II Sede Legale e Uffici: Via Isonzo 32 · 00198 Roma Tel. (+39) 06 85355476 · Fax (+39) 06 8543810 E-mail: [email protected] · http://www.conisma.it C. F. 91020470109 · P. IVA 01069050993 Registro delle Imprese di Roma n. 91020470109 del 14.03.2002 C.C.I.A.A. di Roma Registro Economico Amministrativo n. 1002122 Riconoscimento del M.I.U.R. con D. M. del 15.03.1996 e del 06.05.1996 Anagrafe Nazionale della Ricerca n. 515810DU III IV V VI VII PRESENTAZIONE Il CONISMA, d’intesa con le Società Scientifiche AIOL – ASSOCIAZIONE ITALIANA DI OCEANOLOGIA E LIMNOLOGIA, SIBM – SOCIETÀ ITALIANA DI BIOLOGIA MARINA e SITE – SOCIETÀ ITALIANA DI ECOLOGIA, organizza con cadenza biennale un Convegno Nazionale di Scienze del Mare. Il primo si è svolto ad Ischia nel 1998, il secondo a Genova nel 2000, il terzo è previsto a Bari da mercoledì 27 a venerdì 29 novembre 2002 e si svilupperà su due grandi tematiche: – AMBIENTI ESTREMI – AREE DI TRANSIZIONE. Negli “AMBIENTI ESTREMI” gli andamenti di uno o più parametri analitici si discostano significativamente da quelli dei siti più frequentemente valutati. La ricerca su tali ambienti può fornire elementi di studio del tutto peculiari, utili anche a capire la struttura e la funzione di ambienti più accessibili e, per noi, “normali”. Con questa accezione consideriamo estremi, per citare solo alcuni esempi tra i più comuni, le grotte marine oscure, gli ambienti marini polari, i mari profondi (nonostante siano i più diffusi sull’intero pianeta) e le aree di risorgive idrotermali. Le “AREE DI TRANSIZIONE” hanno particolare rilevanza nei sistemi costieri, sia per gli spunti problematici e le opportunità che offrono alle ricerche di ecologia di base, sia perché, in quanto sistemi di interfaccia tra terra emersa e mare, in esse si concentrano e acuiscono problemi scientifici e tecnico-scientifici, anche di carattere gestionale che, affrontati nella diversità e complessità delle varie condizioni ambientali, devono risolversi sempre riservando particolare attenzione al già citato rapporto tra terra emersa e mare, tra sistema antropico e corpo recettore. I contenuti appena accennati delle due tematiche derivano da una interpretazione estensiva della più corrente definizione delle stesse. I numerosi contributi pervenuti, sia come comunicazioni orali che sotto forma di poster, nonché le numerose iscrizioni formalizzate, dimostrano l’interesse suscitato nella Comunità Scientifica. Questo terzo Convegno (che si inaugura alle ore 10 di mercoledì 27 novembre) si carat- VIII IX terizza anche per due seminari previsti nei giorni di martedì 26 e di venerdì 29 novembre, ad apertura e chiusura del Convegno stesso, sui seguenti temi: · · INTERVENTI PREVISTI UNA RETE DI PROGETTI PER LO SVILUPPO DELLE SCIENZE DEL MARE NEL MEZZOGIORNO D’ITALIA: PRIMI RISULTATI DEL PIANO AMBIENTE MARINO SISTEMA AFRODITE: UN NUOVO MODELLO DI STUDIO PER LE AREE MARINE PROTETTE NEL MEDITERRANEO. Nel primo sono raccolte 18 comunicazioni e sono presenti 18 poster, tutti concernenti l’attività scientifica svolta dalle Unità Operative impegnate nel Piano Ambiente Marino, articolato in 11 programmi di ricerca e 3 progetti di potenziamento delle infrastrutture. Il secondo seminario è dedicato alla presentazione dei primi risultati del Progetto denominato “AFRODITE – STUDIO DELLE ZONE A DELLE 16 AREE MARINE PROTETTE ISTITUITE”, ideato e finanziato dall’ICRAM e che ha visto impegnato il CoNISMa come attuatore anche per gli aspetti della formazione contenuti nel programma stesso. Il CoNISMa per questa sua attività ha coinvolto 5 Unità Operative; si è avvalso anche della collaborazione del CNR/IAMC – Sezione di Messina e, per quanto riguarda il servizio cartografico, della cooperativa NAUTILUS. In questa presentazione pare doveroso ringraziare il CNR (CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE), l’ENEA (ENTE PER LE NUOVE TECNOLOGIE, L’ENERGIA E L’AMBIENTE), l’ICRAM (ISTITUTO CENTRALE PER LA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA APPLICATA AL MARE), l’OGS (ISTITUTO NAZIONALE DI OCEANOGRAFIA E GEOFISICA SPERIMENTALE) e l’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI che hanno sostenuto, anche economicamente, l’organizzazione del III CONVEGNO NAZIONALE DI SCIENZE DEL MARE. Lo stesso dicasi anche per le aziende AD SISTEMI, CODEVINTEC, ECOSEARCH, FATA ASSICURAZIONI, HR WALLINGFORD, MICROMERITICS, PLANETEK, SOPROMAR e THALES GEOSOLUTIONS, che hanno sponsorizzato l’evento. mercoledì 27 novembre 2002 I SESSIONE: AMBIENTI ESTREMI – Comunicazioni Relazioni Introduttive CESARE CORSELLI INTERAZIONI GEOSFERA – BIOSFERA GIANCARLO SPEZIE INTERAZIONI ARIA – MARE – GHIACCIO S. BUSSOTTI, G. BELMONTE, S. FRASCHETTI, A. TERLIZZI, M. METRANGOLO, F. DENITTO, L. MUSCOGIURI, F. BOERO 2 SPATIAL DISTRIBUTION PATTERNS OF SESSILE BENTHOS IN SHALLOW MARINE CAVES OF SOUTHERN APULIA (SE ITALY) A. M. DE BIASI, C. N. BIANCHI, S. ALIANI, S. COCITO, A. PEIRANO, C. MORRI, P. DANDO 3 EPIBENTHIC COMMUNITIES IN A MARINE SHALLOW AREA WITH HYDROTHERMAL VENTS C. CORSELLI, S. GIUNTA, P. MAFFIOLI, E. MALINVERNO, A. NEGRI, M. S. PRINCIPATO 4 THE DEEP HYPERSALINE ANOXIC BASINS (DHABS) SEDIMENTARY RECORD: AN ENHANCED TOOL FOR PALEOCEANOGRAPHIC STUDIES R. DANOVARO, M. L. MEI, C. CORINALDESI, A. DELL'ANNO 5 ARE VIRUSES IN DEEP-SEA ECOSYSTEMS ECOLOGICALLY RELEVANT? L. GIULIANO AND THE BIODEEP (EVK3-2000-22057) CONSORTIUM 6 VITA IN CONDIZIONI ESTREME: BACINI ANOSSICI IPERSALINI DEL MAR MEDITERRANEO M. TAVIANI 7 CHEMIOSINTESI DI MARE PROFONDO NEL MEDITERRANEO: IL FILO DI ARIANNA DELLE LUCINE DALL'OLIGOCENE AD OGGI Comitato Organizzatore FRANCESCO MARIA FARANDA (Presidente) ANTONIO CAPONE MICHELE PANZA DANIELA POTENZA ANGELO TURSI G. BAVESTRELLO, C. CERRANO, B. CALCINAI, C. DI CAMILLO, M. NIGRO, F. REGOLI, A. SARÀ, S. SCHIAPARELLI, C. TOTTI 8 ANDAMENTO TEMPORALE DELLE DIATOMEE ENDOBIONTI DI SPUGNE ANTARTICHE A. BERGAMASCO, S. CARNIEL, V. DEFENDI, S. GANZ, R. MELONI 9 THE INTERANNUAL VARIABILITY OF THE ROSS ICE SHELF CAVITY WATER EXCHANGE G. CATALANO, G. BUDILLON, R. LA FERLA, P. POVERO, M. RAVAIOLI, V. SAGGIOMO, A. ACCORNERO, M. AZZARO, G. C. CARRADA, F. GIGLIO, L. LANGONE, O. MANGONI, C. MISIC, M. MODIGH 10 STIMA DEI FLUSSI BIOCHIMICI TRA IL MARE DI ROSS E L'OCEANO MERIDIONALE Comitato Scientifico FERDINANDO BOERO CESARE CORSELLI ROBERTO FRACHE GIANCARLO SPEZIE ANGELO TURSI D. CIANELLI, M. RIBERA D'ALCALÀ, V. SAGGIOMO, E. ZAMBIANCHI 12 RISPOSTA FOTOFISIOLOGICA DEL FITOPLANCTON AD ALTE LATITUDINI (MARE DI ROSS) S. CORSOLINI, S. FOCARDI 13 TRASPORTO ED ACCUMULO DI CONTAMINANTI ORGANICI PERSISTENTI IN ANTARTIDE R. DELFANTI, R. MELONI, C. PAPUCCI, S. ALIANI, G. BARTHOLINI, F. DEGL’INNOCENTI, C. GALLI, E. LAZZONI, R. LORENZELLI, A. MALAGUTI, S. SALVI, A. ZABORSKA PROCESSI OCEANOGRAFICI NELLA PARTE PIÙ INTERNA DEL KONGSFJORD (SVALBARD): RISULTATI DELLE CAMPAGNE DI MISURE MULTIDISCIPLINARI DEL 2000 E DEL 2001 14 X XI A. DELL'ANNO, A. PUSCEDDU, C. MISIC, M. FABIANO 16 MICROBIAL LOOP FUNCTIONING IN THE ANNUAL SEA ICE AT TERRA NOVA BAY D. FLOCCO, N. R. T. BIGGS, E. ZAMBIANCHI, P. WADHAMS 17 18 VARIABILITÀ SPAZIO-TEMPORALE DELLA BIOMASSA MICROBICA E DELL'ATTIVITÀ RESPIRATORIA NEL MARE DI ROSS (ANTARTIDE) 19 R. MELIS, G. SALVI I FORAMINIFERI TARDO-QUATERNARI DEL MARE DI ROSS (ANTARTIDE): SOPRAVVIVENZA IN AMBIENTI ESTREMI S. PUCCIARELLI, P. BALLARINI, C. MICELI MECCANISMI MOLECOLARI RESPONSABILI DELL'ADATTAMENTO DELL' α- E β-TUBULINA NEL CILIATO ANTARTICO EUPLOTES FOCARDII 21 F. CANGANELLA, G. BIANCONI, C. KATO, M. FRISCHER M. CAPELLO, M. FERRARI, S. TUCCI, G. BUDILLON 36 VARIABILITÀ SPAZIALE E TEMPORALE DEL MATERIALE PARTICELLATO PRESENTE NELLE ACQUE COMPRESE TRA BAIA TERRA NOVA E CAPE ADARE (MARE DI ROSS-ANTARTIDE) F. L. CHIOCCI, A. BOSMAN, E. MARTORELLI 37 FENOMENI D'INSTABILITÀ GRAVITATIVA A PICCOLA E GRANDE SCALA LUNGO LE PENDICI SOMMERSE DEI VULCANI INSULARI DEL TIRRENO CENTRO-MERIDIONALE N. CORRADI, G. FIERRO, R. IVALDI, A. PITTÀ, C. L. AMOS 39 SOME EXAMPLES OF HIGH RESOLUTION SEISMIC STRATIGRAFY AND FACIES EVOLUTION IN THE NORTHERN CENTRAL TROUGH (ROSS SEA – ANTARCTICA) 41 PRELIMINARY INVESTIGATION ON CHOLINESTERASES ACTIVITY AND GONADAL HISTOLOGY IN ADAMUSSIUM COLBECKI FROM TERRANOVE BAY: FIELD AND LABORATORY STUDY giovedì 28 novembre 2002 22 STUDIO DEI PROCESSI DI MESCOLAMENTO E DI VENTILAZIONE DELLE MASSE D'ACQUA NEL MARE DI ROSS (ANTARTIDE) MEDIANTE CLOROFLUOROCARBURI A. RIZZELLO, M. A. CIARDIELLO, R. ACIERNO, G. DI PRISCO, C. STORELLI, M. MAFFIA 34 INDAGINI FISIOLOGICHE SU THERMOCOCCUS GUAYMASENSIS SOTTOPOSTO A STARVATION I. CORSI, S. BONACCI, G. SANTOVITO, C. CHIANTORE, L. CASTAGNOLO, S. FOCARDI P. RIVARO, A. BERGAMASCO, G. BUDILLON, R. FRACHE, R. HOHMANN, S. MASSOLO, G. SPEZIE 31 ECOLOGIA MICROBICA IN AMBIENTI MARINI ESTREMI E NON CONVENZIONALI: ATTUALITÀ E PROSPETTIVE PER LA RICERCA EUROPEA A STUDY OF THE POLYNYAS IN THE ROSS SEA AREA R. LA FERLA, F. AZZARO, G. MAIMONE, M. AZZARO F. CANGANELLA 23 FUNCTIONAL AND STRUCTURAL CHARACTERISATION OF CARBONIC ANHYDRASE IN GILLS OF THE ANTARCTIC HAEMOGLOBINLESS TELEOST CHIONODRACO HAMATUS G. D’AURIA, S. CAPPELLO, M. M. YAKIMOV, H. BOLHUIS, P. W. VAN DER WIELEN, A. SASS, T. MCGENITY, D. DAFFONCHIO, T. BRUSA, A. FAVINI, S. BORIN, S. SCARFÌ, L. GIULIANO 42 COLTIVAZIONE DI BATTERI PROVENIENTI DA BACINI ANOSSICI IPERSALINI PROFONDI DEL MAR MEDITERRANEO M. DE DOMENICO, A. R. CARDONA, S. SCARFÌ, L. GIULIANO, M. LEONARDI, E. DE DOMENICO 43 DISTRIBUZIONE DI BATTERI LUMINOSI IN ACQUE PELAGICHE DEL MARE IONIO MERIDIONALE (MAR MEDITERRANEO) P. FALCO, E. ZAMBIANCHI 44 DINAMICA LAGRANGIANA DELLA CORRENTE CIRCUMPOLARE ANTARTICA P. FOCACCIA, F. GIGLIO, M. FRIGNANI, L. LANGONE, M. RAVAIOLI I SESSIONE: AMBIENTI ESTREMI – Poster M. R. BALDASSINI, S. PICCHIETTI, F. BUONOCORE, L. MASTROLIA, N. ROMANO, L. ABELLI 25 M. C. GAMBI, A. GIANGRANDE INFLUENCE OF THE MESOPELAGIC ENVIRONMENT ON IMMUNE SYSTEM DEVELOPMENT: A STUDY ON LYMPHOMYELOID ORGANS OF THE TELEOST ARGYROPELECUS HEMIGYMNUS (COCCO) A. BERGAMASCO 26 27 28 STUDI MOLECOLARI PRELIMINARI DELL'INTERLEUCHINA-1β E DEL RECETTORE DELLE CELLULE T NEL TELEOSTEO ANTARTICO CHIONODRACO HAMATUS (TELEOSTEI, NOTOTHENIOIDEI) STRUCTURE AND FUNCTIONING OF THE SYMPAGIC COMMUNITY AT TERRA NOVA BAY (ANTARCTICA) 48 A. LA TERZA, C. MICELI, P. LUPORINI 49 RISPOSTA A STRESS AMBIENTALI IN CILIATI ANTARTICI: ANALISI DELL’ESPRESSIONE DEL GENE HSP70 29 OSSERVAZIONI SULLA DINAMICA DELLA POLYNYA DEL MARE DI ROSS DURANTE GLI ANNI 1995-1999 F. BUONOCORE, F. PADERI, M. MAZZINI, G. SCAPIGLIATI 47 FISH ASSEMBLAGES ASSOCIATED WITH HARD SUBSTRATES: A COMPARISON BETWEEN SHALLOW MARINE CAVES AND ROCKY REEFS IN SE APULIA (IONIAN SEA, SE ITALY) SEDIMENTI BIOSILICEI SEPOLTI NELL'AREA DI CAPE HALLETT (MARE DI ROSS, ANTARTIDE): IMPLICAZIONI PALEOAMBIENTALI G. BUDILLON, D. FLOCCO, S. KERN, F. NAPOLI L. GUGLIELMO, G. C. CARRADA, G. CATALANO, S. COZZI, A. DELL’ANNO, M. FABIANO, O. MANGONI, C. MISIC, M. MODIGH, A. PUSCEDDU, V. SAGGIOMO P. GUIDETTI, S. BUSSOTTI, G. BELMONTE, F. BOERO MICROBIAL COMMUNITIES IN THE WATER COLUMN OF THE URANIA BASIN (EASTERN MEDITERRANEAN SEA) A. BRAMBATI, E. COLIZZA, F. FINOCCHIARO, G. FONTOLAN, F. GIGLIO, L. LANGONE, M. RAVAIOLI 46 A QUALCUNO PIACE FREDDO: STRATEGIE RIPRODUTTIVE DEI POLICHETI ANTARTICI MODELLING DOWN SLOPE FLOW OF ROSS SEA BOTTOM WATER S. BORIN, T. BRUSA, A. FAVINI, C. CORSELLI, G. D’AURIA, M. M. YAKIMOV, L. GIULIANO, T. J. MCGENITY, A. SASS, C. TAMBURINI, D. DAFFONCHIO 45 VARIAZIONE DI FLUSSI BIOGENICI TARDO QUATERNARI NEL SETTORE PACIFICO DELL'OCEANO MERIDIONALE 30 M. MAFFIA, A. RIZZELLO, R. ACIERNO, T. VERRI, A. DANIELI, H. DANIEL, C. STORELLI 50 MOLECULAR AND FUNCTIONAL CHARACTERISATION OF A PEPT1-TYPE H+/OLIGOPEPTIDE TRANSPORT IN THE INTESTINE OF THE HAEMOGLOBINLESS TELEOST CHIONODRACO HAMATUS C. MANNO, A. ACCORNERO, F. ESPOSITO, M. C. GAMBI OSSERVAZIONI SULLA COMPONENTE ZOOPLANCTONICA RACCOLTA TRAMITE TRAPPOLE DI SEDIMENTAZIONE NEL MARE DI ROSS (ANTARTIDE) ED IMPLICAZIONI PER I FLUS- 51 XVIII Sessione AMBIENTI ESTREMI Comunicazioni 2 Sessione AMBIENTI ESTREMI III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) S. BUSSOTTI, G. BELMONTE, S. FRASCHETTI, A. TERLIZZI, M. METRANGOLO F. DENITTO, L. MUSCOGIURI, F. BOERO DiSTeBA, Università degli Studi di Lecce, 73100 Lecce – e-mail: [email protected] SPATIAL DISTRIBUTION PATTERNS OF SESSILE BENTHOS IN SHALLOW MARINE CAVES OF SOUTHERN APULIA (SE ITALY) Keywords: Submarine caves, Sessile assemblage, Spatial patterns, Ionian Sea, Mediterranean Sea. Submarine caves have peculiar biological and ecological features. Previous studies on Mediterranean marine caves have provided detailed lists of species whose distribution was explained according to the classical bionomic classification of the semi-obscure (located in the first parts) and obscure (located in the totally dark rooms away from the open seawater circulation) biocoenoses. As regards sessile assemblages, it is usually reported a decrease in species richness, cover and biomass towards the innermost portions of the caves. Such distribution patterns have mainly been related to changes in physical factors, such as light attenuation and decrease in water movements, easily perceived along the exterior-interior axis. In this study we compared patterns of spatial distribution of sessile assemblage living on the rocky walls from three shallow marine caves characterised by comparable morphology (single semisubmerged entrance, presence of air chambers) located near “Capo Santa Maria di Leuca” (Apulia, SE Italy). These caves provided one out of several possible sets of shallow blindcaves (about 6-8 depth) that could be used to represent assemblages of marine caves in this region. Sampling was done in July 2000. Six positions were identified at different distances from the entrance (0, 10, 20, 40, 60 and 80 m). Three areas (3 m2 each) were identified randomly at each position and eight random 16x23 cm photo-quadrats were taken in each area. Univariate (ANOVA) and multivariate (MDS) analyses allowed to detect variation in distribution patterns of assemblages among caves, among positions and among areas within positions. The study confirms that, beside significant differences along the horizontal axis of the caves, there are other source of variability, including differences among areas within any particolar position, that can not be solely explained in terms of horizontal gradient of environmental variables. So proper quantification is required before any conclusion about the spatial distribution pattern of sessile benthos in marine caves can be drawn. 3 A. M. DE BIASI1, C. N. BIANCHI2, S. ALIANI3, S. COCITO2 A. PEIRANO2, C. MORRI4, P. DANDO5 1 Centro Interuniversitario Biologia Marina, via N. Sauro 4, I – 57127 Livorno – e-mail: [email protected] 2 Marine Environment Research Centre, ENEA Santa Teresa, PO Box 224 I-19100 La Spezia 3 Istituto per lo Studio dell'Oceanografia Fisica CNR, Forte Santa Teresa, I-19036 La Spezia 4 DIPTERIS, Università di Genova, Corso Europa 26, I-16132 Genova 5 School of Ocean Science, University of Wales, Bangor, Menai Bridge, Anglesey, LL 59 5EY, UK EPIBENTHIC COMMUNITIES IN A MARINE SHALLOW AREA WITH HYDROTHERMAL VENTS Keywords: Hydrothermal vents, hard bottom communties, Milos Island, Aegean Sea. Hydrothermal vents are hot springs emerging from volcanic fissures in the Earth’s crust where they create a unique and spectacular habitat. They are generally considered one of the most extreme marine ecosystems for the steep gradients of physical-chemical factors detected in the surrounding environment. They occur all over the world from very deep oceans to shallow coastal areas. Although in the Mediterranean Sea they are known from the sixties, they were intensively studied only in the last years. In particular scientists focused their attention on Palaeochori Bay, in the Milos Island (Aegean Sea), where vent emissions widely occur from the coastline down to 300 m water depth. The present paper investigated the benthic communities of hard bottoms in different sites of the Palaeochori bay to check for possible distribution patterns related to the hydrothermal vent effects. Images of benthic epifauna were collected diving in 4 rocky shoals between 10 and 35 m deep: CR, where continuous vent activity was evident, and E, ST and S, without vent activity. In each site images were taken in 4 (photo) stations with different slopes, i. e., (sub)horizontal (0° to 30°), inclined (30° to 70°), (sub)vertical (70° to 90°) and overhanging (>90°). Framed still photographs were collected by divers using an UW Nikonos camera equipped with a wide-angle lens (15 mm) and an electronic flash unit. The frame (30 x 15 cm) was maintained parallel to the lens at a distance of 60 cm, thus sampling a constant area of 0.7 m2. Three replicate photosamples were collected in each station so that a total of 48 images was available for image analysis. Abundance of species was estimated as percent cover. Data were analysed by univariate (ANOVA) and multivariate techniques (Correspondence Analysis). Results suggested that composition and distribution of the epibenthic communities are mainly correlated with “normal” ecological gradients such as slope, distance from the shore and depth. On the contrary a clear vent influence was not detected at the spatial scale adopted in this study. Sessione AMBIENTI ESTREMI 4 C. CORSELLI1, S. GIUNTA3, P. MAFFIOLI1-2, E. MALINVERNO1, A. NEGRI3, M. S. PRINCIPATO1 1 Università degli Studi di Milano-Bicocca, Dipartimento di Scienze Geologiche e Geotecnologie e-mail [email protected] 2 Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze della Terra 3 Università di Ancona, Istituto di Scienze del Mare THE DEEP HYPERSALINE ANOXIC BASINS (DHABS) SEDIMENTARY RECORD: AN ENHANCED TOOL FOR PALEOCEANOGRAPHIC STUDIES III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 5 R. DANOVARO, M. L. MEI, C. CORINALDESI, A. DELL’ANNO Institute of Marine Science, Faculty of Science, University of Ancona, Via Brecce Bianche, 60131 Ancona e-mail: [email protected] ARE VIRUSES IN DEEP-SEA ECOSYSTEMS ECOLOGICALLY RELEVANT? Keywords: viruses, deep-sea sediments, bacteria, labile organic matter flux. Keywords: eastern Mediterranean, anoxic basins, laminated sediments, climate change. The eastern Mediterranean is a perfect natural laboratory for understanding biogeochemical processes and for paleoceanographic reconstruction. In addition, it is recognised to be a perfect recorder of global climatic variations. In the last decades, the discovery of “Deep Hypersaline Anoxic Basins” (DHABs) in some areas of the Mediterranean Ridge offered a new insight into climate change studies. In only few places in the world, the deep pelagic sediment can be compared between oxic and anoxic conditions and that is the case of the eastern Mediterranean Sea. The origin of the anoxic basins, still debated, is due to the interaction among tectonic processes, fluid migration and dissolution of Messinian evaporitic rocks present in the subsurface at shallow depth. Brines seeping from the seafloor accumulate in marine depressions to form deep-sea brine “lakes”. The high density (1.21 g/cm3)/ high salinity (120 gr/L chlorosity) brines filling these depressions form a very stable bottom water body: this results in the lack of exchange with the overlying water and in the consequent oxygen consumption by bacterially-mediated organic matter degradation. Such an environment allows a good preservation of biogeochemical fluxes sinking to the bottom, with a consequent higher sedimentation rate with respect to oxic bottom conditions. Moreover, while normal (hemi)-pelagic sediments of the eastern Mediterranean are usually SiO2-undersaturated, the peculiar geochemical characteristics of the brines in the anoxic basins, permit a good siliceous microfossil preservation. The high accumulation rate and the absence of bioturbation result in a laminated record, that offers the potential for high resolution studies. We show here the comparison of the record from two cores from L’Atalante Basin area, deposited respectively under oxic (SIN97 BC 02) and anoxic (SIN-SAP98 BC 02.2) conditions. The study will focus on micropaleontological results from calcareous (planktonic foraminifera and coccoliths) and silceous (diatoms) microfossils in the last 4-5 kyrs BP. Stable oxygen isotope analyses will be also performed in order to integrate micropaleontological data. Usually, the low sedimentation rate (2-3 cm/1000 yrs) of the eastern Mediterranean prevents a detailed reconstruction of this short time period. This anoxic environment offers a good opportunity to reveal short-term paleoceanographic changes usually unresolved in deepsea sediments. In all pelagic systems, viruses represent the numerically dominant component exceeding bacterial densities by one to two orders of magnitude. Due to their high abundance and their high capability of infecting bacteria and phytoplankton, viruses might exert an important control on microbial loop functioning with cascade effects on organic matter cycling. However, information on viruses inhabiting aquatic sediments is scant and scattered. In this study we summarised all available literature information together with additional data in order to provide the first picture of benthic virus distribution on large scale. Data from Western and Eastern Mediterranean Sea (including the Atalante basin), Atlantic Ocean, Coral Sea and Southern Pacific at depths ranging from 1 to 4850 m were related to different ecological constraints (abundance, biomass and production of host bacteria, sediment properties, organic matter content and primary organic matter fluxes) in order to identify factors controlling the distribution and dynamics. Results reported in the present study clearly indicate that viral abundance in the sediment is far lower than expected on the basis of epidemiological models. In fact, despite the high bacterial density, organic matter concentration and the low distance among cells, which should exponentially enhanced the probability of virus-bacterium contact in the sediment, the virus to bacterium ratio in the deep sea is generally <1. Viral abundance was found to decrease significantly with increasing water depth, to be significantly correlated with bacterial biomass and with the flux of organic matter produced in the photic zone. Our results suggest that viral control on benthic bacterial dynamics can be almost negligible compared to those reported for bacterioplankton. The extremely low viral number in the deep-sea floor leads hypothesising that these ecosystems could be adverse for virus survival and development. Sessione AMBIENTI ESTREMI 6 L. GIULIANO1 AND THE BIODEEP (EVK3-2000-22057) CONSORTIUM 1Istituto Sperimentale Talassografico, Sp.ta S. Raineri, 86 – 98122 Messina – e-mail: [email protected] VITA IN CONDIZIONI ESTREME: BACINI ANOSSICI IPERSALINI DEL MAR MEDITERRANEO III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 7 M. TAVIANI Istituto di Geologia Marina-ISMAR, C.N.R., via Godetti 101, I-40129 Bologna – e-mail: [email protected] CHEMIOSINTESI DI MARE PROFONDO NEL MEDITERRANEO: IL FILO DI ARIANNA DELLE LUCINE DALL’OLIGOCENE AD OGGI Keywords: Batteri estremofili, bacini anossici ipersalini. Keywords:Chemiosynthesis, bathyal communities, Mediterranean Sea. La scoperta di “ambienti estremi” e degli organismi che li popolano ha reso plausibile la ricerca di caratteristiche cellulari inusuli e di prodotti che possono avere implicazione nell’evoluzione, nella biotecnologia e nella ricerca della vita nell’Universo. Gli scopi del progetto BIODEEP come l’esplorazione di habitats unici, chiamati Bacini Anossici Ipersalini del Mare profondo (DHABs o BAIP), e l’isolamento e la coltivazione di microorganismi marini, permettono di offrire nuove opportunità per la scoperta di nuove sostanze chimiche con differente potenziale per applicazioni di interesse Europeo. Per questo scopo, il progetto è basato su di un approccio pluridisciplinare ed integrato di quattordici gruppi di ricerca di 6 Nazioni Europee (Italia, Grecia, Francia, Germania, Inghilterra e Olanda) che offrono il loro supporto scientifico e tecnologico per superare le difficoltà strategiche e pratiche che riguardano il minitoraggio ed il campionamento dei DHABs e per le analisi fisiologiche, biochimiche e genetiche dei campioni. I risultati degli studi biologici preliminari concernono la distribuzione della macrofauna e di alcuni taxa batterici e la loro attività metabolica nei DHABs. Sono state realizzate alcune culture batteriche specificatamente ottimizzate da microorganismi adattati ai DHABs e alcuni ceppi sono mantenuti in coltura pura per una successiva caratterizzazione. Alcune popolazioni batteriche clasterizzano insieme e formano un ramo filogenetico vicino agli Aquificales e i Termotogales. La posizione filogenetica di questi nuovi gruppi di batteri “che possono essere coltivati”, si presenta veramente distante da tutti i gruppi di batteri filogeneticamente conosciuti, suggerendo che questi possono essere sopravvissuti intrappolati in cristalli minerali così potrebbero avere avuto origine da ancestori che hanno colonizzato i DHABs milioni di anni fa. Le analisi fisiologiche delle popolazioni batteriche isolate o arricchite sono in progresso allo scopo di verificare se essi potrebbero rappresentare nuovi modelli di composti organici recalcitranti al riciclo o produrre nuovi prodotti bioattivi con possibili applicazioni industriali. L’apprezzamento da parte della comunità scientifica dell’importanza dei fenomeni chemiosintetici nel sostentamento di peculiari associazioni macrobentoniche di ambiente profondo in Mediterraneo data a poco più di un decennio fa. Per quanto riguarda questo bacino, l’interesse verso queste comunità non fotosintetiche (idrotermali e fredde), ben documentate nelle profondità batiali e abissali degli oceani moderni, è stato in un primo tempo rivolto alla rivalutazione di problematiche associazioni fossili di età miocenica, conosciute in letteratura come “Calcare a Lucina”. Nel giro di pochi anni, tuttavia, si sono moltiplicate le scoperte di comunità di acque profonde sia fossili che attuali legate ad emissioni fredde (cold seep). È così possibile tracciare oggi un quadro sintetico sulle caratteristiche più salienti delle comunità macrobentoniche batiali del Mediterraneo legate alle emissioni di fluidi freddi marcate da idrogeno solforato e/o idrocarburi (metano). Fra i vari elementi macrofaunistici che si rinvengono normalmente associati a queste emissioni e maggiormente le tipicizzano, spiccano i bivalvi lucinidi. Questi bivalvi contengono batteri simbionti e sono indissolubilmente collegati ad ambienti saturi d’idrogeno solforato. Le comunità chemiosintetiche di mare profondo del Mediterraneo mostra la presenza continuativa di lucinidi dall’Oligocene fino ad oggi, un chiaro indizio dell’importanza di processi genetici di idrogeno solforato nei sedimenti profondi di questo bacino. Le “grandi lucine” sono esclusive dell’Oligo-Miocene e non sopravvivono al Messiniano (Miocene terminale). Lucine di minori dimensioni (Myrtea, Lucinoma, Megaxinus ecc.), già presenti nelle comunità chemiosintetiche dell’Oligo-Miocene, caratterizzano ambienti disaerobici batiali messiniani e pliocenici, sopravvivendo attualmente in profondità nel Mediterraneo orientale associate ad emissioni di idrogeno solforato e idrocarburi connesse a vulcani di fango. Sessione AMBIENTI ESTREMI 8 G. BAVESTRELLO1, C. CERRANO2, B. CALCINAI1, C. DI CAMILLO1, M. NIGRO3 F. REGOLI4, A. SARÀ2, S. SCHIAPARELLI2, C. TOTTI1, 1 Istituto di Scienze del Mare, Università di Ancona, Via Brecce Bianche I-60131 Ancona 2 Dip.Te.Ris., Università di Genova, Corso Europa 26 I-16132 Genova 3 Dipartimento di Morfologia Umana e Biologia Applicata, Università di Pisa, I-56126 Pisa 4 Istituto di Biologia e Genetica, Università di Ancona, Via Brecce Bianche I-60131 Ancona ANDAMENTO TEMPORALE DELLE DIATOMEE ENDOBIONTI DI SPUGNE ANTARTICHE Keywords: Diatomee, Poriferi, Antartico, Incorporazione, Stagionalità. Frustuli di diatomee sono stati talvolta descritti nel tessuto di alcune specie di spugne ma popolazioni viventi e riproduttive di queste micro alghe sono state osservate esclusivamente nei tessuti di spugne antartiche. Queste popolazioni di diatomee endobionti sono sempre state osservate in campioni raccolti durante le fasi centrali dell’estate australe e nessun dato era finora disponibile per i periodi precedenti. La possibilità di raccogliere continuativamente campioni di alcune comuni specie di spugne a Terra Nova Bay (Mare di Ross) dal novembre 2001 al febbraio 2002 ha permesso di studiare la dinamica temporale delle popolazioni di diatomee presenti nelle spugne antartiche. Durante novembre e dicembre, quando il pack copre la superficie del mare, i frustuli di diatomee nei tessuti delle spugne sono quasi completamente assenti. Essi aumentano drasticamente in gennaio in concomitanza con lo scioglimento del pack e con il bloom di fitoplancton nella colonna d’acqua. In questo periodo si possono osservare diverse decine di milioni di cellule per g di tessuto. Alla fine di febraio il numero delle diatomee inizia a decrescere. L’andamento della clorofilla analizzata nei tessuti delle spugne ricalca quello della conta dei frutuli e conferma la vitalità delle microalghe. I possibili significati funzionali di questa associazione sono discussi. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 9 A. BERGAMASCO 1, S. CARNIEL 1, V. DEFENDI 1, S. GANZ 1, R. MELONI 2 1 National 2 National Research Council, ISMAR, 1364 S. Polo, I-30125 Venice – [email protected] Research Council, ISMAR, Forte Santa Teresa, I-19036 Pozzuolo di Lerici, La Spezia THE INTERANNUAL VARIABILITY OF THE ROSS ICE SHELF CAVITY WATER EXCHANGE Keywords: Ross Ice Shelf cavity, Ice Shelf Water outflow, interannual variability. In the framework of the CLIMA Project of the Italian PNRA a mooring was positioned at the Ross Ice Shelf (RIS) edge for the first time in 1995 and then maintained until 1998. This investigation area was chosen for studying the Ice Shelf Water (ISW) outflow from below the RIS cavity. The formation of this supercold water is due to the interactions between the warm core coming from the Circumpolar Deep Water (CDW) and intruding underneath the RIS and the High Salinity Shelf Water recirculated below the RIS near Ross Island. About four years (1995, 1996, 1997 and 1998) of temperature and current acquisitions are available for analysing the interannual variability of the water and heat exchanges between the Ross Sea and the RIS cavity. The analysis of the temperature and velocity time series during 1995 and 1996 has shown that the ISW outflow is an impulsive phenomenon characterized by strong but short events (on average two or three days). These events often are associated with recirculation episodes marked by a strong temperature signature and velocities coming into the RIS. The temporal evolution of the water column has been reconstructed and analysed. The estimate of the inflow-outflow ISW volume, the inflow-outflow heat exchange and of the salt balance necessary for ISW formation has been also computed. The aim of this work is to complete the analysis of mooring F time series in order to confirm the hypothesis that the ISW outflow is an impulsive phenomenon, to understand the reason of the 1996 lack of “true” ISW events and to give a first estimate of the interannual variability of the exchange between the RIS and the Ross Sea. Sessione AMBIENTI ESTREMI 10 G. CATALANO 1, G. BUDILLON 2, R. LA FERLA 3, P. POVERO 4, M. RAVAIOLI 5 V. SAGGIOMO 6, A. ACCORNERO 2, M. AZZARO 3, G. C. CARRADA 7 F. GIGLIO 5, L. LANGONE 5, O. MANGONI 7, C. MISIC 4, M. MODIGH 6 1 Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto Talassografico di Trieste. V.le Romolo Gessi, 2 – 34123 Trieste e-mail [email protected] 2 Università di Napoli Parthenope – Istituto di Meteorologia e Oceanografia. Via De Gasperi, 5 – 80133 Napoli 3 Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto Talassografico di Messina. Spianata S. Ranieri, 86 – 98122 Messina 4 Università di Genova, Dip. per lo Studio del Territorio e delle sue Risorse. C.so Europa, 26 – 16132 Genova 5 Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Geologia Marina. Via Gobetti, 101 – 40129 Bologna 6 Stazione Zoologica “A. Dohrn” – Laboratorio di Oceanografia Biologica. Villa Comunale – 80121 Napoli 7 Dipartimento di Zoologia, Università di Napoli Federico II. Via Mezzocannone, 8 – 80134 Napoli STIMA DEI FLUSSI BIOCHIMICI TRA IL MARE DI ROSS E L’OCEANO MERIDIONALE Keywords: Mare di Ross, flussi biogeochimici. I grandi quesiti legati ai cambiamenti globali necessitano anche di risposte sul ruolo che i mari continentali hanno nella esportazione verso il sedimento e l’oceano profondo del prodotto dei processi biogeochimici che hanno luogo sulla piattaforma continentale. I processi produttivi biologici alimentano da una parte il flusso del particellato verso il fondo e, dall'altra modificano, le caratteristiche biochimiche, in primo luogo ossigeno, nutrienti e carbonio disciolti, delle masse d’acqua. A loro volta, i processi fisici che avvengono sulla piattaforma continentale ed in prossimità della scarpata continentale possono modificare le proprietà termoaline delle acque che abbandonano le zone di shelf per farle sprofondare nella zona oceanica concorrendo alla ventilazione degli oceani profondi ed all'intrappolamento della CO2. Il Mare di Ross è posto sulla piattaforma continentale antartica centrato a circa 180° di longitudine e si estende tra i 70 e 78,5°S. Il suo confine meridionale è però costituito da una spessa copertura glaciale che delimita solo lo strato superficiale, le acque degli strati intermedi e profondi possono quindi raggiungere latitudini più meridionali modificandosi notevolmente. Esso è considerato uno dei siti di maggiore produzione primaria dell’intero Oceano Meridionale con valori fino a 6 g C m-2 d-1 durante la primavera australe e fino a 3 g C m-2 d1 durante l’estate australe. Tali tassi di produzione, estremamente variabili nello spazio e nel tempo (durante l’estate australe, la produzione primaria media in acque libere da ghiaccio è sempre inferiore ad 1 g C m-2 d-1), generano, anche in relazione alla dominanza di specifiche classi algali, all’attività di grazing e all’elevata attività di rigenerazione della sostanza organica in ambiente pelagico, un flusso di C e Si nel sedimento superficiale rispettivamente fino a 0,2 g cm-2 kyr-1 e 5 g cm-2 kyr-1. A causa dell’interazione con l’atmosfera e la copertura glaciale esso inoltre è sede di importanti fenomeni di densificazione delle acque che, una volta superata la soglia in prossimità della scarpata continentale, si propagano nell’Oceano Meridionale mescolandosi con le acque circostanti. I volumi di acque di shelf che lasciano il Mare di Ross sono bilanciati, in prima approssimazione, dall’ingresso di acque provenienti dalla Circumpolar Deep Water (CDW) che fluisce intorno all’Antartide trasportata dalla Antarctic Circumpolar Current. Le proprietà termoaline e biochimiche delle diverse acque sono però sostanzialmente differenti tra loro, per cui il continuo ingresso di CDW e la fuoriuscita di acque di shelf deve III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 11 essere bilanciato, a secondo del parametro considerato, da un import/export analogo tra mare -ghiaccio-atmosfera. Ad esempio, il continuo apporto di calore da parte della relativamente calda CDW è bilanciato sia dalla uscita delle acque di shelf, sia dalla perdita di calore all’interfaccia aria-(ghiaccio)-mare. In questo lavoro si affronta il problema di fornire una prima stima dello scambio di massa e di materia disciolta tra il Mare di Ross e l’Oceano Meridionale e dell’export di sostanze biochimiche tra lo strato superficiale e quello profondo. Il mescolamento delle masse d’acqua della piattaforma continentale con quelle di oceano aperto viene tipicamente regolato da una serie di processi che interagiscono tra loro a diverse scale spaziali e temporali (es. upwelling e downwelling, fronti e filamenti, onde e maree interne, coastal-trapped waves, correnti di slope, ...) che modificano significativamente la struttura e composizione dei corpi d’acqua. Inoltre, la loro caratterizzazione biochimica dipende fortemente da processi locali e a diversa scala temporale, come la fusione del ghiaccio marino e la produzione primaria. Il flusso di materiale particellato risente a sua volta dei processi di produttività primaria di rimineralizzazione nella colonna d’acqua e degli apporti detritici di origine continentale più intensi durante la fasi di scioglimento dei ghiacci. A causa delle difficoltà di descrivere e di dare una misurare integrata tali processi, la stima dei flussi di massa e di sostanze biochimiche risente fortemente delle approssimazioni effettuate, i valori forniti in questo lavoro sono pertanto da considerare indicativi. Essi sono tuttavia i primi finalizzati all’importante obiettivo della quantificazione dei bilanci di massa e di materia disciolta fra il Mare di Ross e l’Oceano Meridionale. Particolare enfasi è stata data in questo lavoro agli scambi delle masse d'acqua in prossimità del margine continentale, i parametri biochimici utilizzati sono: ossigeno disciolto, nitrato più nitrito, fosfato e silicato. Le diverse acque di shelf sono state definite in termini di caratteristiche termoaline ed ad esse sono state associate le concentrazioni di relativi parametri biochimici. Sono stati quindi stimati i flussi di massa in uscita ed in ingresso in prossimità della scarpata continentale ottenendo i relativi flussi biogeochimici. Per quanto si riferisce al flusso sedimentario, i parametri considerati sono stati Carbonio organico, silice biogenica, densità e struttura del sedimento e metodi di datazione mediante 14C con metodiche AMS sulla componente organica. I risultati vengono presentati e analizzati criticamente in relazione alle diverse approssimazioni ed ipotesi assunte. Sessione AMBIENTI ESTREMI 12 D. CIANELLI 1, 2, M. RIBERA D’ALCALÀ 3,V. SAGGIOMO 3, E. ZAMBIANCHI 2 1 Università di Siena, Museo Nazionale dell’Antartide – e-mail [email protected] di Meteorologia e Oceanografia, Università “Parthenope”, Napoli 3 Stazione Zoologica A. Dohrn, Napoli 2 Istituto RISPOSTA FOTOFISIOLOGICA DEL FITOPLANCTON AD ALTE LATITUDINI (MARE DI ROSS) III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 13 S. CORSOLINI, S. FOCARDI Dipartimento di Scienze Ambientali, Università degli Studi di Siena, via delle Cerchia, 3 53100 Siena, Italy – e-mail: [email protected] TRASPORTO ED ACCUMULO DI CONTAMINANTI ORGANICI PERSISTENTI IN ANTARTIDE Keywords: Antartide, organismi, PCB, PCDD, PCN, TEQ. Keywords: modelli Lagrangiani, fluttuazioni di irradianza, risposta fotosintetica, strato mescolato superficiale. Tra i più importanti fattori di controllo della produzione primaria nell’Oceano Meridionale vanno considerati il ciclo stagionale della radiazione solare, il regime di venti e la copertura del ghiaccio. Gli organismi fitoplanctonici sperimentano forti fluttuazioni nell’irradianza incidente dovute ai frequenti spostamenti degli organismi stessi lungo la colonna d’acqua per effetto del mixing indotto dal vento. Per valutare il ruolo nella crescita fitoplanctonica dei diversi processi fisiologici dipendenti dalla luce è stato realizzato un modello accoppiato fisico-biologico che simula i processi chiave relativi alla variabilità della luce nella colonna d’acqua. Al fine di descrivere le risposte fisiologiche (fortemente non lineari) dei singoli organismi fitoplanctonici è stato scelto l’approccio Lagrangiano che consente di trarre informazioni sulle interazioni tra i singoli organismi e tra gli organismi e l’ambiente circostante. Gli organismi si spostano lungo la verticale secondo traiettorie che rappresentano l’effetto di un campo di moto turbolento che simula le condizioni tipiche dello strato mescolato Antartico durante il periodo estivo. La descrizione dei processi legati alla storia luminosa delle singole cellule (fotoacclimatazione, fotoinibizione, fotoprotezione) è basata su parametri fisiologici misurati nel Mare di Ross durante l’XI Spedizione organizzata nel 1996 dal PNRA. Le simulazioni sono state realizzate in condizioni di non limitazione né da nutrienti né da ferro, che sono quelle frequentemente osservate nelle aree costiere Antartiche. I risultati qui presentati evidenziano il ruolo dei diversi forzanti fisico-biologici che influenzano la crescita fitoplanctonica. Il trasporto e la deposizione dei contaminanti organici persistenti (POPs, Persistent Organic Pollutants) nelle aree polari e il loro conseguente accumulo negli organismi è correlato alle particolari condizioni geografiche e climatiche tipiche di ambienti estremi, quali l’Antartide. Tali fattori determinano infatti il destino dei POPs, così da renderne peculiari l’accumulo a livello di organismo e la penetrazione negli ecosistemi. Il campionamento di organismi in alcune aree del Mare di Ross e della Penisola Antartica, nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), ha permesso di ottenere un quadro generale dello stato di salute degli ecosistemi antartici e di disegnare l’andamento della contaminazione nell’arco di oltre dieci anni (1988-2002). A tale scopo sono stati campionati organismi delle catene trofiche marine del Mare di Ross, di King George Island e delle Kerguelen Islands per valutare la presenza di alcune classi di POPs e le loro modalità di accumulo, sia all’interno degli organismi che delle catene trofiche. Gli xenobiotici rilevati nei tessuti, mediante tecniche gascromatografiche, sono stati i policlorobifenili (PCB), i policlorodibenzofurani (PCDF), le policlorodibenzodiossine (PCDD) e i policlorodibenzonaftaleni (PCN). Inoltre, sono stati identificati anche alcuni pesticidi come HCB, pp’DDT e il suo metabolita pp’DDE. Per i composti diossino-simili è stato valutato anche il potenziale tossico, espresso in tossici equivalenti della 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina (TEQ). I livelli di POPs rilevati nelle medesime specie, in campionamenti successivi, hanno permesso di ipotizzare un lieve decremento nella contaminazione locale, dovuto a minor produzione e uso di tali sostanze a livello globale. Ad esempio, le concentrazioni di HCB, pp’DDE e PCB nel muscolo di un predatore, quale Catharacta mackormicki, erano rispettivamente 416 ng/g su base lipidica, 2500 ng/g b.l. e 6125 ng/g b.l. nel 1991 e 285 ng/g b.l., 219 ng/g b.l. e 4471 ng/g b.l. nel 2001. Nell’adipe sottocutaneo di Leptonichotes weddelli erano stai rilevati 585 ng/g peso fresco di PCB nel 1992 e 395 ng/g p.f. nel 1996. In pesci bentonici del genere Trematomus, campionati nella stessa area, le concentrazioni di HCB, pp’DDE e PCB erano 83 ng/g b.l., 382 ng/g b.l. e 1098 ng/g b.l. nel primo campionamento e 11 ng/g b.l., 6,4 ng/g b.l. e 271 ng/g b.l. nel secondo campionamento. L’analisi dei congeneri di PCB, PCDD, PCDF e PCN ha evidenziato la relazione tra profilo di accumulo nei tessuti e modalità del trasporto atmosferico dei POPs a livello globale. Sessione AMBIENTI ESTREMI 14 R. DELFANTI 1, R. MELONI 2, C. PAPUCCI 1, S. ALIANI 2, G. BARTHOLINI 1, F. DEGL’INNOCENTI 2, C. GALLI 2, E. LAZZONI 2, R. LORENZELLI 3, A. MALAGUTI 4, S. SALVI 3, A. ZABORSKA 1 1 ENEA 3 ENEA – Centro ricerche marine, La Spezia, Italia; 2 CNR – ISMAR sezione di Lerici, La Spezia, Italia – Centro ricerche Brasimone, Bologna, Italia; 4 ENEA – Centro ricerche “E. Clementel”, Bologna, Italia PROCESSI OCEANOGRAFICI NELLA PARTE PIÙ INTERNA DEL KONGSFJORD (SVALBARD): RISULTATI DELLE CAMPAGNE DI MISURE MULTIDISCIPLINARI DEL 2000 E DEL 2001 Keyword: Artico, oceanografia, sedimentazione, cambiamento climatico. Nel settembre 2000 e nel settembre 2001 sono state effettuate due campagne di misura nel Kongsfjord (Svalbard), nella zona compresa fra il bordo dei ghiacciai e il mare aperto. La rierca si proponeva di investigare su: 1. le caratteristiche della circolazione e l’idrologia in questo particolare ambiente; 2. le possibili conseguenze sui processi idrodinamici, sedimentari e biologici dell’apertura del “recente” passaggio l’isola Blomstrand e il ghiacciaio omonimo. Alla fine dell'estate, acqua calda (4,5°C) e salata (>33 psu) penetra nella parte più interna del fiordo lungo la costa meridionale ad una profondità di circa 20 m. Seguendo un percorso antiorario lungo il fronte dei ghacciai che si affacciano sul fondo del fiordo l’acqua diventa più fredda e meno salata. Uno strato di acqua “fredda” e “dolce”, formata dalla fusione dei ghiacciai, “galleggia” a circa 5 m di profondità e fluisce verso il mare aperto attraverso il passaggio che si è aperto fra l’isola di Blomstrand e l'omonomo ghiacciaio; uno strato di acqua densa occupa la profonda depressione intermorenica. Il passaggio si è formato recentemente a causa del ritiro del fronte del ghiacciaio, quando tale passaggio era chiuso, la circolazione interna era più limitata e riguardava solamente la parte a Sud del bacino glaciale. Si è notato come processi sedimentari e biologici nella parte più interna del Kongsfjord siano influenzati dal nuovo regima di correnti. Il tasso di sedimentazione è maggiore nella parte a Sud del Kongsvegen (>1,8 g cm-2 y-1), e risulta di un ordine di grandezza maggiore di quello al traverso fra Ny Ålesund e Blomstrand (0,1-0,2 g cm-2 y-1), e due ordini di grandezza maggiore di quello all'esterno del fiordo sullo shelf continentale (<0,1 g cm-2 y-1). Questi dati sono consistenti con i tempi di residenza stimati delle particelle nelle colonna d'acqua (rilevati dallo squilibrio 238U-234Th), che sono molto minori nella parte interna del fiordo (5-10 days) che nello shelf continentale (15-30 days). Questo suggerisce la presenza di un tasso di sedimentazione maggiore avvicinandosi all'interfaccia ghiacciai-mare. I dati da profili verticali di radionuclidi che tracciano la sedimentazione (210Pbex) mostrano una forte sedimentazione vicino al Kongsbreene dentro il Lovenøyane. Il tasso di sedimentazione diminuisce entrando dentro Dyrevika e nel passaggio Blomstrand, in relazione sia alla distanza dalla sorgente principale (Randvika con flussi di 7 g m-2 d-1 in settembre), e anche perchè l’alta energia associata alle masse d’acqua attraverso il passaggio Blomstrand non permette la caduta delle particelle. L’interfaccia tra ghiacciai e mare presenta tipici input di origene terrigena: alti valori di feopigmenti Clorofilla b e c. L’alto contenuto di solidi sospesi (TSS superficiale > di 100 mg dm-3) costituisce il principale parametro che influenza negativamente la produzione primaria III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 15 e la biomassa. Il basso rapporto POC/PON evidenza input di materia organica fresca forse derivante da zooplancton morto per lo shock termoalino a contatto con l’acqua gelida del ghiacciaio. I bassi valori di materia organica dipendono anche dalla presenza di grandi quantità di particelle inorganiche. La soglia che collega Gerdøya a Lovenøyane agisce come una trappola per le particlle più fini che si aggregano e cadono vicino all'interfaccia mare-ghiacciao, cosi che l'accumulo preferenziale è nella depressione intermorenica. La parte meridionale del fiordo, sebbene influenzata da acqua oceanica (alti valori di clorofilla a) mostra anche i contributi terrigeni. a) vicino all’entrata del fiordo presenza di clorofilla b e c e alti rapporti POC/PON suggeriscono inputs da Brøgger Halvøya e b) i profili CTD mostrano lenti di acqua dolce (forse originati da input da Bayleva) che si allungano lungo la costa. Sessione AMBIENTI ESTREMI 16 A. DELL’ANNO 1, A. PUSCEDDU 1, C. MISIC 2, M. FABIANO 2 1 Istituto di Scienze del Mare, Università di Ancona, Via Brecce Bianche, 60131 Ancona e-mail: [email protected] 2 Dipteris, Università di Genova, Viale Benedetto XV, 5, 16100 Genova MICROBIAL LOOP FUNCTIONING IN THE ANNUAL SEA ICE AT TERRA NOVA BAY Keywords: Sea ice, Antarctic, microbial loop. During the 13th and 15th Italian Antarctic expeditions, in the framework of the PIPEX (Pack Ice Plankton Experiment) and PIED (Pack Ice Ecosystem Dynamics) programs, we investigated microbial loop functioning in the annual pack ice at Terra Nova Bay (74°41.72’ S, 164°11.63’ E). Both intact sea ice and platelet ice samples were analysed for organic matter biochemical composition, bacterial abundance and biomass, extracellular enzymatic activities and bacterial C production. In the intact sea ice, biopolymeric organic C largely accumulated in the deepest layer of the ice column (i. e. bottom ice, 20 cm above the ice-water interface), where concentrations reached extremely high values (range 9.2-25.3 mg C l-1). Such huge amounts of organic C were mostly represented by autotrophic biomass, but largely unaccounted for by bacterial biomass. Bacterial abundance (up to 1.3 109 cells l-1) and extracellular enzymatic activities (amino-peptidase activity up to 24.3 µM h-1) were also extremely high suggesting very high rates of organic C degradation in the bottom sea ice. Despite this, bacterial C production values were very low (range 5-30 ng C l-1 h-1), indicating that most of the organic C in the bottom sea ice was not channelled into bacterial biomass. In the platelet ice we found similar organic C concentrations, bacterial abundance and biomass values and even higher extracellular enzymatic activities. However, bacterial C production values (range 800-4200 ng C l-1 h-1) were up to three orders of magnitude higher than in the intact bottom sea ice. In order to investigate possible causes of such discrepancy, we carried out microcosm and field experiments to test a possible inhibiting effect of dissolved organic material deriving from sympagic algae on bacterial C production. Results of these experiments indicate that whilst dissolved material obtained from platelet ice strongly enhanced bacterial growth, dissolved material obtained from the bottom sea ice, rich in autotrophic biomass, determined a significant inhibition of bacterial metabolism. Such difference is likely due to the different autotrophic assemblages inhabiting bottom and platelet sea ice. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 17 D. FLOCCO 1, 2, N. R. T. BIGGS 3, E. ZAMBIANCHI 2, P. WADHAMS 1 1 Scott Polar Research Institute, Lensfield Road Cambridge, CB2 1ER, UK 2 Università degli Studi di Napoli “Parthenope” 3 Keele University e-mail: [email protected] A STUDY OF THE POLYNYAS IN THE ROSS SEA AREA Keywords: polynya, ice collection depth, heat fluxes, sea ice production. The Ross Sea polynya is a complex oceanographic feature with a strong influence on the heat balances of the Ross Sea. The opening of the Ross Sea polynya depends on three main factors: the katabatic surges associated with the cyclogenesys events on the Siple coast, the katabatic flow down the glaciers in the Eastern Ross Sea and the katabatic winds blowing from the Transantarctic Mountains, which are turned aside by Ross Island (Bromwich et al., 1998). In this work, the polynya opening and closure in 1995-1999 is studied. A flux model (Biggs et al., 2000) is applied to a few case study in order to describe the polynya behaviour. A new parameterisation of the ice drift whitin the polynya is applied in this study. Heat fluxes and sea ice production will be evaluated by using bulk formulae. The meteorological input for the calculations are provided by the European Center for Medium-range Weather Forecasting. Sea ice concentration data will be used in order to validate the model. Daily ice concentration data were retrieved by using the Sea Lion algorithm to obtain maps of the polynya area with a spatial resolution of 12.5x12.5 km2 (Kern and Heygster, 2001; Kern, 2001). This is achieved using the polarization difference of 85 GHz brightness temperatures acquired by the Special Sensor Microwave/Imager (SSM/I). This study focuses on the Ross Sea Polynya, but nevertheless the Terra Nova Bay polynya case will be investigated. Sessione AMBIENTI ESTREMI 18 III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 19 R. LA FERLA, F. AZZARO, G. MAIMONE, M. AZZARO R. MELIS *, G. SALVI I.A.M.C. – Istituto Sperimentale Talossagrafico (CNR) di Messina Spianata S. Raineri, 86 – 98122 Messina (Italy) – e-mail: [email protected] Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine Via E. Weiss, 2 – 34127 Trieste – * e-mail [email protected] VARIABILITÀ SPAZIO-TEMPORALE DELLA BIOMASSA MICROBICA E DELL’ATTIVITÀ RESPIRATORIA NEL MARE DI ROSS (ANTARTIDE) I FORAMINIFERI TARDO-QUATERNARI DEL MARE DI ROSS (ANTARTIDE): SOPRAVVIVENZA IN AMBIENTI ESTREMI Keywords: Biomassa microbica, respirazione, Mare di Ross. Keywords: foraminiferi, Mare di Ross, fasi glaciali/interglaciali, paleoclima. Nell’ambito del progetto nazionale di ricerche in Antartide (PNRA) il nostro team ha partecipato negli ultimi dieci anni a diverse campagne oceanografiche nel mare di Ross, acquisendo un data set importante per l’area in oggetto. I focus dei diversi progetti a cui abbiamo partecipato erano molteplici, il nostro interesse comunque è stato rivolto al comparto microbico che regola sia le fasi produttive che ossidative della sostanza organica nelle catene trofiche antartiche. Lo standing stock microbico è stato valutato ripetutamente con misure dirette (conteggio picoplankton totale e fototrofo) e indirette (adenosin-tri-fosfato nelle frazioni pico-, nano- e micro-planktonico, lipopolisaccaridi) così come l’ossidazione della sostanza organica, attraverso l’attività respiratoria. I dati saranno guardati per la prima volta in maniera integrata, considerando una visione spazio-temporale dei risultati al fine di fornire un quadro generale dell’assetto ecologico del mare di Ross. I campioni di acqua di mare sono stati prelevati dal 1989 al 2001 in ambienti tra loro diversificati: zone eufotiche ed afotiche, stazioni costiere e pelagiche, zone marginali e libere dai ghiacci. Alcune stazioni strategicamente importanti o sede di moorings, sono state ripetutamente campionate nei diversi periodi della primavera ed estate australe. In generale è stata evidenziata una elevata variabilità della biomassa microbica regolata dalle diverse fasi di scioglimento dei ghiacci. Nonostante la prevalenza generalizzata della componente microplanctonica, soggetta a successivi blooms, sono stati osservati repentini cambiamenti sia quantitativi che strutturali delle biomasse. Il picoplancton ha costituito dal 22% al 2% della total biomassa, raggiungendo anche picchi del 60%. L’attività respiratoria nelle diverse zone studiate, mostra nel complesso lenti tempi di turnover anche in presenza di elevate biomasse microplanctoniche. L’attività ossidativa del microplancton non remineralizza efficacemente la sostanza organica presente che può essere soggetta a export laterale o verticale in relazione alle diverse dinamiche delle masse d’acqua riscontrate nelle aree in studio. Le zone polari sono ambienti estremi non solo a causa delle temperature estremamente rigide, ma anche per la grande variabilità dei fattori abiotici e biotici che condizionano e regolano le modalità di vita degli organismi endemici. L’elevato perdurare dell’inverno, che si alterna a mesi di perenne insolazione, l’instabilità chimico-fisica delle masse d’acqua, la presenza di lingue glaciali e le strette interferenze con i fondali che ne derivano, tendono a selezionare in modo severo la presenza degli organismi. Inoltre, le variazioni climatiche del tardo Quaternario hanno profondamente influito sui settori più costieri del continente antartico. Studi interdisciplinari eseguiti su sedimenti marini del Mare di Ross indicano che le principali calotte glaciali (Western Antarctic Ice Sheet e Eastern Antarctic Ice Sheet) hanno subito fasi di avanzata e ritiro relative ai principali cicli glaciali, come testimoniato anche dalle caratteristiche morfologiche della piattaforma continentale (Brambati et al., 1999; Domack et al., 1999; Shipp et al., 1999; Brambati et al., in press). Ulteriori studi evidenziano come tale evoluzione abbia chiaramente influenzato la composizione delle associazioni a foraminiferi (presenza/assenza, cambiamenti di associazioni, fenomeni legati al trasporto ed alla dissoluzione dei gusci) (Kellogg et al., 1979; Jennings et al., 1995; Melis et al., in press), che in tal modo possono rappresentare valida testimonianza delle principali modificazioni ambientali dovute alle oscillazioni delle lingue glaciali nel Mare di Ross. Obiettivo del lavoro è lo studio dei foraminiferi rinvenuti in successioni marine degli ultimi 40.000 anni, al fine di definire la risposta di tali associazioni ai momenti di crisi ambientale correlati alle principali oscillazioni delle calotte. I dati presentati, relativi allo studio di 15 carote prelevate in diversi settori del Mare di Ross occidentale, sono parte integrante di studi interdisciplinari eseguiti nei programmi del “Progetto Nazionale di Ricerche in Antartide” . L’analisi micropaleontologica delle carote suddette ha registrato condizioni estreme che si sono impostate durante la fase glaciale del tardo Pleistocene evidenziate dalla totale assenza di foraminiferi nei sedimenti del Drygalski Basin, dove Brambati et al., (1999) suppongono la presenza di una calotta glaciale ancorata. Viceversa, la coeva presenza di una calotta galleggiante, sebbene ancorata lungo i bordi, nel Joides Basin ha permesso l’instaurarsi di una fauna a foraminiferi bentonici dal guscio calcareo. Fra questi Globocassidulina spp. e Trifarina angulosa sono le specie meglio rappresentate; il grado di frammentazione dei gusci potrebbe indicare fenomeni di trasporto o aggressività delle acque. Il successivo ritiro delle calotte glaciali, relativo al ristabilirsi delle condizioni climatiche dell’Olocene, implica evidentemente grandi variazioni nei flussi e direzioni delle diverse masse d’acqua, nonché delle caratteristiche di temperatura e salinità delle stesse (Kellogg et al. 1979). Così a livelli che presentano elevate concentrazioni di foraminiferi calcarei dimensionalmente ben classati, presumibilmente legate a fattori di selezione nel trasporto a causa di forti correnti di fondo, si alternano intervalli nei quali si assiste ad una scomparsa di tutte la 20 Sessione AMBIENTI ESTREMI faune a foraminiferi. Anche se le condizioni climatiche sono migliorate, la presenza esclusiva di foraminiferi agglutinanti a cemento siliceo, quali Miliammina spp., indica che le condizioni di aggressività delle acque sono fortemente aumentate. Tale associazione, tipica dei bacini Drygalski e Joides Basin (profondi fino a 1000 m), indica, inoltre, che la CCD è posizionata a batimetrie maggiori rispetto a quelle relative del periodo glaciale precedente. Oscillazioni nel numero di specie e di individui, nell’analisi delle faune a foraminiferi oloceniche, hanno evidenziato come anche questo periodo, climaticamente più stabile, abbia registrato momenti di variabilità ambientale e/o climatica, come evidenziato anche per il settore settentrionale della piattaforma continentale (Melis et al., in press). L’analisi delle faune a foraminiferi, rinvenute nelle carote analizzate, ha quindi dato modo di estrapolare la successione di cambiamenti ambientali precedenti e successivi all’ultimo massimo glaciale. Tale analisi ha permesso, inoltre, di evidenziare la diacronicità degli eventi climatici in queste aree confermando così le diverse modalità di arretramento o avanzamento delle diverse lingue glaciali. Bibliografia BRAMBATI A., MELIS R., QUAIA T., SALVI G. (in press) – Late Quaternary Climatic Changes in the Ross Sea Area (Antarctica). Proc., 8th International Symposium on Antarctic Earth Sciences, Wellington, New Zealand. BRAMBATI A., FANZUTTI G. P., FINOCCHIARO F., MELIS R., PUGLIESE N., SALVI G., FARANDA C. (1999) – Some paleoecological remarks on the Ross Sea Shelf, Antarctica. In: F. Faranda, E. Guglielmo, A. Ianora (Eds.), Ross Sea Ecology, ItaliAntartide Expeditions (1987), Springer-Verlag, 51-61. DOMACK E. W., JACOBSON E. A., SHIPP S., ANDERSON J. B. (1999) – Late Pleistocene-Holocene retreat of the West Antarctic Ice-Sheet system in the Ross Sea: Part 2 – Sedimentologic and stratigraphic signature. GSA Bull., 111 (10), 1517-1536. JENNINGS A. E., XIAO J., LICHT K. J., ANDREWS J. T. (1995) – Benthic foraminiferal assemblages from the western Ross Sea: approximately 30,000 years ago to present. Antarctic Jour. of U.S., 30, 26-28. KELLOGG T. B., OSTERMAN L. E., STUIVER M. (1979) – Late Quaternary sedimentology and benthic foraminiferal paleoecology of the Ross Sea, Antarctica. Jour. Foram. Res., 9 (4), 322-335. MELIS R., COLIZZA E., PIZZOLATO F., ROSSO A. (in press) – Foraminiferal evolution in the Ross Sea Area: taphonomic and paleoecologoical implications. Gebios. SHIPP S., ANDERSON J., DOMACK E. (1999) – Late Pleistocene-Holocene retreat of the West Antarctic IceSheet system in the Ross Sea: Part 1 – Geophysical results. GSA Bull., 111 (10), 1486-1516. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 21 S. PUCCIARELLI, P. BALLARINI, C. MICELI Dipartimento di Biologia Molecolare, Cellulare e Animale, Università di Camerino e-mail: [email protected] MECCANISMI MOLECOLARI RESPONSABILI DELL’ADATTAMENTO DELL’α– E β–TUBULINA NEL CILIATO ANTARTICO EUPLOTES FOCARDII Keywords: organismi psicrofili, microtubuli, stabilità al freddo, protozoi ciliati, polimerizzazione. In seguito al raffreddamento dell’Oceano Antartico, molti organismi si sono diversificati dalla specie ancestrale adottando strategie evolutive per fronteggiare le mutate condizioni ambientali, ed alcune delle molecole da loro prodotte hanno subito modificazioni strutturali che ne permettono il funzionamento nelle condizioni climatiche estreme. Lo studio di proteine funzionali al freddo ha suscitato di recente un ampio interesse scientifico in quanto la loro applicazione nel campo industriale offre importanti prospettive biotecnologiche. È noto che in organismi non adattati al freddo i microtubuli, polimeri di α- e β-tubulina implicati in molti processi vitali della cellula eucariotica, disassemblano nei loro costituenti se portati alle basse temperature, quindi negli organismi psicrofili le tubuline hanno accumulato durante l’evoluzione delle modificazioni sostanziali che ne permettono la polimerizzazione al freddo. Come contributo alla comprensione dei meccanismi molecolari responsabili di questo fenomeno, da diversi anni stiamo caratterizzando le tubuline di Euplotes focardii, un protozoo ciliato endemico dell’Oceano Antartico e strettamente psicrofilo. I geni codificanti l’α- e la βtubulina di questo organismo e le sequenze proteiche predette sono state confrontate con quelle di specie di Euplotes che vivono in ambienti temperati, alla luce delle recenti risoluzioni strutturali dell’eterodimero di tubulina. I risultati di questa analisi si possono riassumere nei seguenti punti: a) l’α-tubulina è codificata da un singolo gene e la sequenza amminoacidica predetta prevede tre sostituzioni uniche rispetto quelle degli altri Euplotes potenzialmente rilevanti per l’adattamento al freddo. La β-tubulina è codificata da quattro geni e le sequenze proteiche predette hanno permesso di identificare diversi isotipi con un alto numero di sostituzioni amminoacidiche. Eventi multipli di duplicazione genica (raramente riscontrati in eucarioti unicellulari) potrebbero costituire una strategia per creare un “pool” di isotipi di β-tubulina, di cui alcuni maggiormente modificati per guidare la dinamica dei microtubuli al freddo; b) il confronto strutturale dell’α- e β-tubulina di E. focardii con la recente risoluzione della conformazione del dimero di tubulina di mammifero ha evidenziato la localizzazione delle modificazioni di E. focardii in regioni della molecola che interagiscono tra loro sia nella costituzione di contatti laterali, cruciali per mantenere i microtubuli nella conformazione “straight” adeguata per l’assemblaggio, che di contatti longitudinali, fondamentali nella formazione dei protofilamenti. Queste sostituzioni amminoacidiche aumentano la superficie idrofobica dei siti di interazione degli eterodimeri di tubulina, per cui il processo di polimerizzazione, guidato principalmente da interazioni idrofobiche, è favorito a basse temperature; c) sostituzioni amminoacidiche che aumentano la flessibilità della molecola sono localizzate in regioni della tubulina coinvolte nell’interazione con le proteine associate ai microtubuli (MAPs), per cui potrebbero favorire queste associazioni in condizioni energetiche sfavorevoli come quelle dell’habitat antartico (lavoro finanziato dal “PNRA”). Sessione AMBIENTI ESTREMI 22 P. RIVARO 1, A. BERGAMASCO 2, G. BUDILLON 3, R. FRACHE 1, R. HOHMANN 4 S. MASSOLO 1, G. SPEZIE 3 1 Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale – Università di Genova, Via Dodecaneso 31, 16146 Genova e-mail: [email protected] – 2 Istituto per lo Studio della Dinamica delle Grandi Masse, CNR, Venezia 3 Istituto di Meteorologia e Oceanografia – Università Parthenope – Napoli 4 Lamont Doherty Earth Observatory – Columbia University – New York (U.S.A.) STUDIO DEI PROCESSI DI MESCOLAMENTO E DI VENTILAZIONE DELLE MASSE D’ACQUA NEL MARE DI ROSS (ANTARTIDE) MEDIANTE CLOROFLUOROCARBURI Keywords: CFC11, CFC12, Mare di Ross, HSSW. Lo studio dei livelli di concentrazione dei traccianti chimici transienti che, in una massa d’acqua, dipendono dal tempo di contatto con l’atmosfera, è un metodo utile per studiare i processi di formazione e di diffusione delle acque e valutare le scale di tempo tipiche per la residenza o la ventilazione. I cloro fluoro carburi (CFC) sono tra i traccianti transienti maggiormente utilizzati per studi oceanografici, in modo particolare il CCl3F (CFC-11), il CCl2F2 (CFC-12) e il C2Cl3F3 (CFC-113). Nel Mare di Ross, in zona di piattaforma, l’interazione tra atmosfera e strati superficiali contribuisce alla produzione di Shelf Waters che, a causa della loro elevata densità, muovono verso il margine della piattaforma interagendo con la Modified Circumpolar Deep Water (MCDW). Questo processo porta alla formazione di acque di fondo, che lungo la scarpata sprofondano contribuendo alla formazione di Antarctic Bottom Waters (AABW). Tali processi imprimono caratteristici segnali dei CFC nelle acque oceaniche intermedie e profonde. I campioni di acqua per la determinazione dei CFC oggetto di questo studio sono stati raccolti nel corso della Campagna Oceanografica della XVI Spedizione Italiana in Antartide (2001), nell’ambito delle attività del Progetto CLIMA, il cui obiettivo principale è proprio lo studio dei processi di formazione, diffusione e ventilazione delle masse d'acqua nel mare di Ross. Il sub campionamento di acqua dalle bottiglie Niskin è stato effettuato, tramite opportuni campionatori, in ampolle di vetro successivamente sigillate mediante fusione in atmosfera di azoto ultrapuro, per evitare contaminazione da parte dell'atmosfera. Le concentrazioni di CFC sono state determinate mediante gas cromatografia con rivelatore ECD, preceduto da un sistema purge and trap. Le acque superficiali (AASW) mostrano elevate concentrazioni di CFC-11 (6-7 pM kg-1) a causa degli scambi con l’atmosfera, mentre le acque che si formano sulla piattaforma continentale (Shelf Waters) sono caratterizzate, oltre che da basse temperature, da concentrazioni di CFC-11 intorno a 5 pM kg-1 e CFC-12 intorno a 3 pM kg-1, che sottolineano il contributo di acque superficiali nei processi di formazione. Le distribuzioni di CFCs e dei parametri fisici (temperatura, salinità, densità) trattate in termini di transetti verticali lungo la scarpata e lungo Victoria Land mostrano forti correlazioni mettendo in evidenza sia le zone dove i processi di mescolamento tra le acque di shelf e la MCDW sono più importanti, sia traiettorie preferenziali di trasporto delle acque neo ventilate. I dati elaborati saranno mostrati e commentati offrendo spunti di discussione per i processi più interessanti allo studio come le scale temporali di formazione, di mescolamento e diffusione, i volumi prodotti ed esportati. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 23 A. RIZZELLO 1, M. A. CIARDIELLO 2, R. ACIERNO 1, G. DI PRISCO 2, C. STORELLI 1, M. MAFFIA 1 1 Lab. of General Physiology, Department of Biological and Environmental Science and Technology University of Lecce, Prov. Lecce Monteroni, 73100 Lecce 2 Institute of Protein Biochemistry and Enzymology, CNR, Via Marconi 12, 80125 Napoli e-mail [email protected] FUNCTIONAL AND STRUCTURAL CHARACTERISATION OF CARBONIC ANHYDRASE IN GILLS OF THE ANTARCTIC HAEMOGLOBINLESS TELEOST CHIONODRACO HAMATUS Keywords: Nothothenioidei, Chaenichthyidae, Antarctic teleost, haemoglobinless, pH homeostasis, carbonic anhydrase, gills. Gill carbonic anhydrase (CA) of teleosts is related to the various functions of the respiratory epithelium such as: gas exchange, acid-base balance and osmoregulation. In the haemoglobinless and erythrocytless Antarctic fishes, gill CA could be also involved in the maintenance of the CO2/HCO3- physiological equilibrium. To get light on this question, we have purified and characterised the branchial cytosolic CA isoform of the Antarctic icefish Chionodraco hamatus. CA purification was performed by a chromatography on sulphanilamide sepharose and the enzymatic activity was measured at 0°C and 18°C (Maffia et al., J. Exp. Biol. 204: 3983-3992, 2001). Similar analyses were performed on two red-blooded species, Trematomus bernacchii and Anguilla anguilla. The turnover rate of the icefish CA isoform was significantly higher than that found in the red-blooded species. The isoform from the haemoglobinless species exhibited lower Kmapp and heat stability than those from A. anguilla. The sensitivity to sulphonamides was similar in all species and was within the range of the mammalian CA II isoform. As derived from SDS gel electrophoresis, the branchial CA isoforms of C. hamatus, T. bernacchii and A. anguilla displayed relative molecular weights (Mr) of 28.9, 29.9 and 31.2 kDa, respectively. The complete amino acid sequence of C. hamatus branchial CA was established by direct protein sequencing, and consists of 259 residues. Alignment of icefish CA sequence with homologous enzymes showed high identity with zebrafish (78%) and Tribolodon hakonensis (72%) CAs, whereas a significantly lower value was observed with Platichthys flesus (57%) CA and human CAH2 (62%). The total number of negatively charged residues of icefish CA is higher than that of other teleost homologous enzymes. Furthermore, a lower number of positively charged residues gives a theoretical pI of icefish CA (5.58) significantly lower than that of zebrafish (7.29) and T. hakonensis (7.05) CAs. The number of Cys residues is similar in C. hamatus (6), T. hakonensis (7), P. flesus (7) CAs, but lower in zebrafish CA (3). In conclusion, results indicate that a novel CA variant with high turnover rate is located in the respiratory epithelium of the icefish. Further structural analysis of Antarctic and mesophilic CAs, will be an important tool to shed light on the molecular mechanisms of enzyme adaptation to low temperatures. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 25 M. R. BALDASSINI 1, S. PICCHIETTI 1, F. BUONOCORE 1 L. MASTROLIA 1, N. ROMANO 1, L. ABELLI 2 1 Department of Environmental Sciences, Tuscia University, Viterbo – e-mail: [email protected] 2 Department of Biology, University of Ferrara INFLUENCE OF THE MESOPELAGIC ENVIRONMENT ON IMMUNE SYSTEM DEVELOPMENT: A STUDY ON LYMPHOMYELOID ORGANS OF THE TELEOST ARGYROPELECUS HEMIGYMNUS (COCCO) Keywords: hatchet fish, mesopelagic teleost, immune system. Sessione AMBIENTI ESTREMI Poster The mesopelagic environment is characterised by steady conditions of scarcity of light and food, low temperature and high pressure, thus forcing very peculiar morpho-physiological adaptations of living organisms. The histology of lymphomyeloid organs was analysed during ontogeny of the teleost Argyropelecus hemigymnus (Cocco), a circumglobal seawater species living at 100-700 m (depth) which, due to strong upsloping currents, can be stranded on the shore of the Messina straits or even caught by a hand net on the sea surface. Hatchet fish specimens (N = 21, 9-40 mm body length) were fixed in Bouin and embedded in paraffin. Observations were made on serial whole body sections opportunely stained to detect the tissue organization of the main haematopoietic organs described in teleosts (thymus, kidney, spleen and intestine). The thymus, primary lymphoid organ in all teleost species studied so far, was detected in only 2 out of 18 specimens analysed (1 post-larva and 1 adult). It is located bilaterally on the dorsal-caudal portion of both gill chambers (cranio-caudal length: 60 µm in the post-larva, 150 µm in the adult), houses a very low number of lymphoid cells, is lined by an inner connective capsule (more evident in the adult) and a monolayer of subcapsular limiting cells (likely epithelial). The cephalic portions of the kidney (head-kidney) were constituted by two separate masses (enlarging during development) housing a few aglomerular renal tubules, a significant amount of lympho-myeloid cells (also occurring in the opisthonephros, as in other teleosts) and large groups of huge cells (eosinophilic, RNA-poor and PAS-negative) never described in other teleosts. The opisthonephros mainly deals with excretory function revealed by more numerous renal tubules and quite large glomeruli. The spleen, detected from post-larvae onwards, appeared almost exclusively erythropoietic. Only a few, scattered leucocytes (lymphoid cells and some granulocytes) are in the intestinal mucosa of all specimens examined. The lymphoid elements are located both intraepithelial and in a thin lamina propria. An immunological protection of the gut mucosa is therefore suggested. Both submucosal and muscular layers appear poorly developed. These results indicate that peculiar environmental factors (among which poor antigenic stimulation could be determinant) can influence even the general anatomy of the teleost immune system. Sessione AMBIENTI ESTREMI 26 A. BERGAMASCO National Research Council, ISMAR, 1364 S. Polo, 30125 Venice, Italy e-mail [email protected] III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 27 S. BORIN 1, T. BRUSA 1, A. FAVINI 1, C. CORSELLI 2, G. D’AURIA 3, M. M. YAKIMOV 3 L. GIULIANO 3, T. J. MCGENITY 4, A. SASS 4, C. TAMBURINI 5, D. DAFFONCHIO 1 1 University of Milan, DISTAM, Via Celoria 2, 20133 Milano, Italy, e-mail: [email protected] of Milan-Bicocca, DGSG, P.zza della Scienza 4, 20126 Milano, Italy 3 CNR, Istituto Sperimentale Talassografico, Spianata S. Raineri 86, 98100 Messina, Italy 4 University of Essex, Dept. Biological Sciences, Central Campus, Wivenhoe Park, Colchester, U. K. 5 CNRS-INSU UMR 6117, Microbiologie Marine, COM, Case 907, Campus de Luminy, 13288 Marseille Cedex 09, France 2 University MODELLING DOWN SLOPE FLOW OF ROSS SEA BOTTOM WATER Keywords: down slope, model, C. Adare, H site. Recent high resolution observations carried out along the Ross Sea continental shelf break shown evidence of down slope flow of Antarctic Bottom Waters. Using these observations an idealized initial condition domain was set up: Antarctic Surface Water (AASW) at the surface and subsurface layer (0-100 m), Circumpolar Deep Water (CDW) in the northern edge (200-600 m), Ross Sea Shelf Water (SW) in the southern edge (400-500 m.). Starting from this “standard” Ross Sea continental shelf break configuration a 3d GCM model (POM) of the down slope flow evolution was carried out. Two different runs are computed showing the evolution of an ISW descent plume overflow and an HSSW down slope flow, with the aim of estimate the dynamical parameters as volume of production, θ/S characteristic of water production, when the stream tube is in geostrophic equilibrium and the Ekman drainage is constant. Model results will be compare with the two CLIMA Project data sets; C. Adare region for HSSW simulation and site H region for ISW overflow. MICROBIAL COMMUNITIES IN THE WATER COLUMN OF THE URANIA BASIN (EASTERN MEDITERRANEAN SEA) Keywords: Mediterranean Sea, deep hypersaline anoxic basin, Urania basin, water column, microbial community. The Urania basin is a deep hypersaline anoxic lake located in the eastern Mediterranean Sea; the Urania brine is an extreme environment, characterised by absence of oxygen, high salinity, high sulphide content and high pressure. The brine has a very high density and presents a steep chemocline at the seawater-brine interface which acts as a particle trap, and could be inhabited by a rich microbial community with high activity, as compared with the overlying deep seawater. We studied changes in microbial abundance, diversity, and activity with depth in the Urania basin, from seawater (1500 m deep) to the brine-sediment interface (3500 m deep), sampled during the R/V Urania cruise in August 2001. The brines interface had more microorganisms than the overlying deep seawater, as shown by total cell counts performed with 4,6-diamidino-2-phenylindole and by quantification of total DNA: total microorganisms in the interface were one order of magnitude higher than in the brines (1,5 105 cells/ml), which were slightly higher than in the overlying seawater. Moreover, aminopeptidase and phosphatase activities, and bacterial production rates confirmed that the seawater-brine interface represents a water layer with high microbial activities relatively to the “oxic” seawater above. These results have been confirmed by Real-Time PCR quantification of total prokaryotic rDNA, using universal primer and TaqMan probe systems. Archaea/Eubacteria relative proportions have been established with Fluorescent In Situ Hybridisation (FISH), using probes specific for the two prokaryotic domains. Results showed that Archaea increase from the seawater-brine interface to the brines, while the number of Eubacteria decrease with the depth. The diversity of microbial communities inhabiting DHABs was analysed with different DNA-fingerprinting methods based on the amplification of 16S rDNA (DGGE, ARDRA, T-RFLP) and on the 16S-23S rDNA spacers (ARISA and ITS-HHP) using primers specific for Eubacteria or Archaea. Comparison of the fingerprints showed that the seawater-brine interface and the brine are inhabited by specific microbial populations which are very different from those in the upper seawater. This work has been done in the ambit of the BIODEEP project which is a FP5 EC Project (Contract EVK3-2000-22057), http://www.geo.unimib.it/BioDeep/Project.html Sessione AMBIENTI ESTREMI 28 A. BRAMBATI 1, E. COLIZZA 1, F. FINOCCHIARO 1, G. FONTOLAN 1 F. GIGLIO 2, L. LANGONE 2, M. RAVAIOLI 2 1 Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine, Università degli Studi, via E. Weiss 2, 34127 Trieste e-mail [email protected] 2 ISMAR-CNR, Sezione di Bologna, via Gobetti 101, 40129 Bologna SEDIMENTI BIOSILICEI SEPOLTI NELL’AREA DI CAPE HALLETT (MARE DI ROSS, ANTARTIDE): IMPLICAZIONI PALEOAMBIENTALI III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 29 G. BUDILLON 1, D. FLOCCO 1, 2, S. KERN 3, F. NAPOLI 1 1 Istituto di Oceanografia e Meteorologia, Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, Italia e-mail [email protected] 2 Scott Polar Research Institute, University of Cambridge, UK 3 Institute of Oceanography, University of Hamburg, Germany OSSERVAZIONI SULLA DINAMICA DELLA POLYNYA DEL MARE DI ROSS DURANTE GLI ANNI 1995-1999 Keywords: Mare di Ross, laminazioni, paleoclima. Keywords: dati telerilevati, ghiaccio marino, Mare di Ross, polynya, venti catabatici. La letteratura relativa agli studi tardo quaternari in Penisola Antartica ha messo in evidenza come i fiordi, o più in generale gli ambienti protetti, siano siti sensibili per lo studio in dettaglio delle variazioni climatiche oloceniche in quanto ambienti marginali con elevati tassi di sedimentazione. Fino ad ora gli studi effettuati, nell’ambito del PNRA, nel Mare di Ross, sono stati indirizzati alla conoscenza di fluttuazioni climatiche nei bacini presenti sulla piattaforma continentale. Alle aree costiere è stata data minor attenzione in quanto reputate sede di sedimentazione grossolana legata all’apporto dei ghiacciai che attraversano le montagne transantartiche. Durante la campagna 2001-2002, invece, è stata prelevata una carota nella baia di fronte a Cape Hallett. La carota è caratterizzata, dall’alto in basso, da 3 metri di sabbie vulcanoclatiche seguite da poco più di un metro di sedimenti fini. Questi sedimenti fini sono nettamente laminati con laminazioni piano parallele di spessore medio di un cm e una forte differenziazione cromatica dal black (5y 2.5/1) al pale yellow (5y 7/4) passando per varie gradazioni di verde oliva (Munsell Soil Color Chart). Smear slides effettuate su alcuni livelli indicano la prevalenza di diatomee nelle lamine chiare ed una maggior presenza della componente inorganica in quelle scure. La presenza di fanghi a diatomee al di sotto di materiale più grossolano contrasta con la situazione stratigrafica che si ritrova in molte aree della piattaforma del Mare di Ross in cui i fanghi a diatomee rappresentano la sedimentazione attuale, legata al definitivo ritiro della piattaforma di ghiaccio galleggiante. Sulla carota sono in corso analisi tessiturali, del carbonio organico e di silice biogenica. Queste analisi e le datazioni con il metodo del radiocarbonio dovranno chiarire la cronologia degli eventi ed il loro significato paleoambientale. Le polynya del Mare di Ross costituiscono un complesso fattore oceanografico che esercita una forte influenza sui bilanci di calore, sulle modificazioni subite dalle masse d’acque e sul mantenimento della produzione primaria e secondaria della regione. L’apertura della polynya del Mare di Ross, la più estesa della regione, dipende da tre importanti fattori che determinano significativi flussi catabatici: quelli associati con gli eventi di ciclogenesi che si sviluppano sulla Siple Coast nel settore a est del Mare di Ross, quelli che provengono dai ghiacciai del settore sud-ovest e, infine, quelli che spirano dalle Transantarctic Mountains, i quali vengono deviati dalla Ross Island (Bromwich et al., 1998). In questo lavoro, è stata studiata la dinamica della polynya del Mare di Ross durante gli anni 1995-1999 utilizzando dati telerilevati. Grazie all’algoritmo Sea Lion sono state ricavate le concentrazioni giornaliere di ghiaccio marino in modo tale da ottenere mappe dell’area di polynya con una risoluzione spaziale di 12,5 x 12,5 km2 (Kern e Heygster, 2001; Kern, 2001). Questa risoluzione, che è sensibilmente migliore di quella ottenuta dai precedenti algoritmi (Comiso e NASA che lavorano con griglie di 25 x 25 km2) è stata ottenuta dall’algoritmo Sea Lion utilizzando la differenza di polarizzazione a 85 GHz acquisita dallo Special Sensor Microwave Imager (SSM/I). I dati sono stati corretti dall’influenza atmosferica integrando le informazioni ottenute da un modello di trasferimento radiativo con i dati del Numerical Weather Prediction Model e con quelli acquisiti mediante le altre frequenze dello stesso sensore SSM/I (19, 22 e 37 GHz). Queste correzioni sono necessarie a causa dello scattering della radiazione nelle microonde sulla superficie del mare perturbata dal vento e dell’attenuazione della radiazione nelle microonde da parte del contenuto di vapore acqueo dell’atmosfera che modificano la temperatura di brillanza SSM/I e possono portare ad una sovrastima della concentrazione del ghiaccio marino. È stata applicata un’analisi mediante Empirical Orthogonal Function per correlare gli eventi di polynya verificatisi nei diversi anni. 30 Sessione AMBIENTI ESTREMI III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 31 F. BUONOCORE, F. PADERI, M. MAZZINI, G. SCAPIGLIATI F. CANGANELLA Università della Tuscia, Dipartimento di Scienze Ambientali, Via Largo dell’Università, 01100 Viterbo e-mail: [email protected] Dipartimento di Agrobiologia e Agrochimica, Università della Tuscia, via C. de Lellis, 01100 Viterbo e-mail: [email protected] STUDI MOLECOLARI PRELIMINARI DELL’INTERLEUCHINA-1β E DEL RECETTORE DELLE CELLULE T NEL TELEOSTEO ANTARTICO CHIONODRACO HAMATUS (TELEOSTEI, NOTOTHENIOIDEI) ECOLOGIA MICROBICA IN AMBIENTI MARINI ESTREMI E NON CONVENZIONALI: ATTUALITÀ E PROSPETTIVE PER LA RICERCA EUROPEA Keywords: Teleostei antartici, sistema immunitario, adattamento a basse temperature, interleuchina-1β, recettore delle cellule T. Keywords: Ecologia microbica, Sorgenti termali marine, Grotte sottomarine, Tassonomia, Biotecnologie. Il superordine dei Teleostei comprende più della metà di tutte le specie di vertebrati viventi. Le specie che ne fanno parte sono presenti in tutti gli ambienti acquatici del pianeta, sia interni che marini, ed hanno sviluppato un elevato numero di strategie adattative capaci di garantirne la sopravvivenza e la crescita. Tra queste strategie adattative, il sistema immunitario ha sicuramente giocato un ruolo primario, in quanto deve proteggere l’animale indipendentemente dalle condizioni ambientali in cui esso vive. In questo contesto, i Teleostei antartici rappresentano un modello fondamentale di ricerca in quanto in essi gli adattamenti fisiologici risultano essere assolutamente peculiari date le condizioni estreme di temperatura del mare (-1,87°C) in cui essi si trovano a vivere. Il nostro gruppo di ricerca, che fa parte del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), si occupa da diversi anni dello studio del sistema immunitario dei Teleostei antartici e, in particolare, del Chionodraco hamatus (Notothenioidei, Cannichthydae) che presenta un sangue incolore, privo di emoglobina e globuli rossi, ed è noto cone “icefish”. Il presente lavoro si basa sullo studio di molecole importanti per la funzionlità del sistema immunitario, quali l’interleuchina-1β (IL-1β) e il recettore delle cellule T (TcR), che, negli ultimi anni, sono state estensivamente analizzate nei Teleostei che vivono nei mari temperati. Mediante la tecnica del “clonaggio per omologia”, che si basa sull’analisi della similarità delle sequenze di molecole uguali in specie diverse, sono state messe in evidenza regioni altamente conservate nel corso dell’evoluzione sia nell’IL-1β che nel TcR. Tali regioni sono state utilizzate per disegnare primers moderatamente degenerati per esperimenti di RT-PCR su RNA estratto da cellule e organi di Chionodraco hamatus. Tali analisi permetteranno di studiare l’eventuale presenza, la sequenza parziale e l’espressione tessuto-specifica dei geni codificanti per l’IL-1β e il TcR, e di confrontare le sequenze ottenute con quelle note per ottenere informazioni dal punto di vista evolutivo. Molti ambienti considerati dall’uomo come “estremi”, poiché difficilmente compatibili con la vita così come noi la concepiamo, sono invece colonizzati da organismi che vi si sono perfettamente adattati. Uno dei parametri più selettivi è certamente la temperatura e, dal punto di vista microbiologico, possiamo distinguere microrganismi termofili (temp. ottimale > 50°C), termofili estremi (temp. ottimale > 70°C) e ipertermofili (temp. ottimale > 90°C). Gran parte dei termofili estremi sono, oltre che anaerobi stretti (non tollerano la minima presenza di O2), anche eterotrofi; altri sono invece in grado di crescere in presenza di CO2 quale unica fonte di carbonio. Tra i generi più studiati si possono annoverare Pyrococcus, Thermococcus, Thermotoga, Sulfolobus, Aquifex, Methanopyrus e Methanothermus. È di indubbio interesse il fatto che tra gli ipertermofili sia stato individuato un microrganismo (Pyrolobus fumarii) in grado di vivere sino a 113°C, la più alta temperatura compatibile con la vita mai registrata sinora. Anche la salinità, intesa come concentrazione di NaCl, rappresenta un importante fattore di selezione naturale in base al quale i microrganismi vengono classificati. Il gruppo degli alofili – microrganismi che vivono in presenza di elevate concentrazioni saline – è piuttosto vasto, e comprende protozoi, alghe e batteri che possono essere facilmente isolati da alimenti sotto sale, saline, laghi salati ed ambienti marini in generale. La pressione è il fattore ecologico che caratterizza due tra gli ambienti meno esplorati di cui siamo a conoscenza: l’oceano profondo e le viscere della Terra; nonostante siano ancora poco conosciuti, essi rappresentano dal punto di vista quantitativo una larga parte della biosfera. I microrganismi in grado di vivere in presenza di forti pressioni idrostatiche sono stati inizialmente definiti “barofili” ma, recentemente, alcuni autori hanno proposto il termine “piezofili”, più appropriato dal punto di vista etimologico. I batteri piezofili vengono generalmente isolati oltre i 2000 m, e il loro livello di psicrofilia (tolleranza al freddo) aumenta con l’aumentare della profondità, mentre una tendenza di tipo opposto è stata dimostrata per quel che concerne il loro tasso di crescita. Ad oggi si può certamente affermare che il valore massimo di pressione idrostatica compatibile con la vita non sia stato ancora individuato. Uno dei maggiori interessi legati allo studio degli ambienti abissali e degli organismi che li abitano riguarda gli effetti della pressione idrostatica sulla struttura e sulla fisiologia cellulare. Le indagini in questo settore ebbero inizio circa venti anni fa, dopo l’isolamento del primo batterio piezofilo obbligato, poi identificato con la sigla MT41, dall’anfipode Hirondella gigas alla profondità di 10476 m. Una eccezione al luogo comune che vuole le profondità marine caratterizzate da basse 32 Sessione AMBIENTI ESTREMI temperature è rappresentata dalle sorgenti idrotermali, che furono scoperte per la prima volta alla fine degli anni ’70. In tali località, generalmente situate tra i 1000 ed i 4000 m di profondità, sono tipicamente presenti flussi di acqua ad elevata temperatura (sino a 350°C) contenente elevate concentrazioni di composti inorganici ridotti e gas vulcanici. Anche le grotte sottomarine rappresentano un ecosistema straordinariamente interessante, che costituisce un oggetto di studio di grande rilievo per diverse discipline: dalla geologia alla fisica, dalla biologia alla chimica. Dal punto di vista microbiologico sono studiate sia sotto il profilo tassonomico che ecologico e, anche in questo caso, non di secondaria importanza è l’aspetto inerente le potenziali applicazioni dei microrganismi e/o dei loro prodotti, che possono rappresentare un valido surrogato a sostanze chimiche di sintesi in campo agro-alimentare, farmaceutico e biotecnologico. L’ambiente marino di grotta è tipicamente caratterizzato da freddo, assenza di luce e scarsità di nutrimento organico. Siamo dunque in presenza di un sistema biologico fortemente oligotrofico e selettivo: a causa della mancanza di luce i produttori primari sono assenti, mentre il ruolo di produttori principali viene assunto dagli organismi filtratori. Convenzionalmente questo particolare ecosistema viene descritto come caratterizzato da una scarsa presenza di fauna, avente un caratteristico gradiente riguardo al numero di organismi e con una biomassa che diminuisce sensibilmente procedendo dall’esterno della grotta verso l’interno. Le grotte sottomarine di Capo Palinuro rappresentano una delle rare eccezioni al modello di ecosistema appena descritto in quanto, a causa della presenza di sorgenti sulfuree, si viene a determinare una particolare situazione ecologica per alcuni aspetti paragonata da molti autori a quella esistente nei pressi delle sorgenti idrotermali abissali. Le prime indagini microbiologiche hanno prodotto interessanti osservazioni sulla distribuzione, la morfologia ed il potenziale chemoautotrofico della biomassa batterica (“mat”) presente sulle pareti di alcune grotte con presenza di sorgenti termali di acqua dolce sulfurea. Più recentemente, nell’ambito di studi effettuati sulla Grotta Azzurra di Capo Palinuro, si è giunti all’isolamento di numerose colture di microrganismi eterotrofi – per la maggior parte aerobi e anaerobi facoltativi – ed alla loro caratterizzazione sotto il profilo morfologico e fisiologico. Ciò ha consentito di individuare la loro posizione tassonomica e metterne eventualmente in relazione le caratteristiche con la nicchia ecologica occupata. I microrganismi eterotrofi in questo modo caratterizzati sono stati in grado di crescere con diversi substrati, sia carboniosi che proteici; i limiti per la temperatura di crescita sono risultati piuttosto ampi, generalmente compresi tra 15 e 45°C, anche se in alcuni casi la crescita è stata ottenuta tra 10 e 52°C. L’analisi tassonomica molecolare basata sul 16S rDNA ha dimostrato come i microrganismi isolati siano filogeneticamente vicini a generi quali Escherichia, Citrobacter, Vibrio, Bacillus e Enterococcus. Gli studi sulle sorgenti idrotermali marine, e in particolare sui microrganismi termofili ed ipertermofili, hanno avuto in Europa un notevole sviluppo soprattutto negli ultimi 15 anni. Già a partire dai primi anni ’90 alcuni progetti nell’ambito del IV Programma Quadro della Comunità Europea avevano tra i loro principali obiettivi lo studio degli ecosistemi idrotermali, la tassonomia dei microrganismi presenti, e le potenziali applicazioni di questi ultimi, in particolare per quanto riguarda la produzione di enzimi termostabili (amilasi, pullulanasi, proteasi, DNA-polimerasi, alcool-deidrogenasi, ecc.). In seguito, nel successivo V Programma Quadro, tali argomenti di studio sono stati ulteriormente affrontati, ma è stata anche data maggior rilevanza ad alcuni aspetti inerenti sia i princìpi che regolano la termostabilità di proteine ed acidi nucleici che lo sviluppo di nuovi (o migliori) metodi di trasformazione genetica III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 33 per termofili e ipertermofili. Attualmente, in vista del prossimo VI Programma Quadro, alcune grandi iniziative a livello europeo stanno muovendo i primi passi per la preparazione di progetti di ricerca ad ampio raggio nel settore degli ambienti estremi e della microbiologia marina. Tra queste se ne possono segnalare almeno tre: 1) la creazione di un grande network europeo che comprenda i maggiori esperti di microrganismi estremofili, acquatici in particolare; 2) lo sviluppo di un progetto integrato che sia rivolto allo studio della biodiversità microbica negli ambienti estremi (inclusi quelli xenobiotici) ed alle potenziali applicazioni biotecnologiche dei microrganismi estremofili; 3) la realizzazione di una rete di ricerca europea tra i gruppi che lavorano con microrganismi marini per l’individuazione e la caratterizzazione di sostanze naturali che possano essere utilizzate in campo farmaceutico, alimentare o industriale. Bibliografia Abbiati, M., Airoldi, L., Alvisi, M., Bianchi, C. N., Cinelli, F., Colantoni, P., Morri, C., (1992). Preliminary observations on benthic communities in a submarine cave influenced by hydrothermal springs. Rapp. Comm. Int. Mer Médit., 3, 25-28. Alvisi, M., Barbieri, F., Bruni, R., Cinelli, F., Colantoni, P., Grandi, G. F., Maltoni, P. (1994°). La Grotta Azzurra di Capo Palinuro (Salerno). In Grotte Marine d’Italia (eds. Alvisi, M., Colantoni, P., Forti, P.), pp. 51-56. Bologna: Memorie dell’Istituto Italiano di Speleologia [Volume 6, IIS series, no. 2.] Brock T. D. (1986). Introduction: an overview of the thermophiles. In “Thermophiles, General, Molecular and Applied Microbiology” (Brock T.D. ed.), p. 197, John Wiley &Sons, New York. Canganella, F., Bianconi, G., (1999). Microbial investigations on submarine caves in the area of Cape Palinuro (Salerno, Italy). Abstr. XX Meeting Brazilian Society of Microbiology, Salvador de Bahia, pp. 46. Canganella F. (1993). Microrganismi termofili da sorgenti idrotermali oceaniche. BIOTECH, 8: 24-27. Canganella F., Wiegel J. (2000). Extreme thermophiles. In “Encyclopedia of Life Sciences”, Macmillan Press, London. Canganella, F. (2000). Hydrothermal vent communities. Encyclopedia of Life Sciences, Macmillan Press, London. Corliss J. B., Dymond J., Gordon L.I., Edmond J. M., Von Herzen R.P., Ballard R.D., Green K., Williams D., Bainbridge A., Crane K., Van Andel T.H. (1979). Submarine thermal springs on the Galapagos Rift. Science, 203: 1073-1083. Rodriguez-Valera F. (1988). Characteristics and microbial ecology of hypersaline environments. In “Halophilic Bacteria” (Rodriguez-Valera F. ed.), vol. I, p. 3, CRC Press, Boca Raton FL. Yayanos A. A., Dietz A.S., Van Boxtel R. (1981). An obligately barophilic bacterium from the Mariana Trench. Proceedings of the National Academy of Sciences U.S.A., 78: 5212-5215. Sessione AMBIENTI ESTREMI 34 F. CANGANELLA 1, G. BIANCONI 2, C. KATO 3, M. FRISCHER 4 1, 2 Dipartimento di Agrobiologia e Agrochimica CONISMA di Microbiologia Marina, Università della Tuscia, via C. de Lellis, 01100 Viterbo – Italia 3 JAMSTEC, Yokosuka – Giappone – 4 Skidaway Oceanographic Institute, Stati Uniti – e-mail [email protected] III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 35 mento delle attuali conoscenze, e possono essere quindi utilizzati nell’ambito di future applicazioni in campo agro-industriale. 2 Laboratorio INDAGINI FISIOLOGICHE SU THERMOCOCCUS GUAYMASENSIS SOTTOPOSTO A STARVATION Bibliografia Canganella F., Gambacorta A., Kato C., Horikoshi K. (2000). Effects of hydrostatic pressure and temperature on physiological traits of Thermococcus guaymasensis and Thermococcus aggregans growing on starch. Microbiological Research 154, 297-306. Canganella F., Wiegel J. (2000). Extreme thermophiles. Encyclopedia of Life Sciences, Macmillan, London. Keywords: Fisiologia microbica, Sorgenti termali abissali, Thermococcus, Starvation, Enzimi idrolitici. Negli ultimi anni il genere Thermococcus è stato particolarmente studiato, sia da un punto di vista tassonomico che applicativo; i microrganismi ad esso appartenenti – filogeneticamente descritti come Archaea – vivono all’interno di sorgenti termali terrestri o nei pressi delle emissioni idrotermali abissali, localizzate in diverse parti del mondo a profondità comprese tra i 1000 e i 4000 metri. Evolvendosi in ambienti con caratteristiche fisico-chimiche molto selettive, i termococchi hanno quindi escogitato meccanismi di adattamento a temperature molto elevate (70-90°C), anaerobiosi, presenza di zolfo e resistenza a pressioni idrostatiche sino a 4-500 atmosfere. Per tali peculiarità essi sono stati proposti per potenziali applicazioni agro-industriali, dalla produzione di enzimi termostabili alla sintesi di DNA-polimerasi. Comprendere la fisiologia di questi microrganismi è dunque fondamentale per una loro completa descrizione tassonomica, ma soprattutto per poter valutare l’efficacia di una loro eventuale applicazione. Allo stato attuale risultano descritte 22 specie appartenenti al genere Thermococcus, ma studi approfonditi sono stati effettuati solo su alcune di esse. Nel presente lavoro gli autori descrivono gli effetti prodotti dalla starvation sulla vitalità e sul metabolismo enzimatico di Thermococcus guaymasensis, un archaeum isolato dalle sorgenti idrotermali abissali localizzate presso la fossa Guaymas nel Golfo della California (Messico). Lo stato di starvation (assenza di nutrimento) è di particolare interesse per molte specie di termococchi, se si considera che possano essere talvolta esposti, nel loro ecosistema, a scarsi input nutrizionali per periodi più o meno lunghi. È stata quindi esaminata la produzione di enzimi idrolitici quali amilasi e pullulanasi sia in situazione di starvation che durante l’esposizione a diverse temperature e pressioni. Sono state utilizzate due diverse procedure: 1) l’uso del “Bath System”, un sistema di coltivazione in batch che consente di lavorare con elevati parametri di temperatura e pressione; 2) il mantenimento dello stato di starvation in bottiglie anaerobiche, esponendo le colture cellulari a diverse condizioni di temperatura. Gli esperimenti condotti hanno evidenziato come temperature e pressioni elevate alterino significativamente la morfologia cellulare. Inoltre, durante la starvation indotta nel sistema “Deep-Bath”, è stato possibile osservare gli effetti prodotti da temperatura e pressione sulle attività amilolitiche e pullulitiche. Gli esperimenti sulla vitalità cellulare effettuati attraverso l’uso di sonde molecolari e del microscopio a fluorescenza hanno fornito interessanti dati che possono contribuire alla comprensione della fisiologia del genere Thermococcus, ma anche delle complesse interazioni presenti in un simile ecosistema. In questa fase i risultati ottenuti non portano ancora alla comprensione dei meccanismi di adattamento cellulare alla starvation in condizioni estreme, ma costituiscono un approfondi- Canganella F. (2000). Hydrothermal vent communities. Encyclopedia of Life Sciences, Macmillan, London. Canganella F. (2001). Hydrotermal vent ecosystems and representative hyperthermophilic microorganisms. Annals of Microbiology 51, 11-27. Jannasch H. W., Mottl M. J. (1985). Geomicrobiology of deep-sea hydrothermal vents. Science, 229: 717-725. Zillig W., Holz I., Janekovic D., Schafer W., Reiter W. D. (1983). The archaebacterium Thermococcus celer represents, a novel genus within the thermophilic branch of the archaebacteria. System. Appl. Microbiol., 4: 88-94. Sessione AMBIENTI ESTREMI 36 M. CAPELLO 1, M. FERRARI 1, S. TUCCI 1, G. BUDILLON 2 1 Dip. per lo Studio del Territorio e delle sue Risorse – Università degli Studi, c.so Europa 26, 16132 Genova di Meteorologia e Oceanografia – Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, via A. De Gasperi 5 80133 Napoli – e-mail [email protected] 2 Istituto VARIABILITÀ SPAZIALE E TEMPORALE DEL MATERIALE PARTICELLATO PRESENTE NELLE ACQUE COMPRESE TRA BAIA TERRA NOVA E CAPE ADARE (MARE DI ROSS-ANTARTIDE) III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 37 F. L. CHIOCCI, A. BOSMAN, E. MARTORELLI Dipartimento Scienze della Terra Università “La Sapienza” – P.zzale Aldo Moro 5, Roma e-mail [email protected] FENOMENI D’INSTABILITÀ GRAVITATIVA A PICCOLA E GRANDE SCALA LUNGO LE PENDICI SOMMERSE DEI VULCANI INSULARI DEL TIRRENO CENTRO-MERIDIONALE Keywords: Isole vulcaniche, instabilità sottomarina, side scan sonar, Mar Tirreno. Keywords: Materiale particellato sospeso, Cape Adare, Antartide, spettri dimensionali, Coulter Counter. Vengono analizzati dati di concentrazione (TPM) e le dimensioni del materiale particellato raccolto in sei campagne oceanografiche svolte nel Mare di Ross (Antartide) nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerca in Antartide (PNRA). I risultati sono stati suddivisi in base alla loro distribuzione geografica, alla profondità di prelievo ed al periodo di campionamento; successivamente, gli stessi dati sono stati elaborati e correlati con le differenti masse d’acqua presenti nel Mare di Ross per valutare la variabilità interannuale e stagionale della concentrazione del materiale particolato, anche in funzione del settore morfologico d’appartenenza. L’area d’indagine prescelta, compresa tra Baia Terra Nova e Cape Adare, è risultata suddivisibile in tre aree con caratteristiche proprie; le prime due, sulla piattaforma continentale, sono state distinte in piattaforma interna ed esterna, e sono separate tra loro da alti strutturali (Mawson Bank e il Pennell Bank), mentre la terza area coincide con la scarpata continentale prossima a Cape Adare. Dal punto di vista termoalino la colonna d’acqua è risultata suddivisibile verticalmente in tre strati: il primo, superficiale, è occupato dalla Antarctic Surface Water (AASW); lo strato intermedio – tipicamente in movimento verso sud – risulta interessato dalle intrusioni di Modified Circumpolar Deep Water (MCDW); lo strato prossimo al fondo è invece costituito sostanzialmente dalla High Salinity Shelf Water (HSSW) che tende a spostarsi verso lo shelf break di Cape Adare. Le concentrazioni medie di TPM evidenziano una sostanziale uniformità dei valori registrati nelle diverse campagne. Sostanzialmente si riscontrano concentrazioni di 1-2 mg/l, valori intermedi tra quelli riscontrati in acque oceaniche inferiori a 1 mg/l e quelli che caratterizzano un mare chiuso come il Mar Mediterraneo che presenta valori di 2-3 mg/l. Il confronto dei dati raccolti nelle 5 campagne oceanografiche permette di trarre alcune considerazioni generali sulla distribuzione del TPM e sulla sua variabilità stagionale. Le acque superficiali sono ovviamente le più ricche in TPM, con i massimi valori di concentrazione distribuiti nei settori di piattaforma. Si osservano, inoltre, interessanti mutamenti stagionali a carattere locale; in particolare, nelle zone condizionate dai ghiacci. Le acque intermedie presentano in assoluto i minori valori di concentrazione; in particolare nella piattaforma esterna, in coincidenza della MCDW, le acque sono povere in materiale particellato; i valori sono leggermente maggiori nella piattaforma interna e nella scarpata continentale. Per quanto riguarda la variabilità stagionale si segnala solo un leggero incremento delle concentrazioni di TPM nelle campagne relative al secondo periodo estivo. Le acque prossime al fondo registrano un incremento della concentrazione nei settori della piattaforma interna e della scarpata continentale, mentre si mantengono su valori <1 mg/l nella piattaforma esterna. Presumibilmente quest’incremento è da imputare alla presenza di correnti di fondo dipendenti dalla HSSW sulla piattaforma e in scarpata che, oltre al trasporto di materiale, generano fenomeni di risospensione. La disponibilità di tecnologie geofisiche indirette sempre più sofisticate, che consentono di rilevare con estremo dettaglio fondali a grandi a profondità, sta evidenziando una grandissima diffusione dei fenomeni d’instabilità gravitativa lungo i margini continentali ed in particolare lungo i fianchi degli edifici vulcanici insulari in cui interi settori risultano essere dominati da fenomeni d’instabilità a dai flussi di massa ad essi correlati. Nel 1998 è stata realizzata una campagna oceanografica nel Mar Tirreno (sui fianchi degli arcipelaghi Arcipelago Pontino, Campano ed Eoliano), utilizzando un sonar a scansione laterale a grande copertura, nell’ambito di un progetto scientifico finanziato dalla Comunità Europea. Dall’analisi morfoacustica di oltre 15.000 km2 di fondali, compresi tra 400 e 3.650 m, sono stati individuati numerosi fenomeni d’instabilità gravitativi variabili per estensione (da 0.01 a quasi 300 km2), natura dei sedimenti coinvolti (da sedimento fine a blocchi litoidi di alcune centinaia di metri di diametro), tipologia di movimento (da fenomeni prevalentemente gravitativi (slide e slump) a flussi di massa e da debris avalanche a flussi torbiditici) e collocazione lungo il margine (dal ciglio della piattaforma continentale fino alla piana batiale). La gran quantità di dati a disposizione ha permesso di individuare e confrontare, nella gran parte dei casi per la prima volta, le diverse tipologie di fenomeni d’instabilità evidenziandone i rapporti reciproci e i possibili fattori di controllo. Nell’Arcipelago Pontino sono stati rilevati intensi fenomeni erosivi e d’instabilità che si estendono dai complessi insulari di Ponza e Palmarola fino alla sottostante piana batiale, producendo lo smantellamento di gran parte della scarpata e quindi l’arretramento del margine continentale. L’instabilità interessa fondali molto acclivi (pendenze medie di quasi 10°) con fenomeni ben localizzati ma diffusi su un’area molto estesa. Si osservano grandi flussi di sedimento con caratteristiche intermedie tra grain flow e debris flow (ampi da centinaia di metri a qualche chilometro) che si concentrano in larghi canaloni sviluppandosi dal ciglio della piattaforma fino alla piana batiale. I flussi appaiono essere alimentati da un gran numero di sorgenti puntuali di detrito, ognuna delle quali è rappresentata da una serie di nicchie di distacco in erosione retrogressiva, la cui coalescenza smantella intere porzioni della scarpata continentale superiore. Nella parte basse della scarpata, su pendenze meno accentuate, si sviluppano lineamenti di instabilità che producono depressioni ampie alcuni chilometri, all’interno delle quali si osservano presunti relitti d’erosione alti circa 10 m rispetto al fondale circostante. Queste strutture vengono interpretate come dovute ad instabilità su di un substrato sedimentario stratificato e non risultano essere state descritte in letteratura. Nell’Arcipelago Campano, a sud dell’isola d’Ischia è stato individuato per la prima volta un debris avalanche caratterizzato da una tipica facies a blocchi (di dimensioni variabili da decine a centinaia di migliaia di metri cubi) immersi in una matrice sabbiosa. I blocchi che 38 Sessione AMBIENTI ESTREMI coprono un’area di circa 300 km2 sono stati trasportati probabilmente in unico episodio su fondali con pendenze anche inferiori al grado fino ad una profondità di circa 1000 m e ad una distanza dall’isola di oltre 40 km. Il fenomeno che appare riferibile ad un recente episodio nel tempo geologico, ha lasciato una profonda traccia non solo sulla morfologia subaerea dell’isola (Conca di Barano), ma anche sulla morfologia subacquea dove si è formata una scarpata estremamente ripida (pendenze medie di 11°). Nell’Arcipelago Eoliano i dati sonar, acquisiti prevalentemente attorno all’Isola di Stromboli, hanno messo in luce la presenza di flussi gravitativi diversi, localizzati sia nei settori nord-occidentale (in corrispondenza della Sciara del Fuoco) e sud-orientale dell’isola, su fondali caratterizzati da pendenze medie di 15°. Nel settore antistante la Sciara del Fuoco, sono stati individuati flussi di diversa natura che rappresentano la prosecuzione subacquea dei grain flow subaerei e che producono forme erosivo-deposizionali su fondali estremamente articolati, estendendosi fino alla parte distale del Canyon di Stromboli. Sul fianco sudorientale invece sono stati individuati flussi di massa probabilmente alimentati da fenomeni d’instabilità subaerea e ridistribuiti da processi litorali. In entrambe i settori sono stati individuati blocchi di grandi dimensioni (centinaia di migliaia di metri cubi) che potrebbero rappresentare la testimonianza di antichi debris avalanche (già ipotizzati per la Sciara del Fuoco, sconosciuti per il versante sudorientale) sepolti dai detriti prodotti dagli eventi più recenti. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 39 N. CORRADI 1, G. FIERRO 1, R. IVALDI 1, A. PITTÀ 1, C. L. AMOS 2 1 Dip. per lo Studio del Territorio e delle sue Risorse – C.so Europa, 26 – 16132 Genova – [email protected] 2 Southampton Oceanography Centre, Southampton, Hampshire, UK SOME EXAMPLES OF HIGH RESOLUTION SEISMIC STRATIGRAPHY AND FACIES EVOLUTION IN THE NORTHERN CENTRAL TROUGH (ROSS SEA – ANTARCTICA) Keywords: seismic stratigraphy, facies, Ross Sea, Antarctica. It has already been noted in the literature that the Ross Sea is a key region in Antarctic glacial history, having played a fundamental role in the glaciations because of its draining action on the Antarctic ice. The stratigraphic records can give useful elements for determining the extent of the grounding and floating ice on the seafloor. The pre- and post-depositional sedimentary series preserve morphological, stratigraphic, compositional, biological and physical markers that record the advance, ground and retreat of an ice shelf over the continental shelf. High resolution seismic (Sub Bottom Profiler, Huntec Deep Tow Boomer, Sparker multiarray 100-500 J) and gravity cores data (99C2, 137CC, C10, C12 and C14) from the 199495, 1995-96, 1997-98, 1998-99 and 2001-02 PNRA (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide) oceanographic cruises in the Northern Central Trough allowed us a detailed seismic facies analysis of a wide area (Northern Joides Basin). It is intended to supply a new key for reading the Late Quaternary erosive and depositional events in a sector that preserves the entire sedimentary pre- and postglacial series (basal diamicton, glaciomarine sediment, draping pelagic cover) with particular reference to the evolution of the facies during and following the last glacial maximum (LGM). We present some examples of seismic stratigraphy records (Fig. 1) and the facies evolution in the basin with submetric resolution that can better record the stratigraphic signature of the sedimentary events during the different phases of the glacial cover. In particular we show high resolution seismic profiles recorded with a Sub Bottom Profiler and a Sparker acquisition and digital control system (D-Seismic) that offers a better instrumental reception of the seismic signal, and also better seismic data interpretation referring to available calibrating gravity cores. The data have permitted us to understand some of the exaration processes on the flanks of the basin, where the ice cap was grounded and some of the dynamic processes involved in the sedimentary deposits. The general seismostratigraphic characteristics of the sediments in the study area, integrated with the results of the core sediment physical properties, that can be used to define the sedimentary layers corresponding to the different Quaternary glacial and interglacial phases, demonstrate how different sedimentary processes have established themselves, causing deposits with condensed or expanded sedimentary sequences, on the basis of the morphology and hydrodynamic conditions existing on the seafloor. Infact the northernmost sector of the basin, situated almost on the edge of the actual continental shelf, shows the seismostratigraphic markers of the link with the surrounding ocean waters under the ice sheet and the threshold that divides the northern and southern sectors. 40 Sessione AMBIENTI ESTREMI III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 41 I. CORSI 1, S. BONACCI 1, G. SANTOVITO 2, C. CHIANTORE 3, L. CASTAGNOLO 1, S. FOCARDI 1 1 Dipartimento di Scienze Ambientali, Università degli Studi di Siena, via delle Cerchia, 3 – 53100 Siena di Biologia, Università degli Studi di Padova, via U. Bassi, 58/B – 35131 Padova 3 Dipartimento per lo Studio del Territorio e sue Risorse, Università degli Studi di Genova, c.so Europa, 26 – 16132 Genova 2 Dipartimento PRELIMINARY INVESTIGATION ON CHOLINESTERASES ACTIVITY AND GONADAL HISTOLOGY IN ADAMUSSIUM COLBECKI FROM TERRANOVE BAY: FIELD AND LABORATORY STUDY Fig. 1 – (Left): Map of the western Ross Sea (bathymetry in meters) showing data grid of the high resolution seismic profiles. The sketch shows the gravity core sites and the described Huntec seismic line. (Right): Huntec profile showing the sedimentation characteristics of the central area of the Basin: the glacial erosion surface, the overlying glacial-marine sediments (with a better organization of deposits from the bottom to the top) and the marine sediments (a continuous draping). References Corradi N., Fierro G., Mirabile L., Ferrari M., Ivaldi R., 1998. Geotechnical, sedimentological characteristics and seismic stratigraphy of northern Joides Basin, (Ross Sea – Antarctica): preliminary results. Proceedings of VII International Symposium on Antarctic Earth Sciences, Siena: 885-888. Corradi N., Fanucci F., Fierro G., Ivaldi R. (2001). High resolution seismic stratigraphy and physical properties of the late Quaternary sediments of the northern Joides Basin, (Ross Sea – Antarctica). In : Gamble J.A., Skinner D.N.B., Henrys S., Lynch R. (Editors) Antarctic Earth Sciences at the Close of a Millennium: Proceedings Volume 8th International Symposium on Antarctic Earth Sciences: Royal Society of New Zealand, Bulletin 35. Giordano F., Giordano R., Corradi N. (2002) - D-SEISMIC: a very flexible low cost – hardware/software – system for acquisition, real time and post processing of seismic data of Ross Sea (Artarctica 2002 expedition). Forum Acusticum Sevilla 2002, Sevilla Spain 16-20 september 2002. Shipp S.S., Anderson J.B., Domack E.W., 1999. Late Pleistocene – Holocene retreat of the West Antarctic IceSheet system in the Ross Sea: Part 1 – Geophysical results. Geological Society of America Bulletin., 111 (10): 1486-1516. Keyword: Biomarkers, Antarctic, contaminants. The measurement of cholinesterase activity as a biomarker of exposure to Organophosphorus (OPs) and Carbamates (CBs) pesticides is well established in invertebrate species of the temperate ecosystems but no data are currently available on its ecotoxicological relevance in invertebrate species from extreme environments like Antarctica. The aim of the present work was to investigate the cholinesterases activity in the Antarctic scallop Adamussium colbecki successfully used as a key species for monitoring the Antarctic environment. Recent findings on association between cholinesterases-inhibiting contaminants exposure like OPs and CBs and the development of gonadal deformities in exposed organisms, suggest to investigate also gonadal histology of the bioindicator species. Acetylcholinesterase (AChE) and Butyrrylcholinesterase (BChE) activities were investigated in gills, digestive gland and adductor muscle of scallop A. colbecki exposed to zinc under laboratory conditions and in specimens collected from Campo Icaro (Ross Sea, Antarctica). Characterisation of specific cholinesterases activity (AChE vs. BChE) using BChE inhibitors, tissue-specific expression and effects of zinc exposure under laboratory conditions were investigated. Both AChE and BChE enzymes resulted to be expressed in the three analysed tissues with activities comparable to those measured in mytilids from temperate areas (Mytilus sp.) (range 0.5-10 nmol min-1 mg protein-1). The trend observed in the three tissues resulted in common with that reported for both enzymes in mytilids: in fact major activities were observed in gill tissues, followed by those in adductor muscle and in digestive gland, where activities were noticeably low. With regard to results obtained for zinc (in the form of ZnCl2) laboratory exposed organisms, AChE activity resulted higher in Zn-treated group than in control group, more evident in the gills than in the digestive gland. This results might suggest a similar role of zinc to that of calcium regarding the regulation and the release of AChE substrate, the acetylcholine, within the synaptic level. On the opposite, lower BChE activities were observed in Zinc-treated group respect to controls in both tissues, suggesting a different sensibility to zinc of the two cholinesterases. Moreover, laboratory experiments with mussels exposed to zinc dissolved in water reported a greater metal accumulation within the gills level, where the most evident alterations in both AChE and BChE activities were in fact observed. Finally histological analysis of scallop gonads, which appeared to be in their typical form, did not show abnormalities nor parasitism phenomena. Both male and female gonads appeared to be empty out; mature spermatozoa or eggs could not be distinguished but only a few cells scattered in a breaking up tissue were observed. As a preliminary investigation, we can only suppose that analysed organisms were collected during the terminal period of their reproductive cycle. Sessione AMBIENTI ESTREMI 42 G. D’AURIA 1, S. CAPPELLO 1, M. M. YAKIMOV 1, H. BOLHUIS 2 P. W. VAN DER WIELEN 2, A. SASS 3, T. MCGENITY 3, D. DAFFONCHIO 4 T. BRUSA 4, A. FAVINI 4, S. BORIN 4, S. SCARFÌ 5, L. GIULIANO 1 1 Istituto Sperimentale Talassografico, Sp.ta S. Raineri, 86 – 98122 Messina – e-mail [email protected] 2 Laboratory of Microbial Ecology, Centre for Ecological & Evolutionary Studies, University of Groningen, Kerklaan 30, 9751 NN Haren (Gn), The Netherlands 3 Department of Biological Sciences, University of Essex Central Campus Wivenhoe Park, Colchester, CO4 3SQ, U. K. 4 Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche (DISTAM), via Celoria 2 – 20133 Milano 5 Dipartimento di Biologia Animale ed Ecologia Marina – Via Salita Sperone – 98166 Messina III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 43 M. DE DOMENICO 1, A. R. CARDONA 1, S. SCARFÌ 1 L. GIULIANO 2, M. LEONARDI 2, E. DE DOMENICO 1 1 Dipartimento di Biologia Animale ed Ecologia Marina, Università di Messina – e-mail [email protected] 2 Istituto Sperimentale Talassografico – CNR, Messina DISTRIBUZIONE DI BATTERI LUMINOSI IN ACQUE PELAGICHE DEL MARE IONIO MERIDIONALE (MAR MEDITERRANEO) Keywords: comunità microbiche, batteri luminosi, ambiente pelagico profondo, Mare Ionio. COLTIVAZIONE DI BATTERI PROVENIENTI DA BACINI ANOSSICI IPERSALINI PROFONDI DEL MAR MEDITERRANEO Keywords: Bacini ipersalini anossici profondi, colture di batteri estremofili. Le salamoie dei Bacini Anossici Ipersalini Profondi (BAIP) del mar Mediterraneo, sono ambienti unici caratterizzati da condizioni chimico-fisiche “estreme” quali assenza di ossigeno, salinità fino a 10 volte più alta della sovrastante colonna d'acqua ed elevata pressione idrostatica. Queste condizioni rendono di particolare interesse lo studio dei microrganismi eventualmente presenti ed il loro ottenimento in coltura. A tal fine, i campioni prelevati durante la campagna oceanografica BIODEEP 2001, dalle salamoie, dalle interfacce acqua/salamoia, dalle interfacce salamoia/sedimenti e dai sedimenti sono stati utilizzati per inoculare diversi terreni colturali sia in condizioni di aerobiosi che di anaerobiosi. Sono stati impiegati terreni colturali con diverse fonti di carbonio (acetato, formato, etanolo, petrolio, cheratina, cellulosa, ecc.) per selezionare microrganismi con diverse attività metaboliche. Alcuni terreni colturali sono stati preparati impiegando come base la stessa acqua dei bacini preventivamente sterilizzata per filtrazione. La maggior parte delle colture è stata ottenuta da campioni provenienti dalle interfacce acqua/salamoia e salamoia/sedimenti, mentre le crescite batteriche risultavano sporadiche nei terreni colturali inoculati con campioni di salamoie e sedimenti. Tra i batteri aerobi, a livello dell’interfaccia acqua/salamoia sono stati isolati tipici microrganismi marini ed alcuni alofili aerobi, mentre a livello dell’interfaccia salamoia/sedimenti sono stati riscontrati batteri sporigeni alofili. In accordo con le elevate concentrazioni di solfuri presenti, molti tipi batterici ottenuti in condizioni di anaerobiosi erano solfato-riduttori. La maggior parte delle colture anaerobiche, inoltre, era capace di metabolizzare prevalentemente composti organici a basso peso molecolare. In accordo con i dati di letteratura relativi ad ambienti analoghi, si ipotizza che l'energia complessiva disponibile per i batteri adattati alle condizioni estreme dei BAIP sia prevalentemente orientata al mantenimento dell'integrità e della funzionalità cellulare. Ciò potrebbe determinare la limitazione delle potenzialità metaboliche a substrati facilmente degradabili. Da molti anni viene condotto lo studio della distribuzione delle comunità microbiche in acque pelagiche del Mar Mediterraneo. Nell’autunno 2000, nell’estate 2001 e nella primavera 2002, a bordo della N/O Urania, si è avuta l’opportunità di proseguire tale tematica, esaminando una vasta area pelagica del Mar Ionio meridionale, in collaborazione con un articolato gruppo di ricerca. Tale gruppo multidisciplinare, che operava nell’ambito del progetto NEMO (NEutrin Monitoring Observatory) dell’INFN – Laboratori Nazionali del Sud per la realizzazione di un osservatorio per lo studio dei neutrini in acque profonde, ha condotto un’indagine mirata alla valutazione delle caratteristiche trofiche, microbiologiche e fisico-chimiche delle masse d’acqua presenti nell’area, nei diversi periodi stagionali. La presente nota intende fornire prime considerazioni sulla distribuzione quantitativa e qualitativa dei batteri luminosi, all’interno delle comunità microbiche riscontrate. I prelievi dei campioni d’acqua sono stati eseguiti nello strato eufotico (5, 25, 50, 75, 100 m), ed ogni cento metri fino al fondo (max 3300 m), mediante bottiglie tipo Niskin montate su Rosette. In ogni campione d’acqua sono state valutate, sia le conte microbiche vitali su Marine Agar (spread plate), sia i batteri luminosi su SWC (filtri 0,45 µm). Sui ceppi luminosi isolati sono stati eseguiti opportuni tests biochimici per l’identificazione a livello di genere. I batteri luminosi hanno mostrato valori tra 0 e 12 CFU/10 ml (2000), 0 e 10 CFU/10 ml (2001), 0 e 12 CFU/10 ml (2002). La loro distribuzione lungo la colonna d’acqua è risultata discontinua, con il massimo a 900, 1400 e 1200 m di profondità, rispettivamente nel 2000, 2001 e 2002. Le conte vitali su Marine Agar sono rimaste comprese tra 0 e 2545 CFU/ml (2000), 40 e 1460 CFU/ml (2001), 0 e 8100 CFU/ml (2002). Dall’esame dei risultati ottenuti (279 campioni di 13 stazioni), i batteri luminosi sono presenti, pur se con andamento discontinuo, nello strato 200-2000 m in acque pelagiche, mentre, avvicinandosi alla costa si riscontrano nello strato 5-100 m. Sessione AMBIENTI ESTREMI 44 III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) P. FALCO, E. ZAMBIANCHI P. FOCACCIA, F. GIGLIO, M. FRIGNANI, L. LANGONE, M. RAVAIOLI Università degli Studi di Napoli “Parthenope” – e-mail [email protected] ISMAR – Sz. Geologia Marina, via Gobetti 10, Bologna – e-mail [email protected] DINAMICA LAGRANGIANA DELLA CORRENTE CIRCUMPOLARE ANTARTICA VARIAZIONE DI FLUSSI BIOGENICI TARDO QUATERNARI NEL SETTORE PACIFICO DELL’OCEANO MERIDIONALE 45 Keywords: Corrente Circumpolare Antartica, dati WOCE, Oceano Meridionale. Keywords: Oceano Maridionale, silice biogenica, 230Th, carbonati, fronte polare. La dinamica superficiale della Corrente Circumpolare Antartica (ACC) è stata studiata sulla base di dati estratti dal database del WOCE. Il data set utilizzato per questo lavoro è composto da 126 drifters, ovvero da tutti quelli rilasciati a sud di -40° di latitudine nel Settore Pacifico dell'Oceano Meridionale, in un periodo che va dal 1991 al 1999. I drifters utilizzati in questo esperimento sono tipo WOCE-TOGA caratterizzati da un “vela” immersa per circa 15 metri, avente lo scopo di minimizzare gli effetti di trascinamento dovuti al vento. La distribuzione dei dati consente di caratterizzare la dinamica della ACC fino alla latitudine massima di -68° . Generalmente, uno dei primi obiettivi che ci si pone è la determinazione del flusso medio. Per ottenere questo risultato si può far ricorso a diverse tecniche. In questo studio la determinazione del campo medio è stata ottenuta mediante l'utilizzo di una spline cubica bidimensionale che, mediante la regolazione di alcuni parametri caratteristici delle funzioni spline, consente di determinare il campo medio anche in casi in cui si è in presenza di shear ed in generale di inomogeneità del campo. Il flusso ottenuto è ovviamente zonale caratterizzato da un valore medio della componente zonale dell'ordine dei 10 cm/s e di 1 cm/s per quella meridionale. Da un punto di vista qualitativo, l’ACC è ben evidenziata da mappe in cui sono riportate le traiettorie parziali delle boe caratterizzate da valori di velocità appartenenti a classi prefissate. Mappe di MKE e EKE correlate con quelle di vorticità relativa hanno messo in evidenza inoltre come i rilievi topografici incidano nel guidare e caratterizzare la circolazione nelle zone di influenza. L’Oceano Meridionale è composto da cinture quasi uniformi divise da zone di fronte caratterizzate da bruschi cambiamenti di temperatura, salinità, produttività primaria e nella struttura delle masse d’acqua. Una delle aree principali è quella del fronte polare antartico, anche conosciuta come convergenza antartica, dove le fredde e limpide acque superficiali antartiche sprofondano rapidamente verso nord al di sotto delle acque subantartiche, più calde e ricche di nutrienti. Quest’area, la cui posizione è variata nel tempo, individua un importante limite in termine di scambi acqua-atmosfera, produttività primaria e flussi biogenici verso il fondo. I sedimenti, quindi, contengono il record dei cambiamenti della produttività biologica, degli apporti terrigeni dal continente antartico e delle variazioni delle correnti di fondo. In essi possono essere distinti almeno due principali sequenze deposizionali: una a sud del fronte polare, che presenta valori di produttività maggiori durante gli intervalli climatici interglaciali, ed un’altra, a nord del fronte, caratterizzato da una più elevata produttività durante i periodi glaciali. In questo lavoro vengono discussi i dati di 6 carote di sedimento raccolte nel settore Pacifico dell’Oceano Meridionale, lungo un transetto posizionato a ca. 176°E di longitudine e compreso tra i 55° e 70° di latitudine S tra la Nuova Zelanda e l’Antartide. Ogni sequenza è stata studiata per la suscettibilità magnetica e contenuto d’acqua, la distribuzione di silice biogenica, carbonati, e carbonio organico, con risoluzioni variabili tra i 2 ed i 10 cm. Vengono su questa base ricostruite le fluttuazioni climatiche degli ultimi cicli glaciale/interglaciale, registrate attraverso le variazioni dei flussi delle componenti biogeniche del sedimento. A tal fine vengono proposti modelli di età ottenuti sulla base di profili attività-profondità di 230Th. Il problema di avere un controllo cronologico efficace in ambiente antartico non è trascurabile data la cronica mancanza di carbonati causata dalla bassa profondità del livello di compensazione in risposta alle basse temperature delle acque polari che impediscono l’accumulo continuo di carbonati, necessari al fine di un corretto utilizzo di cronostratigrafie basate su profili di isotopi stabili. Viene inoltre discussa la fluttuazione nel tempo della posizione del fronte polare come conseguenza delle variazioni climatiche. Sessione AMBIENTI ESTREMI 46 M. C. GAMBI 1, A. GIANGRANDE 2 1 Laboratorio 2 Dip.to di Ecologia del Benthos – Stazione Zoologica “A. Dohrn”, Napoli Scienze e Tecnologie Biologiche Ambientali, Università di Lecce e-mail [email protected] – [email protected] A QUALCUNO PIACE FREDDO: STRATEGIE RIPRODUTTIVE DEI POLICHETI ANTARTICI Keywords: Polychaetes, Aphroditoidea, Sabellidae, reproductive biology, Antarctica. I policheti sono uno dei gruppi maggiormente rappresentati in termini di biodiversità, ed ecologicamente diversificati nelle comunità bentoniche antartiche. La loro elevata diversità anche nei tratti riproduttivi fa di questi organismi un utile modello per lo studio delle interrelazioni tra vincoli filetici e adattamenti ambientali che influiscono sulla riproduzione negli ambienti estremi polari. In questo contesto sono state studiate alcune specie appartenenti a gruppi con caratteristiche morfo-funzionali, limitazioni filogenetiche, ed ecologia differenti: gli Aphroditoidea (Aphroditidae e Polynoidae; organismi vagili epibentonici, carnivori, simbionti o commensali, generalmente con uova di piccole dimensioni a sviluppo planctotrofico) e i Sabellidae (filtratori e tubicoli sessili, ma con una notevole plasticità nei tratti riproduttivi, presentando diverse forme di brooding, sessi separati o ermafroditismo e sviluppo lecitotrofico). Il materiale proviene da diverse aree Antartiche (Mare di Weddell, isola King George – raccolto nell’ambito del programma SCAR-EASIZ – Mare di Ross), e sub-Antartiche (Stretto di Magellano). Struttura di popolazione, sviluppo delle gonadi e dimensioni delle uova, e ove possibile ultrastruttura dello spermatozoo maturo, sono stati studiati in alcune delle specie più abbondanti rinvenute. I Sabellidae studiati confermano una notevole variabilità dei tratti riproduttivi anche nell’ambito dello stesso genere (es. Perkinsiana), inclusa la riproduzione asessuale (Perkinsiana milae). La dimensione delle uova è sempre superiore a quella rilevata per le specie congeneriche di acque temperate (es. Myxicola) e il brooding delle larve non è in relazione con le dimensioni degli adulti (es. Perkinsiana antarctica). Tra gli Aphroditoidea, tutti di dimensioni piuttosto cospicue, sono stati documentati alcuni pattern di riproduzione, con specie continue (es. Laetmonice produca, Aphroditidae), specie a riproduzione più stagionale (es., Barrukia cristata, Polynoidae), e specie in cui si è occasionalmente osservato il brooding delle uova sotto le elitre (es., Harmothoe spinosa Polynoidae), caratteristica quest'ultima scarsamente documentata in questa famiglia. Nel complesso delle specie studiate si rileva come alcune caratteristiche quali la elevata dimensione delle uova e il brooding sembrano ben correlate con le peculiari caratteristiche ambientali delle fredde acque antartiche. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 47 L. GUGLIELMO 1, G. C. CARRADA 2, G. CATALANO 3, S. COZZI 3, A. DELL’ANNO 4, M. FABIANO 5 O. MANGONI 2, C. MISIC 5, M. MODIGH 6, A. PUSCEDDU 4, V. SAGGIOMO 6 1 Department of Animal Biology and Marine Ecology, University of Messina, Salita Sperone 31, Messina e-mail: [email protected] 2 Zoology Department, University of Naples – 3 CNR – Istituto Talassografico, Trieste 4 Institute of Marine Science, University of Ancona 5 Department for the study of the Territory and its Resources, University of Genoa 6 Biology and Oceanography Laboratory, Stazione Zoologica of Naples “A. Dohrn” STRUCTURE AND FUNCTIONING OF THE SYMPAGIC COMMUNITY AT TERRA NOVA BAY (ANTARCTICA) Keywords: Photosynthesis, nutrients, Antarctica. During the fifteenth Italian Antarctic expedition, in the framework of the PIED (Pack Ice Ecosystem Dynamics) program, we investigated structure and functioning of sympagic communities in the annual pack ice at Terra Nova Bay (74°41.72’ S, 164°11.63’ E). To do this, we collected at 3 interval days (from November 1 to November 30, 1999) both intact sea ice and platelet ice samples which were analysed for inorganic nutrients, autotrophic biomass and productivity, pigment spectra, extracellular enzymatic activities and bacterial carbon production, micro-algal and metazoan community structure. In addition, mesocosm experiments were carried out in order to investigate photosynthetic and photo-acclimation processes of sympagic flora associated with intact sea ice and platelet ice. Autotrophic biomass in the bottom ice increased up to two order of magnitude from November 1 to November 30 (from 4 to 400 mg chlorophyll-a m-3, respectively). Similar pattern was observed for inorganic nutrient concentrations which significantly increased (from 5 to 111 µM NO3 and from 0.05 to 14.0 µM PO4). The observed increase of autotrophic biomass in the bottom sea ice can not be only explained by in situ growth as we estimated, from the photosynthetic parameters, a doubling time of ca. 3 days. Pigment spectra and microscopic analyses revealed that bottom ice communities were different from those of the platelet ice. Bottom sympagic flora was mainly represented by cryobenthic species, whereas the cryopelagic population was confined to the pack-platelet ice interface. Zooplankton community in the bottom sea ice was largely dominated by copepods. In particular, the calanoiod Stephos longipes and the harpacticoid Harpacticus furcifer accounted for more than 90% of the sympagic fauna. These two species displayed different stages of their life cycle, as S. longipes was largely represented by nauplii, whereas for H. furcifer mainly exuviae were observed. Aminopeptidase activities were very high and double in platelet ice (29.8 ± 3.1 µM h-1) than in bottom sea ice (13.0 ± 6.1 µM h-1). Platelet ice displayed also high bacterial carbon production values (from 0.80 to 4.18 µgC l-1 h-1), whereas in bottom sea ice were very low (0.01-0.08 µgC l-1 h-1). This was even more evident, when autotrophic biomass in the bottom ice reached very high values, suggesting that autotrophic biomass accumulation in the bottom sea ice determines inhibiting conditions for bacterial growth, possibly due to extracellular substances released by micro-algae. Mesocosm experiments revealed that platelet ice algal community became adapted to 60% and 10% incident irradiance within a few days and, in both conditions, a bloom was observed until total disappearance of nutrients (N and P). In contrast, the bottom ice community was photo-damaged at irradiance levels commonly occurring in ice-free water column, suggesting that sympagic flora of the bottom ice might play a minor role in pelagic phytoplankton bloom. 48 Sessione AMBIENTI ESTREMI III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 49 P. GUIDETTI 1, S. BUSSOTTI, G. BELMONTE, F. BOERO A. LA TERZA, C. MICELI, P. LUPORINI DiSTeBA, CoNISMa, University of Lecce, Via Prov.le Monteroni, 73100 Lecce, Italy 1 corresponding author: [email protected] Dipartimento di Biologia Molecolare Cellulare ed Animale, Università di Camerino, 62032 Camerino (MC), Italy e-mail: [email protected] FISH ASSEMBLAGES ASSOCIATED WITH HARD SUBSTRATES: A COMPARISON BETWEEN SHALLOW MARINE CAVES AND ROCKY REEFS IN SE APULIA (IONIAN SEA, SE ITALY) RISPOSTA A STRESS AMBIENTALI IN CILIATI ANTARTICI: ANALISI DELL’ESPRESSIONE DEL GENE HSP70 Keywords: stress response, Hsp70, Protozoa, Antarctic meiofauna. Keywords: fish assemblages, visual census, marine caves, rocky reefs, spatial distribution, Ionian Sea. Fish assemblages associated with hard substrates have classically been investigated for possible differences related to depth, habitat complexity, and protection. In some geographic areas of the Mediterranean, rocky shores are mostly formed by carbonatic rocks (e. g., karstik regions), which make rocky coasts as particularly rich in submerged marine caves. Some recent studies showed that marine caves are inhabited by several fish species, but no authors investigated the contribution to the biodiversity of the fish fauna of rocky substrates due to the presence of caves, nor compared their assemblages with those found in rocky reefs outside. The present study is aimed at studying fish assemblage structures in SE Apulia (sampled by visual census in autumn 2000) in two shallow (6-8 m depth) blind marine caves (at 0-20, 2040, 40-60, and 60-80 m from the entrance) and in two rocky reefs (at 0-2, 5-7, 12-15, and 2530 m depth). On the whole, 21 fish taxa were censused inside the marine caves, while 25 were recorded in the rocky reefs outside, with 8 taxa shared between the two habitats. Diversity indices (H, J) were lower inside caves than in rocky reefs. Multivariate analyses showed that fish assemblages inhabiting marine caves were different from those recorded outside, at whatever depth considered. Fish assemblages found in the outer parts of the caves displayed a higher similarity with those found outside at 5-7 m depth, than those recorded progressively towards the inner parts of the caves. Apogon imberbis chiefly characterised censuses from caves, while Chromis chromis, Thalassoma pavo and Coris julis were mostly associated with rocky reefs outside. Strictly considering fish assemblages from marine caves, major differences were observed along the caves axes, from the entrance towards the inner portions of the blind tunnels, and not between the two caves. As well, fish assemblages of rocky reefs were well separated in relation to depth, while differences between sites were less important. Results thus show that marine caves contribute to increase the biodiversity of the fish fauna associated with rocky substrates in the Mediterranean littoral as some species were demonstrated to be strictly associated with such environments (e. g., A. imberbis and Grammonus ater). Moreover, marine caves appeared to represent daily refuges for nocturnal predators (e. g., Conger conger) and nurseries for fish of economical importance (e. g, Epinephelus marginatus). Finally, they highlight that fish assemblages from submerged caves and rocky reefs outside share a number of species, but show different assemblages both in terms of species composition and relative abundances. Gli organismi viventi sono in grado di rispondere a cambiamenti delle condizioni ambientali, come l’innalzamento della temperatura, mediante un rapido incremento nella sintesi di uno specifico gruppo di proteine note come Heat-shock Protein (Hsp). In uno studio precedente, in due specie di ciliati delle acque marine dell’Antartide, E. nobilii e E. focardii, che si comportano rispettivamente come microorganismi psicrotrofi e psicrofili, abbiamo evidenziato l’esistenza di una significativa divergenza nella capacità di rispondere allo stress termico con un’attivazione dei propri geni hsp70 (La Terza et al., Molec. Ecol. (2001) 10, 10611067). Mentre in E. nobilii si è evidenziata una consistente attivazione della trascrizione dei geni hsp70 corrispondente ad un significativo aumento di proteine Hsp70 nel citoplasma in condizioni di innalzamento della temperatura (da 4°C a 20°C), solo un leggero incremento della trascrizione senza un aumento della Hsp70 citoplasmatica si è osservato nelle cellule di E. focardii egualmente trattate, suggerendo pertanto per quest’ultima specie, uno stretto adattamento alle acque permanentemente fredde dell’Antartide. L’assenza di variazioni termiche delle acque marine antartiche può aver prodotto una riduzione dell’attivazione del gene hsp70 di E. focardii in risposta a stress termico. Attualmente stiamo analizzando le basi molecolari di questa ridotta attivazione, imputabile a differenti cause come la presenza di promotori dei geni hsp70 non funzionali o all’instabilità dell’mRNA. Stiamo anche valutando la possibilità che i geni hsp70 di E. focardii possano essere maggiormente attivati da altri fattori di stress come quelli da radiazioni ultraviolette, stress ossidativo e da vari xenobiotici ambientali. 50 Sessione AMBIENTI ESTREMI III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) M. MAFFIA, A. RIZZELLO, R. ACIERNO, T. VERRI, A. DANIELI, H. DANIEL 1, C. STORELLI Lab. of General Physiology, Department of Biological and Environmental Science and Technology University of Lecce, Prov.le Lecce-Monteroni, 73100 Lecce, Italy 1 Molecolar Nutritional Unit, Institute of Nutritional Sciences, Technical University of Munich, Hochfeldweg 2 D-85350 Freising-Weihenstephan, Germany e-mail [email protected] MOLECULAR AND FUNCTIONAL CHARACTERISATION OF A PEPT1-TYPE H+/OLIGOPEPTIDE TRANSPORT IN THE INTESTINE OF THE HAEMOGLOBINLESS TELEOST CHIONODRACO HAMATUS Keywords: Nothothenioidei, Chaenichthyidae, Antarctic teleost, haemoglobinless, cold-adapted transporters, H+/peptide cotransport, PepT-1; intestine. Previous studies have demonstrated that intestinal transport systems for nutrients and ions of the Antarctic teleosts exhibit specific adaptations to low temperatures (Maffia and Acierno; Trends Comp. Biochem. Physiol. 2002). In order to extend our research on cold adapted transporters we study an intestinal H+/peptide transporter in the Antarctic haemoglobinless teleost C. hamatus. H+/peptide cotransport activity in brush-border membrane vesicles (BBMV) was measured by using the pH-sensitive dye Acridine Orange. Diethylpyrocarbonate-inhibited intravesicular acidification was specifically achieved in the presence of extravesicular glycylL-proline (Gly-L-Pro) as well as of other tested dipeptides, namely glycyl-L-alanine (Gly-LAla) and D-phenylalanyl-L-alanine (D-Phe-L-Ala). H+/Gly-L-Pro cotransport displayed saturable kinetic involving a single carrier system with apparent substrate affinity (Kmapp) of 0.612 ± 0.116 mM. Using human PepT1-specific primers, a reverse transcription-polymerase chain reaction (RT-PCR) signal of 570 pb cDNA was detected in C. hamatus intestine, which nucleotide sequence showed 73% similarity to hPepT1. Functional expression of H+/peptide cotransport was successfully performed in Xenopus laevis oocytes after injection of icefish intestinal poly(A)+ RNA (mRNA). Injection of mRNA stimulated D-Phe-L-Ala uptake in a dose-dependent fashion and this transport was inhibited by an excess of glycyl-L-glutamine. H+/peptide cotransport in the Antarctic teleost BBMV exhibited a marked difference in temperature optimum with respect to the temperate teleost Anguilla anguilla, the maximal activity rate being around 0°C for the former and of 25°C for the latter. Interestingly, temperature dependence of icefish intestinal mRNA-stimulated uptake in the heterologous system (oocytes) paralleled that of eel intestinal mRNA-stimulated counterpart. In conclusion, a BBM “low affinity” PepT1-type H+/peptide cotransport system, that appears to be very temperature-sensitive, is present in the intestinal mucosa of the icefish Chionodraco hamatus. 51 C. MANNO 1, A. ACCORNERO 1, F. ESPOSITO 1, M. C. GAMBI 2 1 Istituto di Meteorologia ed Oceanografia, Università degli Studi Parthenope, Napoli – e-mail [email protected] 2 Laboratorio di Ecologia del Benthos, Stazione Zoologica “A. Dohrn”, Napoli OSSERVAZIONI SULLA COMPONENTE ZOOPLANCTONICA RACCOLTA TRAMITE TRAPPOLE DI SEDIMENTAZIONE NEL MARE DI ROSS (ANTARTIDE) ED IMPLICAZIONI PER I FLUSSI VERTICALI Keywords: zooplankton, vertical fluxes, Ross Sea, Antarctica. L’inclusione degli organismi zooplanctonici nella stima dei flussi verticali è una questione fortemente dibattuta. Oltre alla pompa biologica “classica”, che comprende processi di affondamento passivo, lo zooplancton può significativamente contribuire all’export di materiale biogenico in profondità tramite processi sia passivi che attivi. In questo lavoro viene analizzata la componente zooplanctonica raccolta tramite trappole di sedimentazione localizzate nel Mare di Ross occidentale (Antartide), in un sito costiero (L) e nell’area di polynya di Baia Terra Nova (D). Oltre alle osservazioni qualitative, si è stimata anche l’abbondanza e la biomassa degli organismi appartenenti ai taxa predominanti. Lo pteropode Limacina helicina rappresenta la specie più abbondante nei campioni di polynya della trappola D, dove raggiunge flussi che possono addirittura superare i 20 g m-2 y-1 (3 ordini di grandezza superiori, rispetto al sito costiero). Il sito L più costiero mostra una maggiore varietà qualitativa per la presenza anche di stadi larvali (policheti) e forme bentoniche (policheti, cumacei, molluschi bivalvi); il taxa dominante è costituito dai copepodi (rappresentati soprattutto da exuvie) che mostrano flussi massimi pari a 913 mg m-2 y-1. Sia L. helicina che copepodi mostrano i flussi verticali più intensi nel periodo successivo all’estate australe: nell’area di polynya durante l’estate il rapporto flusso totale/flusso passivo è inferiore a 3, mentre nel resto dell’anno varia tra 6 e 55; vicino alla costa invece tale rapporto è sempre minore di 2. Da queste osservazioni emerge che lo zooplancton è in grado di influenzare i flussi verticali non soltanto attraverso la produzione di feci (componente passiva), ma può contribuire in larga misura (la sola L. helicina per il 56-96%) all’export di materiale organico. Sessione AMBIENTI ESTREMI 52 N. MESSINA 1, R. MARANGONI 1, D. GIOFFRÉ 1, G. COLOMBETTI 1 A. PATI 2, S. MOSCATELLO 2, G. BELMONTE 2 III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) S. MOSCATELLO, G. BELMONTE di Biofisica del CNR, Area della Ricerca di Pisa, Via Moruzzi 1, 56124 Pisa 2 Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali, Ecotekne, Università di Lecce Laboratorio di Zoogeografia e Faunistica, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali Università degli Studi, Ecotekne – 73100 LECCE (ITALY) e-mail: [email protected] STRESS DA UV IN AMBIENTI ESTREMI: STUDI SU UN MODELLO DI MICROECOSISTEMA IPERSALINO INDAGINE FAUNISTICA DELLA VECCHIA SALINA DI TORRE COLIMENA (TA) 1 Istituto Keywords: UV radiation, hypersaline ecosystem, Dunaliella salina, Fabrea salina. Gli studi in laboratorio sugli effetti indotti dall’UV su sistemi molecolari e cellulari sono per lo più condotti su sistemi in vitro o su singola cellula e, anche se hanno contribuito in modo fondamentale a chiarire i meccanismi di danno e di riparo da UV, non forniscono stime attendibili dell’effetto che la radiazione UV potrebbe avere a livello globale. Il presente lavoro consiste nel tentativo di indagare un sistema sperimentale che per grandezza e complessità sia più vicino alla situazione reale: il microecosistema. È stato progettato un microecosistema ipersalino basato su un produttore primario, l’alga flagellata Dunaliella salina, un consumatore primario, il protozoo ciliato Fabrea salina, estratto dalle saline di Torre Colimena (LE) insieme una serie di batteri marini degradatori, non indagati tassonomicamente. Nonostante il numero esiguo di componenti, tale microecosistema mostra dinamiche complesse a causa dell’esistenza di stadi difensivi che entrambi i protozoi possono assumere e della possibilità di variazione della dieta del consumatore, che in condizioni di affamamento può nutrirsi anche dei batteri. Inoltre, le specie presenti hanno mostrato, in studi su singola cellula, valori di resistenza agli UV molto diversi, rendendo non banale l’indagine dell’effetto dell’UV sul microecosistema globalmente inteso. È stata studiata la stabilità di tali microecosistemi, e sono stati studiati gli effetti della radiazione ultravioletta variando, in diverse serie sperimentali, la composizione spettrale e le intensità delle luci di stimolazione. Per ciascuna serie sono è stato indagato l’andamento numerico delle varie classi cellulari presenti nei microecosistemi ed è stato anche descritto qualitativamente lo stato del microecosistema. I dati sono stati impiegati per costruire la curva dose-effetto del danno indotto dall’UV nei microecosistemi, e per stimare anche i valori della BWF (Biological Weighting Function) relativa a questo sistema sperimentale. I dati ottenuti da questo approccio sono comparati a quelli ottenuti sugli stessi organismi con studi su singola cellula. 53 Keywords: seasonality, resting stages, hypersaline environment, hypersaline fauna, ephemeral environment. Nel presente studio viene descritta la composizione e la distribuzione spazio-temporale della fauna acquatica dell’invaso di una salina sita in località Torre Colimena in posizione retrodunare lungo la fascia costiera del comune di Manduria (TA). La scarsa profondità del bacino non permette di distinguere nettamente i confini tra benthos e plancton. Le categorie tassonomiche identificate (11 in totale nella colonna d’acqua) possono essere suddivise in specie tipicamente opportuniste e in specie prettamente stagionali. Ciliophora, Rotifera ed Anostraca sono gli organismi dominanti. I Rotifera rappresentati da Hexarthra fennica e Proales sp. e i Ciliophora rappresentati da Fabrea salina raggiungono rispettivamente il 96,6% e il 99,7% dell’abbondanza numerica totale di un solo campione. Gli Anostraci sono rappresentati da due specie che vivono in simpatria: Artemia parthenogenetica e Branchinella spinosa. Lo studio della biologia delle due specie ha contribuito a chiarire i meccanismi della loro convivenza. Sono stati identificati diversi periodi di alterne fasi di omogeneità e diversificazione della biocenosi. Le poche forme attive rinvenute si possono considerare estremamente specializzate. I meccanismi di superamento delle condizioni sfavorevoli sono comuni a tutte le specie presenti e riconducibili sostanzialmente alla presenza di stadi di resistenza nel ciclo vitale. Allo scopo di identificare, isolare e classificare gli stadi di resistenza, sono stati effettuati campionamenti di sedimento (carotaggi) nel periodo di secca del bacino. L’identificazione degli stadi di resistenza è stata effettuata analizzandone la forma, la struttura della parete e il colore. La ricerca ha portato al riconoscimento di 25 tipi morfologici, più del doppio dei taxa attivi nell’acqua. L’analisi di classificazione e ordinamento delle cisti totali ha permesso di separare le stazioni di carotaggio in gruppi ben definiti: il gruppo delle stazioni centrali corrispondenti alle aree più profonde del bacino e il gruppo delle stazioni periferiche che corrispondono alle aree più soggette alle imprevedibili fluttuazioni abiotiche stagionali. Sono stati condotti, infine, esperimenti di schiusa delle specie più abbondanti rinvenute nei sedimenti al fine di coadiuvare il riconoscimento e/o la sistematica di tali forme e di ricostruire il ciclo e la storia vitale delle specie. Le schiuse osservate delle cisti provenienti da sezioni di carota di diverso livello ha dimostrato la capacità di sopravvivenza delle cisti in tempi probabilmente lunghi. Gli esperimenti di schiusa hanno evidenziato l’eurialinità delle specie colonizzanti la salina e la comune intolleranza nei confronti delle condizioni dulcacquicole. Sessione AMBIENTI ESTREMI 54 III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) S. OLMASTRONI, F. PEZZO, V. VOLPI, S. FOCARDI P. PETRELLI, A. BERGAMASCO, S. CARNIEL Dipartimento di Scienze Ambientali “G. Sarfatti”, Università degli Studi di Siena, Via delle Cerchia 3, 53100 Italia e-mail [email protected] Istituto per lo Studio della Dinamica delle Grandi Masse (ISDGM) – CNR S. Polo 1264, 30125 Venezia e-mail [email protected] NUOTARE O CAMMINARE? ECOLOGIA E STRATEGIE ALIMENTARI DEL PINGUINO DI ADELIA IN DUE COLONIE DEL MARE DI ROSS, ANTARTIDE MODELING HIGH SALINITY SHELF WATER FORMATION EVENTS IN TNB 55 Keywords: polynya, HSSW, TNB. Keywords: polynya, Pygoscelis adeliae, strategie alimentari. Vengono riportati i risultati di uno studio sulla ecologia alimentare e la biologia riproduttiva del pinguino di Adelia (Pygoscelis adeliae), effettuato durante l’estate australe 2000/2001 in due colonie del Mare di Ross (Antartide), Edmonson Point (74°20' S, 165°08' E) e Inexpressible Island (74°54' S, 163°39' E). Anche se le due colonie sono localizzate a soli 70 km di distanza l’una dall’altra, i pinguini raggiungono il mare aperto e le risorse alimentari in modo differente. Edmonson Point è una piccola colonia di circa 2000 nidi caratterizzata, fino alla fine di gennaio, dalla persistenza di ghiaccio marino costiero (fast ice) che si estende per molti km. La colonia di Inexpressible Island è costituita da circa 25000 nidi e si affaccia direttamente su un’area di mare aperto, la polynya di Baia Terra Nova, mantenuta libera dal ghiaccio marino (pack) per tutto l’anno da forti venti catabatici. Gli uccelli che nidificano a Inexpressible Island possono perciò alimentarsi sia all’interno della polynya o nuotare più lontano verso la piattaforma continentale per reperire quantità più abbondanti di krill. Al fine di comparare il comportamento alimentare e l’ecologia dei pinguini nelle due colonie sono state studiate le aree di foraggiamento e la biologia riproduttiva durante le fasi di incubation, guard, créche e fledging. Sono state applicate trasmittenti satellitari modello ST-10 (Telonics, USA) ad un totale di dodici adulti provenienti da entrambe le colonie. I dati, forniti dal sistema satellitare ARGOS, sono stati proiettati e analizzati mediante GIS. Lo studio dei tracciati satellitari ha evidenziato differenze statisticamente significative (Mann-Whitney U=92, p=0.016) tra la distanza media percorsa dalle rispettive colonie e le differenze nella durata dei viaggi (Mann-Whitney U=6.0 p=0.020). Il tempo e la localizzazione dei punti rilevati suggeriscono che gli uccelli di Inexpressible Island per alimentarsi nuotano attraverso la polynya fino a raggiungere aree di mare racchiuse dal ghiaccio marino. I pinguini di Edmonson Point camminano attraverso il fast ice per raggiungere zone di mare in mezzo al pack dove si alimentano. I pinguini di Inexpressible Island inoltre raggiungono distanze maggiori e trascorrono più tempo lontani dalla colonia rispetto a quelli di Edmonson Point. Nonostante questo il peso dei pulcini allo stadio di fledging a Inexpressible Island è risultato maggiore (peso medio = 3581 g rispetto a 3392 g a Edmonson Point). Il successo riproduttivo (n. di uova deposte/n. di pulcini al fledging) è risultato invece di 0,9 per entrambe le colonie. Da queste osservazioni si può ipotizzare che i pulcini di Inexpressible Island siano nutriti più efficientemente, ovvero con più cibo o cibo di “migliore” qualità. Le analisi sulla dieta attualmente in corso saranno utili per verificare questa ipotesi. Qualunque sia la qualità delle risorse alimentari prelevate, le aree in cui entrambi i gruppi si alimentano sembrano avere una corrispondenza nella tipologia dei ghiacci. Queste zone potrebbero perciò presentare sia caratteristiche topografiche del fondale che della copertura dei ghiacci che favoriscono fenomeni di upwelling e di concentrazione delle prede. In February strong and cold katabatic winds start to blow in TBN region. These winter events cause the opening of TNB polynya with an increase in ice production; the consequent brine rejection seems to be the main process that increases the local water salinity producing HSSW. The brine rejection alone, acting on a preconditioned thermohaline field (i.e. almost near the freezing point) seems sufficient to produce the formation of saltier water. Even if the process is not very well understood and well observed, this work aim to start modeling the early events of High Salinity Shelf Water formation happening in Terra Nova Bay during the austral fall. A coupled atmosphere – polynya model (MAR) is used to simulate TNB polynya opening and an oceanographic one (POM) to study the influence of salt and heat fluxes, calculated by the first model, on HSSW formation. MAR (Modelè Atmosphérique Régional) is a hydrostatic mesoscale atmospheric model coupled to a polynya model developed on Ou model that assess air-sea interactions. Data from ECMWF and sea-ice concentration calculated from satellite data from SSM/I (with resolution of 12.5Km) are used as input. POM (Princeton Oceanographic Model) is a three dimensional free surface primitive equation model; data collected during the oceanographic cruises of CLIMA project are used as input. Thermohaline fields are obtained interpolating data from CTD collection with the objective analysis technique, while mooring D (75°07’S; 164°13’W) data are used as a reference for the temporal behaviour of temperature and salinity. The polynya model simulates the opening of polynya and calculates sea-ice drift and production, then heat and salt fluxes obtained from this model are superimposed to the thermohaline fields used as input for POM. A linear scheme of convective adjustment has been added to the oceanographic model, in order to avoid instability in the water column density. First results obtained seem to agree with the data available. 