Pagina 744 Avanguardia dietro facciata neogotica: San

∂   2013 ¥ 7/8
∂ – Rivista di Architettura
2013 ¥ 7/8 · Acciaio
Traduzioni in italiano1
Inserto ampliato in italiano
Traduzione: Rossella Mombelli
E-Mail: [email protected]
‡ Filigrane Hallen des 19. Jahrhunderts
‡ Leichte Tragwerke und sinnliche Oberflächen
‡ »Making of« der neuen Wildspitzbahn
Zeitschrift für Architektur + Baudetail · Review of Architecture · Revue d’Architecture
Serie 2013 · 7/8 · Bauen mit Stahl · Steel construction · Architecture en acier
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Avanguardia dietro facciata neogotica:
San Pancras a Londra
Matthias Beckh
Quando la mattina del 1° ottobre 1868 il primo treno entrò in St Pancras, la più grande
copertura di stazione ferroviaria mai costruita al mondo era appena stata terminata dopo due anni di lavori. Al pari della Tour Eiffel
e del ponte scozzese Firth-of-Forth, l’opera
si colloca tra le più importanti e spettacolari
testimonianze di architettura in metallo realizzate nel XIX secolo, oltre a risultare il più
vasto spazio chiuso costruito dell’epoca.
­Ancor oggi, l’effetto della struttura reticolare
verniciata di blu che copre i binari è di straordinaria imponenza, mentre sotto l’aspetto
costruttivo esprime un’eleganza senza tempo. Il treno impiegò sei ore per percorrere
i 300 km della tratta iniziata a Leed, mentre
oggi, partendo dal terminal ferroviario appena ristrutturato, si impiegano due ore e 15
minuti per raggiungere la Gare du Nord di
Parigi. Con la decisione di trasferire il terminal del Channel Tunnel Rail Link (CTRL) da
Waterloo Station a St Pancras, la stazione è
stata completamente ristrutturata, ampliata
e adeguata alle nuove esigenze funzionali.
Un centinaio di anni dopo l’invenzione di
­James Hargreaves della “giannetta” e lo
­sviluppo della macchina a vapore di James
Watt, due innovazioni tecniche che insieme
al nuovo processo di separazione per
­l’estrazione di ferro si annoverano tra i pilastri della rivoluzione industriale, la Gran Bretagna si trovava all’apice di espansione economica e politica. Intorno alla metà del XIX
secolo le ferrovie inglesi, le più antiche del
mondo, conoscevano un folgorante sviluppo: la fitta rete ferroviaria connetteva diversi
gestori regionali mentre il numero dei passeggeri aumentava rapidamente.
La Midland Railway con sede a Derby,
nell’Inghilterra centrale, per raggiungere
l’obbiettivo del suo ambizioso progetto
di sviluppo richiedeva una propria stazione
di testa a Londra. La località preselezionata
venne identificata con Agar Town, un quartiere residenziale in degrado compreso fra
Regent’s Canal e l’attuale Euston Street, ad
ovest di King’s Cross – stazione di testa della concorrente Great Northern Rail.
Con la nuova stazione di Londra, l’obbiettivo
era lasciare un’impronta e mettere in ombra
le stazioni terminali delle altre grandi compagnie ferroviarie da poco terminate: Paddington Station di Isambard Kingdom Brunels
(1854), Victoria Station di John Fowlers
(1862) e anche l’adiacente King’s Cross Station di Lewis Cubitts. All’epoca, nella progettazione di un’opera si era soliti separare nettamente l’operato dell’ingegnere da quello
dell’architetto: gli ampi spazi coperti della
stazione ferroviaria venivano concepiti e
progettati dagli ingegneri come opere funzionali, mentre gli edifici di testa verso il tessuto urbano erano progettati dagli architetti.
L’ingegnere William Henry Barlow, progettista per molti anni per Midland, venne incaricato insieme al collega Rowland Mason
­Ordish della progettazione dell’ampia copertura dei binari. Mentre la progettazione del
padiglione era già iniziata, venne indetto un
concorso per l’edificio di testa con la sala
degli sportelli di biglietteria e la presenza
d’obbligo del Grand Hotel. Vincitore del concorso risultò George Gilbert Scott, sostenitore del Gothic Revival e professionista incaricato alcuni anni prima della costruzione
dell’Albert Memorial a Kensington Garden.
La stazione era caratterizzata da una volta a
botte con una luce di 73,2 metri, superando
i record raggiunti dalle altre stazioni dell’epoca. La vastità dello spazio interno suscitò
ampio scalpore mentre l’eco mediatico nella
stampa di settore fu enorme. Dovettero trascorrere più di 20 anni prima che la Galerie
des Machines di Parigi potesse superarla
con i suoi 110,6 metri di luce. Dopo gli anni
di lustro, la hall d’ingresso della stazione
venne danneggiata dagli eventi bellici della
seconda Guerra Mondiale, fu messa in sicurezza e ampliata con numerose superfetazioni; condizionata dalla riorganizzazione
continua dei traffici ferroviari del periodo
post bellico, perdette sempre più visibilità
pubblica. Nel 1966 si aprì il dibattito sulla
sua demolizione che potè essere impedita
solo grazie all’intervento accorato dello
­storico dell’architettura Nikolaus Pevsner e
dell’attivista John Betjeman. Senza l’intervento dei due studiosi, la stazione avrebbe
seguito la medesima sorte, subita un paio di
anni prima, dalla Euston Station con il suo
famoso portico dorico. Nel 1967 l’edificio è
stato infine iscritto dall’English Heritage nella
categoria più protetta dei Monumenti sotto
tutela.
St Pancras rivisitato
Durante gli scorsi anni, la scelta di trasferire
il terminal Eurostar di Londra dalla Stazione
di Waterloo a quella di St Pancras ha portato
ad una profonda trasformazione dell’edificio.
Il progetto dell’imponente infrastruttura, per
un valore di 11 miliardi di dollari, è stato
condotto a termine da “Rail Link Engineering”, consorzio di progettazione composto
da Bechtel, Ove Arup and Partner, Halcrow
Group, Systra. Nell’ambito del progetto, la
stazione ferroviaria storica è stata ristrutturata e riqualificata mentre il piano interrato, un
tempo senza illuminazione naturale, è stato
aperto a soffitto e collegato con il padiglione
sovrastante. Accanto all’intervento sull’esistente, si è reso necessario anche l’ampliamento della grande copertura per proteggere le nuove e più lunghe banchine. Il nuovo
fabbricato di ampliamento la cui estensione
è limitata al lato nord, è stato impostato sul
masterplan del 1997 approntato dallo studio
di Norman Foster. L’edificio seduce soprattutto per la sua sobrietà; funzionale e
­d’aspetto severo, lascia il primato all’edificio
storico estendendosi solo verso nord per
100 metri su una larghezza di 22,5 metri e
disponendosi come un volume a stecca
­trasversale con accessi laterali. Con le sue
vetrate ampie e della medesima altezza
­degli abbaini, genera una sorta di fenditura
luminosa che separa in maniera chiara il
nuovo volume dall’esistente. Per non compromettere l’atmosfera del Barlow Shed, il
nuovo volume è impostato su un reticolo di
pilastri a maglia ampia di 30 m e con altezza
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Traduzioni in italiano
limitata, in modo da non occludere la vista
verso ­l’esterno.
“L’unità di misura era data dalla lunghezza
del barile di birra”
Il sito scelto per la costruzione della stazione
ferroviaria, esposto direttamente sul canale
verso il lato sud, presentava tuttavia alcune
problematiche: al contrario di King’s Cross,
dove i binari passavano sotto un canale per
mezzo di un tunnel, in questo caso Midland
aveva deciso di superare il canale passandoci sopra e la scelta obbligava a collocare
i binari alla stessa quota del ponte. A causa
della conformazione del terreno, occorreva
dunque superare una differenza di quota
compresa tra 3,6 e 5,2 metri rispetto al livello
di Euston Road. L’idea iniziale di interrare la
banchina con la terra di scavo proveniente
dalla costruzione della sottostante linea metropolitana fu superata dopo aver preso la
decisione di rifunzionalizzare il vasto spazio
privo di luce ricavato sotto i binari: sarebbe
diventato un deposito di botti di birra provenienti da Burton-upon-Trent.
La decisione ebbe importanti conseguenze
sulla costruzione e sulla forma della struttura
portante. Dunque, come nei depositi tradizionali, il rigido reticolo strutturale dei pilastri
in ghisa si adeguò perfettamente al modulo
che consentiva lo stoccaggio del maggior
numero possibile di botti. Il recipiente di
­birra diventava modulo dell’edificio e il reticolo a maglia quadrata dei pilastri si sviluppava sulla distanza di 4,47 m. Il piano inferiore vide la disposizione di 720 colonne di
ghisa di altezza pari a 15 piedi.
