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L’AMORE DI AMBROGIO ALLA CHIESA
Nella basilica di Sant'Ambrogio, a Milano, celebra la festa del patrono dell'arcidiocesi
e pronuncia un discorso
Venerabili Confratelli, illustri Signori, cari
Sant'Ambrogio, ben lo sappiamo, è stato
uno dei primi maestri del pensiero
Fedeli,
Mi è graditissimo celebrare con voi la
festa del nostro Patrono, Sant'Ambrogio,
e salutare riuniti in preghiera d'intorno al
suo altare i due venerabili Capitoli, del
Duomo l’uno, di questa insigne Basilica
l'altro, quasi degnissimi rappresentanti di
tutto il Clero ambrosiano, Come pure
godo di porgere il mio riverente saluto a
Sua Eccellenza il Signor Prefetto,
all'illustrissimo Signor Sindaco che quale
primo
magistrato
degnamente
rappresenta questa nostra Città; e con
eguale compiacenza e riverenza saluto il
Signor Presidente del Consiglio Provinciale insieme alle altre Autorità
ecclesiastiche, civili, giudiziarie e militari,
che, con i fedeli presenti mostrano come
il popolo ambrosiano tutto vuole insieme
ravvivare le sue tradizioni e stringere la
sua unità dove è Ambrogio.
Questa ambitissima e significativa
presenza mette nel mio animo i voti
migliori per le venerate ed illustri Persone
che col popolo fedele assistono a questa
sacra celebrazione annuale, e sollecita
ad invocare sulle loro rispettive alte
funzioni, la protezione del «sommo
Padre» (com'è chiamato Ambrogio nell'inno liturgico oggi a lui rivolto)1; ed insieme
solleva davanti al mio spirito la visione,
tanto cara al nostro Santo2 della
comunità, spirituale e sociale, a cui Egli
prodigò tutta la sua sapienza e la sua
cura pastorale, la Chiesa.
1
2
Si riferisce all'inno Nostrum parentem maximum.
Sermo contra Auxentium de basilicis tradendis 34.
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cristiano che abbia sviluppato la dottrina
della Chiesa. È stato anzidetto il «dottore
della Chiesa». Non forse perché Egli
abbia per primo derivato dalle fonti
scritturati un insegnamento originale; Egli
attingeva principalmente ai Padri greci
del III e del IV secolo; e nemmeno perché
abbia dato un profilo sistematico e una
speculazione approfondita al grande
tema della Chiesa; ma perché è il primo a
fissare continuamente il suo pensiero su
questo argomento e darvi nella condotta
pratica un'illustrazione magnifica, che
fisserà idee e principi, diritti e costumi, di
cui Sant'Agostino per primo e poi tutta la
Chiesa successivamente si nutrirà,
trovando nelle espressioni e negli
atteggiamenti di Sant'Ambrogio formule
impareggiabili ed inalienabili, esempi
splendidi e sempre imitabili.
Se vogliamo bene a Sant'Ambrogio
dobbiamo
ricordare
questo
suo
caratteristico aspetto, di uomo della
Chiesa, di maestro della Chiesa, di
difensore della Chiesa. Non è possibile
farsi un'idea della sua vita, della sua
dottrina, della sua santità, della sua
influenza sui secoli successivi della
civiltà Cristiana, senza considerare il suo
atteggiamento spirituale e pratico verso la
Chiesa.
Non bisogna dimenticare che a quel
tempo, il secolo quarto, non si potevano
avere i concetti chiari e complessi che
abbiamo noi in materia ecclesiastica.
