduce
alla
fine del movimento, potremmo tracciare un semplice
203
grafico di questo tipo, molto simile a quello che
si
potrebbe tracciare per il primo tempo, "Andate tran ­
quillo", di Musica per strumenti a corda, celeste
percussione:
e
"Hohepunkt"
Tre ci sembrano essere gli elementi ritmica - melo
dici che articolano questo movimento: l'iniziale suc­
cessione di crome legate, ai violini primi (miss. 1 ••
bene
. 3), la sequenza dodecafonica di miss. 16 .•• 20
individuata anche ritmicamente, sempre ai violini
pr~
mi; le semicrome staccate che, da miSe 38, percorrono
insistentemente il movimento.
Il primo elemento è quella più ricorrente e, alme­
no nella prima enunciazione, disegna con morbidezza
un arca melodico di neoclassica perfezione. Il totale
cromatico è esaurito con il la bemolle di
mis~
3, es­
sendo esposti successivamente, senza ripetizioni, sa­
lo le prime sette note di una serie incompleta e
mai
204 comple.tata. L'elemento, come abbiamo detto, ricorrerà
continuamente lungo il movimento, per lo più frammen­
tato in forma di scalette diatoniche per moto
retto
o contrario, variamente contrappuntate e giustapposte
(vedi le miss. 6 ••• 16 e, in particolare, il moto
trar io ai violini secondi di miss. 11 ••• 13; le
con
miss.
23 e 24, 29 ••• 31, 33 ••• 39 etc.). La giustapposizione,
qualche volta, avviene, b'artokianamente (o
stravinski~
namente), per seconde parallele, come nel passaggio ~
( fa
scendente di violini primi e secondi, a mise 16
la
sol la
sol
si do~ etc.), o in quello di violini primi e viole,
la si
a miss. 56 e 57 (fai la# sifletc .-) •
mi SOl~ l i
Il trascorrere orizzontale di questo elemento
di
crome, che da "placido" diviene realmente ossessivo e
_i nquietante, e il suo fitto e mobile intrecciarsi nel
le più disparate contemporaneità verticali,
produce
un'impressione che cos1 avevo personalmente sintetiz­
205
zato
nelle prime note di ascolto:
sa, per lo più allucinata,
"A tmosfera grav~
~astidiosa.
Ascendenza
ba~
tokiana, ma rivissuta da Petrassi in chiave personale.
Il "Placidamente" dell'inizio}dopo un
po~
non fa che
"splacidarmi" e inervosirmi, per la sensuale e conti­
nuata movenza delle crome scivolose in
t~mpo
9/8
12/8". Naturalmente, si può condividere o meno questa
impressione, ma la reiterata proposizione di
queIr~a~
cata" introduttiva dei violini primi, secondo un con­
trappunto insistente e allucinogeno che provoca
fa­
sce sonore in lenta e ineluttabile progressione, fino
al "fff" delle miss. 62 ..• 64, lè ,un fatto tipicamente
bartokiano, quasi del tutto estraneo al Petrassi
prima.
di
(Chissà che anche l'esperienza cinematografica
non abbia in parte contribuito a questi atteggiamenti
... ) .
Secondo elemento ritmico - melodico si è detto es­
sere la successione seriale di miss. 16 ••• 20.
Come
206
in Récréation concertante (Terzo concerto), l'esposi­
zione seriale completa non appare che dopo qualche m!
qualc~
sura dall'inizio e, quando appare, figura come
sa di assolutamente nuovo, non anticipato da alcuna
successione intervallare precedente. CosI le
sovrapp~
sizioni in "fortissimo" dell'''Allegro sostenuto
ed
energico", che introducevano il Terzo concerto, e co­
sI le diatoniche successioni intervallari delle prime
misure del Quarto, simili assai più a frammenti
o meno lacunosi di scale modali - diatoniche che
più
a
una seqùenza propriamente seriale.
La serie vera e propria
golare, il primo movimento
pletamente
che 'regola, o dovrebbe re
è, dunque,enunciata
per la prima e unica volta
daL
com­
violini
primi, a miss. 16 ••• 20, e viene ripresa, ma senza
la
dodicesima nota, a miss. 20 ••• 22 e, in forma di emise
rie, alle miss. 25 ••• 30 (violoncelli), 45 ••• 48 (vio ­
loncelli e contrabbassi), 62 ••• 64 (violini primi
e
20il
violoncelli primi) e 64 ••• 66 (idem un tono sotto
e,
dalla nota 3, un tono e mezzo sotto). Notevole è
la
chiara valenza motivico - tematica della serie,sempre
enunciata secondo impostazioni ritmiche riconducibili
(-)
-
v
v
(-)
-
v
'"
all'unico schema: 1 2 3 4 5 6 ••• L'enunciazione seria
le, o emiseriale, è, inoltre,
semp~posta
in rilievo,
conforme al suo "carattere tematico o motivico (piut­
tosto) che propriamente genetico strutturale" (128).A
conferma e completamento delle analisi intervallari
proposte Bel paragrafo precedente, è ancora interes ­
sante osservare che, nella presente serie, si dà
la
solita prevalenza dell'intervallo di terza e del
suo
rivolto (sette volte!, fra le note 1 e 2, 3 e 4, 5
e
6, 7 e 8, 8 e 9, 9 e 10, 11· e 12) e la completa assen
za di intervalli diminuiti ed eccedenti.
Terzo elemento, infine, una sorta di "continuum"e!!
senzialmente ritmico, che trascorre da strumento
a
strumento (e richiama ai "continuali di Secondo Concer­
208 to). Si tratta di sestine di semicrome staccate.
che
insistono macchinosamente su un medesimo intervallo
melodico, per lo più quello di seconda o di settima
(ultimo tempo, nAllegretto sereno", di Récréation con­
certante?). La loro funzione è puramente dinamico
motoria, volta a intensificare il crescendo
emotivo
fra miss. 38 ••• 55, fino all'''animato'' che sfocerà nel
"molto sost." "fff", vertice dramma.tico ed' intensità
del movimento.
Due parole su questo punto, che è come il sospira­
to arrivo del "placido" e incessante anelare del
pri~
cipio. In esso, ricorrono la prima emiserie (tre vol­
te) e, contemporaneamente, alcune triadi perfette,che
vengono ribattute o scorrono parallelamente per
le
due misure e mezzo in "fff". L'osservazione comprova
l'irreprensibile eclettismo di Petrassi, che nonri­
fiuta l'uso di accordi tonali in piena regola
(anche
se sciolti dai normali concatenamenti della tradizio­
209
ne), a fianco di una libera pratica dodecafonica.
Ma
non solo. Credo si possa parlare di sovrapposizioni
poliarmoniche, già tipiche dello Stravinskij pre-neo­
classico. Infatti, queste due misure e mezzo "fff" si
prestano perfettamente a un simile tipo di analisi
triade di do diesis maggiore a violini secondi, viole,
violoncelli secondi e contrabbassi ( fa = mi diesis),
e, sovrapposta, quadriade di dominante di si, enuncia
ta in arpeggio dalle prime quattro note della succes­
sione seriale, a violini primi e
violoncelli
primi
(mi, dO# ' fa#, la# ! Non c'è neppure da operare tra­
sformazioni enarmoniche). Il battere di mis. 64 è peE
sino
un'~cepibile
triade di re mtnore.
Con il secondo movimento, "Allegro inquieto",
cui
preveniamo tramite un lungo passaggio in "p" - "ppp ",
che all'improvviso esplode in una fremente concitazio
ne, a miss. 87 - 88, Petrassi
rit~momentaneamente
(e stranamente) a moduli composi-tivi già sperimentati
210
in Récréation concertante (Terzo concerto). Ritorna ,
cioè, alla divertita "invenzione" sull'intervallo
di
terza minore, che aveva costituito il nerbo del "Vigo
roso e ritmico" del concerto precedente. In più, ven­
gono riprese alcune rapide movenze del "Presto" con ­
elusivo di Secondo concerto (che, fra l'altro, già si
era rilevato avere diversi punti di contatto con
il
"Presto" del Concerto per orchestra di Béla Bart6.k;).u.!.
tima considerazione di carattere generale la
tripartita, che mai per Petrassi
mento
forma
come in questo movi
rimanda cosI chiaramente allo schema tradizio­
nale A B A.)dove B (miss. 162 ••• 249) è un'autentico
"Trio" e A, (miss. 250 ••• 283) è ripresa variata e ab­
breviata di A.
Eppure, malgrado tutte queste ascendenze ai ConceE
ti precedenti e ad una forma insigne e classica, come
quella del "minuetto" - almeno per quel che riguarda
211 la tripartizione, la presenza di una sezione centrale
contrastante e quasi autonoma e la
abbreviata
r~presa
-, l'"Allegro inquieto ''l'' Sereno "1"Tempo 16
"
di Quarto
concerto risulta qualcosa di completamente nuovo
ed
è,forse, accanto al. "Lentissimo" del movimento segue!!,
te, la parte pia interessante. Diversamente, l'estre­
ma normalità della forma e la ripresa di molti eleme!!,
ti ormai risaputi della tecnica compositiva
petrassi~
na (compresi, oltre al "divertimento" intervallico
alle semicrome volanti che trascorrono da una
e
parte
all'altra, gli stilemi delle note ribattute, dell'imi
tazione fugata, del tremolo e dei suoni armonici •••• )
potrebbero indurre a una lettura superficiale.
Se, però, osserviamo da vicino il primo "Allegro
inquieto" (miss. 88 ••• 161), e cioè la prima delle tre
parti in cui è diviso il secondo movimento, scopriamo:
1)
l'estrerlla compattezza e "gradualità" dell' a.rco fo!,
male, molto simile a quello del "Placidamente" dell'i
212 inizio, nonostante la maggiore iridescenza e
spettac~ larità della dinamica e delle figure adottate (miss. 88 ••. 92, quasi un'introduzione (cfr. miss. 1 ~ ò 5);J'Iliss. 93 ••• 132, crescendo di tensione al "ff(f)" (cfr.miss. 6 •.. 61); miss. 133 ••• 138, "H8hepunkt" (cfr.
62 .•• 64); miss. 138 ••• 161, diminuendo alla parte
guente, il "Sereno" di miss. 162 ••• 244 (cfr.
miss. se­ miss. 64 ••• 87»; 2) la riproposizione "ciclica" dell'arcata melodica che abbiamo definito come primo elemento motivico tematico del movimento precedente (miss. 109 ••• 111, 113, 138 e 139, 156 ••• 161); 3) non solo, ma anche la riproposizione del materiale seriale comparso saltuariamente nel primo movimento , qui impiegato, a ben vedere, con criteri quasi geneti co - strutturali: alle miss. 88 ••• 92, che espongono liberamente il totale croma.tico f anticipando anche il prossimo "divertimento" sull' intervallo di terza mino­
\
213
maggiore, seguono almeno 16 - 17 battute
che si pos­
sono analizzare, davvero eccezionalmente per Petrassi,
sulla base di soli principi seriali (cosI, il contrae
basso espone per moto contrario le prime otto
note
della serie già proposta nel "Placidamente", a
miss.
14 ••• 21, e violini primi - violini secondi - viole
viQloncelli ne espongono
noniche
in successive imitazioni ca
undici note, sempre per moto contrario,
l'aggiunta di "note di volta" e la ripetizione
con
della
nota 3 - "nota sfuggita"? - fra le note 4 e 5; e cosi
via) •
Il successivo "Sereno" (miss •.162 ••• 249), "Trio"
della evidente forma triparti ta., contrasta l' inquiet!!,
dine della parte precedente e di quella seguente. Es­
so, inoltre, prelude vagamente ai modi del
futuro
Quartetto per archi del '58, al quale si riconnette
per la "elasticità" e "comodità" (cfr. le
relative
indicazioni agogiche ed espressive) dell'ampio, 1so ­
214
ritmico fraseggiare. Ma
qui
le note ribattute, anzi
chè fungere da impulso dinamico - motorio, hanno
un
valore essenzialmente lirico ed espressivo, e l'inci­
so ritmico - melodico del principio, nel suo curato
disegno di crome ascendenti, assume il senso di
un
"incipit" tematico che ricorre in entrate spaziate
subendo qualche metamorfosi lungo il corso del
e
brano
(mis. 175 ai violini secondi, mise 178 alle viole,mis.
186 ai violoncelli etc.). Insistente, ancOra,
l'inte~
vallo melodico e armonico di terza, che, oltre
alle
sovrapposizioni politonali di miss. 165 •.• 168 e 169 ••
194 etc., dà luogo a triadi
perf~tte
in piena
regola
(a miss. 197 e seguenti, ma, ormai, di questo non
ci
meravigliamo più). E insistente l'uso del pancromati­
smo ( la frase iniziale espone una serie
completa,se~
za ripetizioni, di dodici. note), che,per altro, è av­
vicinato al più smaccato diatonismo di scale pseudo··­
215
tonali (come a miss. 207 e 208, 218, 222 e 223, 231 e
233), o a passaggi di scala cromatica (miss. 189,191,
193 etc.).
Della terza parte di questo secondo movimento, che
è ripresa variata e abbreviata della prima, c'è da ri
levare la presenza dei medesimi caratteri dell'''Alle­
gro inquieto" di miss. 88 ••• 161 (semicrome volanti,
"gioco" sull'intervallo di terza, adozione
seriale
più rigorosa di quello che non sembri alla superficie,
compattezza fOFrnale), nonchè sottolineare almeno
altri -:. aspetti: l'episodio espressivo e
Il
tre
intenso" (cfr.
l'indicazione di mis. 262) affidato ai violini
prim~
alle miss. 260 ••• 267; la citazione in "fortissimo"
e
per moto contrario dell'inciso che apre il "Sereno"(a
mis:; .275); la magica e fantomatica coda in " pianissi­
moli (miss. 277 ••• 283) che, con i suoi rapidi cromati­
smi che si spengono nel silenzio di una pausa, ci.ri­
corda un po' l'analoga scala cromatica
(ascendente,p~
216 r~)
che stava a conclusione de11 1 "A11egro spiritoso"
di Récréation concertante (Terzo concerto) •
Il terzo movimento è quello che, con il primo, ri­
corda di più i modi bartokiani. Le fasce melodiche
che progressivamente si sovrappongono, in libera imi­
tazione, da mis. 287 in avanti e gli incroci e le dis.:
sonanze ravvicinate, per di più in regione grave,
mandano a passi analoghi del primo tempo del
quartetto di Bart6k (128)
ri~
Quarto
(in particolare, alle miss.
14 e seguenti e alle miss. 105 e seguenti) e, in mi
~
nor misura, al primo tempo di Musica per strumenti;' a
corda, celeste e percussione
('~6).
E' qui valido, c2
mei' per il primo movimento, il discorso generale
che
si faceva sulle ascendenze bartokiane di Quarto con ­
certo: "tessuto a maglie strette" e "contrappunto
di
minimi intervalli", note tenute combinate vertica1men
te con esiti di particolare suggestione timbrica,sin­
tesi di tema e struttura, "compattezza e organicità e
217 omogeneità di concezione" •••
Ma crediamo che l'attenzione principale di questo
terzo movimento sia assorbita dal "Lentissimo" che lo
conclude (a miss. 322 ••• 360), fungendo anche da "trait
d'union" con 11 "Allegro moltol"Al1egro giusto"
finale
(e collocato, perciò, in una posizione del tutto simi
le a quella dell'''Adagio moderato" di Récréation con­
certante (Terzo concerto». Si tratta del vero
centro
gravitazionale del concerto. "Der Hohepunkt
dieses
Satzes ist dynamisch eine "Anticlimax"" dice giusta ­
mente Roman Vlad in un saggio del '59 (129). E
tale
"Anticlimax", termine secondo noi indovinatissimo,co,!!
siste in una "statische Vision" (130) che procede
di
gran lunga oltre gli spazi sonori di Bart6k, anche se
questi permangono come ineliminabile punto di parten­
za.
Prendiamo a prestito altre espressioni, questa voI
ta del critico Mario Bortolotto (131): "estatici scor
218
rimenti delle parti ••• entro l·immobilità generale del
passo", "concezione del suono puro", "neutralizzazio­
ne del parametro altezza nel timbro". Sono espressio­
ni riferite al "Lentissimo" in questione. Difatti,ciò
che affascina maggiormente in questo passo, che è sen
za dubbio una delle pagine più interessanti e sugge ­
stive di tutta la produzione di petrassi,è la compre­
senza dei momenti statico e dinamico. Le linee inter­
valliche affidate alle singole sei voci considerate
in se stesse hanno un carattere progrediente e dise ­
gnano,fra miss. 322 ••• 330, delle arcate melodiche.dif
ferenziate internamente anche da,un punto di vistarit
mico, che sembrano suggerire uno spiccato senso di mo
to, anzichè di stasi.
Si prenda l·arcata disegnata dai violini primi,che,
nello spazio di nove misure, percorrono un itinerario
non privo di slanci propriamente melodici e di cadute,
fra l·altro enunciando consecutivamente una serie com
219
pleta di dodici note: la
prim~
delle due semifrasi in
cui si scinde il disegno (miss. 322 ••• 326)
presenta,
dapprima, un chiaro moto ascensionale, fino al sol di
mis. 325, cui segue un moto inverso di discesa,
sul
fa della misura dOP01 la seconda semifrase (miss. 326
••• 339) è soggetta a una dinamica interna molto simi­
le alla prima, raggiungendo la tensione massima
sul
do diesis (nota reale, cinque tagli addizionali
so­
pra il pentagramma in chiave di violino) di mis.
329
e declinando subito al si diesis della misura seguen­
te. La stessa situazione melodica si verifica ai con­
trabbassi, che imitano, sfasati di una battura e tra­
sposti un semitono sopra, i violini primi; con l'ecce
zione che la serie viene interrotta alla decima
nota
e il fraseggio è un altro. Situazioni analoghe si dan
no per le quattro parti interne, dove le viole espon­
gono la medesima serie di violini primi e contrabbas­
si in nuova soluzione ritmica e per moto contrario,
220 presenti tutte e dodici le note,mentre i violini se ­
condi e i violoncelli divisi enumerano le note di se­
rie diverse e incomplete.
Ma questi moti contrappuntistici, in sè
significa~
ti ed espressivi, sono come neutralizzati da due fat­
tori decisivi: la precisazione tecnico -
espressiva
"ppp senza vibrare" e la vischiosa compattezza delle
combinazioni verticali e dei timbri.
Questa, in particolare, è prodotta dalla disposizio
ne ravvicinata e dagli scavalcamenti di alcune
intermedie (vedi i violini secondi e le viole
324, i violoncelli primi e secondi
parti
a mis.
a miss. 325 e 326,
i violoncelli secondi e i contrabbassi
a mis.
329,e~
sendo, invece, chiare e percepibili le due linee
e­
streme dei violini primi e dei contrabbassi), ma, so­
prattutto, dalle "dissonanti" sovrapposizioni inter ­
val~iche,
fra le quali sono favorite quelle di
no e di settima. Cosl, le prime sovrapposizioni
semit~
sono
221 veri e propri "clust:ers" , scrupolosamente annotati
spaziati sul pentagramma. A mis. 323, la
combinazion~
ordinata ascendendo dalla nota sol è questa: sol
....
---
laft si
do
la
dO#. E, a misure seguenti, partendo dal­
la nota re: re
.,
fa#
sol
...........
si~ si; mJ mi
. . ._
.
__
J
e
~
sol
lak
lab
.,.........­
sih
sih
--
S1; re mi
mib
mi
sol la~
fa la
do
----~~----
etc. '.
Ora, questo pulviscolo sonoro delle prime nove misure del "Lentissimo" produce un senso di vastità
e
d'infinità spaziale, in cui gli "scorr1menti delle
parti" sono come fluttuazioni senza tempo nè gravità.
Ciò che l'orecchio percepisce è la "politimbrica" om2
genea dei sei archi, tutti "tasto,
'ppp senza
vibrare'~
in cui si neutralizzano i parametri altezza e durata.
Bart6k non si era mai spinto a tal segno, e il compo­
sitore contemporaneo che ci pare più vicino a
particolare atteggiamento petrassiano crediamo
questo
sia,
cOBsapevolmente o meno, Gy6rgy Ligeti (che, guarda ca­
222 so, proprio nel '54 scriveva il suo primo importante
lavoro, Métamorphoses nocturnes per quartetto d'arch:O.
L'I1Anticlimax" di questo terzo movimento,
nonchè
dell'intero Quarto concerto, stia tutto in queste pri­
me nove misure del "Lentissimo", dopo le quali l'esp"lo
sione "improvvisa" di un I1fortissimo" su un tradi.zio­
nale, e
per questo
doppiamente inatteso, accordo di
settima con triade eccedente (do mi so1# si, a
331) ci porta progressivamente, prima diminuendo
mise
al
"pianissimo" e poi nuovamente crescendo al "fortissi­
mo", alli ultimo movimento del concerto, "Allegro"mol­
to"I"Allegro giusto" (miss. 361 •.• 549).
Che è il movimento di più facile acquisizione. Vi­
vace e brillante, basato su figurazioni tematiche net
tamente profilate e disposte in successioni semprenuo
ve e imprevedibili, "giocato" (specie a partire
da
mise 430) sul solito intervallo di .terza minore,
che
suggerisce, a miss. 450 ••• 485,
d~i
divertenti contraE
223
punti a incastro, dove gli strumenti sono impegnati
in un nervoso battibecco. Prima della estrema conclu­
sione, il "Calmo" di miss. 513 ••• 529 rlpropone il pr!
ma elemento ritmico - melodico del "Placidamente" ini
ziale, punteggiandolo , ai violini primi, con
triadi
perfette minori. Il sestetto formato dalle prime par­
ti di violini primi e secondi (divisi entrambi a due),
di viole e violoncelli, attacca, dopo le prime quat ­
tra misure del "Calmali, un:breve ma denso episodio in
fugato (miss. 517 ••• 529), che è il riscontro in chia­
ve univocamente dinamica, e anche un po' accademica ,
del IILentissimo" di chiusura del terzo movimento.
La
ripresa dell' "Allegro giusto I l , a mis. 532, in seguito
alla pausa riflessiva del "Calmo", è la coda che gui­
da alla conclusione, in un incalzante "stringendo".
Analizzando nei particolari, Quarto concerto deno­
ta un bartokismo e, contemporane?mente, un deciso
e
224 personale superamento del bartokismo, che lo
distacc~
no sia dall'esperienza di Récréation concertante (Ter­
zo concerto) sia da quella seguente di Quinto concer­
to. Tuttavia, non crediamo si
trassi aberrante"
po~sa
parlare di un"Pe­
(132}.Anche in Quarto concerto,Pe­
trassi è quello di sempre, proteso a una ricerca
in­
stancabile che qui coincide con l'adozione, stimolata
dall'attualità dell'epoca, di alcuni modi bartokiani.
Filtrati;. beninteso, e fatti propri. Che tale adozio­
ne corrisponda, in particolare, a un' accentuazione dei
tratti tematici
a discapito dell'esclusivo impiego
intervallico - strutturale dalla serie non ci pare un
regresso e nemmeno un'aberrazione.
D'altra parte, Petrassi rifiuterà
ostinatamente
un simile esclusivo impiego. Perchè fargliene un tor­
to? Oggi si può constatare, a posteriori, come
strada additata. da Récréation concertante abbia
la
port~
to alla quasi totale assenza di figurazioni ritmico ­
225
melodiche di una certa complessità e differenziazione
interna - figurazioni in grado, cioè, di avere una va
lenza motivico-tematica -, cosa che accade in Inven ­
zione concertata <Sesto concerto), o nei lavori came­
ristici Quartetto per archi, Serenata per flauto,
vi~
la, contrabbasso, clavicembalo e percussione, Trio per
archi etc. Ma Quarto Concerto rappresenta, comunque ,
il tentativo, secondo noi pienamente riuscito, di uni
re ai modi bartokiani lo "strutturalismo intervallicd'
di Récréation concertante (Terzo concerto), non
con~-",:,
traddicendo l'esperienza precedente, ma integrando la
con un'altra presto superata.
226
8. Quinto concerto
C'è una recensione sul "The Christian Science Moni
tortI del 3 dicembre 1955 (133), in cui si legge:"The­
re were many moments, for instance, when he
(Petrass~
gave an impression of having cCJmposed "un petit sacre
du printemps", one that employed great restraint, ec2,
nomy, and good formo And there were other times
when
one caught of Wozzeck". Il passo dell'articolo citato
si riferisce alla prima esecuzione di Quinto concerto
- tenutasi a Boston il 2 dicembre '55, essendo l'ope­
0
ra "commissionata a celebrazione 'del 75
a.n:rU:versario
della Boston Symphony Orchestra e del suo direttore
Charles Munch" - e riporta le impressioni di
ascolto
del giornalista e critico musicale Harold Rogers. ADa
loghi lusinghieri giudizi ,troviamo, in medesima data,
sul "Boston Post" e il "Boston Daily Globe" et
data 11 dicembre, sul "New York T'imes ll (134).
in
227
Anche in Italia, la critica dell'epoca riserva una
nimemente i propri favori al Quinto concerto per
or­
chestra di Petrassi. Cosi ne scrisse Massimo Mila, su
'~'Espresso"
(135), in occasione della prima esecuzione
romana: "Il Quinto concerto non assomiglia piO. a nien
te che si conosca, è unicamente e esc1us!varnente
stesso: una voce che parla per sè". E tre anni
se
dopo
preciserà (136): "Nei nuovi Concerti (di Petrass!,
e
in particolare il Quinto e il Sesto), l'intuizione
prescrive a se stessa il propr!o linguaggio, è imme ­
diatamente fantastica e sonora al tempo stesso: il se
gno nasce con la cosa, è la cosa,stessa ••• Prima _ c!
si trovava in presenza di un'individuata intuizione
di),ordine fantastico o emotivo, magari letterario
culturale ••• intuizione tradotta in una lingua
o
music~
le di cui era noto il vocabolar!o e si conoscevano
stimati esempi. Qui, !nvece, non c'è traduzione:
significato e 11 significante fanno una cosa sola".
!1
228 La critica dell'epoca aveva colto nel segno. -Essa
sottolineava, in sostanza, la crucialità di
Quinto
concerto e il raggiungimento di una cifra stilistica
assolutamente personale. (Primo) Concerto, infatti,ri
manda a ben definite ascendenze italiane e neoclassi­
che (all'arcaismo neofrescobaldiano dell'Italia
in­
terbellica, ad Alfredo Casella e ai due luminari
del
neoclassicismo internaz ionale, Hindemith e Stravinskij);
Secondo concerto, invece, ad una sorta di neoclassici
smo categoriale
che, per la sobrietà e la chiarezza
di scrittura e, in parte, per il tradizionale organi­
co, fa ancora capo alle hindemithiane Kammermusiken e
anticipa, nell'ultimo tempo, l'adozione di modi
bart~
kiani che saranno particolare oggetto di indagine so­
lo in Quarto concerto; Récréation concertante (Terzo
concerto) affronta il problematico approccio di
·pe­
trassi con Schonberg e la dodecaf'onia e il conseguen­
te approdo allo "strutturalismo·intervallico"; Quarto
229 concerto è, come si è appena visto, il più bartokiano
dei Concerti per orchestra di petrassi; Quinto concer­
to, non perseguendo nella fattispecie alcun modello
sterno - sia esso quello bartokiano, o
~
schonberghian~
o neoclassico-hindemithiano, o, tanto meno, quello
"neofrescobaldiano" degli anni '30 -, si rivela,
nel
contempo, opera di crisi e di feliCi raggiungimenti •
Di crisi, perchè rompe con le perlustrazioni e
le
"indagini intensive" dei Concerti di prima. Di felici
raggiungimenti, almeno momentanei, perchè di
conse~
za "non assomiglia più a niente che si conosca ed
esclusivamente se stesso" - come già scrisse
è
Mila
(137) - o, quanto meno, compendia una somma eclettica
di elementi stilistici tale, che ogni possibile rife­
rimento ad altri autori perde di rilievo e risulta de
contestualizzato. (Una posizione analoga, di rottura
e di provvisorio traguardo, ci pare occupata nella
duzione petrassiana dal Coro di morti del '40
~
- '41,
230
"punto criticissimo", secondo il B.ortolotto (138),
e
conquista di un nuovo prepotente linguaggio sui piani
formale, timbrico ed espressiva) •
Sintomaticamente, se di riferimenti chiari e
perc~
pibili si deve trattare, questi sono le molteplici ci
tazioni, più o meno letterali, che Petrassi desume da
propri lavori precedenti. Citazioni fra le più perso­
nali e atipiche, non immediatamente riconducibili
modelli. Una in particolare è molto evidente,
a
quella
ricavata da Coro di morti alle parole "Lieta no" (miss.
20 - 21 e 251 - 252), che compare, quasi un motto in­
sistente e ossessivo, lungo tutto il primo
movimento
del concerto - essendo, perciò, un morfema ricorrente
di fondamentale importanza - e ritorna, da ultimo,
a
miss. 198 - 199 del movimento conclusivo. Si tratta
di una breve sigla di tre note in successione scalare
diatonica, con cui. esordiscono, al principio del con­
certo (miss. 3 e 4), i due tromboni tenori, poi ripre
231
sa dalle trombe prima e seconda, a miss. 8 e 9, quin­
di dai corni, dai clarinetti e, in contrappunto imita
tivo sin dalla misura 6, dai violini in tremolo
sul
ponticello .••
Altri riferimenti espliciti al Petrassi di
prima
sono: l'impiego "un poco misterioso" e "in rilievo"
dell'arpa alla tavola, che suggerisce l'atmosfera
e~
talvolta, approssimativamente lo stesso tetraccordo
(cfr. il primo movimento, a miss. 34, 35 e 45, e
il
secondo, a miss. 227 e 230), che già furono della pre
cedente cantata Noche oscura ('50 - '51); i frequenti
incontri armonici di quinta vuota, presenti a partire
dalla quarta misura, anche in successione parallela
(come a miss. 34 ••. 36), che rimandano alla tragedia
Morte dell 'aria ('49 - '.50).; i tremoli degli
archi
in "pianissimo" al ponticello, che, in passaggi
quelli a miss. 6 ••• 10 o 18 e 19 del primo
come
movimento,
ricordano un effetto analogo già' collaudato in Secon­
232
do concerto (miss. 36 ••• 39) e ancora rlpreso in Quar­
to concerto (terzo movimenta); i "secchi" staccati di
miss. 47i •• , 84 ••• , 102 ••• , 132 ••• etc., che possono
ricordare gli staccati dei tre
pianofor~i
morti; le liquescenze melodiche" dei
in Coro
di
flautli e
dei
clarinetti, con arpeggi che trascorrono continuativa­
mente di parte in parte, a miss. 77 e seguenti, il cui
chiaro antecedente si incontra in Récréation concer ­
tante (Terzo concerto); il ricorso insistente, che
è
/
ormai divenuto un autentlco r,'t'O'n'O ç" del linguaggio
petrassiano, alli intervallo di terza (da mise 117 del
primo tempo e, soprattutto., a miss. 89 e segg.
secondo); il ricorso alle note ribattute, anche
del
que­
ste tipiche, si può dire, di ogni stagione creatlvadi
Petrassi; l'adozione della testa tematica dell'IlAlle­
gretto spiritoso" di Secondo concerto, già rtèomparsa
nel "Molto moderato" di Terzo concerto (miss. 170
e
171 e, soprattutto, miss. 236 e sagge del primo movi­
233 mento); la ritmica qualche volta ruvida ed
che sembra
rieche99~are
"quel procedere tarchiato
e
senza('isorrisa che fece la fortuna di opere come
Primo concerto" (139)
(stesse misure
c~tate
,
ener9~ca
per
il
~l
pu!!,
to precedente); le triadi armoniche e la polifonia
~-
soritmica degli ottoni soli, a miss. 257 ••. 259
del
primo movimento, che ricordano alcuni passaggi
di
(Primo) Concerto; il protagonismo del corno inglese,
nella prima parte del secondo movimento, che ci ripoE
ta all'''Andantino tranquillo" di Récréation concertan­
~i
l'impiego dell'arpa, a miss. 19 ••• 32 e 62 ••. 65,se~
pre nel secondo tempo, che richiama ancora una
volta
alla cantata Noche oscura (vedi, di questa, le
miss.
214 ... 216); lo smaliziato gioco strumentale, e timbri
co in genere, del secondo movimento, che rimanda alle
tavolozze de La follia di Orlando ('42 - '43) e
di
Ritratto di Don Chisciotte ('45); certe sequenze
di
semicrome in tempo "Mosso, con vivacità", che riflet­
234
tono l'articolazione ritmica della prima esposizione
seriale di Récréation concertante (secondo movimento,
miss. 100 e segg.); gli arpeggi e i cromatismi
degli
archi, a miss. 125 ••• 129, che ricordano il finale del
secondo tempo di Quarto concerto •••
Detti riferimenti ad alcuni dei tratti più
li della produzione petrassiana precedente non
person~
solo
comprovano l'originalità di questo lavoro, ma ne sot­
tolineano almeno due altri aspetti: l'autobiografismo
e la profonda tragicità.L'autobiografismo, innanzit­
tutto. Poichè è lo stesso Petrassi ad,informarci (140)
che, quando egli diresse il Quinto concerto al Festi­
val di Edimburgo, "su un giornale qualunque il giorno
dopo si parlava di un concerto autobiografico ••• (co­
sa che lo) impressionò abbastanza, perchè ••• orecchie
non prevenute, o meglio ignare r di tutti i...
(suoi)
precedenti, o parzialmente ignare dei precedenti del­
la ••• (sua) musica (avevano colto esattamente nel se­
235
gno)". Quinto concerto è davvero la "sununa", "rivedu­
ta e corretta ll , delle esperienze petrassiane
precede~
ti. Esperienze soprattutto umane ed emotivamente sof­
ferte. Ritorna, con la citazione da Coro di morti, il
ricordo dell'entrata in guerra dell'Italia nel
'40;
l'arpa e il tetracorpo di Noche oscura riportano
al­
l'ascesi religiosa del mistico S. Giovanni della Cro­
ce; le quinte vuote attualizzano le speculazioni mora
li e intellettuali di Morte dell'aria; nel contempo,i
riferimenti alle "astrazioni
1f
di Primo e di
Secondo
concerto recuperano un paradiso di pura musica, musi­
ca assoluta e "al quadrato".