Con l’interposizione di feltro per una migliore
distribuzione dei carichi e impedire la compressione sugli spigoli, le basi dei pilastri
­furono appoggiate su grandi blocchi di granito. Questi ultimi riposavano a loro volta su
pilastri in muratura inseriti in profondità nel
terreno e trasmettevano il carico agli strati
argillosi del terreno londinese tramite fondazioni di calcestruzzo. Sul capitello dei pilastri
riposavano le travature principali in ferro
battuto disposte nella direzione trasversale
della hall a formare un reticolo ortogonale
con le travi secondarie di eguale altezza.
Nelle campiture così formate si fissarono le
così dette “lamiere a schiena”, lamiere sottili
curvate a caldo la cui forma a cupola ostentava una freccia di 76 mm, esse costituivano
il solaio portante dell’interrato privo di finestre irrigidendo la base del livello superiore.
Uno strato livellante di catrame formava la
base per il piano dei binari e delle banchine
in legno.
All’inizio si pensò di realizzare la copertura
della stazione con una serie di due o tre tetti
a botte ordinati parallelamente, l’idea fu tuttavia superata per svariati motivi. Da un lato,
le fondamenta dei piloni intermedi in muratura massiva avrebbero interferito con la regolarità del reticolo di pilastri e travi nel piano
inferiore e, soprattutto, in presenza di un
­livello sotterraneo di metropolitana urbana.
Quindi si decise di coprire l’intera superficie
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della stazione con un’unica trave reticolare
ad arco, anche per implementare il senso di
orientamento e la visibilità interna oltre a
consentire la flessibilità necessaria per future modifiche nel layout di binari e banchine.
Il fitto reticolo della struttura inferiore e la relativa trama di travi trasversali rappresentavano in questo senso un grande vantaggio,
poiché si poteva così contare su un’idonea
struttura in trazione in grado di contrastare
la ragguardevole spinta orizzontale dell’arcata. La soluzione si rivelò sorprendentemente migliore di tutte le altre, sia dal punto
di vista economico sia del peso, poiché eliminava tutte le situazioni di compluvio tecnicamente problematiche: si poteva infatti
­rinunciare alle trave e ai canali di drenaggio
longitudinali. A proposito della struttura:
le travi reticolari ad arco, alte 6 piedi (1,82
m), sono realizzate con lamiere, angolari e
profili ad U tenuti insieme con chiodi ribaditi.
Con un passo di 8,94 m, in direzione longitudinale alla copertura, si dispongono gli arcarecci arcuati che raccolgono il carico delle
travi secondarie ogni quarto di luce e impediscono il ribaltamento delle arcate principali. Le travi, come tutti gli elementi portanti in
ferro della stazione, furono realizzate dalla
Butterley Company di Ripley nel Derbyshire,
azienda in primo piano nel processo di industrializzazione dell’Inghilterra centrale.
­L’azienda era stata incaricata anche della
costruzione del padiglione e in tale occasione sviluppò un sistema di ponteggio mobile
per i montaggi che, oltre ad essere di particolare ausilio, suscitò molto interesse.
La parte inferiore del manto di copertura era
composta da uno strato di tavoloni lignei
­rivestiti con lastre di ardesia mentre la parte
centrale era in vetro. La tecnica qui utilizzata
e denominata “Ridge and Furrow”, venne
impiegata innumerevoli volte da Paxton e
Barlow e Ordish ne vennero a conoscenza
durante la costruzione del Crystal Palace.
Barlow e Ordish: due versatili ingegneri
­cosmopoliti dell’epoca Vittoriana
Il progettista della spettacolare struttura di
copertura, William Henry Barlow (1812 –
1902), ingegnere capo di Midland Rail, e
l’ingegnere calcolatore, esperto di costruzioni fuoriterra, Rowland Mason Ordish (1824 –
1886) appartenevano entrambi alla schiera
dei più rinomati professionisti d’Inghilterra.
Le loro carriere ebbero varie occasioni di
­incontro: entrambi furono legati a Sir Joseph
Paxton (1803 – 1865) e alla costruzione in
Hyde Park del Crystal Palace: padiglione
espositivo costruito per la prima Esposizione
mondiale promossa dal Principe Alberto e
divenuto incunabolo dell’architettura del XIX
secolo. Paxton chiese supporto a Barlow per
il calcolo e il dimensionamento della struttura metallica, al giovane Ordish fu invece affidata la progettazione strutturale particolareggiata e la successiva ricostruzione del
padiglione a Sydenham, nel sud della capitale. La carriera dei due ingegneri è anche
legata alla costruzione di vari ponti in Inghil-
terra. In gioventù, Ordish vinse, tra gli altri, il
concorso per il nuovo Victoria Bridge nei
pressi di Windsor. Quando nel 1851 il ponte
in ghisa venne terminato, egli aveva 27 anni.
Successivamente costruì diversi ponti sospesi a San Pietroburgo e a Singapore
­(Cavenagh Bridge, 1869) e sviluppò successivamente, con il socio William Henry Le
Feuvre, una tipologia che precorreva gli
­attuali ponti a stralli, impiegata per la prima
volta a Chelsea nella costruzione del Albert
Bridge (1872).
Barlow invece, nel 1864 concluse la costruzione del Clifton Suspension Bridge di 214
metri di luce sul fiume Avon a Bristol, dopo
la morte dell’impetuoso ingegner Isambard
Kingdom Brunel (1859). A seguito del crollo
del Tay Bridge (1872) presiedette la commissione di valutazione divenendo poi progettista capo del nuovo ponte. Successivamente partecipò al comitato di consulenza
per la costruzione del Firth of Forth Bridge.
E’ tuttavia particolarmente affascinante
il percorso internazionale delle due carriere:
il giovane ingegner Barlow rimase per sei
anni a Istambul per conto di una società di
progettazione britannica dove realizzò fabbriche e fece da consulente nella costruzione dei fari presso il Bosforo. Ordish, dal canto suo, progettò nel 1863 la nuova stazione
di Amsterdam e realizzò innumerevoli edifici
e ponti in Russia, Europa orientale e India –
tra cui il leggendario Watson’s Hotel di Bombay (1869) con un sistema prefabbricato di
elementi in ghisa completamente realizzato
in Inghilterra. Il più mondano albergo della
metropoli indiana di allora, e anche il più antico edificio in ghisa della nazione, versa oggi in pietose condizioni. Richard Rogers e
il New Yorker World Monuments Fund lottano da tempo per salvare questo edificio che
ha scritto la storia dell’ingegneria civile.
I due costruttori, tuttavia, si completavano
magnificamente grazie alla loro diversa formazione, determinata in modo non trascurabile dalla differenza di età.
Barlow dopo la sua attività a Istambul e
a seguito della collaborazione per la costruzione della linea ferroviaria tra Birmingham
e Manchester, nel 1842 venne coinvolto dal
pioniere delle ferrovie George Stephenson
nell’ambizioso progetto di rapida espansione della Midland Railway, diventando in poco tempo l’ingegnere e promotore più importante dell’azienda. Di formazione politecnica
e di esperienza tra le più poliedriche, nella
prima metà del XIX secolo emerge tra gli
­ingegneri inglesi per gli innumerevoli incarichi e per l’approccio pragmatico nell’escogitare soluzioni. A titolo di esempio basti ricordare il brevetto “Barlow Rail” del 1849, un
sistema di grande successo che permetteva
la posa dei binari direttamente sulla massicciata senza l’impiego di traversine di legno.
Ordish al contrario operò nei suoi primi anni
di attività sia in studi di architettura che di
­ingegneria, affermandosi saldamente nel
settore delle costruzioni fuoriterra, come dimostra la straordinaria copertura successi-
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vamente realizzata per lo spazio ellittico della Royal Albert Hall (1871).
Dal trilite all’arco
Tornando a St Pancras: in che modo Barlow
e Ordish hanno progettato la stazione?
­Quale modello hanno seguito? Di quali conoscenze si sono potuti avvalere? Qual è la
spinta innovativa dell’opera?
Lo spirito innovativo peculiare della struttura
sta nella forma, sintesi delle diverse esigenze funzionali e del comportamento statico
delle strutture, come l’utilizzo del piano di
travi come tirante dell’arcata. Il progetto,
inoltre, rimuove completamente e per le prima volta, la classica distinzione tra parete e
copertura. Un’analisi più approfondita del
progetto e la genesi della stazione sono custoditi nel compendio di una conferenza che
Barlow tenne nel 1870 presso lo “Institution
of Civil Engineers”. Cosi si esprime Barlow
sulla forma dell’arco: “The radius of curvature was diminished at the haunches to give
increased head room near the wall”. Pilastri
e travi si fondono in un unico elemento omogeneo ad arco, anche quando l’arco viene
nascosto da sottili parti murarie in corrispondenza della travatura. Barlow mette a confronto la propria struttura con quella di altre
stazioni ferroviarie contemporanee come
Cannon Street (1866) e Charing (1864)
a Londra e la nuova Lime Street Station di
Liverpool (1871), coeva di St Pancras.