56 Sessione AMBIENTI ESTREMI P. POVERO, C. MISIC, C. OSSOLA, M. CASTELLANO, T. SERTORIO DIP.TE.RIS., Università degli Studi di Genova – e-mail [email protected] III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) N. ROMANO 1, S. CECCARIGLIA 1, L. ABELLI 2, M. R. BALDASSINI 1 S. PICCHIETTI 1, M. MAZZINI 1, L. MASTROLIA 1 1 Department INFLUENZA DELLE CARATTERISTICHE AMBIENTALI E TROFICHE SULLA COMUNITÀ ZOOPLANCTONICA A BAIA TERRA NOVA (MARE DI ROSS, ANTARTIDE) Keywords: Sostanza organica particellata, comunità zooplanctonica, regime idrologico, forzanti meteorologiche. Nel presente lavoro vengono presi in esame il regime idrologico locale, le caratteristiche trofiche e la distribuzione e struttura della comunità zooplanctonica a Baia Terra Nova (Mare di Ross, Antartide) durante l’estate australe degli anni 1998 e 2000, al fine di evidenziare i potenziali effetti delle forzanti meteorologiche sulla dinamica dell’ecosistema. Dati fisici e campioni d’acqua, dalla superficie al fondo, sono stati raccolti utilizzando una sonda multiparametrica ME e bottiglie Niskin. Campioni di zooplancton sono stati raccolti, lungo la colonna d’acqua, utilizzando retini con maglia da 200 µm. Le differenze delle caratteristiche fisiche e trofiche dei due anni presi in esame hanno mostrato una stretta relazione con le variazioni della struttura della comunità zooplanctonica. A Baia Terra Nova nel periodo estivo, dopo lo scioglimento del ghiaccio che incrementa la stabilità della colonna d’acqua e determina l’instaurarsi della fioritura fitoplanctonica, si osserva normalmente un graduale aumento della frazione detritico-eterotrofa del materiale in sospensione ed una comunità zooplanctonica composta prevalentemente dai piccoli copepodi Oithona similis (40-50% del popolamento zooplanctonico) ed Oncaea curvata (20-25% del popolamento zooplanctonico). Particolari situazioni meteorologiche possono però determinare modificazioni che si riflettono a tempi brevi sulle caratteristiche dell’ambiente pelagico. Un forte vento catabatico all’inizio del mese di febbraio 1998 ha determinato considerevoli variazioni nella struttura termo-alina della colonna d’acqua. Nello stesso periodo si è osservato un incremento dei sali nutritivi che ha favorito una seconda fioritura fitoplanctonica, con conseguente decremento del rapporto POC: Clorofilla (da 500 a 150) ed un aumento sia del rapporto proteine:carboidrati (da 2,5 a 4) e della frazione labile del particellato (C-POM:POC dal 70 al 99%). Tale situazione ha determinato una variazione sia nell’abbondanza che nella composizione dello zooplancton, con comparsa di Limacina sp. e prevalenza di O. similis (che costituisco insieme il 90% del popolamento zooplanctonico), e scomparsa di O. curvata. In questo ultimo periodo si osservano, inoltre, i massimi di abbondanza dello zooplancton con valori di 2300 ind/m3. L’analisi dei risultati ottenuti evidenzia l’importanza di uno studio integrato dei fattori fisici e trofici per comprendere le dinamiche della comunità zooplanctonica, in particolare dei piccoli copepodi, nelle reti trofiche delle aree marine costiere antartiche. 57 of Environmental Sciences, Tuscia University, Viterbo, Italy of Biology, University of Ferrara, Italy 2 Department THE ANTARCTIC FISH IMMUNE SYSTEM: LYMPHOMYELOID ORGANS OF TREMATOMUS AND CHIONODRACO SPECIES Keywords: Physiology, adaptation, Antarctic, fish. Species that live under extreme conditions have special adaptations of physiology and tissue/organ organisation. The adaptations of lymphoid organs to low temperatures in polar species could be an original field of study, indicating how the immune system works under extreme conditions. Lymphoid organs of three common Antarctic fish species, Trematomus bernacchii, Trematomus nicolai and Chionodraco hamatus were studied by light and electron microscopy aiming to analyse some morphological aspects of these organs related to adaptation to low environmental temperature. The thymus of C. hamatus, T. bernacchii and T. nicolai were flattened, incompletely lobated with numerous Hassall’s-like bodies. The scarce regionalisation of the thymus of both species, lacking a clearly identifiable cortex and medulla seems to be a characteristic of Antarctic species. However, the size of thymocytes was significantly different in the outer and inner regions of the thymus as reported in warmer water species [Romano et al., Dev. Comp. Immunol. (1999), 23, 123-137]. Next to lymphoid cells, the thymus of T. bernacchii and T. nicolai also displayed numerous erythroid elements intermingled with epithelial reticular-extended cells. Ultrastructural analysis revealed mainly two types of epithelial cells: i) Limiting, that surround the haematopoietic tissue and ii) Reticular, that constitute the frame where the lymphoid and erythroid cells can growth, proliferate and differentiate. The head kidney of both species showed haematopoietic tissue lacking completely the escritoire tubules; it was highly vascularised and mainly lymphopoietic in T. bernacchii and T. nicolai, while it resemble contemporary erythropoietic and lymphopoietic in C. hamatus. The electron microscopy analysis revealed two main types of epithelial cells: 1) Limiting, with sub-capsular and perivascular location and reticular cells, that constitute the frame of the organ. These epithelial typologies showed differences between species in the cell morphology and cytoplasmic vesicular content. The typologies of granulocytes observed: (1) granular heterophilic-like and (2) granular basophilic-like types displayed intraspecific differences. The spleen appeared mainly erythropoietic with scarcely developed areas of white pulp in Trematomus species contrary with was observed in C. hamatus. Numerous small vascular ellissoids showed numerous solitary malano-macrophages in Trematomus, while in C. hamatus large ematopoietic areas are organised around the capillares. Two different typologies of epithelial cells were observed in the spleen of both species by electron microscopy analysis: star-shaped and round-shaped. Erythroblasts were similar until the first stages of maturation, while they were different in mature form. In T. bernacchii mature erythrocytes had similar cytology to that described in warm sea species, whereas in C. hamatus they appeared senescent or necrotic. This research gives a contribution to in the knowledge of the lymphoid system organisation in polar fish species and at the same time opens to further investigation as, for example, the role of epithelial compounds in the education of lymphocytes. This research is supported by PNRA-prog. n. 3 C3.1.1. Sessione AMBIENTI ESTREMI 58 A. SABBATINI 1, C. MORIGI 1, M. RAVAIOLI 2, A. NEGRI 1 1 Istituto di Scienze del Mare, Univ. Ancona, via Brecce Bianche, Ancona, Italia e-mail [email protected] 2 Istituto per la Geologia Marina – CNR, via Gobetti 101, Bologna, Italia MEIOFAUNAL FORAMINIFERA FROM AN ABYSSAL SITE IN THE POLAR FRONT REGION (PACIFIC SECTOR): SIZE STRUCTURE, STANDING STOCK, TAXONOMIC COMPOSITION, SPECIES DIVERSITY AND VERTICAL DISTRIBUTION IN THE SEDIMENT Keywords: Southern Ocean, Foraminifera, Ecology. We evaluated surface sediment foraminiferal content from a Box Corer (ANTA 98-28 Bc) located in the Southern Ocean (Lat 63° 14.42 S; Long 177° 13.21 E; 4114 m depth) using standard meiofaunal techniques. Rose Bengal stained fauna was differentiated from the death assemblage. The distribution of foraminifera among different section reveals the preponderance of tiny individuals (63-150 µm) in the stained assemblage and large individuals (150-250 µm) in the fossil assemblage. The standing stock values are generally low and decrease downcore. This could reflect the pulsed food supply peculiar to seasonal pattern of primary production in Antarctic marine environment. Most of the important species have hyaline, calcareous tests (suborder Rotaliina) or multilocular agglutinated tests (suborder Textulariina). In the fossil assemblage the diversity is high; few species are common, except for Nuttalides umbonifer (17-129 specimens per samples); and about half are represented by single individuals, a pattern often found in the deep sea. The Rose Bengal stained fauna diversity is low and remarkably uniform. Within the upper 3 cm of sediment, most foraminifera occur in the top 1 cm and there is a steeper than linear decrease in density below this level. Hyaline, calcareous species are concentrated in the top 1 cm, agglutinated species are more abundant between 1 and 3 cm. Some of the abundant species are concentrated in the surface layer (0-1 cm) while others peak between 1 and 3. From 3 to 6 cm depth stained meiofaunal foraminifera disappeared. In Antarctic marine environments, a huge amount of superficial phytoplankton production from the short and intense bloom during the austral summer is deposited to the seafloor. The resulting seasonal, pulsed food supply is predicted to have a marked effect on the structure of benthic foraminiferal communities, leading to faunal changes and a distinct physiological response by certain foraminiferal species. Foraminifera are a major component of benthic communities in cold oceans as well as the deep-sea. In these low-temperature environments, this group must play an important role in the initial breakdown of organic material at the sediment surface within the benthic community. Our data represent the southernmost record of benthic foraminiferal community (63° S) from a marine habitat since the closest record is reported in the eastern South Atlantic between 35° and 57° S by Mackensen et al., (1993). These samples provide further evidence for the occurrence of meiofaunal foraminifera in extreme environments, like the Antarctic region, where the uncoupled annual variations in temperature and production allow their respective effects. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 59 V. SAGGIOMO, O. MANGONI, D. SARNO, A. ZINGONE M. SAGGIOMO, M. DE STEFANO, G. C. CARRADA Stazione Zoologica “A. Dohrn” Villa Comunale I – 80121 Napoli – e-mail [email protected] ECOLOGICAL AND TAXONOMIC ASPECTS OF THE SYMPAGIC MICROALGAE OF TERRA NOVA BAY (ROSS SEA, ANTARCTICA) Keywords: sympagic microalgae, phytoplankton, photo physiology, Antarctica. Sea ice surrounding the Antarctic continent represents one of largest and most dynamic ecosystems of the Earth. A wide array of forcing factors play a synergic role in the formation of distinct sea ice structures which have a deep influence on the ecology of trapped or colonising organisms. Along the coastline of the Ross Sea, the presence/absence of an unconsolidated platelet layer under the congelation ice have been observed, with remarkable differences in the structural characteristics of the sea ice. In particular, Terra Nova Bay has been reported as a site of formation of platelet ice. In this site, the autotrophic biomass of the bottom and platelet ice is largely dominated by diatoms and reaches values (< 280 mg chl a m-2) similar to those reported for the most productive oceanic regions. In this work we discuss the results of a campaign carried out in Terra Nova Bay from the end of October to the beginning of December during the Austral spring of 1999, in the frame of the XV Italian Antarctic Expedition. Every three days, samples of consolidated pack ice and platelet ice were obtained with a stainless steel corer. Interface water was simultaneously sampled by means of a peristaltic pump. To investigate the role of bottom and platelet sea ice flora in triggering pelagic blooms, mesocosm experiments were carried out to study photoacclimation processes. Photosynthetic experiments, HPLC pigment analyses and light and electron (TEM and SEM) microscopy analyses were performed on bottom and platelet ice samples, as well as on samples from mesocosm experiments. The bottom ice community was dominated up to 90% by cryobenthic species (e. g., Amphiprora sp., Nitzschia stellata), while the platelet ice community was more diversified, including both cryobenthic and cryopelagic diatoms (e. g., Fragilariopsis spp., Stellarima microtrias, Chaetoceros spp., Nitzschia spp., Pseudo-nitzschia subcurvata), and microflagellates. The bottom ice biomass showed a marked increase over the sampling period (from 4.7 to 542 mg m-3). However, a very low PBmax (AVG 0.12 mgC g chl a-1) and low photo adaptation index (<18 µE m-2 sec-1) were measured, which suggests that the observed increase was due to accumulation processes rather than active growth. In mesocosms experiments the platelet ice communities became adapted to 85% and 10% of incident irradiance within a few days, and a bloom was observed until total disappearance of macronutrients. By contrast, the bottom ice communities were photo-damaged at irradiance levels commonly recorded in the photic zone of an ice-free water column. This suggests a different dynamics of bottom and platelet ice communities, and a distinct role in triggering phytoplankton blooms. 60 Sessione AMBIENTI ESTREMI III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 61 R. SANDULLI, D. CARRIGLIO, S. DEASTIS, M. GALLO D’ADDABBO, S. DE ZIO GRIMALDI E. TADDEI RUGGIERO Dipartimento di Zoologia, Via Orabona, 4 – 70125 Bari – e-mail: [email protected] Dipartimento di Scienze della Terra, L.go S. Marcellino 10, 80138 NAPOLI – e-mail [email protected] POPOLAMENTI MEIOBENTONICI IN AREE AD ALTO RISCHIO AMBIENTALE DEL GOLFO DI TARANTO LE GROTTE SOTTOMARINE: UN LABORATORIO NATURALE PER LO STUDIO DEI BRACHIOPODI Keywords: Meiobenthos, Gulf of Taranto, pollution, Caulerpa racemosa. Keywords: Caves, Brachiopods, Mediterranean. L’area marina del Golfo di Taranto è interessata da problematiche ambientali complesse e di lungo periodo, in cui giocano un ruolo fondamentale le attività industriali, una rilevante portualità civile e militare ed una serie di disfunzioni territoriali irrisolte, quali lo smaltimento dei reflui urbani e agricoli. A partire dal 1998, inoltre, l’alga lessepsiana Caulerpa racemosa si è insediata in forma di estese coperture su zone a matte morta antistanti l’area industriale e nei fondali limitrofi alle isole Cheradi, precedentemente colonizzati da praterie di Cymodocea nodosa e Posidonia oceanica. Nell’ambito del programma CoNISMa-SPICAMAR si sono valutati per quest’area marina alcuni parametri biologici (densità, struttura del popolamento meiobentonico, indici di diversità, rapporto Nematodi/Copepodi) e fisico-chimici (profili redox e granulometria dei sedimenti). A tale sopo sono stati prelevati nell’area numerosi campioni di sedimento tramite benna Van Veen successivamente sottocampionati con carotiere manuale fino a 5 cm di profondità. Si sono, inoltre, rilevati i potenziali redox mediante pH-Eh-metro. La meiofauna è stata anestetizzata, fissata, separata dal sedimento e quindi studiata in microscopia ottica. La meiofauna presenta in molti siti di indagine delle densità molto basse, spesso al di sotto di 100 individui/10 cm2. Il popolamento è risultato essere costituito quasi esclusivamente da due taxa, Nematoda ed Annelida, caratterizzati da forme più adattabili a condizioni ambientali selettive. Le densità di vari gruppi quali Copepoda, Gastrotricha, Turbellaria, Tardigrada risultano scarse, soprattutto in corrispondenza di siti ad alto rischio quali entrambi i seni del Mar Piccolo e le aree limitrofe alla zona industriale ed al fiume Patemisco. I profili del potenziale redox ed analisi chimiche di altri gruppi di ricerca hanno confermato altissime concentrazioni di sostanza organica, di IPA e di metalli pesanti per i sedimenti di queste zone, rendendoli inospitali per molte specie bentoniche. Leggermente diverso il risultato per le aree meno esposte delle isole Cheradi e per i fondali ricoperti dall’alga verde Caulerpa racemosa, ove le densità medie dei popolamenti nei tratti colonizzati dall’alga superano spesso il migliaio di individui per 10 cm2, e risulta più elevato il numero dei taxa presenti (da 5 a 10) e gli indici di diversità. La presenza di C. racemosa potrebbe aver indotto una più alta eterogeneità di habitat ed un maggiore apporto di sostanza organica autoctona ed alloctona, con evidenti effetti su densità e diversità della meiofauna. OBIETTIVI I brachiopodi sono organismi marini, bentonici, sciafili e filtratori. Di notevole importanza nelle Ere passate, attualmente sono in declino e limitati ad alcuni ambienti, quali, ad esempio, le grotte. Queste costituiscono un ambiente importantissimo perché, in pochi metri, presentano grandi variazioni dei fattori ambientali, prevalentemente luce ed idrodinamismo. Le indagini che si sono potute effettuare consistono nelle analisi della distribuzione areale al variare delle condizioni ambientali, analisi dei popolamenti, osservazioni sulla crescita degli individui e variazioni dei popolamenti nel tempo. METODOLOGIE Vengono usate metodologie diverse a seconda dello scopo della ricerca, ma comunque sempre mediante osservazioni dirette in immersione. Per studiare la distribuzione areale degli organismi vengono analizzati riquadri (30x30) ottenuti mediante asportazione del substrato. Per quanto riguarda le analisi di popolazione e la crescita degli individui sono stati segnati sulle pareti delle grotte dei riquadri di circa 1000 cm2 che sono stati fotografati ogni anno con una NIKONOS V con obiettivo di 35 mm e lenti macro, in modo da ottenere un negativo 1:4,5. Analisi statistiche sulle aree occupate dai gusci permettono indagini sulle popolazioni e sull’accrescimento degli individui. Per analizzare le variazioni dei popolamenti nel tempo vengono prelevati campioni di fondo mediante un piccolo carotiere. RISULTATI I brachiopodi rinvenuti sono: Neocrania anomala (Mueller), Thethyrhynchia mediterranea (Logan), Megathiris detruncata (Gmelin), Argyrotheca cistellula (Searles-Wood), A. cordata (Risso), A. cuneata (Risso), Megerlia truncata (Linnaeus). Essi popolano di preferenza le pareti e le volte delle grotte. La loro presenza è favorita dall’attenuazione della luce e dell’idrodinamismo e dalla mancanza di sedimenti in sospensione. Neocrania anomala vive con tutta la valva ventrale cementata al substrato; le altre specie vivono attaccate con un corto peduncolo alla roccia o ad altri organismi. Il tasso di crescita di N. anomala è molto basso: osservazioni durate 10 anni hanno permesso di ipotizzare che la durata della loro vita superi i 40 anni. Sessione AMBIENTI ESTREMI 62 M. TAVIANI 1, A. REMIA 2, M. SAMI 3 1 Istituto di Geologia Marina-ISMAR, C.N.R., via Gobetti 101, I-40129 Bologna – e-mail: [email protected] 2 Istituto di Geologia Marina-ISMAR, C.N.R., via Gobetti 101, I-40129 Bologna 3 Museo Civico di Scienze Naturali, Via Medaglie d’Oro 51, I-48018 Faenza (Ra) RITROVAMENTO DI MESSINIANO IN FACIES-LAGO MARE E PLEISTOCENE GLACIALE NEI SEDIMENTI CONDENSATI DEL CANYON DI GORGONA, TIRRENO Keywords: Submarine geology, sediments, canyons, Tyrrhenian sea. La campagna oceanografica LM-99 Lophelia-Millennium della n/o Urania, rivolta a rintracciare biocostruzioni recenti e pleistoceniche a coralli di ambiente afotico, ha permesso tra l’altro di campionare ripetutamente la scarpata del canyon di Gorgona fra i 300-500 metri di profondtà mediante draghe da roccia e carotiere a gravità. Tra i risultati di maggiore interesse spicca il recupero di sedimenti argillosi grigio-verdastri, ciottolosi, estremamente ricchi in resti macropaleontologici di ambiente ipoalino e riconducibili a facies di tipo Lago-Mare, di età tardo messiniana. Le associazioni faunistiche sono risultate dominate da bivalvi (limnocardi, Dreissena) e gasteropodi (Melanopsis). Questi sedimenti tardo-miocenici sembrano costituire parte del fianco del canyon e la loro esposizione all’interfaccia acqua sedimento deve essere stata abbastanza prolungata nel tempo; i sedimenti messiniani risultano talora induriti, bioincrostati e bioturbati da parte di organismi bentonici di età pleistocenica. Aree del canyon soggette a forte condensazione sedimentaria hanno fornito modelli interni decalcificati ma fosfatizzati, silicizzati e patinati da ossidi pertinenti ad organismi bentonici, planctonici e nectonici, sia messiniana (facies Lago-Mare) che pleistocenica glaciale. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 63 A. TURSI, F. MASTROTOTARO, A. MATARRESE, P. MAIORANO, G. D’ONGHIA Dipartimento di Zoologia – Università degli Studi – Via Orabona, 4 – 70125 Bari (Italy) e-mail [email protected] BIOCENOSI A CORALLI BIANCHI NEL MAR IONIO PUGLIESE Keywords: Benthos, Coralli bianchi, Mar Ionio. I mari italiani presentano un’elevata diversità sia in termini biocenotici e sia per quanto concerne il numero delle specie, molte delle quali rare ed endemiche. Una recente indagine effettuata nel Mar Ionio pugliese nell’ambito del progetto internazionale INTERREG II Italia/Grecia ha portato al rinvenimento di un esteso banco a coralli bianchi al largo di Santa Maria di Leuca (LE), alla profondità compresa tra i 550 e i 1100 m (Mastrototaro et al. in press). Questa particolare biocenosi riveste un’importanza scientifica sia dal punto di vista paleontologico (Bouchet e Taviani, 1992; Corselli 2001) e sia da un punto di vista della biodiversità del Mediterraneo (Zibrowius, 1977). Il presente lavoro, sulla base dei risultati ottenuti mediante alcune campagne oceanografiche condotte nell’area di studio, a Sud del Capo di Santa Maria di Leuca, riporta la composizione faunistica della biocenosi dei Coralli Bianchi ritrovata, segnalando oltre alla presenza dei madreporari coloniali (Lophelia pertusa e Madrepora oculata), la presenza del madreporaro solitario Desmophyllum cristagalli nonché di altri taxa associati alla fitta trama calcarea concrezionata (Poriferi, Anellidi, Molluschi ecc.). Inoltre è stata indagata anche la composizione della fauna vagile utilizzando apposite nasse di profondità. Caratteristica importante di questa biocenosi è il fatto che il banco ritrovato a Santa Maria di Leuca, contrariamente a quanto si verifica altrove, risulta alquanto vitale sino alle maggiori profondita indagate (900-1000 m), stratificato su colonie morte abbrunite da sali di ferro e manganese. Sessione AMBIENTI ESTREMI 64 M. ZUCCHETTA 1, S. LIBRALATO 2, 1, R. PASTRES 3, F. PRANOVI 1 S. RAICEVICH 1, 2, O. GIOVANARDI 2 1 Dipartimento di Scienze Ambientali – Università Ca' Foscari, Campo della Celestia 2737/B 30122 Venezia, Italia, e-mail: [email protected] 2 Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata al Mare – ICRAM, Chioggia (VE), Italia 3 Dipartimento di Chimica Fisica – Università Ca' Foscari, Dorsoduro 2137, Venezia, Italia APPROCCIO ECOSISTEMICO ALLO STUDIO DELLA PESCA IN ALTO ADRIATICO: UTILIZZO DI UN MODELLO SPAZIO-TEMPORALE Keywords: pesca, Nord Adriatico, approccio ecosistemico, reti trofiche, aree marine protette. La pesca in Adriatico, bacino semichiuso, è caratterizzata da multi-specificità delle catture e dall’utilizzo di diversi attrezzi che consentono variazioni stagionali delle aree di pesca in funzione delle abbondanze differenziali delle diverse specie commerciali. Nell’alto Adriatico questa caratteristica di pesca semi-industriale e flessibile è inserita in un contesto caratterizzato dalla costa occidentale bassa e sabbiosa e da ampie aree di piattaforma con profondità media ridotta e con substrato mobile, utilizzate per la pesca a strascico. La costa orientale invece è prevalentemente alta e rocciosa, spesso di difficile accesso per lo sfruttamento commerciale, in particolare per lo strascico. La vicinanza di due ambienti costieri così diversi rende possibile un effetto simile a quello descritto da Caddy come “refugium paradigm”, proposto per spiegare alcune peculiarità dello sfruttamento delle risorse in ambiente mediterraneo. Stessa funzione di aree rifugio, anche se di dimensioni ridotte, può essere ipotizzata per gli affioramenti rocciosi (“tegnue”) presenti sulla piattaforma occidentale, oggetto a tutt’oggi di studi per la creazione di aree marine protette. Tali aree potrebbero, dunque, rivelarsi importanti per la ricostituzione di stock ittici particolarmente sfruttati e attualmente prossimi all’esaurimento. Allo scopo di studiare la pesca dell'Adriatico settentrionale mediante un approccio ecosistemico è proposto l'utilizzo di un modello a bilancio di massa, realizzato con il software Ecopath, per rappresentare la catena trofica e lo sfruttamento delle risorse alieutiche. Gli effetti diretti ed indiretti sull'ecosistema delle diverse attività di pesca (coccia, rapido, draga idraulica e volante) sono stati valutati simulando variazioni dello sforzo di pesca con la routine Ecosim che costituisce la parte dinamica del modello. I risultati ottenuti allo stato stazionario consentono di quantificare il massimo pescato sostenibile (MSY) e la massima resa economica (MEY). Le elaborazioni permettono inoltre di valutare gli effetti delle variazioni dello sforzo di pesca sul pescato, misurato attraverso il livello trofico medio delle catture, e sull'ecosistema nel suo complesso utilizzando indici di qualità globale. Utilizzando Ecospace, il modello dinamico è stato applicato ad una griglia spaziale rappresentativa dell’alto Adriatico consentendo la descrizione della distribuzione delle specie e delle abbondanze in funzione dei diversi habitat marini. Descrivendo le attività di pesca nello spazio e rappresentando le aree non strascicabili (come i fondali rocciosi) è stato possibile valutare l’effetto rifugio operato dalle tegnue. Allo stesso modo, rappresentando nel modello delle zone di interdizione alla pesca attorno ai substrati rocciosi, sono stati valutati gli effetti conseguenti alla costituzione di aree marine protette. Sessione AREE DI TRANSIZIONE Comunicazioni 66 Sessione AREE DI TRANSIZIONE III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) L. BENEDETTI-CECCHI, I. BERTOCCI, S. VASELLI, E. MAGGI, F. CINELLI G. CASTALDELLI, D. T. WELSH, I. ZUCCONELLI, R. ROSSI, E. A. FANO Dipartimento di Scienze dell’Uomo e dell’Ambiente, Via A. Volta 6, 56126, Pisa – e-mail: [email protected] Dipartimento di Biologia, Sez. Biologia Evolutiva, Università di Ferrara Via L. Borsari, 46, 44100, Ferrara – e-mail: [email protected] ECOLOGIA SPERIMENTALE IN AMBIENTI DI TRANSIZIONE: LA PORZIONE MESOLITOTRARE DI COSTE ROCCIOSE 67 DETERMINAZIONE DIRETTA DI ATTIVITÀ DI NITRIFICAZIONE ASSOCIATA AD INVERTEBRATI MACROZOOBENTONICI Keywords: Ecologia sperimentale, coste rocciose, processi ecologici, variabilità. La porzione mesolitorale di costa rocciosa ospita popolamenti ad alghe ed invertebrati diversificati e complessi situati all’interfaccia tra l’ambiente acquatico e quello terrestre. Tali popolamenti sono esposti a numerosi processi ecologici, tra cui innumerevoli influenze antropiche, che condizionano le modalità di distribuzione, di abbondanza e di diversità di organismi. Questi ambienti rappresentano storicamente una sede elettiva per studi ecologici a carattere sperimentale. Studi pregressi hanno evidenziato oltre ai tradizionali fattori abiotici legati al gradiente di immersione-emersione, l’importanza di processi quali il reclutamento, le caratteristiche fisico-chimiche e topografiche del substrato e le interazioni tra organismi, sia di tipo trofico che competitivo. Vi sono tuttavia considerevoli lacune conoscitive relative alle scale spazio-temporali a cui i vari processi operano ed ai possibili effetti interattivi che tra questi possono instaurarsi. In questo lavoro sono sintetizzati i risultati di circa dieci anni di ricerche condotte sulle coste rocciose del Mar Ligure/Tirreno Settentrionale. Numerosi esperimenti sono stati condotti per esaminare ipotesi relative alle scale spazio-temporali a cui differenti processi ecologici generano e mantengono differenze nella struttura di popolamenti e nelle modalità di distribuzione ed abbondanza di specie. Tra i principali processi esaminati vi sono le influenze dirette ed indirette dovute al pascolo di erbivori (essenzialmente patelle), le interazioni per la conquista dello spazio primario tra organismi sessili, il reclutamento ed il ruolo di variabili abiotiche quali l’essiccamento e l’eterogeneità del substrato. L’intensità e la funzione ecologica di questi processi sono state esaminate in località diverse, a scale spaziali comprese tra le decine e le centinaia di chilometri, per spiegare differenze nella struttura dei popolamenti osservate e quantificate su tali scale. I risultati dei numerosi esperimenti evidenziano la natura contestuale dei processi esaminati. La variabilità su piccola scala appare come elemento distintivo dei popolamenti esaminati, ma i processi che ne sono alla base possono variare da località a località. La natura contestuale dei fenomeni investigati è spiegabile come il risultato della interazione tra processi che operano su ampia scala (per esempio le condizioni trofiche e climatiche) ed i processi che operano su piccola scala (ad esempio l’erbivoria). La comprensione delle interazioni tra processi che operano su scale diverse è quindi l’elemento chiave per poter prevedere la risposta dei popolamenti di costa rocciosa a modificazioni ambientali sia di natura abiotica che biotica. Le implicazioni della variabilità naturale per la conservazione e per la valorizzazione degli ambienti di transizione saranno discusse alla luce dei risultati sperimentali, generati dall’utilizzo delle coste rocciose come modello di studio. Keywords: nitrification, potential activity, macrozoobenthos, coastal environments. Nello studio della nitrificazione nei sedimenti, le relazioni con la componente animale ed in particolare con l’infauna, hanno sempre ricevuto una grande enfasi. Infatti, la natura strettamente aerobica della nitrificazione vincola l’attività dei batteri nitrificanti alle sole zone dove è presente ossigeno, ovvero al sottile strato di sedimento ossico superficiale, di spessore compreso tra 1 e 3 mm, ed alla sua estensione subsuperficiale all’interno delle tane dell’infauna. Tuttavia, alla nostra conoscenza, non è stata prima d’ora evidenziata alcuna attività di nitrificazione sulle superfici degli stessi animali della macrofauna fossoria. I risultati di questo studio mostrano la presenza di attività di nitrificazione sulla superficie di macroinvertebrati, infaunanti e non, appartenenti a differenti categorie trofiche. Gli animali utilizzati per la sperimentazione sono stati campionati in una laguna salmastra del Delta del Po, la Sacca di Goro, in differenti condizioni di salinità, dalla foce di un canale d’acqua dolce alle bocche che uniscono la laguna al mare. Le specie utilizzate sono: Corophium orientale, Carcinus aestuari, Palaemon elegans, Gammarus spp., Neanthes succinea, Tapes philippinarum, Mitilus galloprovincialis, Cyclope neritea. La nitrificazione è stata misurata come tasso potenziale, dopo aggiunta di clorato (10 mM) come inibitore, e il tasso è stato calcolato dall’accumulo di nitrito e riferito all’unità di biomassa (g peso secco). Su tutti gli animali utilizzati sono stai misurati tassi significativi; per i bivalvi è stato possibile isolare i contributi dati da singole parti degli animali: branchie, sifoni, superficie interna ed esterna delle valve. Su tutte le parti considerate sono stati misurati tassi significativi, e la somma delle attività sulle singole parti è risultata pari all’attività complessivamente presente sugli animali vivi. I risultati ottenuti ed il confronto dell’entità dei tassi con i valori, misurati in numerosi sedimenti marini costieri, portano a riconsiderare il ruolo della macrofauna nella regolazione della nitrificazione e del ciclo dell’azoto. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 68 III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) P. BREBER, L. CILENTI, T. SCIROCCO Istituto per lo Studio degli Ecosistemi Costieri – CNR, Via Pola 4, I-71010 Lesina (Fg), Italia e-mail [email protected] UN INDICE BIOTICO (L) PER VALUTARE LO STATO DI QUALITÀ AMBIENTALE DELLE LAGUNE COSTIERE 69 E. MANINI 1, R. DANOVARO 2 1 Institute for the Study of Coastal Ecosystems, CNR, 71010 Lesina, Foggia, Italy of Marine Sciences, University of Ancona, 60131 Ancona, Italy 2 Institute FUNCTIONAL COMPLEXITY OF THE LESINA LAGOON: A MICROBIOLOGICAL APPROACH Keywords: Biotic index, lagoon. Keywords: benthic bacteria, sedimentary organic matter, lagoon. Lo stato di qualità di una laguna può essere definita in due modi: secondo i valori di biodiversità e risorse naturali, oppure secondo il grado di inquinamento. L’indice biotico Λ, da noi elaborato e che qui viene presentato, si pone il primo dei due obiettivi. Il metodo degli indici biotici parte dal principio secondo il quale ogni specie o comunità di specie serve da indicatore immediato di un fattore o gruppo di fattori ambientali. Conoscendo la macrofauna bentonica di una laguna è possibile inferire il trofismo ed i regimi di salinità e di ossigeno esistenti, sulla base dei quali si può passare a fare valutazioni sulla biodiversità e sulla pescosità potenziale dell'ecosistema. Si ritiene che il migliore stato di qualità di una laguna si ha quando il benthos è dominato da bivalvi; è meno buono quando si riscontrano solo vermi ed artropodi, e nella situazione peggiore la macrofauna bentonica è assente del tutto. Per ottenere i dati grezzi necessari alla applicazione dell’indice Λ, si effettua un campionamento alla fine dell’estate per stabilire le specie di macrofauna bentonica sessile presenti, la loro distribuzione spaziale e le rispettive biomasse. Ogni unità campionaria costituente il campione viene classificata secondo lo schema bionomico per le lagune di Frisoni et al. (1984), attribuendola ad una delle sei zone bentoniche previste da tale schema. I dati in tal modo ricavati s’inseriscono quindi nella seguente formula e si ottiene un valore che indica lo stato ecologico della laguna con qualità crescente da 1 a 10. The lagoon of Lesina is a brackish environment located in the southern Adriatic Sea, characterised by large fluctuations of salinity and water temperature values. The shallow waters of this environment (average depth 0.8 m) and its hydrological setting, support a low but continuous flowing of fine sediments, which form a thin muddy layer. This determines negative hydrodynamic conditions, causing water column stratification, oxygen depletion, increasing nutrient, salinity and sedimentation values, with consequence of massive growth of macroalgal biomass (Valonia utricularis). The lagoon is also characterised by major gradients (e.g., salinity ranging from 25.8-38.5 in the western to 6.5-15.5 in the eastern part). The role of the benthic bacteria diagenetic processes (mobilisation and uptake of organic carbon) was investigated in order to provide new insight on the functioning of the Lagoon. Bacterial parameters (bacterial abundance and biomass, exo-enzymatic activities and bacterial carbon production), the biochemical composition of organic matter (proteins, carbohydrates and lipids) and phytopigment concentrations (chlorophyll-a and phaeopigments) were investigated in different parts of the Lesina lagoon, differently influenced by sea and freshwater inputs. In this system, quantity and quality of the primary organic carbon seem to play an important role in organic matter accumulation and in the benthic microbial loop functioning. In various areas of the lagoon, the living autotrophic fractions showed patterns according to the “confinement” gradient (e.g. distance from the sea). Despite high sedimentary organic matter concentrations were observed, enzymatic activities were found to be very low suggesting a low efficiency of this system in transferring material and energy to higher trophic levels. The system appears largely dependent upon the amount of primary organic matter (as biopolymeric carbon pool) and the mobilisation of the organic detritus appears to be the key step in regulating the functional properties of the Lagoon. (Σ 6 ln i=l Dove ni N _____ • bi • Si ) =Λ i = indice che identifica la Zona (I, II, III, IV, V, VI) ni = numero di unità campionarie ricadenti nella Zona i N = numero totale di unità campionarie che compongono il campione bi = biomassa media (g peso umido/m2) della Zona i Si = numero di specie nella Zona i Λ = stato ecologico della laguna, con qualità crescente andando da 1 a 10 Sessione AREE DI TRANSIZIONE 70 III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) A. PUSCEDDU M. R VADRUCCI, A. SEMERARO, A. BASSET Istituto Scienze del Mare, Università di Ancona, Via Brecce Bianche, 60131 Ancona e-mail: [email protected] Lab. di Ecologia, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali Università degli Studi di Lecce, Provinciale Lecce-Monteroni 73100 Lecce e-mail: [email protected] EXERGY IN THE BENTHIC MICROBIAL LOOP OF THE MARSALA LAGOON Keywords: Lagoons, detritus, exergy. Biopolymeric organic carbon (BPC) quantity and biochemical composition, bacteria, heterotrophic nanoflagellate and meiofauna abundance, biomass and exergy content were investigated, on a seasonal basis, in the Marsala lagoon, at two stations characterized by contrasting hydrodynamic conditions. Carbohydrate (2.8 mg g-1), protein (1.6 mg g-1) and lipid (0.86 mg g-1) contents were extremely high, with values at the more exposed station about 3 times lower than those at the sheltered one. BPC (on average 2.5 mg C g-1), dominated by carbohydrates (50%), was mostly refractory and largely unaccounted for by primary organic matter (4% of BPC), indicating that the Marsala lagoon sediments act as a “detritus sink”. At both stations, bacterial (on average 0.3 mg C g-1) and heterotrophic nanoflagellate (9.8 µgC g-1) biomass values were rather high, whereas meiofauna biomass was extremely low (on average 7.2 µg C cm-2). The exergy transfer along the benthic microbial loop components in the Marsala lagoon appeared largely bottlenecked by the refractory composition of organic detritus. In the more exposed station, the exergy transfer towards the higher trophic levels was more efficient than in the sheltered one. Although total exergy values were significantly higher in summer than in winter, at both stations the exergy transfer in winter was more efficient than in summer. Our results indicate that in “detritus sink” systems auxiliary energy forms, such as the wind-induced sediment resuspension in winter and in the exposed station, might be of paramount importance for better channeling refractory organic detritus, otherwise lost by burial in the sediment, towards higher trophic levels. 71 PHYTOPLANKTON GUILD STRUCTURE IN LAKE ALIMINI GRANDE Keywords: phytoplankton guilds structure, biodiversity, similarity, spatial heterogeneity. Phytoplankton guild structure was studied in Lake Alimini Grande from September 1998 to September 1999. The influences of physical and hydrodynamic factors upon temporal and spatial distribution of the phytoplankton assemblage were also examined. Sampling were collected monthly in a grid of 33 sampling sites, distributed throughout the lake and at the connections between the lake and its input and output environments (Zuddeo canal, Lake Fontanelle, Traugnano swamp, Adriatic Sea). Phytoplankton taxonomic composition and cell density were analysed according to Utermöhl method. Species diversity was measured using Shannon’s index. Comparison of similarity of taxonomic composition among stations were also carried out using a index of similarity proportional. Data were analyzed dividing sampling sites spatially into lake areas (Zuddeo, Strittu, Traugano and Central) and lake depths (01 m, 1-2 m; >2m). The four areas were characterized by differences in their hydrology. In the study period, 232 phytoplanktonic taxa were identified in the lake belonging to the nanomicrophytoplankton size classes. 52% of taxa were centric diatoms, 6% pennate diatoms, 14% dinoflagellates, 10% phytoflagellates, 10% cyanophyceae, 2% chlorophyceae and 6% other groups. The taxonomic composition of phytoplanktonic guild showed temporal variations greater than spatial variations. Average similarity was of 0.625±0.15 among months and 0.814±0.11 among sites. Diatoms, dinoflagellates and phytoflagellates were evenly distributed in the lake. Their abundance, species composition and diversity did not vary significant among areas and depths. Cyanophyceae and chlorophyceae showed patterns of spatial variation, being more abundance in the Strittu area than other areas, being affected by freshwater inflow from the lake Fontanelle. Some structural features of lake Alimini Grande, such as the reduced depth, the exposure to the wind action, the high hydrodimamism and the limited spatial extension lead to a general homogeneity of phytoplanktonic guild of the lake. Only the freshwater lake input determine a local heterogeneity of the phytoplanktonic guild, which variation are relatively limited also on the temporal scale suggests the relevance of internal factors on the structural dynamics of the phytoplanktonic guilds. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 72 S. COVELLI 1, R. PIANI 1, S. PREDONZANI 2, A. BRAMBATI 1 1 Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine, Via E. Weiss 2, 34127 Trieste e-mail [email protected] 2 Laboratorio di Biologia Marina, Via A. Piccard 54, 34010 Trieste PROCESSI DI INTERAZIONE E MESCOLAMENTO TRA ACQUE DOLCI E SALATE ALLA FOCE DEL FIUME ISONZO Keywords: Isonzo, cuneo salino, particellato sospeso, geochimica. In ambienti di foce, l’interazione tra le acque dolci e marine dipende dalle caratteristiche del flusso fluviale (velocità di corrente, portata liquida e solida) e dalle condizioni meteomarine (moto ondoso, maree, correnti lungoriva). Attualmente, l’apparato deltizio del fiume Isonzo può considerarsi stabilizzato in una forma digitata con un unico canale distributore fronteggiato da una barra di foce. Il fiume è caratterizzato da un regime torrentizio, strettamente legato alle precipitazioni atmosferiche, presentando massimi di portata in primavera ed in autunno. In questo lavoro si è inteso affrontare lo studio di alcune problematiche legate al “cuneo salino”, la cui presenza nel tratto terminale del fiume è stata accertata finora solo sulla base di misure puntuali: la sua estensione e variabilità e l’influenza del mescolamento delle acque dolci e salate sui processi deposizionali (massimo di torbidità, flocculazione) e geochimici (rilascio/assorbimento dei metalli in tracce) relativamente al particellato sospeso. Le campionature sono state eseguite dalla foce verso monte in condizioni mareali di quadratura; in febbraio in marea calante con un escursione di marea pari a 18 cm ed in maggio in marea crescente con un escursione pari a 50 cm. La determinazione dei parametri chimicofisici ed i prelievi lungo la colonna d’acqua (temperatura, salinità, torbidità, ossigeno disciolto, conducibilità) sono stati effettuati con sonda multiparametrica Hydrolab e bottiglia Niskin. Per le tre quote di ogni stazione, è stata eseguita la determinazione ponderale del particellato in sospensione, il suo spettro dimensionale (Coulter Counter), l’analisi di C organico e N totale (CHN Elemental Analyzer) e di alcuni elementi maggiori ed in tracce per via spettrofotometrica (GF-AAS). L’analisi dei dati ha messo in luce, in entrambe le campagne, la netta separazione del corpo d’acqua dolce superficiale da quello francamente marino, evidenziando un aloclino e un termoclino ben definiti, con uno strato intermedio di mescolamento di spessore ridotto (20-30 cm). L’estensione del cuneo salino all’interno dell’asta fluviale in regime di magra (50 m3/s in febbraio) è stata osservata fino a 6,5 km a monte della foce. I tenori di particellato sospeso (TSM), in febbraio, denotano un incremento progressivo da superficie (3-5 mg/dm3) a fondo (10-20 mg/dm3). Le concentrazioni nello strato superficiale del corpo d’acqua sono legate al modesto apporto solido del fiume nel periodo tardo-invernale. I valori più elevati al fondo sono probabilmente dovuti alla ripresa in carico del particellato ad opera della corrente di marea che, sebbene con escursioni modeste, determina lo spostamento del cuneo salino all’interno del fiume. In maggio, a causa delle precipitazioni intense sulle Prealpi Giulie nel giorno immediatamente precedente la campionatura (20 mm), le concentrazioni di TSM del corpo d’acqua dolce superficiali (20-30 mg/dm3) appaiono nettamente superiori a quelle salate di fondo (4-6 mg/dm3). Tuttavia, va sottolineato che tale andamento è stato riscontrato fino a 3 km a monte della foce, dove l’onda di piena era giunta al momento della campionatura. Il rap- III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 73 porto fine/grossolano (<16 mm/16-63 mm) del TSM rimane pressoché costante durante la fase di magra in febbraio (3-6) mentre, in maggio, risulta nettamente a favore della componente fine nello strato d’acqua superficiale, nelle stazioni in cui era giunta l’onda di piena. L’andamento dell’ossigeno disciolto, nella colonna d’acqua, evidenzia un netto decremento con percentuali al fondo pari al 25% di quelli superficiali. Un simile andamento è stato riscontrato anche per le concentrazioni di C organico con tenori al fondo (10-20 µg/mg) di un ordine di grandezza inferiore rispetto a quelli superficiali (100-120 µg/mg). Le analisi dimensionali hanno permesso di identificare curve granulometriche caratteristiche per i campioni di acqua fluviale, francamente marina e di mescolamento. La presenza di una moda principale a 6,6 mm per i campioni a salinità intermedia, spostata verso le classi più grossolane (12,8 mm) per i campioni di acqua salata, è da mettere in relazione al probabile processo di flocculazione che interesserebbe, già all’interno della foce, le particelle più fini nella fase d’interazione tra acqua dolce e acqua marina. Lo studio dei parametri chimico-fisici e delle caratteristiche dimensionali e geochimiche, ha consentito di mettere in luce la presenza di tre strati nella colonna d’acqua: acque dolci isontine, cuneo salino e strato intermedio mescolato, con relative peculiarità. È stato possibile definire, in condizioni di regime di magra e di piena primaverile, la variabilità spaziale del cuneo salino negli ultimi 12 km dell’asta fluviale. Inoltre, appare chiara la costante presenza del cuneo salino all’interno della foce in regime normale o di magra. Solo eventi di piena rilevanti consentirebbero la completa estromissione dell’acqua salata dall’asta fluviale. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 74 III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) P. VENIER, P. M. BISOL Dipartimento di Biologia, Università di Padova, Via G. Colombo, 35121 Padova e-mail [email protected] STUDIO DELLA BIODIVERSITÀ NELLA LAGUNA DI VENEZIA: RELAZIONI FRA VARIABILITÀ GENETICA, DANNO CITOGENETICO E INQUINAMENTO Keywords: variabilità genetica, danno citogenetico, adattamento, inquinamento, ambiente lagunare. La Laguna di Venezia è oggetto di studio da molti anni e come zona di transizione, nella quale i processi di adattamento all’ambiente potevano essere meglio individuati, e come zona a forte impatto antropico, con conseguenti rischi per la conservazione e utilizzazione delle risorse biologiche. Con questo lavoro si è cercato un approccio interdisciplinare (genetico, citogenetico, molecolare, biometrico) su più livelli dell’organizzazione biologica (individuo e popolazione) e su specie diverse, in modo da avere un’ampia possibilità di confronti fra caratteristiche biologiche, fattori ambientali e tipo di risposte. Lo studio è stato condotto su esemplari dei molluschi Mytilus edulis e Tapes philippinarum e sul teleosteo Zosterisessor ophiocepalus, raccolti in diversi siti della Laguna di Venezia, caratterizzati per diversi livelli di inquinamento. Nel caso di Mytilus edulis alcuni campioni sono stati raccolti anche in mare aperto. Oltre alle misure morfometriche (dimensioni delle conchiglie, lunghezza dei pesci) sono state condotte verifiche del danno genetico attraverso l’analisi degli addotti del DNA, di micronuclei e di altri anormalità nucleari e analisi elettroforetiche per sistemi gene-enzima con tecniche native e di isoelettrofocalizzazione. Per le prove a livello individuale si sono saggiati 5 individui, per quelle a livello di popolazione 50 individui per ognuna delle zone considerate. Nel gobide il polimorfismo enzimatico appare estremanente ridotto, per la rarità degli eterozigoti in un campione complessivo di oltre 340 esemplari. Nelle due specie di molluschi i livelli di polimorfismo enzimatico sono più elevati (le frequenze degli eterozigoti osservati variano dal 10 al 25%), con distribuzioni delle frequenze geniche diverse fra i siti. Tuttavia non emerge un trend omogeneo per le due specie circa i livelli di variabilità genetica dal mare aperto alle zone più interne e più inquinate della Laguna. Per contro, il danno genetico risulta più elevato nelle aree a più alto inquinamento. I risultati di una cluster analysis condotta su un insieme di parametri relativi a 5 individui per sito e per specie, hanno reso più netta, pur nella complessità delle interazioni fra fattori di stress ambientale e risposte biologiche, la differenziazione fra specie e fra zone, sottolineando la prevalenza come biomarker del danno genetico per la valutazione dell’ecosistema lagunare. Progetto finanziato da fondi ministeriali e Corila. 75 G. DE FALCO 1, P. MAGNI 2, L. TERÄSVUORI 1 1 IMC – International Marine Centre, Loc. Sa Mardini, 09072 Torregrande-Oristano 2 Corresponding author: [email protected] SEDIMENTARY FEATURES AND ORGANIC ENRICHMENT OF CABRAS LAGOON (SARDINIA, WESTERN MEDITERRANEAN): PRESENT STATUS AND TEMPORAL CHANGE Keywords: sediments, grain-size, organic enrichment, coastal lagoons. The distribution of grain-size characteristics and total organic matter (OM) content were investigated in surface sediments collected in the Cabras lagoon (Western Sardinia) on a square grid of 31 stations covering the whole basin. Furthermore, the trend with depth of the same set of variables was measured through the vertical profile of sediment cores. We aimed to investigate the spatial and temporal variability of sediment bulk properties and to assess the relationship between sediment distribution and levels of OM. The grain-size and OM data were processed by multivariate factor analysis (FA). Results showed that the sediments of the lagoon are very homogeneous, mainly silty-clayly, and are characterized by a high OM content, up to ca. 14%. Two factors were extracted by FA. Factor 1 (37% of the variance) was related to finer particles (2-4 and 4-8 µm grain size classes) and OM level, while Factor 2 (18% of the variance) was related to the medium-coarse silt fraction (8-16 and 16-32 µm). The variability of factor scores indicated a spatial significance and allowed us to identify the central sector of the lagoon as an area of accumulation of OM and finer sediments, and the southern sector as an area of higher energy with coarser silty sediments (Factor 2). The partitioning of sediment grain-size, well related to OM, seems due to sediment winnowing, rather than to external sediment load. Besides sediment winnowing processes, the levels of OM are very high in the whole basin, with values up to 14% associated to the clay enriched sediments in the central sector and values of 10% associated to the coarse silt enriched sediments in the southern sector. Analysis of core profiles showed a marked trend with depth with a reduction of OM level (ca. 6%) and a shift of particles size toward a sandier composition at 6-8 cm depth. These results unraveled a change in the sedimentary regime of the lagoon with a shift of sediment grain-size toward a finer composition coupled to an increase of OM load and consequently to a decrease of sediment quality through the years. This will be discussed within an interdisciplinary project carried out to investigate the sedimentary features and the condition of macrozoobenthic communities of Cabras lagoon, following a dystrophic event occurred in 1999. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 76 III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 77 A. CUCCO, G. UMGIESSER G. FONTOLAN, A. BEZZI, S. PILLON, I. BURLA, S. CIRILLI ISDGM-CNR, S. Polo-1364 – 30125 Venezia – Italia e-mail: [email protected] Coastal Group – Dip.to di Scienze Geologiche Ambientali e Marine Università degli Studi, via E. Weiss 2 – 34127 Trieste – e-mail [email protected] MODELLIZZAZIONE DEGLI SCAMBI DI MATERIA TRA LA LAGUNA DI VENEZIA E L’ALTO ADRIATICO MORFODINAMICA DELLE BOCCHE TIDALI IN ALTO ADRIATICO: STRATEGIE CONSERVATIVE ED USO RAZIONALE DELLE RISORSE SABBIOSE Keywords: modellistica idrodinamica, Laguna di Venezia, tempi di residenza. Le dinamiche di interconnessione e gli scambi di massa tra il sistema della Laguna di Venezia e il Mare Adriatico costituiscono uno degli obiettivi principali dei progetti mirati alla salvaguardia della città lagunare. In questo lavoro, mediante un’analisi basata su un modello idrodinamico barotropico bidimensionale agli elementi finiti dell’intero Mare Adriatico e della Laguna di Venezia, sono stati determinati i flussi istantanei e residui attraverso le tre bocche di porto ed inoltre i tempi di residenza dell’intero sistema lagunare. Il modello idrodinamico utilizzato implementa l’analisi numerica su un dominio spaziale a passo di griglia variabile, con una risoluzione minima di circa 10 Km (per le aree centromeridionali del bacino Adriatico) ed una massima di circa 1 metro (per le aree interne alla Laguna di Venezia). Queste caratteristiche hanno permesso di effettuare simulazioni in cui vengono considerati diversei scenari di forzanti, quali maree astronomiche e venti. Più precisamente, è stata indagata l'entità degli scambi tra laguna e mare in assenza di vento, presenza di vento di scirocco e presenza di vento di bora, simulando la propagazione dell’onda di marea all’interno di tutto dominio spaziale. La modellizzazione dell’interconnessione tra i due bacini ha reso possibile valutare quantitativamente l’effetto sui tempi di residenza del re-importo in Laguna della materia fuoriuscita in mare aperto attraverso le bocche di porto. La calibrazione del modello idrodinamico è avvenuta mediante modifica delle condizioni al contorno e confronto con dati sperimentali di elevazione mareale relativi a stazioni mareografiche disposte all’interno del bacino Adriatico e in Laguna di Venezia. I risultati del modello sono stati ulteriormente corroborati confrontando i valori di portata dei tre canali di interconnessione mare-laguna con quelli ricavati sperimentalmente da indagini con sonda elettroacustica A.D.C.P (Acoustic Doppler Current Profilers). Questa confronto è tutt'ora in fase di attuazione. Keywords: Sedimentary activity, sand, North Adriatic Sea. L’area costiera nord-Adriatica presenta un sistema di ambienti umidi unico a scala nazionale, che si sviluppa quasi senza soluzione di continuità per circa 200 km, dalla foce del fiume Isonzo fino a Comacchio. Gli interscambi idrici tra le lagune e il mare sono regolati da bocche tidali, morfologie contraddistinte da elevatissima dinamicità. Questa peculiarità ha spesso determinato delle situazioni di conflittualità con la navigabilità e gli usi marittimi degli spazi lagunari, sedi di importanti attività industriali e portuali, al punto tale che gran parte delle aperture sono oggigiorno fissate rigidamente da moli guardiani. Malgrado ciò, significative modificazioni dell’assetto delle bocche possono essere riscontrate anche nei casi di consolidata rigidità strutturale, come nel caso delle bocche della Laguna di Venezia e delle maggiori bocche delle Lagune di Marano e Grado. In particolare, le caratteristiche morfologiche del bacino Alto Adriatico, la limitata importanza del modellamento da parte del moto ondoso rispetto all’ampiezza di marea ed all’entità delle correnti associate, fanno si che quasi tutte le bocche tendano a sviluppare degli apparati di delta di riflusso e dei canali fortemente estroflessi verso mare. Sebbene l’officiosità dei canali d’accesso sia quindi fortemente compromessa dalla naturale tendenza allo sviluppo dei rialzi morfologici del delta di riflusso, questi depositi sabbiosi rivestono un’importanza notevole sotto il profilo delle risorse sedimentarie, sempre più indispensabili nelle operazioni di intervento ecocompatibile per le spiagge in erosione, attraverso ricostruzioni integrali degli arenili o rifluimenti. Le indagini morfologico-sedimentologiche condotte su alcune bocche lagunari ne hanno evidenziato la notevole capacità a costruire apparati di delta di riflusso, che determinano forti accumuli sopraflutto alle piattaforme di spit. In tutti i casi esaminati, qui rappresentati da 4 diversi esempi lungo l’arco insulare del Friuli-Venezia Giulia, Veneto ed Emilia-Romagna, si evidenzia la possibilità di utilizzare, senza scompensi al sistema, significative volumetrie di sabbia che si accumula nelle aree di delta di riflusso o del canale stesso per interventi di riequilibrio dei litorali adiacenti, in varia misura compromessi dalle azioni dirette ed indirette dell’uomo. Per le bocche di Primero (Laguna di Grado) e di S. Andrea (Laguna di Marano) il riequilibrio naturale avviene attraverso uno slittamento verso occidente (downdrift) dell’asse del canale, causato rispettivamente da accumuli annui di 30.000 m3 e 5.000 m3 di sabbie mediofini ben classate sul lato opposto. L’asportazione periodica di tali quantità di sabbia dalle aree in accumulo avrebbe il duplice beneficio di conservare l'assetto dei canali nel rispetto del loro equilibrio morfodinamico e dell'efficienza idraulica da un lato e di poter disporre di sabbie con caratteristiche granulometriche tali da poter essere facilmente reimpiegate in operazioni di rifluimento e ricarica per le spiagge in erosione dall'altro. Per la bocca di Baseleghe (Laguna orientale di Caorle) e il canale secondario di Goro 78 Sessione AREE DI TRANSIZIONE (Delta del Po meridionale) si pongono invece maggiormente i problemi legati all’officiosità. Queste due diverse bocche, la prima sempre presente nelle documentazioni storiche, la seconda realizzata artificialmente intorno al 1980, soffrono di problemi di interrimento con effetti diversi sui lati sottoflutto. Baseleghe mostra un particolare effetto di deriva locale inversa che ha prodotto, negli ultimi 20 anni, un forte accrescimento sul lato sottoflutto, mentre il canale secondario di Goro soffre di un effetto contrario, denunciando un progressivo allargamento del varco sul lato sotto corrente per erosione del litorale, con conseguente aumento della perdita di carico della sezione. L’analogo problema di interrimento in due diversi contesti morfodinamici può essere affrontato con soluzioni simili, che prevedono comunque la movimentazione di materiali sabbiosi e il loro reimpiego per supplire i deficit sedimentari nelle aree adiacenti. Diversa dovrà essere invece la strategia di riequilibrio-risagomatura delle morfologie marine, che hanno la capacità di direzionare o amplificare gli effetti positivi del by-pass sedimentario lungo i tratti costieri oggi in arretramento per scarsi neo-apporti di sabbia. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 79 R. BEDINI 1, R. RODOLFO METALPA 1, U. GIANFRANCHI 1, F. DINI 2, G. BRONZETTI 3 1 Istituto di Biologia ed Ecologia Marina, P.zza G. Bovio 3, 57025 Piombino (Li) – e-mail: [email protected] di Etologia, Ecologia ed Evoluzione, Università di Pisa, Via A. Volta 6, 56126 Pisa 3 Istituto di Mutagenesi e Differenziamento, CNR , Via G. Moruzzi 1, 56100 Pisa 2 Dipartimento INDAGINE AMBIENTALE MULTIDISCIPLINARE IN AREE PORTUALI INTERESSATE O ESENTI DA SCARICHI INDUSTRIALI Keywords: Inquinamento, Bioindicatori, Aree Portuali, Mitylus galloprovincialis, Protisti. Un’indagine multidisciplinare è stata condotta lungo la Costa Toscana in tre porti a differente grado d’inquinamento (Porto di Piombino, Portoferraio e Porto Santo Stefano). In particolare è stata posta attenzione al Porto di Piombino quale sede di importanti insediamenti industriali. Il disegno di campionamento ha previsto tre aree per ogni sito con due stazioni per area; in ogni stazione sono state fotografate e grattate tre aree di 30 x 30 cm2 per ogni profondità scelta (-1, -3, -5 m). Il ricoprimento ed il numero degli organismi animali e vegetali rinvenuti, sono stati misurati e riconosciuti a livello di specie; in particolare, per evidenziare possibili differenze, imputabili alla situazione ambientale del sito, sono state studiatele popolazioni di: alghe, anellidi policheti, molluschi, crostacei e sipunculidi e le loro eventuali differenze. Lo studio ambientale dei siti si è avvalso anche di tecniche d’indagine ecotossicologiche, eseguite su Mitylus galloprovincialis LAM. tramite la valutazione dei livelli enzimatici, e di analisi quantitative e qualitative dei popolamenti a Protisti. L’analisi della varianza, tra i gruppi sistematici esaminati, non evidenzia differenze significative (p < 0,05) tra i siti; differenze sono state trovate a livello di stazioni e profondità. La valutazione dei livelli enzimatici in M. galloprovincialis non ha evidenziato alcun effetto tossico presentando valori nella norma. Infine, anche il monitoraggio sui popolamenti a Protisti conferma le differenze tra le profondità individuando, tuttavia, “tendenze” ad una differenziazione tra i siti non interpretabili in modo unidirezionale. Questo studio, eseguito anche tramite metodologie innovative, vuole fornire un punto di partenza per ampliare le possibilità d’indagine su popolazioni animali e vegetali viventi in aree con forte impatto ambientale di origine antropica. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 80 I. SCROCCARO 1, R. MATARRESE 2, G. UMGIESSER 1 2 Università 1 ISDGM-CNR - S.Polo, 1364 – 30125 Venezia di Bari – Dipartimento di Fisica – Via Amendola, 173 – 70100 Bari e-mail [email protected] APPLICAZIONE DI UN MODELLO AGLI ELEMENTI FINITI AI MARI DI TARANTO III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 81 T. HOPKINS 1, F. RAFFA 2 1 IAMC – Istituto Ambiente Marino Costiero – Geomare Sud Via Vespucci 9, 80143 – Napoli, Italy – e-mail [email protected] 2 Istituto Sperimentale Talassografico, Sezione di Messina del IAMC–CNR, Spianata S. Raineri, 86, 98122 Messina, Italy DEEP-CHLOROPHYLL MAXIMUM TIME-SERIES IN A TRANSITIONAL AREA OF AUGUSTA GULF (SICILY): PART I, CIRCULATION AND WATER-MASS STRUCTURE Keywords: Mari di Taranto, aree costiere, modelli matematici, simulazioni numeriche. Il modello agli elementi finiti SHYFEM, sviluppato al ISDGM-CNR di Venezia, è stato applicato per lo studio della circolazione idrodinamica nei Mari di Taranto (Mar Grande e Mar Piccolo). Come forzanti del modello sono stati considerati la marea, gli scarichi reflui urbani ed industriali, l’idrovora dell’ILVA, i citri ed il vento. Sono state effettuate simulazioni di due giorni, considerando vari scenari a seconda delle diverse forzanti e sono stati analizzati gli andamenti delle portate attraverso alcuni transetti, l'andamento dei livelli mareali in vari punti del bacino ed i campi di velocità orizzontale. I risultati mostrano che l'azione della marea è poco vigorosa, mentre risalta l'importanza del vento, che, anche se di intensità piuttosto debole, riesce a vivacizzare la circolazione, in particolare nel Mar Piccolo. Nel modello idrodinamico sono stati implementati il modulo di trasporto e diffusione per lo studio della salinità ed il modulo termico. La salinità è stata modellata tenendo in considerazione solo i termini diffusivi e di trasporto, per cui è soggetta sia alla diffusione verso aree a concentrazione minore, sia al trasportodovuto allo spostamento della massa d’acqua in cui si trova. Con il modulo termico sono stati considerati i principali processi fisici che comportano scambi di calore all'interfaccia aria-acquae che contribuiscono al bilancio termico: assorbimento di radiazione solare, emissione di radiazione long-wave, evaporazione-condensazione e convezione. Il modello numerico di scambio termico calcola la temperatura dell'acqua. Per entrambi i moduli sono state effettuate simulazioni annuali utilizzando come forzanti dati atmosferici reali. I risultati ottenuti sono compatibili con i dati sperimentali raccolti durante campagne di misura dell'Istituto Talassografico del CNR di Taranto e ne seguono l'andamento. Come prossima applicazione al modello idrodinamico verrà aggiunto un modello di qualità dell’acqua, implementando una versione del modello WASP (WAter Quality Simulation Program) dell’EPA, sviluppata al CNR-ISDGM, per studiare il processo di eutrofizzazione, di cui questa area soffre da alcuni anni a causa degli scarichi inquinanti. Keywords: water mass, circulation, Mediterranean, pycnocline. The first oceanographic cruise of the SAMCA Program (Systems Approach to Mediterranean Coastal Areas) was conducted during October 2001 in the Gulf of Augusta. This work reports on the circulation in the Gulf in support of a time-dependent process study of the deep-chlorophyll maximum at its intersection with the coastal boundary. The coastal system has a narrow shelf has a ~25-m escarpment at the 20-m isobath and a steep shelf break at ~100 m. The shelf area shows a ubiquitous presence of the Messina Strait Water, characterized by a salinity minimum (~38.45). This water mass, which derives from the mixing in the Strait of Messina, forms a geostrophically trapped boundary current flowing southward along the eastern Sicilian coast. In the Gulf of Augusta, this salinity minimum (~38.45) had a large temperature range (~16-21°C), which effectively defines the pycnocline. The coastal deep-chlorophyll maximum (DCM) at ~30-60 m is located within this water mass. Due to the distribution of this salinity minimum, the horizontal density gradient changes sign through the pycnocline and thereby the velocity shear. Thus, the upper portion of the DCM is transported in a different direction than the lower portion. In addition, vertical displacements of the pycnocline arise between adjacent stations that amplify the baroclinic shears through the chlorophyll maximum. The pycnocline displacements are considered to result from variable wind transports in the surface layer and by vertical motions generated at the bathymetric discontinuities. The adjusted sea levels and geostrophic flows were calculated with the steric-height method taken to a common deep (4000 m) reference point in the Ionian. The basis for the above observations and details relating to the observed variability in the DCM are explained in the text. 82 Sessione AREE DI TRANSIZIONE F. DECEMBRINI, F. AZZARO, M. GALLETTA, T. HOPKINS Istituto Sperimentale Talassografico, Sezione di Messina del IAMC-CNR, Spianata S. Raineri, 86, 98122 Messina, Italy – e-mail [email protected] DEEP-CHLOROPHYLL MAXIMUM TIME-SERIES IN A TRANSITIONAL AREA OF AUGUSTA GULF (SICILY): PART II, CHLOROPHYLL α AND NUTRIENTS DISTRIBUTION III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 83 G. BUDILLON 1, M. ORSI 2, A. ORTONA 1, G. SPEZIE 1, S. TUCCI 2 1 Università di Napoli “Parthenope” – Istituto di Meteorologia e Oceanografia Via De Gasperi, 5 – 80133 Napoli – e-mail [email protected] 2 Università di Genova – Dipartimento per lo Studio del Territorio e delle sue Risorse C.so Europa, 26 – 16132 Genova IDROLOGIA, DINAMICA E DISTRIBUZIONE DEL MATERIALE SOSPESO NELLE ZONE FRONTALI DELL’ADRIATICO MERIDIONALE Keywords: deep-chlorophyll maximum, Mediterranean coastal ecosystem. During the stratified period in the Mediterranean, phytoplankton activity is characterized by a Deep-Chlorophyll Maximum (DCM), which is sustained by a vertical balance between the availability of light and nutrients. The supply of new nutrients is primarily controlled by the factors determining the upward nutrient flux and the availability of regenerated nutrients is controlled by the activity of the microbial loop. The first cruise under the SAMCA Program (Systems Approach to Mediterranean Coastal Areas) was conducted in October 2001 in the Gulf of Augusta to investigate the time-dependent processes controlling this balance at the depth where the DCM intersects the coastal boundary. The Port of Augusta serves a large petroleum-based industrial zone. However, our results showed negligible freshwater input and an absence of any surface eutrophic response in the harbour or in the nearshore. This situation excluded any interaction between terrestrial nutrient inputs and the DCM; and in addition, benthic interaction was practically excluded by the unusual absence of an animal life on the inner shelf (~ 30-70 m). In contrast, another unusual condition provides a nutrient source. The local DCM is occupied by waters characterized by a salinity minimum (<38.5 ppt), a nitrate maximum (~ 3.6 µM) and where the chlorophyll a concentration ranged between 0.15 to 0.39 µg-l-1. The 48-hr time-series revealed significant variability at sub-diurnal time scales in the nutrient concentrations, chlorophyll pigments, and their size distributions. For example, the first day was characterized by higher nutrient values (N: <2µM; P: <0,3µM) and by a dominance of micro-phytoplankton, whereas the second day had less nutrients and a dominance of pico-phytoplankton. The observed biotic changes in the DCM appear to be controlled mostly by the variability in the physical environment, which vertically separated the upper and lower portions of the pycnocline by differing advective and mixing conditions. Keywords: Adriatico Meridionale, fronte termoalino, materiale sospeso. L’area oggetto del presente lavoro è localizzata in un settore strategico di collegamento tra l’Adriatico ed il Mediterraneo che ha assunto una importanza cruciale alla luce dei cambiamenti climatici, probabilmente ancora in corso, evidenziati dalla comunità scientifica nell’ultima decade del passato millennio. I dati sono stati raccolti in due distinte stagioni (ottobre 2000 e aprile-maggio 2001) nell’ambito del progetto INTERREG-II Italia-Albania e costituiscono il primo data set quasisinottico e multidisciplinare delle due fasce costiere. Il campionamento ha interessato anche la zona centrale al fine di descrivere anche le condizioni di mare aperto necessarie per una corretta interpretazione dei fenomeni più tipicamente costieri. In questo lavoro si analizzano le condizioni termoaline, dinamiche e la distribuzione del materiale sospeso in relazione anche alle condizioni meteorologiche ottenute dalle analisi dell’ECMWF (European Center for the Medium-range Weather Forecast). L’analisi ha mostrato la presenza di una doppia zona frontale, il “sistema frontale albanese”che si attiva lungo tutta la fascia costiera. Una, è stata individuata nella strato superficiale in prossimità della costa (a circa 15/20 miglia) ed è alimentata sostanzialmente dall’apporto di acqua dolce delle numerose immissioni fluviali albanesi. Questa struttura è stata particolarmente evidente in occasione delle misure effettuate in primavera (2001) perché in questa stagione il contributo continentale, che risente delle piogge invernali, è senz’altro più significativo di quello identificato nell’autunno (2000) successivo alla secca stagione estiva. Infatti, il calcolo dei trasporti di “fresh water” per le due stagioni prese in esame ha evidenziato un notevole incremento del contenuto di acque dolci da sud verso nord per la maggiore presenza degli apporti continentali nel periodo primaverile, mentre nella campagna di ottobre si sono notati soltanto picchi di concentrazione in prossimità di alcune foci di fiumi. Gli apporti fluviali sono importanti soprattutto a nord di Valona con concentrazioni di materiale sospeso inorganico che supera i 4 mg/l a fronte di valori inferiori a 0.5 mg/l nelle acque esterne al fronte. La seconda zona frontale è stata invece localizzata in prossimità dello “shelf break” albanese dove le acque costiere superficiali e subsuperficiali, che fluiscono verso settentrione, si incontrano con quelle di mare aperto maggiormente influenzate dal ramo discendente del vortice ciclonico pressoché permanentemente attivo nell’area del Basso Adriatico. 84 Sessione AREE DI TRANSIZIONE B. B. MANCA, V. CARDIN, V. KOVACEVIC, P. SCARAZZATO Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale OGS, Borgo Grotta Gigante 42/c, 34010 Sgonico (Trieste), Italy – e-mail: [email protected] INTERANNUAL VARIABILITY OF DENSE WATER PRODUCTION IN THE ADRIATIC SEA AND ITS RELATIONSHIP WITH THE BUOYANCY FLUXES AND WATER EXCHANGES THROUGH THE OTRANTO STRAIT Keywords: Adriatic Sea, circulation, dense waters, convection, buoyancy fluxes, transports. OBJECTIVE OF THE RESEARCH The Adriatic Sea, although relatively small, is governed by large-scale ocean dynamics and by strong shelf/slope interaction. Most physical processes that characterise the open ocean circulation and dense water formation occur in the Adriatic Sea. All the major forcing mechanisms, i. e. atmospheric forcing, buoyancy fluxes, along with water mass exchanges, are present. Air-sea interaction is vigorous and dense water masses are formed both in the northern shelf region and in the southern Adriatic by open-ocean deep convection. Dynamic topography maps based on individual hydrographic cruises have shown consistently a topographically controlled baroclinic cyclonic circulation in the Southern Adriatic Sea. The overall objective of this work is to assess the importance of the atmospheric forcing and the presence of key elements (e. g. fresh water discharge and saline water from the Eastern Mediterranean), which are responsible for the interannual variability of the thermohaline circulation and dense water formation. DATA AND METHODS The data used for this work consist of comprehensive sets of hydrographic data and current measurements collected during the last decade in the Adriatic Sea. We make use of meteorological data from ECMWF operational analysis for buoyancy fluxes calculation. Hydrographic observations carried out in late winter 2002 in the southern Adriatic Sea, in the Otranto Strait and in the central Ionian Sea allowed us to observe new properties of the deep waters, which form a density driven current vein outflowing the Adriatic at the bottom. RESULTS Strong interannual variability of the circulation patterns and water exchanges between the Adriatic and the Eastern Mediterranean has been observed. In the late 1980s - early 1990s, the deep waters of the Adriatic Sea were very dense reaching the maximum (σθ ~ 29.29 kg·m-3) in the bottom layer of the Southern Adriatic Sea during winter 1992. Since then, the convection in the southern cyclonic gyre has become gradually weaker leading to a decrease of the production of Adriatic Deep Water (ADW) and to a coexistence of two types of dense waters that exit the Adriatic Sea in intermediate (200-400 m) and deep layers (below 600 m). Information on the water circulation and exchange through the Strait of Otranto, obtained via long-term direct current measurements and water mass property distribution, established a transport of about 1 Sv (Gacic et al., 1996). Only 30% of the Adriatic outflow was sustained III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 85 by the bottom vein of ADW, while the remaining 70% was attributed to dense waters formed in the northern shelf region, which exit the Adriatic Sea at the shelf/slope against the western flank of the strait of Otranto (Manca and Giorgetti, 1998). At the same time, an additional source of the dense water for the entire Eastern Mediterranean was established in the Aegean Sea (Roether et al. 1996). Recent observations indicate that the intermediate water masses that flow into the Adriatic Sea exhibit a prevailing trend towards high salinity values, consistent with the changes in the Eastern Mediterranean circulation. As a consequence, a salinity increase in the bottom layer of the southern Adriatic Sea has been also observed since 1995. In winter 2002, the dense waters that reside in the deep southern Adriatic reservoir are renewed resulting in increased oxygen content. However, deep convection did not reach the bottom layer, allowing us to conclude that the new dense waters were produced in the northern shelf region. Accordingly, the deep outflow into the Ionian Sea is mainly constituted by dense waters formed in the northern Adriatic. As concluding remark we can say that it took one decade for the Adriatic Sea to resume the leading role of dense waters production of the Eastern Mediterranean. References Gacic, M., Kovacevic, V., Manca, B., Papageorgiou, E., Poulain, P. M., Scarazzato, P. and Vetrano, A., 1996. Thermohaline properties and circulation in the Strait of Otranto. In: F. Briand (Editor), Dynamics of Mediterranean Straits and Channels. Bull. Inst. Oceanogr., Spec. Issue., 17, CIESM Science Series, 2, pp. 117-145. Manca, B. and Giorgetti, A., 1998. Thermohaline properties and circulation patterns in the Southern Adriatic Sea from May 1995 to February 1996. In: M. Piccazzo (Editor) Atti 12° AIOL, Isola di Vulcano, 1996, Vol II, pp. 399-414. Roether, W., B. B. Manca, B. Klein, D. Bregant, D. Georgopoulos, V. Beitzel., V. Kovacevic and A. Luchetta, 1996. Recent changes in Eastern Mediterranean deep waters, Science, 271: 333-335. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 86 P. FALCO 1, V. LIGNITTO 1, P. M. POULAIN 2, E. ZAMBIANCHI 1 1 Università degli Studi di Napoli “Parthenope” – e-mail [email protected] Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale 2 Istituto STUDIO DELLA CIRCOLAZIONE SUPERFICIALE DEL MAR TIRRENO DA DATI LAGRANGIANI III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 87 G. FUSCO 1, Y. COTRONEO 2, G. M. R. MANZELLA 1, E. ZAMBIANCHI 2 1 ENEA, Marine Environmental Research Centre, P. O. Box 224, La Spezia e-mail: [email protected] 2 Università degli Studi di Napoli “Parthenope” EMPIRICAL ORTHOGONAL FUNCTIONS ANALYSIS OF PHYSICAL PARAMETERS AND NUTRIENT DISTRIBUTIONS IN THE MEDITERRANEAN SEA Keywords: Mar Tirreno, boe superficiali, variabilità, Mediterraneo Occidentale. La circolazione superficiale del Mar Tirreno è conosciuta solo a grandi linee, ed è dominata dalla MAW (Modified Atlantic Water) che, attraverso il Canale di Sardegna, entra nel bacino Tirrenico e fluendo lungo le coste italiane si riversa nel bacino liguro-provenzale. Questo flusso rappresenta il ramo orientale di un vasto gyre ciclonico che interessa la parte centro-meridionale del bacino, mentre il settore settentrionale è interessato da una vortice anticiclonico, di dimensioni più piccole, la cui presenza è fortemente legata alla canalizzazione del vento attraverso le Bocche di Bonifacio. La necessità di fornire un’analisi di maggior dettaglio della circolazione (in termine di descrizione di moti a scala più piccola di quella di bacino, variabilità spazio-temporale, ecc.), ha motivato l'avvio di una serie di lanci di boe superficiali alla deriva in un’area situata nella settore meridionale del Tirreno, allo scopo di monitorare il percorso della MAW non appena attraversato il Canale di Sardegna. A partire da dicembre 2001, sono state lanciati 23 drifters tipo CODE nell’ambito di un progetto congiunto Università Parthenope-ENEA-OGS. I lanci sono avvenuti da un traghetto della compagnia di navigazione Tirrenia che fa rotta tra Napoli e Palermo. I punti di rilascio si trovano proprio lungo la rotta del traghetto, il primo situato poco a sud del 40° parallelo con gli atri punti distanziati tra loro di circa 15 miglia, in direzione sud. L'analisi dei dati è attualmente in corso ma ha consentito già di individuare alcuni aspetti molto rilevanti. Lo studio delle traiettorie delle boe pone in risalto come il settore meridionale del Tirreno presenti un’alta variabilità. Le boe inizialmente non seguono un percorso coerente. Solo successivamente, una volta raggiunta la costa, vengono catturate dal flusso nord-ovest. Al momento il limite settentrionale raggiunto è localizzato nei pressi del confine tra Lazio e Toscana. Saranno presentati inoltre risultati derivati dall'analisi pseudoeuleriana dei dati ed in particolare andamento del campo medio e pattern di energia cinetica media e turbolenta, mentre l’analisi lagangiana fornirà una caratterizzazione statistica della dinamica superficiale. Keywords: Physical and chemical parameters, Mediterranean Sea, Empirical Orthogonal Functions, general circulation. Temperature, salinity, oxygen and nutrient distributions of the Mediterranean Sea from Medar/MedAtlas II database are analysed with the aim of identifying the minimum data set necessary to describe the general circulation and to define the dominant physical characteristics. Quasi-synoptic data were selected from the available data. A quality control was carried out in order to check and assess the consistency of the data set. The entire Mediterranean Sea was divided into 16 regions, according to the physical characteristics, events and dynamics that in each area occur. Monthly mean profiles and standard deviations were computed in each area, then all data were compared to the mean profiles and were considered as valid if comprised within 2 standard deviations if data were collected in deep sea, while 3 standard deviations were adopted for shelf data. Then Empirical Orthogonal Function are calculated on qualified data. This analysis give the possibility of observing the events at different scales of time and space and eventually isolate one of them. The significant modes are capable of describing most of the variance of the full hydrographic fields, but it was found that the number of modes needed to capture the variability contained in the data changes with geographical region and seasons. In particular it was observed that in the eastern regions of the Mediterranean Sea it was required more modes than the western ones. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 89 A. ACCORNERO 1, L. MANFRA 2, S. MANZO 3, F. MODESTIA 4, A. SALLUZZO 3, L. TORRICELLI 3 1 Istituto di Meteorologia ed Oceanografia, Università degli Studi Parthenope, Napoli – e-mail [email protected] 2 Istituto Centrale per la Ricerca Applicata al Mare ICRAM, Roma 3 Enea – Centro Ricerche Portici, Dipartimento Ambiente, Portici 4 ETI – Ente Tabacchi Italiano, Roma DISTRIBUZIONE DEI METALLI PESANTI E VALUTAZIONE DEL LIVELLO DI TOSSICITÀ DELLE ACQUE COSTIERE NELL’ADRIATICO MERIDIONALE Keywords: heavy metals, toxicity test, southern Adriatic Sea. In questo lavoro viene presentata la distribuzione delle concentrazioni di alcuni metalli pesanti (Cu, Pb, Cd, Zn, Ni e Mn) nelle acque superficiali dell’Adriatico meridionale e, negli stessi siti, viene valutato il livello di tossicità ambientale tramite l’utilizzo di test biologici. Le analisi chimiche associate ad indagini di tipo ecotossicologico permettono, rispetto al tradizionale monitoraggio, di ottenere una “visione integrata” dei fenomeni ambientali, ai fini di valutare non solo i livelli di contaminazione dovuti ad un tossico, ma anche l’impatto sulla comunità biotica. In questo studio la tossicità ambientale viene stimata essenzialmente tramite il test di embriotossicità eseguito sul comune riccio di mare Paracentrotus lividus, che si basa sulla valutazione delle malformazioni larvali indicative non soltanto della presenza di un singolo contaminante, ma di eventuali effetti prodotti da fenomeni di sinergismo, addittività, antagonismo. Nell’intera area di studio i valori medi degli elementi analizzati evidenziano una scala di concentrazione del tipo: Zn (4.5 ppb) >> Cu (1.9 ppb) > Mn (1.6 ppb) > Pb (0.9 ppb) > Ni (0.5 ppb) >> Cd (0.07 ppb). La costa albanese è quella che mostra in assoluto le concentrazioni più elevate, mentre sul litorale pugliese, fatta eccezione per le aree portuali di Brindisi e Bari, le concentrazioni sono generalmente inferiori, sebbene lontane dai livelli naturali di background. Nella maggioranza delle stazioni campionate il livello di tossicità è tale da non impedire lo sviluppo degli embrioni di P. lividus, pur procurando ritardi e malformazioni delle larve sia di tipo scheletrico che intestinale. Gli effetti tossici più marcati sono riscontrati lungo il transetto antistante Brindisi e nella parte più meridionale della costa albanese. Sessione AREE DI TRANSIZIONE Poster Sessione AREE DI TRANSIZIONE 90 A. ANDRESINI 1, F. SPAGNOLI 2, F. LOIACONO 1 1 Università Degli Studi di Bari, Dip. Geologia e Geofisica, V. E. Orabona 4, 70124 Bari e-mail [email protected] 2 Istituto per lo Studio degli Ecosistemi Costieri – CNR, V. Pola 4, 71010 Lesina (FG) SEDIMENTAZIONE E BIOGEOCHIMICA DEL LAGO DI LESINA: RISULTATI PRELIMINARI Keywords: sedimentologia, biogeochimica, evoluzione quaternaria. Gli obiettivi della ricerca sono: la ricostruzione della evoluzione quaternaria del Lago di Lesina, con l’individuazione di eventuali alternanze di fasi sedimentarie lagunari, fluvio-lacustri e/o marine; la definizione dello stato attuale del lago, con l’individuazione dei processi sedimentologici attuali, la composizione biogeochimica dei sedimenti superficiali del lago e l’eventuale presenza di inputs di origine antropica; la previsione della futura evoluzione (tendenza evolutiva) del lago. La ricostruzione dell’evoluzione del lago è stata condotta su due carote prelevate in prossimità della riva occidentale. Queste sono state analizzate in dettaglio con una descrizione delle strutture sedimentarie, della granulometria, del contenuto e della composizione paleontologica; le carote sono state campionate ad intervalli irregolari in corrispondenza delle litofacies individuate. Sui campioni così prelevati sono in corso le analisi granulometriche, paleontologiche e biogeochimiche. La definizione dello stato attuale del lago è stato studiato con un prelievo estensivo dei sedimenti superficiali. Sui campioni ottenuti sono in corso le analisi granulometriche, biogeochimiche (carbonio totale, carbonio organico, azoto totale, fosforo organico, inorganico e totale) e fisiche (perdita di peso, contenuto d’acqua), mentre le caratteristiche chimico-fisiche (pH, Eh) sono state determinate al momento del campionamento. Nel poster saranno presentati i risultati delle prime analisi condotte sui campioni di sedimento raccolti nelle carote e nei sedimenti superficiali. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 91 R. ANNESE 1, A. DE MARCO 2, M. DONNALOIA 3, F. GIANFREDA 4, G. MASTRONUZZI 5, C. PIGNATELLI 1, S. SCHINAIA 1, A. SERGIO 5, P. SANSÒ 6 1 Collaboratore esterno Dipartimento di Geologia e Geofisica, Università degli Studi, Via Orabona 4 – 70125 Bari Geomineralogico, Università degli Studi , Via Orabona 4 – 70125 Bari 3 Osservatorio Sismologico, Università degli Studi, Via Orabona 4 – 70125 Bari 4 Geo Data Service s.r.l., Via Schilardi 16 – 73024 Maglie (Lecce) 5 Dipartimento di Geologia e Geofisica, Università degli Studi, Via Orabona 4 – 70125 Bari e-mail [email protected] 6 Oss. di Chimica, Fisica e Geologia Ambientale, Dip. Scienze dei Materiali, Via per Arnesano – 73100 Lecce 2 Dipartimento DINAMICA E RISCHIO AMBIENTALE DEL SISTEMA COSTIERO DI TORRE CANNE (BRINDISI, PUGLIA) Keywords: Environmental risk, coastal erosion, South Adriatic Sea. La baia di Torre Canne si apre lungo il litorale adriatico fra la località omonima e Torre San Leonardo, a cavallo dei territori dei comuni di Ostuni e Fasano, in provincia di Brindisi. Essa è incisa nelle calcareniti plio pleistoceniche del bedrock locale. L’assenza di apporti diretti significativi dall’entroterra a causa della presenza di una rete idrografica non più attiva, consente di riconoscervi una pocket beach, una trappola nei confronti del sedimento coinvolto nella dinamica costiera; la spiaggia mostra i caratteri di una stationary barrier along wave-dominated coast (Roy et al., 1994; Mastronuzzi & Sansò, 2002). Verso terra essa è limitata da un cordone dunare polifasico; la prima parte del suo modellamento si è prodotta con il completamento della trasgressione olocenica, circa 7 ka BP, e l’altra fra i 2 ka e i 2,5 ka BP (Dini et al., 2000; Mastronuzzi et al., 2001). Il sistema spiaggia-duna-stagni retrodunari di Torre Canne è, quindi, un sistema ereditato, prodottosi in precedenti condizioni ambientali. Esso è oggi in evidente fase di stress a causa dell’adattamento all’attuale dinamica, condizionata almeno da tre fattori: la pressione antropica diretta, la variazione dei parametri meteomarini e la variazione del livello del mare. L’importanza ecologica di tale sistema costiero è già stata riconosciuta dalla Regione Puglia con la istituzione di un area di riserva regionale per il recupero e la salvaguardia del territorio (Boll. Uff. Reg. Puglia, 30 luglio 1997), già inserita, ai sensi delle direttive 92/43/CEE e 79/409/ CEE, fra i siti di importanza comunitaria al n. di Codice Sito IT9130004 di Natura 2000 (Suppl. Ord. n. 65 G.U. n. 95 del 22 aprile 2000). Essa per l’importanza delle componenti geomorfologiche presenti è stata proposta quale geosito (Soldani et al., 2002) Il carattere di precario equilibrio della spiaggia di Torre Canne è evidente alla maggior parte degli operatori turistici che da quella spiaggia traggono lavoro e rappresenta fattore di rischio tanto per l’ambiente quanto per l’economia locale. Il bacino di utenza di tale bene non è infatti limitato alle presenze autoctone ma, specialmente nel settore nordoccidentale, con le strutture termali, esso accoglie numerosi stranieri per un periodo decisamente più lungo della consueta stagione turistica locale. L’importanza, oltre che ecologica anche economica, dell’intero sistema lo ha fatto scegliere quale area campione per l’Adriatico meridionale del Coofinanziamento M.U.R.S.T. 1999-2000 “Bilancio sedimentario dei sistemi costieri italiani. Processi naturali ed influenze antropiche” (Resp. Naz.: Prof. Giuliano Fierro; Resp. U.O.L.: Prof. Giovanni Palmentola). Gli studi condotti al fine di definire il grado di naturalezza dell’area, la dinamica costiera, la velocità e i tempi di arretramento della linea di riva e del cor- 92 Sessione AREE DI TRANSIZIONE done dunare, sono stati condotti attraverso la ricostruzione della storia evolutiva dell’intero sistema di spiaggia; l’analisi morfosedimentologica e biocenotica del fondale entro la batimetrica 70; i rilievi topografici di dettaglio ripetuti nell’arco di un anno di osservazioni; la definizione dei volumi di sedimenti attraverso prospezioni geofisiche; l’analisi dei caratteri meteomarini, normali ed eccezionali; la definizione del bilancio sedimentario; la modellizzazione della dinamica ambientale. I risultati dell’insieme dei rilievi sono rappresentati dalla quantificazione e dalla qualificazione dell’evidente stato di stress e dalla carta del rischio ambientale. Il bilancio sedimentario negativo – pur relativo ad un solo anno – può essere imputato alla costruzione di una serie di opere fisse rigide a mare e a terra che hanno irrigidito il sistema modificandone la dinamica costiera; alla manipolazione ed all’usura conseguente alla frequentazione antropica; alla perdita di materiali dalla duna e dalla spiaggia a causa delle tecniche di pulizia. Altri fattori aggravanti sono le variazioni climatiche e le connesse variazioni del livello del mare (Pinna, 1990; Mosetti & Purga, 1991). Bibliografia essenziale Annese R., De Marco A., Gianfreda F., Mastronuzzi G., Sansò P. (2002). Caratterizzazione morfo-sedimentologica dei fondali della baia fra Torre San Leonardo e Torre Canne (costa adriatica, Puglia). Studi costieri, in press. Dini M., Mastronuzzi G., Sansò P. (2000). The Effects of Relative Sea Level Changes on the Coastal Morphology of Southern Apulia (Italy) during the Holocene. in: Slaymaker O. (Ed.) “Geomorphology, Human Activity and Global Environmental Change”. John Wiley & Sons, LTD, Chichester, U. K., 43-65. Mastronuzzi G., Sansò P. (2002). Holocene coastal dune development and environmental changes in apulia (southern italy). Sedimentary Geology, 121. Mastronuzzi G., Palmentola G., Sansò P. (2001). Evoluzione morfologica della fascia costiera di Torre Canne (Puglia adriatica). Studi Costieri, 4. Mosetti F., Purga N. (1991). Mean sea level evolution in the Mediterranean Sea. Boll. Ocean. Teor. Appl., 9(4), 305-344. Pinna, M., 1990. La storia del clima. Variazioni climatiche e rapporto città-uomo in età postglaciale. Mem. Soc. Geogr. It., 36, 1-264. Roy P. S., Cowell P. J., Ferland M. A., Thom B. G., (1994). Wave dominated coasts. In: Carter R.W.G. & Woodroffe C. D. (eds.) Coastal Evolution. Late Quaternary shoreline morphodynamics. Cambridge University Press, Cambridge, UK. Soldani D., Simone O., Sansò P., Mastronuzzi G. (2002). Geositi nel territorio di Ostuni (Brindisi). Risorsa scientifica e socio-economica. Geologia Ambientale, X, 2, 37-40. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 93 D. BASSO 1, M. P. BERNASCONI 2, E. ROBBA 1 1 Dip. di Scienze Geologiche e Geotecnologie, Univ. Milano-Bicocca P.zza della Scienza 4 – 20126 Milano – e-mail: [email protected] 2 Dip. di Scienze della Terra, Università della Calabria HOLOCENE ENVIRONMENTS IN THE STAGNONE DI MARSALA (SICILY) Keywords: paleoecology, Holocene, molluscs, thanatocoenosis, biocoenosis, Stagnone di Marsala. The Stagnone di Marsala (SM) is a shallow channel, about 7 Km long, directed N-S between western coast of Sicily and Isola Grande. It is connected with the open Tyrrhenian Sea by the shallow (0,2 m) S. Teodoro mouth at its northern end and by the larger (1,5 Km) and deeper (about 3 m) Bocca Grande pass to the South. Mozia is the largest of the three small islands in the SM and stands as important Phoenician archaeological site. From the biological point of view, the SM can be divided into a northern and a southern basin, whose limits approximately coincides with the southern coast of Mozia. The reconstruction of the Holocene to Recent evolution of the benthic environments of the SM is based on the study of sediments and mollusc shell assemblages recovered in twelve cores, 8 cm in diameter, obtained by an hand-operated corer. Selected samples have been dated by AMS. The results show that cores cover the last 6000 yrs BP, without any evidence of emersion. The two sub-basins of the SM underwent a different evolution. During the last 350 years BP, the northern basin was characterized by muddy sands under calm conditions (SVMC), probably colonized by Caulerpa and Cymodocea, as today. Before 350 yrs BP a sterile mass of terrestrial plant remains was deposited in the northern basin, in front of Bocca S. Teodoro, likely by a small river which was later diverted outside the SM. The eastern and western coasts of the northern basin had a similar evolution with different sedimentation rate, which is higher along the eastern coast (about 2,5 cm/100 yrs). From about 850 to 350 yrs BP, on both coasts sands and silt increased and clay disappeared. Down to about 2300 yrs BP the SVMC molluscs increase in diversity and size, along with the muddy fraction of sediments. From 2300 to about 3000 yrs BP the decrease of mud resulted in an impoverished SVMC molluscan thanatocoenosis. A different situation is recorded east of S. Maria, in the centre of the northern basin, where the mud gradually decreases from top to bottom, together with a concomitant increase in the biogenic coarse sand and gravel fraction. There, the molluscan thanatocoenosis corresponds to a Caulerpa and Cymodocea SVMC bottom down to about 4000 yrs BP. Before, during the climatic optimum (about 6000 yrs BP) a Posidonia meadow molluscan fauna has been recognized, testifying a sea-level higher than the present which created a more open circulation along the SM. At present, the Posidonietum does not occur in the northern basin of the SM; on the contrary, a very similar environment occurs along the south-eastern coast of Mozia and other sites in the deeper southern basin. At the southern end of S. Maria and approximately at the same latitude in front of the Sicilian coast, the present SVMC with Cymodocea overlies a sterile bluish-grey silty clay, deposited in a marsh environment before about 1300 yrs BP. Further south, the central and deeper part of the southern basin appears to have been very similar to the present environment, with its association of Cymodocea and Posidonia at least during the last 1900 yrs BP. Our observations collectively indicate that the tectonic control maintained the northern basin submerged even after the climatic optimum, when a short-lasting regression (about – 2 m below the present s.l., 3400 yrs BP) affected the coasts of the Tyrrhenian Sea. 94 Sessione AREE DI TRANSIZIONE R. BEDINI 1, R. GATTA 2, S. PUCCIARELLI 2, C. MICELI 2 1 Istituto di Biologia ed Ecologia Marina, P.zza G. Bovio 3 – 57025 Piombino, (Li) – e-mail: [email protected] 2 Dipartimento di Biologia Molecolare, Cellulare, Animale, Università di Camerino Via F. Camerini 2 – 62032 Camerino (MC) I SIPUNCULIDI COME NUOVI BIOINDICATORI NEL MONITORAGGIO DI SEDIMENTI MARINI Keywords: biomarker, biomonitoraggio, sipunculidi, proteine heat-shock, metallotioneine. Nell’ambito di uno studio di monitoraggio ambientale nel porto di Piombino abbiamo messo a punto metodologie per utilizzare specie di sipunculidi come bioindicatori ambientali nuovi, da usare in sinergia o in alcuni casi in alternativa ai saggi di tossicità con l’utilizzo dei mitili. I sipunculidi sono largamente distribuiti nei fondali marini e comprendono specie che per strategie alimentari possono considerarsi “deposit feeder” e/o “filter feeder”, che, quindi, possono permettere il monitoraggio rispettivamente di sedimenti sabbiosi e/o di materiale in sospensione. Lo studio si è inizialmente basato sull’identificazione delle specie di sipunculidi presenti nell’area di interesse, attraverso analisi morfologica e dati molecolari di sequenza del rRNA 18S. Questi ultimi sono stati ottenuti mediante reazione a catena della polimerasi, utilizzando oligonucleotidi sintetizzati sulla base delle sequenze di rRNA 18S di specie di sipunculidi già depositati in banche dati. Analizzando dieci individui per ogni sito di raccolta abbiamo verificato che esiste una popolazione geneticamente omogenea di Phascolosoma granulatum distribuita nel porto di Piombino (nel quale abbiamo analizzato tre siti diversificati nella loro esposizione a scarichi industriali), nel porto di Portoferraio e nel vicino porto canale del Puntone (Scarlino). Successivamente abbiamo rivolto lo studio a particolari molecole evidenziabili in questi organismi e rilevanti nel monitoraggio ambientale perché le loro variazioni a livello biochimico e/o fisiologico possono rappresentare uno strumento di diagnosi precoce di perturbazioni e di contaminazione ambientale. L’attenzione si è rivolta alla famiglia delle proteine heat-shock 70 (HSP70) ed a quella delle metallotioneine, i cui geni codificanti rispondono con una espressione inducibile del prodotto proteico ad innalzamenti di temperatura ed a variazioni di concentrazione di diversi inquinanti nel primo caso e specificamente metalli pesanti nel secondo caso. I Sipunculidi raccolti nelle stesse condizioni di profondità e temperatura dai diversi siti, interessati o meno da scarichi industriali, sono stati immediatamente congelati in azoto liquido e successivamente analizzati in parallelo, attraverso metodologie di immunoblotting per quantizzare l’espressione di HSP70 nei tessuti. L’analisi ha messo in evidenza in modo significativo una più elevata quantità di proteina espressa in individui di uno dei siti del porto di Piombino rispetto a quelli degli altri siti e delle altre località. In particolare, in questi individui si è messa in evidenza l’espressione di una isoforma più lunga di HSP70, già descritta in altri organismi come forma inducibile da stress ossidativi e da metalli pesanti. La caratterizzazione di questa isoforma proteica in P. granulatum è attualmente in corso. Negli stessi campioni con elevata espressione di HSP70 stiamo valutando anche il livello di espressione di metallotioneine con metodologie spettrofotometriche. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 95 A. CAMPANELLI, P. FORNASIERO, M. MARINI Istituto di ricerche sulla pesca marittima – CNR Largo Fiera della Pesca, 60125 Ancona e-mail [email protected] VARIAZIONI BIOCHIMICHE STAGIONALI DELLA COLONNA D’ACQUA NELL’AREA DI TRANSIZIONE COSTIERA PICENA (ADRIATICO CENTRALE) Keywords: coastal waters, coastal oceanography, chlorophylls, nutrients. La fascia costiera marchigiana è una zona di transizione fortemente influenzata dalla parte settentrionale del bacino adriatico a causa della circolazione ciclonica che vi convoglia gli apporti fluviali. La caratteristica circolazione ciclonica contribuisce, in inverno, a confinare sotto costa gli apporti fluviali, ricchi di nutrienti, provenienti dai fiumi del Nord Italia; in estate, a causa della stratificazione verticale, disperde le acque dolci verso il largo. In questo lavoro si analizzano le variazioni stagionali (luglio 2001-giugno 2002) di una serie di parametri biochimici (sali nutritivi, clorofilla a, ossigeno disciolto, ecc.) su 5 transetti di 3nM perpendicolari a costa (3 stazioni per transetto) tra P. S. Elpidio e S. Benedetto T. (lunghezza complessiva di 30 µM) al fine di caratterizzare l’area e confrontala con la restante zona costiera marchigiana considerando l’interferenza del promontorio del Conero. L’ossigeno disciolto mostra in estate valori minori nelle quote di fondo, soprattutto nelle stazioni intermedie e del largo: 85-95%, corrispondenti a valori più alti di N e Si(OH)4 indice di una maggiore mineralizzazione. In inverno l’ossigeno disciolto è più omogeneo con valori medi più elevati, 108-109%. La quantità di sali nutritivi riscontrata lungo i 5 transetti mostra un gradiente Nord-Sud decrescente. In estate si distingue una massa d’acqua più ricca di N (valore medio di 3,9µM) confinata lungo costa rispetto alle stazioni più a largo (valore medio di 2,6 µM). In inverno a causa della maggiore portata dei fiumi e del maggiore rimescolamento si distingue un’acqua più ricca in N e meno salata (33-35 psu) su tutta la zona ed in particolare nelle prime due stazioni (valori compresi tra 6 µM e 11 µM) mentre al largo si assiste ad un decremento delle concentrazioni di sali nutritivi (valori compresi tra 2 µM e 5 µM) associato ad un aumento di salinità, in particolare sul fondo (38-38,5 psu). La clorofilla a mostra concentrazioni elevate in inverno soprattutto nelle stazioni costiere (valore medio di 4,3 µM) ed intermedie (valore medio di 3,3 µM) rispetto a quelle del largo (valore medio di 2,7 µM), tipico di periodi con presenza di bloom fitoplanctonici. In estate le concentrazioni sono più basse in tutta la zona studiata (valori medi compresi tra 1,2 µM e 2,1 µM) senza differenze evidenti tra le varie stazioni. Dal confronto dei dati di azoto e ortosilicato raccolti nell’area del Piceno con quelli a nord di Ancona e quelli dell’area del promontorio del Conero si osserva un chiaro contributo dell’acqua continentale dato dei fiumi locali presenti in questa zona. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 96 B. CASINI 1, F. MAZZONI 1, A. GIUNTINI 1, M. VERANI 1, D. LIACI 2 A. DE DONNO 2, R. ERROI 2, G. GABUTTI 2, A. CARDUCCI 1 1 Dipartimento di Patologia Sperimentale, B.M.I.E., Università di Pisa, via S. Zeno 35 – 56100 Pisa e-mail: [email protected] 2 Laboratorio di Igiene, Di.S.Te.B.A., Università di Lecce LA RICERCA DI VIRUS ENTERICI NELLA VALUTAZIONE DI QUALITÀ IGIENICA DELLE ACQUE COSTIERE Keywords: virus enterici, acque costiere, biologia molecolare. OBIETTIVO La presenza di virus enterici nell’ambiente marino costituisce un potenziale rischio per la salute pubblica. La normativa vigente, D.P.R 470/82 e successive modificazioni, prevede però solo la ricerca di batteri indicatori di contaminazione fecale e di patogeni quali salmonella, lasciando a discrezione dei laboratori che possiedono un’attrezzatura adeguata la ricerca dei virus. L’elevata persistenza ambientale dei virus, la loro bassa carica infettante, la scarsa corrispondenza con gli indicatori batterici e la frequenza di infezioni virali legate al consumo di molluschi stabulati in acque con parametri batteriologici nella norma, rendono di notevole importanza la ricerca dei virus nelle acque destinate all’acquicoltura. La biologia molecolare, per la sua elevata sensibilità e specificità, rappresenta una valida alternativa alle tecniche convenzionali per la ricerca dei virus purché le tecniche siano prima standardizzate. Per studiare le possibili relazioni tra gli indicatori batterici e la presenza di virus, è stato eseguito un monitoraggio microbiologico delle acque di mare di due aree del litorale salentino (S. Isidoro-Nardò; Alimini-Otranto), durante il periodo ottobre 2001- febbraio 2002 . METODOLOGIA Ventitre campioni da 10 litri di acqua di mare, sono stati concentrati con il metodo dell’ultrafiltrazione a flusso tangenziale a due stadi e precipitazione con PEG 6000. L’estrazione degli acidi nucleici virali è stata effettuata utilizzando il QIAamp Viral RNA kit Qiagen, e gli estratti quindi amplificati con RT-nested PCR per la ricerca di enterovirus e virus dell’epatite A. I campioni risultati positivi sono stati sottoposti a sequenziamento genico degli amplificati. Le analisi batteriologiche su tali campioni sono state effettuate a cura del Laboratorio del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali, dell’Università di Lecce. RISULTATI Le analisi virologiche sulle acque di mare hanno rilevato la positività di due campioni: in uno la presenza di Human poliovirus 1 isolate DOR00013 e risultata associata a valori superiori alla norma dei coliformi fecali, nell’altro la presenza di Hepatitis A virus strain M16632.1 è emersa in un’acqua dove venivano rispettati i limiti batteriologici di legge. CONCLUSIONI L’analisi virologica appare importante nel controllo di qualità delle acque marine costiere per la possibilità di individuare agenti patogeni non segnalati dalla ricerca dei comuni indicatori di contaminazione fecale. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 97 M. CASU 1, G. VARGIU 1, G. OGGIANO 1, F. MALTAGLIATI 2 A. CASTELLI 2, M. CURINI-GALLETTI 1 1 Dipartimento di Zoologia e Antropologia Biologica, Via Muroni 25 – 07100 Sassari (Italy) e-mail [email protected] 2 Dipartimento di Scienze dell’Uomo e dell’Ambiente, Via Volta 6 – 56126 Pisa (Italy) VARIABILITÀ GENETICA IN MONOCELIS LINEATA (O. F. MÜLLER, 1774) (PLATYHELMINTHES: PROSERIATA): COMPARAZIONE TRA POPOLAZIONI PROVENIENTI DA AMBIENTI SALMASTRI E MARINI Keywords: Monocelis lineata, Ambiente salmastro, Ambiente marino, Alloenzimi, Variabilità genetica, Sibling species. Gli ambienti salmastri sono aree di transizione caratterizzate dall’elevata instabilità dei parametri chimico-fisici. Le specie che colonizzano tali ambienti hanno, in generale, caratteristiche bioecologiche comuni; tra queste, l’assenza di fasi larvali dispersive, unitamente alla natura discreta di questi ambienti, determina la strutturazione in popolazioni locali geneticamente differenziate. Inoltre, quando si prendono in esame popolazioni di organismi poveri di caratteri morfologici, si individuano sovente complessi di specie. In questo contesto, si è supposto che la presenza del monocelidide Monocelis lineata in ambienti ecologicamente e geograficamente differenziati possa derivare da un’analisi tassonomica inadeguata, che cela la presenza di sibling species. Campioni di M. lineata sono stati raccolti da nove siti della Sardegna (cinque salmastri e quattro marini), due dalla penisola italiana (salmastri), due dal Mar Egeo (marini) e due dall'Atlantico settentrionale (marini). Per ogni sito sono stati analizzati 50 individui tramite l’elettroforesi degli alloenzimi, utilizzando 12 sistemi enzimatici per un totale di 18 loci. I livelli di polimorfismo ottenuti (P99) sono compresi tra 5.6% e 22.2% per i campioni di ambiente salmastro e tra 5.6% e 27.8% per quelli marini. I valori di eterozigosità osservata e attesa sono compresi rispettivamente tra Ho=0.015 e 0.068 e He=0.028 e 0.107 (ambienti salmastri) e tra Ho=0.017 e 0.113 e He=0.028 e 0.138 (mare). L’analisi dei cluster, basata sulla matrice delle distanze genetiche di Rogers, mette in risalto la presenza di almeno sei gruppi di popolazioni (uno formato dai campioni atlantici, tre da campioni di ambiente salmastro e due da campioni marini del Mediterraneo), separati da valori di distanza genetica superiori a DR=0.30. Nell'ambito dell’area mediterranea, le distanze genetiche di Nei tra i cinque gruppi sono superiori a DN=0.36; complessivamente, i valori di bootstrap calcolati per ciascun nodo del relativo dendrogramma sono alti. Inoltre, il multidimensional scaling separa nettamente i campioni provenienti da ambienti marini da quelli raccolti in siti salmastri, che, a loro volta, formano due gruppi distinti. I risultati ottenuti suggeriscono che M. lineata nell’area studiata è in realtà costituita da un complesso di almeno sei sibling species. La presenza di tre siblings ristrette alle aree salmastre della Sardegna e della penisola italiana conferma il potenziale evolutivo offerto dalle aree di transizione, soprattutto per le specie che mancano di efficaci capacità di dispersione. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 98 A. M. CICERO 1, E. ROMANO 1, O. NONNIS 1, M. G. FINOIA 1 M. GRAZIOSI 2, C. BALOCCHI 2, S. FOCARDI 2 1 ICRAM – Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare Via di Casalotti, 300 00166, Roma (Italy) – e-mail [email protected] 2 Dipartimento Di Scienze Ambientali “G. Sarfatti”, Università degli Studi. Via delle cerchia 3, 53100 Siena (Italy) INDAGINE SULLA PRESENZA DI TBT IN SEDIMENTI DELLA FASCIA MARINA COSTIERA ITALIANA III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 99 F. CORBANI 1, S. SILVESTRI 2, 3, P. CIAVOLA 1 1 Università degli Studi di Ferrara – Dipartimento di Scienze della Terra, C.so Ercole I d’Este 32, 44100, Ferrara 2 Consorzio Venezia Nuova – Servizio Informativo, San Marco 2949, 30124, Venezia 3 Università degli Studi di Padova – Dipartimento I.M.A.G.E., Via Loredan 20, 35131, Padova e-mail: [email protected] EVALUATION OF SUSPENDED PARTICULATE MATTER, FOR THE VENICE LAGOON WATERS, BY USING LANDSAT 7 ETM+ DATA Keywords: TBT; sedimento; vernici antifouling. I rischi, per l’ambiente marino, correlati all’uso di vernici anti-vegetative a base di composti organici dello stagno, quali lo stagno tributile (TBT), sono ben documentati, anche in caso di livelli molto bassi di concentrazione (< di 1-2 ng/l). Tali rischi dipendono soprattutto dalle proprietà chimico fisiche, tossicologiche ed ecotossicologiche di questi contaminanti, che ne determinano la persistenza e il bioaccumulo. Da tali presupposti sono derivati atti sovranazionali di limitazione dell’impiego di TBT, finalizzati alla protezione ed alla tutela dell'ambiente marino, ed in particolare, l'azione di bando dell’utilizzo del TBT nelle vernici antivegetative, da attuare entro l'anno 2003, e di bando della presenza di TBT sugli scafi delle navi, da attuare entro il 2008. A livello nazionale, in particolare, il TBT è stato incluso fra i contaminanti considerati prioritari nelle attività di monitoraggio dell’ambiente marino costiero, sia dal DLgs 152/99, che ne prevede il monitoraggio in prossimità dei porti principali, sia dalla legge 979/82, che ne prevede il monitoraggio nei sedimenti e nei tessuti di organismi bivalvi filtratori. Al fine di approfondire le conoscenze sui livelli di presenza del TBT in ambienti costieri, e nell’ambito di un più ampio programma di ricerca, l’ICRAM ha condotto, nel luglio 1999, uno studio finalizzato alla loro determinazione quali-quantitativa nei sedimenti costieri del Mare Tirreno, del Mare Ionio e del Mar Adriatico. Sono state, in particolare, considerate 16 aree di indagine, con stazioni di campionamento ubicate secondo transetti costa-largo, localizzati entro la fascia di transizione tra la spiaggia sommersa e la piattaforma interna. I sedimenti, dei quali è stato considerato il livello superficiale (0-2 cm), sono stati campionati con box-corer o con benna Van Veen. Su ciascun campione sono state determinate le caratteristiche tessiturali mediante setacciatura ed analisi al sedigrafo a raggi x, rispettivamente per la frazione grossolana e quella fine; la determinazione quali-quantitativa del TBT è stata condotta con metodo spettrofotometrico, utilizzando la tecnica HGA-AS, previa estrazione per dibattimento a freddo con solvente. I risultati ottenuti mostrano una situazione di contaminazione delle aree indagate abbastanza omogenea, con livelli di concentrazione compresi fra 7 e 21 ng Sn/g peso secco. In particolare, sono state osservate aree con livelli di concentrazione più elevati, quali il Golfo di Napoli (17.8 ng Sn/g p.s.), il Golfo di Taranto (21.0 ng Sn/g p.s.) e il Golfo di Manfredonia (14.4 ng Sn/g p.s.). Le aree con i livelli di concentrazione più bassi sono risultate il Golfo di Policastro (7.5 ng Sn/g p.s.), il Golfo di Sant’Eufemia (7.3 ng Sn/g p.s.) ed il tratto di mare antistante la città di Pescara (10.3 ng Sn/g p.s.). Dal confronto con i dati pubblicati in Letteratura per l’area Mediterranea è possibile evidenziare come le concentrazioni rilevate in tutte le aree indagate corrispondano ad un livello di inquinamento medio-basso. I risultati ottenuti sono stati quindi trattati con analisi statistica multivariata, al fine di evidenziare eventuali correlazioni fra la concentrazione del TBT e la tessitura del sedimento. Keywords: Lagoon of Venice, Landsat 7 ETM+, Suspended Particulate Matter. Suspended Particulate Matter (S.P.M.) is an important index for the quality of coastal waters, being also a factor that influences benthos activity. In the Lagoon of Venice the understanding of sediment transport pathways is also linked to a series of environmental, civil engineering and navigation problems. Remote sensing methods to estimate S.P.M. in complex environments have greater potential than punctual measurements. Indeed, while punctual measurements are restricted by the number of samples, imagery techniques can have as many samples as their number of pixels. A first test of the method's capability was undertaken processing a Landsat 7 ETM+ scene, which tipically has a spatial resolution of 30x30 meters. On the 20th of September 2001, in a time period of ± 2 hours with respect to the Landsat TM 7 overpass, 14 water samples were collected at 10 stations located in the central and northern part of the lagoon. The sample sites were selected to account for the different physiographic features of the lagoon: bassofondo (shallow), velma (shoal) and tidal or navigation channel. The samples were analysed to obtain S.P.M. values, which range at the surface from 10.1 to 56.5 mg/l and the concentrations were used as ground truth data for image processing. The full scene of the lagoon, at the Level 1G, was processed using the ENVI® software. Different algorithms were tested in order to find the best correlation coefficient between image reflectance and measured values. This study represents just the first step of a research strategy aimed at integrating in-situ measurements with image-generated maps and a diffusive module of a finite-element hydraulic model. The authors wish to thank Thetis S.p.A. (Venice), for the support during sample analysis, and the Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Magistrato alle Acque di Venezia, through its operative branch Consorzio Venezia Nuova (Venice), for providing the Landsat imagery. 100 Sessione AREE DI TRANSIZIONE N. CORRADI, G. FIERRO, S. GAMBONI, R. IVALDI, D. PICCIONI Dip.Te.Ris. – Università degli Studi di Genova, C.so Europa 26, 16132 Genova – e-mail [email protected] STUDIO SPERIMENTALE DI UN INTERVENTO DI RIPASCIMENTO NELLA SPIAGGIA DI VESIMA (GENOVA): ALCUNE RISULTANZE SEDIMENTOLOGICHE E MORFOMETRICHE III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 101 S. COVELLI 1, I. PROTOPSALTI 1, F. GIANFREDA 2, P. SANSÒ 2, A. BRAMBATI 1 1 Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine – Università degli Studi di Trieste Via E. Weiss, 2 – 34127 Trieste – e-mail [email protected] 2 Dipartimento di Scienze dei Materiali – Università degli Studi di Lecce, S. P. Lecce - Monteroni – 73100 Lecce ASPETTI GEOMORFOLOGICI E VULNERABILITÀ DELLA FASCIA LITORALE SALENTINA (ADRIATICO MERIDIONALE E IONIO) Keywords: Erosione costiera, ricostruzione spiagge, morfometria dei ciottoli. Dai primi anni ’80, a seguito del generale riconoscimento della inadeguatezza di molti interventi per la protezione del litorale di tipo tradizionale quali difese aderenti o parallele, l’orientamento si è decisamente rivolto verso soluzioni di rinaturalizzazione della fascia litorale, privilegiando il ripascimento e limitando la posa di opere a mare, riservandogli il ruolo di protezione e contenimento dei versamenti. Solo recentemente in Italia il problema dell’erosione delle spiagge è stato recepito dalle pubbliche amministrazioni con la realizzazione di interventi sperimentali e l’adozione di strumenti pianificatori che considerano il ripascimento come strumento idoneo per affrontare il problema dell’erosione. Vengono presentate alcune risultanze relative ad un progetto pilota di un intervento di ripascimento eseguito a Vesima (Ge) per conto del Piano Territoriale di Coordinamento della Costa della Regione. L’intervento aveva lo scopo di limitare l’erosione litorale e incrementare la fruizione balneare di settori costieri in prossimità di aree urbane. In particolare si fa riferimento all’evoluzione dell'assetto morfologico invernale ed estivo della spiaggia dal truogolo fino alla retrospiaggia e alle variazioni delle caratteristiche sedimentologiche e morfometriche successive al versamento di materiale di ripascimento proveniente da alvei fluviali limitrofi. Nel corso di quattro rilievi stagionali sono state svolte indagini a carattere morfometrico e tessiturale sui sedimenti di spiaggia costituiti da ghiaia. L’elaborazione dei dati ha consentito una correlazione con i processi di trasporto ed accumulo stagionale dei sedimenti. Keywords: Adriatico, Ionio, Salento, geomorfologia costiera, erosione, antropizzazione, vulnerabilità Il presente lavoro descrive le caratteristiche morfologiche della fascia litorale salentina (Adriatico meridionale e Ionio), nel tratto fra T.re Guaceto (BR) e P.ta Prosciutto (LE), al fine di individuare le zone più vulnerabili sottoposte all’erosione costiera naturale e/o indotta da fenomeni antropici. I risultati esposti sono parte dello studio rivolto alla “Classificazione e dinamica delle coste” eseguito nell’ambito del Progetto INTERREG II Italia – Grecia (Qualità dei sistemi marini costieri e proposte di localizzazione di aree marine protette), cofinanziato dall’Unione Europea e dalla Regione Puglia e gestito dal CoNISMa. Durante i rilevamenti geomorfologici sono stati raccolti informazioni di tipo qualitativo (costa alta rocciosa, costa rocciosa digradante piana, falesia, spiaggia sabbiosa, pocket beach, cordone dunare, ecc.) e semiquantitativo (ampiezza ed inclinazione della battigia, quota della berma ordinaria s.l.m., distanza della berma ordinaria dalla linea di riva, altezza e quota della duna e del piede della duna s.l.m.) in 61 punti stazione ubicati lungo i 280 km ad eccezione dell’area portuale di Brindisi e della zona militare a nord di S. Cataldo, nel settore adriatico. Quale risultato dei rilevamenti effettuati sono stati prodotti 69 fogli cartografici, utilizzando la base cartografica regionale alla scala 1:10.000, corredati da singole schede per ciascuno dei punti stazione, con la descrizione delle caratteristiche del tratto di costa interessato e da documentazione fotografica. Viene, quindi, esposta una sintesi regionale degli aspetti morfologici, dello stato attuale dei litorali e della loro tendenza evolutiva insieme all’identificazione dei punti critici sotto il punto di vista dell’erosione e della vulnerabilità, quali ad esempio: l’arretramento della falesia in rocce incoerenti tra Cerano e T.re S. Gennaro, parzialmente contrastato dalla presenza di opere di parallele e trasversali; l’unità fisiografica di Casalabate, con evidenti segni di una impropria gestione del litorale per il massiccio intervento antropico degli ultimi decenni (ampliamenti urbani, complessi residenziali estivi, porti); i vistosi fenomeni di crollo della falesia di Rocca Vecchia che stanno seriamente minacciando l’integrità del centro abitato; gli eclatanti esempi di erosione naturale lungo i litorali sabbiosi, spesso accentuati dall’errato intervento dell’uomo, in località Frassanito, Villaggio Serra degli Alimini e, nel settore ionico, nell’area a nord di T.re Mozza (Villaggio Robinson Club) ed a Gallipoli; la minaccia o l’aggressione del crescente sviluppo edilizio ai cordoni dunari fra T.re Lapillo e P.ta Prosciutto. 102 Sessione AREE DI TRANSIZIONE T. DE PIPPO, C. DONADIO, D. GROTTOLA, M. PENNETTA Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Napoli Federico II Largo San Marcellino, 10 - 80123 Napoli – e-mail [email protected] EVOLUZIONE GEOMORFOLOGICA ED AMBIENTALE DELLA LAGUNA DI FUSARO (CAMPANIA, ITALIA): IPOTESI DI RECUPERO Keywords: lagune, geologia ambientale, ambienti di transizione, Campi Flegrei, Italia. L’analisi delle caratteristiche morfologiche e geologico-ambientali della Laguna di Fusaro ha messo in luce le attuali condizioni di degrado del bacino salmastro e dell’area perilagunare. La laguna si è impostata nella zona occidentale dei Campi Flegrei durante l’Olocene medio, in un’ampia baia marina confinata tra gli edifici vulcanici costieri di M. Cuma a N e Torregaveta a S. Successivamente la baia è stata gradualmente colmata da prodotti piroclastici flegrei nonché da sedimenti apportati dalle foci del F. Volturno e del T. Clanis, generando una laguna aperta. Quest’ultima, in seguito alla formazione di un cordone litorale continuo, nell’arco dell’Olocene superiore è evoluta in una laguna parzialmente chiusa, verosimilmente più ampia di quella attuale e circondata da aree palustri. Infine, la totale chiusura della laguna è avvenuta in età greco-romana, in seguito alla stabilizzazione del cordone dunare, ed ha assunto una forma simile a quella attuale solo verso la fine del XVIII secolo. A partire dall’epoca romana e fino al 1941 sono state aperte tre foci lagunari al fine di evitare le frequenti crisi distrofiche che tuttora, anche se per cause diverse, colpiscono il bacino salmastro, sfruttato negli ultimi 2000 anni per la molluschicoltura e piscicoltura nonché per la macerazione della canapa e del lino. Per mitigare le crisi distrofiche negli anni ’80 sono stati condotti dragaggi del fondo lagunare che hanno alterato l’equilibrio idrogeologico ed ecosistemico. Negli ultimi trent’anni l’apporto in laguna di acque reflue non trattate, di provenienza domestica, agricola ed industriale, ha determinato nei sedimenti del fondo un’alta concentrazione di inquinanti, tra cui metalli pesanti. Sulla base dei dati acquisiti, al fine di recuperare questo sensibile ambiente di transizione, si propongono interventi ecocompatibili che mirano al riassetto morfologico ed idraulico, all’abbattimento degli inquinanti nel fondo bacinale, alla reimmissione in laguna di molluschi endemici unitamente al monitoraggio della qualità dei sedimenti e delle acque, sia marinolagunari, sia di falda acquifera. Infatti, gli ambienti lagunari, per la loro conservazione, piuttosto che di interventi radicali necessitano di opere mirate, da eseguire dopo continue osservazioni sulle condizioni fisico-chimiche delle acque e dei sedimenti, in relazione agli aspetti morfologici e alla dinamica evolutiva costiera. L’ambiente salmastro e perilagunare di Fusaro è interessato da un elevato inquinamento chimico e biologico. L’abbandono delle attività che per interi secoli si sono svolte nelle acque lagunari (itticoltura e molluschicoltura) e la ridotta efficienza degli scambi idrici con il mare sono stati la causa principale delle periodiche e rovinose crisi distrofiche. Nonostante l’elevato grado d’inquinamento e lo stato di generale abbandono, la laguna conserva ancora oggi singolari aspetti geomorfologici ed importanti comunità floro-faunistiche, condizione indispensabile per la realizzazione di interventi atti a recuperare il bacino salmastro e ad impedire che il degrado di un ambiente di valore nazionale diventi irreversibile. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 103 Al fine di consentire una ripresa integrale dell’ambiente è necessario prevedere azioni di recupero e di salvaguardia delle zone lagunari e perilagunari che riducano le cause di crisi distrofiche sistemiche e abbattano il tenore degli elementi inquinanti. Le azioni di recupero dovranno essere rivolte al riassetto funzionale ed alla protezione delle foci lagunari, nonché al risanamento ambientale con tecniche ecocompatibili per il miglioramento della circolazione delle acque (dragaggi superficiali e graduali del fondo e delle foci lagunari). Si dovrà inoltre provvedere all’abbattimento degli inquinanti presenti nei sedimenti di fondo mediante decorticazione superficiale dei fondali, vagliatura ed idrociclonatura dei sedimenti con recupero dei molluschi endemici e loro reimmissione in laguna. Infine, dovrà essere effettuata l’integrazione completa della laguna e delle zone perilagunari mediante l’instaurazione di riserve ed aree protette, non trascurando il periodico controllo igienico-sanitario delle acque lagunari e del tratto di mare prospiciente, dei sedimenti di fondo, delle acque immesse dalle aree circostanti e delle falde acquifere. Bibliografia Brambati A. (1988) – Lagune e stagni costieri: due ambienti a confronto. In: Le lagune costiere, ricerca e gestione. G.C. Carrada, F. Cicogna & E. Fresi Eds., CLEM, 9-33. Carrada G. C. (1973) – Profilo ecologico di una laguna salmastra flegrea: il lago Fusaro. Arch. Oceanogr. Limmol., Venezia, vol. 18 (suppl.), 145-164. Centro Ittico Tarantino Campano S.p.A. (2000) – Valutazione dello stato di contaminazione delle acque e dei sedimenti di fondo del Lago del Fusaro. Risultati della campagna di campionamento ed analisi. IGEAM ed., Roma, pp. 21. De Pippo T., Donadio C. & Pennetta M. (2001a) – Evoluzione morfologica della Laguna di Sabàudia (Mar Tirreno, Italia centrale). Geologica Romana, Roma, 36, 1-12. De Pippo T., Donadio C. & Pennetta M. (2001b) – Morphological evolution of Lèsina Lagoon (southern Adriatic, Italy). Geogr. Fis. Din. Quat., Genova, 24, 29-41. De Pippo T., Donadio C., Pennetta M., Terlizzi F., Vecchione C. & Vegliante M. (2001c) – Seabed morphology and pollution along the Bagnoli coast (Naples, Italy): a hypothesis of environmental restoration. Marine Ecology (in press). Ergun O. N., Büyükgüngör H. & Orhan Y. (1995) – Effects of urbanisation and agricultural activities in the lagoons of Kizilirmak Delta, Turkey. Proc. of II Int. Conf. on the Mediterranean Coastal Env., Medcoast 95, Özhan Ed., 945-952. Ferro R. & Russo G. F. (1981) – Le biocenosi bentoniche del lago Fusaro. Osservazioni faunistiche. Boll. Soc. Natur. Napoli, 89, 33-45. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 104 F. DE SERIO, D. MALCANGIO Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale – Sezione di Ingegneria delle Acque Politecnico di Bari – Via E. Orabona 4, 70125 Bari – e-mail [email protected] – [email protected] INDAGINI SULLA CIRCOLAZIONE NEL MAR PICCOLO DI TARANTO III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 105 F. DE SERIO 1, A. ORTONA 2, A. F. PETRILLO 1, G. SIENA 2, G. SPEZIE 2 1 Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale – Sezione di Ingegneria delle Acque Politecnico di Bari – Via E. Orabona 4, 70125 Bari – e-mail [email protected] 2 Università degli Studi di Napoli “Parthenope” CIRCOLAZIONI STAGIONALI NEL SUD ADRIATICO Keywords: Modelli 3D, circolazione, marea. Keywords: Circolazione, wind stress, gradienti termoalini. Obiettivo di questo lavoro è lo studio dell’idrodinamica nel Mar Piccolo di Taranto, bacino costiero situato nella parte settentrionale del Golfo di Taranto e costituito da due baie interconnesse, con un’estensione di circa 20 Km2. L’analisi delle correnti generate in particolari ipotesi semplificative è stata condotta utilizzando due modelli di simulazione alle differenze finite, il MIKE 3, un modello idrodinamico tridimensionale e baroclino ed il Princeton Ocean Model, un modello numerico 3D a superficie libera, che risolve l’algoritmo con una tecnica di splitting (scindendolo in una modalità barotropica per la risoluzione delle equazioni del moto integrate lungo la verticale ed in una baroclinica per la risoluzione delle equazioni 3D) e che include le equazioni di chiusura della turbolenza di Mellor e Yamada (1982). Come si evince dai dati di letteratura, una delle principali forzanti del Mar Piccolo è rappresentata dalle onde di marea, che si propagano dal mare aperto verso la baia occidentale e da qui verso quella orientale. Pertanto si sono inizialmente forzati entrambi i modelli con una semplice onda sinusoidale di ampiezza 0,18 m e periodo 12 ore, già adoperata da Casulli e Notarnicola (1987), i quali hanno riprodotto la struttura idrodinamica del bacino mediante un modello 2D semi-implicito alle differenze finite. Questa forzante è stata applicata in corrispondenza dei due contorni aperti del dominio, Canale Porta Napoli e Canale Navigabile, che mettono in comunicazione il bacino col mare aperto. È stato scelto un periodo di simulazione pari a 3 giorni, rilevando una condizione di stazionarietà intorno alla fine del quinto ciclo di marea, quando la soluzione numerica diventa periodica. Si è poi tenuto conto in input di un’ulteriore forzante non trascurabile, ovvero della presenza, sulla costa nord ovest della baia occidentale, di un’idrovora che alimenta gli impianti di raffreddamento a servizio delle industrie siderurgiche con una portata pari a 34 m3/s. Queste prime elaborazioni hanno evidenziato un sostanziale accordo fra i risultati di ciascun modello testato e quelli presentati da Casulli e Notarnicola (1987), con particolare riferimento ai campi di velocità mediati sulla verticale; inoltre si è rilevata una buona rispondenza tra le ricostruzioni delle circolazioni in superficie ed al fondo, oltre che delle elevazioni, ottenute con il MIKE 3 e con il POM. Nel presente lavoro si riportano i risultati di uno studio della circolazione nel Sud Adriatico, condotto attraverso simulazioni numeriche e misure di campo, teso a confermare le strutture dinamiche e le variabilità stagionale che caratterizza in particolare quell’area delimitata dalle coste pugliesi ad ovest ed albanesi ad est. È stato utilizzato per le prove il Princeton Ocean Model, un modello numerico 3D a superficie libera, che include le equazioni di chiusura della turbolenza di Mellor e Yamada (1982). Le simulazioni sono state condotte analizzando in una prima fase gli effetti di singole forzanti, agenti separatamente, successivamente si sono imposte le stesse forzanti secondo alcune combinazioni. Si è operato inizialmente in ambiente barotropico, usando come forzante la rotazione terrestre e venti uniformi e stazionari, di uguale intensità, ma differente direzione (NO, N, NE, SE). Si è poi proceduto alla ricostruzione della circolazione indotta dai soli gradienti sia invernali che estivi di temperatura e salinità, in ambiente baroclino. I valori climatologici di temperatura e salinità usati in input sono stati derivati dal database MODB (Mediterranean Oceanic Data Base) per la stagione di interesse. Successivamente si sono sovrapposti i differenti campi di vento già indagati ad entrambe le circolazioni stratificate, ed è stato possibile confrontare, in termini qualitativi, le riproduzioni del modello non solo con i dati di campo riportati in letteratura, ma anche con le misure a mare eseguite nell’ambito del “Progetto INTERREG II Italia-Grecia per lo studio del clima meteomarino al largo e delle correnti di circolazione” dall’Università Parthenope di Napoli. Il confronto tra risultati del modello e rilievi sperimentali è stato circoscritto ai mesi di giugno e dicembre 2000, rappresentativi di situazioni tipicamente estive ed invernali. Ha evidenziato un sostanziale buon accordo, osservando in particolare una rispondenza tra gli andamenti delle velocità ricostruite con le distribuzioni delle temperature misurate, secondo quanto previsto dalla teoria geostrofica, come ad esempio si verifica nelle zone immediatamente a nord e a sud di Brindisi, laddove sono ben visibili trend ciclonici delle velocità in corrispondenza di isoterme caratterizzate da intensità decrescente verso il centro del ciclone. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 106 III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) R. ERROI 1, A. DE DONNO 1, F. BAGORDO 1, D. LIACI 1, C. RIZZO 1, G. SIGNORILE 2, G. GABUTTI 1 1 Laboratorio di Igiene, Di.S.Te.B.A., Università degli Studi di Lecce – e-mail [email protected] 2 Sezione di Igiene, DIMIMP, Università degli Studi di Bari CONTROLLO E GESTIONE DI ACQUE MARINE COSTIERE IN CUI SI RIVERSANO REFLUI TRATTATI IN RELAZIONE ALLA PRESENZA DI TRIALOMETANI: DATI PRELIMINARI Keywords: Inquinamento microbiologico, acque costiere, THMs, epibatteri. OBIETTIVI Il controllo di qualità degli ambienti marini costieri, perseguito mediante un approccio sia di tipo microbiologico che tossicologico, consente di formulare previsioni relativamente al pericolo potenziale esercitato sulle comunità viventi da talune sostanze xenobiotiche presenti negli scarichi e riversate in questo ambiente. È stato intrapreso uno studio a livello di corpi recettori marini costieri in cui sversano reflui trattati al fine di valutare la risposta del batterioplancton marino eterotrofo (componente epibatterica e carica batterica totale (CBT) e degli inquinanti microbici (Coliformi totali e fecali (CT e CF), Streptococchi fecali (SF), Salmonelle, Staphylococcus aureus) in seguito all’introduzione di composti tossici quali i trialometani (THMs). METODI La ricerca è stata condotta su tre siti dislocati lungo il tratto di costa salentina. Per le indagini microbiologiche è stata adottata la tecnica delle Membrane Filtranti (MF) allestendo per ogni campione opportune diluizioni. Inoltre, relativamente alle specie autoctone, è stata determinata la densità del “bianco” sia in zone costiere incontaminate che al largo (500 m, 1000m e 3000m). Per la ricerca quali-quantitativa dei THMs è stata utilizzata la Gas Cromatografia accoppiata a spazio di testa statico e utilizzo di un rilevatore a cattura di elettroni. RISULTATI I risultati preliminari hanno evidenziato una costante presenza ed una ragguardevole densità di CT, CF ed SF (rispettivamente compresa nei range di 3,2x103-3x106, 230-1,9x105, 1358,8x103 ufc/100 ml) in due dei tre corpi recettori mentre nel terzo tali parametri hanno mostrato sempre valori contenuti. S. aureus è risultato sempre assente e la presenza di Salmonelle in questi due siti è stata rilevata nel 70% dei casi. Inoltre, nei siti medesimi, il valore percentuale ottenuto dal rapporto Epibatteri Luminescenti/Epibatteri Totali è apparso alquanto alterato (0-6,49%) rispetto alle zone di controllo (3,22-10,5%). La CBT ha mostrato un notevole incremento del numero dei germi autoctoni (2,1x103-5x103 rispetto a 4-322 ufc/ml). Riguardo ai THMs sono stati rilevati i seguenti range di concentrazioni medie per sito (µg/l): cloroformio 0,73-1,03, diclorobromometano 0,23-0,36, dibromoclorometano 0,18-0,22, bromoformio 0,11-0,35. CONCLUSIONI Dai risultati preliminari ottenuti si è osservata una costante presenza dei composti organoalogenati volatili mentre, in due dei tre corpi recettori esaminati, è stata rilevata una considerevole carica degli indici di contaminazione fecale, della CBT ed una diminuzione della frazione luminescente. Tuttavia, una valutazione più accurata di tali risultati potrà essere effettuata attraverso esperimenti in vitro, peraltro in corso, relativi alla tossicità dei THMs alle concentrazioni riscontrate, nei confronti delle varie specie di germi indicatori di contaminazione fecale e della flora autoctona in esame. 107 M. FERRARI 1, S. BOLENS 1, G. FIERRO 1, O. FERRETTI 2 1 Dipartimento per lo Studio del Territorio e delle sue Risorse, Università degli Studi di Genova e-mail [email protected] 2 ENEA CRAM S. Teresa, La Spezia VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DELLE OPERE DI DIFESA IN RELAZIONE ALLE VARIAZIONI DELLA LINEA DI RIVA Keywords: Linee di riva, opere di difesa, G.I.S., evoluzione costiera. Viene proposto un procedimento di valutazione dell’efficacia o dell’inadeguatezza degli interventi di difesa attraverso lo studio dell’evoluzione del litorale desunto dall’analisi delle variazioni della linea di riva. Infatti le variazioni della linea di riva costituiscono uno dei principali indicatori della tendenza evolutiva del litorale. A tale scopo è stato preso in esame il tratto di litorale compreso tra Punta Portofino e Punta Mesco nella riviera ligure di levante; la scelta dell’area è stata dettata dalla forte antropizzazione insistente sulla costa, quali porti turistici ed infrastrutture urbane che hanno sensibilmente modificato l’assetto dinamico sedimentario e conseguentemente hanno determinato la realizzazione di molteplici opere di difesa del litorale. L’indagine è stata sviluppata attraverso due fasi parallele che hanno previsto l’implementazione dei dati cartografici e di terreno su un sistema informativo geografico GIS: • determinazione delle linee di riva attraverso lo studio delle carte tecniche storiche, dei rilievi aerofotogrammetrici relativi a diverse levate ed analisi dirette di campo mediante sistemi differenziali di posizionamento, (Global Position System); • censimento e classificazione di tutte le opere di difesa presenti sul litorale e creazione di un database dei parametri caratterizzanti la struttura. L’archittetura del sistema GIS ha previsto la realizzazione di layer distinti in base alla successione temporale degli eventi (anno di rilievo delle linee di riva ed anno di costruzione delle opere di difesa). L’implementazione del sistema informativo ha consentito di costruire un archivio dinamico delle informazioni morfo-sedimentologiche utili a determinare, attraverso l’interazione dei differenti layer, l’evoluzione del litorale nel periodo successivo all’intervento di difesa e quindi di valutarne l’efficacia. Infine oltre alle consuete interrogazioni del database associato è possibile calcolare automaticamente le variazioni areali del litorale desunte dalle linee di riva e conseguentemente effettuare una stima semiquantitativa del sedimento movimentato. Lo strumento informativo realizzato, pur con le dovute limitazioni determinate dall’adozione di un solo indicatore della tendenza evolutiva del litorale, può costituire uno strumento di facile lettura e fruibilità utile agli amministratori per la gestione e la protezione della fascia costiera. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 108 O. FERRETTI 1, I. DELBONO 1, M. BARSANTI 2, D. C. CONLEY 3 1 ENEA CRAM S. Teresa, C.P. 224, 19100 La Spezia – e-mail [email protected] Università degli Studi di Parma, Viale delle Scienze 78, 43100 Parma 3 SACLANT Undersea Research Centre, Viale S. Bartolomeo, 19138 La Spezia 2 D.S.T., DINAMICA COSTIERA: MONITORAGGIO TRAMITE WEB CAMERA E VERIFICA CON METODOLOGIE TRADIZIONALI (LITORALE DA SESTRI LEVANTE A LAVAGNA) III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 109 A. FIOCCA, L. MARGHERITI, F. VIGNES, A. BASSET, O. MANGONI G. C. CARRADA, N. RUGGIERI, C. IANNI Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali Università degli Studi di Lecce, Via Prov.le Lecce-Monteroni, 73100 Lecce – Italy e-mail [email protected] DISTRIBUZIONI TAGLIA-ABBONDANZA NELLE CORPORAZIONI FITOPLANCTONICHE COME DESCRITTORI DEL LIVELLO DI TROFIA DEGLI ECOSISTEMI MARINI Keywords: Web camera, dinamica costiera, opere di difesa costiere. I litorali compresi fra Sestri Levante e Lavagna rappresentano un tratto di costa interessato da significativi problemi di erosione, con presenza di numerose opere di difesa costiere trasversali rigide (pennelli) e con frequenti e ripetuti interventi di difesa morbida (ripascimenti artificiali). Scopo di questa ricerca è di dimostrare la praticità di utilizzare un sistema automatico di immagini per documentare la posizione della linea di costa e studiare la dinamica costiera, attraverso le osservazioni di torbidità sottocosta. La ricerca evidenzia quanto può essere ottenuto con questa tipologia di immagini ad alta risoluzione e nello stesso tempo riporta in maniera sintetica i dati ricavati da un'indagine a carattere sedimentologico effettuata nello stesso periodo nel medesimo tratto di litorale, sulla spiaggia emersa e sommersa. Questo contributo presenta alcune tecniche e mostra immagini selezionate, ricavate da un dataset di immagini digitali ottenute durante un anno di studio. La web camera è stata installata a terra a circa un chilometro dalla costa, ad una altezza di 180 m e la fascia monitorata è di circa 4 chilometri fra Sestri L. e Lavagna. Alla web camera, è associato un anemometro ed un sensore di temperatura e umidità. La web camera mostra la possibilità di misurare la variazione della linea di costa con un'accuratezza di circa 50 cm. Per il controllo puntuale della posizione della linea di riva, i siti di interesse sono nove in prossimità delle opere di difesa; l'intero arco costiero è coperto dalle immagini per le osservazioni di torbidità. Le misure tradizionali realizzate sulla spiaggia emersa in regime invernale ed estivo mostrano una generale stabilità della linea di costa per effetto delle opere marittime, che definiscono ad intervalli regolari tante celle costiere a scarsa dinamica longitudinale. La web camera realizza il monitoraggio in continuo ed apprezza differenze significative di decine di metri su scala temporale ridotta, per effetto di eventi meteomarini locali. I risultati, ricavati sia dalle misure realizzate con la web camera sia dalle distribuzioni dei parametri tessiturali della frazione fine dei sedimenti di spiaggia sommersa ,concordano nell'evidenziare una prevalente dinamica trasversale, marcatamente indotta dalle estremità dei pennelli. Le immagini della web camera presentano i vantaggi di stimare la posizione della linea di riva in tempo reale, confrontarla con immagini archiviate e dare un'ampia copertura di monitoraggio della torbidità e delle sue sorgenti. Keywords: Ecosistema marino, corporazioni fitoplanctoniche, distribuzioni taglia-abbondanza, biomonitoraggio. Nel fitoplancton marino, è stata evidenziata recentemente l’importanza della struttura dimensionale e sono stati descritti modelli di variazione spaziale delle tre classi dimensionali (micro, nano e picofitoplancton, sensu Siebuth, 1979) (Platt, 1985; Acosta Pomar, 1988; Malone, 1980). Tuttavia, nelle corporazioni fitoplanctoniche molto poco è ancora noto sulle distribuzioni taglia-abbondanza, che hanno, invece, ricevuto grande attenzione in altri tipi di corporazioni e di ecosistemi (Damuth, 1981, 1991). Scopo di questo lavoro è acquisire conoscenze sulle distribuzioni taglia-abbondanza nelle corporazioni nano-microfitoplanctoniche marine e sui loro modelli di variazione in relazione allo stato di trofia degli ecosistemi. Sono qui analizzati i dati raccolti durante quattro crociere, su sette transetti perpendicolari alla costa salentina (Puglia, Italia), con 5 stazioni e 3 quote di campionamento, per transetto. Per ogni stazione sono state determinate concentrazioni di nutrienti (N, P e Si), della biomassa fitoplanctonica totale e delle differenti classi dimensionali (micro-, nano- e pico-fitoplancton). La densità e le dimensioni individuali del nanofitoplancton e del microfitoplancton è stata valutata tramite sistema di analisi immagine sullo spettro dimensionale osservabile col metodo di Utermöhl. Le relative distribuzioni taglia-abbondanza sono state descritte con misure di moda ed ampiezza. Le corporazioni fitoplanctoniche mostrano distribuzioni taglia-abbondanza che seguono principalmente, un modello lognormale (76% dei casi studiati). Moda ed ampiezza delle distribuzioni taglia-abbondanza della frazione nano-microfitoplanctonica mostrano modelli di variazione temporale che sono risultati correlati con quelli delle concentrazioni dei principali sali nutritivi. Spazialmente si evidenzia un carico terrigeno di nutrienti con variazioni significative delle concentrazioni su un gradiente costa-largo a cui corrispondono variazioni spaziali delle caratteristiche studiate delle distribuzioni taglia-abbondanza della componente nano- e micro-fitoplanctonica. I risultati suggeriscono quindi che le caratteristiche delle distribuzioni taglia-abbondanza del fitoplancton possano essere descrittori adeguati delle condizioni trofiche dell’ambiente. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 110 G. FONTOLAN, I. BURLA, A. BEZZI, S. PILLON Coastal Group – Dip.to di Scienze Geologiche Ambientali e Marine Università degli Studi, via E. Weiss 2 – 34127 Trieste – e-mail [email protected] IMPATTO DELLA PESCA CON DRAGHE MECCANICHE SUI FONDALI LAGUNARI: DUE SISTEMI A CONFRONTO Keywords: Fishing impact, lagoons. L’allevamento e la pesca della vongola verace filippina (Tapes philippinarum) nelle lagune alto adriatiche sono attività economiche ormai consolidate e altamente remunerative. Questa specie alloctona, introdotta in Italia nei primi anni '80 a scopi colturali, si è diffusa naturalmente aldilà delle aree di allevamento ed è attualmente presente in grandi quantità in tutte le lagune nord adriatiche. A causa della natura fossoria della specie, per la sua raccolta vengono impiegati strumenti capaci di penetrare nel fondale fino a 10-30 cm, mobilizzando quantità di sedimento tali da determinare significative ripercussioni sia sulla biologia della specie stessa che sulle morfologie e le caratteristiche fisico-sedimentarie dei fondali. Al fine di valutare i possibili impatti indotti da questa pratica di pesca, sono stati eseguiti alcuni esperimenti in un’area di velma adibita alla pesca in concessione in laguna di Marano, mediante l’impiego di due diverse draghe: “sponter” (rusca) e “ferro maranese” (rastrello al traino). Sono state eseguite tre diverse cale con ciascun tipo di strumento, nel corso delle quali sono stati raccolti i seguenti dati: 1) misure di torbidità in continuo lungo la direttrice di corrente, mediante l’utilizzo di 5 sensori torbidimetrici, 2 di tipo combinato (nefelometro + trasmissometro su Hydrolab DataSonde 3 Multiprobe) e 3 OBS su Anderaa RCM9, al fine di valutare le caratteristiche spaziali e temporali della nube di torbida creata dalle draghe durante la pesca; 2) campioni di sedimento mediante carotaggi corti, prima e dopo l’attività di pesca, con successiva analisi granulometrica, per determinare le possibili variazioni nell’assetto stratigrafico e sedimentologico dei fondali, conseguenti a fenomeni selettivi; 3) campioni di sedimento con trappole coniche di sedimentazione, collocate sul fondo, con successive analisi granulometriche e ponderali, per determinare la tipologia del materiale risedimentato nell’area di pesca; 4) campioni d’acqua, prelevati ad intervalli regolari o rappresentativi delle diverse fasi di pesca, sia per le intercalibrazioni che per l’analisi ponderale e dimensionale del particellato sospeso. I risultati hanno messo in evidenza che la mobilizzazione dei fondali determina una risospensione molto pronunciata dei materiali fangosi che, per le loro caratteristiche granulometriche, vengono mantenuti in sospensione dalle correnti di marea e trasportati verso i canali limitrofi; la frazione sabbiosa, viceversa, tende a sedimentare quasi completamente all’interno dell’area dragata. Il rimaneggiamento del materiale comporta in generale una maggiore vulnerabilità all’erosione, venendo meno le proprietà coesive tipiche dei materiali di fondo. Ferme restando le potenziali perdite sedimentarie, per depauperamento della componente fine, si denota che l’alterazione repentina, verificata durante gli esperimenti, non sembra tuttavia diversa da quella che naturalmente si verifica stagionalmente nell’area di indagine. Confrontando i due sistemi di pesca, si è potuto verificare che: 1) il “ferro” produce una III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 111 maggior turbolenza e quindi risulta maggiormente impattante per il fondale, poiché le quantità di sedimento coinvolte nel rimaneggiamento sono superiori rispetto alla “rusca”; quest’ultima tende invece a risospendere maggiormente le componenti più fini della sabbia, a differenza del “ferro” che tende a coinvolgere in toto il sedimento di fondo; 2) le torbide sono contraddistinte da un’elevata concentrazione del materiale sospeso presente in tenori di picco anche 200 volte superiori rispetto al background; 3) la durata della perturbativa è estremamente rapida a causa della velocità della corrente (fino a 25 cm/s); le torbide presentano un decadimento esponenziale delle concentrazioni nello spazio, e una distanza massima di avvezione di 150-200 m dal limite di pesca; oltre tale limite le concentrazioni rientrano nei tenori di fondo, che tuttavia tendono ad aumentare progressivamente dalla prima all’ultima cala di pesca; 4) le caratteristiche dimensionali del particellato sono piuttosto omogenee ed equiparabili alle caratteristiche del materiale fine (in prevalenza siltoso) contenuto nel sedimento di fondo. In conclusione, sebbene le perdite sedimentarie indotte dalle draghe meccaniche siano una evidente realtà, le pesca nelle aree di concessione, regolata dal ciclo riproduttivo delle vongole (3 anni) comporta una perturbativa limitata, con alterazioni al sistema che si ripristinano in tempi decisamente inferiori a quelli di reiterazione dell’attività. Nei casi di pesca incontrollata e in regime di abusivismo, come purtroppo ancor oggi accade a Venezia, questa pratica risulta invece altamente dannosa per i delicati equilibri sedimentari degli ambienti lagunari, che con gli anni hanno denunciato perdite di materiali sempre più elevate. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 112 III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) F. GELLI 1, A. M. CICERO 2, P. MELOTTI 3, A. RONCARATI 3, L. PREGNOLATO 1 F. SAVORELLI 2, D. PALAZZI 1, G. CASAZZA 4 113 F. GELLI 1, A. M. CICERO 2, P. MELOTTI 3, A. RONCARATI 3, L. PREGNOLATO 1 F. SAVORELLI 2, D. PALAZZI 1, G. CASAZZA 4 1 Laboratorio Ittiologico – A.R.P.A. E.R. – sez. di Ferrara – Corso Giovecca 169, 44100 Ferrara e-mail: [email protected] 2 Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare (I.C.R.A.M.) – Roma 3 C.U.R.D.A.M. – Università di Camerino 4 Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (A.N.P.A.) – Roma 1 Laboratorio Ittiologico – A.R.P.A. E.R. – sez. di Ferrara – Corso Giovecca 169 – 44100 Ferrara e-mail: [email protected] 2 Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare (I.C.R.A.M.) – Roma 3 C.U.R.D.A.M. – Università di Camerino 4 Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (A.N.P.A.) – Roma PROPOSTA DI METODO PER LA VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DI ACQUE MARINE, SALMASTRE E DI SEDIMENTI: MESSA A PUNTO DI SAGGI BIOLOGICI A 7 E 28 GIORNI CON STADI LARVALI E GIOVANILI DI DICENTRARCHUS LABRAX (L.)* VALUTAZIONE DEL BIOACCUMULO DI INQUINANTI NEI TESSUTI DI GIOVANILI DI DICENTRARCHUS LABRAX (L.) IN SAGGI ECOTOSSICOLOGICI A LUNGO TERMINE, CONDOTTI IN AREE DI TRANSIZIONE * Keywords: Dicentrarchus labrax, test organism, bioassays, ecotoxicology. Keywords: Dicentrarchus labrax, test organism, bioassays, ecotoxicology. Dopo aver messo a punto l’esecuzione di test ecotossicologici acuti (24 h) con specie ittiche autoctone (A. boyeri, A. fasciatus, D. labrax), viene proposto un metodo per stimare la tossicità cronica o sub-cronica di acque marine, salmastre e di elutriati di sedimenti su larve e giovanili di branzino. Nel caso dei saggi a 7 giorni, la metodologia prevede l’esposizione di larve di questa specie a tossici di riferimento, quali sodio laurilsolfato e cloruro di cadmio, utilizzati a diverse concentrazioni. Al termine del periodo di esposizione la mortalità dei gruppi sperimentali viene confrontata con la risposta esibita dalle larve mantenute come controllo. Le percentuali di organismi deceduti alle diverse diluizioni di tossico consentono di stimare la concentrazione letale per il 50% delle larve di branzino (LC50). La capacità di alcune specie ittiche di sopportare senza problemi le condizioni di allevamento sia in acquario che in gabbie galleggianti, costituisce un valido presupposto per proporre una metodologia per eseguire test cronici (28 giorni) con giovanili di branzino. Ciò consentirebbe di valutare gli effetti più tipicamente sub-letali, come quelli correlati all’accrescimento dell’organismo. A tal fine viene impiegato un prototipo di gabbia galleggiante della capacità di 20 litri, con intelaiatura in plastica e rete con maglia di lato pari a 0,5-2 cm, provvista di un disco di poliuretano espanso con funzione di galleggiante; all’estremità superiore viene fissata una mangiatoia automatica in grado di distribuire la razione giornaliera di alimento nell’arco di 4-6 ore. L’impiego di specie ittiche quali indicatori della qualità degli ambienti acquatici, si inserisce nelle metodologie adottate da tempo dall’EPA e da alcuni Stati europei per evidenziare gli effetti delle sostanze tossiche sui sistemi biologici. Poiché in campo nazionale, non sono ancora stati validati metodi che prevedono la possibilità di adottare tali organismi, l’ARPA di Ferrara, che già sta collaborando con ICRAM ed ANPA nella realizzazione di protocolli per test di ittiotossicità acuti nelle acque, propone l’utilizzo della specie ittica Dicentrarchus labrax per saggi di tossicità prolungati. A questo scopo sono stati condotti test a lungo termine utilizzando giovanili di branzino posti all’interno di gabbie galleggianti posizionate in aree di transizione oggetto di monitoraggio. Le gabbie utilizzate, della capacità unitaria di 20 litri, di forma cilindrica, sono costituite da una rete, con maglia di lato pari a 0,5-2 cm, sorretta da una intelaiatura in plastica provvista di un disco di poliuretano espanso con funzione di galleggiante. Gli animali sono posti all’interno del prototipo alla densità di 1,2 soggetti/l. L’alimentazione è costituita da mangime bilanciato che viene somministrato mediante una mangiatoia automatica, fissata all’estremità superiore del modulo galleggiante, in grado di distribuire la razione giornaliera nell’arco di 4-6 ore. Periodicamente, e al termine dell’esecuzione dei saggi, sono state ottenute interessanti indicazioni in merito alle condizioni sanitarie ed all’accrescimento dei soggetti testati. Quest’approccio metodologico ha consentito di valutare il bioaccumulo degli inquinanti nei tessuti dei pesci oggetto d’indagine, previa caratterizzazione chimico-fisica del mezzo ambiente, dei sedimenti e degli elutriati. * Ricerca eseguita con fondi dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (ANPA) e dell’Istituto per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare (ICRAM), nell'ambito del Programma di Ricerca “Attività di studio e sperimentazione sui criteri e sulle metodologie per la verifica delle caratteristiche trofiche delle acque marine costiere e livelli di contaminanti nei sedimenti”. Ricerca eseguita con fondi dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (ANPA) e dell’Istituto per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare (ICRAM), nell'ambito del Programma di Ricerca “Attività di studio e sperimentazione sui criteri e sulle metodologie per la verifica delle caratteristiche trofiche delle acque marine costiere e livelli di contaminanti nei sedimenti”. * 114 Sessione AREE DI TRANSIZIONE III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) F. GIORDANO, G. MATTEI, F. PELUSO Istituto di Matematica Fisica ed Applicazioni Università degli Studi di Napoli Parthenope Via De Gasperi 5, Napoli – e-mail [email protected] VALUTAZIONE DEL CAPITALE AMBIENTALE DELLA COSTA DI NAPOLI IN AMBIENTE GIS 115 F. GUGLIELMO 1 , R. MELCHIORRE 2, A. RICCIO 2 1 Istituto 2 Istituto di Meteorologia e Oceanografia – Università degli Studi “Parthenope” – Via De Gasperi 4, Napoli di Matematica, Fisica e Applicazioni – Università degli Studi “Parthenope” – Via De Gasperi 4, Napoli VALIDAZIONE DI UN MODELLO ATMOSFERICO AD AREA LIMITATA PER UN EVENTO METEOROLOGICO ESTREMO SULLE COSTE DEL GOLFO DI NAPOLI Keywords: GIS, costa, capitale ambientale, pubblica amministrazione, remediations. Il monitoraggio del litorale di Napoli iniziato con la ricognizione generale nel 1999, ha la finalità di conoscere approfonditamente tale ambiente nel tempo, per definire tutte le remediation necessarie alla sua riqualificazione. In questo ambito è iniziato lo studio per la valutazione del capitale ambientale di Mergellina. Questa area pilota del litorale partenopeo è stata scelta poiché è una unità fisiografica con un character area definito geograficamente e complesso dal punto di vista degli elementi che vi interagiscono. Gli attributi studiati per definire il character area di Mergellina sono: 1. la conformazione morfologica della costa (alternanza di spiagge e scogliere) e le correnti marine dal punto di vista del valore naturale; 2. le attività turisiche quali alberghi e ristoranti bar e chalet per il valore economico; 3. gli edifici storici (ad es. Castel dell’Ovo e Stazione Zoologica) e i per il valore culturale; 4. gli spazi verdi (quali i giardini della Villa comunale) le zone a traffico limitato (come il Borgo Marinari) e le attività ricreative (come la pista di pattinaggio) per il valore sociale. Il processo di caratterizzazione dell’area è realizzato attraverso una campagna di misure dirette su campo, con localizzazione dei singoli oggetti attraverso il sistema GEOGIS, una tecnologia integrata GIS - GPS. Questo sistema consente di creare una scheda di rilievo digitale da compilare in sito per ciascun oggetto individuato in ricognizione. Il modello finale di vulnerabilità ambientale è realizzato in ambiente ArcView 3.2 con l’estensione Model Builder che consente: di produrre una serie di griglie a maglia piccola, utilizzando sia la proximity che l’overlay analysis, per l’analisi del valore naturale di quello economico, culturale e sociale; di sovrapporre tutte le informazioni relative all’area in esame sommandole attraverso l’overlay pesato per misurare il valore ambientale dell’area; di misurare e quindi monetizzare l’incidenza di un qualsiasi evento inquinante, come il mal funzionamento della rete fognaria, sul valore ambientale dell’area stessa. Lo studio di questa area attraverso la valutazione del suo Capitale ambientale ha lo scopo di facilitare il lavoro della pubblica amministrazione che ha la necessità di quantificare i danni ambientali prodotti da eventi inquinanti sia sporadici che periodici, per valutare l’importanza e l’urgenza di una remediation. Ad esempio una situazione di inquinamento anomalo della costa, come una mareggiata che porta inquinamento sulla costa ha una incidenza diversa di un inquinamento continuo prodotto dal mal funzionamento della rete fognaria che può influire irrimediabilmente sulla balneabilità del tratto di costa. Questo modello consente di valutare l’impatto di qualsiasi evento sull’equilibrio dell’ambiente nel tempo associando un valore “economico” ai danni prodotti dall’inquinamento. Keywords: Modello, simulazione, MM5, evento estremo, pluviometro, precipitazioni, parametrizzazioni. Una dettagliata conoscenza delle condizioni meteorologiche è requisito fondamentale in ogni area costiera per la prevenzione di danni e disagi di ogni entità. Benché le previsioni meteorologiche abbiano raggiunto un notevole grado di dettaglio a scala continentale ad opera di modelli di circolazione globale (GCM), la previsione a scala regionale o sub-regionale non ha ancora raggiunto un paragonabile livello di consistenza. Infatti, particolarmente nelle regioni costiere, la dinamica atmosferica a scala meteorologica è fortemente influenzata dalla topografia e dalla presenza della linea di costa (per le sostanziali differenze tra i mezzi coinvolti), e necessita pertanto di un’indagine strettamente localizzata con stumenti quali modelli ad area limitata (LAM). Un evento meteorologico di rilevante intensità ha investito il 15 settembre 2001 la città di Napoli e i territori circostanti. Tale evento, risultato essere uno dei più gravi mai registrati nel territorio della regione Campania ed in particolare sulle coste del golfo di Napoli con un'intensità di precipitazione superiore ai 100 mm/h, ha dato luogo a ingenti danni e disagi in tutta l'area costiera. Per il suo carattere di evento estremo, tale evento è stato scelto per testare l’attendibilità delle simulazioni realizzate con il modello PSU/NCAR Mesoscale Model MM5. Le avanzate caratteristiche del modello scelto (coordinate sigma-terrain following, possibilità di nesting, ampio spettro di parametrizzazioni fisiche), standard nelle previsioni meteorologiche, ne consentono infatti l’applicazione in casi complessi quali quello oggetto d'indagine, caratterizzati da marcata variabilità spaziale e temporale dei processi. Il modello, implementato all’Università degli Studi di Napoli Parthenope con, quali condizioni iniziali ed al contorno, i dati di analisi del modello di circolazione globale ECMWF e con dati relativi alla topografia e all’utilizzo del territorio USGS, è stato applicato su un dominio spaziale centrato sulla regione oggetto di studio. Il dominio spaziale è stato discretizzato attraverso l’utilizzo di quattro griglie annidate una nell'altra a risoluzione crescente, a partire da 54x54 km2 per il dominio più esterno, fino ad una risoluzione di 2x2 km2 , ottimizzando in tal modo le risorse computazionali. La validazione dei risultati del modello, qualitativa e quantitativa, è stata effettuata attraverso il confronto con i dati sperimentali, osservazioni superficiali registrate in tempo reale dalla rete di stazioni pluviometriche dell’ “Ufficio Idrografico e Mareografico di Napoli”, relativi all’entità e durata delle percipitazioni e con altri dati disponibili (mappe meteorologiche), valutando inoltre la sensibilità del modello a differenti parametrizzazioni di dinamiche di rilevanza fondamentale nell'evento investigato quali quelle relative alle nubi e alla descrizione del boundary layer. 