Che ne esca un panorama vario e tiomposito, ma nel­
la sostanza. alquanto grigio, se non addirittura dramma
tico o tragico, non fa meraviglia. Roman V1ad parla ,
al riguardo, di "tragische Gesamtcharakters" (141). E
aggiunge: "Seit dem Coro di' morti hatte Petrassi kein
so pessimistisches, von We1tschmerz durchtr!nktes
236
Werk geschrieben" (la citazione del "Lieta no" da Co­
ro di morti assmme, in questa ottica, duplice
rileva~
za). La "sincera e profonda umanità" che Massimo Mila
invocava in un lontano articolo del '34 (e già citato
al cap. 4 (142») è, così,pienamente realizzata tramite
un'alta tensione emozionale. Che significa: autobio ­
grafismo dato dal recupero di motivi mnestici, quasi
una monografia petrassiana in musica, e tragicità
de
gli atteggiamenti espressivi. C'è una forte carica u­
mana, in questo lavoro, e una prepotenza drammatica
tali, da giustificare le impressioni del recensore del
"The Christian Science Monitor" èitato al principio
del -capitolo _, che vi scorgeva come dei l;:1agliori
del
Sacre e del Wozzek. E, crocianamente, il risultato
creativo appare molto vicino all'intuizione l:iricall "
i!!!
mediatamente fantastica e sonora al tempo
stesso", co
.
­
me scriveva Massimo Mila in una critica del
'60~(143)
Il parametro timbrico viene esaltato sopra
tutti,
237
favorendo un'atmosfera di tragica espressività: Anche
la ritmica cede ai valori del timbro e si scarnifica
secondo moduli piuttosto semplici; melodia ed armonia,
invece, sono "neutralizzate dall'iterazione"
come
dice Boris Porena (144) -,un'iterazione di segno asso
lutamente opposto a quella dinamica e sovraeccitante
di Stravinskij, ed anzi sofferente e ossessiva.
La sola scelta dell'organico orchestrale, per
la
verità, non dice all'apparenza molto. E' quello,
dal
pift al meno, di una grande orchestra: due flauti, ot­
tavino (questa volta non pift suonato da un esecutore •
.• "anfibio", come invece accadeva per norma" dall'e­
poca di "papà Haydn"), due oboi, corno inglese,
due
clarinetti in si bemolle, clarinetto basso in si be ­
molle, due fagotti, quattro corni in fa, tre trombe
in do, due tromboni tenori, trombone basso,
percus$~one
-con tamburo, piatto sospeso, due
timpani,
piatt~
tam tam piccolo, cassa chiara, gran cassa- -'arpa, ar­
238 chi.
Ma, nel (l(j)otest!o globale della. produzione di
trassi, la presenza dell'arpa e la nutrita schiera
Pe­
d~
gli ottoni dovrebbero far rfflettere. Se non andiamo
errati, l'arpa compare qui per la prima volta in
lavoro puramente strumentale di Petrassi, mentre
un
era
già stata impiegata (con moderazione) nelle opere sin
fonico-corali, dal Magnificat del '39 - '40 alla can­
tata Noche oscura del '50 - '51. Rispetto alla quale,
abbiamo visto, e vedremo meglio nella dettagliata
an~
lisi che segue, ripropone un impiego tecnico ed:·, :e­
spressivo dello strumento molto
s~mile
e determinante
ai fini dello spirito del lavoro. Potremmo addirittu­
ra parlare di un impiego protagonistico, insostituibi
le.
Anche la folta compattezza della sezione degli ot­
toni merita attenzione
e non può che rimandare
ai
primi lavori sinfonici degli anni '30 (tra cui il (Pri­
239
mo)Concerto
o, meglio, al Coro di morti del '40 -'41
e al suo interessante organico (voci maschili,
tre
pianoforti, ottoni con quattro corni, quattro trombe,
due tromboni e tuba, contrabbassi e percussione),
chè ai due balletti del '42 ••• '45, dove la
no~
caratteri~
zazione timbrica dei personaggi vede gli ottoni in pr!
mo piano. Il frequente uso degli
archi~in
tremolo"pi~
no-pianissimo" e la loro aggregazione in fasce sonore
la cui verticalità acquista funzione non certo tradi­
zionalmente armonica,ma di densità e spessori timbri­
ci già in parte sondati con Secondo e Quarto
concert~
conferisce una sorta di sensitività vibratile e
un
inquieto, iDstabile senso di. attesa ignoti ai lavori
petrassiani di prima, compresa 11 "espressionistica"
cantata Noche oscura e il 'criticissimo" (145)
Coro
di morti.
Un altro aspetto è( forse, ancora più nuovo e de ­
terminante di quelli finora esposti: la dinamica
di­
240 scorsiva sembra recuperare la frammentarietà tematica
di (Prtmo) Concerto - e di un lavoro che, per
questo
verso, non è poi tanto distante, ed anzi più radicale
e conseguente, di (Primo) concerto, come Noche oscura
e il suo onnipresente tetracordo - e, insieme, sembra
anche recuperare i
II
continua" ritmici di Secondo Con­
certo (dove,però, c'era un "tematismo" più consisten­
te). In questo, anzichè un ritorno ai vecchi schemi ,
sta il più decisivo superamento della fprma tradizio­
nalmente intesa e l'acquisizione di un linguaggio or­
mai definitivamente sganciato dagli antichi vincoli
tematici.
In (Primo) Concerto, Petrassi reagiva con
stravin~~
skiano antiromanticismo a un'articolazione del discor
so musicale per frasi e sviluppi tematici, in ciò po­
lemizzando con il sostanziale "ottocentismo"
della
forma sch8nberghiana (leggi Elliot Carter in
"Music
and the Time Screen" (146), in cui si parla di " avan ­
241 guardia all'antica .•. (che) non aveva nulla di vera ­
mente "sperimentale" o avanzato, perchà nasceva da u­
na visione della temporalità musicale tanto regiment!!<,
ta quanto la vita dei pazienti della "Montagna incan­
tata" di Thomas Mann", posizione assolutamente avalla
ta da Petrassi); anche se la macrostruttura dei
li movimenti si poteva ancora ricondurre a un
sing~
vago
schema sonatistico e chiare erano le sezioni di ripre
sa. Con Secondo concerto, invece, Petrassi faceva uso
di un "tematismo" più accentuato e di ostinati ritmi­
ci che fungevano da molla e propulsione unitaria alla
dialettica discorsiva generale. Una situazione non mofu
to dissimile si verifica, da questo punto di vista,in
Quarto concerto, dove la bartokiana sintesi di
tema
e struttura è unita a una maggiore monocromia timbri­
ca, nonchà a una condotta più progressiva e omogenea
del discorso nel suo complesso. Mentre Récréation con­
certante (Terzo' eoncerto), primo 'approdo allo "strut­
242
turalismo intervallico", sembra, nonostante tutto,ri­
calcare, quasi per esperimento e con curiosa e perso­
nale.' simbiosi, la via additata da Schonberg.
Ora, con Quinto concerto, Petrassi accoglie e radi
calizza tutte queste posizioni, forgiandosi una dia ­
lettica di linguaggio che risulta, infine, diversissi
ma da quella dei Concerti precedenti. La frammentazi2
ne tematica di (Primo) Concerto diventa citazione rei
te rata e ossessiva di brevi cellule mnestiche, prima
fra tutte quella del "Lieta no" dal Coro di morti;
i
"continua" di Secondo concerto si semplificano ulte ­
riormente, trasformandosi in martellanti semiminime
che compiono con ripetizione traiettorie intervalli ­
che obbligate (primo movimento), o in pedali "rimbal­
zanti" di crome e in semicrome velocemente ribattute
(secondo movimento, rispettivamente a miss. 23 e·.segg.
e a miss. 100 e segg.); i due punti ora detti, e l'au
ra costantemente tesa e
~rammatica,
assicurano un'or­
243
ganizzazione complessiva del lavoro memore della "eo!!!
pattezza e organicità e omogeneità di concezione"
di
Quarto concerto; la serie dodecafonica di Récréation
concertante è qui essenzia1izzata, ridotta, per 10 più,
a emiserie o, addirittura, a tetraserie che assumono
la parvenza di un " s imbo1um", una sigla che, come
il
"Lieta noli da Coro di morti, si imprime tenacemente
nella struttura dell'opera.
Naturalmente, come sempre in Petrassi, i nuovi ter
mini con cui si pone il problema formale di
Quinto
concerto non compromettono l'accortezza dell'autore
nel disporre i momenti di uno "status animi" che,
pr~
prio perchè profondamente sofferto e mutevole. ma an­
che dominato con critica lucidità, si esprime alter­
nando in neoc1assiche spazialità i differenti livelli
di densità emotiva. Veramente qui·· "non esiste (più) la
forma (tradizionalmente intesa) .•
0
ma esistono
altri
punti di riferimento che sostituiscono la forma, e •••
244 uno dei punti di riferimento è la tensione, il mecca­
nismo delle varie tensioni, dei vari punti tensivi
e
il rapporto tra di loro (147).
Sono espressioni dello stesso Petrassi,che,
per
proseguire e approfondire il senso della citazione,s2
stiene anche che il proprio sistema di lavoro· "non
è
precostituito se non in linea molto sommaria, cioè
scrivere un pezzo per orchestra, oppure scrivere
un
pezzo per strumenti. Ma questa è la scelta del mate ­
riale da collocare in una certa situazione ••• per
il
resto la precostituzione, la programmazione, sono ••••
in contrasto con il ••• (suo) modo di lavorare" (148).
Dove la "scelta del materiale", cioè dell 'organicostw
mentale, è il punto di partenza e l'impulso di
·ogni
possibilità di ispirazione, che si particolarizza
in
"situazioni" emotive divenienti. L'analisi dettaglia­
ta di queste situazioni e dei mezzi tecnici attraver­
so i quali si perviene ad esse in Quinto concerto sa­
245 rà l'oggetto delle considerazioni seguenti.
Il concerto si divide in due
mov~enti
o
distinti: 1) "Molto moderato ••• Presto",
nettamente
o
2")
"Andan­
tino tranquillo ••• Mosso, con vivacità •••• Lento
e
grave .•. ". (149) .Osserviamo che alcune delle indica ­
zioni agogiche apposte sono le stesse già apparse
in
lavori precedenti (anche queste sono citazioni auto ­
biografiche?), come il "Molto moderato" e 1'''Andanti­
no tranquillo" che si incontrano in Récréation concer­
tante
(secondo movimento), o il "Presto" finale
di
Secondo concerto. Un po' come in .Noche oscura, e
a
differenza di quanto sembrava prospettarsi in Récréa­
tion concertante,la mobilità agogica
di
mu~azioni
~.un'ottantina
in tutto! - non infirma la monoliticità
di Quinto concerto, che pDocedeper tensioni e diste,!!
sieni di un medesimo "status" tragico di fondo.
Vediamolo nel primo movimento,- "Molto moderato"(150}.
246 Le viole introducono
ponticello
in tremolo "pianissimo" e
al
una inquietante e misteriosa serie di sei
note,che si scoprirà essere la prima emiserie di
una
successione dodecafonica enunciata per intero (e abba
stanza sibillinamente) solo a miss. 69 - 70, dal "bi­
cinium" dei clarinetti. Le progressive entrate di vio
lini secondi - arpa - tam tam, tromboni con sordina ,
violini primi (che riprendono l'emiserie delle
viole
nell'ordine 3, 4, 5, 6, 2, 1 ..• ), timpani, trombe con
sordina, celli e clarinetti, contrabbassi e corni,
gotti e, man mano, di tutti i legni
esa~riscono
f~
non
solo la presentazione del "totale timbrico", ma anche
di quell'aura gravosa e "senza tempo tinta" che carat
terizzerà il colore strumentale di quasi tutto il con­
certo.
Le viole
innanzittutto (miss. 1 e 2), con i
loro
tremoli ansiosi al ponticello; l'arpa (miss. 2 e segg .),
con il la bemolle ribattuto dalla mano destra alla ta
247
vola, il cui intervento è drammatizzato dal sol
die
sis, in "p ianissimo" sulla. quarta corda. dei violini
secondi e, in particolar modo, dal suggestivo
colpo
di gong (che è, fra le altre di questo inizio, la no­
ta timbrica più immediata ed effettistica); i trombo­
ni "dolci" con sordina, che enunciano per primi,
in
un diatonico "punctum contra punctum" per moto contra
rio, la breve e interrogativa citazione del "Lieta no"
da Coro di morti (miss. 3 e 4) ••• Bastano queste quat­
tro misure per definire un preciso ambito timbrico
emotivo che si manterrà sostanzialmente per tutto
il
lavoro.
Si puO parlare di una prima sezione di questo mov!
mento (miss. 1 •• • 42), per lo più giocata in "PPp' - mp"
sugli elementi timbrici e ritmico-melodici espost;i in
principio dalle viole, dall'arpa e dai tromboni.
Il
senso che essa suggerisce è quello di un'arcana
a­
spettazione. Con il "PiO. mosso" seguente (miss. 42 •••
248
59), il velo
~
infranto da un crescendo travolgente
che porta al "fortissimo" di miss. 48 ••• 51, una temp!.
sta presto sedata con il graduale ritorno al
"Tempo
I Il (miss. 60 ••• 64), specie di ripresa illusoria·
l'intervento
del~e
con
viole al ponticello che espongono
la solita emiserie, ma per moto contrarioje dell'arpa
alla tavola, assenti questa volta i tromboni e la ci­
tazione da Coro di morti. I seguenti "Più. mosso","tem
po", "più. mosso, movendo sempre più.", dove finalmente
la serie
~
completata nelle polifonie a due dei clari
netti (a miss. 69 e 70, essendo la successione do-mib
«
,
- ,si-fa;-,la-sol#. ~re-mi!-:si~ -fa#. ~bdO# -sol!, sono epi­
sodi di transizione al "Presto/Ritmico" di miss.
73
e segg.
Qui,la partizione formale si fa più. difficile.
Le
"liquescenze" di flauti e clarinetti sopra gli armoni
ci degli archi confluiscono, a mise 84, in un "Ritmi­
co" "piano, staccato, sottovoce"'di nervosa compatte,!
249 za, in cui prevale, sino a mise 94, il colore
degli
archi e, da mise 95, quello dei fiati. Con il
"Poco
meno tl successivo (miss. 103 •.• 107), ritorniamo per un
attimo al "Presto tl di prima e alle "liquescenze"
dei
flauti e dei clarinetti. Come in una scacchiera, ecco
ancora il "Ritmica" ,"piano, staccato, sottovoce" (miss.
107 ••. 147), interrotto a 131 e 145 da due misure
so
spensive degli ottoni in "forte"; di grande suggestio
ne i contrappunti imitativi e tetraseriali degli
ar­
chi in pizzicato che, dal "mezzopiano" delle viole
a~­
mise 136, si dileguano gradatamente nel silenzio di
U
na pausa.
Il "forte" deciso delle ultime tre misure di
<;lue­
sta sezione prepara il "Meno mosso" di miss. 148 •••••
184, segnato da un'apprensività timbrica e dinamica
molto contrastata: ricompaiono i tremoli degli
archi
al ponticello (assenti, a parte un'apparizione poco e
vidente alle viole di miss.
127.~.130,
da mise 72);
h
250
gli staccati in "p - mp", prima affidati soprattutto
agli archi, vedono qui protagonisti i legni, cui
si
contrappuntano liberamente i sussulti aggressivi
dei
violini primi, insistenti su alcuni intervalli seria­
li (sih -sol
= 1-2
per moto contrario, do-fa#
=
3-4,
sol-sib -fa# -do-mi-mib = 1-2-3-4-5-6 etc.); i ribat­
tuti degli archi col legno e del piatto sospeso
con
uso della spazzola metallica, a miss. 159 ••• 163, comu
nicano una nota timbrica nuova e inattesa; inattese
anche le giustapposizioni dinamiche di "p" e di
"f"
(o "ff"), a miss. 164 ••• 176, che troveranno una con
~
cordia nel "fn e nell'omoritmia di miss. 180 ••• 183.
Il "Poco piil" di mis. 185 è transizione al "tempo,
piil sostenuto" di mis. 195, chetrecuperando gli osses
sivi staccati di prima e le combina.zioni polidinami ­
che di miss. 148 ••• 176, esaspera ulteriormente la
te~
sione emotiva per sfogare, infine, nel sospirato "Ho­
hepunkt" di miss. 232 ••• 263. In questo vertice, l'or­
251
chestra letteralmente esplode in un concitato "ff", e
poi "fff", che propone interativamente il tetracordo
di apertura della serie su cui è in parte fondato
il
movimento, mentre persegue una ritmica gagliarda che,
specie a miss. 236 ••• 243 e 246 ••. 255, ricorda quella
di Primo e, in
parte~di
Secondo concerto (a proposito
di quest'ultimo, già, si è rilevata la perfetta corri­
spondenza ritmico - melodica tra l'esordio dell'"Alle
gretto tranquillo" e l'episodio in questione) •
Ma, a partire dalla mise 264, la tensione
scema
sempre più. Già a mise 266, ritorna in "mezzoforte
staccato Il (violini primi e violoncelli) il ticchettiO
metronomico abbandonato dalla mise 244, e che è l'ele
mento di gran lunga più ricorrente da mise 84 in
poi.
A miss. 285 - 286, la tensione è completamentesspenta
nell'immobile "ppp" di un do grave affidato a timpan;i,
arpa, celli e bassi. Alle percussioni spetta, ora, il
compito di. un graduale crescendo che, da mise
288,
252
riporta a un "Presto", questa volta di conclusione
(miss. 297 •.• 317); conclusione rapidissima e sbrigati
va che, dopo l'accentuazione in "forte" del battere
della misura iniziale, prosegue in "p - pppu, come un
fantasma che svanisce magicamente nel nulla.
Volendo sintetizzare all'estremo la nostra analisi
- che è,certamente solo una delle analisi possibili-,
il movimento consta di quattro parti principali:
1)
miss. 1 ••• 72, quasi un "Adagio" di introduzione e
di
presentazione del ma.teriale timbrico, diÌinamico, ritmi
co e intervallare del movimento; 2) miss. 73 ••• 231,
quasi un "Allegro" che, utilizzando i medesimi eleme!!
ti delle misure introduttive, raggiunge per progress!
ve ed esaperanti somme emozionali il "climax" espres­
sivo a 3) miss. 232 ••• 263,per declinare, con le miss.
264 ••• 284, all'''anticlimax'' di miss. 285 - 286 e con­
cludere a 4) miss. 297 .•• 317 con un
bile "Presto Il •
b~eve
e inafferra
253 Simile analisi si può condurre per il secondo e ul
timo movimento di questo concerto. Il quale inizia con
un IlAndantino traquillo", in cui sono protagonisti
i
fiati e, da mise 83, gli archi; segue, a misura 98
e
successive, un "Mosso, con vivacità" giocato su note
ribattu.te e semicrome volanti; e, terza e conclusiva
sezione, il "Lento e grave" di miss. 197 e seguenti,
che "sparisce" nel "Calmissimo" che chiude il concer­
to (interessante annotazione riferita ai violini pri­
mi e secondi per le ultime due misure e mezzo:
"Da
qui, e per tutta la battuta seguente, smette di suona
re un leggio per volta, in
manie~a
che all'ultima bat
tuta rimanga soltanto l'ultimo leggio dei I e l'ultimo
deLIIIl). La partizione emotivo - formale è, per que ­
sto movimento, di piU immediato e sicuro riscontro.
La prima sezione è, nell'affiPito del concerto, quel
la che conserva i maggiori tratti tematici e la
mag­
giore varietà di atteggiamenti. Il disteso interloqui
254
re del corno inglese, fra miss. 5 e 22,
dolcementec~
trappuntato prima dagli archi e, poi, dal
pr~mo
flau­
to e dal primo fagotto, contiene veri e propri elemen
ti tematici, presto ripresi lungo il corso
d~
questa
prima parte del movimento. Così, le miss. 5 ••• 7, i cui
primi tre intervalli sono i medesimi dell'inizio del­
la serie del movimento precedente, le ritroveremo al­
l'oboe di miss. 25 - 26 e al corno inglese di
miss.
31 ••• 33: e le miss. 9 ••• 11, una serie di nove
note
senza ripetizioni, sono come un "leit - motiv" cheJda
battuta 60 percorre costantemente la sezione del mov!
mento, fino a dar luogo a una sorta di elementare fu­
gato, a miss. 89 ••• 97i il tratto compreso nelle miss.
14 e 15-- che, fra l'altro, riprende testualmente una
figurazione ritmico - melodica di
mis~
;11 - è
replic~
to, a miss. 19 ••• 21, dal primo fagotto (e;suoi fram­
menti sono anche ripresi da flauto e corno inglese al
le stesse misure), a miss. 50 ••• 52 dal corno
inglese
255
e dal primo fagotto all'unisono, a mise 73 da flauto
e primo oboe, a miss. 81 e 82 dal primo clarinetto
etc.
Un altro elemento che ricorre frequentemente è
il
diatonismo discendente proposto da flauto e ottavino,
a mise 21, e che può rammentare la citazione da
Coro
di morti del primo movimento: lo riincontriamo più a­
vanti, al primo corno (miss. 25 e 27), all'ottavino
(miss. 34 e 35, per allargamento), al clarinetto bas­
so unito a viole, celli e bassi (miss.
41
e 42, anche
qui per allargamento), all'arpa e ai bassi la misura
dopo, e così via. Ritroveremo, ancora, l'inciso
del
primo fagotto di mise 1, l'arpeggio dei clarinetti di
miss. 3 e 4, le terzine del primo oboe di mise 5,
le
note ribattute degli archi di miSe 13 e seguenti •••••
La natura emotiva e psicologica di questa prima se
zione del movimento è, dunque, rappresentata in primo
luogo da una complessa costellazione di elementi -
o
256
franunenti di elementi ·"tematici "_, quale non si
forse
era
incontrata, almeno in cost breve spazio,
in
nessun lavoro precedente di Petrassi. Si comprende per
fettamente, a questo punto, a che cosa alludesse
il
recensore statunitense che abbiamo citato al princi ­
pio del capitolo
" parlando di "great restraint, eco­
nomy, and good form". Il pullulare di elementi ritmi­
co - melodici è qui, infatti, ordinato secondo una lu
cidissima disposizione spaziale. E, se il primo movi­
mento, per la sua espressivi.tà talora tragica e bruta
l:e, poteva rimandare a "un petit sacre du printemps"e,
per altri versi, all'espressionismo del Wozzeck, que­
sta prima parte del secondo movimento argina la pro ­
pria emozione entro un neoclassico "great restraint".
CiO che non impedisce, ed anzi serve a sottolineare,
il suggestivo colore timbrico dato dagli interventi
dei singoli strumenti, e piQ di tutti dal primo
to, dal corno inglese e dall'arpa.
fago~
257
C'è una particolare figurazione di quattro semicr2
me, nell'''Andantino tranquillo" (a miss. 52, 70, 76 e
88), che anticipa il seguente "Mosso, con vivacità­
(miss. 98 e segg.), caratterizzato appunto dalla
sistita presenza di un motto ritmico nervoso
in­
(lì!!),
"­
affidato di volta in volta alle diverse parti strumen
tali, non escluse le percussioni, la cui
funziòne­
corrisponde a quella unificante e connettiva della ci
tazione da Coro di morti nel primo movimento e
delle
miss. 9 ..• 11 del corno inglese, nella prima parte del
secondo movimento. E' un mezzo linguistico che esula
da ogni intenzione di sviluppo tematico, ed anzi dalla concezione stessa di tema, per utilizzare, invece,
in sequenza ripetitiva e in giustapposizione, un mede
simo inciso di minime proporzioni. Ricorda l'adozione
persistente del tetracordo di Noche oscura, o
dei
~due
una
nuclei musicali: un disegno arpeggiato ••• e
costante invenzione salla quinta vuota" (151) di Mor­
258
te dell'aria. Ma in Quinto concerto gli elementi
.di
cui si è detto servono a definire singoli episodi,non
l'intero lavoro: la citazione da Coro di morti - natu
ralmente unita ad altri elementi caratterizzanti - de
finisce il primo movimento; per il secondo movimento,
le miss. 9 ••• 11 del corno inglese definiscono la pri­
ma parte, mentre la seconda è segnata dalle
quattro
semicrome di cui abbiamo appena parlato, e la
terza
e ultima (miss .197 ••• 246), come un cerchio che sjj,chiu
de, riprende gli elementi del primo movimento.
Al neoclassico "restraint" della prima parte di
qu~
sto movimento e alla nervosa conçitazione della secon
da, succede, infine, uno stato emozionale di
misteri~
sa quiete. Preparato dal "Molto sostenuto" di
miss.
187 ••• 196, dapprima in lancinante "fff" e poi subito
in "pp", r iaff':brano, in questo "Lento e grave... Cal­
missimo" di conclusione, gli atteggiamenti del
movimento. Si ha la chiara sensazione che quegli
primo
at~~
259
teggiamenti non siano stati, in realtà, mai spenti,
neppure nel secondo
mov~mento,
e che solo ora riemer­
gano come da un fittizio torpore. Cosl, il ritorno del
l'arpa "in rilievo
Il
e alla tavola con il suo
t~pico
bemolle ribattuto, il ritorno delle viole in
la
tremolo
"p ianissimo" e·al ponticello e dei tromboni con sordi
na che recuperano la citazione da Coro di morti (an ­
che se non si tratta più di due tromboni tenori,
ma
del secondo trombone tenore e del trombone basso urrct
tava sotto rispetto al primo movimento, onde il regi­
stro timbrico è più scuro) suonano come una sospirata
ripresa di emozioni musicali - e. anche fisiche e psi­
cofisiche - provate al principio del concerto.
Crediamo che l'aspetto tecnico, soprattutto in
ste due parti estreme del lavoro (miss. 1 ••• 72
qu~
del
primo movimento e miss. 197 ••• 246 del secondo), debba
essere assolutamente subordinato a quello espressivo,
tant'è che il riferimento del "Lento e grave ••• Cal ­
260
missimo" conclusivo al "Moltomoderato" di apertura
è
un fatto talmente immediato e istintivo, che le rela­
zioni formali tra i diversi elementi ritmico-melodici
delle due parti in questione appaiono del tutto secon
darie, al confronto dei valori timbrico - dinamico
emotivi.
Per precisione, si devono tuttavia rilevare,oltre
a quelle già accennate, alcune chiare riprese: i moti
contrari dei contrabbassi, a miss. 205 ••• 208, presen­
ti anche oltre, che riproducono per moto retrogrado
quelli di miss. 29 ••. , 38 •.• , 54 ••• , etc. del primo
movimento; i pizzicati, sempre dei contrabbassi
(+
timpani), a miss. 214 ••• 221epiù avanti, che enunciano
le prime quattro note della serie comparsa alle viole
e imitano un passo ostinato più volte ricorrente
nel
primo tempo (cfr. miss. 47 ••• , 132 ••• , 164 ••. etc) iil
medesimo frammento tetraseriale in imitazione fra gli
archi, a miss. 227 ••• 232, l'utilizzazione della prima
261
emiserie per moto retrogrado, alle miss. 197 ••• 200{al
ternativamente·. nelle parti delle viole e dei violon­
celli divisi: SOl# (6) - la (5) - fa (4) - si (3)
mib (2) - do (1) e alle miss. 242 ••• 246, una sorta di
simbolica retrospettiva,.un cammino a ritroso "ad or!
ginem", la coincidenza degli estremi del principio
della fine; il ritorno dell'arpa e del colpo di
e
gong
in "pianissimo", a due - tre misure dalla fine, secon
do una posizione esattamente speculare al primo movi­
mento.
Consolidati i successi anche a livello internazio­
naIe, divenuto presidente della SIMC (italiana
nel
'53, internazionale nel '54), eseguite in tutto
il
mondo sue musiche e pubblicati su di lui diversi sag­
gi ed articoli (specie in concomitanza con il
tesimo
d~lla
cinqua~
nascita), Petrass1 è ormai maturo,
in
Quinto concerto, per esprimere se stesso pienamenbe e
262 senza sperimentali compromessi. Questo lavoro è, dun­
que, un traguardo, prima che un "sintomo di crisi"(152).
E il traguardo sta nella tragica espressività
re,che
tecnicamente
interi~
rimanda a citazioni autobiogra­
fiche, non desunte dallo spirito o dalla lettera
altri autori. "Lo strumento, suono astratto,
di
indaga,
con la massima lontananza dalla parola, la capacità
del suono a farsi parola. E' un misurarsi con il
si­
lenzio. Con l'emozione. Ma attraverso un progressivo
rarefarsi della materia, un rifiuto sempre pii!
decis~!
al: gesto declamatorio, all'evidenza della .P'erorazio­
ne". ( 1 5 3) •
Questo rifiuto era già chiaro nel (Primo) Concerto
e nei lavori degli anni '30, ma l'acquisizione di una
tecnica compositiva sempre pii! eclettica e internazi2
naIe e, soprattutto, di una capacità espressiva - non
necessariamente legata al veicolo verbale - equidistan
te dai poli dell'espressionismo viennese e de.l
primo
263
Stravinskij ha contribuito, nelle opere degli
a un linguaggio di indubbia \
person~le
anni'5~
energia dram­
matica. In questo senso, l'itinerario compreso fra Se­
condo e Quinto concerto è quanto di più imprevedibile
e, insieme, di rigorosamente consequenziale che
si
possa immaginare. Petrassi non ama proseguire su
una
linea ovviamente prestabilita e affronta, invece,
e­
sperienze sempre nuove, senza dimenticare quelle pas­
sate, ma integrandole con i modi di recente acquisi ­
zione.
Così è avvenuto nel passaggio fra Secondo e
Terzo
concerto (dove la serialità è unita al neoclassicismo
hindemithiano del concerto precedente) e fra
Terzo
e Quarto concerto (dove lo spirito e il "tematismo"
bartokiano tentano la simbiosi .con lo "strutturalismo
intervallico" di Terzo concerto). Così è avvenuto, ig
fine, tra Quarto;e Quinto concerto.'Ma·qui non si fan
no più i nomi nè di Hindemith nè si Sch5nberg nè
di
264 Bart~k. Qui è Petrassi, e Petrassi soltanto, ad esse­
re modello a se stesso, anche se, naturalmente,
con
il bagaglio di esperienze e di cultura che sappiamo.
L'accentuazione del lato tragico-espressivo è .sempre
più evidente da Secondo a Quinto concerto,
tocc~,il
culmine in quest'ultimo. Le forti emozioni trasferite
in musica da Coro di morti e Noche oscura trovano
l'~
quivalente puramente musicale e strumentale, senza, .
cioè, l'ausilio dei mezzi vocali e, soprattutto,
quelli verbali, in questo concerto, che
spetto
di
per tàle.; a
resta un "unicum" della produzione petrassia­
nq.
Nei lavori futuri - a parte i Eropos d' Alain
( '60) ,
i Mottetti per la Passione ('65), le Beatitudines
( '68) e le Orationes Christi (' 74 - '75) - ,Petrassi in
sisterà spesso, all'opposto di Quinto concerto,
sul­
l'esornatività e sul virtuosismo strumentale. Lo stru
mento, specie in lavori come 'rre··per sette ('64) o E­
265
stri per quindici esecutori ('66 - '67) o Grand sep ­
tuor ('77 - '78) ••• , sarà il nuovo oggetto di indagi­
ne, un'indagine che mira a svelarne le piU risposte
qualità tecnico - virtuosistiche, allontanandosi
dal
tradizionale concetto di "espressività", cui in
so­
stanza è ancora legato Quinto concerto.
Esempi di questo tipo non mancano nemmeno
produzione precedente di Petrassi,
nella
(si vedano i Non­
sense per coro a cappella e le Invenzioni per piano ­
forte del '44l.Ma l'intento espressivo, comunque,
è
in essi evidente e vuol essere anteposto a quello pu­
ramente tecnico, tant'è che i passaggi di acrobatico
virtuosismo si può dire che siano del tutto assenti
nel Petrassi degli anni '30 ••• 1 50, per coronarsi, in­
fine, nelllllespressivismo totale" di questo concerto.
Forse, Quinto concerto, piU che un punto cruciale
o - come dice Dino Villatico (154) - un "punto di vol
ta", è la meta ultima di una ricerca espressiva, 01 ­
266 tre la quale non è possibile andare,se non mutando di
rezione. Solo in questo senso, puO essere il segno di
una crisi, ma di una crisi a venire che, di fatto, sa
rà brillantemente scongiurata da Petrassi,in favore di nuove e
impreviste opzioni.
In Quinto concerto, "l'impronta dialettico-discor­
siva del sistema linguistico
ra del tutto cancellata
t~adizionale
(anzi, per niente
non è anco­
cancellat~
noi diremmo : ciò che di quel sistema Petrassi
tenta
in ogni modo di eludere è la logica formale. Agli
el~
menti primi del linguaggio tradizionale egli anche in
seguito farà ricorso, beninteso entro tutt'altri con­
testi; mai più tornerà a pensare musiéalmente nei ter
mini di quella logica, neppure quando si tratterà per
lui di proporre un'alternativa alle soluzioni icono ­
claste proposte dall'avanguardia"
(155). Boris Pore­
na, secondo noi, qui ha ragione.
La dialettica alternanza di pieni e di vuoti,
di
267
momenti di tensione e distensione, si avvale ancora
delle figure ritmico-melodiche della tradizione,
an­
che se ridotte come a formule stenografiche, "labili
figure ••• (dagli)
imprecisi~contorni,
••• allusioni,
quasi diremmo tracce dell'antica figuratività". (156).