Tutte queste strutture dispongono di varie
­tipologie di archi reticolari tirantati e appoggiati su pilastri di ghisa. Anche il record di
luce raggiunto sino a quel momento di 65
metri nella Birmingham New Street Station
(inaugurata nel 1854) conta su un arco reticolare a forma di falce.
Secondo Barlow, i suoi archi avevano,
al contrario, il grande vantaggio di trasmettere le forze direttamente alla struttura inferiore non generando movimenti orizzontali
sulle teste dei pilastri o sul coronamento
­delle pareti. Inoltre, le deformazioni dovute
alle oscillazioni di temperatura erano molto
contenute poiché il tirante si trovava ben
protetto nel sottosuolo mentre, per quanto
­riguardava l’arco, gli sbalzi di temperatura
potevano solo avere l’effetto di “a slight rise
or fall in the crown”.
Anche le travi reticolari sono molto innovative, precedute ad esempio dalle travi a traliccio a maglia fine utilizzate a partire dalla metà del XIX secolo soprattutto nella
costruzione di ponti. La disposizione ad X
delle aste diagonali è tipica del passaggio
avvenuto intorno al 1860 verso i sistemi dalla
forma differenziata, dove gli elementi tesi e
quelli compressi cominciavano ad avere una
forma commisurata alla propria funzionalità.
Nel nostro caso tale questione non era
­evidente sebbene le basi della teoria della
reticolare fossero conosciute fin dal 1850.
In ogni caso, dagli esempi appena citati si
evince che le sollecitazioni degli archi reticolari potevano essere calcolate solo in modo approssimativo. Sulla determinazione
Traduzioni in italiano3
della forma dell’arco l’ingegnere si esprimeva con termini alquanto vaghi: “The arch is
slightly pointed at the crown, as this form
apparently posseses some advantages in
resisting the lateral action of wind, while it
improves the architectural effect”. E inoltre,
a proposito della divaricazione tra l’asse
dell’arco e la risultante del carico in prossimità dell’appoggio, con conseguente presenza di momento flettente, egli asserisce:
“The effect of such deviation is to throw more pressure on one member of the rib than
on the other; but the amount of the difference so arising is controlled and modified by
the depth and stiffness of the rib in resisting
flexure”. Tuttavia, giustificato un margine di
indeterminazione nel calcolo dell’arcata incastrata, i fondamenti teorici di questa tipologia furono risolti solo nel 1867/68 da Emil
Winkler e non furono di dominio pubblico
durante la progettazione dell’opera.
Ma la procedura non prevedeva soltanto il
calcolo approssimativo della struttura:
nel capitolato d’appalto, Barlow aveva prescritto anche l’esecuzione di prove di carico
che però non furono eseguite per la constatazione dell’estrema rigidità dimostrata durante il montaggio e in occasione di bufere
di vento (»… the roof endured several gales
of wind, one of which was unusually heavy,
without the slightest visible movement«).
In effetti, in seguito allo smontaggio delle
centinature, la deformazione degli archi per
effetto del peso proprio fu solo di ¼ di pollice (0,64 cm).
Dopo il termine delle opere, la stazione fu
oggetto di grande attenzione da parte della
stampa e articoli dettagliati animarono anche la letteratura specialistica internazionale, nella quale spicca il saggio di Eugène
Viollet-le-Duc inserito nella “Encyclopédie
d’Architecture”.
Quale fu, in seguito, il corso degli avvenimenti? E’ particolarmente interessante che
la soluzione costruttiva si sviluppi ed evolva
successivamente proprio a Parigi. Poiché, al
contrario di quanto succedeva in Inghilterra,
le coperture ferroviarie francesi continuavano a essere ispirate dalle numerose variazioni della capriata individuata da Polonceau
nel 1837, che prende appunto il suo nome.
Nello stesso periodo in cui a Londra si realizzava St Pancras, a Parigi si costruiva infatti la famosa stazione di Gare D’Austerlitz
(1869), nella quale la Polonceau dominava
sia la navata centrale, con l’impressionante
luce di 52,5 m, sia le due coperture minori
parallele. Nella struttura ideata da PierreLouis Renaud e da Louis-Charles Sévène
sono particolarmente interessanti le precise
fattezze degli snodi e i puntoni compressi in
fusione di ghisa. In contrapposizione, la
­Galerie des Machines costruita nel 1889 per
l’Esposizione mondiale di Parigi, su progetto
di Victor Contamin e Ferdinand Dutert, prese
tutt’altra via ispirandosi in maniera determinata alla stazione di Barlow e Ordish.
Si adottarono archi reticolari giganti che, con
una luce di quasi 111 m, superarono di un
terzo il predecessore, come anche l’abolizione di travi e pilastri. L’unica grande innovazione fu introdotta nello schema statico
strutturale adottando l’arco a tre cerniere:
la novità è frutto degli studi dell’ingegnere
berlinese Johann Wilhelm Schwedler, che
la elabora intorno al 1860 e la impiega con
successo nella Stazione centrale di Francoforte (1887).
L’inserimento delle cerniere in corrispondenza del vertice e degli appoggi consentiva
una precisa determinazione dello schema
statico, con conseguente semplificazione di
calcolo. La rastremazione a punta degli archi in prossimità degli appoggi e “l’equilibrio
sospeso” delle due metà strutturali non fecero altro che rompere la consuetudine formale di quell’epoca, anche se le tecniche utilizzate a Parigi, già affermate da tempo, furono
soltanto combinate insieme e applicate su
scala maggiore. Grazie alla rapida evoluzione della statica lo schema divenne dominante, mentre al contrario, 20 anni prima, Barlow
e Ordish erano stati costretti a operare sulla
cresta della sperimentazione muovendosi in
campo totalmente inesplorato. Oggi St Pancras conserva intatto il proprio fascino grazie soprattutto al fatto che le innovazioni pionieristiche si concentrarono in una struttura
estremamente rigorosa e logica.
Raffinato ripristino
Lo studio londinese Ove Arup and Partners
è stato incaricato di ripristinare la struttura
del padiglione. Sorprendentemente, la copertura non ha richiesto variazioni o irrigidimenti degni di nota. Le sollecitazioni interne
dei materiali sono largamente comprese entro i livelli di accettabilità e solo in alcuni
punti gli elementi apparivano corrosi o ammalorati richiedendone la sostituzione.
­Riguardo al manto di copertura ci si è attenuti a quanto riportato nelle planimetrie originali ricostruendo le vaste aree vetrate e
quelle in ardesia.
Invece la struttura che copre l’“undercroft”
ha mostrato di avere maggiori problemi.
­L’analisi della struttura esistente, fatta di travi
e lamiere arcuate, ha mostrato l’incapacità
di sopportare i carichi accidentali determinati dalla nuova funzione. Si è deciso quindi
di costruire un solaio in c.a. di 40 cm di
spessore sopra la struttura portante storica,
dunque ad una quota superiore rispetto allo
strato di travi primarie e secondarie esistenti.
Il nuovo solaio serve a garantire l’irrigidimento del piano, trasmette i carichi orizzontali
­alle pareti esterne laterali e contiene la componente orizzontale degli archi con l’ausilio
di tensori presollecitati integrati. La grande
rigidità della piastra ha consentito l’apertura
di grandi varchi nel solaio, finalizzati a migliorare il collegamento tra il livello inferiore
e il piano ferroviario. Inoltre, le parti originali
recuperate dall’area centrale demolita sono
servite a sostituire travi corrose e danneggiate e a rimpiazzare lamiere in altri punti.