116 Sessione AREE DI TRANSIZIONE C. IANNI, P. RIVARO, R. FRACHE Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, Sezione di Chimica Analitica ed Ambientale, Università di Genova Via Dodecaneso 31, 16146 – Genova – e-mail [email protected] VALUTAZIONE DELL’INQUINAMENTO DA METALLI PESANTI DELLE COSTE PUGLIESI MEDIANTE ANALISI DEI SEDIMENTI MARINI Keywords: Metalli, sedimenti, speciazione, biodisponibilità, impatto ambientale. Lo studio dei sedimenti marini è essenziale, oltre che per indagini geochimiche e geologiche, per ottenere dati sull’inquinamento ambientale marino nel caso in cui la sola analisi delle acque risulti insufficiente per un quadro completo dello stato dell’ecosistema. I sedimenti infatti possono riflettere la qualità attuale di un ambiente e, nello stesso tempo, possono fornire la storia dei parametri chimici di quel particolare ambiente. Questo perché, in determinate condizioni, i sedimenti divengono serbatoi di metalli e di altri elementi in tracce presenti nell'acqua di mare, “detossificando” le acque stesse per mezzo di processi di adsorbimento e precipitazione che causano un decremento della concentrazione delle sostanze disciolte. I metalli accumulati però possono anche essere rilasciati nella sovrastante colonna d’acqua come risultato di perturbazioni fisiche del fondo o di fenomeni diagenetici, ed i sedimenti possono rimanere come sorgenti di sostanze inquinanti anche per molto tempo dopo la cessazione dei fenomeni di scarico diretto. L’entità di questi fenomeni, e di conseguenza del rilascio di inquinanti, dipende non solo dalle condizioni ambientali ma anche dalla speciazione dei metalli nei sedimenti stessi, cioè dalle differenti associazioni degli elementi con le varie fasi costituenti il sedimento. Solo alcune di esse infatti sono facilmente mobilizzabili e determinano quindi il comportamento e la biodisponibilità nell’ambiente dei metalli stessi. I metalli possono, infatti, venire assimilati per ingestione di particelle, dell’acqua interstiziale oppure di cibo (ad esempio di batteri che a loro volta accumulano metallo dal sedimento). Uno studio sull’impatto ambientale di sedimenti inquinati da metalli pesanti non può quindi prescindere dalla valutazione della speciazione ed in ultima analisi della biodisponibilità. Diversamente da altri parametri chimici, il contenuto e la distribuzione di metalli in tracce e di microinquinanti in genere nei sedimenti del Basso Adriatico e dello Ionio sono poco conosciuti. La letteratura scientifica infatti fa riferimento essenzialmente al sub-bacino settentrionale del mare Adriatico, che è interessato sia da maggiori apporti fluviali che da attività antropiche. Obiettivo di questo lavoro, inserito nell’ambito di due progetti INTERREG II (Italia-Grecia ed Italia-Albania), è stato quello di verificare il grado di inquinamento da metalli pesanti dei sedimenti costieri pugliesi, ed il loro eventuale impatto ambientale. Per questo scopo, non ci si è limitati alla determinazione del contenuto totale nei sedimenti, ma si è effettuata l’analisi su diverse frazioni granulometriche e si è valutata la speciazione, mediante metodiche di estrazione sequenziale selettiva. I risultati ottenuti sono nel complesso incoraggianti da un punto di vista ambientale. Ad esempio, non vi sono generalmente evidenze di input costieri, ed i sedimenti studiati non mostrano, tranne episodi localizzati, un inquinamento pronunciato da metalli pesanti. Il contenuto totale dei metalli determinati rientra nei valori di background per sedimenti non contaminati, tranne per cromo e zinco in molti campioni e per quasi tutti i metalli nel porto di III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 117 Brindisi. La speciazione solida ha evidenziato comunque che, nella maggior parte dei casi, i metalli che superano i valori di background, sono presenti in elevate percentuali (80-90%) nel residuo, cioè nella frazione meno mobilizzabile e quindi meno biodisponibile in assoluto. Alcune eccezioni a questo andamento sono rappresentate ad esempio da sedimenti che presentano alte percentuali (20-90%), e spesso anche alte quantità assolute, di metalli nella frazione della materia organica e solfuri, frazione di per sé poco mobilizzabile, ma suscettibile di ossidazione qualora le condizioni redox variassero, come avviene per esempio nel caso dei dragaggi. Oppure da sedimenti che, pur non avendo un contenuto totale particolarnente elevato di alcuni metalli, ne contengono quantità considerevoli nella frazione più mobile e quindi più biodisponibile. Esistono quindi, in un quadro di scarsa contaminazione generale, zone da tenere comunque sotto controllo e da monitorare periodicamente, in modo da valutare per tempo un’eventuale evoluzione in negativo della situazione. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 118 D. LIACI 1, A. DE DONNO 1, F. BAGORDO 1, R. ERROI 1 A. CARDUCCI 2, B. CASINI 2, F. MAZZONI 2, G. GABUTTI 1 1 Laboratorio di Igiene, Di.S.Te.B.A. – Università di Lecce 2 Laboratorio di Virologia Ambientale, B.M.I.E. – Università di Pisa e-mail [email protected] BIOMONITORAGGIO BATTERIOLOGICO DELLE ACQUE MARINO-COSTIERE. VALUTAZIONI PRELIMINARI MEDIANTE MYTILUS GALLOPROVINCIALIS (LAM.) Keywords: Mytilus galloprovincialis, biomonitoraggio, contaminazione microbica, bioaccumulo. OBIETTIVO In riferimento all’esigenza di conoscere lo stato di salute dell’ambiente marino costiero superando gli obiettivi di sola qualità funzionale (balneazione, molluschicoltura, ecc.) e in linea con gli attuali orientamenti comunitari è stato avviato uno studio di biomonitoraggio volto alla valutazione del possibile impiego del mollusco bivalve Mytilus galloprovincialis (Lam) come bioaccumulatore di batteri e virus enterici presenti nella colonna d’acqua sovrastante. È noto infatti che le indagini eseguite esclusivamente sulla matrice acquosa non sempre riescono a rilevare le contaminazioni da sorgenti puntiformi, spesso discontinue, mentre i mitili, proprio per le loro caratteristiche biologiche, sono in grado di registrare anche eventuali inquinamenti pregressi. METODOLOGIA I campionamenti ancora in corso sono stati condotti a partire da settembre 2001, con cadenza bimensile, in corrispondenza di due aree costiere della penisola salentina dislocate una sul versante jonico (S. Isidoro-Nardò) e l’altra sul litorale adriatico (Alimini-Otranto). La ricerca viene eseguita monitorando sia campioni di mitili naturali che di allevamento, provenienti dall’impianto di stabulazione di S. Isidoro (Nardò) e posti a stabulare mediante gabbie, dopo aver esaminato il loro iniziale livello di inquinamento microbiologico (t0). Le analisi batteriologiche condotte simultaneamente su molluschi eduli lamellibranchi e relativa acqua ambiente sono indirizzate alla ricerca di: coliformi totali e fecali, streptococchi fecali, Escherichia coli, Salmonella, Staphylococcus aureus e miceti lievitiformi. In parallelo sui campioni di acqua e mitili è stata avviata l’indagine virologica (ricerca di enterovirus e virus non coltivabili) presso il Laboratorio di Virologia Ambientale del Dipartimento di Patologia Sperimentale dell’Università di Pisa. RISULTATI E CONCLUSIONI I mitili si sono rivelati “indicatori sensibili di inquinamento fecale” dal momento che in essi si è riscontrata una concentrazione degli indicatori di fecalizzazione anche in assenza di contaminazione nell’acqua (in media la carica microbiologica nei mitili è risultata di 0,9-1,9 unità logaritmiche superiore alla quantità riscontrata nell’acqua ambiente). Per quanto concerne gli altri parametri batteriologici contemplati (Salmonella, Staphylococcus aureus e lieviti) i dati ottenuti dall’analisi comparativa tra le due matrici indagate suggeriscono la necessità di approfondire l’argomento mediante test in vitro che forniscano informazioni sulla cinetica di tali microrganismi. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 119 S. LIBRALATO 1, 2*, A. GRANZOTTO 2, F. PRANOVI 2, S. RAICEVICH 2, 1, O. GIOVANARDI 1 1 Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata al Mare – ICRAM, Chioggia (VE), Italia di Scienze Ambientali, Università Ca' Foscari, Campo della Celestia 2737/B, Venezia, Italia 2 Dipartimento * indirizzo attuale: Dipartimento di Chimica Fisica, Università di Venezia, Dorsoduro 2137, 30123, Venezia e-mail: [email protected] INDIVIDUAZIONE DI REFERENCE POINTS PER LA PESCA IN LAGUNA DI VENEZIA Keywords: Laguna di Venezia, pesca, Tapes philippinarum, pesca artigianale, Ecopath. L’introduzione di Tapes philippinarum in laguna di Venezia, avvenuta all’inizio degli anni ’80, ha rappresentato un’importante occasione di sviluppo per la pesca locale, che si è velocemente adattata allo sfruttamento della nuova risorsa con un costante aumento delle catture in tutto il decennio successivo. Tuttavia, le tecniche utilizzate per la raccolta provocano un elevato impatto a livello dell’intero ecosistema lagunare, con profonde modificazioni delle comunità e della morfologia dei fondali. Inoltre, recentemente (2001), anche la risorsa vongole ha mostrato segni di crisi evidenziando ancor più la necessità di introdurre una gestione che preveda uno sfruttamento sostenibile. La valutazione di reference points per la pesca in Laguna di Venezia, non può dunque prescindere dagli effetti diretti ed indiretti che tale attività hanno sull’intero ecosistema. In quest’ottica i modelli multi-specie, che rappresentano congiuntamente le interazioni trofiche dell’ecosistema e la pesca, permettono di simulare variazioni dello sforzo di pesca, fornendo previsioni degli effetti sugli stock sfruttati e sull’intero ecosistema. È stato quindi costruito un modello a bilancio di massa per la rete trofica della laguna di Venezia, in cui sono rappresentate anche la raccolta meccanica delle vongole e la pesca artigianale. Il modello è stato utilizzato per simulazioni iterative applicando diversi valori di sforzo di pesca per entrambe le tipologie di sfruttamento. Le catture e le biomasse, ottenute allo stato stazionario a seguito di tali variazioni, hanno permesso di individuare diverse tipologie di reference points. In tal modo si è valutato quali siano i valori di sforzo che consentono di ottenere da un lato la cattura massima sostenibile (MSY), dall’altro, applicando prezzi e costi (fissi e variabili), la massima resa economica (MEY). A questi primi reference points sono state poi affiancate valutazioni del pescato in termini di livello trofico, verificando la teoria del “fishing down marine food webs” (Pauly et al., 1998). Infine, l’intera rete trofica, ottenuta allo stato stazionario, è stata analizzata in termini di indicatori di maturità e stabilità. Queste elaborazioni hanno consentito di tracciare l’andamento di indici globali per l’ecosistema in funzione dello sforzo di pesca, e di individuare ulteriori reference points in un’ottica di gestione sostenibile dello sfruttamento che tenga conto anche dell’effetto complessivo sull’ecosistema. 120 Sessione AREE DI TRANSIZIONE III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) M. G. LIONETTO, R. CARICATO, M. E. GIORDANO, T. SCHETTINO Dip.to di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali, Università di Lecce Via prov.le Lecce-Monteroni, 73100 Lecce – e-mail [email protected] STUDIO DELL’IMPATTO DELLA CONTAMINAZIONE CHIMICA SUGLI ORGANISMI MARINI NELL’AREA MARINA COSTIERA DI TARANTO MEDIANTE L’UTILIZZO DI BIOMARKERS 121 P. MAGNI 1*, S. MICHELETTI 1, D. CASU 2, A. FLORIS 2, G. DE FALCO 1, A. CASTELLI 3 1 IMC – International Marine Centre, Loc. Sa Mardini, 09072 Torregrande-Oristano – * e-mail [email protected] di Zoologia e Antropologia Biologica, Università di Sassari, C.so Margherita di Savoia 15, 07100 Sassari 3 Dipartimento di Scienze dell’Uomo e dell’Ambiente, Università di Pisa, Via A. Volta 6, 56126 Pisa 2 Dip. MACROZOOBENTHIC COMMUNITIES OF CABRAS LAGOON (SARDINIA, WESTERN MEDITERRANEAN) 2 YEARS AFTER A MAJOR DYSTROPHIC EVENT AND FISH COLLAPSE Keywords: Biomarkers, Mytilus galloprovincialis, Mullus barbatus, Trachurus mediterraneus, Taranto, metalli pesanti. Keywords: Macrozoobenthic communities, biodiversity, sediments, organic enrichment, coastal lagoons. La contaminazione chimica dell’ambiente marino è ormai un problema su scala globale, che risulta particolarmente grave lungo le coste, dove gli scarichi derivanti da diverse attività antropiche e dagli insediamenti urbani raggiungono il mare. Scopo del presente lavoro è quello di utilizzare le risposte biologiche molecolari e cellulari che gli organismi sviluppano nei confronti di stress chimici ambientali (biomarkers) per valutare l’impatto della contaminazione chimica sugli organismi marini in un’area a rischio tossicologico della penisola salentina, quale l’area di Taranto. Il tratto costiero prospiciente Taranto, nonostante la presenza della grande industria, sostiene attività legate alle risorse del mare quali la pesca e la mitilicoltura. Come area di controllo è stata scelta un’area costiera in prossimità del versante ionico di capo S. Maria di Leuca. Lo studio è stato condotto sia su mitili che su pesci, quali la triglia (Mullus barbatus) e il sugarello (Trachurus mediterraneus), due specie ittiche importanti per le attività di pesca di quest’area. La triglia è un pesce bentonico, mentre il sugarello è un pesce bentopelagico appartenente al cosiddetto pesce azzurro, che rappresenta una notevole risorsa ittica nelle aree mediterranee. I mitili campionati nell’area di Taranto hanno mostrato un incremento dell’attività di catalasi, indice della presenza di una generica sindrome di stress da contaminazione chimica. In questi organismi l’osservazione di un aumento nei livelli di metallotioneine (indice specifico di esposizione a metalli pesanti) e l’inibizione di acetilcolinesterasi (indice di esposizione a pesticidi organofosfati e carbammati) ha consentito di individuare alcune delle classi di contaminanti chimici responsabili della sindrome da stress osservata. Per quanto riguarda i pesci sono stati misurati i livelli epatici di metallotioneine e l’attività muscolare e cerebrale di acetilcolinesterasi. In nessuna delle due specie ittiche studiate l’attività di questo enzima ha presentato significativi segni di inibizione né sono stati riscontrati residui di pesticidi nelle carni dei pesci esaminati. Per quanto riguarda, invece i livelli di metallotioneine, nonostante l’analisi chimica della concentrazione di metalli pesanti non abbia rilevato concentrazioni elevate di tali elementi nelle carni dei pesci studiati, nella triglia i livelli epatici di metallotioneine sono risultati significativamente incrementati rispetto a quelli misurati negli organismi pescati nell’area di controllo. Tali risultati indicano una possibile esposizione a contaminazione da metalli pesanti nelle specie ittiche che, per le loro abitudini di vita, sono più strettamente legate ai sedimenti, comparto di accumulo degli inquinanti chimici presenti nella colonna d’acqua. Pertanto, i risultati ottenuti mettono in luce la necessità di integrare le analisi chimiche con lo studio delle risposte biologiche a stress chimico ambientale (biomarkers) per una completa comprensione dell’impatto che la contaminazione chimica può avere sul mare e sulle sue risorse. Macrozoobenthic community structure and species composition were investigated in the brackish coastal lagoon of Cabras (1.5 m mean water depth) at 29 regularly spaced stations covering the whole basin (ha 2200), in spring 2001. We aimed to assess the state (or health condition) of the benthic environment, following a severe distrophic crisis occurred in summer 1999, which caused a massive fish mortality (e. g. Liza ramada, Mugil cephalus, Anguilla anguilla), with a drastic reduction of fish production in the subsequent years. For this study, duplicate sediment samples were collected at each station using a 216 cm2 Ekman-Birge grab, and subsequently sieved on a 0.5 mm mesh size. The residue was fixed with a rose Bengal buffered formaldehyde solution for later determination of the macrozoobenthos. For each replicate, animals were sorted and classified to species level where possible, and for each replicate and species or higher taxon the number of individuals was counted and the total biomass was measured. The data obtained were analyzed by univariate, graphical and multivariate methods, and common diversity measures were calculated. A total of 8228 individuals were collected, varying from 5 to 2197 ind. per replicate (621 ind. m-2 to 71415 ind. m-2). Polychaetes, oligochaetes, crustaceans and bivalves accounted for 79.5%, 9.9%, 5.7% and 3.2% of the total abundance. Two polychaete species, Ficopomatus enigmaticus and Polydora ciliata, accounted for 40.9% and 30.1% of the total density, respectively. The low number of species collected at individual stations (range 3-10) and the values of species diversity measures, such as Shannon-Weiners’ H’ (range 0.2-1.6), Margalef’s d (range 0.4-1.6) and Pielou’s J’ (range 0.1-0.8), indicated extremely poor animal communities. Biomass also tended to be low at most stations, varying from 2.1 g wet weight (WW) m-2 to 430 g WW m-2, with a mean of 68.7 ± 83.5 g WW m-2. Two polychaetes, Neanthes succinea and F. enigmaticus, accounted for 60.5% and 20.7 of the total biomass, respectively. Bivalves were almost exclusively represented by Cerastoderma glaucum, being most of them juveniles (<3 mm), with a few adults (>10 mm: 5% of total bivalves). This was consistent with the sampling period, but also indicated that C. glaucum recruitment is hardly followed by a successful colonization, suggesting not suitable conditions throughout the year for bivalves. Cluster Analysis classification and nMDS ordination of total samples indicated a high homogeneity of the stations, with apparent absence of gradients in the whole basin, while a few dominant species tended to be preferentially more abundant in some areas. In conclusion, several biological characteristics observed in the Cabras lagoon (e. g. low number of species, high number of opportunistic and pollution-tolerant species, lower ratio of filter feeders to carnivores and deposit feeders, lower ratio of crustaceans to polychaetes) were typical of heavily disturbed environments. Sediment grain-size and organic enrichment will also be presented and discussed in relation to the pioneering situation of the macrozoobenthic communities found in the Cabras lagoon, 2 years after the collapse of this ecosystem. 122 Sessione AREE DI TRANSIZIONE S. MANTOVANI, G. CASTALDELLI, D. T. WELSH, R. ROSSI, M. MISTRI, E. A. FANO Dipartimento di Biologia, Sez. Biologia Evolutiva, Università di Ferrara Via L. Borsari, 46, 44100 Ferrara – e-mail: [email protected] EFFETTI DELLA RACCOLTA DELLA VONGOLA FILIPPINA SULLE CARATTERISTICHE CHIMICHE DEL SEDIMENTO E SULLA COMUNITÀ MACROZOOBENTONICA IN UNA LAGUNA SALMASTRA DEL DELTA DEL PO III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 123 A. MARINO 1, G. MUSCI 2, G. LA SPADA 1 1 Dipartimento di Fisiologia generale e Farmacologia Università di Messina, Salita Sperone 31 – 98166 Messina (Italy) – e-mail: [email protected] 2 Dipartimento di Scienze microbiologiche, genetiche e biomolecolari Università di Messina, Salita Sperone 31 – 98166 Messina (Italy) A STUDY ON NEMATOCYST CRUDE VENOM EFFECTS OF CNIDARIANS (ANTHOZOA): AIPTASIA DIAPHANA FROM THE BRACKISH POND FARO (MESSINA) AND AIPTASIA MUTABILIS FROM THE STRAIT OF MESSINA Keywords: Tapes philippinarum, clam farming, sediment disturbance, macrobenthic community. Nel corso dell’ultimo ventennio, nelle lagune costiere dell’Adriatico nordoccidentale le attività tradizionali di pesca sono state gradualmente sostituite dal più remunerativo allevamento della vongola verace filippina (Tapes philippinarum). In molti casi, la superficie complessiva degli allevamenti di vongole è arrivata a coprire la quasi totalità del sedimento idoneo, con pesanti ripercussioni sull’ecosistema lagunare. In questo studio abbiamo valutato l’impatto della raccolta delle vongole sulle caratteristiche chimiche del sedimento superficiale e sulla comunità macrozoobentonica. La sperimentazione è stata condotta in situ, nel luglio del 2000 e 2001, nella Sacca di Goro (Delta del Po), uno dei più importanti siti italiani ed europei di allevamento di T. philippinarum. La raccolta delle vongole è stata effettuata da operatori del settore, secondo la pratica maggiormente utilizzata in questa laguna, che consiste nel rastrellamento manuale del sedimento superficiale. Il monitoraggio è stato effettuato in un sito di raccolta ed in uno adiacente, di controllo, prima e dopo la raccolta, per un periodo di due settimane. I risultati non hanno evidenziato differenze significative del contenuto di sostanza organica, di proteine, carboidrati, lipidi e clorofilla a del sedimento superficiale, tra il sito disturbato e quello di controllo: in entrambi gli anni, gli andamenti hanno seguito un’evoluzione riferibile maggiormente alla progressione stagionale dell’area, piuttosto che al disturbo dato dalla raccolta. Le associazioni macrozoobentoniche, sia nel sito di controllo sia in quello risospeso, sono risultate dominate da poche specie opportuniste (Capitella capitata, Streblospio shrubsolii e Oligocheti) di piccola taglia e mobili, ben adattate a sopravvivere ad eventi di disturbo. Anche gli indici di comunità non hanno evidenziato differenze significative tra i due siti, nelle due settimane successive alla raccolta. In generale, i risultati indicano che un singolo evento di disturbo, dato dalla raccolta delle vongole, non esercita un impatto significativo sulle caratteristiche trofiche del sedimento superficiale e sulla comunità macrozoobentonica. Tuttavia, è probabile che questa evidenza sia anche la risultante di un regime di disturbo cronico, determinato dalla successione di bloom macroalgali e degli eventi anossici e distrofici associati, e dallo stesso allevamento intensivo della vongola filippina, entrambi elementi caratterizzanti l’area di studio. Keywords: Nematocysts, Toxins, Hemolitic activity, Aiptasia diaphana, Aiptasia mutabilis. Cnidarians (Coelenterata) developed fine mechanisms used for defence, identification and prey capture, so that they differentiated particular secretory and sensorial cells termed nematocytes containing and controlling an organoid, the nematocyst. Nematocyst keeps its resting state in the nematocyte as long as an adequate stimulus triggers the rapid eversion of the thread (discharge) that penetrates into the teguments, injecting toxins stored in the capsule fluid. Two main aspects should be considered in this subject: the physiological and pharmacological interest of these toxins and the human pathology deriving from contact with various species of Cnidarians that varies from simple local pain to lethality. Most investigations have been performed on tropical Cnidarians. In the present study it has been proposed to investigate the effects of venom extracted from acontial nematocysts isolated from Mediterranean Anthozoans, as Aiptasia mutabilis, living in the Strait of Messina, and Aiptasia diaphana, living in the brackish pond Faro (Messina). In particular the hemolytic activity of crude extract of both species has been tested on fresh human erythrocytes. Microbasic mastigophore nematocysts of both species have been isolated by 1M citrate and then crude extract was obtained by sonication. Hemolytic activity was detected both by light microscope observations and by absorbance at 540 nm. For the first test 5% erythrocyte suspension in 0,9% NaCl and crude extract (1:2 ratio) were mixed on a slide and hemolysis was then observed. For the second one 0,5% erythrocyte suspension and different aliquots of crude extract were incubated for 30min at room temperature with gentle shaking. Surnatant was then read spectrophotometrically. From our results arises that crude extract from Aiptasia mutabilis induced hemolysis in a short period of time with dilutions of 60 nematocysts/µl, whereas crude extract from Aiptasia diaphana, at the same concentrations, is less effective even within long periods of time. This different effectiveness could be due to either nematocysts size, larger in Aiptasia mutabilis than in Aiptasia diaphana, or more probably to a different composition of capsular fluid containing toxins. Further studies are needed to confirm these results and to perform toxins characterization in these species. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 124 A. MILIA 1, F. GIORDANO 2, N. CORRADI 3, G. NICOTRA 2, R. GIORDANO 4 1 Istituto per l’Ambiente Marino Costiero, Geomare sud, CNR, via A. Vespucci 9, 80145 Napoli e-mail: [email protected] 2 Istituto di Matematica, Fisica ed Applicazioni (IMFA) Università degli Studi “Partenope”, via De Gasperi 5, 80133 Napoli 3 Dipartimento per lo Studio del Territorio e delle sue Risorse (DIP.TE.RIS) Università degli Studi di Genova, C.so Europa 26, 16132 Genova 4 Consulente esterno, 5° v.le Parco Noce 136, 80014 Giugliano (Napoli) LA SISMICA A RIFLESSIONE AD ALTA RISOLUZIONE PER LO STUDIO DELL’AREA DI TRANSIZIONE COMPRESA TRA LA SPIAGGIA E LE ZONE DISTALI (GOLFO DI POZZUOLI, ITALIA) Keywords: Sismica a riflessione, bacini sedimentari, aree di transizione, margini continentali, Golfo di Pozzuoli. Il Golfo di Pozzuoli, situato nel mare Tirreno orientale, è un’area caratterizzata da vulcanismo e tettonica attiva. Negli anni compresi tra il 2000 ed il 2002 sono state acquisite linee sismiche a riflessione ad alta risoluzione per lo studio dell'area di transizione tra la spiaggia e la zona deposizionale distale compresa tra le profondità di 10 e 100 m. L’apparato utilizzato per le prospezioni è composto da un sistema energizzante EG&G, da una sorgente della tipologia Sparker modificata con un innovativo array lineare multielettrodo, appositamente progettata e realizzata per l’ottenimento di un impulso molto stretto ad altissima risoluzione spaziale. L’apparato di registrazione completamente digitale è gestito dal software D-SEISMIC, sviluppato dall’IMFA dell’Università Parthenope in collaborazione con il DIP.TE.RIS dell’Università di Genova. L’acquisizione dei dati (a 8 o 12 Bit) può essere programmata con una frequenza di campionamento da 8 KHz fino a 50 KHz; nel caso di dati Sparker, la capacità di memorizzazione tipica su Hard Disk è di 130 giorni. L’interfaccia grafica è molto semplice e permette la gestione di tutti i parametri di acquisizione nonché trattamenti numerici sia in tempo reale, quali: filtri MA (Moving Average) temporali e spaziali (su tracce adiacenti), TVG (Time Varing Gain) filtri di banda, sia in modalità riproduzione (play back). Sono anche disponibili vari comandi grafici per la presentazione ottimale delle sezioni sismiche sulle quali sono riportati i dati di navigazione ai FIX. L’utilizzo del sistema Sparker multielettrodo-software D-SEISMIC ha permesso di ottenere profili sismici di buona qualità, risultando, come sistema, molto efficiente, versatile e con un buon rapporto prestazioni/costo, nettamente superiore a quelli fino ad ora disponibili. I dati acquisiti presentano un buon rapporto segnale /rumore che permette un’interpretazione geologica affidabile. L’interpretazione geologica si basa sull’analisi del segnale sismico quali ampiezza, frequenza e continuità. Le singole unità sismostratigrafiche vengono individuale sulla base delle terminazioni stratali dei riflettori e delle facies sismiche interne ed esterne. L’insieme degli attributi che caratterizzano una facies sismica, la posizione relativa tra le unità sismiche e quelle geologiche affioranti permettono di individuare le corrispondenti unità geologiche. Utilizzando i dati dei profili sismici a riflessione ad alta risoluzione acquisiti, è stato possibile ricostruire le geometrie di deposizione della successione olocenica. In particolare, è stata riconosciuta una complessa architettura deposizionale corrispondente alla spiaggia sommersa e ai depositi di margine di piattaforma. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 125 S. MIRTO 1, T. LA ROSA 2, G. SARÀ 3, G. MOCCIARO 3, K. COSTA 3, A. MAZZOLA 3 1 Istituto di Scienze del Mare, Università di Ancona, Via Brecce Bianche, 60131 Ancona – e-mail: [email protected] 2 Dipartimento Biologia Animale ed Ecologia Marina Università di Messina, Salita Sperone, 31 – 98166 S. Agata, Messina 3 Dipartimento Biologia Animale, Università di Palermo, Via Archirafi, 18 – 90123 Palermo MEIOFAUNA AND BENTHIC MICROBIAL BIOMASS IN A SEMI-ENCLOSED MEDITERRANEAN MARINE SYSTEM (STAGNONE DI MARSALA, ITALY) Keywords: Benthic microbial community, meiofauna, sedimentary organic matter, lagoon. Seasonal and spatial changes in microbial abundance and biomass and meiofaunal density and their relationships with organic matter concentrations were investigated in the sediment of a semienclosed marine system (Marsala lagoon, Western Sicily, Mediterranean Sea). Sediment samples were collected on a monthly basis from March 1996 to February 1997 at four stations located along a N-S transect and characterised by different hydrodynamic regimes. Total sediment organic matter concentrations ranged from 1.4 to 293.2 mg g-1, while the biopolymeric fraction of organic carbon (C-BPF) ranged from 0.42 to 59.1 mgC g-1 sediment DW, accounting for, on annual average, from 13.0% (station 4) to 16% (station 2) of total organic matter. Total meiofaunal density was extremely low, ranging from 11 ± 10 ind. 10 cm-2 (station 2) to 398 ± 30 ind. 10 cm-2 (station 1) and largely dominated by nematodes (on annual average from 40 to 91% of total meiofaunal density). Benthic microbial density ranged from 0.22 ± 0.02 x 109 g-1 sediment DW (station 1) to 106.83 ± 16.77 x 109 g-1 sediment DW (station 2). Microbial biomass ranged from 0.01 ± 0.003 mg C g-1 to 7.04 ± 0.14 mg C g-1 sediment DW and accounted for a significant fraction of C-BPF at all stations (~ 10%). Concentrations of photosynthetic pigments in the sediment (on annual average from 2 to 16 mg g-1 sediment DW) suggest that detrital and/or heterotrophic material largely dominate sediment organic matter in the Marsala lagoon. Results of the present study suggest that the huge amounts of organic C in the Marsala lagoon sediments are largely refractory and, being “bottlenecked” into bacterial biomass, are not channelled towards higher trophic levels. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 126 III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 127 C. MORIGI 1, I. MURANO 1, F. SPAGNOLI 2, F. SANGIORGI 3, A. NEGRI 1 M. MURENU, M. COSSU, A. OLITA, A. CAU di Scienze del Mare, Università di Ancona, Italia – e.mail: [email protected] 2 CNR, Lesina, Italia 3 Centro Interdipartimentale di Ricerca per le Scienze Ambientali, Università di Bologna, Italia Dipartimento di Biologia Animale ed Ecologia, Università degli Studi di Cagliari, Viale Poetto, 1 – 09126 Cagliari e-mail [email protected] 1 Istituto RECENT HOLOCENE PALEO-ENVIRONMENTAL EVOLUTION AND COASTLINE CHANGES OF LAGO DI VARANO, ITALY Keywords: Foraminifera, Dinocyst, geochemical analysis, Lago di Varano, Upper Holocene. Paleontological, geochemical and sedimentological analysis of one sediment core (length 29.50 m) collected in the Lago di Varano, provide new paleoenvironmental information on the reconstruction of shoreline changes of the Gargano coast and on the evolution of the Lago di Varano environment during the Upper Holocene. The stratigraphic sequence was entirely deposited during the Upper Holocene period as revealed by the dinocyst assemblage. The high sedimentation rate potentially allows a high resolution in reconstructing the paleoenvironmental history of this lagoon already present in the phisiography of Italy since the roman time that was mentioned as “Seno Uriano” by Plinio. In the studied sequence, we identified six main facies. The paleontological content (foraminiferal, dinocyst and macrofossil assemblages) indicate that the oldest facies was deposited in a protected marine gulf, which slowly evolved in an hypo-haline lagoon, as indicates by Ostracods and Diatoms assemblages. Nine meters of evaporitic deposit corresponds to the third facies. We can estimate a mean time deposition of about 200-300 years considering an evaporation rate (ER) of 965 mm/yr (mean modern ER of the Mediterranean Sea) and a CaCO3 concentration varying from 0.35 mg/l to 90 mg/l). This period should correspond to an arid and dry climate phase which allows the deposition of such a thick evaporitic carbonate layer (CaCO3 content 92-99%). The remnant part of the core shows clear fluctuations in the paleontological assemblages that testified an alternating brackish lagoonal and open marine conditions. EFFETTO DI UNA CRISI DISTROFICA SUI POPOLAMENTI ITTICI DELLO STAGNO DI CABRAS (SARDEGNA CENTRO-OCCIDENTALE) Keywords: Liza ramada, coastal lagoon, ecosystem disturbance, fishery management, Sardinia, Mediterranean Sea. Lo Stagno di Cabras (Sardegna centro-occidentale) da sempre è stato considerato una delle realtà produttive più importanti del Mediterraneo (Cataudella et al., 1995; Rossi e Cannas, 1997). Nel 1999 si è verificata una crisi distrofica che ha compromesso la produzione ed ha avuto pesanti ripercussioni ambientali, sociali ed economiche. In seguito a tale crisi sono state intraprese una serie di indagini finalizzate alla gestione ambientale. Tra le diverse attività di monitoraggio il nostro dipartimento ha svolto quelle inerenti ai popolamenti ittici. Le ricerche, effettuate nell’ambito di progetti ministeriali e regionali, sono state effettuate a partire dal giugno 1999, per un periodo di tre anni. Mensilmente sono state effettuate pescate sperimentali all’interno dello stagno ed è stato rilevato lo sbarcato commerciale in modo da acquisire informazioni quali-quantitative sui popolamenti ittici lagunari. Per i campionamenti è stata utilizzata la tipologia di reti adoperata abitualmente dalla marineria locale (reti in monofilo). Considerando l’alta selettività di questi attrezzi, al fine di poter ricostruire adeguatamente la struttura dei popolamenti alieutici, le reti sono state armate unendo un eguale numero di pezzi di maglia del 9, 11 e 13 per un totale di ca 300 m. Durante i campionamenti, inoltre, sono stati rilevati mediante l’ausilio di una sonda multiparametrica i principali parametri chimico fisici delle acque. L’analisi temporale della composizione delle catture e della struttura demografica della specie più abbondante, Liza ramada, permette di seguire gli effetti della distrofia sui popolamenti ittici. Elaborando i dati raccolti mediante l’analisi della progressione modale sono stati ottenuti i principali parametri di crescita di Liza ramada. Per questa specie, partendo dall’analisi dei dati delle catture commerciali e dall’analisi della struttura di taglia, l’applicazione dei modelli classici di V.P.A. (Pope, 1972; Jones, 1984) ha consentito di calcolare il numero degli effettivi nello stagno tenendo conto di reclutamento e mortalità totale. I risultati ottenuti confermano l’importanza del monitoraggio, componente essenziale della gestione ambientale (Hirons et al., 1995). La definizione dei parametri di crescita e l’evoluzione della struttura demografica del popolamento di Liza ramada consentono di prevedere i tempi di ripresa produttiva dello stagno e suggeriscono la maglia da utilizzare per ottenere il massimo rendimento per recluta. 128 Sessione AREE DI TRANSIZIONE Bibliografia Cannas S., Cataudella S., Rossi R. (1997). Gli stagni della Sardegna. Quaderni C.I.R.S.P.E. Acquacoltura: pp. 96. Cataudella S., Cannas A., Donati F., Rossi R. (1995). Elementi per l’identificazione di un modello di gestione conservativa delle lagune costiere attraverso l’uso multiplo delle risorse. Biol. Mar. Med., 2(2): 143-150. Hirons G., Goldsmith B., Thomas G. (1995). Site management planning. In W. J. Sutherland & DA Hill (eds) Managing habitats for conservation. Cambridge University Press, Cambridge, pp 22-41. Jones, R., (1984). Assessing the effects of changes in exploitation pattern using lenght composition data (with notes on VPA and cohort analysis). FAO Fish. Tech. Pap., (256): 118 p. Pope J.G., (1972). An investigation of the accuracy of virtual population analysis using cohort analysis. Res. Bull. ICNAF, (9): 65-74. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 129 G. PERNICE, F. PLACENTI, A. SPINA, I. PATTI, V. MACCARRONE IRMA-CNR – Istituto di Ricerca sulle Risorse Marine e l’Ambiente Via Luigi Vaccara, 61 – 91026 MAZARA DEL VALLO – e-mail [email protected] CAPO FETO: ANALISI DI LUNGO PERIODO (1863-2002) DELLE MODIFICAZIONI DI UNA ZONA UMIDA IN UN’AREA DI TRANSIZIONE Keywords: Capo Feto, area salmastra, biotopo naturale, modificazioni. La ricerca sviluppa un’analisi sistematica delle modificazioni intervenute nel paesaggio, nelle paludi e nella linea di costa, durante un lungo periodo temporale nell’area di Capo Feto che, situata nell’estremità sud occidentale della Sicilia, nel territorio di Mazara del Vallo, è identificabile in un’ampia depressione separata dal mare da uno stretto e basso cordone sabbioso. Essa ha lo scopo di evidenziare le principali variazioni morfologiche ed ambientali avvenute nell’area negli ultimi 150 anni ed i fattori naturali e antropici che le hanno potute determinare. Attraverso l’analisi dei dati sul campo, di serie di dati storici, l’utilizzo del GPS, lo studio comparato della cartografia esistente, l’analisi e il trattamento delle ortofoto digitali a colori ed una ricerca storica sulle attività antropiche avvenute nell’area, il lavoro, sviluppato su di una piattaforma GIS, mira a descrivere l’ambiente di Capo Feto e la sua evoluzione nel tempo, con particolare riguardo alla variazione della linea di costa e dell’area umida tra gli anni 1863 e 2002. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 130 III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 131 A. POTOSCHI, P. BATTAGLIA, A. MANGANARO, A. POTOSCHI JR, G. ROSSI K. POZO GALLARDO, V. MENCHI, C. BALOCCHI, M. MARIOTTINI, R. URRUTIA, S. FOCARDI Dipartimento di Biologia Animale ed Ecologia Marina, Università di Messina Salita Sperone 31 – 98166 S. Agata, Messina – e-mail [email protected] Dipartimento di Scienze Ambientali, Via delle Cerchia 3 – 53100 Siena, Italia e-mail [email protected] LIMITAZIONI E VANTAGGI PER LA PESCA IN UN’AREA DI TRANSIZIONE COME LO STRETTO DI MESSINA POLICLOROBIFENILI, IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI E METALLI PESANTI NEI SEDIMENTI SUPERFICIALI DELL’ESTUARIO DEL FIUME LENGA (CILE-CENTRALE) Keywords: Pesca, Stretto di Messina, idrodinamismo. L’oscillazione della marea di tipo semidiurno, tra l’alto Ionio e il basso Tirreno, dà origine nello Stretto di Messina, ogni 6 ore, a correnti alternate (“montante” con direzione sud-nord e “scendente” con direzione nord-sud) di intensità anche notevole (massima: circa 6 nodi) e permette la formazione delle tipiche acque “miste”, con caratteristiche fisico-chimiche in continuo cambiamento. Gli Autori, considerando questo peculiare idrodinamismo, hanno analizzato le attività di pesca più praticate nell’area, per valutare il condizionamento che la forte turbolenza delle acque può esercitare sulla distribuzione delle popolazioni ittiche e le problematiche legate all’impiego dei diversi attrezzi. L’analisi sulle diverse tipologie di pesca praticate nell’area è stata svolta attraverso saggi diretti ed interviste agli operatori del settore. Reti da posta fisse e derivanti, reti circuitanti, palangari di fondo e derivanti, filose, lenze da traino e l’arpione sono stati gli attrezzi considerati per l’indagine. Durante i saggi di pesca, attraverso osservazioni subacquee è stata verificata la funzionalità degli attrezzi sia durante le ore di maggiore intensità delle correnti che durante le ore dette di “stanca”. La ricerca ha permesso di stabilire che le forti correnti di marea nello Stretto contribuiscono all’instaurarsi di condizioni estremamente variabili, che spesso sottopongono gli attrezzi e le specie ad uno stress dinamico intenso. Infatti gli operatori della pesca sono costretti ad adottare singolari strategie e particolari armamenti, nonché a limitare il tempo di permanenza in mare degli attrezzi, che devono insidiare prede spesso dedite a vincere con il nuoto l’opposizione delle correnti. Nel contempo, però, tali limitazioni sono controbilanciate dalla disponibilità trofica che viene a crearsi per l’alta produzione primaria offerta dalle acque dello Stretto, garantendo la concentrazione di specie pelagiche costiere (Trachurus sp., Scomber sp., Belone belone gracilis, Sardinella aurita, Sarda sarda, Auxis rochei) o in transito nei diversi momenti stagionali (Thunnus thynnus, Tetrapturus belone, Xiphias gladius). Keywords: Sedimenti, PCBs, PAHs, Metalli pesanti, aree di transizione, palude. L’estuario del fiume Lenga (36°46’ S e 73°10’ O), situato nell’estremo sud della baia di San Vicente, forma una piccola palude di acqua salmastra (3,2 km2). Nelle vicinanze di quest’area si trovano importanti insediamenti industriali ed urbani, che contribuiscono fortemente alla contaminazione delle acque sia marine che dell’estuario stesso. L’obiettivo di questo studio è la determinazione dei livelli di policlorobifenili (PCBs), idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e metalli pesanti nei sedimenti superficiali all’interno dell’estuario di Lenga al fine di stabilire il grado di contaminazione di un’area di notevole importanza ecologica. I campioni di sedimento (10-15 g) sono stati liofilizzati ed estratti per PCBs e IPA in sistema Soxhlet per 16 ore in diclorometano e analizzati mediante GC/ECD e HPLC/fluorescenza, rispettivamente. L’analisi degli elementi in tracce, previa distruzione parziale con acido nitrico, è stata effettuata tramite spettrofotometria di assorbimento atomico e di emissione al plasma. Inoltre sono state determinate le percentuali di carbonio organico e le caratteristiche granulometriche. Le concentrazioni dei composti sono espressi µg/g peso secco (ppm). I risultati ottenuti evidenziano elevate concentrazioni dei contaminanti organici determinati (PCB > 2 ppm), (IPA > 4 ppm), in particolare in alcune delle stazione analizzate (staz. 3, 6, 9, 11). L’analisi degli elementi in traccia presenta valori massimi riscontrati di Hg (31,04 ppm), Cd (2,32 ppm), As (16,77 ppm), Cr (59,52 ppm), V (466,8 ppm), Cu (88,25 ppm), Zn (429,8 ppm), P (882,5 ppm) e Fe (45135 ppm). La percentuale di carbonio organico ottenuta nell’estuario di Lenga fluttua tra 0,76-7,76%. I valori mettono in evidenza come l’uso massiccio di composti xenobiotici nelle aree urbane e industriali, esponga l’estuario Lenga ad elevate pressioni di origine antropica. I risultati ottenuti confermano come i sedimenti costieri, costituendo il serbatoio finale di questi contaminanti, siano un valido strumento di monitoraggio ambientale. 132 Sessione AREE DI TRANSIZIONE I. PROTOPSALTI, S. COVELLI, A. BRAMBATI Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine – Università di Trieste Via E. Weiss, 2 – 34127 Trieste – [email protected] ASPETTI SEDIMENTOLOGICI E MORFOLOGICI DELLA PIATTAFORMA CONTINENTALE SALENTINA (ADRIATICO MERIDIONALE E IONIO) III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 133 F. REGOLI 1, I. CORSI 2, M. NIGRO 3, S. GORBI 1, G. FRENZILLI 3 S. BONACCI 2, M. MARIOTTINI 2, N. MACHELLA 1, S. FOCARDI 2 1 Istituto Biologia e Genetica, Università di Ancona, Italy – e-mail [email protected] 2 Dipartimento di Scienze Ambientali, Università di Siena, Italy 3 Dipartimento Morfologia Umana e Biologia Applicata, Università di Pisa, Italy CHARACTERIZATION OF EXPOSURE AND EFFECT BIOMARKERS IN THE EUROPEAN EEL ANGUILLA ANGUILLA Keywords: Adriatico, Ionio, Salento, piattaforma continentale, sedimenti. Vengono illustrati gli aspetti tessiturali e geochimici dei sedimenti della piattaforma continentale salentina in relazione alle sue caratteristiche morfologiche, nel tratto compreso fra T.re Guaceto (Br) e P.ta Prosciutto (Le). Ciò rappresenta parte dei risultati dello studio rivolto alla “Classificazione e dinamica delle coste” eseguito nell’ambito del Progetto INTERREG II Italia – Grecia (Qualità dei sistemi marini costieri e proposte di localizzazione di aree marine protette), cofinanziato dall’Unione Europea e dalla Regione Puglia e gestito dal CoNISMa. Lo studio ha interessato i fondali fino all’isobata dei 100 m e per uno sviluppo costiero di 280 km. Sono stati prelevati 375 campioni di sedimento lungo 57 transetti perpendicolari alla linea di costa in corrispondenza dei quali sono stati anche eseguiti i profili morfo-batimetrici del fondale. In base alle caratteristiche dei profili batimetrici da 2 a 15 m di profondità, sono stati individuati 6 morfotipi la cui distribuzione areale appare correlata alle caratteristiche geo-litologiche e geomorfologiche della fascia litorale. L’analisi degli stessi profili fino alla profondità di 100 m ha invece evidenziato la presenza di rotture di pendenza, quasi sicuramente correlabili a momenti di stasi dell’innalzamento del livello marino durante il Quaternario. L’analisi delle mode principali ha evidenziato una netta prevalenza di sedimenti sabbiosi anche a profondità elevate. Due risultano essere le classi modali principali più rappresentative: sabbie fini e grossolane. Sabbie fini (2.5-3.0 phi), unimodali e ben classate, si rinvengono in aree circoscritte non solo sottocosta: T.re Guaceto - P.ta Penne (tra -2 e -50 m di profondità), S. Foca - Otranto (tra -2 e -100 m) ed in corrispondenza delle falcature di Gallipoli (tra -2 e -20m). Si tratta di sabbie prevalentemente terrigene residuali legate presumibilmente all’azione erosiva del mare, durante la trasgressione versiliana, su depositi marino-continentali (intercalazioni arenacee, argille sabbiose) che, attualmente, sono rinvenibili lungo la fascia costiera in alternanza a calcareniti e calcari. Le sabbie grossolane (0.5-1.5 phi) unimodali caratterizzano tutta la fascia costiera, adriatica e ionica, da -2 fino a -20/25 m di profondità. Si tratta di sabbie ben classate, prevalentemente terrigene. Bimodali e mal classati appaiono i sedimenti che si rinvengono a profondità tra 25 e 60 m, da attribuirsi alla miscela di due componenti principali, una più grossolana (0.5-1 phi), data da detrito organogeno, ed una più fine (2.5-3.0 phi), associata alla componente terrigena. Alle stesse profondità si rinvengono anche sabbie organogene grossolane ben classate. La loro presenza appare dovuta ad una forte componente bioclastica che si sarebbe formata localmente. L’ottima correlazione riscontrata tra i carbonati e la frazione sabbiosa per la maggior parte dei sedimenti, se confrontata con la distribuzione areale delle maggiori biocenosi marine bentiche, conferma, che la prevalente matrice carbonatica del sedimento è condizionata dalla sedimentazione di detrito biogenico (banchi coralligeni) che interessa i fondali fino a 35 m di profondità lungo la costa adriatica, e fino a 50-60 m di profondità lungo quella ionica. Keywords: Lagoons, bioindicators, biomarkers, pollutants, seasonality, sensitivity. The characterization of typical bioindicator organisms is strongly needed in Mediterranean coastal lagoons for monitoring both the presence and the biological impact of pollutants in such delicate ecosystems. The aim of this work was to investigate the natural variability of several molecular and cellular responses in European eels (Anguilla anguilla) and the sensitivity of this species in revealing the occurrence of environmental disturbance. The levels of metallothioneins, bile metabolites and the induction of cytochrome P450 (EROD and BaPMO activities) were analyzed as specific biomarkers of exposure to selected pollutants while the efficiency of antioxidant defenses was considered to reveal toxicity mediated by enhanced ROS generation. Variations of the main cellular antioxidants (e. g. catalase, glutathione peroxidases, glutathione reductase, glutathione S-transferase, glutathione) were integrated with the total oxyradical scavenging capacity (TOSC), which provides a quantifiable value of the overall resistance/susceptibility to different forms of oxyradicals (as peroxyl radical and hydroxyl radical). The possible involvement of oxyradicals in inducing damages at DNA level was investigated by analyzing the induction of DNA strand breakage (Comet assay) and apoptosis. All the above parameters were analyzed on a seasonal basis in eels sampled from a moderately polluted coastal lagoon which enabled to evaluate sensitivity of these organisms in various periods; dose-response relationships were also characterized in laboratory conditions where the organisms were exposed to increasing concentrations of model contaminants like benzo[a]pyrene, Arochlor 1254, β-naphtoflavone or 2,3,7,8-tetrachlorodibenzo-p-dioxin. 