Ma la logica che guida l'organizzazione di queste fi­
gure, nell'arco generale del lavoro
o nel
singolo
movimento o parte di movimento, non rimanda a nessuna
forma della tradizione classico-romantica, sia
essa
tripartita o ritornellata. E le osservazioni dei pri­
mi recensori di Quinto concerto, che vedevano, in es­
so, soprattutto il fitto avvicendarsi di stati emozio
nali diversi (ricordiamo la posizione crociana di Mi­
la), non sono poi "del tutto superficiali", come inv.!
ce qualcuno sostiene (157). Certo, l'analisi dettaglia
ta rivela una saldissima rete di morfemi ricorrenti e
sempre uguali a se stessi, neppure variati;
per~,
sto non elimina la loro funzione eminentemente
qu~
espre~
siva, anzi emotiva, che sopravanza di gran lunga ogni
senso di costruzione cerebrale.
268 9. Invenzione concertata (Sesto concerto)
Quinto concerto fu composto nel 1955, Invenzione con­
certata (Sesto concerto) fra llottobre 156 e il
marzo
157. Eppure, malgrado i diversi mesi intercorsi tra
due lavori, il catalogo delle opere petrassiane
i
non
ne annovera altri in questo periodo, rimandando, inve­
ce, a due soggiorni di lavoro negli Stati Uniti.
Il
primo di questi risale al novembre-dicembre 155, in oc
casione delle celebrazioni del "Saluto a Roma" e della
prima esecuzione assoluta di Quinto concerto (tenutasi
a Boston il 2 dicembre): il secondo, più lungo e pro ­
trattosi per circa due mesi nelllestate successiva,co­
incide con il corso di composizione al Berkshire Music
Center di Tanglewood nel Massachussetts - cui Petrassi
è chiamato in qualità di docente dalla Fondazione Kus­
sevitzki e dal Dipartimento di Stato - ed offre llop ­
portunità di visite e di contatti artistici con le più
269
importanti città statunitensi.
Si capisce che le principali attenzioni di
questi
undici mesi sono per Petrassi assorbite da altre ragi2
ni d'interesse, che non dalla pratica della composizi2
ne. E tuttavia, i due viaggi oltreoceano e le conse
guenti esperienze culturali e artistiche,e certamente
anche umane, hanno lasciato una indubbia traccia nella
sua futura attività creativa, se il primo
lavoro
che
ne è seguito è all'apparenza cosi contrastante rispet­
to ai lavori precedenti, da segnare una nuova ennesima
mutazione nel globale "iter" petrassiano.
Irtvenzione concertata, sesto
del~a
Concerti per orchestra, rappresenta
serie degli
appunto
otto
questa
nuova ennesima mutazione. "Sesto concerto •••• si ripr2
pone in un certo senso come opera prima, frutto
fre­
schissimo di una problematica d'avanguardia innestata
sul ceppo fecondo di uno stile già perfettamente defi­
nito " (158). La mutazione sta, innanzitutto, nella
di­
270
versa articolazione delle strutture minime del
lingua~
gioo Le quali, in se stesse, sono poi le medesime
prima. la successione di unisoni in IIpianissimo ll
di
delle
prime misure richiama .. ..agli lIincipit ll della ter'·za
e
quarta delle Invenzioni per pianoforte (del '44),
se
non addirittura alla IICiaccona ll della lontana Partita
per orchestra (del '32); l'insistenza sull'intervallo
di terza e su alcuni lIintervalli chiave ll ricavati dal­
la sequenza seriale del principio ci ricorda le espe ­
rienze strutturaliste inaugurate con Récréation
con­
certante (Terzo concerto); lo stilema del tremolo
per
terze e quello delle note ribattute, l'uso di triadi
perfette, il pedale narmonico" (vedi i timpani di miss.
32 ••• 35, o gli archi e le percussioni di miss. 95 ••• 99,
o le percussioni sole di miss. 102 ••• 118 etc.), gli
stinati ritmici, i
0­
"neoclassici ll ritmi puntati, l'am ­
pio e disteso intervallare (secondo movimento), i suo­
ni armonici. tenuti degli archi (miss. 114 ••• 118, 126 ••
271 150 etc.) ,le semicrome "volanti" sempre agli archi(ter
zo movimento), i passaggi di libere scale diatoniche
(come il caso eclatante di miss. 160 e 161) o di fram­
menti di scala cromatica (come a miss. 192 e 306) •••
Ma altra, rispetto ai lavori precedenti, è la
com­
plessiva organizzazione di queste minime strutture,
,
"~01TOl~ del linguaggio petrassiano desunti da un mede
simo vocabolario, ma informati alle leggi di una nuova
grammatica. "La composizione - osserva Massimo Mila (159)'
- si attua legando insieme minime figure, "microstrut-·
ture intervallari"
(l'espressione è tratta dal
sag­
gio di Boris Porena sui Concerti per orchestra di
Pe­
trassi, da noi più volte citato)
in­
, trascorrendo
stancabile dall'una all'altra in uno stile di variazio
ne infinitesimale •••
Un'operazione simile significa
rompere le ossa alla musica, onde è facile comprendere
la difficoltà che simili composizioni presentano all'a
scolto e la resistenza a cui vann6 incontro".
272
Lo "'stile di variazione infinitesimale" di cui par­
la Mila è un fatto assolutamente inedito nel
Petrassi
di prima. Per limitarci ai Concerti per orchestra,
lo
strutturalismo di Récréation concertante non si spinge
oltre una concezione motivico-tematica della serie,
a~
zardando, come abbiamo visto, un "divertimento" sullo
intervallo di terza che, però, rimanda curiosamente
a
certi modi ritmici stravinskiani; per non dire di Quar­
to concerto, dove la bartokiana sintesi di tema e strut
tura è anche pin evidente; mentre in Quinto concerto
la continua iterazione deL breve motto desunto
"Lieta no" di Coro
dal
di morti e di altre microstrutture
portanti dell'intero lavoro non subisce variazione ge­
netica alcuna lungo il corso del brano: si
tratta,
cioè, di ripetizioni pin.o meno letterali.
Ora, in Invenzione concertata <Sesto concerto)
re­
stano i minimi elementi costitutivi che abbiamo in paE
te elencato sopra, ma questi non concorrono pin a defi
273
nire e comporre ("cumponere") articolate frasi temati­
che nè vengono, per lo più, ripresi testualmente.
discorso è come fatto a pezzi, le sue ossa sono,
Il
appu~
te, "rotte" e polverizzate. " ••• ogni ripetizione è de
litto", sostiene sempre Massimo Mila nel citato
artic~
lo, ma qui, forse, non senza esagerazione. CiO che so­
pravvive sono le minime strutture di base e, più spes­
so della loro articolazione ritmica, la loro articola­
zione intervallica. La "variazione infinitesimale" con
siste esattamente in questo: che nella insistita
ripr~
posizione di alcuni semplici intervalli desunti dalla
serie inizialmente esposta, e che stanno, in vari pun­
ti, a fianco di una ritmica più o meno elementare
e
perfettamente caratterizzata, dipende lo svolgersi uni
tario del lavoro.
La ritmica. Anche questa merita una particolare at­
tenzione. Se in Quarto e, soprattutto, in Quinto Con ­
certo essa cedeva a una ricerca tesa a valorizzare
lo
274
interesse preminente degli altri parametri del suono ,
specie quelli melodico-intervallare e armonico-timbri­
co, qui sembra riscattarsi.e proseguire le intenzioni
di Récréation concertante (Terzo concerto). Lo vediamo
subito nella mobilità dei tempi adottati nelle
prime
misure del concerto (dove si alternano rapidamente bat
tute di 3/4, 5/8, 6/8, 5/8, 3/4, 5/8, 6/8 etc.) e,
in
particolare, nelle irregolarità delle percussioni,
a
miss. 5 - 6 e 19 - 20. Le percussioni, soprattutto, so
no la "zona orchestrale" che suggerisce maggiormente a
Petrassi questa irregolarità - ed è anche normale, da­
to il loro ruolo che, per intrinseca natura, è eminen­
temente ritmico, oltre che timbrico -, ma è interessan
te rilevare che anche da esse provengono, come da
una
naturale germinazione,. alcuni spunti di estrema e
os­
sessiva regolarità. Petrassi costruisce spesso per op­
poste antinomie.
A miss. 5 e 6, prevale indubbiamente l'irregolarità
275
ritmica, ma le biscrome ribattute della cassa
chiara~
no, per contro, regolarissime. Analogo discorso per le
miss. 19 e 20. Il pedale in "pianissimo" delle
miss.
32 ••• 35, fondato sui ribattutiirlel piatto sospeso
e
della cassa chiara "all'orlo" e sulle terzine costanti
dei timpani, è, invece, di una regolarità quasi stati­
ca. All'opposto le miss. 45 ••. 50, varie e imprevedibi­
li. Mentre l'ostinato che si protrae da mise 102
mis. 118, e giocato sul ritmo implacabile:
L 11. 1
non solo è regolarissimo, ma addirittura normale,
a
,
se
non abusato, nel repertorio della tradizione. Ritorne­
rà all'ultimo movimento, a miss. 279 ••• 314. E gli esem
pi potrebbero proseguire.
Altro aspetto da considerare è quello timbrico.L'oE
ganico appare insolito rispetto ai Concerti precedenti,
i quali utilizzavano.compagini strumentali di relativa
tradizionale osservanza. Cosi. le grandi orchestre
di
Primo e Quinto concerto, cosi l'orchestra haydniana di
276 Secondo concerto, o quella da camera - privata, però ,
dei contrabbassi e accresciuta di una batteria consi ­
stente di percussioni - di Récréation concertante (Ter­
zo concerto), o del bartokiano (o berghiano?) complesso
d'archi di Quarto concerto. Invenzione concertata (Se­
sto concerto) ricorda, invece, vagamente l'organico di
Coro di morti, costituito da voci maschili, tre piano­
forti, ottoni, contrabbassi e
percussione~,
Ma qui si possono schematizzare tre chiare sezioni
strumentali: quella degli ottoni (quattro corni in fa,
tre trombe in do, due tromboni ternori e un trombone
basso), quella delle percussioni (timpani, tamburo con
corde, cassa chiara, gran cassa, tam tam piccolo,
tam grande, gong cinese grande, due piatti, piatto
tam
so
speso, triangolo, maracas grandi; in tutto quattro ese
cutori) e quella degli archi (al completo, secondo la
tipica pentapartizione). Anche se le diverse
sezioni~
no scrupolosamente concertate - donde il titolo Inven­
277
I tre gruppi strumentali si trovano, dunque, in una
situazione di "paresinter pares", in cui la nuova ac­
quisizione di personalità e di autonomia da parte del­
le percussioni. non è ostacolo, maJal oontrario, garanzia
della parità strumentale e di una concertazione equili
brata. Se è vero che il compositore, secondo Petrassi,
"si deve identificare con lo strumento che sta adope ­
rando ••• essendo, volta a volta, un flautista, un sas­
sofonista, un violoncellista, o quello che sia".
e se è vera la fede incrollabile che egli nutrè
(160),
per
278
l'esercizio contrappuntistico e per una concezione del
la musica basata su di esso (161), ne deriva che
ogni
strumento dell'orchestra,purchè impiegato secondo
congenite potenzialità tecnico-espressive e
le
secondo
una logica diveniente, deve presentare una condotta
a~
tonomamente espressiva, .anche se, per ipotesi, 'avulsa
dalla concertazione generale. Quest'ultima, poi, è da­
ta dalla somma delle diverse parti, singolarmente
aut~
nome, ma integrate in un complesso di omogenea compa :,­
tezza, senza "divismi strumentali" e prevaricazioni.
Avviciniamo, ora, la. partitura di Invenzione
certata (Sesto concerto),
con­
per accertarci delle consi­
derazioni fatte a) sulla nuova particolare articolazio
ne dei morfemi linguistici' b) sulla ritmica, che con­
trappone a soluzioni irregolari altre del tutto
regol~
ri e tradizionalmente simmetriche e c) sulla timbrica,
che divide l'organico in tre sezioni strumentali
in
279 perfetta osmosi (162).
Dei tre movimenti in cui si può ripartire il concer
to - primo movimento "Mosso (inquieto)/Adagio/Tempo/A­
dagio ••• " etc., secondo "Adagio sostenuto... (estatico)
~
terzo "Libero, (con fantasia)/Tempo/Tempo, sostenuto I
Tempo (liberamente) ••
:1 etc.
- il primo è, forse, quel­
lo più stimolante per la nostra analisi. Si snoda
da
miss. 1 a mise 128 e utilizza liberamente le successio
ni intervalliche stabilite dalla serie endecafonica
sposta al principio da violoncelli e contrabbassi
e~
se-
condo una semplice omoritmia, inquadrata, però, un due
misure differenti, l'una di 3/4 e l'altra di 5/8
(f~~).
Le miss. 3 e 4 - e, più avanti, le miss. 22 e 23,32 •••
35 (timpani), 49 e 50 (tromboni e contrabbassi), 72 •••
74, 81 e 82 (violini secondi), 95 ••• 99 (viole e violon
celli), 109 ••• 115 (violini, utilizzando anche il rivol
to, cioè l'intervallo di seconda minore o di nona mino
re), 126 ••• 128 - insistono sulla ottava diminuita-set­
280 tima maggiore delle note 10 e 11 della serie.
Insistenze su altri intervalli seriali sono presen­
ti
ovunque nel movimento: la sesta maggiore discenden
te delle note 7 e 8 la ritroviamo, ripetuta quasi
quarantina di volte, a miss.
una
9 ••• 18; frequente ricor­
re la sovrapposizione di terze mino-maggiori - interval
li che nella sequenza seriale troviamo, anche
sotto
forma dei rispettivi rivolti, sei volte: sol-si,si-sOl#,
SOl# -do (=Si# ), do-mi"
fa# -la, la-do# ; più una set
tima volta, quando la serie endecafonica iniziale
completata dalla dodicesima nota, che stabilisce
è
con
quella precedente l'intervallo re-si~ -, come ai corni
di miss. 11 .•• 18, ai violini primi di miss. 17 e
18,
ai corni e alle viole in trillo di miss. 29 ••. 31,
ai
corni di miss. 48 ••• 50, ai tromboni secondo e
terzo
di miss. 49 e 50 e all'episodio affidato agli
archi
fra miss. 85 (83) e 91 •••
Ma solo in un caso, a miss.
36.~.43,
la serie dode­
281
cafonica è utilizzata per intero e ripetutamente,dando
origine a cinque entrate sca1ari, rispettivamente
di
violoncelli, viole, contrabbassi, violini secondi
e
violini primi. Il passo, come accadrà ancora per l'ini
zio del secondo movimento, è tutto analizzabile serven
dosi di so11 criteri seria1i;
282
( ~+2.)
t,. 5'1­
3 2. 1
3
283 Oltre alla presenza costante di alcuni intervalli
seriali (la settima maggiore e la terza mino-maggiore
con relativi rivolti) e, almeno in un episodio, al con
trappunto dodecafonico del più assoluto rigore -
ciò
che, nell'insieme,giustifica l'analisi puramente inter
vallica proposta dal capoverso precedente -, bisogna,
però, riconoscere che in questo movimento ricorrono an
cora elementi ritmico-melodici più complessi che,
in­
sieme alle "microstrutture :imtervalliche", contribuisco
no alla organicità generale.
Anche qui, come in Récréation concertante (Terzo Con­
certo),
l'~sizioneseriale
è condotta secondo
uno
schema ritmico e melodico ricorrente, permanendo, cioè,
le medesime figurazioni ritmiche e la medesima succes­
sione di intervalli limmediatamente riconoscibile;
la
serie inizialmente esposta assume, cosI, sin dal prin­
cipio (anche se incompleta della dodicesima nota, che
comparirà finalmente a mis. 37) una sottile
valenza
284
motivico-tematica, memore dei lavori precedenti, mal ­
grado la minor caratterizzazione del tratto ritmico.Lo
riscontriamo nelle successive formulazioni, tutte fram
mentarie fino al passo fugato di miss. 36 e seguenti,
ma chiaramente individuabili da un punto di vista rit­
mico-melodico: a miss. 12 ••• 14 (contrabbassi), 15
(vi~
lini secondi e viole), 27 (violini secondi e violoncel
li), 28 e 29 (viole e violoncelli) e, dopo le miss. 36
••• 43 di cui si è detto, a miss. 63 e 64 (terzo
tromb~
ne e contrabbassi)., 75 (viole e violoncelli), 81 e
82
(violoncelli e contrabbassi), 103 e 104 (idem, per moto
contrario), 109 e 110 (viole, violoncelli e contrabbas
si, utilizzando moti paralleli dissonanti che ci ricor
dano Quarto concerto). Altre figurazioni ricorrenti so
no quelle degli ottoni, a miss. 25 ••• 27, le
quattro
semiminime rimarcate per la prima volta dai corniedai
tromboni, a miss. 44, la breve figurazione dei corni ,
a miss. 64 e 65, etc.
285
La ritmica di questo primo movimento richiama,
inv~
ce, ad alcune asimmetrie di Récréation concertante,de!
le quali sembra essere l'ideale prosecuzione. Si è già
rilevato lo stretto avvicendarsi di
misure in
tempo
diverso: nelle prime dodici, esso cambia otto voI te
il passo sopra illustrato., come si può -
e
os­
servare, muta tempo cinque volte nel giro di otto bat­
tute (ma se, per l'esattezza, si pone attenzione
che
sopra alla prima misura in 5/8 c'è scritto 3+2 -
cioè
3/8+2/8 - e sopra la seconda 2+3 -2/8+3/8 -, le muta ­
zioni diventano addirittura sei). Spesso, vengono
im­
piegati gruppi ritmici irregolari di non facile scompo
sizione, come a miss. 5 - 6 e 19 - 20, che, a un primo
ascolto, possono senz'altro lasciare interdetto
anche
il fruitore più attento (naturalmente sprovvisto della
partitura). Altre volte, combinazioni ritmiche diverse,
in se stesse semplici, sono fra loro contrappuntate,
sortendo effetti di una interessante irregolarità, co­
286 me alle
miss'~
58, 61, 64 ••• 66 e 79 ••• 82.
I ribattuti delle trombe e del primo corno,a miss.
95 ••• 99, sono il primo esempio in Petrassi di "melodia
-durata", ossia di una successione di puri ritmi,
loro differenziati su una nota insistentemente
tra
rfupet~
ta. In essi, ricorre spesso il ritmo della croma punta
ta + semicroma, poco oltre ripreso (a mise 102 e segg.),
per protarsi ostinatamente sino all'''Energico''
di
Di questo ostinato ci sono da rilevare almeno
aspetti: uno è il dialettico contrasto con le
due
irregol~
ritmiche precedenti,- secondo un procedere antino­
tipico in Petrassi; l'altro è il riferimento "quoti
extra-musicale cui Petrassi lo ha collegato e
egli stesso ci informa dettagliatamente (162).
"Nel Sesto concerto per archi e ottoni (e percussioni) che scris­
si per la BBC c'è a un certo punto - questo lo
proprio come riprova di quel continuo
dico
rapporto
ci deve essere fra il nostro essere spirituale
e
287
fisico e il lavoro che stiamo facendo
questione già affrontata al cap. 1)
(ritorna
una
-, a un certo
pu~
to c'è un movimento ritmico che non definisco precisa­
mente, ma comunque un movimento insistito che alla fi­
ne esplode, perchè in quel momento c'erano i fatti d'Un
gheria che mi sconvolsero talmente che non potevo
rifletter l i in quello che stavo facendo, non
non
potevo
far sì che queste mie emozioni fossero una cosa indi ­
pendente dal mio impegno di lavoro, e in questo
senso
i concerti riflettono costantemente i miei impulsi del
momento e quindi questa mia espressione, non c'è dub ­
bio" •
Quanto alla timbrica, il primo movimento vede
le
tre sezioni strumentali costantemente impegnate.
l'L' or
ganico - scrive Dino Villatico (163) -, con l'elimina­
zione dei legni, suggerisce chiaramente gli intenti di
chiarezza timbrica, di costruzione e di intreccio
di
piani distinti". E, difatti, la net·ta distinzione data
288 dalla natura timbrica di strumenti così diversi
come
gli ottoni, le percussioni e gli archi è perseguita da
Petrassi fin dalla prima esposizione del materiale tim
brico: esordio degli archi gravi che espongono la
se­
rie endecafonica, seppure con il lontano "pedale"
in
"ppp" della gran cassa con mazze morbide; intervento
separato (a mise 4 - 5) delle percussioni con i
ritmi regolari-irregolari; presentazione dei
loro
violini
primi e delle viole (a mise 7) e, poco oltre, dei con­
trabbassi e dei violini secondi; chiaro ingresso della
nuova sezione degli ottoni con le morbide terze paral­
lele del primo e terzo corno (mis .. 11); ancora un
tervento isolato delle percussioni (mis. 19);
in­
archi
(mis. 21 - 22); tromboni al completo in improvviso
"fortissimo" (mis. 22 - 23); corni + tromboni + trombe,
ovverò
tutti gli ottoni insieme, a mise 24 e seguenti,
con il lieve mormorio degli archi sotto stanti
mentre
le percussioni tacciono ••• Il contrappunto timbrico è,
289
insomma, vivacissimo e tende a riunire gli strumenti in
"microsezioni strumentali", espressione già da noi im­
piegata per Récréation concertante (p. 158
): ottoni ,
a loro volta suddivisi in corni, trombe, tromboni; peE.
cussioni, e talora timpani e batteria; archi.
Interessante, però, è che, proprio perché ogni
mi­
crosezione assolve al proprio ruolo con neoclassica
correttezza e sulla base di un tessuto intervallico
e
motivico stabilito e assolutamente organico, la compe­
netrazione dei diversi livelli strumentali riesce per­
fettamente, senza nulla togliere alle peculiarità indi
viduali. Ritorna l'affermazione di ·Petrassi
secondo
cui "la serie è un pretesto costruttivo" che molte vol
te non è chiaramente percepibile dall'orecchio
nella
sua definita struttura intervallica, mentre la fisici­
tà sonora, essa sI deve essere sempre percepibile
e
mai rimanere un puro decorativismo grafico (164). Come
dire che anche il "ppp" dovrà essere sempre disposto
290
in modo tale, da essere inequivocabilmente "udibile", e
in particolare l'articolazione timbrico-strumentale do
vrà sempre rispondere a criteri di massima lucidità,in
cui nulla di ciè) che è scritto vada p.erso a un attento
ascolto.
~n
questo senso, è da interpretare un'altra
afferm~
zione di Petrassi (165): "La mia filiazione neoclassi­
ca ha lasciato tracce, non della frigidità nè
tanto
meno nei "ritorni", ma nella purezza sonora. Del resto
occorre esorcizzare il diavolo, e rivedere il Neoclas­
sicismo, da cui nè SChonberg nè Webe n sono esenti". 0}2
pure (166): "Ciè) che l'orecchio non arriva a percepire
è inesistente; sono trascorsi alcuni anni dalla
lia della "Augenmusik"
ll
•
fol­
L'aspetto timbrico, come qua­
si sempre in Petrassi, puè) addirittura essere il prin­
cipale metro di partizione formale.
Cosi in questo primo movimento. Dove le miss. 1 ••••
35 sono l'introduzione e presentazione della tavolozza
291
timbrica dell'intero concerto, non dissimi1mente
quanto avveniva per le prime misure di Terzo e
da
Quinto
concerto; dopo di che, il concerto sembra prendere
mosse
def~nit~vamente
con
~1
le
fugato degli archi
di
miss. 36 ••• 43; segue la contrapposizione di ottoni,peE
cussioni e archi di miss. 44 ••. 47; poi, gli ottoni so­
no gli indiscussi protagonisti, almeno fino al "Mosso"
di mise 75; riprendono archi e percussioni, con qual ­
che sporadica intermittenza degli ottoni che, dopo
fanfara in "forte" di miss. 91 ••• 93 e il breve e
la
con­
trastante episodio deL violini a miss. 93 e 94, torna­
no a dominare con la "melodia-durata" di miss. 95
seguenti; di qui, le tre sezioni
s~
e
integrano progres­
sivamente, con sempre maggiore equilibrio e compattez­
za; ma, da mise 120, le percussioni improvvisamente
tacciono e, nelle ultime due misure del movimento (127
e 128), rimangono soli in "piano" e "dolce" le
e i violoncelli.
viole
292
Il movimento seguente, "Adagio sostenuto ••• (estati
CO)II (miss. 129 ••• 183), è quello che risponde alla ma.9:
giare monocromia, sotto tutti i principali aspetti:
strutturale-linguistico, ritmico, timbrico. Le
prime
misure possono essere analizzate, come già le miss. 36
•.• 43, sulla base della loro rigida costituzione dode­
cafonica. Gli armonici suggestivi degli archi, "piano,
senza vibrare, al ponticello ll ,
"quasi un canto fermo
su cui un preludio bachiano libera la sua invenzione
strumentale Il (167), espongono, fra miss. 129 e 140, la
serie completa del primo movimento per moto
retrogrado~
il trombone terzo, invece, espone (a miss. 129 ••• 134)
la serie completa per moto retto - essendo il secondo
fldcJ'di mise 134 una IInote sfuggita", estranea alla suc­
cessione seriale -, imitato a distanza di tre movimen­
ti dal primo trombone, che propone la stessa serie per
moto contrario, e, più oltre (mis. 135 e segg.), dalla
prima tromba, che la propone per moto retrogrado e con
293
trario - essendo il sol diesis di mise 139 una "nota
di volta", e non "di appoggiatura" come risulta dall'a
nalisi del Bortolotto! (168) -; anche i tromboni secon
do e terzo di miss. 136 e seguenti riprendono la
quenza
seriale~
se­
l'uno per moto retto e l'altro per mo­
to contrario. La serie ritornerà, più rigidamente
non nel primo movimento, per tutto il corso di
che
questo
"Adagio sostenuto" (evidentissima, in nuova soluzione
ritmica, ai celli e bassi di miss. 146 ••• 151 e,
come
in principio di concerto, senza l'undicesima nota; op­
pure ai flautati dei violini e delle viole di miss.151
e 152,nell'ordine 247, o di miss. ,153 e 154, o di 154
e 155 e via dicendo fino alla ripresa, anche figurati­
vamente molto simile al principio del movimento,
di
miss. 170 e segg.).
Da notare, ancora, l'insistenza dei timpani (miss •
176 ••• ) e poi delle viole (miss. 179 ••• ) sull' interval
lo seriale di settima maggiore, particolarità già rile
294
vata nella stessa parte dei timpani, a miss. 32 •••
35
del primo movimento. E, infine, inattesa sul momento ,
anche se tipica delle opere di Petrassi da Récréation
concertante in poi, l'intrusione delle fantasmagoriche
scalette diatoniche di miss. 160 e 161, che spiccano
curiosamente nel generale contesto cromatico. (A proP2
sito di queste scalette che spariscono in diminuendo
nel vuoto di una pausa, impossibile non ricordare
le
analoghe miss. 112 ••• 114 (viole) di Récréation concer­
tante e le ultime misure. del secondo movimento di Quar­
to concerto, anche se, in questi due casi, si tratta
di scale cromatiche e non diatoniche) •
Ritmicamente, il movimento appare estremamente line
are e aproblematico, eccetto, forse, un passo delle
percussioni, a miss. 162 ••• 164, che rimanda alle irre­
golarità del primo movimento. Dove, invece, l'attenzio
ne principale dell'ascolto
~
fortemente calamitata
è
nella regione timbrico-strumentale. Al "calmo" e seve­
295
ro incedere dei tromboni, e progressivamente di tutti
gli ottoni, del principio - sovrastanti, come s'è det­
to, i fissi e allucinati armonici artificiali
archi - fa seguito, da mis. 151, un graduale
degli
animando
di intenzioni che si spegne, infine, nelle scalette dia
toniche ascendenti degli archi e, tramite un ponte
di
tre misure affidato alle percussioni (finora assenti
"ppp
in questo movimento), sfocia in un "(estatico)"
senza vibrare" (miss. 165 ••• 170), in cui le dieci par­
ti degli archi contrappongono frammenti seriali in
elementare e magico
"punctum contra punctum".
Qui, veramente
la rarefazione e la evidenza
11
un
l.del
linguaggio sonoro si fanno tali da superare ogni osta­
colo di comprensione" (169). Il riferimento al "Lenti§.
simo" di Quarto concerto è immediato, non solo per
la
identica richiesta dinamico-espressiva, "ppp senza vi­
brare", riferita anche alla medesima sezione strumenta
le e a valori ritmici di lunga durata (ma nel presente
296
"(estatico)", per l'esattezza, è previsto in pia l'uso
della sordina), ma, soprattutto, per l'esito di
sta­
gnante depressione - la " s tatische Vision" e l' "Anticli
max" di cui parlava Roman Vlad (170) ..; che informa
ste
qu~
misure. Anche se, nell,n (estatico) " di Invenzio­
ne concertata
il contrappunto delle gelide fasce sono
re degli archi è esteso complessivamente a dieci parti,
e non pia a· sei, il raffronto con Quarto concerto de­
nuncia un'ulteriore essenzialità. Gli "estatici scorri
menti delle singole parti" che, in questo, ravvisava
Mario Bortolotto (171) diventano "scorrimenti" chiara­
mente percepibili allo scadere di ogni misura, in vir­
ta
dell. 'adozione di un procedimento contrappuntistico
mol to semplice, nota contro notai fenna restando l'estatici
tà del passo, che non perde nulla rispetto al "Lentis­
simo" di Quarto concerto. Questa, semmai, ne esce come
razionalizzata e fatta pia lucida e consapevole.
Alla fine del movimento, dalla "magia razionalizza­
297
tali di questo episodio centrale ritorniamo, con
la
mis. 170 - 171, alle gravi enunciazioni seriali
degli
ottoni in imitazione. Le terzine dei timpani, a
miss.
176 ••• 181, preparano il "fff" "si" dei violoncelli
(a
mis. 181), seguito, una misura dopo, dalla isterica pro
lusione degli altri archi al "Libero, (con fantasia)",
che apre il terzo e ultimo movimento.
Il quale, almeno nella sua primq parte, crediamo sia
il movimento più convenzionale e meno interessante del
concerto. (Noteremo soltanto il ritorno, a mis. 187,di
un motto già comparso nel primo tempO a miss. 46, 48
119, e le semicrome trascoloranti fra i vari
e
strument~
a miss. 188 •.• 191, che ricordano il secondo movimento
di Quarto concerto). Ma dal furioso e delirante ingre!
so dei timpani e, poi, delle altre percussioni, a mis.
278 - 279, che riprendono e rielaborano il movimento
ritmico di miss. 102 .•• 118, c'è COme un'improvvisa ri­
carica della tensione emotiva e dell'interesse, non di
298 mentica della lezione del Sacre e di certi "Allegri baf.
bari" di Bart6k.
Si torna a parlare, come in Quarto o Quinto concer­
to, di "H8hepunkt", situato al "fortissimo" di mis.316,
dopo
i~
quale la tensione scema progressivamente
con
continui cambiamenti di tempo (quasi trenta, fra miss.
316 e 358) e di iridescenze timbriche, in cui le per ­
cussioni fanno sfoggio di virtuosismo. Virtuosismo,
punto. Ma - un po' come. accadeva, anche se meno
a~
spett~
colarmente e con minor complicazione, al passaggio dei
timpani di miss. 212 ••• 218 di
R~cr~ation
concertante ­
si tratta di un virtuosismo teso a fini essenzialmente
espressivi e drammatici, qui tutt'altro che esornativo.
Ricordiamo, d'altronde, lo stimolo che ha indotto
trassi a questo particolare atteggiamento, cioè
Pe­
le
tragiche vicende che riabilitarono il regime comunista
in Ungheria (ottobre-novembre '56).
Questo tratto
de~
terzo movimento {miss. 278 -
279
299
.•• 359) è, forse, con le parti estreme di Quinto con ­
certo, quanto di più tragico ed espressivo Petrassi ab
bia fino allora scritto per quel che riguarda la
prod~
zione strumentale. Un'analisi un po' approfondita
del
presente passo ci porta a riscontrare un'irrequieta
drammaticità nei seguenti elementi tecnico-compositivi:
l'ostinato di croma puntata + semicroma,
innanzittutt~
che è ossessivamente presente in tutte le misure com ­
prese fra 279 e 314, ora a una microsezione strumenta­
le ora un'altra; l'onnipresente impiego delle percus ­
sioni, sempre in evidenza o,addirittura, protagoniste
della pulsazione ritmica ed emotiva del passo (caso u­
nico, fino allora, in Petrassi); le semicrome concita­
te e ripetitive degli ottoni (miss. 279 ••• 283) ei poi,
degli archi (miss. 287 ••. 293; 300 ••• 307 e 309 ••• 312) ;
la dinamica mutevole degli ottoni e degii archi,
men­
tre quella delle percussioni procede impassibilmente
in un "sempre forte" senza tregua e abbinato, per
di
300 più, al ritmo implacabile dei fatti d'Ungheria; la me­
tamorfosi ritmica e timbrica delle miss. 317 e seguen­
ti, che frantuma la concertazione in punti esclamativi
e interiezioni strumentali, sorta di punteggiatura che
a metà frasi parole e rimbalza imprevedibilmente
diversi strumenti; la conseguente instabilità
ritmica e timbrica che subentra
con improvviso
contr~
sto, a miSe 317, alla generale compattezza delle misu­
re precedenti; l'estinguersi di ogni prepotenza ritmi­
co-timbrica nelle note lunghe di ottoni ed archi e nel
"sordo pulsare" (172) delle percussioni di miss. 352 ••
e, infine, nel "pp - ppp" di mise 358, seguito
da
gran pausa coronata che potrebbe essere l'estremo
di vita del concerto.
Et
invece, le miss. 360 ... 365 concludono il
lavoro
un beethoveniano, "fortissimo" "raptus" finale.Quin­
to concerto finiva nel nulla del principio, quasi
un
organismo che proviene da un limbo 'iperuranico, cresce
301
e si sviluppa, per poi declinare e morire, tornando al
proprio limbo senza colore. Invenzione concertata (Se­
sto concerto) ci sembra dimostrare, al contrario,un'iE
reprensibi1e volontà di vita che, alla fine, trionfa
nonostante le pene e le sofferenze terrene.