Particolarmente problematico si è rivelato
l’intervento sui pilastri in fusione di ghisa
4
Traduzioni in italiano
r­ ealizzati in ghisa grigia con parete di spessore 28 mm. Mantenuti in posizione senza
alcuna connessione meccanica degna di
nota, ma per azione della compressione,
i pilastri sembrano di primo acchito del tipo
a pendolo mentre, in realtà, si comportano
come fossero incastrati sia alla base che al
capitello, significando che, in presenza di
scorrimenti proporzionati alle dimensioni tra
la base e il capitello, può insorgere un momento flettente non trascurabile. La ghisa,
nella sua fragilità, può tuttavia assorbire solo
debolissime azioni di trazione. Nel momento
in cui l’azione del momento prevarica su
quella della compressione si formano zone
soggette a trazione che diventano critiche
superato un certo livello. Per la determinazione esatta dei valori ammissibili di trazione
sono state condotte numerose prove sui materiali. I campioni di prova sono stati estratti
dalle colonne eliminate con l’apertura del
solaio e attraverso una complessa serie di
test è stato possibile accertare il valore limite
di trazione ammissibile per determinate tipologie di campionature. Ulteriori calcoli hanno
dimostrato che con le oscillazioni di temperatura ipotizzate per un periodo di 120 anni,
che considerino anche l’ipotesi di cambio
climatico, le tensoflessioni presenti nelle colonne sono di gran lunga maggiori ai valori
ammissibili. In seguito a indagini approfondite è stata trovata infine una soluzione che
consente la conservazione della sostanza
architettonica storica senza ricorrere a qualsivoglia irrigidimento: attraverso l’inserimento di appoggi particolari la piastra in c.a. è
stata disaccoppiata dalla struttura storica di
metallo. La nuova connessione crea un
­appoggio “flottante” della piastra, permettendo la trasmissione alla struttura inferiore
delle sole forze verticali e mantenendo le
tensioni interne dei pilastri in ambito ammissibile.
Un’ulteriore sfida è stata data dalla distribuzione del carico tra i nuovi appoggi e le teste dei pilastri. Tra l’intradosso dell’elemento
di appoggio e la faccia superiore disomogenea delle travi composte e rivettate è stato
steso uno strato di malta. I prodotti tradizionali non si sono rivelati sufficientemente
­stabili alla compressione, e perciò è stata
sviluppata all’uopo una malta di fibrocemento ad alte prestazioni. Inoltre, poiché lo strato di travi storiche non era in grado di reggere da solo alle elevate pressioni cui era
sottoposto, nei quattro angoli dell’incrocio
tra il piano di travi principali e secondarie
sono stati installati minuti supporti regolabili
in altezza che garantiscono il flusso dei
­carichi inserendosi armonicamente.
Nel momento in cui il reticolo di travi non è
più soggetto al carico verticale, per via della
nuova piastra in c.a., la struttura orizzontale
non diviene tuttavia una semplice decorazione ma, sempre indispensabile dal punto di
vista statico, assume la funzione di irrigidimento dello strato di colonne. I nuovi elementi di controsoffittatura sono posati fra le
travi e rimangono separati da una fuga che
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rende leggibile la conformazione e la struttura del vecchio soffitto. Attraverso attente ricerche sui materiali, modernissimi processi
di calcolo e il disaccoppiamento della nuova
piastra in c.a., il progettista ha ottenuto
il massimo grado di conservazione della
­sostanza storica. La qualità del ripristino è
completamente insita nella sua non-visibilità.
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Ponte a Copenhagen
Copenhagen non a torto viene chiamata
“metropoli verde”. Accanto ai canali d’acqua,
sono i parchi urbani a caratterizzare l’atmosfera del centro. Nel Parco di Faelled che
con i 52 ettari di estensione è il più grande
parco storico sotto tutela naturale della capitale, gli architetti hanno realizzato con il ponte Woven un elegante connessione est-ovest
che non solo si inserisce in maniera equilibrata nel paesaggio, ma trasmette anche
una propria intrinseca identità. Il parco urbano, molto frequentato e diviso dal lago di
­Faelled in estate è teatro di diverse manifestazioni politiche, sociali o sportive.
Il nuovo ponte collega con la sua struttura
slanciata e arcuata in maniera dinamica le
due diverse sponde. A chi fa jogging, a chi
passeggia e chi va in bicicletta attraversando il ponte si aprono nuove prospettive lacustri cariche di atmosfera. Dato che le fondamenta in calcestruzzo sono nascoste sotto
un grembiule in acciaio, il ponte sembra
gracile e leggero. Il rivestimento in legno
di abete rosso chiaro, essendo un’essenza
con elevata stabilità formale, da un lato è
un’alternativa sostenibile ai legni tropicali
e dall’altro, si armonizza formalmente alla
struttura in acciaio zincato e laccato grigio
scuro. Con l’ausilio di un processo acetilenico si garantisce una durata di oltre 50 anni.
L’aspetto del ponte è determinato in gran
parte dal parapetto: bacchette sottili in
­acciaio disposte a distanze regolari e un
­listone di coronamento in legno. Le maglie
doppie, a seconda del punto di vista,
­mostrano una diversa trasparenza e fanno
apparire esile il ponte stesso. La costruzione
semplice e l’aver ridotto i materiali a vista
(acciaio e cedro), conferiscono al ponte un
carattere elegante. La rigorosa idea di progetto e dei particolari accuratamente pensati
alimentano un’inevitabile e raffinato carattere
di elemento scultoreo.
Planimetria generale
scala 1:8000
Assonometria parapetto
Sezione
scala 1:200
Sezioni
scala 1:50
Sezioni
scala 1:10
1
2
avolone in legno di abete Accoya
T
2560/130/28 mm
Barra di acciaio Ø 20 mm, zincata e laccata,
3
4
5
6
7
8
9
saldata a piatto di acciaio
Corrimano in abete-accoya Ø 50 mm
Listello in abete-accoya Ø 50 mm
Piatto di acciaio 218/20 mm avvitato a struttura
Profilo in acciaio a } 110/80/160 mm
saldato a vasca di acciaio
Vasca di acciaio: estradosso descritto da arco di
cerchio con raggio 1600 m, intradosso descritto
da arco di cerchio con raggio 209,3 mm
Tubo di drenaggio Ø 50 mm
Fondamenta in calcestruzzo con due appoggi
nascosti da grembiuli della vasca in acciaio
Pagina 773
Pensilina per parcheggio a
Monaco di Baviera
La recente copertura del parcheggio per
i mezzi di raccolta dell’Ente per la gestione
dei rifiuti poggia sullo scheletro in calcestruzzo armato esistente di una precedente
struttura in membrana che si danneggiò
nell’inverno 2006 per usura del materiale
di rivestimento. Innestati sul basamento in
calcestruzzo esistente, i nuovi pilastri in
­acciaio supportano capriate reticolari a tre
correnti. Alle capriate si sovrappongono
­archi in acciaio con tiranti e puntoni. Cuscini
pneumatici in pellicola di ETFE a tre strati,
da 11 × 3,3 metri, assumono la funzione di
protezione dalle intemperie e sono supporto
per membrane flessibili fotovoltaiche.
­Disposte sullo strato intermedio, rivestono
circa il 40% della superficie di copertura e
fungono da schermo contro la radiazione
solare. Il rendimento elettrico dell’intero
­impianto è di 145 kWp: il 95% dell’energia
viene utilizzato per soddisfare il proprio fabbisogno. I sovraccarichi, che si verificano
fondamentalmente in estate e durante il fine
settimana, vengono scaricati sulla rete pubblica. Solo il 3-5% dell’energia prodotta è
necessaria al funzionamento delle tre macchine di ventilazione forzata collegate al circuito chiuso di tubazioni che fornisce l’aria
per il mantenimento in pressione dei cuscini.
La pressione interna, pari a 300 pa può
­essere aumentata fino a 600 pa in caso di
sovraccarico da vento e neve. I canali di
smaltimento delle acque meteoriche sono
integrati nelle travi reticolari a tre correnti.