Mancava allora l'elaborazione dei principi,
che lunghi e travagliati secoli di studi e di
esperienze hanno fornito alla nostra
moderna cultura. La vita della Chiesa
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cominciava
allora
a
svilupparsi
rigogliosamente; ma la dottrina e il diritto
circa l'essere suo erano ancora molto
impliciti ed imprecisi. La prima infanzia
poi della Chiesa era stata compressa e
afflitta dal fatto che questa singolare e
crescente organismo non era riconosciuto
nel diritto pubblico della società antica
nella quale il sacerdozio non costituiva un
ente a se stante: era stata perciò vessata
da crudeli, e, alle volte, da larghe e
pesanti persecuzioni. Ciò nonostante,
com'è noto, il cristianesimo s'era diffuso
ed affermato, in gruppi locali, quasi
clandestini, quasi contenuti da interno
timore e da esterno sfavore, ma subito
chiaramente organizzati secondo i
precetti costitutivi dettati da Cristo ed
enucleati secondo le linee fondamentali
del primo apostolato. Ce ne danno prova,
ad. esempio, Sant'Ignazio d'Antiochia,
agli albori del secondo secolo, e San
Cipriano nel terzo. I primi problemi
organizzativi della nuova società religiosa
affiorano nei momenti stessi in cui la
repressione
dello
Stato
romano
insanguina col martirio i capi delle
comunità cristiane. Il bisogno di stabilire
comunicazioni fra le varie comunità, per
accennare a questo solo particolare, che
indica l'intrinseca legge unitaria della
Chiesa, si pronuncia decisamente fin
dalla corrispondenza dei tempi apostolici
e dalle prime riunioni dei capi delle
nascenti comunità, sia per mantenere
unità di dottrina, sia per stabilire
collegamenti
in
rete
gerarchica:
Tertulliano, al principio del terzo secolo,
fra i primi a dare espressione letteraria al
pensiero cristiano, già parla delle riunioni
delle diverse chiese: concilia ex universis
ecclesiis, ed esclama: «come è bello che,
auspice la fede, ci si raduni da ogni parte
in Cristo», Quam dignum fide auspicante
congregari undique ad Christus! (De
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jejunio, 13,7). Ma tutto è ancora
embrionale e non ancora codificato in
concetti in regole uniformi. Poi, quando la
pace costantiniana arriva, e la Chiesa
emerge dal sangue dell'ultima gravissima
persecuzione,
scoppiano
subito
controversie devastatrici, il donatismo3 in
Africa, l'arianesimo4dappertutto, le quali
non danno tregua sufficiente per una
formulazione ordinata della dottrina, ma
fissano lo sguardo della Chiesa su punti
determinati; primissima, col Concilio di
Nicea, la questione della divinità di Cristo.
Ma in questo stesso travaglio la Chiesa
evolve la sua interiore compagine, e già
manifesta la sua potente vitalità, come
organismo a sè stante, mentre ancora
non appare chiaro il suo rapporto con la
società civile, con l'impero. La Chiesa.
non ha ancora un pensiero completo e
riflesso su se stessa; e passeranno altri
secoli prima che questo pensiero si formi
in modo organico e scientifico. Intanto
dalla vita stessa della Chiesa scaturisce
la sua dottrina e la sua legge; e non è ora
il momento di studiare come.
Per quel che riguarda Sant'Ambrogio
sono celebri gli episodi che sanciscono
l'autonomia, anzi la superiorità nell'ordine
religioso e morale della Chiesa rispetto
3
Movimento cristiano scismatico che agitò la Chiesa
d'Africa per tutto il IV secolo. Capo della setta fu
Donato, vescovo di Cartagine. I donatisti sostenevano
che i sacramenti sono validi soltanto se amministrati da
sacerdoti degni; sostenevano inoltre il principio
dell'indipendenza della Chiesa dal potere civile.
Condannati da più concili, sopravvissero tuttavia fino
all'invasione araba. Contro i donatisti s. Agostino
chiese l’intervento della cristianità romana.
4
Eresia dell’alessandrino Ario, (nato a Costantinopoli
nel 336) e dei suoi seguaci. Il punto centrale
dell’arianesimo è la negazione della divinità del Verbo
e della sua consustanzialità al Padre. La dottrina di
Ario fu subito combattuta, soprattutto da s. Atanasio, e
condannata dal concilio di Nicea del 325.
Ciononostante l'arianesimo continuò a diffondersi fino
a che, sotto Teodosio, con il concilio di Costantinopoli
del 381, l'ortodossia ritornò in Oriente.