Récréation concertante (Terzo concerto) fu commissi
onata dalla Sudwestfunk Baden Baden, Quinto
concerto
dalla Boston Symphony Orchestra, Invenzione concertata
(Sesto concerto) dalla BBC di Londra, Prologo e
cin­
que ~nvenzioni ('61 - '62) - lavoro poi rifuso nel su~
cessivo Settimo concerto del '64 - dalla Port1and Ju ­
nior Symphony Orchestra e, infine, Ottavo concerto('70
••• '72) dalla Chicago Symphony Orchestra. L'elenco
in cui non figurano i l Primo, il Secondo e i l
Quarto
concerto, poiché significativamente non risulta che es
si siano stati commissionati da ente alcuno - ci infor
ma dell'assoluta consapevolezza di. Petrassi nel soddi­
302 sfare le esigenze di un pubblico e di una critica in ­
ternaz ionali.
L'internazionalità, appunto, di cui si era già par­
lato a proposito di Terzo e di Quinto concerto, favor!
ta anche dai sempre pift frequenti viaggi all'estero
(giusto all'epoca di Terzo concerto, egli prese a
via~
giare quasi ogni ann~,coincide con l'acquisizione
di
un linguaggio sempre meno circoscritto at
confini na­
zionali. Ne deriva una maggiore disinibizione nell'uso
di mezzi compositivi sempre pift svariati ed eclettici,
contemperati in
modo
personale.
Con l'accrescersi delle possibilità di scelta,
Pe­
trassi radica e particolarizza con pift originalità
ed
evidenza le scelte di volta in volta operate. "C' è una
parola - egli diceva in un'intervista del '66 (173)
che mi piace per indicare il mio attuale
passato)
(ma
anche
modo di procedere: polimaterico o meglio po­
litecnico: la commistione delle teçniche, infine. CosI
I.
303
per il problema della serialità. Soffermarsi oggi sul­
la serie, a meno che non si. voglia fare opera didattica o
filosofica o analitica, non ha più senso. Si tratta di
materia assorbita dai conservatori (o almeno,
ritèngo
che così dovrebbe essere). Ad un giovane, chi domanda
più se usa o no la serie? Una pratica seria le si
dà
per scontata. E la nozione di armonia non sussiste nel
senso tradizionale, ma in quanto concatenazione di si­
tuazioni sonore. Una condotta armonica non in senso to
naIe, ma piuttosto tenendo presente una eufonia
dei
rapporti sonori tra loro. Certo gli elementi della mu­
sica non si lasciano più separare e.analizzare partita­
mente se non partendo da posizioni del tutto diverse
da quelle della scolastica. Ritengo comunque sia
il
timbro la dimensione nuova della musica attuale, in co,!!
trasto con la musica del passato (Neoclassicismo com ­
preso) ...
Ecco, l'acquisita internazionalità di Petrassi
la
304 si fa, per norma, coincidere con l'adozione del siste­
ma seriale sch8nberghiano, ed egli stesso sembra por ­
tarci a questa interpretazione. Difatti, la prima ope­
ra che gli fu commissionata da una grande istituzione
straniera, la SUdwestfunk Baden Baden, è proprio quel­
la che denuncia il primo sistematico approccio con
la
tecnica dodecafonica, cioè Récréation concertante (Ter­
zo concerto). E, dei prossimi Concerti per orchestra
commissionati da importanti società straniere, non
ve
n'è uno che ignori la matrice seriale dodecafonica. In­
vezione concertata (Sesto concerto) è, poi, nelle
par~
le di John Waterhouse (174), il lavoro che "represents
Petrassi's
n~-est
approach to systematic dodecaphony ­
though even here the technique is not rigorously
thro~
ghout". Rimandiamo, per le osservazioni di carattere
generale su questo problema, al cap. 6.
Per quel che riguarda, in particolare, Invenzione
concertata (Sesto concerto), la dodecafonia sch8nber­
305
ghiana è, secondo noi, decisamente superata nei termi­
ni dello
II
s trutturalismo intervallico", come già
si
prospettava ,in Récréation concertante (Terzo concerto).
Ma
ci~
che in Récréation concertante era, un circoscrit
to "divertimento" sull'intervallo melodico-armonico di
terza minore, qui si estende ai principali intervalli
seriali, la terza mino-maggiore e la settima maggiore.
E tale costante divertimentointerval,lico - che,
si è visto,
pu~
come
anche ignorare la valenza motivico-te­
matica dei parametri ritmo e melodia - caratterizza or
ganicamente l'intera composizione, provando la fonda ­
tezza di un'analisi puramente intervallare.
Eppure, ll"humus" culturale che sottostà a
questo
aspetto,per altro certo importante, è troppo complesse
per esaurirsi in una semplice analisi intervallare. Il
diatonismo delle prime opere non è, in realtà, mai sta
to abbandonato da Petrassi, e l'esultanza ritmica
de­
gli anni giovanili persiste tuttora. Le conquiste
e­
306 spressive, poi, da Coro di morti a Noche oscura,
a
Quinto concerto, realizzate soprattutto tramite
una
ricerca approfondita di nuove "armonie timbriche" e se
gno, anche, di una sofferta maturazione umana,
oltre
che artistica, non possono assolutamente essere inclu­
se e valutate in una analisi di tipo esclusivamente
s~
riale o intervallico. Ribadiamo, in sostanza, i conte­
nuti umani ed espressivi resi da Petrassi in
musica
in modo sempre più pertinente" attraverso la somma
e
la critica sovrapposizione di nuove acquisizioni tecni
che.
Parlare di ascendenze, in questo fitto intreccio,
non è facile. Certo, il Petrassi di Sesto concerto ap­
pare, più che mai
proiettato nell'attualità
internazi~
naIe di quegli anni. Le percussioni, polemicamente ri­
fiutate nei primi due Concerti per orchestra, sono ora
una delle sezioni strumentali portanti dell'intero la­
voro (Elliot Carter?Edgard Varèse? -Pierre Boulez? •• );
307 il puntillismo postwerberniano è vagamente accostato
con l'accentuazione delle "microstrutture intervalliche lt
e con la massima rilevanza del timbro puro e, parimen­
ti, del ritmo puro (vedi il caso di "melodia-durata" ,
a miss. 95 ••• 99); la "polverizzazione", anche se
non
totale, delle funzioni motivico-tematiche,della tradi ­
zione conduce a un utilizzo sempre
pi~
consistente
strutture ritmiche o timbriche o, come abbiamo
di
detto
al punto due di questo capoverso, microintervallari,
soggette a uno
Il
stile di variazione infinitesimale" (175)
(Darmastadt e la Neue Musik?); la scelta timbrica ten­
de ad affrancarsi da qualunque modello
preesistenteia~
che la forma in generale del lavoro - che ancora
Quarto concerto abbiamo visto recuperare moduli
in
espre~
sionisti, mentre Quinto concerto sembrava perseguire
~
na libera e istintiva dinamica di tipo emotivo, tutta­
via preoccupata di soddisfare a una dialettiva di stam
po sostanzialmente tradizionale - è come insofferente
308 di regole ormai vecchie e consunte e si avvale di
varietà e frammentazione diRcorsive tenute in
una
piedi
dal ricorrere di strutture minime rigorosamente defini
te.
309 10. Settimo concerto
Abbiamo definito il Settimo concerto come "il
problematico" degli otto Concerti per orchestra
più
(cfr.
Cap. 3). Quasi tutti i lavori di Petrassi, per la veri
tà, sembrano essere "agoni" in cui determinati proble­
mi vengono dibattutti e risolti. Ma
con Settimo
certo- quella che Boris Porena chiama "la crisi
Con­
della
musica come linguaggio significante" (176) tocca il cul •
mine, almeno in Petrassi, e si fa problema dei proble­
mi, "prima quaestio".
Tra Sesto e Settimo concerto· intercorrono sette an­
ni, durante i quali la produzione si arri?Chisce di nuo
vi decisivi lavori, soprattutto nel settore cameristi­
co: occorre accennare prima a questi, per comprendere
il cammino linguistico che da Sesto concerto ha porta­
to all'opera che si sta per esaminare.
Un elenco completo comprende il Quartetto per
ar­
310 chi (dei primi mesi del 158), il Saluto augurale
per
orchestra (che reca una curiosa dedica poliglotta: "Sa
luto augurale/per gli anni Sessanta/di Heinrich
Stro­
bel/Emperor of Modern Music/feliciter regnans/sur
les
domaines hypothétiques/de los nuevos espacios sonoros/
composto dal suo amico fedele/Goffredo Petrassi/in Ro­
ma/ maggio 1958), la Serenata per flauto, viola,
trabbasso, clavicembalo e percussione (del giugno
con­
~58),
il Trio per archi e i Suoni notturni per chitarra (en­
trambi del 159), il Concerto per flauto e orchestra
e
i Propos d'Alain per baritono e dodici esecutori ('60) ,
il Prologo e Ginque Invenzioni per orchestra ('61
'62), le Musiche per il film "Cronaca familiare" e
la
Seconda Serenata - Trio ('62), la Musica di ottoni per
ottoni e timpani ('63) e, da ultimo, risalenti allo
stesso anno di Settimo concerto, le Musiche per il film
documentario "La porta di S. Pietro di Manzil" ('64).
Il Quartetto del '58 - anno in cui Petrassi è nomi­
311
nato socio della Akademie der Ktlnste di Berlino l'ultimo lavoro in cui la nozione lata di tema
è
(eleme~
to tematico, cellula ritmico-melodica ricorrente, nes­
so o figurazione tematica ••• ) può essere, in
qualche
modo, veicolo di analisi. E, infatti, questa composi ­
zione, divisa in cinque movimenti facilmente
individu~
bili, è ancora costruita su elementi tematici ricorren
ti: nel primo movimento - un "Allegretto comodo",
il
cui passaggio iniziale all'unisono, fra l'altro anche
questa una endecaserie, ricorda quello che apre Inven­
zione concertata (Sesto concerto) - si può addirittura
ravvisare il principio bitematico" dove il primo ele ­
mento tematico (miss. 1 e segg.) verrà più volte
ri­
preso non solo durante il primo movimento, ma durante
tutto il lavoro, mentre il secondo elemento fa la
sua
evidente comparsa a miss. 19 e seguenti, disegnando u­
na figurazione ritmico-melodica di carattere contra
stante.
312 Notevole anche, sempre nel primo movimento, la pro­
gressiva acquisizione d'importanza delle terzine
di
crome ribattute (miss. 40, 85, 117 ••• 130 e segg.). Ri­
corrente, nel secondo movimento, è la parte affidata
al secondo violino, a miss. 184 etc., e il ribattere
leggero di terzine di semicrome (si potrebbe, addirit­
tura, parlare di un modello ritmico che appartiene ci­
clicamente ai primi tre movimenti) .Elementi
tematici
ricorrenti si rinvengono ancora nel terzo movimento,un
gustoso scherzo strumentale in tempo "Presto". Ma
vertice del "tema.ti5lID"del Quartetto è la "fuga
il
illusoria'~
come dice Maria Bortolotto (177), -del quarto movimento,
dove vengono impiegati i tradizionali artifici
contra~
puntistico-imitativi su elementi chiaramente tematici.
Inatteso e antitetico, invece, l'inizio dell'ultimo tem
po, in cui Petrassi sembra anticipare l'astrattismo te
matico delle opere successive.
Questo è inaugurato con la Serenata per quattro stru
313
menti e percussione, dello stesso anno del Quartetto •
Partitura emblematica e, per molti versi, atipica
nel
contesto della produzione di Petrassi. E' come il pon­
te che, dal "tematismo" del Quartetto, va al completo
latematislOo" del successivo Trio per archi. In essa,si
insiste su determinati modelli ritmici (vedi le
sioni da mise 69 in poi, il
ce~alo
percu~
a miss. 42 - 43
e
84 e 85, il tremolo .di semicr,ome da mise 93 in poi •.•),
si impiegano le più normali imitazioni contrappuntisti
che (vedi soprattutto da mise 153 in avanti), c'è
peE
sino un " re frain", a miss. 130 ••• 135, poi ripreso
a
miss. 183 ••. 187; ma, nello stesso tempo, non c'è modo
di parlare di elementi propriamente tematici e, meno
che mai, di temi. Il discorso è come scheggiato in paE
ti infinitesimali e, anche se ricorrono costantemente
alcune minime cellule di tipo ritmico-melodico, queste
si confondono in un rapido, disinvolto intarsio
guizzi e di sussulti.
di
314
Così ne scrive Franco Donatoni (178): "Non si trat­
ta soltanto del graduale processo di cromatizzazione
delle figure - già iniziato, peraltro, da ben piO.
un lustro
e cioè con la Récréation concertante
'52 - '53, se non anche prima
di
del
- ma del loro progressi
vo "raffreddamento" discorsivo, sino ad una completa
nestesia che le rende segni autonomi, indifferenti
~
ad
ogni tentativo di crescita o sviluppo. C'è qualcosa di
minerale nella grazia che l'opera sprigiona con la sua
filiforme, ma spesso volutamente opaca e faticosa can­
tabilità. Siamo assai lontani dalla forma-motivo
di
sonatistica memoria,. ma anche dal tematismoricercari­
stico che caratterizza molte delle opere precedenti
del Maestro. Dall'immobilità della cifra melodica, re­
cante in sè la memoria di una individuazione che sta
cancellandosi, nasce l'arabesco dalle movenze svagate
e cadenzanti. Ma l'arabesco non
pu~
che essere ripetu­
to o continuamente reinventato: spezzato o frammentato,
315
muta connotati e acquista vita autonoma, come quegli or
ganismi che si riproducono per scissione, ma non
può
in alcun modo essere sottoposto a processi di "varia ­
zione sviluppante". La forma petrassiana, del
resto,
non patisce schemi, essa vive di intuizioni e di memo­
rie improvvise loro come le
citazioni del vissuto - irrelate tra
~agini
del1 1 esistenza. Bisogna coglieE
ne il legame, aderendovi intuitivamente e per virtù di
sintonia
Il
11
11 •
raffreddamento discorsivo" e la totale aneste ­
tizzazione delle. figure, rese "segni autonomi,
indiff~
renti ad ogni tentativo di. crescitq o sviluppo ll,
di
cui parla Donatoni, sono il perfetto traguardo delle
~
pere che vengono dopo la Serenata, dal Trio per archi
al Concerto
~er
flauto e orchestra, ai Propos d'Alain,
al Prologo e cinque Invenzioni, alla Seconda Serenata­
Trio, e, infine, a Settimo concerto.
Il Trio è il primo completo raggiungimento dell'ate
316 matismo in Petrassi, attestando, insieme, il
definiti~
vo abbandono - o, meglio, il superamento - della
scho~
berghiana tecnica dodecafonica (per curiosa coinciden­
za, nello stesso anno, il '59, Petrassi lascia l'inse­
gnamento al Conservatorio ••• ). Nelle sue quattro
se-
Z:ioni formali, sottolineate dalla diversa unità del mo
vimento
), sebbene non abbia senso par­
lare di. quattro tempi distinti, non si danno più
le
ricorrenti figurazioni ritmico-melodiche del Quartetto,
di solo un anno precedente; e le frasi che potrebbero
ricondursi a tempi o a frammenti tematici (vedi
miss.
54 ••• , 90 ••• etc.) non vengono più, riprese. nel
corso
del lavoro. Da notare, nella seconda sezione, le
tipi--'~
che note ribattute, t''C'01r041r del linguaggio petrassia­
no, e le rapide scalette diatoniche. Vi è
poi, a miss.
42, 161 e 166, uno stacco in terzine che sembra
recup~
rare, per un momento, i modi bartokiani di Quarto con­
certo.
,
317
Nella nuova prospettiva dell' "atematismo " della Se­
renata e, soprattutto, del
~,
i Propos d'Alain, com
posti nell'anno in cui Petrassi succede a Ildebrando
Pizzetti alla cattedra di perfezionamento in composi ­
zione presso l'Accademia di S. Cecilia ('60),
affront~
no, nella fattispecie, il problema dell'abbinamento vo
ce - strumenti, qui ripreso per la prima volta, dopo
la cantata per coro misto e orchestra Noche oscura (del
'50 - '51), secondo un
personale eclettismo che,
con
un impiego strumentale più "avanzato", rivendica
ruolo tecnico ed espressivo affidato alla voce
il
dalla
tradizione.
"lo trovo che laflNeue Musik" ha violentato la
voce
in modo antinaturale esigendo prestazioni assurde, con
parziali e sporadiche riuscite. La voce è uno strumen­
to molto serio e piegarla all'asemanticità direi che è
un delitto contro natura ••• Giustamente i musicisti,d2
po aver esplorato tutte le possibilità del materiale
318 sonOICa disposizione, hanno rivolto i loro interessi al
lo strumento piU primordiale, la voce umana. Ma a que ­
sto lavorio di astrazione e di violenza la voce non
si
sottopone in un modo così pacifico come gli altri stru­
menti perché, in definitiva, il baritono dev'essere sa­
crosantamente il baritono
(allusione ai Propos d'Alain),
il tenore non potrà mai evirarsi per diventare un
sopr~)
no, e il soprano trasformare i,l suo organo per piegarsi
alle esigenze del basso. Voglio dire infine che la natu
ra si vendica di chi se ne fa beffa" (179).
EI,pertanto, utile analizzare questa partitura, par­
ticolarmente complessa nella molteplicità degli elemen­
ti che la compongono, secondo una triplice progressione
1) considerare il testo di Alain - dove "l'homme
de
Dieu" è colui che, quasi importunamente, procede tra la
moltitudine senza lasciarsene condizionare -; 2)
indag~
re la veste canora con la quale Petrassi ha rivestito
il testo esaminato - constatando la' forte carica emoti­
319 va, l'esasperata aderenza al significato delle parole,
la tradizionalità dell'impiego vocale
-i
3) considera­
re la parte strumentale, specie in rapporto al filo i­
ninterrotto di sutura che è la voce solista.
A questo lavoro di intensa espressività, musicale
ed extramusicale, ne succedono altri, che si concentra
no sul fattore della pura musica, con uni alternanza che
abbiamo già rilevato essere tipica della produzione di
Petrassi (Partita per orchestra e (Primo)Concerto
Coro di mortii Invenzioni per pianoforte e Sonata
camera ••.••
Morte dell'aria e Noche oscurai
da
secondo
gruppo di Concerti per orchestra ..... Propos d I Alain~ ~"'"";.
Si;'
t:r;atta- del
Concerto per
ftauto~e
la Seconda Serenata-Trio, lavori
Il
orchestra. e del
in gran forma
Il,
dove
llottimismo e la vitale esuberanza di Petrassi trovano,
ora nell'agile flauto di Severino Gazzelloni (cui
è
dedicato il Concerto per flauto), ora nello stimolante
e inconsueto organico di arpa + chitarra + mandolino,
320 la loro congeniale espressione. In entrambi i lavori,
l'''atematismo" è unito ad una astratta, edonistica vo­
gli adi far musica, di giocare ("to play") con i suoni
e con gli strumenti; il compositore si identifica
con
l'esecutore, e questi con lo strumento, del quale dimo
stra una sicura padronanza.
In questa situazione di spericolate acrobazie stru­
mentali e di magie timbriche, il Concerto per
flauto
e orchestra procede fra piroette e ritmi imprevedibili,
che incalzano soprattutto nella parte solistica,
men­
tre l'orchestra segue schemi contrappuntistici piutto­
sto semplici e tradizionali. Di notevole suggestione al:.
cuni momenti, come l'esordio del flauto- dove allo stru
mento solista e all'estro dei suoi sorprendenti
passa~
gi è contrapposta l'allucinata fissità degli archi
e
del piatto sospeso "appena udibile" - e il veloce rit­
mo puntato che percorre l'orchestra in crescendo,
mis. 170 a mise 197.
da
321
La Seconda Serenata-Trio, invece, la cui
composizi~
ne segue di poco al felice matrimonio con la pittrice
Rosetta Acerbi, dalla quale Petrassi avrà l'anno ventu
ro la figlia Alessandra, approfondisce l'amalgama tim ­
brico dei tre strumenti a corde pizzicate arpa,
chita~
ra, mandolino e, tramite questo, la disgregazione
tot~
le dell' "ultimo tematismo" del Quartetto per archi. E',
insomma, un raffinato studio di concertazione, in
gli strumenti si rimbalzano frammenti
cui
ritmico-melodi­
ci (qualche volta, anzi, solo piccolissime schegge)
seriti, però, in un quadro formale di ampio
,i~
respiro,s~
gnato da numerose pause .coronate, ·da soste e da slanci
che rispondono alla classica alternanza di tensione
e
distensione.
Non abbiamo più citato, intenzionalmente, il Prolo­
go e Cinque Invenzioni per orchestra (del '61 - '62 e,
dunque, anche precedente al Concerto per flauto e alla
Seconda Serenata-Trio), perchà un'discorso su
questo
322 lavoro, tuttora inedito, rientra perfettamente
nella
sfera specifica di. Settimo concerto. "Settimo concerto­
spiega, infatti, Petrassi (180) - in origine era
un
pezzo che mi fu chiesto e commissionato da un'orchestra
americana di giovani,
chestra
la Portland Junior Symphony Or­
, tanto che la prima stesura si chiamava Pro­
logo e Cinque Invenzioni. lo scrissi questo
pezzo per
quest'orchestra, pensando così in un certo senso a
u­
n'idea un po' didattica, tanto che c'è la partizione
in vari periodi, in varie parti: prologo, prima,
seco~
da, terza e quarta ed epilogo., appunto pensando di po­
ter esaltare le varie categorie dell'orchestra, perchè
ogni parte ha un impiego orchestrale diverso: una sarà
per archi soltanto, un'altra sarà soltanto per ottoni,
un'altra per fiati e percussioni, e così via; poi
al
principio e alla fine si mescolano. Quindi questo
è
il carattere e il punto di partenza. Cosa è successo ?
Mi fu mandata la registrazione e trovai il concerto or
323
ribile, e non soltanto perchè era eseguito male, con
~
na grande imperizia e questo era forse da aspettarselo,
ma proprio perchè tutta la composizione mi risultò
germente fastidiosa. Allora lo rifusi
le~
completamente,l~
sciando però la partizione originale, ossia lasciando
queste varie sezioni".
Rinnegato l'''orribile'' Prologo e Cinque Invenzioni,
ciò che delle sue spoglie resta in Settimo concerto(di
due - tre anni posteriore) è, appunto, lo scheletro
formale, la macrostruttura, che assume un nitore e una
disposizione geometrica tali, che non si erano mai ve­
rificati nei Concerti di prima. Le .sei sezioni corrono
ininterrotte, incernierandosi con estrema naturalezza
l'una all'altra, lungo i diciotto minuti del concerto.
Il "prologo", il cui titolo e la cui estensione de­
sumiamo dall'indicazione posta sotto mis. 56, funge da
presentazione
del "totale timbrico" del concerto, an­
che se questo "totale" non comparirà mai, nè ora nè a­
324
vanti, tutto insieme. La prima invenzione - che, però,
in Settimo concerto è denominata "Primo", cioè primo
movimento, come da mise 155 - si estende fino alla mi­
sura detta e privilegia
la parte dei timpani,
punte~
l~
giata dagli interventi in massa degli ottoni, da un
to, e degli archi, dall'altra. La seconda invenzione ­
"Secondo"
si estende da mise 157 a mise 229 ed è af­
fidata agli strumenti dell'orchestra che non suonano
nella invenzione precedente, e cioè i legni, l'arpa
e
le percussioni. La terza invenzione - "Terzo" - va
da
mise 230 a mise 280, protagonista la xilomarimba asse­
condata dagli archi in un lungo episodio acrobatico.
Poi, la quarta invenzione - "Quarto" -, che inizia
a
mise 281 e termina a mise 372, ripropone gradatamente
il "totale timbrico" del concerto con alternata preva­
lenza delle percussioni, degli archi o dei fiati.
La
quinta invenzione-"Epilogo" - corona, dalla mise 373
alla fine, il lavoro, ricomponendo' definitivamente
il
325
tessuto timbrico prima sezionato e indagato con
puntu~
lità nelle sue minime parti.
C'è, perO, in questo concerto, una chiara dissocia­
zione fra macro e micro-struttura. Anche la frammenta­
zione dei pentagrammi - mero dato grafico ed esteriore,
d'accordo, già in parte adottato nel Concerto per
to e orchestra e
ne~
fla~
Propos d'Alain - ce lo fa intuire.
L'architettura complessiva è, come si è visto, di
rigore geometrico quasi incredibile in Petrassi;
un
per
una volta, davvero il lavoro appare come precostituito
e calato in un "clichè" formale pre-disposto dal compS?,
sitorei lo schema è di una perfetta simmetria, in cui,
fra i due piloni laterali del "Prologo" e dell'''Epilo­
go", stanno le quattro invenzioni strumentali,
ognuna
intese
a far bella mostra di una sezione dell'orche ­
strai è come un'ineccepibile sequenza filmica di
sei
inquadrature, delle quali le quattro di mezzo riprend2
no, volta a volta, i divexsi particolari di una medesi­
326
ma visione, mentre quelle estreme la riproducono inte­
gralmente, senza fissità e progressivamente, con mobi­
li
e rapide carrelate.
Per singolare contrasto, alla organicità e sinteti­
cità generale fa riscontro il proliferare di
schegge tematiche, che non vogliono saperne di
mille
organi~
zarsi nelle minime cellule tematiche di cui si serviva
ancora Invenzione concertata (Sesto concerto) e, anche
maggiormente,il Quartetto per archi dell'anno dopo, ul
tima spiaggia del "tematismo" petrassiano. "Settimo
concerto - scrive Franco Pulcini (181) - fa pensare al
le avanguardie pittoriche del dopoguerra ••• Una parti­
tura del genere vo·ascoltata in maniera analoga a
come
si guarderebbero le linee di un quadro astratto o
la
disposizione spaziale di una intricatissima scultura
realizzata con i più disparati materiali filiformi".
I guizzi e i sussulti che si erano ravvisati
nella
condotta ritmica e nelle successioni melodico-interval
327
lari della Serenata per quattro strumenti e percussio­
ne del '58, e che dovevano aprire la strada a un com ­
piaciuto acrobatismo strumentale e all'''atematismo''
g~
neralizzato ai vari parametri, li ritroviamo quasi
in
ogni lavoro seguente di Petrassi e, soprattutto,
nel
Concerto per flauto e orchestra del '60, nella Seconda
Serenata-Trio del '62 e nell'unica composizione edita
per orchestra di quegli anni, che è appunto il Settimo
concerto. Mentre il Trio per archi del '59, più che
i~
sistere sulle spericolate arditezze tecnico-strumenta­
li, prosegue la via della frammentazione tematica
discorsiva, già iniziata, si può dLre, con i
e
lavori
giovanili, ma accelerata e resa quanto 'mai problemati­
ca a partire dagli anni '50, fino ad approdare al
più
completo "atematismo". Ora, Settimo concerto comprende
entrambi questi aspetti: 1) "la compiacenza dell'orna­
mento ••• e dello svolazzo" - com'ebbe a dire lo stesso
Petrassi (182) -,il nervoso ghiribizzo strumentale,
e
328 2)
l' "atematismo".
"Cosa significa atematismo? Evidentemente atemati ­
smo vuol dire la mancanza di tema - spiega Petrassi (183)
-, ma la mancanza di un tema è, mi pare, ormai una co­
stante abbastanza diffusa nella musica contemporanea,e
quindi che anch'io mi sia interessato a quella direzio
ne, mi pare che non stupisca. D'altra parte però
l'at~
matismo non significa rinuncia totale a dei punti
riferimento come poteva essere il tematismo, e
di
quando
si abbandonano dei codici di riferimento, generalmente
se ne creano degli altri, e se io ho abbandonato
via
via il tematismo, non è detto che àbbia abbandonato
del tutto certi riferimenti che potrebbero anche esse­
re dei nessi tematici. Ma anche su questo bisogna
poi
intendersi. Noi diciamo dei nessi tematici e forse sba
gliamo, perchè il tematismo ci riporta a una pratica
musicale in cui il tema - largo, stretto, più o
\ meno
lungo, più o meno accidentato - era una base di compo­
329 sizione, e qui evidentemente passi di questo genere
non ce ne sono, ma era parecchio che non ce n I erano piO.
e per questo non bisogna piO. parlare di atematismo: ar
rivati a un certo momento noi possiamo parlare soltan­
to di cellule, di cellule se non proprio tematiche,peE
chè anche questo è un equivoco, di cellule organiche
in sè ricorrenti. Questo è possibile, ed è questo con­
cetto che ho seguitato a impiegare forse dal settimo ,
ottavo concerto, ma soprattutto nella musica da
La citazione, se la si accosta a quella di
camer~~
Franco
Donatoni sopra riportata a proposito della Serenata del
'58 (184), ci illumina
senza mezzi termini sulla nuo­
va opzione linguistica di Petrassi,dalla Serenata
in
poi. Ci sono, infatti, alcune tappe fondamentali nella
sua attività artistica: la prima è, senza dubbio,
la
Partita del '32 (seguita, due anni dopo, da (Primo)Con­
certo), la seconda è il "criticissimo" Coro di
del '40 - 141 (che è, forse,
l'ope~a
di Petrassi
morti
che
330 merita il maggior numero di citazioni nel raffronto con
le altre), la terza è la cantata Noche oscura del '50 ­
'51, la quarta Récréation concertante (Terzo concerto)e
la quinta la Serenata. Le "cellule organiche in sè
ri­
correnti" di cui parla Petrassi, e la cui analisi, dalla Serenata in poi, sostituisce ogni tentativo di anali
si tematica, altro non sono che minimi nuclei ritmici o
intervallari, o ritmico-intervallari, che ricorrono per
sottili allusioni,. non sempre quantizzabili, ma comun ­
que percepibili a un intuitivo e intelligente ascolto.
Così l'anticipazione sincopata del battere del movi­
mento - come a miss. 2, 9, 14, 29 (primo fagotto),
33
(primo flauto), 38 (violoncelli), 49 (clarinetto basso)
etc., fino all'epilogo conclusivo
-i
l'accentuazione,
spesso in contrattempo, dell'ultima croma di una terzi­
na (
. .,
.,
1'> ) -
L--...l~
come a miss. 5 (primo flauto), 7 (ti!!!
pani), 11 ••• - o della seconda croma - come già a
1 e, più oltre, a miss. 13 (contrabbassi), 33
mise
(primo
331
flauto), 48 ••• -; l'insistenza sui medesimi gruppi rit
miei irregolari, soprattutto terzine e quintine;
il
ricorrere costante dell'intervallo di nona minore (ciò
che si verificava anche, curiosamente, nel primo degli
otto Concerti)
j
la contrapposizione fra la staticità
di lunghe note tenute, vere e proprie fasce sonore
ed
agglomerati timbrici (l'attributo "armonici" è comple­
tamente fuori
. luogo), e la dinamicità sfuggente de­
gli "scherzi strumentali " delle altre parti, procedi­
mento già ampiamente riscontrato nel Concerto
per
flauto e orchestra del '60 - come evidenti a miss.
64
e seguenti e per tutta la parte in'iziale della prima
invenzione, a miss. 212 e seguenti, 238 ••• 241, 251; •••
272 etc.
-j
i moti contrari delle parti, più o
meno
speculari, "punctum contra punctum" - come a miss.
19
e segg., 157 ••• 161, 246 ••• 248, 323 ••• 332 etc. - e, per
contrasto, certi ostinati moti paralleli per quarte
(mis. 25) o, addirittura, per triàdi perfette (miss.
332 382 e 383)
1
i concitatL interventi poliritmici e poli­
timbrici delle. diverse sezioni dell'orchestra a miss. 101 ••. 106 (ottoni), 107 ••. 112 (archi)
come
nella
prima invenzione, o a miss. 187 •.• 217 (percussioni)ne!
la seconda, o a miss. 344 •.• 347 e 350 ••• 353 (archi)nel
la quarta -; le frequenti, e in fondo tradizionalissi-.::·
me, imitazioni ritmiche o ritmico-intervallari fra
diverse parti dell'orchestra - caso lampante agli
le
ar­
chi di miss. 424 .•• 429, dove si utilizzano ancora en ­
trate scalari in imitazione canonica Il fitto "reticolo", per usare un termine caro
ad
Aldo Clementi, di tutti questi elementi o stilemi o nu
clei
linguistici, o "cellule organiche in sé ricorre,!!
,
o sottili allusioni reciproche, stabilisce un pu!
t ~· "
visco lo di microstrutture che dà senso e omogeneità al
l'intero lavoro. La macrostruttura complessiva, che,a!
l'opposto, abbiamo visto essere semplice e lineare,
g~
rantisce ancora di pin, caso mai ce ne sia il bisogno,
questa omogeneità, conferendo all'insieme proporzioni
333
ordinate e sinunetria.
Al brulicare di strutture infinitesimali corrispon­
dono una agogica, una dinamica, una ritmica ed una tim
brica altrettanto imprevedibili e cangianti. L'agogica,
rifuggendo del tutto (per la prima volta nei Concerti
per orchestra di Petrassi, mentre la produzione cameri
stica già dal Trio per archi del '59 adottava
questo
sistema) dalle indicazioni tradizionali, è regolata u­
nicamente da precisi suggerimenti metronomici, che mu­
tano con frequenza. Ciò significa che, accanto alla ra
pidità metronomica richiesta, non vi sono più apposte
alle molte minime sezioni in cui si ripartisce
agogic~
mente il concerto indicazioni concernenti lo spirito e
l'espressione.