Planimetria generale
scala 1:10 000
Sezione • Vista dall’alto
scala 1:1000
 1 C
uscini pneumatici in ETFE, membrana a tre
­fogli, membrana fotovoltaica flessibile, a ­spessore
sottile, posata flottante su foglio intermedio
  2 Sistema di appoggio del cuscino in ETFE:
piatto in acciaio 100/170 mm ogni 800 – 1000 mm
  3 Corrente curvo, tubo di acciaio Ø 139,7/10 mm
  4 Asta compressa in acciaio Ø 60,3 mm
  5 Trave reticolare a tre correnti in tubo di acciaio:
corrente superiore ed inferiore Ø 139,7 mm,
diagonali Ø 114,3 mm
  6 Tirante inferiore in acciaio Ø 20 mm
  7 Tirante orizzontale in acciaio Ø 12 mm
  8 Snodo in fusione d’acciaio
  9 Profilo in acciaio perimetrale per la posa
del ­cuscino in ETFE
10 Testa del pilastro saldata
11 Pilastro in tubolare di acciaio Ø 193,7 mm
12 Base pilastro saldata: lamiera d’acciaio 25 mm
13 Basamento in c.a. (esistente)
∂   2013 ¥ 7/8
Sezione
scala 1:20
A Vista dal basso dello snodo
B Vista dall’alto dello snodo
 1 C
uscini pneumatici in ETFE, membrana a tre
­fogli, membrana fotovoltaica flessibile a spessore
sottile posata flottante su foglio intermedio
  2 Sistema di appoggio del cuscino in ETFE: piatto
in acciaio 100/170 mm ogni 800 – 1000 mm
  3 Corrente ad arco, tubo in acciaio Ø 139,7 mm
  4 Tirante in acciaio Ø 20 mm
  5 Trave reticolare a tre correnti in tubo di acciaio:
corrente superiore ed inferiore Ø 139,7 mm, ­
­diagonale Ø 114,3 mm
  6 Grigliato 30/30 mm, telaio in tubo di acciaio | 55
mm, canale portante in lamiera d’acciaio piegata
  7 Dorsale di distribuzione aria
  8 Vassoio impianto elettrico
  9 Biella in tubolare di acciaio Ø 114,3 mm
10 Pilastro inclinato in tubo di acciaio Ø 193,7 mm
11 Pilastro perimetrale in tubo di acciaio Ø 193,7 mm
12 Lamiera 2×15 mm, lamiera di testa 25 mm,
tubolare infilato Ø 168,3 mm
13 Base pilastro in lamiera d’acciaio 30 mm,
fermi 2× 80/80 mm
14 Lamiera di connessione 30 mm
15 Tirante in barra d’acciaio Ø 48 mm
16 Tirante 2× barra d’acciaio Ø 42 mm
Pagina 778
Ampliamento di una casa d’abitazione
a New Canaan/Connecticut
Traduzioni in italiano5
 7
 8
 9
10
11
12
Camera da letto
Camera da bagno
Camino aperto
Pranzo
Cucina
Passaggio di collegamento
 1 G
uaina impermeabilizzante, strato termoisolante
115 mm, pannello di compensato 19 mm
­pannello multistrato 12,5 mm
  2 Lamiera di rame, pannello di compensato
2× 19 mm, pannello multistrato 12,5 mm
  3 Pannello multistrato 12,5 mm, barriera vapore
pannello di compensato 12,5 mm, strato termoisolante 63 mm, pannello multistrato 12,5 mm
  4 Travetti in lamellare 45/30 mm
  5 Trave in piatto d’acciaio ¡ 50/200 mm
  6 Piatto di acciaio 12,5/75/57 mm
  7 Vetrazione isolante basso emissiva in
monolitico di sicurezza 9 + intercapedine 12 +
monolitico di sicurezza 6 mm, telaio orizzontale:
tubolare in alluminio ¡ 75/57 mm
  8 Montante verticale:
piatto di acciaio ¡ 50/125 mm
  9 Lamiera di alluminio 6 mm
10 Pilastro in profilo di acciaio ¡ 76/152 mm
11 Doghe di Ipe 20 mm, pannello di compensato
19 mm, correnti in legno 50/45 mm, strato di separazione, strato termoisolante rivestito 300 mm
intermedio fra le travi, legno lamellare 300/45
mm, piastra di cemento 12,5 mm
12 Profilo in acciaio Å 100/200 mm
13 Doghe di Ipe 20 mm, listelli in legno 94/64 +
40/64 mm, trave in lamellare 300/45 mm
14 Parapetto in profili d’acciaio ¡ 50/12 mm
Prospettive della struttura portante
Ispirato dagli architetti del Movimento
­Moderno, come Philip Johnson e Marcel
Breuer, attivi a New Canaan negli anni ’50,
John Black Lee costruì nel 1956 una casa
per sé e la sua famiglia. Gli attuali proprietari
hanno incaricato Kengo Kuma di ristrutturare
l’elegante corpo di fabbrica ampliandolo con
una cucina, una camera da letto e una zona
pranzo. L’architetto ha insediato le nuove
funzioni in un volume separato connesso
con l’esistente solo tramite un passaggio
­vetrato. L’evanescenza dell’opera ricorda
Lee, senza imitarlo. L’aggregato di nuova
edificazione riprende il motivo della veranda
senza soluzione di continuità mantenendo la
medesima altezza e forma ma scivola come
una piattaforma al di sotto del terreno in declivio per aprirsi alla vista verso le foreste
circostanti e creare senso di intimità con la
pianta ad L. Le travi in aggetto a vista riposano su una struttura a telaio di acciaio.
I profili piani sono ridotti al minimo, quasi invisibili dietro le vetrate su cui sono riflessi
i toni verdi della foresta circostante, facendo
virtualmente fluttuare la copertura sopra il
nastro vetrato. Per mantenere trasparenza
all’interno, tendaggi traslucidi in rete d’acciaio inox dividono lo spazio senza soluzione
di continuità.
Sezioni • Pianta
scala 1:400
  1 Abitazione (esistente)
architetto: John Black Lee
  2 Abitazione (integrazione)
architetto: Kengo Kuma
  3 Veranda
  4 Ingresso
  5 Soggiorno
  6 Ufficio
Sezione verticale
Sezione orizzontale
scala 1:10
Pagina 782
Prototipo residenziale a Biên Hòa
In Vietnam, l’incremento demografico e lo
spostamento di lavoratori in cerca di un’occupazione nelle province economicamente
più forti, hanno creato condizioni di vita disagevoli per ampi strati della popolazione.
In maniera particolare, nelle province intorno
al delta del Mekong, lo spazio residenziale
procapite per le classi meno abbienti è
­molto ridotto. Il prototipo è stato sviluppato
per soddisfare le esigenze di questi gruppi
sociali. L’idea del prototipo si fonda su concetti di minimizzazione dello spazio funzionale, l’uso di materiali da costruzione economici e una struttura semplice e leggera che
abbia come obbiettivo l’autocostruzione
senza impiego di grandi macchine da cantiere. I servizi igienici e le cucine sono spazi
comuni per più famiglie e occupano una posizione centrale. Sul terreno dove attualmente gli architetti stanno realizzando un asilo
­infantile, sono sorte due case-prototipo.
La più piccola funge da ufficio di cantiere,
la più grande è uno spazio residenziale
adatto per una famiglia. Lo spazio è concepito in modo da poter essere ampliato lungo
l’asse longitudinale se necessario. La pelle
esterna dell’abitazione di un’unica stanza è
in lastre di policarbonato montate su una
struttura leggera in acciaio. Il lato interno e
la copertura sono rivestiti con bambù, un
materiale economico, leggero e facilmente
reperibile. La copertura ad una falda ampiamente aggettante, sorretta da sottili travi reticolari, garantisce da un lato un drenaggio
sicuro delle acque meteoriche durante
i monsoni, dall’altro lato provvede al naturale
scambio di ventilazione. L’aria entra attraverso l’intercapedine di facciata o dalle finestre e le porte aperte, mentre può defluire
tramite l’intercapedine creata dalle canne di
bambù sul soffitto. L’impianto di climatizzazione non è necessario. Lo spazio interno è
suddiviso da tendaggi che garantiscono privacy. Uno spazio a quota inferiore è utilizzato come zona d’ingresso e di lavoro, ed è
dotato di tavolo fisso in cemento. Raffinati
sono i letti ribaltabili che possono essere
­utilizzati anche come panche di seduta o,
quando la famiglia necessità di tutto lo spazio interno, possono essere completamente
richiusi.
Planimetria generale
scala 1:250
A Abitazione
B Ufficio
Sezioni • Piante
scala 1:100
1
2
3
Ingresso
Zona notte con letto ribaltabile
Zona di lavoro con tavolo in calcestruzzo
1
astra ondulata di plastica fibrorinforzata 1,5 mm
L
travetti in tubolare d’acciaio ¡ 30/60 mm
trave reticolare in acciaio: correnti superiore e
­inferiore 2× ∑ 30/30 mm
irrigidimento in barra di acciaio Ø 14 mm
Copertura in canna di bambù
Telaio in profili di acciaio fi 60/140 mm
Lastra di policarbonato 5,5 mm, telaio in acciaio
| 30/30 mm, pilastro in acciaio ¡ 60/30 mm
strato di canna di bambù intermedio
Pannello multistrato MDF 18 mm in telaio di acciaio | 30/30 mm, base in tubo acciaio Ø 26 mm
Cemento levigato 2 mm, malta 15 mm
laterizio 80 mm, terreno costipato
Cemento levigato 2 mm, malta 15 mm
calcestruzzo 40 mm, terreno costipato
2
3
4
5
6
7
Sezioni verticali
scala 1:20
Pagina 786
Ristorante a Kayl-Tétange
Sotto le chiome di un parco di recente
­formazione nel comune lussemburghese di
Kayl-Tétange emerge un volume squadrato
con una pelle scintillante rosso-brunita.