134 Sessione AREE DI TRANSIZIONE III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) C. ROMANO, G. SARÀ, A. MAZZOLA F. SANGIORGIO*, M. PINNA, A. BASSET Dipartimento di Biologia Animale – Università di Palermo – Via Archirafi 18 – 90123 Palermo e-mail [email protected] Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali Università degli Studi di Lecce, via Monteroni, 73100 LECCE * e-mail: [email protected] STUDIO PILOTA SUL COMPORTAMENTO ALIMENTARE DI SPARUS AURATA ALLEVATO IN CATTIVITÀ NEI CONFRONTI DI CERASTODERMA GLAUCUM 135 ETEROGENEITÀ SPAZIALE NELLA VELOCITÀ DI DECOMPOSIZIONE DEL DETRITO VEGETALE IN UN SISTEMA ACQUATICO COMPLESSO: IL BACINO DEI LAGHI ALIMINI Keywords: Comportamento, predazione, pesci, Sparus aurata, Cerastoderma glaucum. Keywords: Ecosistemi di transizione, eterogeneità spaziale, decomposizione, monitoraggio. È stato studiato il comportamento di individui di Sparus aurata, allevati in cattività ed alimentati artificialmente nelle prime fasi del loro ciclo biologico, in presenza di una potenziale preda mai incontrata prima come il bivalve lagunare Cerastoderma glaucum. In particolare è stata investigata la capacità da parte di Sparus aurata di riconoscere i bivalvi selvatici come preda e di aprire la conchiglia del mollusco per cibarsene. Il comportamento di Sparus aurata allevato è stato registrato su videocassetta in due differenti condizioni di laboratorio: a) in acquario con 15 Cerastoderma glaucum infossati nella sabbia, b) in acquario con solo fondo sabbioso. Il metodo utilizzato per il campionamento del comportamento è il Focal Sampling e la tecnica per la registrazione è stata l’Instantaneous Sampling. In ambedue i casi sono state identificate 15 differenti categorie comportamentali e ne sono state calcolate le rispettive frequenze temporali per un totale di 570 min (nell’arco di tre giorni) al fine di costruire un etogramma per ciascuna condizione. Particolare attenzione è stata rivolta al comportamento alimentare di Sparus aurata che è stato registrato di continuo per un totale di 19 h sia in presenza che in assenza di Cerastoderma. Mediante analisi delle componenti principali, condotta sulla matrice delle frequenze percentuali Categorie Comportamentali X Pesce, è stato possibile mettere in evidenza come il comportamento delle orate stabulate in assenza di Cerastoderma si differenzia da quello dalle orate in presenza della preda. Quest’ultime, infatti, impiegano una quota di tempo significativamente maggiore stazionando nei pressi del fondo e perlustrando la sabbia. I pesci dopo avere ingerito i tessuti molli del Cerastoderma, aperti e resi accessibili dall’operatore, aumentano il loro interesse per la preda, reso evidente da un incremento del numero di attacchi rivolti al fondo sabbioso. Negli ecosistemi acquatici, sia d’acqua dolce, sia salmastri, il compartimento del detrito riveste quantitativamente una rilevante importanza nei trasferimenti energetici, oltre che come fonte di nutrienti. La decomposizione è il processo attraverso il quale l’energia, potenzialmente disponibile nella materia organica morta, viene utilizzata e trasferita lungo le reti alimentari a base detrito. Variazioni nei tassi di decomposizione del detrito, in ambiente acquatico, possono essere legate a molteplici fattori tra i quali le caratteristiche strutturali e fisicochimiche del sistema. Scopo del presente lavoro è analizzare la variabilità inter e intra habitat della velocità di decomposizione del detrito di origine vegetale nel complesso dei Laghi Alimini, ubicato a circa metà della penisola salentina (40 km a sud di Lecce) in una depressione costiera sul Mar Adriatico e costituito da tre tipologie di habitat: un habitat salmastro, il lago Alimini Grande, un habitat lentico d’acqua dolce, il lago Alimini Piccolo, ed un habitat lotico d’acqua dolce, il canale dello Zuddeo. Lo studio ha avuto come oggetto i processi decompositivi di foglie di Phragmites australis (Cav) Trin ex Steudel, dominante le corporazioni di macrofite emergenti all’ecotone terraacqua, in un numero complessivo di 20 stazioni (8 in Alimini Grande, 6 in Alimini Piccolo, 6 nel canale dello Zuddeo). Come media generale il detrito di Phragmites si decompone molto rapidamente nel complesso dei laghi Alimini. I processi decompositivi del detrito hanno tuttavia mostrato una grande eterogeneità spaziale tra habitat (Two-Way ANOVA, F2,11 = 21.83, P<0.05). La velocità dei processi decompositivi è risultata maggiore negli habitat di acqua dolce che nell’habitat salmastro, con tempi medi di turnover rispettivamente di 22.4, 49.7 ed 83.4 gg nell’habitat lotico, in quello lentico ed in quello salmastro. Significative differenze sono osservate anche entro habitat, con una eterogeneità spaziale maggiore nel canale dello Zuddeo (σ2 = 2,70) rispetto al Lago Alimini Grande (σ2 = 0,25) ed al Lago Alimini Piccolo (σ2 = 0,08). I risultati evidenziano quindi una variazione interna dei processi di decomposizione del detrito nel complesso dei Laghi Alimini, parzialmente spiegabile su assi di variazione di componenti abiotiche e strutturali, di cui è necessario tenere conto nella definizione di programmi di monitoraggio dello stato di salute di questo tipo di ecosistemi di transizione. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 136 III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 137 A. SAVINI, C. CORSELLI D. SAVINI, M. CASTELLAZZI, M. FAVRUZZO, A. OCCHIPINTI AMBROGI Dipartimento di Scienze Geologiche e Geotecnologie – Università degli Studi di Milano Bicocca P.zza della Scienza 4 – 20126 Milano – e-mail [email protected] Sezione di Ecologia, Dip. Genetica e Microbiologia, Università degli Studi di Pavia Via S. Epifanio 14 – I-27100 Pavia – e-mail: [email protected] HYPERSPECTRAL REMOTE SENSING DATA ANALYSIS: A TOOL FOR STUDING LAGOON ENVIRONMENT RAPANA VENOSA (VALENCIENNES, 1846) IN THE NORTH ADRIATIC SEA: POPULATION STRUCTURE AND MORPHOLOGICAL CHARACTERS Keywords: Remote sensing, lagoon, vegetation index, west Sardinia. In hydrology and oceanography good improvements have been shown recently by applications of new digital systems for the processing of hyperspectral images and classification techniques. In an attempt to extract relevant information to study lagoon environment, MIVIS hyperspectral images are analysed. MIVIS is a modular hyperspectral imaging system that provides 102 spectral channels. It is composed of four spectrometers designed to collected radiation from the earth’s surface in the visible (20 channels) near-infrared (near-IR, 8 channels) mid-infrared (mid-IR, 64 channels) and thermal infrared (thermal-IR, 10 channels). The MIVIS survey was carried out during summer covering all the Gulf of Oristano (WestSardinia) and in the present work the data gathered on the lagoons of Mistras, in the northern part of the gulf, are shown. In the aim to extract some relevant information from the data, we have tested two methods in current use in hyperspectral analysis, in a coupled approach. First the following image processing technique was used to help choose a complete and accurate set of endmembers (classes of interest) for the scene: MNF (Minimum noise Fraction), PPI (Pixel Purity Index) and the n-dimensional visualizer. In this study we had to remain independent of field knowledge of spectral signatures (because they are missing), but in this way we apply the algorithm without any priori assumption. The MNF technique leads to understand the spectral variability contained in the data reducing the noise in the scene of study. It allows us to determine the true or “inherent” dimensionality of the data (reducing the number of bands) by separating information from noise. Than the PPI identified pixels which are spectrally the most “pure” in the scene and by the n-dimensional visualizer we separated the purest pixels into a set of endmembers. Second a commonly used vegetation index (NDVI) allowed to provide a single image representing a qualitative information about the distribution of vegetation cover or biomass. Than a comparison was done between the results obtained from the MNF transform, (in particular from the resulting endmembers) and the areas with high NDVI values, by linking and dynamic overlays between the images. This last operation allows to enhance the different areas on the bottom with or without vegetation and the relationship with the main endmembers identified. To validate the efficiency and the potential of this algorithm to calculate endmembers (and also to estimate subpixel cover composition) a comparison with ground data is needed. A combination of classification (through field data) to indentify cover types and vegetation index can estimate the vegetation quantity. Keywords: Rapana venosa, exotic species, Northern Adriatic Sea, population structure. Rapana venosa (Muricidae) is a voracious predator of Bivalves, native to the Japanese seas. It is present in the Northern Adriatic since 1973. Recently, its biogeographical distribution has widened (probably favoured by ship traffic) including the Atlantic coasts of U.S.A., Argentine and France, where the species colonises transition zones, such as estuaries or lagoons, economically important for shellfish fisheries and culture. This fact raised international interest for studying the ecology of Rapana. In the present work the population structure of Rapana venosa (size classes, sex ratio) is investigated in Cesenatico (Emilia-Romagna coast), where local fishermen have been observing increasing number of by-catches of this mollusc. During summer 2001, biometrical and morphological analyses were performed on samples obtained from two different environments. 302 Rapana venosa living specimens were caught on sandy bottom from squid traps deployed 1 to 3 miles from the coastline; 244 specimens were collected by scuba diving on three 15-meters-long artificial rocky breakwaters, 300 metres off the Cesenatico beach. Male and female individuals resulted approximately even in number with a minimum shell length of 67.0 and a maximum of 136.7 mm. Breakwater samples were significantly larger and heavier than sand samples. Sand samples and rock (breakwater) samples were differing also in shell colour and epibiont’s shell cover, indicating that the two populations tend to keep themselves separated. Rapana venosa is well acclimated in the area, particularly the breakwater population, that is found feeding even in wintertime at a water temperature of 8°C. Artificial breakwaters occupy a third of the length of the Emilia-Romagna littoral; they supply constantly the exotic gastropod with abundant food (mussels and oysters) and substrate for egg-case deposition. This habitat, a transition boundary between beach-resort waters and the open sea, would contribute efficiently to the maintaining and further expansion of Rapana venosa in the Northern Adriatic. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 138 F. SCAPINI Dipartimento di Biologia Animale e Genetica “Leo Pardi” – Università degli Studi di Firenze Via Romana 17, 50125 Firenze – e-mail [email protected] RICERCA DI BASE E GESTIONE SOSTENIBILE DEGLI ECOSISTEMI DELLE COSTE SABBIOSE DEL MEDITERRANEO III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 139 S. SCHIAPARELLI, A. BALDUZZI, R. CATTANEO-VIETTI O. AGGIUS-VELLA, M. CHIANTORE, G. ALBERTELLI Dip.Te.Ris. Dipartimento per lo Studio del Territorio e delle sue Risorse – e-mail [email protected] A “BRYOMOL” (BRYOZOAN-MOLLUSC DOMINATED) SEDIMENTARY FACIES FROM THE MIDDLE ADRIATIC DEPRESSION (“FOSSA DI POMO”): ANALYSIS OF THE BIOLOGICAL COMPONENT Keywords: Sand beaches, Diversity and Biodiversity, Integrated sustainable management, Tourism. Keywords: Adriatic Sea, Middle Adriatic Depression, BRYOMOL, biocoenosis, tanatocoenosis. Le spiagge sabbiose non solo rappresentano l’ecotono che limita e regola gli scambi mareterra e viceversa, assumendo un ruolo ecologico chiave, ma hanno anche una grandissima importanza economica, come luogo dove si svolgono le attività umane legate al mare. Il turismo delle spiagge è stato “scoperto” in tempi relativamente recenti e risale solo al secondo dopoguerra il grande sviluppo del turismo di massa. Tuttavia, il facile sviluppo delle attività umane legate al turismo ha diversi impatti sugli ecosistemi costieri, provocando inesorabilmente il loro degrado se non la loro distruzione. Le coste fisicamente saranno sempre presenti, ma quali ecosistemi avremo sulle nostre spiagge, se ancora di ecosistemi si potrà parlare? Il problema della gestione sostenibile dei fragili ecosistemi delle coste sabbiose è particolarmente critico nel sud del Mediterraneo dove si sta sviluppando un turismo di massa, ripetendo spesso esperienze già rivelatesi negative a lungo termine per gli ecosistemi costieri nel nord (si può citare ad esempio “l’effetto Torremolinos”). Il progetto MECO (IC18-CT98-0270, 10098-2001) finanziato dalla UE nel programma INCO-MED e coordinato dal CoNISMa, si è occupato dello studio degli ecosistemi di coste sabbiose mediterranee, in Marocco, in Tunisia ed a Malta, con un approccio multidisciplinare ed integrato al fine di contribuire con linee guida alla gestione sostenibile di questi fragili ecosistemi. La ricerca multidisciplinare ha considerato aspetti di geografia, di socioeconomia e di ecologia in siti scelti perché rappresentativi della diversità costiera del Mediterraneo. I principi ed i metodi, in gran parte originali, ed alcuni dei risultati ottenuti, che si intende diffondere e sviluppare, sono stati raccolti in un manuale “Basi scientifiche per una gestione integrata e sostenibile dei fragili ecosistemi costieri del Mediterraneo” rivolto a ricercatori e studenti interessati a questi ambienti. Diversità e integrazione sono i due concetti guida del manuale. La diversità è stata osservata e misurata a diversi livelli, dal paesaggio, alla fauna bentica, agli adattamenti eco-eto-fisiologici di specie chiave, alla genetica di popolazione. L’integrazione è stata realizzata nella proposta di piani di gestione per le aree costiere considerate, che hanno inglobato i differenti inputs disciplinari. In the framework of the Italian Research Program “PRISMA 2” (Programma di Ricerca per la Salvaguardia del Mar Adriatico), an extensive sampling effort was done in the North and Middle Adriatic Sea between the years 1996-1999 to evaluate the general status of the benthic communities living in this sea. In correspondence of the Middle Adriatic Depression (MAD), a basin 4000 Km2 wide and located on a subsiding shelf also known as “Fossa di Pomo”, a “BRYOMOL” sedimentary facies was found to fit this depressed area. This facies results from the accumulation on shelves or ramps of skeletal remains of bryozoans and molluscs and is one of the few carbonate fabrics recognised in temperate regions. Its knowledge is mainly paleontological, since the majority of studies deal with Oligo-Miocene epoch, and very few biological data exist for the modern counterparts. Herein, living and dead mollusc and bryozoans communities found in the MAD have been analysed. Twenty stations between 89 and 251 metres depth were sampled using both a Van Veen grab (surface of 0,1 m2) and a Charcot dredge from the R/V S. LoBianco (19-22/05/97). The living molluscs, poor from a qualitative and quantitative point of view, include 16 bivalves and 5 gastropods, mainly belonging to the DE and VTC/VP biocoenoses. Conversely, the tanatocoenosis hosts 107 gastropods, 28 bivalves and 1 scaphopods, mainly belonging to a VTC/VP community. More difficult was the distinction between living collected and dead bryozoan colonies, since the material was air dried after separation of the molluscs. The whole bryozoan bio- and tanatocoenoses counted about 50 taxa, almost all classified at the specific level. The majority of bryozoan taxa had erect zoaria since they were frequently found growing on mollusc or bryozoan skeletons which, working as secondary substratum, allow the persistence in time of the BRYOMOL facies. The mollusc component is mainly formed by soft-bottom dwelling species, and only in few cases epibiotic taxa were found. The study of the species distribution allows to define almost two communities: the first, present inside the depression, can be ascribed to an epibathyal, while the second, present in the shallower neighbouring, is a typical circalittoral. The BRYOMOL facies present in the MAD seems to be negatively correlated to the presence of mud. The majority of mollusc and bryozoan taxa found in the MAD do not show any peculiarity if compared with the present Mediterranean faunas; however, remains of suspected Würmian species suggest the presence of several, diverse tanatocoenoses which probably followed one another according to the complex depositional history of the MAD. The abundant material also allows to assess the trophic structure of the taxocoenoses and, in some cases, some prey-predator relationships, as occurs among the crustacean decapods Ebalia spp (Fam. Leucosiidae) and several gastropods. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 140 III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) A. SERITTI 1, L. NANNICINI 1, E. MURRU 2, C. SANTINELLI 1 P. TRAVERSO, M. VALE Istituto di Biofisica, Area di Ricerca di Pisa, Via Moruzzi 1 – 56124 Pisa , Italy e-mail [email protected] 2 IMC – International Marine Centre, Loc. Sa Mardini – 09170 Torregrande (OR), Italy Dipartimento di Scienze Ambientali, Università di Venezia. 1 CNR DISSOLVED ORGANIC CARBON (DOC) AND CHROMOPHORIC DISSOLVED ORGANIC MATTER (CDOM) IN ESTUARINE AND COASTAL WATERS OF THE NORTHERN TYRRHENIAN SEA Keywords: DOC, CDOM, Estuarine and Coastal Waters. Estuarine and coastal water samples were collected in 61 stations located close to the Arno estuary, in the winter 2000, in order to investigate the role played by the Arno river on the distribution of DOC and CDOM in this area. Contour plots of physical and chemical properties together with contour plots of DOC and CDOM fluorescence (Fn(280) and Fn(355)) were analyzed. Moreover, for each N-S and E-W transect, the vertical distribution of potential temperature, oxygen and salinity were studied to understand the role of the Arno river as well as the characteristics of water column structure in the different transects. The river input, characterized by a minimum of both potential temperature and salinity (ϑ < 10.5°C; S < 36.5) and by a maximum of dissolved oxygen (D. O. > 330 µM), was recognized close to the coast, few miles on the north of the estuary, at about 43.95° - 43.75° N. In correspondence to the river input we also found the highest DOC concentration, the highest Fn(355) whilst Fn(280) exhibited low values. Notwithstanding in the three stations inside the estuary also the values of Fn(280) were higher then its values in the near mixed seawaters. Going forward to the coast, a decrease of DOC concentration, of Fn(355) and an increase of Fn(280) in the surface waters was observed. The correlation between the two types of fluorescence of the CDOM, DOC and the other physical and chemical parameters were also analyzed and the results confirm that the river waters are very rich of the humic component of the CDOM fluorescence. Due to the period of the collection, the water column appeared very homogeneous with a vertical DOC distribution very similar in surface (0-5 m) and subsurface (10-300 m) waters. The river input was recognizable at depths between 0 and 30 m, but its major influence was only limited to the first 10 m of depth. 141 INDAGINE DEL RAPPORTO TRA CARATTERISTICHE IDRODINAMICHE E CHIMICO-FISICHE DELLE ACQUE E DEL SEDIMENTO E DISTRIBUZIONE DI TAPES PHILIPPINARUM NELLA LAGUNA DI BARBAMARCO (DELTA DEL PO) Keywords: Tapes Philippinarum, circolazione idrica, analisi granulometriche. Si presentano i risultati preliminari di una serie di campagne di misura di qualità delle acque e caratteristiche dei sedimenti, e studio della circolazione idrica in una laguna appartenente al sistema del Delta del Po, in Provincia di Rovigo (Laguna di Barbamarco). Queste indagini hanno lo scopo di individuare una correlazione tra la presenza di molluschi (Tapes Philippinarum) – coltivati a scopi commerciali – e i parametri chimico-fisici e idrodinamici propri di quest’area di transizione, per indirizzare i lavori di sistemazione previsti dal Consorzio di Bonifica Delta del Po-Adige, Ente preposto alla gestione delle opere idrauliche. 142 Sessione AREE DI TRANSIZIONE G. UMGIESSER, M. SCLAVO, S. CARNIEL ISDGM-CNR, Venezia, Italy S. Polo, 1364 – 30125 Venezia – e-mail [email protected] ON THE RELEVANCE OF THE BOTTOM STRESS DISTRIBUTION ON THE SUSTAINABILITY OF THE VENICE LAGOON DEVELOPMENT AND CONSERVATION Keywords: Sediment transport, wave climate, management of transition areas. Erosion and deposition processes play a crucial role in the morphodynamic evolution of the lagoons and transition environments, especially in case of relevant anthropic influence. As a first step in the direction of a management tool, a methodology aiming at assessing the relevant aspects involved in the sediment-water interaction in transitional areas has been devised. The methodology has been tested and validated for the Venice Lagoon, where plenty of experimental data are available. Due to its very shallow nature, the region is strongly exposed to the atmospheric forcings acting on the surface, the most important of which is the wind stress, inducing wind generated currents and waves that are mainly responsible for the bottom stress distribution which controls the amount of erosion and deposition of sediments. In order to investigate the dependence of the bottom stress on the various physical forcings, a hierarchy of numerical models has been developed and applied. They deal with the modeling of the circulation, the wave climate, the sediment-water interaction and the transport of suspended sediments. The circulation of the lagoon has been described using a finite element model (SHYFEM), where both tidal and wind forcing have been considered; the bottom stress due to the tidal and wind driven currents has been computed and the fluxes of sediment from the bottom into the water (re-suspension) can be accordingly estimated. A finite difference wave model especially suited for the application to shallow basins (SWAN) has been applied to the lagoon to determine the wave climate driven by the wind regimes relevant for the area. Again the bottom stress distribution has been computed and has been compared to that obtained from the circulation model. Both models have then been applied simultaneously, first simply adding their bottom stress contributions and then using the non linear interaction theory. Eventually, the knowledge of the correlation between the bottom stress distribution and the changing forcing scenarios will allow to assess the evolution of sedimentation and erosion areas due to climatic or anthropic effects. Results are compared and discussed, while the possible extension to other transition areas is addressed. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 143 M. VAZZOLER 1, E. AIMO, S. ANCONA, C. BRESOLIN, S. DE BONI G. SANAVIO, C. SOCCORSO, A. R. ZOGNO 1 ARPA-VENETO – Direzione Tecnico-Scientifica Osservatorio Regionale Acque P.le Stazione 1 – 35131 Padova – e-mail: mvazzoler @arpa.veneto.it PRESENTAZIONE PRELIMINARE DEI DATI RILEVATI NELLE ACQUE MARINE E COSTIERE PROSPICIENTI LA REGIONE VENETO PRODOTTI NELL’AMBITO DELLA CONVENZIONE TRA MINISTERO AMBIENTE E REGIONE VENETO Keywords: Acque marine-costiere del Veneto, plancton, nutrienti, salinità, clorofilla a, ossigeno disciolto. L’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto da anni effettua attività di controllo sulle acque marino costiere della regione Veneto tramite l’attuazione di diversi progetti di studio. Attualmente l’attività in mare, nella fascia entro le due miglia nautiche dalla costa, viene svolta nell’ambito di una convenzione tra Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – Servizio per la Difesa del Mare e Regione del Veneto-ARPAV dal titolo: “Programma di monitoraggio per il controllo dell’ambiente marino-costiero. Triennio 2001-2003.”. Il progetto prevede monitoraggio su differenti matrici quali acqua, plancton, sedimenti, biota, benthos. Il lavoro offre una presentazione preliminare dei dati rilevati nel corso del primo anno di monitoraggio (giugno 2001 - maggio 2002) sulle acque marine e costiere prospicienti la Regione del Veneto. I dati presentati sono stati prodotti dai Dipartimenti Provinciali di Venezia e Rovigo seguendo le indicazioni dettate dal Ministero dell’Ambiente in collaborazione con ICRAM, Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare, e riportate nel volume prodotto in collaborazione con ANPA “Metodologie analitiche di riferimento”. Nella presentazione viene riportata una descrizione dei siti di campionamento, alcune considerazioni sui parametri analizzati e una rielaborazione, seppur preliminare, dei dati secondo una distribuzione temporale/spaziale. Contestualmente alla presentazione dei dati viene riportata anche una breve caratterizzazione ambientale delle aree indagate. I dati analizzati presentano una certa variabilità sia nei diversi periodi dell’anno che tra le diverse zone indagate; ciò è dovuto all’influenza di vari fattori tra cui le condizioni idrobiologiche del bacino nel suo complesso, le condizioni meteorologiche e, non meno importanti, la collocazione geografica dei punti di campionamento in relazione alla presenza di sbocchi fluviali di diversa entità o di porti. L’intero rapporto per il suo carattere preliminare non si propone di presentare considerazioni conclusive che potranno essere formulate nel rapporto ufficiale redatto a conclusione del Progetto (giugno 2004). Sessione AREE DI TRANSIZIONE 144 M. VAZZOLER 1, E. AIMO, L. BERTI, R. BIANCOTTO, E. CABRAS M. OSTOICH, C. ROSSI, C. SOCCORSO, A. R. ZOGNO 1 ARPAV – Direzione Tecnico-Scientifica Osservatorio Regionale Acque, P.le Stazione 1 – 35121 Padova e-mail: [email protected] ANALISI INTEGRATA DELLE ATTIVITÀ SVILUPPATE DA ARPAV – REGIONE VENETO IN AMBITO MARINO-COSTIERO: CONTRIBUTO ALLA VALUTAZIONE IGIENICO-SANITARIA DELLE ACQUE DESTINATE ALLA BALNEAZIONE DELLA PROVINCIA DI VENEZIA (ANNI 1997-2001) Keywords: Balneazione, DPR 470/82, scarichi, depuratori pubblici, coliformi totali, coliformi fecali, streptococchi fecali, salmonelle, enterovirus. L’attività di ARPAV per la tutela ed il controllo delle acque marino-costiere della Regione Veneto risulta articolata in molteplici settori di applicazione. Una delle attività principali relativa al controllo sulle acque destinate alla balneazione, in adempimento alla legislazione vigente (DPR 470/82), viene costantemente affiancata da una serie numerosa di altri studi e progetti implementati anche con il supporto e la collaborazione della comunità scientifica per la valutazione ecologica del sistema. In prima istanza risulta chiaramente evidente come la gran parte delle informazioni acquisite nel corso delle attività istituzionali previste nelle diverse reti di monitoraggio del sistema acque del territorio offra un quadro di conoscenze dettagliato, puntuale e continuo per delineare con precisione la condizione igienico-sanitaria delle acque marine prospicienti la Regione Veneto, con particolare riguardo alla ristretta fascia di mare da destinare alla balneazione. Il presente rapporto ha l’obiettivo di analizzare e fornire contributi utili per una valutazione igienico-sanitaria sulle acque di mare destinate alla balneazione della provincia di Venezia, effettuando una lettura integrata dei dati a disposizione di ARPAV sul “sistema ambiente” che insiste sui litorali. Si vuole proporre, pertanto, un contributo che possa aggiungere elementi utili di valutazione al già esistente sistema di controllo definito dal DPR 470/82 e successive modifiche, al fine di garantire e ottimizzare le attività sulle matrici di interesse ambientale e sanitario e di rendere disponibile il quadro globale delle informazioni sul tema. In particolare esso si propone di sintetizzare tutti i dati ottenuti nell’ultimo quinquennio da ARPAV relativamente ai litorali della provincia di Venezia, nel corso delle attività di monitoraggio sulle acque marino-costiere, nonché presso le stazioni più vicine alla foce dei vari corsi d’acqua sfocianti nei litorali di cui sopra, ovvero nel corso dei controlli periodici, più frequenti proprio durante la stagione balneare, sugli impianti di depurazione pubblici posti in prossimità della costa. Prescindendo da ipotesi di modellizzazione del sistema, lo studio ha l’obiettivo di valutare l’esistenza di una relazione coerente e costante negli anni tra le probabili principali sorgenti di inquinamento e l’effettivo impatto sulle acque destinate alla balneazione con conseguenti considerazioni sulle ipotesi di rischio biologico. Sono state analizzate le banche dati disponibili in ARPAV, relativamente agli anni dal 1997 III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 145 al 2001, con particolare riferimento al territorio della provincia di Venezia, sulle seguenti tipologie acque: • Acque di balneazione (DPR 470/82) • Acque superficiali correnti (D.Lgs. 152/99 e s.m.i.) • Acque reflue urbane (D.Lgs. 152/99 e s.m.i. e PRRA) • Acque Marino-Costiere (Progetto Interreg II). Il litorale della provincia di Venezia è stato diviso in 10 tratti, con riferimento alle foci dei fiumi ed alle bocche di porto. Per ciascun tratto di costa, si è considerata l’area di territorio a monte, caratterizzata di norma dalla foce di un corso d’acqua, dagli impianti di depurazione pubblici con potenzialità maggiore o uguale a 2000 AE eventualmente esistenti e, verso l’esterno, l’area marina compresa entro i 500 metri dalla costa. È stata rilevata la distribuzione dal 1997 al 2001, sulle diverse matrici, dei seguenti parametri microbiologici e virologici: coliformi totali, coliformi fecali, streptococchi fecali, salmonella, enterovirus. Al fine di consentire correlazioni e/o confronti, sono stati rilevati per i parametri indicatori: • gli andamenti medi nei corpi idrici superficiali; • gli andamenti medi negli scarichi dei depuratori pubblici considerati; • gli andamenti medi nel tratto di mare prospiciente la costa della provincia di Venezia. L’analisi dei dati ha consentito di trarre alcune considerazioni e valutazioni conclusive su una notevole mole di informazioni e di correlarle. La presenza di livelli, talvolta anche significativi, di inquinamento microbiologico nelle stazioni poste lungo i corsi d’acqua superficiali e negli scarichi dei principali depuratori pubblici, non sembra in generale aver determinato, negli anni, significativi livelli di inquinamento delle acque di balneazione, per quasi tutti i tratti di litorale. In tali casi, ciò è presumibilmente attribuibile sia all’effetto della salinità che al ridotto flusso di massa associato ai piccoli corsi d’acqua in questione. Solo nel tratto del litorale a sud di Chioggia le consistenti portate dei fiumi Brenta (nel quale confluiscono le acque dei fiumi Bacchiglione e Gorzone) e Adige, a fronte di livelli importanti di inquinamento microbiologico dei medesimi corsi d’acqua, nonché per la circolazione delle acque in prossimità della costa, determinano frequenti condizioni di superamento dei limiti per la balneabilità di molti punti di tale tratto di litorale, come già rilevato anche in passato. Nel corso del 2001, su pressoché tutti i tratti di litorale controllati in Provincia di Venezia, i livelli medi di inquinamento microbiologico sono risultati in linea con quelli degli anni precedenti e in molti casi anche inferiori. Analogamente, anche i livelli di inquinamento microbico indicatori delle pressioni sui corsi d’acqua sfocianti nel litorale della provincia di Venezia hanno evidenziato valori mediamente stabili rispetto agli anni precedenti, mentre per i depuratori si è assistito mediamente ad un lieve miglioramento dei livelli negli scarichi. Per tutti i tratti di costa ad eccezione del tratto a sud di Chioggia, nel 2001, i valori medi di coliformi totali e fecali e di streptococchi fecali non hanno superato i limiti della normativa, mentre la percentuale di positività di salmonella è tendenzialmente diminuita rispetto agli anni precedenti. Per tutti i primi 9 tratti di litorale, infine, i livelli dei parametri microbiologici misurati a circa 500 metri dalla costa nei campionamenti primaverile ed estivo, hanno dato valori non superiori ai valori di riferimento. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 146 P. VIAROLI 1, G. GIORDANI 1, N. MURRAY 2, J. M. ZALDIVAR 2, S. GUERZONI 3 A. BERGAMASCO 3, 10, C. SOLIDORO 4, S. RABITTI 4, G. CASTALDELLI 5, M. ABBIATI 6 M. PONTI 6, E. MANINI 7, R. DANOVARO 8, A. BASSET 9, M. AZZARO 10, A. MAZZOLA11 T. L. MAUGERI 12, S. PORRELLO 13, M. LENZI 13, M. INNAMORATI 14, C. MELILLO 14 M. FABIANO 15, P. POVERO 15, P. MAGNI 16, G. DE FALCO 16, F. TREBINI 17, N. SECHI 17 di Scienze Ambientali, Università di Parma, Area Parco delle Scienze 33/A, 43100 Parma e-mail [email protected] – 2 JRC-EC, Ispra. – 3 LOICZ Focal Point per l’Italia. 4 Gruppo di lavoro di Venezia composto da: IBM (CNR); ISDGM (CNR); Univ. di Venezia; Magistrato alle Acque; Consorzio Venezia Nuova; ARPAV; OGS, Trieste; THETIS S.p.A. 5 Dip. di Biologia Evolutiva, Univ. di Ferrara. 6 CIRSA, Univ. di Bologna. – 7 ISEC-CNR, Lesina (FG). 8 I.S.M., Univ. di Ancona. – 9 Dip. di Scienze e Tecnologie Ambientali, Univ. di Lecce. 10 I.S.T. Messina, CNR- IAMC. – 11 Dip. di Biologia Animale, Univ. di Palermo. 12 Dip. di Biologia Animale ed Ecologia Marina, Univ. di Messina. – 13 ICRAM, Roma. 14 Lab. di Ecologia DBV, Univ. di Firenze. – 15 DIP.TE.RIS. Univ. di Genova. – 16 IMC, Oristano. 17 Dip. di Botanica ed Ecologia Vegetale, Univ. di Sassari. III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) 147 S. VIZZINI, A. SAVONA, A. MAZZOLA Dip. di Biologia Animale, Università di Palermo, Via Archirafi 18, 90123 Palermo – e-mail [email protected] VARIABILITÀ SPAZIALE DELLE RETI TROFICHE IN UN AMBIENTE COSTIERO DEL MEDITERRANEO 1 Dipartimento TRASPORTO DEI NUTRIENTI NEGLI AMBIENTI ACQUATICI DI TRANSIZIONE DELLE COSTE ITALIANE: VALUTAZIONE DEI FLUSSI E DELLE FUNZIONI DELL’ECOSISTEMA Keywords: Cicli biogeochimici, modelli ecologici, bilanci di massa, LaguNet, LOICZ. Il 14-15 aprile 2002 si è tenuto a Venezia un workshop nel quale è stato costituito il network LaguNet. Con questa nota intendiamo presentare gli obiettivi e primi risultati dell’iniziativa. Gli autori rappresentano gruppi più ampi di ricercatori che hanno aderito al network. LaguNet si propone di promuovere il confronto e la cooperazione dei ricercatori che si occupano dello studio di lagune, stagni ed ambienti salmastri situati lungo le coste italiane e di valutare l’applicabilità del modello biogeochimico e del sistema di classificazione di LOICZ (Land Ocean Interactions in Coastal Zones, a core project of IGBP). Il modello LOICZ è stato applicato a circa 170 ambienti costieri nel mondo; è basato su bilanci di massa e fornisce informazioni importanti su flussi di nutrienti e funzioni ecosistemiche; utilizza un approccio applicabile alla maggioranza degli ecosistemi costieri con dati facilmente reperibili nelle campagne di monitoraggio convenzionali. In questo modo è possibile confrontare e raggruppare ambienti acquatici con caratteristiche diverse sulla base di proprietà legate ai cicli biogeochimici e alle funzioni ecosistemiche che ne derivano. Sulla base di questa esperienza e considerando la scarsità di siti LOICZ mediterranei si è cercato di applicare questo modello ad una serie di ambienti costieri italiani, caratterizzati da un certa disponibilità di dati: . Laguna di Venezia (VE), Sacca di Goro (FE), Valli di Comacchio (FE-RA), Valle Smarlacca (RA), Piallassa Baiona (RA), Lagune di Lesina e di Varano (FG), Zona umida di Torre Guaceto (LE), Lago Alimini Grande (LE), Rada di Augusta (SR), Capo Feto (TP), Stagnone di Marsala (TP), Complesso lagunare di Capo Peloro (ME), Laghetti di Marinello (ME), Laguna di Orbetello (GR), Golfo di Genova, Porto di Genova, S’Ena Arrubia (OR). Keywords: Food webs, stable isotope, spatial variability, shallow environment, Mediterranean. Gli ambienti costieri sono caratterizzati dalla presenza di molteplici produttori primari alla base delle reti trofiche il cui ruolo può essere molto variabile. La relativa importanza di ciascuna fonte di materia organica per i consumatori dipende, infatti, sia da caratteristiche intrinseche quali la digeribilità e la morfologia dei tessuti vegetali, sia da fattori estrinseci quali la produttività e le forzanti fisiche dell’ambiente. In questo contributo viene individuata l’importanza di fitoplancton, macroalghe, fanerogame e piante terrestri nelle reti trofiche di un’area costiera siciliana a caratteristiche lagunari (Stagnone di Marsala, TP) utilizzando l’analisi degli isotopi stabili di carbonio ed azoto (δ13C e δ15N). I campionamenti sono stati eseguiti con cadenza stagionale nel 1999 in due aree dello Stagnone di Marsala: il bacino settentrionale caratterizzato da un ridotto rinnovamento delle acque a causa della bassa profondità e della esigua ampiezza della bocca settentrionale di comunicazione con il mare ed il bacino meridionale in cui gli scambi con il mare aperto sono di maggiore intensità, in conseguenza della maggiore ampiezza e profondità della bocca meridionale. In ciascuna area sono state prelevate le principali fonti di materia organica, invertebrati planctonici e bentonici, specie ittiche residenti e transienti di cui è stata analizzata la composizione isotopica (δ13C e δ15N). Nel confronto tra i due bacini, le fonti di materia organica non hanno mostrato notevoli differenze nella composizione isotopica in carbonio ed azoto (∆δ13C ~ 1‰ e ∆δ15N ~ 1‰). In entrambe le aree i consumatori pelagici (zooplancton e giovanili di specie ittiche transienti) hanno presentato in media valori meno arricchiti in 13C e 15N (δ13C = -19.3 ± 2.2‰ e δ15N = 7.3 ± 2.0‰ nell’area settentrionale e δ13C = -19.8 ± 0.6‰ e δ15N = 5.7 ± 1.3‰ nell’area meridionale) rispetto ai consumatori bentonici (invertebrati dell’epifauna e specie ittiche residenti) (δ13C = -12.8 ± 2.5‰ e δ15N = 9.2 ± 3.1‰ nell’area settentrionale e δ13C = -14.6 ± 3.0‰ e δ15N = 10.6 ± 2.9‰ nell’area meridionale). Tali risultati suggeriscono che i consumatori pelagici e bentonici dipendono da differenti miscele di fonti di materia organica. In particolare, in entrambe le aree i consumatori pelagici sembrano dipendere dal punto di vista trofico principalmente dal fitoplancton (in Mediterraneo δ13C ~ -21‰ e δ15N ~ 4‰). I consumatori bentonici presentano, invece, differenze nella composizione isotopica tra le due aree e, mentre nell’area meridionale sembra verificarsi una maggiore incorporazione della materia organica algale (δ13C ~ -16‰ e δ15N ~ 8‰), nel bacino settentrionale si ha un prevalente utilizzo della materia organica detritale (materia organica sedimentaria: δ13C ~ -14 e δ15N ~ 7‰). La materia organica terrestre presenta valori molto arricchiti in 13C e 15N (δ13C = -25.2 ± 1.6‰ e δ15N = 13.7 ± 3.2‰ nell’area settentrionale e δ13C = -25.6 ± 0.6‰ e δ15N = 11.8 ± 0.9‰ nell’area meridionale) tali da non giustificare un diretto contributo per i livelli trofici superiori in entrambe le aree considerate. I risultati ottenuti hanno implicazioni sulle conoscenze delle aree costiere a caratteristiche lagunari. La complessità di tali ambienti, infatti, si riflette anche sui flussi della materia organica e sulla struttura delle reti trofiche che, già su piccola scala spaziale, in seguito all’eterogeneità delle caratteristiche ambientali, presenta differenze nell’importanza e nel ruolo svolto dalle principali fonti di materia organica. Sessione AREE DI TRANSIZIONE 148 III Convegno Nazionale delle Scienze del Mare (2002) R. ZACCONE 1, M. AZZARO 1, C. CAROPPO 2, G. CARUSO 1, R. LA FERLA 1 M. LEONARDI 1, G. MAIMONE 1, R. SITRAN 1, D. ZAMPINO 1 D. T. WELSH 1, D. NIZZOLI 2, P. VIAROLI 2, E. A. FANO 1 1 Dipt. Biologia, Università di Ferrara, Via L. Borsari 46, 441000 Ferrara – e-mail [email protected] Scienze Ambientali, Università di Parma, Parco Area delle Scienze 33/A, 43100 Parma 2 Dipt. NUTRIENT CYCLING, SEDIMENT METABOLISM, SULFATE REDUCTION AND REDOX STATUS OF AREAS OF THE SACCA DI GORO FARMED WITH CLAMS OR MUSSELS 149 1 Istituto Sperimentale Talassografico Messina, sez. dell’I.A.M.C. – CNR, Spianata S. Raineri 86, 98122 Messina 2 Istituto Talassografico di Taranto, sezione dell’I.A.M.C. – CNR DEEP-CHLOROPHYLL MAXIMUM TIME SERIES IN A TRANSITIONAL AREA OF THE AUGUSTA GULF (SICILY): PART III, MICROBIAL COMMUNITY STRUCTURES AND FUNCTIONS Keywords: Aquaculture; N-cycling; Sediment metabolism; Sulfate reduction rates; Redox status. The Sacca di Goro is a shallow coastal lagoon of the Po river Delta, the lagoon has a surface area of 26 km2 and is extensively farmed with two filter-feeding bivalve species. Firstly, mussels (Mytilus galloprovincialis) are grown as high density rope cultures in a confined (0.4 km2) central area of the lagoon. Whereas, clams (Tapes philippinarum) are cultivated at much lower densities directly within the sediment, but over a wide (approx. 10 km2) area of the lagoon. Previous studies of both natural and farmed populations of filter-feeding bivalves have demonstrated several environmental impacts. Since, the intense biodeposition activity of the animals, increases organic matter loads to the sediment, stimulating overall sediment metabolism, anaerobic processes, rates of nutrient regeneration and therefore fluxes of nutrients back to the water column. Thus, bivalve farming can induce the formation of organic matter rich, highly reduced sediments and hot-spots of eutrophication since organic matter deposition and nutrient regeneration are concentrated within relatively confined areas of the ecosystem. However, the extent of these effects will be dependent to a large extent upon intensity (cultivated density) of the bivalve farming and whether or not the animals are cultivated within or above the sediment, as the bioturbation and sediment ventilation activity of animals cultivated within the sediment can alleviate some of the impacts listed above. In this study, we have determined oxygen, CO2, and nutrient fluxes across the sedimentwater interface, and mussel rope-water interface in areas of the Sacca di Goro lagoon exploited for clam and mussel aquaculture respectively and an uncultivated control area. Additionally, sulfate reduction rates and the pools of reduced sulfur compounds in the sediments of the three areas were determined to assess the role of anaerobic metabolism and the redox status of the sediments in the farmed and unfarmed areas. The data confirm the role of aquaculture activities in nutrient regeneration and highlight the direct role of the mussel ropes in this process. At the level of the sediment, whilst both aquaculture systems greatly stimulated overall benthic metabolism and sulfate reduction rates compared to the control areas, major differences were apparent between the two cultivated areas, due to the interaction of the clams with the sediment system through their bioturbation and sediment ventilation activities. Whereas, mussel rope cultures which are isolated from the sediment only influence the deposition rate of organic matter to the underlying sediment, but have no effect upon its fate within the sediment. The data will be discussed with respect to the relative merits and demerits of the two aquaculture systems and their influence on the overall ecology of the lagoon system. Keywords: Chlorophyll, transitional area, microbial community, Augusta Gulf. In October 2001 an integrated study to follow the temporal evolution of microbiological parameters in relation to DCM (30-40 m depth) at coastal station was carried out. The experiment covered a 48 h period and the samplings were repeated with high frequency, within a 20-60 m layer. The abundance of autotrophic (pico- nano- and microphytoplankton) and heterotrophic components (total and living fraction of picoplankton, culturable and Gram-negative bacteria, microzooplankton) was evaluated, together with particulate organic carbon and nitrogen (POC and PON) contents. Microbial activities (leucine aminopeptidase, β-glucosidase, alkaline phosphatase, respiration) were also measured. During the sampling days, different patterns were observed in the measured parameters. In the first day, the phytoplankton community seems to be responsible for the DMC, showing a significant correlation between diatoms group and fluorescence. The C/N ratio values (6-8), also, confirmed the importance of the autotrophic component in the site. The other autotrophic components were concentrated along all the water column (nanophytoplankton, mainly represented by phytoflagellates) and above the pycnocline (picophytoplankton). This small size organisms contribute significantly to productive processes, playing a fundamental role in this oligotrophic ecosystem, as suggested by the highly significant correlations with chemical, physical and biological parameters. The total picoplankton showed a different daily behaviour and was related to enzymatic activities of β-glucosidase and leucine-aminopeptidase (LAP); the living fraction, accounted for about 20% of total values, showing correlation with other parameters. The βglucosidase activity was also related to particulate organic carbon (r = 0.44, n = 32). The LAP activity showed in the second day higher values than in the first one, in correspondence to low nitrate concentrations, indicating a possible stimulating effect of hydrolytic activity over the labile protein fraction of the organic matter. This hypothesis was supported by a decreasing trend of PON content. In a similar way, the low inorganic phosphate content could stimulate alkaline phosphatase activity, this enzyme appeared to be significantly related in the first day to trophic inputs, as suggested by the positive correlation with chlorophyll-a (r = 0.46, n = 32) and POC (r = 0.51, n = 32) contents. Respiration resulted a key parameter because it showed significant correlations with the physical and chemical parameters as well as with the nanoand pico- phytoplankton and microzooplankton. 151 INDICE DEGLI AUTORI ABBIATI M. ABELLI L. ACCORNERO A. ACIERNO R. AGGIUS-VELLA O. AIMO E. ALBERTELLI G. ALIANI S. AMOS C. L. ANCONA S. ANDRESINI A. ANNESE R. AZZARO F. AZZARO M. BAGORDO F. BALDASSINI M. R. BALDUZZI A. BALLARINI P. BALOCCHI C. BARSANTI M. BARTHOLINI G. BASSET A. BASSO D. BATTAGLIA P. BAVESTRELLO G. BEDINI R. BELMONTE G. BENEDETTI CECCHI L. BERGAMASCO A. BERNASCONI M. P. BERTI L. BERTOCCI I. BEZZI A. BIANCHI C. N. BIANCONI G. BIANCOTTO R. BIGGS N. R. T. BISOL P. M. BOERO F. BOLENS S. BOLHUIS H. BONACCI S. BORIN S. BOSMAN A. 146 25, 57 10, 51, 89 23, 50 139 143, 144 139 3, 14 39 143 90 91 18, 82 10, 18, 146, 149 106, 118 25, 57 139 21 98, 131 108 14 71, 109, 135, 146 93 130 8 79, 94 2, 48, 52, 53 66 9, 22, 26, 55, 146 93 144 66 77, 110 3 34 144 17 74 2, 48 107 42 41, 133 27, 42 37 BRAMBATI A. BREBER P. BRESOLIN C. BRONZETTI G. BRUSA T. BUDILLON G. BUONOCORE F. BURLA I. BUSSOTTI S. CABRAS E. CALCINAI B. CAMPANELLI A. CANGANELLA F. CAPELLO M. CAPPELLO S. CARDIN V. CARDONA A. R. CARDUCCI A. CARICATO R. CARNIEL S. CAROPPO C. CARRADA G. C. CARRIGLIO D. CARUSO G. CASAZZA G. CASINI B. CASTAGNOLO L. CASTALDELLI G. CASTELLANO M. CASTELLAZZI M. CASTELLI A. CASU D. CASU M. CATALANO G. CATTANEO-VIETTI R. CAU A. CECCARIGLIA S. CERRANO C. CHIANTORE C. CHIANTORE M. CHIOCCI F. L. CIANELLI D. CIARDIELLO M. A. CIAVOLA P. 28, 72, 101, 132 68 143 79 27, 42 10, 22, 29, 36, 83 25, 30 77, 110 2, 48 144 8 95 31, 34 36 42 84 43 96, 118 120 9, 55, 142 149 10, 47, 59, 109 60 149 112, 113 96, 118 41 67, 122, 146 56 137 97, 121 121 97 10, 47 139 127 57 8 41 139 37 12 23 99 152 CICERO A. M. CILENTI L. CINELLI F. CIRILLI S. COCITO S. COLIZZA E. COLOMBETTI G. CONLEY D. C. CORBANI F. CORINALDESI C. CORRADI N. CORSELLI C. CORSI I. CORSOLINI S. COSSU M. COSTA K. COTRONEO Y. COVELLI S. COZZI S. CUCCO A. CURINI GALLETTI M. D'AURIA G. D'ONGHIA G. DAFFONCHIO D. DANDO P. DANIEL H. DANIELI A. DANOVARO R. DE BIASI A. M. DE BONI S. DE DOMENICO E. DE DOMENICO M. DE DONNO A. DE FALCO G. DE MARCO A. DE PIPPO T. DE SERIO F. DE STEFANO M. DE ZIO GRIMALDI S. DEASTIS S. DECEMBRINI F. DEFENDI V. DEGL'INNOCENTI F. DELBONO I. DELFANTI R. DELL'ANNO A. DENITTO F. DI CAMILLO C. DI PRISCO G. 153 98, 112, 113 68 66 77 3 28 52 108 99 5 39, 100, 124 4, 27, 136 41, 133 13 127 125 87 72, 101, 132 47 76 97 27, 42 63 27, 42 3 50 50 5, 69, 146 3 143 43 43 96, 106, 118 75, 121, 146 91 102 104, 105 59 60 60 82 9 14 108 14 5, 16, 47 2 8 23 DINI F. DONADIO C. DONNALOIA M. ERROI R. ESPOSITO F. FABIANO M. FALCO P. FANO E. A. FAVINI A. FAVRUZZO M. FERRARI M. FERRETTI O. FIERRO G. FINOCCHIARO F. FINOIA M. G. FIOCCA A. FLOCCO D. FLORIS A. FOCACCIA P. FOCARDI S. FONTOLAN G. FORNASIERO P. FRACHE R. FRASCHETTI S. FRENZILLI G. FRIGNANI M. FRISCHER M. FUSCO G. GABUTTI G. GALLETTA M. GALLI C. GALLO D'ADDABBO M. GAMBI M. C. GAMBONI S. GANZ S. GATTA R. GELLI F. GIANFRANCHI U. GIANFREDA F. GIANGRANDE A. GIGLIO F. GIOFFRÉ D. GIORDANI G. GIORDANO F. GIORDANO M. E. GIORDANO R. GIOVANARDI O. GIULIANO L. 79 102 91 96, 106, 118 51 16, 47, 146 44, 86 67, 122, 148 27, 42 137 36, 107 107, 108 39, 100, 107 28 98 109 17, 29 121 45 13, 41, 54, 98, 131, 133 28, 77, 110 95 22, 116 2 133 45 34 87 96, 106, 118 82 14 60 46, 51 100 9 94 112, 113 79 91, 101 46 10, 28, 45 52 146 114, 124 120 124 64, 119 6, 27, 42, 43 GIUNTA S. GIUNTINI A. GORBI S. GRANZOTTO A. GRAZIOSI M. GROTTOLA D. GUERZONI S. GUGLIELMO F. GUGLIELMO L. GUIDETTI P. HOHMANN R. HOPKINS T. IANNI C. INNAMORATI M. IVALDI R. KATO C. KERN S. KOVACEVIC V. LA FERLA R. LA ROSA T. LA SPADA G. LA TERZA A. LANGONE L. LAZZONI E. LENZI M. LEONARDI M. LIACI D. LIBRALATO S. LIGNITTO V. LIONETTO M. G. LOIACONO F. LORENZELLI R. LUPORINI P. MACCARRONE V. MACHELLA N. MAFFIA M. MAFFIOLI P. MAGGI E. MAGNI P. MAIMONE G. MAIORANO P. MALAGUTI A. MALCANGIO D. MALINVERNO E. MALTAGLIATI F. MANCA B. B. MANFRA L. MANGANARO A. MANGONI O. 4 96 133 119 98 102 146 115 47 48 22 81, 82 109, 116 146 39, 100 34 29 84 10, 18, 149 125 123 49 10, 28, 45 14 146 43, 149 96, 106, 118 64, 119 86 120 90 14 49 129 133 23, 50 4 66 75, 121, 146 18, 149 63 14 104 4 97 84 89 130 10, 47, 59, 109 MANINI E. MANNO C. MANTOVANI S. MANZELLA G. M. R. MANZO S. MARANGONI R. MARGHERITI L. MARINI M. MARINO A. MARIOTTINI M. MARTORELLI E. MASSOLO S. MASTROLIA L. MASTRONUZZI G. MASTROTOTARO F. MATARRESE A. MATARRESE R. MATTEI G. MAUGERI T. L. MAZZINI M. MAZZOLA A. MAZZONI F. MCGENITY T. J. MEI M. L. MELCHIORRE R. MELILLO C. MELIS R. MELONI R. MELOTTI P. MENCHI V. MESSINA N. METRANGOLO M. MICELI C. MICHELETTI S. MILIA A. MIRTO S. MISIC C. MISTRI M. MOCCIARO G. MODESTIA F. MODIGH M. MORIGI C. MORRI C. MOSCATELLO S. MURANO I. MURENU M. MURRAY N. MURRU E. MUSCI G. 69, 146 51 122 87 89 52 109 95 123 131, 133 37 22 25, 57 91 63 63 80 114 146 30, 57 125, 134, 146, 147 96, 118 27, 42 5 115 146 19 9, 14 112, 113 131 52 2 21, 49, 94 121 124 125 10, 16, 47, 56 122 125 89 10, 47 58, 126 3 52, 53 126 127 146 140 123 154 MUSCOGIURI L. 2 NANNICINI L. 140 NAPOLI F. 29 NEGRI A. 4, 58, 126 NICOTRA G. 124 NIGRO M. 8, 133 NIZZOLI D. 148 NONNIS O. 98 OCCHIPINTI AMBROGI A. 137 OGGIANO G. 97 OLITA A. 127 OLMASTRONI S. 54 ORSI M. 83 ORTONA A. 83, 105 OSSOLA C. 56 OSTOICH M. 144 PADERI F. 30 PALAZZI D. 112, 113 PAPUCCI C. 14 PASTRES R. 64 PATI A. 52 PATTI I. 129 PEIRANO A. 3 PELUSO F. 114 PENNETTA M. 102 PERNICE G. 129 PETRELLI P. 55 PETRILLO A. F. 105 PEZZO F. 54 PIANI R. 72 PICCHIETTI S. 25, 57 PICCIONI D. 100 PIGNATELLI C. 91 PILLON S. 77, 110 PINNA M. 135 PITTÀ A. 39 PLACENTI F. 129 PONTI M. 146 PORRELLO S. 146 POTOSCHI A. 130 POTOSCHI A. JR. 130 POULAIN P. M. 86 POVERO P. 10, 56, 146 POZO GALLARDO K. 131 PRANOVI F. 64, 119 PREDONZANI S. 72 PREGNOLATO L. 112, 113 PRINCIPATO M. S. 4 PROTOPSALTI I. 101, 132 155 PUCCIARELLI S. PUSCEDDU A. RABITTI S. RAFFA F. RAICEVICH S. RAVAIOLI M. REGOLI F. REMIA A. RIBERA D'ALCALÀ M. RICCIO A. RIVARO P. RIZZELLO A. RIZZO C. ROBBA E. RODOLFO METALPA R. ROMANO C. ROMANO E. ROMANO N. RONCARATI A. ROSSI C. ROSSI G. ROSSI R. RUGGIERI N. SABBATINI A. SAGGIOMO M. SAGGIOMO V. SALLUZZO A. SALVI G. SALVI S. SAMI M. SANAVIO G. SANDULLI R. SANGIORGI F. SANGIORGIO F. SANSÒ P. SANTINELLI C. SANTOVITO G. SARÀ A. SARÀ G. SARNO D. SASS A. SAVINI A. SAVINI D. SAVONA A. SAVORELLI F. SCAPIGLIATI G. SCAPINI F. SCARAZZATO P. SCARFÌ S. 21, 94 16, 47, 70 146 81 64, 119 10, 28, 45, 58 8, 133 62 12 115 22, 116 23, 50 106 93 79 134 98 25, 57 112, 113 144 130 67, 122 109 58 59 10, 12, 47, 59 89 19 14 62 143 60 126 135 91, 101 140 41 8 125, 134 59 27, 42 136 137 147 112, 113 30 138 84 42, 43 SCHETTINO T. SCHIAPARELLI S. SCHINAIA S. SCIROCCO T. SCLAVO M. SCROCCARO I. SECHI N. SEMERARO A. SERGIO A. SERITTI A. SERTORIO T. SIENA G. SIGNORILE G. SILVESTRI S. SITRAN R. SOCCORSO C. SOLIDORO C. SPAGNOLI F. SPEZIE G. SPINA A. STORELLI C. TADDEI RUGGIERO E. TAMBURINI C. TAVIANI M. TERÄSVUORI L. TERLIZZI A. TORRICELLI L. TOTTI C. TRAVERSO P. TREBINI F. TUCCI S. TURSI A. UMGIESSER G. URRUTIA R. VADRUCCI M. R. VALE M. VAN DER WIELEN P. W. VARGIU G. VASELLI S. VAZZOLER M. VENIER P. VERANI M. VERRI T. VIAROLI P. VIGNES F. VIZZINI S. VOLPI V. WADHAMS P. WELSH D. T. 120 8, 139 91 68 142 80 146 71 91 140 56 105 106 99 149 143, 144 146 90, 126 22, 83, 105 129 23, 50 61 27 7, 62 75 2 89 8 141 146 36, 83 63 76, 80, 142 131 71 141 42 97 66 143, 144 74 96 50 146, 148 109 147 54 17 67, 122, 148 YAKIMOV M. M. ZABORSKA A. ZACCONE R. ZALDIVAR J. M. ZAMBIANCHI E. ZAMPINO D. ZINGONE A. ZOGNO A. R. ZUCCHETTA M. ZUCCONELLI I. 27, 42 14 149 146 12, 17, 44, 86, 87 149 59 143, 144 64 67