Significativo è che
-neppure fra i pentagranuni
se
ne incontrano, come invece accadeva fino a Sesto C9n ­
certo: il fattore espressivo - comunque imprescindibi­
le, a nostro avviso, dalla musica di Petrassi,
anche
334
quando in essa prevale l'arabesco, cioè l'elemento de­
corativo, come egli stesso ha più volte confermato (cfr.
cap. 1) - è, invece, oggettivamente sintetizzato nelle
richieste tecnico-strumentali, come sempre dettagliate
.e di per se stesse eloquenti. Sarà il
l1
mp pizzo pont. 1I
degli archi a mise 1, o lo sforzato "f tav." dell'arpa
a mise 2, o il "f •••
sf flatt." della terza tromba a
mise 10, o il "mp col legno e all'orlo" dei
timpani
di mise 89 e via d:icendo, ogni battuta offrendo spunto
per una esemplificazione. Sono eccezioni irrilevanti
il "secco" riferito ai timpani in "fortissimo"
ac­
centuato di mise 10, il "dolce" dell'arpa in "mezzopia
no"
legato di mise 23 e il "deciso"
in "forte" ac ­
centuato di mise 57; anzi, nel contesto generale di as
soluta essenzialità direi quasi che appaiono come
ple~
nasmi.
Il discorso sull'agogica ha condotto spontaneamente
a quello sulle dinamiche. Le quali sono di una mobili­
335
tà e di una mutevolezza radicali che - seppure già
in
parte presenti in Quinto e Sesto concerto e pienamente
adottate a partire dalla Serenata o, meglio, dal Trio
per archi - solo in Settimo concerto raggiungono i li­
miti estremi, estendendosi contemporaneamente ai diver
si strumenti dell'orchestra. Non è difficile il riferi
mento alla "serializzazione integrale", che è, quindi,
anche serializzazione del parametro delle intensità,
proposta dal puntillismo postweberniano. Qui, in effe!
ti, si pu() parlare .non solo di "totale cromatico"
e,
come abbiamo fatto sin da Récréation concertante (Ter­
zo concerto), di "totale timbrico", ma anche di "tota­
le dinamico" e, come si vedrà, di "totale ritmico".L'e
sperienza di Darmstadt e del preteso "anno zero"
non
è passata invano neppure per Petrassi, il quale, senza
aderirvi in prima persona, ed anzi condannandola in li
nea di principio, ha saputo dedurne le indicazioni che
più riteneva consone al proprio universo musicale, fat
336
to di "attualità" (185)
e di
"tradizione attivali (18~).
Consideriamo, ad esempio, l'inizio del concerto, le
cui prime due misure esauriscono già il "totale dinami
co":
mis. 1
p
mis. 2
--===..f f-==
mf
pp
--=mp
f -­
pp -=:::::::: mf ..:::::­
mp
f
pp
pp--­
Come si può constatare dal semplice schema, in que­
ste prime due misure sono coperti tutti i gradi di in­
tensità possibili, dal "pp" al "ff" (o, stando al
cre­
scendo che segue al "ff", al "fff"). Altro dato
che
si ricava è la compresenza del IItotale timbrico"
alla
337
seconda battuta. Da notare che
per Petrassi
la dina­
mica indicata ha sempre valore assoluto, non relativo
allo strumento cui è assegnata (differentemente
da
quanto avviene,poniamo}nella scrittura orchestrale
di
Haydn e di Mozart, in cui il "forte" riferito indistin
tamente a fiati
e ottoni va sempre bilanciato con at­
tenzione dall'esecutore e dal direttore, in quanto
il
"forte" di un ottone risulta, per norma, più. potente
di quello di un legno). PuO essere utile, in questo
senso, l'avvertenza che Petrassi pone in calce alla se
sta pagina dei Prapos d'Alain per baritono e dodici e­
secutori del '60 (187): "La dinamica nei tratti in cui
si usano le bacchette di gomma ••• per la Marimba e
lo
Xilofono è relativa al risultato fonico da ottenere,
che è quello segnato. Quindi un "piano" di effetto rea
le dovrà probabilmente essere realizzato con la dinami
ca di un "mp" o "mf". Il direttore stabilirà l'equili­
brio". Fermo restando che qualche minima sproporzione
338 non potrà fare a meno d;l, suss;l,stere, per la natura stes
sa degli strumenti.
Siamo ormai lontani dalle "analisi espressioniste"
di Quarto e Qu;l,nto concerta, dove riscontravamo l'''Ha­
hepunkt" del lavoro in un esaperato "ffflt o, viceversa,
l'IlAnticlimax", o "Anti-Hohepunkt" , in un
It
ppp inespre§.
sivo e senza vibrare". Le ampie arcate bartokiane
Quarto concerto, il racconto autobiografico di
concerto
di
Quinto
e persino i tragici riferimenti e la frammen
tazione discorsiva di Invenzione concertata (Sesto con­
certo) si sfaldano, lasciando scoperte le punte aguzze
di una dialettica vivace e mutevole, in cui i diversi
parametri si contrappuntano quasi in un' istitiva pri"l­
mordialità.
Non è, certo, il rinnegamento di una civiltà musica
le della quale Petrassi, oltre che ottimo conoscitore,
è pur sempre un fervido credente, ma, piùttosto,
recupero di valori elementari e la loro elevazione
il
a
339
dignità almeno pari a quella degli altri valori consa­
crati dalla. tradizione. La semiotica musicale e 111 'ef­
fetto Schonberg
ll
-
dal quale deriva la serializzazione
estesa dal totale cromatico a quelli dinamico, ritmico
e timbrico - hanno contribuito in modo decisivo a que­
sto atteggiamento di Epeculazione "ab imis" della fisi­
cità del suono e di tutte le singole proprietà che
caratterizzano. A Petrassi non poteva sfuggire
la
questo
ennesimo "aggiornamento", presente nelle sue opere dal
la Serenata e dal Trio per archi in poi.
Della ritmica di Settimo concerto si è già in parte
accennato}trattando delle microstrutture linguistiche.
Quello che occorre ancora rilevare è la sua logica
ad~
renza a quanto abbiamo ora sostenuto. Petrassi sembra
fare un ragionamento perfettamente matematico:
prendi~
mo l'unità del movimento - al caso la semiminima -
e
scomponiamola nelle più svariate possibilità, uti'liz ­
zando anche, con particolare frequenza, figurazioni rit
340 irregolari largamente pausate: del pari, scompo­
niamo le singole misure, che a loro volta muteranno co
stantemente, e ricaviamone le più diverse partizioni
sommiamo contemporaneamente o in rapida successione
temporale
i detti procedimenti .•• L'esito,
~
di~
chiaramen~
te, è quello di una vorticosa fantasmagoria di situa ­
zioni che, specie se combinate assieme in verticale,
l'orecchio riesce difficilmente a districare una ad u­
na dal complesso inviluppo.
Si veda la nervosa sequenza ritmica delle prime mi­
sure, in cui si susseguono valori regolari, ma
spesso
in sincope o in contrattempo, e valori irregolari (so­
prattutto terzine e quintine) che, in più, rimbalzano
imprevedibilmente da strumento a strumento e secondo
misure diverse: o si vedano le giustapposizioni, iscrit
te nell'ambito di una intera misura, di terzina + quar
tina (4/4, miSe 34) e quartina + quintina (3/4, mise
43), effetti ritmici poi ripresi, anche pià
complicat~
341
mente, in Ottavo concerto; o gli indistricabili
intre~
ci di miss. 101 e seguenti, 187 ••• , 350 ••• etc.; o
irregolarità dei timpani virtuosi nella
pr~;
le
invenzio
ne (miss. 65 e segg.) e della cadenza della xilomarim­
ba che, contrastata dalle fissità astrali degli
archi
in "piano" sospesi sui loro "clusters" di armonici, si
destreggia fra ritmi ardui e spericolati (terza inven­
zione, miss. 240 e segg.) •••
Il "totale ritmico'· di Settimo concerto è già prefi­
gurato nel prologo, per quanto qui non si possa parla­
re di totale esaurimento dei ritmi utilizzati nel con­
certo. Questo prologo, che per molti versi ricorda
la
introduzione di Récréation concertante, non presenta ,
infatti, le rapide figurazioni di semicrome ricorrenti
spesso nel resto del lavoro (escludiamo le note ribat­
tute e i treroc>li ), e i ritmi elaborati dei timpani
della xilomarimba restano una sorpresa a venire.
ciò, il parametro ritmico, a differenza di quelli
e
Per­
in­
342 tervallare, dinamico e timbrico, ci sembra sia ancora
trattato secondo moduli sostanzialmente tradizionali o,
almeno, scarsamente influenzati dalla serializzazione
weberniana e postweberniana. El chiaro che Petrassinan
intende
spingersi~
e fino ad oggi pare non essere sta­
to neppure nelle sue piQ remote intenzioni, alla rigi­
da serializzazione di alcun parametro del suono,
ciò
che non è avvenuto nè per il parametro delle altezze
(da Terzo a Sesto concerto) nè, tanto meno, per
quel
lo delle durate. Sappiamo la sua insofferenza per ogni
forma di dogmatismo.,
Egli non sembra neanche voler rinnegare la tradizio
naIe divisione in battute e il riferimento ad un "tac­
tus" metrico che, in qualche modo, si articoli in
ag­
gregazioni ritmiche elaborate, ma sempre riconducibili
a quel "tactus" e alle battute in cui i Iltacta Il si rac
colgono ordinatamente. IILa tecnica di coordinamento dei
tempi metronomici, denominata l'modu.1azione metrica 11
343 (del suo collega e amico Elliot carter) e che consi:3te
nel transitare da un tempo all'altro mediante un ele ­
mento comune di durata"(188), e "il desiderio di tro­
vare un pensiero temporale più significativo" (189),m!:.
no costretto nelle leggi risapute della tradizione, non
riguardano Petrassi da vicino. Una scelta,
crediamo,a~
zi che un limite, se ancora oggi egli persiste convin­
to, e come sempre informatissimo, in quella direzione.
"Fra me e Carter c'è reciproca stima e comunanza di i­
dealità. Nulla più". (190)
Resta da dire dell'organico strumentale e del para-:
metro timbrico in genere, che nei Concerti per orche ­
stra abbiamo sempre additato come prioritario e
qui analizziamo per ultimo non certo perchè venuto
secondo ordine, ma per meglio comprenderlo alla
che
in
luce
degli altri parametri considerati. In Settimo concerto,
in effetti, l'elemento timbrico è più che mai determi­
nante. Innanzittutto, viene impiegata una grande orche
344 stra - dai legni al completo agli ottoni (con
quattro
corni, quattro trombe e tre tromboni), all'arpa, la xi
lomarimba, le percussioni (con timpani, tre piatti,due
gong, due tamburi, cassa chiara, tre blocks e, come
per Invenzione concertata, in tutto quattro esecutori),
gli archi -. "Dopo la rarefazione sonora dei lavori
cedenti - osserva Boris Porena (191) -,
certo
Settimo
ripropone con estrarne evidenza uno
pr~
con­
spessore
fisico del suono, riconquìstato al di là del pressochè
totale svuotamento della figura musicale".
Anzi, è proprio lo "svuotamento della figura
music~
le" a permettere una più esplicita autonomia del fatto
re timbrico, che assume, perciò, un ruolo primario nel
la partiziQne formale del lavoro. E' la
differenziazi~
ne timbrica, più di qualunque altro parametro (inter ­
vallare, dinamico, ritmico), a delineare chiaramente
le sei sezioni del concerto. Non dimentichiamo, poi,
che Settimo concerto, nelle parole di. Petrassi,fu scrit
345 to per un'orchestra di giovani, con l'intento d;L "poter
esaltare le varie categorie
strumentali
" (192). Sic
chè ne è u$c;Lto un lavoro che, pur facendo uso di
una
grande orchestra (o proprio perchè fa uso di una gran­
de orchestra), somiglia
ristico ora
pe~
in pin punti
a un brano came
soli ottoni, ora per sole percussioni,
ora per xilomarimba con ;Ll sostegno degli archi.
Si potrebbe parlare di una sorta di "policamerismo"
che evita, per regola, l'accostamento simultaneo
di
tutte le parti strumentali, anche in quelle sezioni
formali in cui l'orchestra è pin compatta (il prologo,
la quarta invenzione e l'epilogo, o quinta invenzione).
"Petrassi - scrive Dino Villatico a proposito del Set­
timo concerto (193) - appare sempre pin teso a scavar­
si uno spazio intimo, cameristico; dopo l'Ottavo
con­
certo sarà anzi questo il suo spazio esclusivo" (ma ul
timamente, nel '77 ••• 80, Petrassi ha scritto un Poema
per archi e trombe che, in certo senso, può considerar
346
si un nono concerto per orchestra). E' interessante che
ciò avvenga utilizzando una grande orchestra,
intende~
dola come un ampliamento delle svariate possibilità di
combinazione. cameristica, ovvemoun agglomerato di
po­
tenziali complessi da camera, uno a uno individuati
e
trascelti.
Un'analisi del concerto sotto questa angolatura ri­
sulta efficace per comprenderne la dialettica comples­
siva (194). Il prologo (miss. 1 ••. 56), come già avven!
va nelle sezioni di apertura di tutti i sei Concerti
precedenti, presenta il totale degli, strumenti
impieg~
ti. Il totale timbrico dei legni viene esaurito a mise
38, con l'intervento dei due oboi, quello degli ottoni
a mise 13, con l'intervento della quarta tromba, quel­
lo delle percussioni a mise 15, con la terzina di semi
minime ai piatti, quello degli archi a mise 5, con
lo
ingresso dei violini primi e secondi (sussiste la tra­
347
dizionale pentapartizione
degl~
archi), mentre arpa
e
xilomarimba sono già rispettivamente presenti dalle
miss. 2 e 4. I violoncelli e i contrabbassi stendono un
filo co.ntinuo di sostegno, in cui abbondano
le
note
lunghe, e rare sono, al confronto delle altre parti,le
irregolarità ritmiche. Per il resto, l'orchestra gioca
di guizzi e di improvvts·i sussulti timbrici, che
poss~
no, di primo acchito, far pensare alla "Klangfarbenrne­
lodie" di schonberghiana memoria o, per altro verso,a.!.
le tendenze aleatorie degli anni '60.
Quanto all'alea, bisogna ribadire che di casuale in
Petrassi non v'è proprio nulla, nè in Settimo concerto
nè in altro lavoro, e, quand'anche egli
voglia~ottene­
re un effetto simile a quello ottenibile con una prat!
ca aleatoria, procura sempre di prescriverne i termini
puntualmente. Il fatto è evidente in Settimo concerto,
dove i diversi parametri sonori sono tutti scrupolosa­
mente indicati, al limite di un matematico e "boulezia
348
no" rigore.
Forse, la punta più avanzata dell'influenza aleato­
ria in Petrassi, almeno fino ad oggi, la si trova in u
na composizione di tre anni posteriore a Settimo
con­
'certo, Estri per quindici esecutori. In essa, corri
spondentemente alla mise 70, c'è la seguente
annotazi~
ne: "Da % A al ~ B. La Viola il più rapido possibile
in "pp" e legato. Il cambio dell'arcata a discrezione
dell'esecutore, senza accenti, salvo
dov~èindicato.
Il
Violoncello meno rapido della Viola, sempre "pp" e le­
gato. Per le arcate ecc., come la Viola. Il Contrabbas
so inserisce i suoi interventi con una relativa liber­
tà, senza rigore. In questo passaggio l'esattezza del­
l'intonazione non dev' essere .. assoluta". Può essere cam
biata anche qualche nota, a discrezione e opportunità
dell'esecutore". Ma è un caso estremo ed isolato, dove,
comunque, le note da eseguire sono segnate una ad
una
- malgrado le minime libertà che si-può prendere l'ese
349
cutore - e gli interventi del contrabbasso vanno
di­
stanziati con notevole attenzione, affinchè possano es
sere tutti compresi nello spazio
temporale
geometric~
mente definito dalle tre percussioni (inquadrate
rigore in misure di 4/8)
con
~
La schonberghiana tlKlangfarbenmelodie", invece,
è
più vicina allo spirito di Petrassi, ma c'è da dire
che nei caratteri timbrici egli ricerca concentrazioni
vertical~
piuttosto che orizzontali, un equivalente de!
la tradizionale armonia, in cui, perO, vadano persi
gli antichi concetti di consonanza e di dissonanza,per
far luogo a un impasto fisico-sonoro di variabile den­
sità e tensione.
In Settimo concerto, questo non appare tanto
nelle
misure iniziali, dove sono frequenti gli incontri
di
ottava vuota e gli interventi strumentali isolati (fra
cui spiccano quelli delle percussioni, a mise 4, e del
l'arpa, a miss. 5 ••• 8), ma
s~
impone con evidenza
da
350
mise 9 in
avant~.
Vengono
sovrappost~,
dapprima, i
bri degli ottoni, poi quelli degli archi e,
t~~
quind~,~
li dei legni con la punteggiatura delle percussioni;
succedono gli interventi polifonici, isoritmici e "iso
timbric~"
- nella forma del "bicinium" , "tricinium"
e
"quadricinium" - del primo e terzo corno (miss. 17 ••••
22), dei tre tromboni (miss. 21 ••• 25), dei corni primo,
+
secondo e terzo (miss. 25 e 26), dei tre clarinetti
primo fagotto (miss. 26 e 27) e dei quattro ottoni
gr~
vi (miss. 31 e 32); poi, prevalgono per cinque misure
(32 ..• 36) gruppi ritmici irregolari affidati
camerist~
camente alle diverse sezioni dell'orchestra (notevole
il breve assolo della tromba in "mezzopiano", a
miss.
33 ••• 35); da mise 37 a mis. 44, emerge l'arpa, cui
è
dato una sorta di divertimento intervallico sulla set­
tima maggiore - nona minore; l'aggregato
~n
"fortissi­
mo" di legni, trombe e archi, alla mise 46, si spegne­
rà nel lungo fa-fa diesis in
II
p ianissimo" di contrab·­
351
bassi + timpani e arpa, quasi un sordo brontolio, pro­
dotto dai battimenti delle due note a distanza
~emito­
nale (miss. 51 ••• 56).
Con la prima invenzione di miss. 57 ••• 156, la
gine orchestrale si scinde nei due blocchi di
comp~
archi
e di ottoni, con quel filo di sutura che è il protago­
nismo dei cinque timpani (essendo richiesta l'aggiunta
di una caldaia piccola per le note più acute),
impegn~
ti in un complesso intervento di grande mobilità inteE
vallare, dinamica e ritmica. Le miss. 57 ••• 64 non sono
che una preparazione, che recupera figurazioni ritmi ­
che e contrasti dinamici del prologo, a questo inter ­
vento dei timpani: dopo di che, i timpani esordiscono
in un agile passaggio in "fortissimo", cui sovrastano
gli armonici allucinati. degli archi in
tlpianissimo'~vi~
loncelli e contrabbassi esclusi (miss. 64-64 ••• 68): iE
calzano gli ottoni soli. in "fortissimo", a miss. 68 •••
74, seguiti da un nuovo intervento, analogo al primo ,
352
di timpani + archi (questi non più in armonici, ma con
sordina); come in una scacchiera, ancora il blocco de­
gli ottoni soli, cui questa volta è affidata una ritmi
ca più mossa di terzine dt semicrome
che passano,
in
libera imitazione>, dalla "microsezione" dei quattro cor­
ni a quella dei quattro ottoni gravi, a quella
delle
quattro trombe (miss. 79 ••• 92); con quest'ultima parte,
si interseca il solito - ma strutturalmente sempre va­
riat.o - abbinamento timpani e archi (miss. 81 ••• 100) ;
ottoni soli, fra miss. 101 e 106, che intrecciano
un
fitto contrappunto a dodici voci dei più svariati
in­
tervalli e di ritmi per lo più irregolari (rileviamo
il crescendo di complessità in questi tre interventide
gli ottoni); timpani più archi soli, fra miss. (107) ­
108 e 111; poi, da mis. 112, i due blocchi strumentali
si integrano progressivamente con predominanza
degli
ottoni; a battuta 148, infine, i tlÌimpani,.isolati su un
sol diesis-fa dtesis di violoncelli e contrabbassi che
353
si spegne nel nulla, riaffermano un'ultima volta
il
proprio ruolo protagonistico con un furioso "fortissi­
mo" di quattx:o misure, che declina inunediatamente
al
"pianissimo" di conclusione.
La seconda invenzione (miss. 157 •.. 228) è, invece,
affidata agli strumenti assenti nell'invenzione di pri
ma (eccetto la xilomarimba), e cioè i legni, l'arpa
la battex:ia di percussioni, senza i timpani. I
gruppi stx:umentali entrano nell'ordine: legni
e
tre
(mis.
157)-percussioni (mis. 162)-arpa(mis. 163),creando su­
bito un amalgama in cui si contrappongono i legati dei
legni, da una parte, ai pizzicati dèll'arpa e i rintoc
chi delle percussioni, dall'altra. A queste e
all'arp~
cioè al secondo dei due blocchi timbrico-strumentali
dell'invenzione, è interamente dedicato una specie
di
"trio" centrale, fra m1ss. 187 e 198. Dopo, 1 due bloc
chi si combinano nuovamente, finchè, a miss. 222 •••229,
il discorso si sfalda, man mano, sulla nota pedale del
354
primo contrabba.sso (un "si" di centro in armonico natu
ra1e) cui si aggiungeranno,di misura in misura, il se­
condo, il terzo, il quarto, il quinto e, a mise
227,
tutti i restanti contrabbassi dell'orchestra.
Nella terza invenzione (miss. 230 ••• 280), il cameri
smo strumentale di Settimo concerto si concentra sulla
xi10marimba, che non sentivamo più dal prologo, e
su­
gli archi. Le miss. 230 ••• 239 sono occupate soltanto
dagli archi, dei quali risultano strane e inattese, nel
contesto della produzione petrassiana degli anni
'60,
le terze parallele dei violini primi e secondi,
a
misura 232; poi, sugli armonici tenuti degli archi, la
xi1omarimba. improvvisa - ma l'improvvisazione è
apparente,
poich~
tutta.
Petrassi definisce al dettaglio in:­
terva11i, dinamiche e ritmi - una acrobatica cadenza
che dura un'unica interminabile misura con punto coro­
nato (la
n. 240); archi soli in IIpp - mp" a miss. 242
••• 244, poi ancora insieme alla xi10marimba (miss. 245
355
••• 247), nuovamente soli (miss. 248 •.• 251), un'altra
cadenza della xilomarimba a mise 252 (misura coronata),
in cui essa si destreggia àgitosamente come in una "ge­
latina" di suoni armonici tenuti dagli archi (la situa
zione ricorda chiaramente quella dei timpani + archi
in armonici della prima invenzione), contrappunto
due elementi timbrici dell'invenzione, da mise 253
dei
a
mise 266, dove gli archi si fissano, per la terza vol­
ta, su lunghe note tenute, non più armonici però, e la
xilomarimba riprende, a tempestare con le bacchette du
re, fino a mise 275. Di qui, i timpani in "fortissimo"
- cui si aggiungono subito il gong grande (anche
que­
sto in spettacolare "fortissimo"), la cassa chiara, il
tamburo grande e i piatti - sopraffanno ill.lungo asso­
lo della xilomarimba, divenendo i principaliinterpre­
ti della invenzione seguente.
Questa (miss. 281 ••• 372) tende, in realtà, a ricom­
porre la totalità timbrica dell'inizio, con interventi
,
356
sparsi di tutte le categorie strumentali. Infatti -·pur
restando onnipresenti le percussioni, almeno sino
a
battuta 307, dopo la quale compariranno a intermitten­
za -, fra le miss. 282 e 291 si insinuano in libera al
ternanza tutti i legni, l'arpa, la xilomarimba e
gli
archi. Da mise 294, anche gli ottoni fanno la loro com
parsa con il primo e terzo corno, ma i tromboni e
la
tuba tacciono fino alle ultime misure dell'invenzione,
fino a quando, cioè,. la tuba attacca un gravissimo "mi"
quattro tagli addizionali sotto il rigo in chiave
di
basso (mis. 366). Da questa battuta a batto 369, si in
crociano il prepotente crescendo dei. fiati, che sbotta
nel "fortissimo" di miss. 368 e 369, e il "sempre
ppp
sparendo" degli archi. Pausa a mise 370, su un "mi"gra
ve al ponticello dei contrabbassi, e un crescendo,
a
miss. 371 e 372, che scompare d'improvviso nel vuoto
di mise 373, la cui prima parte è occupata da una pau­
sa interrogativa di attesa.
357
L'epilogo, o quinta invenzione, (miss. 373 ••• 435~ è
il secondo dei. due pilastri fra cui si svolgono le ar­
cate delle quattro invenzioni, corrispondendo .. perciO
specularmente al prologo di apertura. E, come il pro12
go, l'epilogo esaurisce il totale timbrico in breve
spazio: i legni compaiono tutti nel giro di tre misure
soltanto, gli ottoni esauriscono il proprio totale con
l'intervento della. quarta tromba, a mis. 387, l'arpa
compare alla quarta misura, la xilomarimba e gli archi
senza contrabbassi alla prima, i contrabbassi alla ter
za. Difficile sezionare l'amalgama timbrico-formale
che ne deriva, ma, da mis. 420 - 421·, è chiaro un dimi
nuendo di tensione dato dall'assottigliarsi del mate­
riale timbrico sulle note statiche in tremolo
degli
archi (un evidente riferimento alle fissità astrali de
gli archi nella prima e. terza invenzione, procedimento
già incontrato, come si ricorderà, nel Concerto
per
flauto e orchestra del '60). Il passo in "pianissimo "
358
agli archi con sordina delle seguenti miss. 424 ••. 431,
un autentico fugato di tradizionale osservanza in
cui
si inseguono rapidamente dodici parti d.i.' semicrome.
l~
gate (essendo i violini divisi a sei, le viole, i cel­
li e i bassi rispettivamente a due), è come una
coda
conclusiva, che anticipa di poco l'estremo "accordol/in
"ff - fff" dell'orchestra quasi al completo (miss. 434
e 435). Le voci, in questo episodio, si addizionano
e
si sottraggono, secondo un suggestivo ondeggiamento
che, con dinamica sempre "pianissimo", sposta gradual­
mente il registro strumentale degli archi dall'acuto
al grave, allargando, per di più, i valori ritmici del
principio
sivo
cfftl-+nTI.... 1 I I I),
come per inerzia e progres­
affaticamento~
La problematicità di Settimo concerto - che è inuti
le estendere alla dedica, secondo la quale parrebbe
che il lavoro sia stato scritto in relazione alla Pri­
359
ma rassegna di Musiche per la Resistenza (Bologna, 1964),
poichè Petrassi ci spiega (195) che essa è del tutto
occasiona1e e posteriore alla composizione del concer­
to - sta
nella radica1izzazione del linguaggio
già in parte prefigurato in Terzo e Sesto concerto.E',
cioè, 10 strutturalismo adattato a tutti i
parametri
del suono, e non soltanto più a quello delle altezze
(=" s truttura1ismo interva11ico", che
po
in un primo tem­
coincideva con la libera adozione del sistema dode
cafonico) •
Un adattamento assolutamente personale, s'intende·,
che innalza soprattutto il parametro timbrico e quello
dinamico. Il timbro è il principale mezzo di partizio­
ne formale, mentre la frammentazione discorsiva deriva,
forse, tlin primis
l1
dalle "guizzanti" e imprevedibili
situazioni dinamiche. Le quali sbric1oùmo
definitiva
mente le microstrutture linguistiche, già in se stesse
piccolissime. L'espressività di Settimo concerto,
che
360 consiste in una tensione emozionale che da Quarto con­
certo sembra
non avere mai abbandonato Petrassi (neE
pure nei lavori più brillanti e edonistici), è resa e!!,
senzialmente tramite i due parametri che abbiamo detto.
Le aggregazioni verticali assumono il significato
di
fasce sonore più o meno dense e caratterizzate da defi
niti rapporti timbrici,
pr~ma
che intervallari.
"Quello che mi interessava - dirà Petrassi riferen­
dosi a Ottavo concerto (196), ma il discorso è perfet­
tamente valido anche per il Settimo - non era mica
la
armonia, era proprio di poter dare delle facce diverse
di questa aggregazione, che non era un'aggregazione di
tipo armonico, ma di tipo timbrico. Il pericolo
della
monotonia, dell'appiattimento del materiale attraverso
il suo uso continuo, ho.cercato di evitarlo con
delle
relazioni timbriche individuali e di massa".
Masse
circoscritte, in Settimo concerto, a gruppi strumenta­
li di tipo cameristico o pseudocameristico, senza fare
361
mai l'uso dell'orchestra in blocco. Se un appunto
non
si può davvero muovere a Settimo concerto è quello
di
essere monotono, chè anzi, in esso, il materiale lin ­
guistico si può dire riservi sorprese ad ogni battuta.
Oppure: IILa nozione di armonia - sostiene ancora p!::.
trassi (197) - ••• non sussiste nel senso tradizionale,
ma in quanto concatenazione di situazioni sonore.
Una
condotta armonica non in senso tonale, ma piuttosto te
nendo presente una eufonia
("eu ll relativamente ai ca­
ratteri dell'effetto timbrico che si vuole ottenere
dei rapporti sonori
C'è come
~n
e timbrici in primo luogo
.
III
ribaltamento delle posizioni sette-otto
centesche l'intervallazione - intesa in senso orizzon­
tale (melodia) e in senso verticale (armonia) - e
ritmica, mezzi tecnici di base per costruire i temi
la
e
utilizzare una forma strutturata organicamente su .: di
essi, cedono alla prevalenza de i fattori timbrico e di
namico. La timbrica, in particolare, sostituisce
sia
362 la melodia sia soprattutto
l'armon~ai
la
dinamica/sfa~
cettata in mille guise, concorre a neutralizzare senza
più dubbi ogni elemento vagamente tematico (anche
non ricorrente) e a fare ulteriormente in pezzi
se
qualu~
que minima struttura. La forma in generale, la macro ­
struttura, sarà garantita da zone strumentali dominan­
ti e da addensati timbrici neoclassicamente (ci
riferi~
mo, ovviamente, a un neoclassicismo categoriale)
disp~
sti.
363 11. Ottavo concerto
Il termine "avanguardia" è tra i più equivoci e im­
precisi; per questo lo abbiamo usato raramente. Qui,pe
rò, non se ne può più fare a meno ed è tempo di chiari
re l'equivoco. Mario Baroni tenta una definizione (198),
sostenendo che "il fenomeno dell'avanguardia si eserci­
ta direttamente S0tto forma di opposizione al linguag­
gio ereditato e soprattutto a quegli aspetti di
esso
che coinvolgono significati e valori non più accettabi
li per chi ne scopre la caducità. Rapporti di questo
tipo col mondo circostante furono instaurati anche dai
musicisti del XIX sec. (ma non soltanto, indubbiamente
anche prima)
Avanguardia nel senso attuale
parola si ha invece quando comincia a incrinarsi
della
que­
sta tendenza alla ricreazione e alla rielaborazionedel
mondo preesistente, quando cioè il rapporto fra l'arti
sta e il linguaggio che lo precede o lo circonda
dive~
364
ta un rapporto di negazione che si configura in termi­
ni polemici
Il •
E' d'obbligo citare il Sacre e i successivi lavori
di Stravinskij, l'''antiespressiv:l,tà ••• ferrea e
na" (199)
disurn~
(sulla quale espressione ci sarebbe da discu
tere non poco) di molte oper,e hindernithiane e, in par­
ticolare, di quelle comprese fra il Terzo quartetto
per archi ('22) e l'opera Mathis, der Maler ('38), "la
polemica antiromantica e antimpressionistica"
di Erik
Satie e del "gruppo dei Sei", "le avanguardie musicali
sovietiche, rappresentate particolarmente da Sciostak2
vié e Prokofiev" (anzi, dal loro primo periodo creati­
vo: anni '20 - '30), per l'Italia interbellica "la ge­
nerazione dei Casella e dei Malipiero e successivamen­
te ••• quella dei Dallapiccola e dei Petrassi", "il su­
peramento dell'ideologia borghese" nell'opera di.
Leos
" Bartok, le ricerche ornitologiche
Janacek e di Bela
.
il "Trattato del ritmo" ('54) di Olivier Messiaen,
e
le
365
geniali sperimentazioni, solo tardivamente scoperte,
dell'americano Charles Ives e del franco-americano
Ed
gar Varèse, e, naturalmente, "l'esperienza ••• capitale
per la musica contemporanea" che fu il ribaltamento pro
gressivo della logica tonale, avvenuto con l'invenzio­
ne del sistema dodecafonico schonberghiano, che sanci­
sce la serializzazione del parametro delle altezze
(Scuola di Vienna - Arnold Schonberg, Alban Berg e An­
ton Webern. Anni interbellici). Questo per quel che r!
guarda le cosiddette "avanguardie storiche", ossia,se­
condo un'espressione di Elliott Carter già da noi ri,­
portata, dell'lIavanguardia all'antica ••• che metteva
in dubbio tante cose, ma solo superficialmente" (200).