Nel “Pavillon Madeleine” trova posto un
­ristorante in posizione idilliaca. In parte opaca, in parte traforata, la pelle di acciaio preossidato cinge il volume di grandi
dimensioni (10 × 22 m). Quando il ristorante
è aperto, le lastre intagliate in facciata si
aprono ribaltandosi e concedono viste verso
l’interno e verso l’esterno attraverso vetrate
che raggiungono l’altezza dell’intero edificio.
L’alternarsi di ombre anima la forma dell’architettura al pari della patina irregolare
­impressa sull’acciaio. Le lastre spesse 4 mm
con fissaggi non a vista sul lato posteriore
6
Traduzioni in italiano
r­ ivestono le strutture portanti del padiglione,
pilastri alti 4,60 metri e travi lunghe 10 metri
in profili standard con montaggio a vite in
opera. Per mantenere un aspetto interno
­sereno oltre che arioso, tutta l’impiantistica
e le strutture portanti sono nascoste dalla
controsoffittatura sospesa e da rivestimenti.
Il ­fulcro del ristorante è la cucina aperta dove l’ospite può partecipare all’esperienza
della preparazione dei pasti. Un bancone in
acciaio nero circonda il blocco cucina mentre anche il camino e la cantina dei vini sono
stati rivestiti con il medesimo materiale.
­Caratteristiche dell’acciaio non trattato sono
i segni e le striature della lavorazione, uno
sottile strato di cera d’api protegge la superficie così caratterizzante dall’ossidazione.
I due diversi acciai conferiscono carattere
all’edifico e si relazionano con la storia della
regione dove, sino al 1970 veniva estratto
il ferro poi trattato nelle vicine officine.
­Essendo un materiale robusto e stabile alle
intemperie, l’acciaio preossidato è stato
­usato per caratterizzare anche altri elementi
realizzati nel parco (panche, parapetti, corpi
illuminanti) divenendo leit motiv formale
dell’intero impianto che attira in egual misura
residenti e turisti.
Planimetria generale
scala 1:5000
Sezione • Pianta
scala 1:200
 1
 2
 3
 4
 5
 6
 7
 8
 9
10
11
Terrazza
Ingresso
Sala ospiti
Camino
Cucina aperta
Banco bevande
Lavaggio
Cella frigorifera
Impianti
Spogliatoio personale
Deposito
 1 L
amiera d’acciaio preossidata 4 mm, neoprene
profilo in acciaio a } 40/40 mm, strato di
­ventilazione 100 mm, barriera al vapore, strato
termoisolante in fibra morbida di legno 180 mm
profilo in acciaio | 50/50 mm, pannello OSB
18 mm, cartongesso 12,5 mm, pellicola in fibra
di vetro verniciata
  2 Profilo in acciaio ad ∑ 220 mm
  3 Pilastro in profilo di acciaio HEB 180
  4 Struttura in elementi di legno squadrati 60/40 mm
  5 Profilo in acciaio a } 100/200 mm
  6 Anta in lamiera d’acciaio preossidata 4 mm su
­telaio in acciaio | 40/40 mm
  7 Vetrazione fissa in vetro isolante su telaio
in alluminio
  8 Lamiera in alluminio piegata 2 mm
  9 Profilo di acciaio realizzato con lamiera
20/300/50 mm e 160/50 mm
10 Inverdimento estensivo, substrato 80 mm
­impermeabilizzazione sintetica, isolante in
­pendenza in XPS 180 mm, guaina bituminosa
lamiera grecata 70 mm, trave in acciaio IPE 400
controsoffitto acustico sospeso: cartongesso
­traforato 12,5 mm con intonaco acustico
11 Parquet in lamelle di rovere 20 mm
massetto cementizio con tubi radianti 80 mm
strato di separazione, lastra di supporto 35 mm,
strato di compensazione 50 mm
impermeabilizzazione bituminosa, c.a. 200 mm
12 Riempimento in malta epossidica
2013 ¥ 7/8   ∂
Sezione orizzontale
Sezioni verticali
scala 1:20
Pagina 790
Palestra a Chelles
Con la nuova costruzione della palestra,
gli architetti colsero l’occasione per ridefinire
la piazza del centro di Chelles, città satellite
di Parigi. L’inserimento del corpo di fabbrica
a forma di L tra il municipio, il ginnasio e una
chiesa convertita in centro di cultura, conferisce un senso di completezza alla piazza
di grande estensione, mentre l’aver ridotto la
sua superficie crea una dimensione di spazio più piacevole. I tre lati vetrati conferiscono alla palestra la desiderata leggerezza e
trasparenza. Per non pregiudicare la funzione, dietro le sottili campiture vetrate,gli
­architetti inseriscono elementi opachi che
non solo diventano elementi di protezione
solare ma assorbono il rumore e contemporaneamente limitano la dispersione termica.
Sui pannelli in legno laccati bianchi all’interno, all’esterno sono state fissate lamiere in
rame che trasformano la facciata vetrata in
una elegante e dorata superficie in cui
­l’intorno si rispecchia. I pannelli variano in
altezza e sono ribaltabili per la manutenzione ordinaria. Dietro i nastri di facciata si cela
una semplice struttura portante con pilastri
in acciaio e travi. Anche il basamento in calcestruzzo senza soluzione di continuità non
è visibile dall’esterno per non sminuire il senso di chiarezza e trasparenza della facciata.
Planimetria generale
scala 1:4000
Sezioni • Piante
scala 1:750
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
Municipio
Centro per l’arte contemporanea
Ginnasio
Palestra
Atrio d’ingresso
Ufficio
Spogliatoio
Deposito/impianti
Palestra
Piccola palestra
Sala riunione
Prospettiva struttura portante
Sezione verticale
scala 1:20
1
2
3
4
5
6
7
lemento sandwich 6 mm:
E
lamiera di alluminio con anima in polietilene
­profilo in acciaio HEA 100 mm, strato di
­separazione in pellicola metallica
Guaina impermeabilizzante bituminosa a due
strati, strato termoisolante 180 mm
barriera vapore, lamiera grecata 50 mm
Profilo in acciaio HEA 320 mm
Trave primaria, profilo di acciaio
2× ‰ 950 –1250 mm con irrigidimento longitudinale in profilo d’acciaio 280 mm
Vetrazione isolante: monolitico di sicurezza 6 mm
+ intercapedine 12 mm + monolitico di sicurezza
6 mm
Pilastro in profilo d’acciaio HEB 400 mm
rivestimento fino a 2 m d’altezza con polietilene
rivestimento in PVC 40 mm
Schermo solare e antiabbagliamento fissato al
8
9
profilo di acciaio con cerniera: pannello sandwich
in lamiera di rame 1 mm, pannello MDF 28 mm
­laminato bianco
Cartongesso stabile agli urti 12,5
strato termoisolante 150 mm
basamento in c.a. 200 mm
Pavimento in PVC, massetto 30 mm, c.a. 230 mm
pannello sandwich coibentato 2× 100 mm:
rivestimento in lana di legno con legante cementizio 15 mm, anima in polistirene 85 mm
Pagina 794
Sala polifunzionale a Madrid
L’area dismessa del macello di Madrid viene
gradualmente convertita in parco culturale
con cinema, biblioteca, sala mostre e spazi
per manifestazioni musicali. Pochi interventi
sono bastati agli architetti per trasformare
uno dei due capannoni in Jugendstil di 95 ×
50 metri di dimensione da porcilaia in spazio
polifunzionale. L’esistente è stato conservato
in massima misura mentre l’intonaco sul lato
interno delle pareti è stato asportato per
­rendere leggibile il carattere del materiale
dei muri in laterizio e in pietra naturale anche
all’interno della struttura. Un pavimento in
calcestruzzo galleggiante ad elevata sollecitazione con giunti flessibili per il passaggio
di cavi sostituisce il pavimento in sabbia.
Le aperture in acciaio non trattato costituiscono l’elemento formale di spicco che varia
per circostanze ambientali ed esigenze funzionali. Con setti divisori ruotabili di 5,75 metri di altezza in una delle due navate è possibile separare uno spazio polifunzionale di
500 m2 di superficie e 13 metri d’altezza.
Con ante a ribalta composte di pannelli
in acciaio davanti ai lucernari a nastro di
­entrambe le navate si può oscurare l’intero
capannone. Negli ingressi principali ante a
bilico chiudono a tutt’altezza le aperture.
Se ruotate orizzontalmente all’interno e all’esterno diventano piccole pensiline.