Ma, a partire dagli anni '50, quelli del famoso lI an
no zero" della musica, le nuove avanguardie - in segui
to alle gravi problematiche sollevate soprattutto
dal
puntillismo weberniano e, in minor misura, perch'
la
sua
~ama
è decisamente.postuma e attende ancora
oggi
366
una sicura sistemazione, dalla "ricerca sul suono ver'"
gine, ove preistoria e avvenirismo strumentale paiono
coincidere" (201) di Edgar Varese - concentrano le at­
tenzioni sulla fisicità sonora, sganciata da ogni log!
ca e dialettica tradizionale. Di qui, la
serializzazi~
ne integrale dei parametri del suono (Pierre Boulez,
Karlheinz Stockhausen, Iannis Xenakis e la "compute:r:i!.
zazione stocastica", Henry Pousseur, gli italiani Lu ­
ciano Berio, Luigi Nono e Bruno Maderna ••• ), l'impiego
delle nuove apparecchiature elettroniche
(~
t'musica
concreta" e "musica elettronica", dove tecnologia
ed
arte sono indissolubilmente unite; i compositori
da
menzionare sono Peter Schaeffer e i medesimi di cui so
pra), il "trattamento materico" dell'orchestra tradi ­
zionale "per analogia con i materiali sonori che il mu
sicista elettronico usa maneggiare" (Gy5rgy Ligeti,
Krzistof Penderecki, Aldo Clementi ••• ), l'alea e
il
probabilismo (John Cage, Morton Feldman, Earle Brown e
367 gli italiani Franco Donatoni, Aldo Clementi, Luciano
Berio ••• ), il misticismo cosmico e orientalizzante
Stockhausen o il medievalismo di Dieter Schnebel,
di
o,a~
cora, il sensuale erotismo di Sylvano Bussotti ••••
Se quella che si è fin in qui delineata è la norma­
le accezione del termine "avanguardia", il Petrassi di
Ottavo concerto compie senz'altro un "passo indietro"
rispetto agli ardimenti del concerto
Un
precedente~
po' come sembrava succedere in Quarto e Quinto concer­
to,dopo lo " s tr:utturalismo intervallico" di Récréation
concertante (Terzo concerto). "The Eighth Concerto -
o~
serva il Waterhouse (202) - ••• shows,signs of a retreat
from the radicalism, of the 1960s" (o, meglio, a parti
re dalla Serenata del '58 e per buona parte degli anni
'60). Questo concerto, infatti, - composto a Roma
tra
il '70 e il '72, essendo dunque quello che ha richie ­
sto la pift lunga elaborazione - testimonia di un nuovo
mutamento nell'arco della produzione' di Petrassi. Muta
368
mento che, senza rinnegare l'''atematismo'' e la
cenza dell'ornamento e dello
s~olazzo",
"compi~
non sembra pr2
seguire l'''avanguardismo'' (perO, secondo lo spirito di
petrassi, tutt'altro che polemico) del Settimo concer­
to e delle. opere cameristiche d·alla Serenata (' 58)
a
Beatitudines ('68).
Quest'ultimo lavoro, in particolare, va considerato
attentamente
come il punto estremo di contatto
niverso petrassiano con le nuove avanguardie. Ad
dell'~
esso
si perviene, dopo la composizione di Settimo concerto,
attraverso quattro lavori per ridotto numero di esecu­
tori: i due "divertimenti strumentali" Tre per sette
per ottavino, flauto, flauto in sol (primo esecutore),
oboe, corno inglese (secondo esecutore), clarinetto
piccolo in mi bemolle e clarinetto in si bemolle (ter­
zo esecutore) del '64 e Estri
p~r
quindici esecutori
d e l , .. '66 - '67~ e i due brani per coro misto a
cappella Sesto non-senso e Mottetti per la passione del
369
'64 - '65; più le inedite, e inutilizzate, Musiche per
il film "La Bibbia
ll
del '65.
L'esultanza sonora di Settimo concerto e dei
due
IIdivertimentj,.1I del '64 - '67 si scarnifica e si depri....
me in Beatitudines,"testimonianza per Martin Luther
King" per basso o baritono e cinque strumenti, del' 68.
E' come uno studiQ di rarefatta espressività sui
tim­
bri e sulla voce, in cui 1 diversi elementi galleggia­
no
senza apparente gravitazione
in un magma informe.
"Le sottili entità melodiche non si saldano per nulla
co'l resto, compaiono rare come fantasmi e si sperdono
nella nebbia di una scrittura depressa al massimo
in
cui sembrano pesare maggiormente le stratificazionidei
silenzi e dei vuoti che dei suoni .•• Tutto il resto
timbro, scarno fonema, come certi squilli della
è
trom­
ba .•• o i sinistri glissandi dei timpani. Anche la vo­
ce si contrae al massimo, quello slancio che la anima­
va ancora in
pr~pos
viene qui sopito nella oppiacea
e
370 sonno lenta immobilità di una scrittura gregoriana cro­
matizzata al massimo, che lenisce il dolore ma non
lo
elimina" (203). Come nei Propos d'Alain, però, è
la
voce a tessere il principale filo di sutura che dà sen
so e unitarietà al lavoro; le beatitudini evangeliche
sono sottilmente indagate da essa, ripartendo
l'arco
formale della composizione in un'alternanza di pieni e
di vuoti, di tensioni e distensioni, cui gli strumenti
con i loro sparsi interventi
fanno da cornice e da e­
videnziazione emotiva.
Si ha la sensazione come. di una terra inaridita, di
un deserto la cui argilla non si
ra~prende
. in alcuna
rosa: restano, di quell'argilla, gli infinitesimi gra­
nelli
uno ad uno, infine sabbia e polvere. I parame ­
tri intervallare, dinamico, ritmico
e timbrico -
cui
si aggiunge, ora, quello che regola l'attacco dei suo­
ni nelle due estreme possibilità dell'accentuazione
e
del "non far sentire l'attacco" - sono resi più che mai
371
autonomi.Non sipilòcertoparlare. di "serializzazione inte
<
­
grale" nè di serializzazione relativa a un singolo pa­
rametro, neppure quello delle altezze, ma il messaggio
lanciato da Boulez e dalla "computerizzazione stocasti
cali è ugualmente colto con la massima lucidità.
Anche il fattore ritmico è qui emancipato dai
vec­
chi schemi della tradizione, e le misure non sono
che
una necessità della concertaziqne polifonica (difatti,
con il soccorso delle parole, a
miss. 68 e 69, 88, 95
etc., le stanghette di divisione diventano pleonasti ­
che e sono
<
perciò soppresse; le stesse figure musica­
li sono spesso abbandonate, come risulta sin dalle pri
me misure) .
Il parametro intervallare non risponde a nessuna co
dificazione prestabilita e viene trattato con
grande
libertà e mutevolezza dalla voce, che percorre l'inte­
ra gamma della propria tessitura tramite
caratteristi~
ci "ondeggiamenti"; ma, precisa Petrassi (204),
biso­
372
gna "evitare una recitazione espressiva "cantilenante" e
attenersi alla sobrietà della dizione rispettando
i
segni dinamici, ma senza rigidezza e con libera flessi
bilitàl l •
Le dinamiche, come già in Settimo concerto,
molto contrastate, comprendo
sono
, però, il totale solo a
mise 103, con il "fff" della viola e del contrabbasso.
La timbrica, infine, è secondo noi.
il fattore deci
se~
sivo, quello che determina all'ascolto il maggiore
so di depressione emotiva, compresi in essa i diversi
spazi pausati, in certo modo timbri fra timbri.
La
stessa scelta strumentale parla da sè: clarinetto,trom
ba (in fa!), viola e contrabbasso, timpani + la
voce
grave di basso o baritono. Ma l'utilizzo di questi
s~
menti parla ancora più chiaro. Le fissità astrali
dei
suoni tenuti al principio da viola e contrabbasso
e,
ancora,alla fine del lavoro (miss. 200 e segg.) riman­
dano, senza dubbio, al "trattamento materico" degli
373 strumenti proprio di compositori come Gyorgy Ligeti-: o
. Krzistof Penderecki: i "glissè" dei timpani con peda­
le, a mis. 49, possono riportare al rumorismo di certa
"musica concreta" e gli ampi inte:nralli del clarinetto,
a miss. 130, 146 e 147, 178 ••• 180, ricordano i modi pu!!,
tillistici weberniani e post-weberniani. I mezzi elet­
tronici, l'alea, i suoni multipli - che Petrassi defi­
nisce "suoni sporchi" (205) - non trovano, invece, po­
sto.
Procedere sulla strada di Settimo concerto e di Bea­
titudes, per citare due dar lavori di punta della pro­
duzione petrassiana degli anni '60, .avrebbe voluto di­
re polverizzare e ridurre all'annientamento quelli che
Donatoni chiama i "relitti della musica", o, comunque,
perseguire fino alle estreme conseguenze i "sentieri
che portano alla soglia del silenzio" (206). Ciò signi
ficava, infine, giungere dove l'avanguardia pia aggueE
rita era in effetti giunta: l'alea
Q
la "grande pausa"
374
di John Cage; la preminenza dell'interprete sul compo­
sitore; l'arte estatica, sorella della speculazione me
tafisica, e la prossima adorniana "finis artium"
di
Aldo Clementi; il misticismo orientalizzante di Karl ­
heinz Stockhausen .•
Lo strutturalismo bouleziano, dopo aver
zi la dialettica della tradizione.
fatto ape,!
sezionando
'i
quattro parametri del suono, demoliva alla fine
se
stesso e completava - o,
meglio, esauriva del tutto ­
la propria analisi introspettiva con una sorta di ulti­
ma considerazione sulla "vanitas.vanitatis" del
suono
(del quale resta la pura materialità, anzi neppure que!
la, ovvero il suono con valenza negativa), della musi­
ca, dell'arte, delle cose umane. Non è difficile, come
si vede, spingersi dalla musica alla speculazione meta
fisica, come fa appunto Aldo Clementi.
Ma, anche se dagli allievi (e Clementi fu allievo
di Petrassi) c'è spesso molto da imparare, come assicu
375 ra Sch8nberg (207) e come lo stesso Petrassi sostiene
(208), egli non condivide affatto questo sconfinamento,
che a suo parere è eccessivo. Alla domanda "Che cosa
:~
dice ••• della celebre frase di Adorno sulla poesia non
" egli risponde (209):'!CeE
più possibile dopo Auschwitz?,
te profezie non sono nuove: anche Hegel, mi sembra,paE
lO della morte dell'arte più di cento anni fa; e inve­
ce abbiamo visto che l'arte non è morta. El fatale,ceE
to, che certe affermazioni drastiche siano fatte
periodi di grandi sconvolgimenti, che incidono
dopo
non
soltanto sulle cose ma sul morale degli uomini....
E
quindi credo che,nonostante Adorno, l'arte non morirà.
Perchè poi dovrebbe morire? Sarebbe come preconizzare
la morte dell'uomo".
Forse, le Beatitudines furono sentite da Petrassi come un momento estremo e invalicabile. Non era possi­
bile avanzarsi oltre, se non preponendo la scienza al-
l'umanesimo, la tecnologia all'arte (intesa tradizio ­
376
nalmente, come poesia, creazione sI intellettuale,
ma
anche emotivamente sofferta, autobiografica, testimo ­
nianza di un'umanità viva e responsabile). E', in ulti
ma analisi, il rifiuto di demandare le proprie scelte
ad altro da se stessi e, meno chell.1mai, ad una macchina,
foss'anche la più perfetta. "Automazione", non esclusa
quella programmata al dettaglio dalla mente umana, non
è certo sinonimo di "fine dell'arte", ma devia le pro­
spettive di scelta dell'artista-poeta e, prima ancora,
dell'uomo-poeta. In questo senso, Petrassi è legato in
maniera irrinunciabile alla tradizione che precede gli
anni '50 e dalla quale non va esente nessuna delle "a­
vanguardie storiche".
Che cosa, dunque, è accaduto dopo gli ardimenti
di
Settimo concerto e di Beatitudines? Che Petrassi, a no
stra avviso, non se l'è sentita di compiere un
nuovo
"salto" (210), come, invece, aveva fatto tra Secondo e
Terzo concerto, relativamente all'adozione del sistema
377 dodecafonico, probabilmente ritenendo che questa
ta si sarebbe trattato di un "salto mortale
ll
•
vol­
Si è, a!.
lora, ripiegato su tre brevi composizioni solistiche ­
Souffle per flauto in do, flauto in sol e ottavino del
'69, Elogio per un'ombra
per violino e Nunc per chi ­
tarra del '71 - e sui due lavori cameristici Ottetto
di ottoni del '68, che Mario Bortolotto soprannominò
significativamente "Ottetto degli adii" (211), e
Ala
per flauto, ottavino (un esecutore) e clavicembalo del
'72. Che sono il documento delle scelte recenti, fino
a quella "summa" del sapere petrassiano che è l'Ottavo
concerto per orchestra.
In esse, Petrassi sembra rifugiarsi in una ricerca
di tipo essenzialmente tecnico-strumentale che rmmanda
alle esperienze passate, non ultima quella del neoclas
sicismo interbellico (soprattutto per quel che riguar­
da la chiarezza e la funzionalità della scrittura),tèn
dendo, invece, a sfuggire alle gravi problematiche poste
378
nei lavori immediatamente precedenti. Bisogna tenere
presente che questi sono gli anni in cui egli teme per
la propria vista, indebolitasi con l'età e l'intenso
lavoro i e l'impedimento fisico deve averlo ostacolato
non poco nell'attività compositiva e, più che altro,di
sturbato o, comunque, condizionato psicologicamente.
Tant'è che crediamo che il particolare. stato emotivo e
di salute abbia in gran parte segnato lo spirito della
sua ultima produzione.
Anzi, basterebbe il lavoro più rappresentativo
e.
di maggior mole e impegno di questa più recente stagi2
ne creativa, cioè l'Ottavo concerto, a confermare
nostra tesi.
It
dovrei dire qualcosa di personale
.la
e
quindi di psicologico che nell'Ottavo concerto ha avu­
to peso - egli confida (212) -: è un concerto che
ho
scritto in un periodo in cui temevo per la mia vista e
quindi l'ho scritto con una specie di rabbia, con
una
specie di esaltazione, e perciò, mi pare, ha •.• questa
379 decisione di direzione. Perch€
questo senso psicologi­
co che io sentivo era permanente, potevano cambiare
certi momenti di umore, però c'era questo fondo che mi
portava, oltre che a una inquietudine molto profonda ,
anche a una specie di lotta, a non voler accettare
~l
verdetto che poteva essere e poteva non essere •••
in­
somma c'è questo risvolto psicologico dell'Ottavo con­
certo che è quello che ha dato, mi pare, la mossa
in
quella direzione, dove non ci sono molti tentennamenti,
non ci sono delle zone così incerte o delle zone un po'
paludose per arrivare da un punto all'altro ••• Non
è
un lavoro in cui sperimentavo diver'se cose, era un la­
voro sorretto continuamente da quello che io sentivo
internamente. E' un discorso psicologico che sulla mu­
sica forse non si dovrebbe fare, ma per spiegare
la
natura di un pezzo (può considerarsi lecito)".
Franco Donatoni (213) parla giustamente, a proposi­
to dell'ultimo Petrassi, di "monològo interiore
del
380
quale noi non possiamo apprezzare che la superficie ll ,
ossia di "monologo non verbalizzabile ma nella
più
stretta connessione al segno del suono ll • E, forse,
il
discorso si potrebbe estendere al Quarto, Quinto e Se­
sto concerto, per limitarci a questo solo settore del­
la produzione petrassiana (non citando il Coro di mor­
ti, la tragedia Morte dell'aria, Noche oscura etc.) .Ri
cordiamo, infatti, l'''espressionismo" di Quarto
con­
certo, o il tragico autobiografismo del Quinto, o, an­
cora, il riferimento ai fatti d'Ungheria di Invenzione
concertata (Sesto concerto). Ma qui, in Ottavo concer­
to, il dramma umano si fa più che mai esperienza
viva
e toccante, alla quale Petrassi è interessato in prima
persona: è, in sostanza - perchè negarlo? smo beethoveniano redivivo. Ben
il titani
vengano, in questi ca
si, le utili delucidaz.ioni dell' autore.
Ma la musica, come afferma ancora Petrassi
(214),"d~
vrebbe (comunque) parlare per se stessa". Non
resta
381
che verificare, il più possibile obiettivamente,
cosa riesca in effetti a dircLOttavo concerto,
che
commi~
sionato dalla. Chicago Symphony Orchestra e dedicato al
direttore d'orchestra Carlo Maria Giulini (uomo e arti
sta profondamente stimato da Petrassi (215)>, è ripart!
to formalmente in tre movimenti distinti, ciò che
avveniva dai tempi di (Primo) concerto, mentre
non
degli
altri sei Concerti solo il Quipto è s.chematicamente bi
partito. Se si aggiunge che l'articolazione agogica
corrisponde approssimativamente a quella tradizionale
di Allegro (primo movimento) - Adagio (secondo
movime~
to) - Allegro (terzo movimento) e che essa è decisamen
te meno mutevole che in tutti i Concerti precedenti,si
ha un primo sintomo della particolarità di questo lavo
ro.
Infatti, il primo movimento è contrassegnato dalle
seguenti indicazioni metronomiche:
••• 1501),
J
J
== 120 (miss. 151 •••• 182),
= 132 (miss.
J=
1
80 rit •••••
382
(mis. 183),
J = 132
(miss. 184 ••• 215); il secondo movi
mento è,invece}più differenziato agogicamente, ma
variazioni oscillano fra i limiti di
J=
46 e
.1
= 92
le
t
senza bruschi trapassi; mentre il terzo movimento si a
pre con la
J
=
88-92 (miss. 1 ••• 89), che poi diviene,
volta a vOlta) = 100 (miss. 90 ••• 114),
J=
88-92 (miss.
115 ••• 118),d
=
58-60 (miss. 119 ••• 130),d
=
131 ••• 171),d
=
148 ••• 152 (miss. 172 ••• 185, dove ricom­
92
(miss.
pare per un'unica volta la tradizionale indicazione di
"presto"),
J = 132
(miss. 186 ••• 195),
J = 148-152
(miss.
196 ••• 225).
Un altro dato assolutamente atipico nell'arco della
produzione petrassiana è l'inquadramento ritmico in mi
sure regolari e continuate di 4/4 - come si osserva
concerta meraviglia
nel primo movimento, interamente
costruito su questo metro - o, comunque, in misure che
non variano con la frequenza vertiginosa dei Concerti
precedenti, e soprattutto di Sesto e Settimo concerto.
383
La stessa divisione interna alle battute è perseguita
con una regola.rità insolita, almeno dai tempi di Sesto
concerto in poi. Incontriamo, spesso, passaggi insisti
ti di semicrome (quello introduttivo del primo
tempo~
quello di miss. 59 ••• 62 sempre del primo movimento,
o
quello di miss. 64 •.. 69 etc.), passaggi di semiminime
consecutive o di crome o di terzine di crome, e via di
cendo.
Ma è interessante che questo accada con la paralle­
la adozione di figurazioni ritmiche oltremodo
irregol~
ri, quali neppure in Settimo concerto era possibile ri
levare. Alcune soluzioni, che sommano alla difficoltà
del solfeggio in senso orizzontale quella di un compIi
cato contrappunto ritmico verticale, sono un vero "re­
bus". Valga per tutti quell.e delle miss. 33 ••• 35
del
primo movimento: la misura di 4/4 viene frantumata,ne!
la parte degli archi, contemporaneamente in cinque, sei
e sette parti eguali, cosa già in se stessa non sempl!
384
ce, mentre le singole quattro divisioni vengono ulte ­
riormente suddivise dai fiati in terzine, quintine
e
doppie terzine, anche pausate; triple terzine,comprese
ognuna nell'ambito di due divisioni, quintine, settimi
ne e decimine (idem, nell'ambito
d~
due movimenti)
co~
pletano il panorama delle irregolarità. Altri "rebus"
a miss. 15, 25, 32, 53, 55, 57, 60, 61 ••• {primo movi­
mento, il più interessante da questo punto di vista} ,
102 e 103 •.. {secondo movimento, 67 e 84 ••. (terzo mo­
vimento) •
La dinamica ricalca, in linea di principio, i
della ritmica: alcune volte piattamente uniforme,
modi
al~
tre contrastatissima. Le prime misure del concerto an­
ticipano perfettamente questi due aspetti dialettici.
Un "ppp" alle semicrome legate dei contrabbassi con sor
dina apre suggestivamente, e senza altre dinamiche fi­
no a mise 4, il concerto; poi, d'improvviso, un "fff "
di archi, xilomarimba e xilofono, cui segue il "ppp {ma
385
sentito)" di miss. 5 e 6r di nuovo un "fff", poi
un
"ppp", la rapida sequenza di "fff-ppp-fff" di mise
8;
miss. 9 e 10 in "fff"; miss. 11-12 ••• 21 in "ppp-mp";
miss. 22 ••• 25 in "fff"; e così via. El chiaro
che,alm~
no in queste prime misure, Petrassi gioca di nettissi­
mi effetti chiaroscurali, dove luci e ombre si
avvice~
dano più o meno rapidamente: corruschi bagliori, oscu­
ramenti improvvisi, magie notturne, luminosità persi ­
stenti •••• Il lavoro, nel complesso, confermerà le pri
me impressioni, insistendo particolarmente sulle oppo­
ste intensità e sul loro alternato inseguirsi.
MacrQpartizione formale, agogica, ritmica e dina­
mica rimandano. dunque,.,per molti versi, a posizioni
"preavanguardistiche", rispetto agli ardimenti di Set­
timo concerto e di Beati tudines, pure attestando - nel­
l'abbandono delle tradizionali indicazioni agogiche,in
certe ardue soluzioni ritmiche, nella sistematica con­
trapposizione di situazioni dinamiche antitetiche
386 la conoscenza pratica degli artifici puntillistici
e
perfino di qualche atteggiamento "giudiziosamente"
a­
leatorio (miss,. 88 ••• 94 e 187 .•• 189 del primo movimen­
to, 12 - 13 e 110 ••• 124 del secondo).
Così pure l'aspetto timbrico riporta, di primo
chi-to,a scelte antecedenti all'
I~anno
ac­
zero". Vogliamo
dire, innanzittutto, che la strumentazione ricade
su
un organico assolutamente anticonformista, rispetto al
l'attualità degli anni '60 - '70. Non dimentichiamo
che, in questo periodo, ,la ricerca timbrica si
spinge
verso nuovi spazi sonori: l'elettronica, l'uso incon ­
sueto degli strumenti della tradizione (singolarmente
e abbinati), il largo impiego delle' percussioni ••• in­
fine l'antitradiziane. Invece, con Ottavo concerto, Pe
trassi riafferma la propria fede in un mondo di
suoni
ormai usato ed abusato, ma dal quale egli crede cfue si
fX'~
sano ancora ottenere effetti nuovi e nuove prospettive.
"Ritengo che con un organico il più normale possibile
387
si può fare ancora della musica, anche la più anormale
possibile u (216).
Nessuna composizione orchestrale di Petrassi, d'al­
tronde, si è mai
staccata fondamentalmente dai modu­
li degli organici tradizionali. Pensando ai Concerti
per orchestra, ricordiamo che il Primo è stato concepi
to per grande orchestra, con la significativa (e
una volta
per
dichiaratamente polemica) esclusione della
arpa e delle percussioni, il Secondo corrisponde sfro!!,
tatamente all'organico delle ultime sinfonie di Haydn,
il Terzo utilizza una normale piccola orchestra, parti
colarmente nutrita nel settore delle percussioni e con
la sola curiosa assenza dei contrabbassi, il Quarto
per orchestra d'archi in corretta pentapartizione,
è
il
Quinto e il Settimo nuovamente per grande orchestra,
senza particolarità rilevanti di organico; solo Inven­
zione concertata (Sesto concerto), per la sua tripart!
zione strumentale in ottoni - percussioni - archi, può
388
suggerire il richiamo a Coro di morti e, con esso, una
ricerca di organico che non coincide con i canoni del­
la tradizione.
Quanto a Ottavo concerto, neppure la sezione percus
siva, per norma esaltata da Petrassi a partire
da Ré­
création concertante, trova un posto di spicco.
Vengo~
no impiegati due timpani e una batteria piuttosto
pov~
ra, rappresentata da due tamburi (con corde e senza
corde) e dalla gran cassa. Il primo timpano fa la com­
parsa a miss. 10 ... 15 del primo tempo, per poi mesco­
larsi con gli altri strumenti dell'orchestra, senza
particolari protagonismi; i tamburi. esordiscono, inve­
ce, solo a mis. 99, e la gran cassa a 151, non prevar!
cando mai, però, la condotta principale degli
altri
strumenti.
Il secondo tempo è, per questo aspetto, anche
significativo, con l'unica interessante eccezione
più
del
"pp, glissare lentamente tra il fa e il la senza rigo­
389
re di tempo" del primo timpano, a miss. 110 ... 124 (ma,
in fondo, non è che un normalissimo rullo in funzione
di pedale, con l'aggiunta del glissando). E il
terzo
tempo procede, fino a battuta 27, senza uso di percus­
sioni, dopo di che c'è qualche intervento più consi
stente, fra miss. 53 e 78. Gli altri strumenti sono
quattro flauti, (il primo e il quarto
anche ottavini),
tre oboi, corno inglese, tre clarinetti in si bemolle
(il terzo anche clarinetto piccolo in mi bemolle),
cl~
rinetto basso in si bemolle, tre fagotti, controfagot­
to, quattro corni in fa, quattro trombe in do, due trom
boni tenore, due tromboni basso, xilofono,
xilomarimb~
archi.
Una orchestra così ampia non era stata impiegataneE
pure per il Primo, Quinto e Settimo concerto e, se
si
eccettua l'uso relativamente limitato delle percussio­
ni e l'assenza del pianoforte e dell'arpa (strumenti
per i quali, specie il primo, Petrassi non dimostròmai
390
eccessiva simpatia), è un "unicum" nella produzione pe
trassiana, ancor più sottolineato dalla riduzione
de­
gli organici adottata negli altri lavori di questo pe­
riodo. Lavori in parte solisttci - Souffle per flauto
in do, flauto in sol, ottavino del '69; Elogio per
un
ombra per violino e Nunc per chitarra del '71; Oh
les
beaux jours! per pianoforte del '76 (ma si tratta del­
la rielaborazione di un vecchio brano del '42); Viola­
sola per viola del '78; Flou per arpa dell"80 -,
in
parte cameristici,escludendo i già menzionati lavori
antecedenti alI 'Ottetto di ottoni del '68, Ala per
to, ottavino e
clavice~alo
fla~
del '72; Orationes Christi
per coro misto, ottoni, viole, violoncelli del '74
'75; Quattro odi.I?er ,9'uartetto d'archi del '73 ... '75;
Fanfare per tre trombe in do del '76; Alias per
chi­
tarra e clavicembalo del '77; Grand Septuor "avec cla­
rinette concertante" del '77 - '78; Romanzetta
per
flauto e pianoforte dell"80; Sestina d'autunno "Veni"
391 creator Igor" per sei strumenti dell' '82 - e, infine,
un lavoro per ridotto organico orchestrale, il
Poema
per a.rchi e trombe del '77 ••••' 80.
Fin da Coro di morti del '40 - '41, in Petrassi si
era manifestata la tendenza alla riduzione del materia
le strumentale, una tendenza che naturalmente non impe
diva lo sporadico recupero delle grandi masse orchestra
li, come nei due balletti del '42 ••• '45, nell'opera Il
Cordovano e nella cantata Noche oscura, nel Quinto
nel Settimo concerto. Ma
negli anni '60 - '70
e
questa
tendenza si fa particolarmente evidente, tanto che gli
unici lavori per grande orchestra scritti da Petrassi
negli ultimi due decenni sono il Settimo e l'Ottavo
concerto, mentre orchestre di proporzioni minori
sono
impiegate nel Concerto per flauto e orchestra (dove al
la folta schiera delle percussioni fanno contrasto
i
pochi archi, ridotti a violoncelli e contrabbassi)
e
nel recente Poema per archi e trombe.
392 "C'è questo doppio bimrio - spiega Petrassi
- a dimostrare la molteplicità e la pluralità
(217)
delle
direzioni che ci sono oggi •.•• C'è la tendenza alla ri
duzione al minimo possibile degli elementi; però con ­
temporaneamente esiste
tuttora anche una tendenza
opp~
sta ••• , la possibilità di adoperare grandi strutture e
grandi masse timbriche". E cita Boulez (Rituel in me ­
moriam Maderna, 1975) e Carter (Sinfonia per tre orche­
stre, 1976), Donatoni (del quale si può ricordare
To
earle Two per orchestra in due sezioni del '71 - '72 e
Voci del '72 - '73), Berio (di cui recente, '75 - '76,
è Coro per quaranta voci e strumenti), Penderecki (au­
tore di composizioni magniloquenti, come la Passio
mors Domini
nostri Iesu Christi secundum Lucam
et
del
'65, il Dies irae del '67, la Kosmogonia del '70 etc.).
Naturalmente, anche Petrassi non è rimasto del
tut~
to insensibile a questa duplicità di atteggiamenti,pr!
vilegiando, però, quella che egli chiama la "tendenza
393
minimale" (218). Ciò è indubbio nella sua recente pro­
erge
duzione, rispetto alla quale Ottavo concerto si
come un gigante fra lavori di minori dimensioni.
I singoli strumenti sono impiegati secondo i tradi­
zionali attributi, con
in pift
il largo uso di
"note
di abbellimento", di tremoli e di note ribattute,
di
"effetti" come il pizzicato degli archi al ponticello,
la frequente adozione della sordina, i suoni flautati
o in armonici, "glissè", portamenti, pizzicati
"alla
Bart6k", rulli di timpani (anche in glissando), frulla
ti dei legni, "soffi d'aria senza suono" (una delle
più stimolanti invenzioni del "dopo-:Darmastadt"; si ve
da il suggestivo Quintetto per fiati di Salvatore
rino) ••• Effetti che neppure il problematico
Sc~
Settimo
concerto affrontava con tanta determinazione. Mancano,
invece, certamente per libera scelta del compositore,
altri effetti come i "suoni sporchi" (219) o i
degli archi oltre il ponticello.
;. suoni
394
L'amalgama degli strumenti tende alla
"nebulizzazi~
ne delle singole famiglie strumentali Il (220), sortendo,
perciò, un ri.sultato timbrico antitetico a quello
del
concerto per orchestra precedente (il quale è, in que­
sto, simile alla schematica concertazione di (Primo)
Concerto). Nella verticalità degli addensati timbrici,
che nulla tolgono all'autonomia e compiutezza del con­
trappunto orizzontale delle parti, vengono ricercati
gradi differenti di tensione e densità emotiva,
che
sono, forse, il migliore veicolo di analisi formale di
questo lavoro, come di tutti i lavori dell'ultimo
Pe­
trassi. Ma qui, a differenza, poniamo,di Settimo
con­
certo, gli strumenti tendono a comporsi in un tutto di
grande omogeneità, dove non ci sono sezioni strumenta­
li contrapposte. La dialettica discorsiva procede,allo
ra, non per blocchi strumentali
si
zone timbriche.oche
contrastano successivamente come in una persisten­
te IIbotta e risposta", ma per la progressiva accumula­
395
zione (e viceversa) di masse timbriche che articolano
e spaziano la pagina musicale con vario equilibrio.
In questo senso crediamo si debba intendere l'affer
mazione di Mass.imo Mila (221)1 secondo cui "tutti i la
vori recenti di Petrassi sono vere e proprie avventure
di personaggi musicali •.• e dal gioco delle loro comb!
nazioni nasce il mobile significato, come un'appasio ­
nante "storia di suoni"lf. "Suoni" nel senso più fisico
del termine, timbri singolarmente definiti
e poi
so­
vrapposti in modo da raccontare emozioni e stabilire u
na simpatia (11(fUjA-tlot-et..l.O(.") di stati di tensione in
divenire. Al riguardo, dovrebbe far.' riflettere l'anno
tazione posta a conclusione del primo movimento,
la
quale, riferendosi alle viole prime sospese su un
bi­
cordo in "ppp" che diminuisce al nulla, prescrive
di
"fermare l'arco sulla, corda, senza suono ••• a discre ­
zione del direttore, fino all'esaurimento della tensio
ne". El immediato il richiamo a una dichiarazione
di
396
Petrassi del 1980 (222): "La tensione è quello che
ha
preso il posto della forma nella musica attuale".
Il concetto tradizionale di "forma" si fondava
es­
senzialmente sia sulla strutturazione di un lavoro
in
movimenti o parti distinte - e, in questo senso, corri
spondeva all'architettura generale, cioè, con termino­
logia più recente, alla "macrostruttura" - sia
sulla
interna organizzazione degli elementi ritmici e melodi
ci, coagulati in frasitematiche definite e autosuffi­
cienti
poi sottoposte a sviluppo. Lo "strutturalismo
atematico Il d.i Settimo edi Ottavo concerto, "una
~di
quelle formule di cui bisogna pure accontentarsi in ma!!,
canza di meglio" (223), ha ormai minato ogni possibili
tà di stabilire l'articolazione formale di una composi
zione su quest'ultimo vecchio schema, poichè gli stes­
si termini del discorso, il glossario, sono mutati fOE
se irreversibilmente. Non più temi, o sviluppi di temi
inesistenti, ma concentrazione sui parametri isolati
397
del suono e, soprattutto, su quello
t~brico.
In ottavo concerto., per la verità, c'è ancora
come
un sentore degli elementi tematici della tradizione,
che, pet:ò, non è affatto nostalgico e si rivela incapace
di determinare nessi formali consistenti. Da questo pun
to di vista, Ottavo concerto è, senza dubbio, un
ri­
credersi nei confronti del radicale "a tematismo"
di
Settimo concerto e di Beatitudinesi ma è, nello stesso
tempo, un modo di ritrattar lo petrassianamente, nella
ottica della tradizione e tentando una nuova sintesi.
Può tornare alla mente Quarto concerto, che abbandona­
va in parte lo "strutturalismo inte.tyallico" di
création
concertante~per
Ré­
provare la bartokiana simbio­
si di tema e struttura. Ma è un parallelo impreciso,
poichè Ottavo concerto, come anche Quinto e Sesto," non
assomiglia più a niente che si conosca"
(224) e,
suo incredibile eclettismo, convoglia una miriade
atteggiamenti che pervengono complessivamente ad
nel
di
una
398 fisionomia
~nsol~ta
e personale.
"Di fronte al baratro come si presenta in Beatitu ­
dines -
sost~ene
Lorenzo Maggini (225) - non c'era che
da far saltar tutto, oppure
t~rare
i
remi in barca ••• ,
oppure ••• cercare puntigliosarnente una via d'uscita,
na
che anche in passato non aveva mai deluso.
r~prova
Questa
del
r~prova
168
~
,
ennesima, già enunciata dalllOttetto
si ha con Ottavo concerto, un'opera di va­
ste proporzioni, che rimette in gioco migliaia di note,
figure tematiche,. un'orchestra piuttosto (?) ampia ••.•
Tutto il materiale di settanta anni e passa di
esperie~
ze musicali ••• è steso sul tavolo come in un consunti­
vo generale".