Planimetria generale
scala 1:10 000
Sezioni • Piante
scala 1:750
1
2
3
4
Ingresso principale
Sala polifunzionale divisibile
Ufficio
Deposito
Sezioni orizzontali
scala 1:50
Sezione verticale
scala 1:50
1
2
3
4
5
6
7
anto in tegole, strato di ventilazione
M
pannello sandwich in lamiera d’acciaio coibentato (esistente)
Oscuramento a rotazione motorizzata e elementi
divisori a rotazione manuale: rivestimento in
­lamiera cruda d’acciaio con protettivo trasparente
4 mm, telaio in tubolare d’acciaio | 100/41 mm e
100/100 mm con lana minerale intermedia
Motore per sistema d’oscuramento
Vetrazione fissa in stratificato di sicurezza, profili
in acciaio
Asse di rotazione pannello di acciaio
Pilastro (esist.) rinforzato con lamiera d’acciaio
Calcestruzzo trattato ad elicottero 100 mm
c.a. 80 mm, pavimento galleggiante a cassettoni
in c.a. 350 mm
∂   2013 ¥ 7/8
Traduzioni in italiano 7
Sezione ingresso principale
scala 1:100
Sezione orizzontale • sezione verticale
scala 1:20
1
2
3
4
etrazione fissa in stratificato di sicurezza,
V
profilo in acciaio
Profilo in acciaio ad ∑ 150 mm laccato nero
Porta basculante: rivestimento in lamiera
­d’acciaio cruda con protettivo trasparente 4 mm
telaio in tubolare d’acciaio | 100/100 mm
con lana minerale intermedia
Porta vetrata in stratificato di sicurezza
Pagina 799
Allevamento di bestiame a Odder
Adagiata in un paesaggio morenico, l’azienda di allevamento Vejlskovgaard si colloca
pochi chilometri a sud della cittadina danese
di Odder. Il nuovo fabbricato progettato per
600 bovini accoglie una delle sei fattorie modello attraverso cui superare il sistema di
­allevamento zootecnico industriale per sviluppare il “marchio” di un’economia agricola
sostenibile per il futuro. Ecco perché questo
progetto pone al primo posto il benessere
degli animali e tutta l’attenzione è concentrata sulla migliore distribuzione possibile di
­luce a aria. Due corpi di fabbrica lunghi 140
metri con copertura a doppia falda si compongono formando una croce asimmetrica.
L’immagine dell’edificio è caratterizzata dalla composizione delle 10 coperture a spioventi il cui timpano crea un ritmo di facciata
oltre a fornire una certa altezza interna, luce
naturale e ventilazione. Nelle due ali lunghe
dell’edificio si collocano le stalle. In uno dei
bracci corti si situa un fabbricato di servizio,
nell’altra un locale di stoccaggio compartimentato antincendio. Ai quattro angoli della
piazza centrale si collocano i box per la cura
di animali ammalati.
I 36 metri di larghezza dell’edificio sono
­coperti senza pilastri da una struttura in telai
di acciaio ripetuti con modulo di 6 metri.
La sfida particolarmente complessa della
costruzione era rappresentata dall’inserimento di un involucro in elementi semplici
e standardizzati capaci di adeguarsi alla
complessa geometria. La copertura e le parti opache della facciata sono rivestite con
elementi per tetti di pura protezione atmosferica a sezione grecata ma privi di incastri
longitudinali. In corrispondenza del colmo,
i lucernari in policarbonato portano luce naturale in profondità nell’edificio mentre una
fenditura aperta consente che l’aria calda
­indotta dalla presenza degli animali venga
smaltita verso l’alto. L’aria fresca fluisce
­attraverso la facciata; lamelle orizzontali
chiudono visivamente la parte superiore dei
timpani e hanno la funzione di proteggere
in modo permeabile dagli agenti atmosferici.
Quando i tendaggi avvolgibili di protezione
dal vento sono arrotolati, la fattoria mostra
tutta la propria apertura, offrendo agli ospiti
a quattro zampe la vista sulla splendida
campagna.
Rivista di architettura e particolari costruttivi
‡ Filigrane Hallen des 19. Jahrhunderts
‡ Leichte Tragwerke und sinnliche Oberflächen
‡ »Making of« der neuen Wildspitzbahn
Zeitschrift für Architektur + Baudetail · Review of Architecture · Revue d’Architecture
Serie 2013 · 7/8 · Bauen mit Stahl · Steel construction · Architecture en acier
A proposito di DETAIL
Ogni numero, con particolare attenzione
­riservata alla qualità architettonica delle
­soluzioni costruttive, è dedicato all’approfondimento tematico di un argomento
tecno­logico (p. es. costruzioni in calcestruzzo, strutture di copertura, risanamento
e restauro etc.). La presentazione dei
­progetti più recenti, realizzati in ambito
­nazionale e internazionale, è accompagnata da una serie di accurate riproduzioni
grafiche in scala e di selezionate immagini.
Le due edizioni annuali di DETAIL Concept
sono dedicate allo studio analitico delle
­fasi del processo costruttivo, mentre le
­edizioni speciali di DETAIL Green, anch’esse con due uscite all’anno, ­informano su
tutti gli aspetti della progettazione e della
costruzione sostenibile.
Temi delle riviste del 2013
‡ 1/2 Traslucido e trasparente
‡ 3
”Concept“ Asili nido/kitas/scuole
‡4 Riqualificazione
‡ 5Tema speciale
+ DETAIL Green
‡ 6
Costruzioni massive
‡7/8 Acciaio
‡ 9
”Concept“ Edilizia per i trasporti
‡ 10Costruzioni mobili/costruzioni
temporanee
‡ 11Materiale e superficie
+ DETAIL Green
‡ 12
Tema speciale
(Sono possibili eventuali modifiche)
∂ Abbonamento
‡
Abbonamento classico € 169,–*
12 numeri all’anno
(compresi i due numeri DETAIL Green).
‡ Abbonamento studenti € 89,–*­
12 numeri all’anno. ①
(compresi i due numeri DETAIL Green).
‡ DETAIL Abbonamento prova € 21,85
Due numeri attuali della rivista DETAIL al prezzo di
prova di soli € 21,85 incluse le spese di spedizione +
imposta sul valore aggiunto per i non possessori di
partita IVA.
*Costi di spedizione aggiuntivi (per 12 numeri) € 43,–
Per la consegna nei paesi dell’Unione E
­ uropea,
l’Imposta sul Valore Aggiunto per i non possessori
di partita IVA è del 7%.
① Sarà possibile usufruire del p
­ rezzo per studenti solo
a seguito della consegna di un documento valido
­attestante l’iscrizione.
Prezzi giugno 2013
Institut für internationale Architektur-Dokumentation GmbH & Co. KG
Hackerbrücke 6 · 80335 Monaco di Baviera · GERMANIA
Tel: +49 (0)89 3816 20-0 · Fax: +49 (0)89 3816 20-77 · [email protected]
www.detail.de/shop-italiano
8
Traduzioni in italiano
Planimetria generale
scala 1:5000
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
Ingresso edificio di servizio
Ufficio
Vendita latte
Preparazione latte
Aia mangimi
Corsia cunetta deiezioni
Cuccette
Mungitore
Area cura bovini ammalati
Area parto
Box mucca-vitello
Box per vitelli (esterno)
Deposito
Area scorte
Sezione • Pianta
scala 1:800
Prospettiva struttura portante primaria
Sezione verticale
scala 1:20
 1 S
istema facciata in pannelli sandwich:
lamiera grecata in acciaio 0,5 mm
schiuma estrusa PUR 40/75 mm
lamiera profilata in acciaio 0,4 mm, lunghezza
elemento fino a 17,00 m, travi secondarie in profilo di acciaio a Z 250 mm, trave principale profilo
ad Å, 320 –1100 mm con mensole saldate per travi secondarie
  2 Deflettore in lamiera di acciaio piegata
  3 Elemento lucernario e di ventilazione
in policarbonato 15/50 mm
  4 Tubolare in acciaio Ø 100 mm
  5 Traverso facciata in tubo di acciaio | 160 mm
  6 Lamiera di acciaio piegata
  7 Sistema facciata in pannelli sandwich:
lamiera grecata in acciaio 0,5 mm
schiuma estrusa PUR 40/75 mm
lamiera profilata in acciaio 0,4 mm
lunghezza elemento fino a 3,50 m
profilo di acciaio Z 75 mm
telaio in tubo di acciaio | 60/40/4 mm, saldato;
sul lato interno fasce incollate di PVC 20/2 mm
avvolgibile tessile intermedio, trave principale
in profilo d’acciaio Å 1150 – 320 mm
  8 Basamento in elemento prefabbricato di c.a.
  9 Lamelle in lamiera di acciaio piegata
10 Pilastro in profilo d’acciaio HEA 180 mm
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Stadio a Tolone
Ad est del centro urbano, il nuovo complesso sportivo Léo Lagrange sfuma la struttura
urbana ad alta densità di Tolone. La collocazione tra il Mont Faron e il Mare Mediterraneo non solo regala al parco per lo sport e
per il tempo libero una vista panoramica
­incomparabile, ma si arricchisce divenendo
luogo di interesse e d’incontro pubblico.