Petrassi non ha mai rifiutato l'epiteto di "eclett!
co", puntualizzando (226), perO, che è riduttivo
far
coincidere l'eclettismo con "la mescolanza di caratte­
ri diversi che possono essere presi da varie parti •.••
mentre l'idea positiva (di eClettis~o) potrebbe essere
399
di rifiutarsi di adoperare sempre gli stessi stilemi ••
in modo che i caratteri non siano cosi distinti epe­
rentori, tanto da poterli identificare a prima vista".
L'eclettismo dei morfemi linguistici di Ottavo con­
certo va dall'insistenza, unica finora in Petrassi,sul
l'intervallo di tono, che contrassegna il lavoro
con
frequenti scale diatoniche o addirittura debussiane
(=
scale esatonali per toni interi), all'adozione
disegni ritmico-melodici piuttosto estesi e
di
caratteri~
zati, al loro frammentario ricorso, alle chiare ascen­
denze seriali-dodecafoniche, alle ostentate sezioni i­
mitative, a certi ostinati di tipo ritmico e/o melodi­
co, alla neoclassica disposizione spaziale delle parti,
alla insistita presenza di triadi armoniche perfette •.
Tutti aspetti, ormai, quasi del tutto detronizzati
in Settimo concerto e che, invece, nell'Ottavo trovano
un terreno fertile, accanto a un'agogica l'inespressi ­
va" fatta di indicazioni puramente metronomiche,
una
400
ritmica particolarmente complessa (certo più complessa
che non in Settimo concerto e qualunque altro concerto
di Petrassi), una dinamica che utilizza per contrasto
tutti i gradi di intensità possibili, dal soffio
e
dal silenzio al "fff" più esasperato, una timbrica, in
fine, che stabilisce una tensione emotiva molto elasti
ca, che è il vero metro formale di questa "appassiona!!
te storia di suoni".
Il concerto si apre con un lieve passaggiO dei con­
trabbassi in "ppp" con sordina (227). Il totale croma­
tico è subito esaurito
secondo successioni intervalli
che che rimandano a Schonberg; la ritmica,
qui
almen~
è di immediata acquisizione, e il clima complessivo
a~
sume i toni di un'inquieta attesa: la tensione è massi
ma, in questo principio, sottolineata anche dal colore
timbrico insolito. Ad essa, i laceranti contrasti dina
micidelle seguenti miss. 4 ••• 11
comunicano un'ener ­
401
gia nervosa. Poi, l'intervento del primo timpano
"p ianissimo, al bordo", sotto i tremoli delle
in
viole
in "ppp" al ponticello, è come il vero "start" del con
certo,dopo le misure introduttive. Compariranno, gra ­
dualmente, tutti gli strumenti dell'orchestra, con al­
cuni stilemi ritmici e/o melodico-intervallari ricor ­
renti.
Tra questi, le elaborate poliritmie irregolari
di
terzine, quintine, sestine, settimine etc. - come
già
da mise 12 e segg., con un caratteristico e reiterato
schema di "crescenti ritmici"
che concludono,ognuno ,
su una o piO. misure in difficile contrappunto: miss.12
~15,
16-:11>20-21,22___.25, 26-..+32 ••. 37,
38~40-41.
-; alcune sequenze intervallari già esposte
dai
contrabbassi di miss. 1 ••• 4 - la successione sol-sib ­
Si~-dO~ -re di miss. 12 e 13 alle viole corrisponde, u
na seconda maggiore sotto, alle note 4 ••. 8; la parte
del clarinetto basso, a miss. 14 e 15, quella
delle
402 viole, a miss. 34 .•• 38,etc. possono ricondursi
faci1me~
te a11'interva11azione, se non anche alla ritmica,
del
passaggio iniziale dei contrabbassi .•• -; l'anticipazio­
ne sincopata del battere del
movimento, già spesso ri­
scontrata in Settimo concerto - miss. 22, 26, 27, 31,43,
46 ••.
- e il largo uso di effetti ritmici in contrat­
tempo; il disinvolto
matici ad altri
accostamento di procedimenti cro­
espressamente diatonici, fino a11'enun
ciazione testuale, più oltre ripresa, della scala
debu~
siana per toni interi - vedi, in queste prime misure,la
settimina dei contrabbassi, a mise 25 -; l'insistenza
sull'intervallo di
seco~maggiore
e sul relativo rivo1
to - da notare, fra l'altro, i passaggi paralleli
miss.
di
38 (archi), 46 e 47 (ottoni), 53 e 54 (xi1omarim
ba) -; le terze armoniche affidate soprattutto agli ar­
chi, ma sovrapposte in modo tale da produrre autentici
"c1usters" - come a miss. 20 ••• ,22 ••• ,
31~
•• -; e inol­
tre "glissandi", suoni in armonici o al pontice110, tre
403 moli, frullati •••
Il livello tensivo è dato dalle situazioni che sca­
turiscono dalla diversa combinazione di questi elemen­
ti e, in più, da una timbrica che trasco1ora senza po­
sa e dai chiaroscuri della dinamica. Fino a mise 32,
prevalgono aggregati
timbr~co-armonici
di non
grande
spessore, comunicando un senso di neoc1assica asciut ­
tezza che, in questo caso, significa una specie di ten­
sione interrogativa. Una prima "risposta Il l'abbiamo nei
verticali addensati ritmici di miss. 33 e seguenti,
d~
ve, benchè con dinamica "pp - ppp", si ha la compren ,­
senza di flauti, clarinetti, viole, ce11i, bassi
e,po~
anche di ottavino e timpani, impegnati in una densa co
ste11azione contrappuntistica.
Questa, dopo una relativa sostai a miss. 42 ••• 50,ri
prende animatamente e con varia continuità da mise 51,
facendo protagonisti, volta a volta, gli' archi (miss.
51 e 52), i fiati + xilofono e xi10marimba (miss. 53 ••
404
58), gli archi + timpani e, poi, + xilomarimba e trom­
ra~
be (miss. 59 •.• 79), le quattro trombe sole, presto
giunte dai quattro corni + archi e dai legni + trombo­
ni (miss. 80 .•• 87), nuovamente gli archi + timpani,con
le triadi eccedenti di flauti e clarinetti stravinskia
Po~
namente giustapposte. Distensione a miss. 95 •.• 99.
i guizzi delle biscrome ai legni di miss.
chi~
100.~.103
ri
l'interesse, giocando sui soliti intervalli
proposti dai contrabbassi in apertura del concerto, u­
n'autentica esposizione del materiale intervallico, la
cui funzione è simile a quella delle prime misure del­
l'tlAllegro spiritoso" di Récréation concertante.
tensione cede sui più ampi valori delle misure 104
La
e
105.
Ritmi più mossi e di complessa irregolarità
miss. 106 •.• 108
alle
ricaricano la tensione e preludono ai
divertimenti intervallari che, uniti a una "summa" più
ideale che matematico-strutturale
d~gli
elementi
di
405 prima, caratterizzano tutta l'ultima parte di questo mo
vimento, concentrandosi su frammenti di scala cromatica
e sull'intervallo di seconda maggiore. "Ho scelto
di
proposito un intervallo molto pericoloso, - afferma Pe­
trassi (228) -
e questo proprio per stanchezza dello
uso della seconda minore e dei suoi derivati: nona mino
re, settima maggiore e cosl via, e quindi ho preso
la
seconda maggiore che è pericolosissima perchè un segui­
to di seconde maggiori porta alla scala esatonale. D'al
tra parte, manipolando aggregati di seconde maggiori
c'è sl la scala esatonale, ma poi c'è anche il
totale
cromatico, poichè unendo le due scale esatonali si
ha
il totale cromatico, e qui nella partitura dell'Ottavo
concerto queste aggregazioni dei due aspetti delle sca­
le esatonali danno appunto molto spesso il totale croma
tico".
Cosl, i contrabbassi divisi a due, a miss. 110 e 111,
procedono per settime minori parallele, e ciascuna par­
406
te traccia una scala esatonale completa. Ancora diato­
nismi dei contrabbassi, a miss. 111 e 112, mentre
la
misura seguente propone,per smaccato contrato,un fram­
mento di sette note di scala cromaticai Cromatismi an­
che ai tromboni primo e secondo di mis. 120
(questa
volta di dodici note, enunciando, cioè, una scala cro­
matica completa) e alla terza tromba di mis. 123.
subito dopo, diatonismi alle viole
~
viole
----.,;).~
~
E,
violoncelli - .
violoncelli, in reciproca
imitazione
(miss. 124 •• 127). Insistiti movimenti di seconde
mag­
giori parallele ai violini primi di miss. 143 ••• 146.Li
bera successione di diatonismi e di cromatismo al pri­
mo oboe e al controfagotto di mis. 145. Varie combina­
zioni "armoniche" in cui prevale l' i·ncontro di seconda
maggiore (o settima minore o nona maggiore), fra le miss•. 145
••• 151 •••• Fino alle scale tonali e :pentatonali (mentre quelle
esatonali sono qui
assent~),
alle triadi e alle
quarte
parallele di miss. 172 ••• 178, logico e conseguente "H6
hepunkt" - se così. possiamo ancora esprimerci - di tan
407
to uso di un intervallo storicamente datato, ricordi e
suggestioni di una civiltà musicale viva e operante in
Petrassi, citata per scrupolo di onestà.
Da questo punto culminante, il movimento si spegne
man mano. (Da notare ancora le seconde maggiori paral­
lele di miss. 184 .•• 189 - dove,a miss. 186 e 187,
dispetto della grafia voluta
re violino primo
ii
a
dall'autore, bisogna uni
violino quarto e viole terza e quar
ta, violino secondo a violino terzo e viola terza etc.
-; i passaggi diatonici agli archi di miss. 191 ••• 193;
le commistioni cromatico-diatoniche delle semicrome di
miss. 196 e 197, 199 ••• 202 che richiamano al passaggio
iniziale dei contrabbassi; le triadi dei tre fagotti;
le settime parallele dei violini primi; le seconde te­
nute e sovrapposte di. tromboni e viole e i "clusters
11
dei violoncelli e dei contrabbassi a mise 202 •.• ). Con
le note lunghe in IIppp" di fiati e archi, da mise
in poi, soprastanti ai rulli dei timpani e alla
204
gran
408
cassa, la tensione si scompone del tutto, fino
allo
"zero assoluto" delle ultime due misure, dove la
fa­
scia sonora precedente (davvero qui si potrebbe parla­
re di "trattamento materìco" dell'orchestra) si esauri
sce, come per fisica inerzia, nel vuoto espressivo del
la pausa.
I due movimenti successivi proseguono consequenzia!
mente
sulla base delle premesse del primo. Il secondo,
la cui funzione nel contesto generale del lavoro non è
molto dissimile da quella del classico Adagio centrale,
gioca ancora sull'intervallo di seconda maggiore e sui
frammenti intervallici della frase iniziale dei
con­
trabbassi. Di essa, in particolare, vengono riproposti
atteggiamenti immediatamente riferibili, come il breve
passo delle biscrome dei contrabbassi, a miss. 5 e
6,
o le terzine dei violoncelli, a miss. 22 e 23, o l'ep!
sodio degli archi in "pianissimo, senza cresc.",
a
miss. 91 ••• 94, o quelli a miss. 98 ••• , 106 ••• Insisten
409
za, ancora, sulle scale diatoniche e libera ripresa dei
giochi timbrici dei fiati di miss. 100 ••• 104 del primo
movimento (cfr. miss. 75 ••• 79), passaggi di seconde
e
settime parallele (citiamo, fra tutti, i casi macrosco
pici di miss. 56 ••• 60, 80 e, soprattutto, 96 e segg.).
L'analisi della tensione è meno complessa che
nel
primo movimento, in quanto il brano sembra ruotare at­
torno alla "distensione" prodotta dalla cadenza
di
miss. 61 ••• 64, affidata principalmente alla xilomarim­
ba (ricordiamo che è la seconda volta che Petrassi de­
dica a questo strumento un episodio protagonisticoi la
prima era nella terza invenzione di Settimo concerto) •
Dal principio del movimento a questo punto, si accumu­
la uno stato di progressive tensioni, che si diradano
(rapidamente: solo con gli interventi scalari dei vio­
lini primi in trillo "ppp",a miss. 54-55 e seguenti, e
con gli scatti improvvisi dei celli e dei bassi,
a
miss. 56 ••• 60~ quindi, la xilomarimba, sulle note tenu
410
te degli archi (luogo comune di Petrassi dal Concerto
per flauto in poi), si profonde in una bri.llante cade,!!
za "adagio, con rubato", che scarica in un compiaciuto
acrobatismo le. tensioni di prima. L'aspetto edonistico
e decorativo di, questa cadenza, per altro breve,
mina il clima delle misure successive, in cui
dete~
prevale
il raggruppamento dell'orchestra in categorie strumen­
tali che si rispondono o si contrappuntano reciproca ­
mente. Magica la conclusione, da mis. 110 a 125,
sfuma il movimento con l'utilizzo dei fiati in
'che
soffi
d'aria senza suono, quasi uno stanco ansimare che muo­
re nella quli:.è.t:è del "ppp" finale, mentre i timpani
rull~
no con sordi glissandi e gli archi punteggiano con mor
bide scalette.
Il terzo movimento è il più "neoclassico". Il con ­
certo, infatti, guadagna man mano in lucidità e chia ­
rezzai se il primo movimento è la stesura completa
e
di non facile decodificazione del materiale impiegato­
411
materiale poliedrico, i cui rimandi culturali
sono
spesso di una sottigliezza tale, da potersi cogliere
solo per via intuitiva -, il secondo si svolge attra ­
verso una "tensionalità" più lineare, vorrei dire meno
congestionata, dove l'espressione è meno problematica,
meno "costruita" o "voluta"; il terzo movimento, infi­
ne, stempera il tutto in un organismo di cartesiano ri
gore, in cui i diversi elementi strutturali e l'artico
lazione complessiva dimostrano una consapevolezza supe
riore, che è, innanzittutto, consapevolezza di un
me­
stiere secondo noi più disinvolto e meno tormentato,r!
spetto ai due movimenti precedenti.
, ;1
Questo "neoclassico" rigore emerge 1) dalla"micro ­
struttura", 2) dalla "macrostruttura". Molti elementi
microstrutturali riportano, infatti, ad atteggiamenti
francamente accademici: l'esordio dei violini e
delle
viole, a miss. 1 e 2, che per la loro incisività ricor
dano la testa di un soggetto di fuga poi liberamente
412
ripreso lungo il corso del movimento (miss. 10,25, 83,
130 etc.)
i
la generale struttura ritmica, che, in con­
fronto ai due movimenti di prima e
soprattutto.
a
quello iniziale, denota una essenzialità e quasi
una
rudezza di contorni che sembra riesumare i modi
di
(Primo) Concerto e dei lavori giovanili; la scontata i
mitatività di alcuni passi, come agli ottoni di miss.
47 ..• 52 o ai legni di miss. 95 .•• 100; la scoperta ins!
stenza, che qui può ricondursi agevolmente a Debussy
(a differenza, forse, dei due movimenti
le scale
~nali,
precedent~,sul
come nel passaggio degli ottoni cui
si è ora accennato (che si serve unicamente di
scale
esatonali) o nei parallelismi di seconde maggiori agli
archi di miss. 75 .•• 78 e, più avanti, a miss. 84 e 85,
86, 88,
95~
•• 99, 101 e 102, 122, 144, 157 (clarinetti),
1 58 e 159, 1 66 etc.
La "macrostruttura Il, d' al tra canto, può essere defini
ta da rapporti di tensione altrettanto chiari. CosI, è
413
evidente l'omogeneità delle misure 1 ••• 22, sottolinea­
ta dal ricorrere di tre sole figure ritmiche - la semi
breve, la minima e la semiminima - e da un tarchiato
procedere in "fortissimo", con prevalenza di grandi i!!
tervalli
e dei timbri degli archi e dei legni.Una
sorta di coda o di logico corollario si possono consi­
derare le seguenti miss. 23 ••• 31, mentre a miss.
32
e 33 il discorso precipita in un ""pianissimo" improv­
viso, in cui sopravvivono il primo, il secondo e
il
terzo corno con un lungo enigmatico tricordo.
Le miss. 35 .•. 46 sono come il ponte
in crescendo
di tensione, che conduce a un nuovo qhiaro
episodio,i~
trodotto con un "fortissimo" del terzo trombo!1.e e pro­
seguito dagli altri tromboni e dalle trombe in imita ­
zione canonica. A mis. 53, poi, compare una ritmica piU
mossa e cangiante, con i timbri indissolubilmente asso
ciati, fino a mis. 73, dello xilofono, della xilomarim
ba e delle percussioni, unica zona del concerto)insie­
414 me a quella conclusiva di miss. 202 ..• 225,in cuilepeE,
cussioni assumono un ruolo primario. Contrastante,
a
mise 75, l'ingresso delle seconde parallele degli ar ­
chi con
fraseggio
'.
. legato.
'
A mis. 89, nuova stasi depressiva e graduale trans!
zione - con impiego, fra l'altro, di triadi armoniche
politona'lmente sovrapposte nelle parti di oboi, fagotti e trombe - alle imitazioni scorrevoli dei legni (miss.
95 e segg.), che sfociano in un passo ipnotico
·:degli
archi in "piano, sottovoce, senza vibrare" (miss.
111
e segg.).
Le semicrome in "ppp" dei violoncelli con sordina e
il-Ia-basso tenuto del quarto trombone con sordina me~
tallica, a miss. 126 - 127, aprono una nuova prospetti
va di soluzioni concertanti, in cui vengono recuperati
frammenti intervallici del primo tempo e, con riferi
mento libero ma inequivocabile, l'''incipit'' del movi ­
mento (miss. 113 ••• ) i l'orchestra si' inspessisce nuova
415
mente in un vivace battibecco di sezioni strumentali,
secondo un criterio abbastanza schematico che vede al­
ternarsi rapidamente clarinetti, trombe, oboi, violini
e viole, fagotti, ottavino + clarinetto piccolo +
xil~
fono + xilomarimba e tamburo, tromboni e contrabbassi,
timpani, legni acuti, archi, legni acuti, trombe e cOE
no inglese (vedi le misure comprese fra 137 e 153). La
tensione è massima riel "fff, furioso" di miss. 154 ••••
159.
Poi, improvviso "pianissimo" fl:ei"clusters" ribattu­
ti degli archi, con i fluttuanti arpeggi (miss. 159
160) e le agili scalette diatoniche, (mis. 162) di
e
ott~
vino e flauti, mentre le trombe a quattro con sordina
disegnano un ampio "cantus firmus" - ampio grazie
al
fatto che gli esecutori, essendo appositamente in quat
tro ad eseguire la medesima parte, possono respirare a
turno, senza che per questo resti interrotto il suono­ I
che da mise 159 si estende a mise 168, declinando, in­
416 fine, alle miss. 169 ..• 171, con staccati per grado con
giunto, dove le quattro trombe sbocciano inaspettata ­
mente in una diaspora di strette polifonie per moto re!
to discendente. Crediamo sia il momento più suggestivo
di tutto il concerto. La parte delle trombe, soprattut
to, il cui interesse può a tutta prima sfuggire,
ci
sembra, anche presa in se stessa, un capolavoro di fi­
nezza e di essenzialità, quasi l'estremo lucido
±ra~
do delle fissità estatiche del "Lentissimo" di
Quarto
concerto.
-----1~---,
flr ·"'u,
I
417
Il "presto" che, da mise 173, porta a conclusione il
movimento (e il concerto) esordisce ancora una volta
per dialettico contrasto, rispetto all'atteggiamento
sta.tico precedente. Il vertice della tensione è raggiU!!.
alle miss. 202 ••• 207, quando i due timpani letteralmeg
te esplodono in una tempesta di suoni, la cui ritmica,
dominante riporta sorprendentemente al celeberrimo ini­
zio della Quinta sinfonia di Beethoven. La citazione ,
che per di più è utilizzata con insistenza da
queste
misure alla fine del concerto, è ovviamente intenziona
le e si giustifica con il particolare stato psicologi­
co in cui Petrassi scrisse il lavoro. " ••. c'era
que­
sto fondo che mi portava ••• a non voler accettare quel
verdetto che poteva essere e poteva non essere
(il
verdetto medico riguardante la precarietà della
sua
vista) , e la citazione di Beethoven mi è venuta
ché avevo adoperato un ritmo simile. Questo ritmo
ha portato al ritmo beethoveniano e l'ho citato,
per­
mi
l'ho
418
citato proprio per onestà. Poi il pezzo finisce con un
colpo molto violento e io dico cos'è quel colpo: è
un
si o un no, ossia una decisione assoluta" (229)
Se nel termine "avanguardia" è necessariamente
im­
plicito un significato polemico, il Petrassi di ottavo
concerto è l'''anti-avanguardia'' per eccellenza.
Chè
anzi egli non fu polemico nemmeno nel "problematico"
Settimo concerto, essendo il suo un cammino graduale e
senza clamori: "natura non facit saltus", Petrassi se,!!!
bra direi mentre, se di polemica si deve proprio
parl~
re, questa va piuttosto riferita, par,adossalmente,
ai
lavori giovanili degli anni '30, che rifiutavano deli­
beratamente la struttura formale e il "pathos" romant!,
ci
o certi strumenti come l'arpa e le percussioni.
Ora,il polemico e geograficamente circoscritto
"a­
vanguardismo" dei primi anni è stato, in fondo, perse­
guito da Petrassi con una logica del.tutto personale,
419 de.l­
che si è servita, volta a volta e parzialmente,
l'attualità del momento, senza conformismi di comodo o
temuti confronti, e lasciando soprattutto in disparte
ogni aperto polemismo e ogni amore forsennato.
Anche
il "salto" di Récréation concertante si è visto essere,
in realtà, il frutto di un'esigenza profondamente
int~
riore, collocandosi in una prospettiva di coerenti
e
progressive mutazioni (il termine "mutazione", si ri:­
corderà, è perfettamente petrassiano (cfr. cap. 2).
Guido Turchi, riferendosi agli otto Concerti,
sise~
ve di un parallelo che non sarà certo spiaciuto a .Pe­
trassi, parlando di "metamorfosi •••
che
potrebbero
trovare una qualche analogia, sia pure su più vasta sca
la, nel celebre albero dipinto da Mondrian in cinque o
sei versioni - dal disegno naturalistico al suo pro
gressivo dissolvimento quasi astratto in linee e
mac­
chie di colore - oppure nell'altrettanto celebre toro
di Picasso negli undici passaggi litografici che
ne
420
scompongono i tratti fino all'astrazione" (230). In o­
gni concerto di Petrassi, infatti, sono come potenziaI
mente contenuti i concerti futuri, mentre si rivela la
contemporanea presenza, ideale eia materiale, dei con­
certi precedenti. La cifra stilistica di Petrassi è con
tinuarnente mobile e inafferrabile, "eclettica", si do­
vrebbe definire con termine tecnico, presupponendo una
natura umana e artistica sempre in preda a un'inquieta
ricerca, non dimentica di quello che è stata e
presag~
si direbbe, di quello che diverrà.
Ottavo concerto riflette l'esperienza più
recente
di questa inquieta ricerca, la punta che ora affiora
dell'immane "iceberg", nitida e memore più che mai del
le esperienze passate. In esso, è convogliata la sof ­
ferta maturaziQne di almeno quarant'anni di lavoro. Se
si aggiunge l'intensa emotività. che lo sorregge dall'i
nizio alla fine, senza più insistere sulla problemati­
ca sperimentalità di Settimo concerto, è chiaro che il
421 lavoro appare informato a una prepotente forza interi2
re, in cui rivivono, meglio che in ogni altro concerto
di Petrassi, le indagini musicali precedenti, private
di qualunque sospetto di sperimentazione.
Questo
pu~
far sì che Petrassi sembri ritrattare
i
raggiungimenti, degli anni '60, quelli che lo avvicina
vano di più alle nuove avanguardie. Ma è un impressio­
ne errata. Petrassi, come sempre., ha proseguito con se­
rio impegno umano e artistico la propria ricerca crea­
tiva, e l'ha proseguita senza estremismi, tentando, in
vece, una panoramica composita del proprio operato
di
prima. Che questo coincida, o non coincida, con i pro­
grammi delle avanguardie dell'epoca non ha importanza;
resta, ed è evidente, una profonda informazione e lé'.ca­
pacità di trascegliere le possibilità a lui congenialL
Altro punto. La consapevole chiarezza e gli
mezzi tecnici con cui
ci~
stessi
avviene possono richiamare a
certi atteggiamenti "neoclassici", o· piuttosto "neoclas
r.
422
sicisti" (un critico berlinese ha addirittura definito
Ottavo concerto "esemplare lavoro neoclassicista"(231)).
Specie nell'ultimo tempo, in effetti, la sobria e
tenta spaziatura delle parti, la chiara
at­
articolazione
delle tensioni, la configurazione quasi accademica
di
molti disegni ritmico-intervallari e la "occietà"
di
alcuni passi imitativi sembrano darne conferma.
Ma,anzié::hè soffermarci sulla gratuità o meno
un'etichetta che non crediamo poi così riduttiva,
di
è,
invece un dato immediato l'equilibrata e quasi alchimi
stica fusione di elementi vari, appartenenti a una dia
temporalità tanto estesa."Non è vietato - sostiene Mas
simo Mila (232) - scorgere nei capolavori dell'ultimo
stile di Petrassi qualcosa come lo specchio delle real
tà del mondo e dell'uomo quali le indaga la scienza mo
derna: la cosmica danza delle particelle che costitui­
scono la materia e le oscure insondabili pulsioni del­
l'inconscio". Questa "cosmica danza di particelle"
è
segno di una forte capacità analitiça e, insieme, sin­
.
423
teticai ma l'analisi e la pintesi compiute alla lucedi
una intuizione personalmente sofferta, cui sono parte­
cipi in modo solo apparentemente inconscio le
esperie~
ze culturali e umane dell'autore nel tempo presente
e
in quello passato, sono attuali per ciò stesso e sfug­
gana insofferenti a qualunque costrizione di tipo avan
guardistico e non .
424 12. Osservazioni conclusive sugli otto Concerti
Può suscitare meraviglia, di primo acchito, che
uno
studio espressamente rivolto ai Concerti per orchestra
abbia preso le mosse dal fatto che Petrassi sia un au­
tore "espressivo", se non "autobiografico", il cui lin
guaggio è traduzione di una spiritualità interiore emo
tivamente sofferta. Infatti: 1) Petrassi non fu
certo
un epigono romantico, ed anzi si schierò fin dai primi
momenti con le posizioni antiromatiche
del
neoclassi~
cismo hindemithiano e stravinskiano, filtrato attraver
so la lezione
fredo Casella;
di
2)
"rappel a
l'ordre"
(223)
i Concerti per orchestra
si sono
notoriamente
accolti
cammino
verso l'astrattismo
termine, quale "astrattismo
di
Al­
di Petras
come il progressivo
- nel senso
lato
figurativo", ossia
del
lI
a­
strattismo del significante rispetto al significato",
425
"astrattismo dei (o dai) contenuti" etc. -, senza contare che, accanto ai lavori cameristici, è il settore
della produzione di Petrassi che meno sembra evocare e
lementi estranei al puro far musica o, addirittura,
a
una concezione della musica come artigianato ed esper­
to mestiere (cfr. cap. 3).
Si deve allora precisare che 1) per Petrassi la po­
lemica antiromantica non va al di là
dell'insofferen­
za per un decadente sentimentalismo, in cui si stabili
sca l'irrimediabile frattura tra mente e cuore, mentre
il credo nel valore espressivo, di linguaggio signifi­
cante e di comunicazione, della musica e, in genere,
dell'arte resta incrollabile. Di conseguenza, 2)
-non
crediamo si debba troppo accentuare la direzione verso
l'astrattismo comunemente attribuita agli otto Concer­
ti - e, forse, riferibile assai più verosimilmente al­
le composizioni da camera -, chè anzi proprio l'ultimo
di essi reca l'impronta di una dura esperienza, non so
426
lo artistica, ma umana.
Se è vero che "la musica deve parlare per se stes ­
sali (234), è anche vera che Petrassi si preoccupa
di
informarci dei contenuti perfettamente quotidiani
che
sono adombrati in quelle forme così nitidamente compo­
ste (stante, ovviamente, che "l'opera d'arte non è
un
mito, è qualche cosa che parte dal nostro spirito;
il
nostro spirito sì appartiene anche alla vita quotidia­
na, ma è qualcosa che è interiore a noi, non è esterna
mente a noi; il nostro spirito non ha niente a che ve­
dere con la lattina della coca-colali (235».
A noi sembra che due soli Concerti, il Primo e
il
Settimo - composti, non certo casualmente, proprio
in
corrispondenza a due eventi di vita molto importanti e
rasserena~{t
per Petrassi, la conclusione degli studi e
il matrimonio con la pittrice Rosetta Acerbi e la con­
seguente nascita della figlia Alessandra' -, manifesti­
no il puro e compiaciuto desiderio di far musica,
che
427
è, in fondo, espressione di gioia o, comunque, di irre
frenata vitalità.
Con il Secondo concerto, sebbene
forse
il più "ne.2,
classico" per molti aspetti (orchestrazione, macro
e
micro-struttura, ritmica, dinamica etc.), c'è la chia­
ra intenzione di alitare come un prepotente soffio
di
vita in strutture formali di per se stesse rigide
e
già un po' sclerotiche; la generale essenzialità di o­
gni elemento, primo fra tutti l'elemento timbrico,
e
le determinanti esperienze passate del "cr iticissimo"
Coro di morti, dei due balletti, della tragedia
Morte
dell'aria e, da ultimo, della cantata Noche oscura do­
vevano lasciare un segno, quasi intangibile ma presen­
te, nella leggiadra grazia di questo concerto.
Récréation concertante (Terzo concerto) è, invece,
l'improvvisa apertura verso nuovi orizzonti internazi2
nali, la sintesi di neoclassicismo e strutturalismo
(quest 'ultimo ancora in embrione), in. .funzi'one . di
un
428
linguagg~o
che esprime
un'ans~a
non solo tramite determinate
irrequieta di evasione,
acquisizion~
anche una colorita varietà di
stat~
tecniche, ma
d'animo
che anti­
cipa l'''avanguardismo'' degli anni '60.
Quarto,
Qu~nto
di analisi
tivi ed
e Sesto concerto non hanno bisogno
approfond~te
espress~vi.
per scoprirne i contenuti emo­
Il Quinto,
~n
particolare, propone
sintomaticamente citazioni autobiografiche, collocand2
si, secondo
no~,
al vertice della ricerca espressiva
strumentale di Petrassi; esso è come l'esito finale,
volto nei termini di una tragica ed esasperata espres­
sione, del "neofrescobaldismo" di (Primo) Concerto,del
"neoclassicismo" di Secondo concerto, dello "struttura
lismo intervallico" di Terzo concerto e del "bartoki ­
smo - espressionismo" del Quarto - semplici etichette,
d t accordo, ma che risporrlono a terminologie e a
schemi
di prammatica, normalmente significanti -. Dell'Ottavo
·concerto e dei suoi sotterranei riferimenti si è
già
429 detto.
Confermati dalle nostre analisi crediarro anche l'operosi
tà e la naturale propensione e apertura verso nuove istanze che ab­
biamo riferite a Petrassi nel
cap~tolo
iniziale. L'ope
rosità emerge dal fatto che non un solo anno della sua
vita, a partire almeno dal '26 in
dall'att~vità
po~,
non fu segnato
creativa. Per quel che riguarda i
certi per orchestra, si è visto-come essi
Con­
~accino
lo
intero arco produttivo; e, se intercorrono diciassette
anni fra i primi due, o sei fra il Sesto e il Settimo
e cinque fra il Settimo e l'Ottavo, questi furono occu
pati dal progredire di altri lavori di impegno, che ab
biamo preso in considerazione, anche se meno approfon­
ditamente, per cercare di comprendere il cammino
che
separa i lavori oggetto specifico della nostra analisi.
L'operosità è, comunque, evidente anche riferendosi ai
soli otto Concerti e alla continuità di intenti che ne
regola le progressive mutazioni.
430
L'apertura verso nuove istanze si impone, invece,ri
velando man mano l'incredibile "eclettismo" che presi!:,
de all'attività artistica., e non solo artistica
per
quel che sappiamo, di Petrassi. Il quale è davvero !/'un
"saccheggiatore", un saccheggiatore intelligente
che
rifiuta ogni forma di dogmatismo o di pedante morali ­
smo, e sa trascegliere lucidamente di fronte alle pos­
sibilità che gli si presentano e delle quali è instan­
cabile ricercatore. Ma è un saccheggiatore della civil
tà - occidentale soprattutto, che è quella che
sente
più vicina al proprio spirito, rifiutando egli
ogni
artefatta commistione -, mentre raccoglie e compone secondo le proprie personali esigenze (che rimangono, a­
deguate a se stesso, le esigenze di chi si serve
di
un linguaggio e crede in quel linguaggio, esigenze
cioè di comunicazione e di espressione) i diversi pez­
zi, o relitti, o cocci, di linguaggi preesistenti e at
tuali. Con "artistico capriccio", rifiutando i due
e­
431 stremi del ghiribizzo fine a se stesso e della costru­
zione
cervellot~ca.
C'è, al riguardo, una testimonianza esemplare
di
Bruno Maderna (236), che risale al lontano 1946 ed
è
riportata su un programma di sala del Festival di Musi
ca Contemporanea della Biennale di Venezia (quella
~
sa in cui è stato presentato,di recente, il Poema
per
archi e trombe), assolutamente sottoscrivibile da
Pe­
trassi:
Il • • •
oggi ognuno custodisce gelosamente
la
propria sensibilità coccolata al riparo degli influssi.
Non si sa più amare profondamente l'opera d'arte com ­
piuta, non si è più capaci di vedere,dietro di
essa
l'uomo che l'ha creata e da lui imparare ••• Il
saggio
Montaigne, invece, confessava di sentirsi
II
s imile alle
api che pur saccheggiando i fiori qua e là, danno
poi
un miele che appartiene soltanto a loroll. Certo
non
si puO parlare di un ritorno "ab imis"come di un
ri­
medio all'eccessivo particolarismo della posizione in­
432 dividua1ista di moda tra la maggior parte di musicisti
e musicologi contemporanei, ma non v'è dubbio che
un
ben grave ostacolo sarà rimosso quando ci porremo
di
fronte
10
alla musica con la stessa modestia e con
stesso desiderio di essere semplici, comuni, possibil­
mente anonimi che faceva nascere "tropi" e "antifone"
proprio da quei monaci che tenevano in assoluto
dispr~
gio la fama e che quella musica scrivevano ad esclusi­
va e maggior gloria di Dio".
In questa ottica, è da intendersi qualunque rappor­
to di 'Petrassi con la "mutazione"
dentemente ine1iminabi1e, data la
(cfr. cap. 2), evi ­
~ua
continua e aggio!:.
nata informazione verso i fatti d'arte. Sicchè l'anali
si di ciascun concerto ha determinato implicitamente
l'analisi dei reciproci fattori di scambio.
(Primo) Concerto, debitamente iscritto nella produ­
zione petrassiana degli anni '30, riflette
la conge ­
rie spirituale dell'Italia interbel1ica (dominata
da­
433
gli arcaici recuperi nazionalisti della "generazione
dell'Ottanta" e scarsamente aperta alle istanze d'ol ­
tralpe), accennando,
per~,
all'alternativa di
accogli~
re con buona disposizione il colto cosmopolitismo
di
Casella; Secondo concerto denota un'informazione
più
ampia e serena, oltre che una ormai matura e controlla
ta capacità espressiva, manifestando gli estremi
ri­
svolti di un neoclassicismo di. tipo hindemithiano, già
in parte presente in (Primo) Concerto, ma qui sgravato
delle più vistose ascendenze italiane e, soprattutto,
dalla sanguigna esultanza degli anni giovanili;
Terzo
e Quarto concerto affrontano di petto le problematiche
sollevate dalla Scuola di Vienna, proponendo, il primo,
la simbiosi con il neoclassicismo hindemithiano
lavori precedenti e, il secondo, con il bartokismo
dei
in
voga nell'Italia di allora; Quinto concerto traduce in
termini tragicamente espressivi e autobiografici
le
conquiste tecniche di prima, facendo capo a un'indivi­
434 dualit~
umana
e artistica molto pronunciata, che tende
a liquidare gli influssi esterni più evidenti; da
s~o:~Ottavo
Se­
concerto, invece, si nota una varia inci­
denza dei rivoluzionari proclami di Darmstadt e
del
"dopo-Darmastadt" nella valorizzazione dei singoli quat
tra parametri sonori, e, in particolare, di quelli tim
brico e dinamico, fino alla completa neutralizzazione
dei tradizionali c.oncetti di "formali e di "nesso tema­
tico".
Ciò significa, negli ultimi tre Concerti,
tazione
l'acce~­
del "trattamento materico" dell'Qrchestra, del
timbro quale principale veicolo dell'analisi tensiva ,
della matrice dodecafonica liberamente estesa a tutti
i parametri, di una aleatorietà, o
"pseudo-aleatorietà'~
"in nuce", dei nuovi effetti strumentali, come i soffi
d'aria senza suono o le statiche fasce sonore degli
aE
chi in armonici, dell'uso intensivo delle percussioni
e di una ritmica sempre più elaborata, di difficile de
codificazione, dell'acrobatico virtuosismo strumentale
e dell'''arabesco emancipato" (237) .•••••
I
435
Significa, inoltre, il
rifiuto
del mezzo elettro
nico e di una concezione scientifico-tecnologica della
arte, della subordinazione del compositore all'inter ­
prete, della casualità intesa come il principio
gener~
tore di una composizione, del "pastiche" che rievoca e
collega tra loro citazioni letterali di autori classi­
ci, magari sovrapposte (cer.to, comunque, mescolate) ad
atteggiamenti solo e tipicamente avanguardistici - ca­
so interessantissimo, e definito dall'autore stesso co
me "la musica forse più sperimentale che (egli) abbia
mai scritto" (238), la
Sin~onia
per otto voci e orche­
stra del '68 di Luciano Berio -, rifiuto di una vocali
tà che stravolge l'uso tradizionale della voce, rifiu­
to di effetti strumentali come i suoni multipli,
o
"suoni sporchi" (239), e i suoni oltre il ponticello,
di una musica statica e visionaria, dell'assimilazione
dell'arte con la speculazione metafisica (cfr. Aldo
Clementi), dell'impegno politico-partitico in arte,
a
436 favore, invece,di un più completo e onnicomprensivo im
pegno morale e umano •••
E, infine, signif ica il contributo
per
personale.
una concezione della musica instancabilmente dinamica
e stimolatrice di un vivo interesse emotivo e intellet
tuale, per un "ecl.ettismo" che non conosce traguardi e
presuppone un'estesa informazione culturale e
musical~
per la compresenza organica dei più svariati elementi
della civiltà musicale occidentale, attraverso una 10­
ro assimilazione più ampia possibile, riversata
poi.
nella pagina musicale secondo un nuovo esito espressi­
vo, per una rivalutazione critica della "tradizicme at­
tiva" (249), contro ogni forma di dogmatismo rivoluzi2
nario, per una vitale volontà di rinnoVamento.,
senza
soste o pigre sclerosi, per una perfetta conoscenza de!
le possibilità di tutti i mezzi tecnici di cui ha
to e può servirsi fino ad oggi il compositore e,
pot~
in
particolare, dei mezzi strumentali e delle diverse so­
437
luzioni linguistiche, per una concezione, infine, umil
mente artigianale del far musica ••.
Ma sarebbe riduttivo parlare soltanto di
reciproci
scambi con la "mutazione", per cogliere alla radice il
messaggio di Petrassi,
poic~
i suoi oltre cinquant'an
ni di attività compositiva rappresentano un diagramma
di sviluppi personali, che non sempre e in tutto
sono
raffrontabili con i paralleli sviluppi delle avanguar­
..
die. Egli - scriveva nel '63 Mario Bortolotto (241)
(ormai possiamo preveder lo) non accetterà mai di
mar­
tellare le superstiti metope, per farne terriccio, peE
ché tutto sparisca. In fondo, egli è partito da
una
civiltà che poteva, nonostante tutto, definirsi ancora
umanistica". E questa civiltà umanistica Petrassi
non
l'ha mai rinnegata, come non ha mai rinnegato l'ottimi
smo nei confronti di un cammino artistico che tiene in
grande considerazione le esperienze passate e,
anzi,
è su di esse indissolubilmente fondato. La riprova sta
438 nell'ultimo degli otto Concerti, una "summa" ponderosa
e complessamente articolata di tutta la civiltà di cui
è tributore e, in parte, anche fautore Petrassi.
Ci sono due etichette di tipo ideale-categoriale che
possono chiarire questo generale atteggiamento: "baroE,
chismo" e "neoclassicismo". Entrambe sono confermate
dalla testimonianza di Petrassi. Il quale diceva (242),
nel '68, che "si, è vero, mi sto allontanando da
quel
I
"barocco" primitivo
(Cioè quello dei primi lavori) .••
Ma il "barocco" in cui credo - quello che ho chiamato
una categoria dello spirito, e che è un termine
del
tutto inedito, mi sembra - è un'ansia di sempre
nuove
esperienze. In
ques~o
senso posso accettarlo anche per
le mie composizioni più recenti. Del resto ...
rà
si
sa­
notato come io, generalmente, non ripeto cose
già
fatte, e specialmente quelle che sono riuscite; perché
il "possedere" una cosa mi spinge subito al desiderio
di provare l'esperienza di nuove cose". E cosi, come
439
abbiamo g;ià riportato (243), "la mia filiazione neoclas
sica ha lasciato tracce, non nella frigidità nè
tanto
meno nei "ritorni", ma nella purezza sonora".
Difficilmente si sentirà altro compositore
vicino
alle attuali correnti dell'avanguardia impiegare i due
termini di "barocchismo" e di "neoclassicismo" che se, ancora adesso, una certa
~ia
an­
di etichettare
secondo terminologie che fino a qualche tempo fa erano
cadute nel più
~ssoluto
e polemico disuso, come quella
di "neoromanticismo", sembra incontrare il favore
di
alcuni musicisti e musicologi -. Questo vuoI dire,
a
nostro avviso, che il Petrassi di oggi è il Petrassi
di sempre, con qualche anno e qualche esperienza
piÙi
in
che, cioè, non si danno altri punti di partenza,
nella sua produzione, che quelli corrispondenti
al
"barocco romano, cattolico e controriformistà" e
al
neoclassicismo hindemithiano e stravinskiano, mediato
da Casella, dei lavori degli anni '30. Da essi e
da
440
queste
pos~zion~
ideali-estetiche
deriva tutta la pro
duzione seguente di Petrassi, senza che i diversi
mut~
menti ne annullino i valori di base.
Petrassi crede tuttora nell'inquieta ricerca
dei
primi anni, in quel "barocchismo·· il cui senso, libera
to da ogni contingenza, permane immutato come un'esi ­
genza irrinunciabile dell'animo umano. Allo stesso mo­
do, la tendenza neoclassica ha agito su di lui come il
tramite per cui anche le emozioni più violente si tra­
ducono in forme musicali responsabilmente ordinate,
ducate", civili. Il mestiere e l'eleganza con cui
"~
Pe­
trassi esprime i propri sentimenti -,sconforto, rabbia,
gioia ed esultanza, tragici presentimenti .•• - "non sa
ranno mai lodati a sufficienza" (244).
Il "filo" degli otto Concerti puO, in conclusione,
essere stabilito non solo dalla loro obiettiva colloca
zione cronologica, ma da alcune significative costanti,
cioè dai seguenti schemi di lettura:' espressività
e
441 autobiografismo, "barocchismo
Il
categoriale (cuI tura sE!!!
pre viva e attenta ai valori della civiltà, soprattut­
to quella occidentale), "neoclassicismo" categorialeie
- per l'aspetto più propriamente tecnico - concezione
essenzialmente artigianale della musica (sicura cono ­
scenza e pratica dei diversi artifici del mestiere,dei
singoli strumenti e della loro concertazione, dei vari
stilemi compositivi, delle. possibili soluzioni esteti­
che), progressiva equiparazione dei quattro parametri
del suono, parallela personalizzazione "eclettica" del
la cifra linguistica in genere. Attraverso questi sch~
mi, è possibile seguire, passo a passo, le mutazioni
avvenute lungo sessant'anni e più di attività creativa
e spiegare l'intramontabile presenza e giovanilità
di
un autore che appartiene davvero al suo tempo- o
ai
suoi tempi -, essendo additato a maestro da ormai
tre
generazioni.
Ritorna la distinzione tra "moda'" e "attualità" (cfr.
442 cap. 2): Petrassi ha saputo adeguarsi ai tempi,
senza
mai lasciarsene irretire rinnegando se stesso; al con­
trario, è rimasto vivo e vitale, sempre pronto a mette
re in discussione il già discusso, risoluto a non
in­
vecchiare. Ancora oggi, nell'ottantesimo dalla nascita,
egli si dimostra un vivace e lucido conversatore, per­
fettamente informato di quanto lo circonda, proteso
a
un inarrestabile rinnovamento, sereno nella responsab!
lità delle proprie scelte. "Il giusto agire si
rivela
specialmente da ciò, che anche il passato in esso
si
completa armoniosamente": alla citazione di Ernst JUn­
ger Petrassi mi sorride ••. ,forse perchè corrisponde e­
sattamente al modo
in cui egli pensa e agisce.
443 I
NOTE
!
(l) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore.
(2) Luca Lombardi, Conversazioni con Petrassi, Suvini Zer­
boni, Milano,1980,. pago 139.
(3) Idem, pago 115.
(4) Idem, pago 135.
(5) Fatti principali della vita di Goffredo Petrassi, in
"Qu~
derni della Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 145.
(6) Goffredo Petrassi, Lettera a Guido M. Gatti, in "Quade.E.
ni della Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 7.
(7) Idem.
(8) Lele D'Amico, G.P., Documento, Roma, 1942, pago 53.
(9)
Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore.
(IO)
G. P., Taccuino di musica, Urbinati, Roma, 1944, pag.10.
(11) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G. P., in "Nuova Rivi
sta Musicale Italiana", II (1968) , n. 3, pago 486.
(12) Vedi (6).
(13) Luigi Ronga, L'esperienza storica' della musica, Laterza,
Bari, 1960, pago 11.
(14) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pagg. 6-7.
(15) Domenico Guaccero, P.: l'empirismo illuminato nella di­
dattica contemporanea, in "Quaderni della Rassegna mu­
sicale", 1964, n. 1, pago 86.
(6) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pagg. 8-9-13.
444
(17)
Idem, pago 9. (18)
Idem, pago 86. (19)
Idem, pago 84. (20)
Cesare Vivaldi, P. e le arti figurative, in "Quaderni della Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 95. (21)
Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni, Milano, 1980, pago 90. 11
ì
,
(22)
Leonardo Pinzauti, A colloquio con G. P., in "Nuova Rivi sta Musicale Italiana", Il (968), n. 3, pago 484. (23)
Idem. (24)
Idem. (25)
Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore. (26)
Idem. (27)
Cfr. Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerbo ;
1
ì
l
i
I
ni, Milano, 1980, pago 3. (28)
Claudio Annibaldi, Alfredo Casella a G. P. Ventitrè let­
tere inedite, in "Nuova Rivista Musicale Italiana", VI 1
(1972), n. 4, pagg. 553 ... 571. (29)
Cfr. Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerbo ni, Milano, 1980, pago 2. (30)
Massimo Mila, Breve storia della musica, Einaudi, Tori no, 1963, pago 419. (31)
Gianandrea Gavazzeni, La musica e il teatro, Nistri­ Lischi, Pisa, 1954, pago 242. (32)
Guido Pannain, 11 Concerto inaugurale"
in "La Stampa", Torino, 3 aprile 1933. (33)
Luigi Rognoni, P. Concerto - Partitura, in "Musica d'oa gi", Milano, agosto 1936. 445
(34) G.C.P., 11 primo concerto sinfonico, in "L'Ambrosiano",
Milano, 3 maggio 1939.
(35) G.S., l concerti sinfonici al Conservatorio, in "11 Popo­
lo d'Italia", Milano, 14 dicembre 1935.
(36) Bruno Barilli, 11 primo concerto alla Mostra musicale al­
l'Augusteo, in "11 Tevere", Roma, 3 aprile 1933.
(37) Massimo Mila, Ultime tendenze della musica italiana. Un
giovane: G. P., in "Domus", febbraio 1934.
(38) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 99.
(39) Idem.
(40) Idem.
(41) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 97.
(42) Pierre Boulez, Note di apprendistato, Einaudi, Torino,
1968, pago 197.
(43) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 16.
(44) Gianandrea Gavazzeni, Un I amicizia di trent' anni, in
"Quaderni della Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago
105.
(45) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore.
(46) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 140.
(47) Marvin Allen Wolfthal, Elliot Carter (le opere dal 1946
al 1971), in "Musica/Realtà", IV (1983), n. 11, pago
108.
446 ~
j
(48)
l
Leonardo Pinzauti, A colloquio con G. P., in "Nuova
Ra~
segna Musicale Italiana", 11 (968), n. 3, pago 491.
l
\
(49) Elliott Carter, The New Ancients and the Old Moderns,
conferenza alla Biennale di Venezia, 8 ottobre 1981.
(50) Pierre Boulez, Note di apprendistato, Einaudi, Torino,
1968, pago 198.
(50 Massimo Mila, Ultime tendenze della musica italiana. Un
giovane: G. P., in "Domus", febbraio 1934.
(52) Mario Bortolotto, Intervista con G. P., in "Lo spettatore
musicale", Bologna, febbraio 1966, pago 8.
(53) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 23.
(54) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G.P., in "Nuova
Ra~
segna Musicale Italiana", 11 (968), n. 3, pago 487.
(55) Intervista del 24 settembre
'83 a cura dell' autore.
(56) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G.P., in "Nuova Ri­
vista Musicale Italiana", II (1968), n. 3, pago 483.
(57) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n., l.
(58) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G. P., in "Nuova Ri­
vista Musicale Italiana", 11 (968), n. 3, pago 486.
(59) Massimo Mila, Il difficile capolavoro di P., in "La
Stampa", Torino, 24 ottobre 1982.
(60) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica
come linguaggio, in "Nuova Rivista Musicale Italiana",
I (967), n. l, pago 10lo
(61) Idem, pago 102.
l
)
447
i
(62) Lorenzo Maggini, G.P. da "Estri" a "Ottavo concerto",
in "Nuova Rassegna Musicale Italiana", IX (975), n. 1,
pago 64.
(63) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pagg. 135-136.
(64) Idem, pagg. 136-140-141.
(65) Idem, pagg. 93-103.
(66) Henry Prunières, Le XIe Festival de la Société Interna­
tionale de Musique Contemporaine à Amsterdam, in "La
Revue Musicale", Paris, luglio-agosto 1933.
(67) Lele D'Amico, La Mostra del Sindacato Musicisti a Roma,
in "L'Italia Letteraria", 16 aprile 1933.
(68) Alfredo Casella, Al Festival di Amsterdam, in "L Italia
I
Letteraria", 2 luglio 1933.
(69) Vedi (SU.
(70) Vedi (33).
(71) Vedi (68).
(72) Analisi condotta sulla partitura edita da Ricordi, Mila­
no, P.R. 613.
(73) Alberto Basso, L'età di Bach e di Haendel, in "Storia
della musica", E.D.T., Torino, 1976, voI. V, pago 33.
(74) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica
come linguaggio, in "Nuova Rivista Musicale Italiana",
1.
0967} , n. 1, pago 103.
(75) Leonardo Pinzauti, A colloquio con G. P. , Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 98.
(77) Guido Turchi, note di copertina al disco Italia 70009.
448
(78) L. C., I primi concerti a Roma della Rassegna Nazionale
Sindacale, in "Il Resto del Carlino", Bologna, 2 aprile
1935.
(79) Vedi (50.
(80) Gianandrea Gavazzeni, Cronache Musicali, in "Letteratu­
ra", Firenze, ottobre 1937, pago 179.
(81) Lele D'Amico, G.P., Documento, Roma, 1942, pago 29.
(82) Vedi (31).
(83) Cfr. Lele D'Amico, G.P., Documento, Roma, 1942, pagg.
73 ••• 78.
(84) Vedi (51).
(85) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n. l, pago 33.
(86) Massimo Mila, in "L'Unità", 26 settembre 1951.
(87) John C.G. Waterhouse, P.G., in "New Grove's Dictionary
of Music and Musicians", Lond,on.
(88) Cfr. Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerbo
ni, Milano, 1980, pago 86.
(89) Idem, pago 98.
(90) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­
ni, Milano, S.5780 Z.
(91) Mario Bortolotto, Intervista a G. P., in "Lo Spettatore
musicale", febbraio 1966, pago 9.
(92) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore.
(93) B. B., in "Il Giornale d'Italia", 2 aprile 1935;
(94) Dino Villatico, note di copertina al disco Italia 70005.
(95) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 50.
449
(96) Vedi (52).
(97) Vedi (75),
(98) Roman Vlad, Strawinsky, Einaudi, Torino, 1973, pago
231.
(99) Mario Bortologgo, Il cammino di G.P., in "Quaderni de.!.
la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pagg. 43 ... 45.
(100) Guido Turchi, note di copertina al disco CBS 561371.
(101) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica
come linguaggio, in "Nuova Rivista Musicale Italiana",
I (196 7 ), n • 1 , P a g • 107.
(102) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 53.
(103) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 16.
(04) Vedi (101).
(105) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­
ni, Milano, S. 4964 Z.
(106) Vedi (87).
(107) Vedi (94).
(08) Vedi (100).
(109) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 140.
j
(110)
i
(111) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­
Vedi (100).
la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 45.
(112) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica
come linguaggio significante, in "Nuova Rivista Musica­
le Italiana", 10967>, n. 1, pago 106.
450
(113) Vedi (94).
(114) Vedi (87).
(115) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pagg. 141-142.
( 116) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 54.
(117) Vedi (87),
(118) Vedi (112).
(119) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano. 1980, pagg. 144-145.
(120) Vedi (100).
(121) Giovanni Carli Ballola. Beethoven, Accademia. Milano,
1977, pago 27l.
( 122) Massimo Mila, Breve storia della musica, Einaudi, Tori­
no, 1963. pago 407.
(123) Mario Bortolotto, Clementi, Aldo, in "Enciclopedia della
musica", Rizzoli-Ricordi, Milano.
(124) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell'autore.
(125) Boris Porena, I Concerti di Petrassi e la crisi della
musica come linguaggio significante, in "Nuova Rivista
Musicale Italiana", I (1967), n. 1, pago 110.
(126) Vedi (87).
(127) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­
ni, Milano, S. 5223 Z.
(128) Boris Porena. I Concerti di Petrassi eIa crisi della
musica come linguaggio significante, in "Nuova Rivista
Musicale Italiana". I (1967), n. -1, pago l1l.
(129) Roman Vlad, G.P.10rchesterkonzerte, in "Melos", XXVI
(1959), pago 175.
,
1
451
(130) Idem.
(131) Mario Bortolotto, 11 cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pagg. 55-56.
(132) Boris Porena, I Concerti di Petrassi e la crisi della
musica come linguaggio significante, in "Nuova Rivista
Musicale Italiana", I (1967), n. 1, pago 112.
(133) Harold Rogers, Salute to Rome' at Symphony, in "The
Christian Science Monitor", Boston, 3 dicembre 1955.
1i
(134) Cfr. Tucker Keiser, in "Boston Post", Boston, 3 dicem ­
bre 1955: Cyrus Durgin, in "Boston Daily Globe", Boston,
3 dicembre 1955; Harold C. Schonberg, in "New York
Times", New York, 11 dicembre 1955.
(135) Massimo Mila, Civiltà strumentale di P. , in "L' Espres ­
so", Roma, 17 febbraio 1957.
(136)
Massimo Mila, 11 linguaggio di P., in !IL 'E spresso", Ro­
ma, 9 ottobre 1960.
(137) Vedi (135).
(138) Mario Bortolotto, 11 cammino di G.P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n . .1, pago 29.
(139) Idem, pago 52.
(140) Vedi (2).
(141) Roman Vlad, G. P .s.Orchesterkonzerte, in "Melos", XXVI
(1959), pago 176.
(142) Vedi (5U.
(143) Vedi (136).
( 144) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica
come linguaggio significante, in. "Nuova Rivista Musica­
le Italiana", l (967), n. 1, pago 113.
4
"ì·.
!,
452
(145) Vedi (38).
(146) Elliott Carter, Music and the Time Screen. ristampato in
The Writings of Elliott Carter, Indiana Uni versity Press,
1977, pagg. 343 .•• 365.
(147) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 141.
(148) Idem.
(49) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­
ni, Milano, S. 5254 Z.
(150) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P. , in "Quaderni della
Rassegna musicale", 1964, n. l, pago 45.
(151) Boris Porena,
I Concerti diP. e la crisi della musica
come linguaggio significante, in "Nuova Rivista Musica­
le Italiana", I (967), n. l, pago 114.
(52) Dino Villatico, note di copertina al disco Italia 70076.
(53) Idem.
(54) Vedi (52).
(155) Mario Bortolotto, Il cammino di G.P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n. l, pago 58.
(56)
Idem, pag. 57.
057>
Vedi (52).
(158) Massimo Mila, Un gran violinista e un bel programma,
in "La Stampa", 15 aprile 1972.
(59) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 7.
(160) Cfr. Idem.
(161) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­
ni, Milano, S. 5402 Z.
453
(62) Vedi (46).
(163) Vedi (152).
(64) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell'autore.
(65) Vedi (52).
(66) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago Il.
(67) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pagg. 63-64.
(68) Idem, pago 60.
(169) Vedi (158) •
(170) Vedi (129).
(171 ) Vedi 031>.
(72) Vedi (67).
(73) Mario Bortolotto, Intervista a G.P., in "Lo Spettatore
mUsicale", febbraio 1966, pago lO.
(174) Vedi (87).
(175) Vedi (58).
(176) Vedi (60).
(177) Mario Bortolotto, I l commino di
G~
P. "
in "Quaderni del
la Rassegna musicale", 1964, n. 1, pago 69.
(178) Franco Donatoni, note di copertina al disco Italia
70027.
(179) Vedi (91).
(80) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 137.
(81) Franco Pulcini, note al programma di sala del concerto
svoltosi all' Auditorium di Torino; stagione concertistica
'79-'80, il 7 dicembre 1979.
,
r
,
454
(182) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 142.
(183) Idem, pago 139.
(184) Vedi (78).
(185) "Attualità" in opposizione a "moda", secondo la distin
zione che P. stesso fece nella intervista del 24 settem ­
bre '83, a cura dell' autore. Cfr. cap. 2.
(86) Vedi (91).
(87) G.P., Propos d'Alain per baritono e dodici esecutori,
Suvini Zerboni, Milano, S. 5791 Z., pago 6.
( 188) Marvin Allen Wolfthal, Elliott Carter (le opere dal 1946
al. 1971), in "Musica/Realtà", IV (1983), n. 11, pago
113.
(89) Vedi (146).
(190) Intervista del 21 febbraio '84, a cura dell'autore.
(191) Boris Porena, I Concerti di P. e la crisi della musica
come linguaggio significante, in "Nuova Rivista Musica­
le Italiana", I (967), n. 1, paga 117.
(192) Vedi (180).
(93) Vedi (94).
(194) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerbo ­
ni, Milano, S. 5938 Z.
(95) Vedi (180).
(196) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 136.
(97) Vedi (173).
(198) Mario Baroni, P. G., in "EnciclOpedia della Musica",
Rizzoli-Ricordi, Milano.
•
455 (199) Idem, come le seguenti citazioni.
(200) Vedi (146).
(201) Mario Messinis, Musica '83. Punto e contrappunti su
Varèse, opuscolo esplicativo del Festival omonimo, Roma,
20 settembre - 4 ottobre 1983, pago 13.
(202) 'Vedi (87),
(203) Lorenzo Maggini, G.P. da "Estri" a "Ottavo concerto",
in "Nuova Rassegna Musicale Italiana", IX (1975), n. 1,
pago 80.
(204) G.P., Beatitudines (Testimonianza per Martin Luther
King) per basso o baritono e cinque strumenti, Suvini
Zerboni, Milano, S. 6879 Z., pago 5.
(205) Vedi (17).
(206) Vedi (178).
(207) Cfr. Arnold Schonberg, Manuale di armonia, Il Saggiat.s:
re, Milano, 1980, pago 1.
(208) Cfr. Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerbo
ni, Milano, 1980, pago 14.
(209) Cfr. Leonardo Pinzauti, A colloquio con G.P., in "Nuova
Rivista Musicale Italiana", Il (1968), n. 3, pago 488.
(210) Vedi (88),
(211) Mario Bortolotto, Ottetto degli addii, in "Lo Spettatore
musicale", VI (1971), n. 2, pago 6.
(212) Vedi (4).
(213) Vedi (178).
(214) Vedi (4).
(215) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore.
(216) VÈ!di (52).
456 (217) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 39.
(218) Idem.
(219) Vedi (17).
(220) Vedi (77).
(221) Massimo Mila, Gioiello dell'orafo P. per un omaggio a
Strawinsky, in "La Stampa", Torino,27 agosto 1982.
(222) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 141.
(223) Vedi (59).
(224) Vedi (135).
(225) Lorenzo Maggini, G.P. da "Estri" a "Ottavo concerto",
in "Nuova Rivista Musicale Italiana", IX (1975), n. 1,
pagg. 84-85.
(226) Luca Lombardi, Conversazioni con P •• Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 170.
(227) Analisi condotta sulla partitura edita da Suvini Zerboni,
Milano, S. 7520 Z.
(228) Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980, pago 134.
(229) Vedi (3).
(230) Vedi (77).
(231) K. Geitel, in "Wie Welt", Berlino, 7 maggio 1973.
(232) Vedi (59).
(233) Vedi (38),
(234) Vedi (1%).
(235) Intervista del 24 settembre '83, a cura dell' autore.
457 (236) Cfr. Enzo Restagno, l classici di .... , opuscolo esplic~
tivo dei concerti di musica contemporanea per la
sta­
gione '83-'84 dell' Unione Musicale di Torino.
(237) Vedi
(11~).
(238) Luciano Berio, note al programma di sala del concerto
svoltosi all' Auditorium di Torino, stagione concertistica
'83-'84, il 30 marzo 1984.
(239) Vedi (7),
(240) Vedi (91).
(241) Mario Bortolotto, Il cammino di G. P., in "Quaderni del­
la Rassegna Musicale", 1964, n. 1, pago 78.
(242) Vedi (11).
(243) Vedi (52).
(244) Vedi (31).
(245) Cfr. Mario Bortolotto, Il cammino di G.P., in "Quaderni
della Rassegna musicale", 1964, n. 1, pagg. 78-79.
458
BIBLIOGRAFIA Segnaliamo alcuni degli scritti più importanti su Gof ­
fredo Petrassi, rimandando, per un elenco esauriente, al testo di Claudio Annibaldi e Marialisa Monna, Biblio­ grafia e catalogo delle opere di G.P., edito da Suvini Zerboni, Milano, 1980. Monografie - Lele D'amico, G.P., Documento, Roma, 1942. - John S. Weissmann, G.P., Suvini Zerboni, Milano 1957. - Giuliano Zosi, Ricerca e sintesi nell'opera di G.P., Storia e Letteratura, Roma, 1978.
Saggi
Gianandrea Gavazzeni, Due balletti di P., in "La musi
ca e il teatro", Nistri-Lischi, Pisa, 1954, pagg. 241­
257.
- Gianandrea Gavazzeni, I valori di P. e Le musiche gio­
vanili di P., in "Trent'anni di musica", Ricordi, Mi­
lano, 1958, pagg. 169-186.
- Roman Vlad, Goffredo Petrassis Orchesterkonzerte, in
"Melos", XXVI (1959), pagg. 342 ... 346.
- Massimo Mila, Civiltà strumentale di P. e Una telefo­
nata in musica, in "Cronache Musicali 1955-59", Eina!:!
di, Torino, 1959, pagg. 224 ... 227 e 347 ... 349.
459 - Fedele D'Amico, P. e il biografo imprudente e Ballet­
ti di Milloss, in "I casi della musica", Il Saggiato­
re, Milano, 1962, pagg. 110 •.. 113 e 156 ... 159.
- Mario Bortolotto, Il cammino di G.P./Domenico Guacce­
ro, P.: l'empirismo illuminato nella didattica contem­
poranea/Cesare Vivaldi, P. e le arti figurative/Cesa­
re Brandi, Piccolo ricordo del "Coro di mortill/Gianan­
drea Gavazzeni, Un'amicizia di trent'anni/Claudio An­
nibaldi, Trent'anni di critica petrassiana/ in IIQua ­
derni della Rassegna musicale", 1964, n. 1.
- Boris Porena, I Concerti di Petrassi e la crisi della
musica come linguaggio significante, in "Nuova Rivi ­
sta Musicale Italiana", I (1967), n. 1, pagg. 101 ...
119.
- Massimo Mila, Presenza di G.P. nella musica contempo­
ranea, saggio per il programma di sala del concerto
svoltosi a Fiuggi il 17 luglio 1969.
Gioacchino Lanza Tomasi, Genetliaco di G.P., in "Lo
Spettatore musicale", Bologna, luglio-agosto 1969,
p agg. 11 ••• 13.
- Claudio Annibaldi, Alfredo Casella e G.P.: ventitré
lettere inedite, in Nuova Rivista Musicale Italiana ll ,
VI (1972), n. 4, pagg. 553 ••. 571.
- Lorenzo Maggini, G.P. da "Estri" a "ottavo concerto",
in "Nuova Rivista Musicale Italiana ll , IX (1975), n. 1
pagg. 64 .•• 96.
- Massimo Bogianckino, Profilo di G.P., Pubblicazione
dell'Associazione Musicus Concentus, Firenze, settem­
bre 1977.
--
460
Fiamma Nicolodi, G.P. frammenti di annotazioni e ri ­
cordi, in "Antologia Viesseux", Firenze, luglio-dice,!!!
bre 1977 (fascicoli 47-48), pagg. 2 ... 8.
Interviste
- Mario Bortolotto, Intervista con G.P., in "Lo Spetta­
tore musicale", Bologna, febbraio 1966, pagg. 8 .•. 10.
- Leonardo Pinzauti, A colloquio con G.P., in "Nuova Ri
vista Musicale Italiana", II (1968), n. 3, pagg.
482 ..• 493.
- Luca Lombardi, Conversazioni con P., Suvini Zerboni,
Milano, 1980.
Tesi di Laurea
- DIga Stone, The Style of G.P. as Seen in His Writing
for Keyboard, Boston University, 1967.
- John C.G. Waterhouse, The Emergence of Modern Italian
Music to 1940, Oxford University, 1969.
- Lorenzo Maggini, L'opera di G.P.; Università di Firen
ze, 1972-1973.
461
INDICE
l. L'uomo e l'artista
pago
1
2. "Rapporti di dare e di avere"
.
22
3. Introduzione agli otto Concerti
"
52
4. (Primo) C,oncerto
II'
68
5. Secondo Concerto
"
101
6. Récréation concertante (Terzo c.oncerto)
"
132
7. Quarto concerto
"
185
8. Quinto concerto
"
226
9. Invenzione concertata (Sesto concerto)
"
268
lO. Settimo Concerto
"
309
Il. Ottavo Concerto
"
363
12. Osservazioni conclusive s ugli otto Concerti
"
424
NOTE
"
443
BIBLIOGRAFIA
"
458