Il complesso, dislocato nell’area nel 2003,
è stato attualmente ristrutturato e ospita
quattro campi da rugby e calcio per competizioni regionali, cinque campi polisportivi
per le scuole e due stadi internazionali di atletica leggera. Tutte le superfici e i campi da
gioco vengono supportati da un unico edificio di estensione longitudinale che si colloca
al centro dell’area dividendola in due parti.
­Simile ad un pontile navale, sollevato dal
piano di calpestio, un ponte pedonale
­coperto collega da est ad ovest due tribune
contrapposte con 1000 –1500 posti a sede-
2013 ¥ 7/8   ∂
re. La passerella sembra sospesa al di
­sopra del basamento di un unico piano dove
sono collocati spogliatoi, uffici ed amministrazione, magazzino di stoccaggio e due
piccole hall per lo sport e la ginnastica.
Una straordinaria copertura in membrana
a vela copre sotto una dinamica forma ad
arco sia il pontile sia le tribune dominando
con coraggiose e fluide forme architettoniche l’intero progetto.
Tre archi principali in profili tubolari d’acciaio, due paralleli e uno a croce, formano il caratteristico profilo di progetto. La struttura
portante primaria è connessa nella direzione
trasversale da travi reticolari ellittiche e da
esse viene irrigidito. Di notte la copertura si
trasforma in una vela a luci di vari colori
­divenendo un punto di riconoscimento nel
paesaggio di Tolone.
tra 16 e 80 mm. I tre archi principali sono
­integrati attraverso archi più piccoli a est e
ovest e sono stabilizzati per mezzo dell’incrocio con le travi principali. Le travi sono
state prodotte componendo segmenti di 10
metri di lunghezza e saldate tra loro in officina dopo il processo di calandratura a formare ampie sezioni di arco. Con l’ausilio di
macchine di sollevamento, le travi in tubolare d’acciaio sono state montate in opera con
precisione millimetrica a formare un arco
completo. Le travi principali sono ancorate
al basamento di calcestruzzo armato e tra
loro con travi reticolari sulle quali in ultimo
istanza è fissata una membrana in PVC.
Sezioni
Piante
scala 1:1500
Lungo il fiume IJ a nord di Amsterdam,
­laddove le acque sono animate da un rapido traffico di imbarcazioni che si incrociano,
l’attenzione ricade su un’entità di peculiare
eleganza: L’“Eye” dell’Istituto filmografico
assume le fattezze di un futuristico yacht
­ancorato lungo le sponde fluviali. A seguito
del trasloco della sede del centro di ricerca
Shell, nell’area Noord di Amsterdam si venne a liberare uno spazio per un nuovo quartiere urbano di ottima collocazione. La torre
Shell viene conservata come relitto e come
punto d’ingresso di grande caratterizzazione
insieme al volume dell’Istituto filmografico.
Il visitatore raggiunge l’istituto con un
­traghetto gratuito che parte dalla Stazione
centrale. Percorrendo un scala a forma di
cuneo il visitatore approda all’ingresso principale enfatizzato dalla copertura in aggetto.
­All’interno si ripete il motivo del paesaggio
di scale nella figura dell’”arena”, cuore e
­nucleo di distribuzione dell’edificio dove sono dislocati un ristorante, un bar e un caffè.
Nell’Eye si proiettano film, se ne discute, li si
restaura oltre a digitalizzarli: l’istituto dispone
di quattro sale di proiezione, sale espositive,
laboratori e officine. Prima di iniziare la costruzione si dovette rialzare una piccola
­lingua di terra in cui furono inseriti 350 pali
di 25 metri di lunghezza ognuno. Su un basamento in calcestruzzo si erge una struttura
reticolare spaziale autoportante articolata in
quattro parti strutturali per renderne verificabile il comportamento statico in ogni punto.
Al centro della costruzione cinque pilastri
portano la copertura, tre dei quali sono a
­vista nell’arena. La sala più grande per la
proiezione dei film si trova al piano superiore
in aggetto. Due travi reticolari la sorreggono
e a loro volta sono ancorate ad altre travi al
guscio dell’edificio. La superficie bianco lucido di facciata lascia presagire poco circa
la facciata, ma avvicinandosi si distinguono
i pannelli in alluminio di forme geometriche
che riflettono la luce facendo emergere la
forma a cristallo dell’architettura.
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Accesso ponte pedonale
Parcheggio bus giocatori
Spogliatoio
Deposito
Sala riunione/sala stampa
Fitness
Uffici
Ingresso autorimessa
Ponte pedonale
Chiosco bevande
Biglietteria
WC
Tribune visitatori
 1 T
rave in tubolare d’acciaio, verniciato a polvere
Ø 710 mm
  2 Basamento della trave:
piatto di acciaio ¡ 50 mm
piatto di acciaio ¡ 100 mm
piatto di acciaio ¡ 50 mm
  3 Piatto di acciaio ¡ 30 mm
  4 Asse in acciaio Ø 240 mm
  5 Piastra di ancoraggio in acciaio ¡ 100 mm
fissaggio a vite su basamento in calcestruzzo
bulloni Ø 42 mm
  6 Piastra di testa trave reticolare in acciaio
¡ 60 mm Ø 350 mm, saldata in opera alla trave
primaria
  7 Fissaggio elemento tirante, piatto di acciaio
¡ 20 mm
  8 Canale di raccolta in lamiera d’acciaio
  9 Fissaggio membrana, tubolare in acciaio
Ø 60 mm
10 Allacciatura membrana
11 Membrana in PVC 1 mm, resistente agli UV
­trasparenza 6%
12 Corrente superiore trave reticolare in tubolare
d’acciaio verniciato a polvere Ø 219 mm
13 Tubolare in acciaio Ø 60 mm
14 Corrente inferiore trave reticolare in tubolare
­d’acciaio Ø 168 mm
15 Elemento tirante in fune d’acciaio
Assonometria
giunto trave primaria con trave reticolare
Sezioni verticali
scala 1:20
Assonometria incrocio travi primarie
La struttura di copertura per la quale sono
stati lavorate 230 tonnellate di acciaio, è
composta di travi tubolari in acciaio con un
diametro massimo di 710 mm e spessore
che varia in base alla dimensione della trave
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Istituto filmografico a Amsterdam
Piante • Sezioni
scala 1:1000
∂   2013 ¥ 7/8
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Impianti
Teatro filmografico
Deposito
Laboratorio film
Terrazza
Autorimessa
Officina
Uffici museo
Mensa personale
Accoglienza personale
Ingresso
Bar/caffetteria
Ristorante
Guardaroba/armadietti
Museum Shop
Biglietteria/informazioni
Sala proiezioni/ufficio
Esposizioni
Sala formazione
Foyer, teatro principale
Teatro principale
Vuoto
 1 P
annello composito in alluminio 6 mm
struttura di supporto in alluminio in guida tubolare
55/25 mm, ­elemento cavo in legno prefabbricato:
guaina impermeabilizzante a più strati
pannello di particelle 18 mm, trave in legno
70/235 mm, strato termoisolante in lana minerale
barriera vapore, pannello in particelle 12,5 mm
­rivestimento melamminico
  2 Giunto: fascia bituminosa incollata
  3 Profilo in acciaio HEA 400
  4 Profilo in acciaio HEA 600
  5 Pannello composito in alluminio 4 mm
struttura di supporto in alluminio
elemento sandwich: pannello composito in
­alluminio con isolante in lana minerale 120 mm
lamiera grecata 150 mm
  6 C.a. 300 mm
  7 Moquette, massetto 145 mm
materassino anticalpestio 45 mm
solaio nervato in c.a. 300 mm con
lamiera grecata 200 mm
  8 Soffitto acustico 45 mm: pannello in lana di vetro
rivestito, pannello in cartongesso 9,5 mm
  9 Pilastro in tubolare di acciaio | 500 mm
10 Vetrazione isolante in sistema di profili d’acciaio
180/60 mm
Sezione verticale
scala 1:20
Trave principale
scala 1:200
Schizzi assonometrici degli snodi
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Profilo in acciaio Å HEA 400
Tubolare in acciaio | 300/10 mm
Profilo in acciaio Å HEA 220
Profilo in acciaio Å HEA 260
Profilo in acciaio } 350/150 mm
Profilo in acciaio ad Å IPE 270
Giunto a flange in piatto di acciaio 30 mm
Fissaggio a vite a coprigiunto in acciaio 15 mm
Nervatura di irrigidimento, piatto in acciaio 15 mm
Traduzioni in italiano9