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alla società civile. La posizione assunta
da Sant'Ambrogio si distacca da quella
meno coerente e sicura della Chiesa
orientale, e rimane come esemplare ed
acquisita per i secoli successivi. San
Giovanni Crisostomo, che patisce l'esilio
per l'esercizio della sua missione
ammonitrice di Vescovo, non lascia in
Oriente
la
stessa
eredità
di
Sant'Ambrogio con gli esempi da lui
fissati nella sua condotta verso l'autorità
imperiale: di premuroso maestro e
educatore paterno di giovani Imperatori,
di strenuo difensore e diplomatico e di
apologista dell’Impero vacillante; ma nello
stesso tempo di assertore d'un diritto
divino e d’una libertà della Chiesa, che la
stessa somma autorità civile era
obbligata a riconoscere e a rispettare:
tutti ricordiamo il fatto della rimozione
della statua pagana della Vittoria dalla
Curia senatoriale romana, la drammatica
resistenza
all’imperatrice
ariana
5
Giustina
nella controversia per la
consegna d'una basilica agli ariani in
Milano, la ferma lezione di doverosa
coerenza morale data da Ambrogio
all'Imperatore Teodosio, pure da lui tanto
stimato e amato.
Di solito, quando si pensa ad Ambrogio
come dottore della Chiesa, ci si riferisce a
questi fatti, estremamente significativi
della sua vita. Famosi gli episodi, famose
le parole. Ma ciò riguarda principalmente
il diritto pubblico ecclesiastico. Riguarda
la posizione che Ambrogio ha fatto alla
Chiesa nella società civile del suo tempo,
e che si può dire acquisita, in occidente,
per i secoli successivi.
Ma vi è un altro aspetto da considerare,
più difficile a cogliersi, ma ancora più
interessante; è cioè quello offerto
dall'animo di Sant'Ambrogio verso la
Chiesa stessa. Quale era il suo concetto
su la Chiesa? quale la sua devozione
5
Cfr. Discorso di S. Ambrogio 1956.
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verso di essa? qua1e posizione pratica
prese egli, diventato a quel tempo la
figura ecclesiastica più eminente nel
mondo civile? Bisogna ricordare che
Milano era allora metropoli ecclesiastica
dell'alta Italia, e che Milano, diventata
dopo Diocleziano, nel 285, residenza
imperiale, assumeva una supremazia
civile sull'Occidente, mentre a Roma la
vita languiva, e la Chiesa stessa era
funestata, al tempo di Papa Damaso6 da
gravi dissidi.
E qui una non nuova questione si
presenterebbe circa l'atteggiamento di
Sant'Ambrogio verso la Chiesa di Roma;
il prestigio del Vescovo di Milano fu tale
che qualche storico parlò di freddezza e
di rivalità verso Roma7, noi ci teniamo
piuttosto alle conclusioni elaboratissime
dei nostri studiosi per confermare che
Ambrogio ha riconosciuto e proclamato in
tanti modi il primato pontificio ed ha
affermato l'inscindibilità tra Pietro e la
Chiesa,
esaltando
«la
particolare
condizione di Pietro fondamento della
Chiesa», dotato dell'«immunità dall'errore
che non può contaminare la Chiesa per la
sicurezza di direzione di dottrina che le
deriva da Pietro, suo fondamento
magistrum disciplinae, unico nocchiero
che da Cristo ha ricevuto il comando di
spingere la navicella in altum, hoc est, in
profundum disputationum»8.
E al pensiero ha fatto seguito in
Sant'Ambrogio la condotta pratica,
testimonio lui stesso della propria docile
fedeltà alla guida di Roma, quando
6
Papa Damaso I, santo di origine spagnola, morto nel
384, che dovette fronteggiare gravi contrasti all’interno
della Chiesa, con s. Ambrogio eliminò definitivamente
l'eresia ariana.
7
Precisamente: A. FLICHE e V. MARTIN, Histoire de
l'Église, Letouzey et Ané, Paris 1947, III, p. 294.
8
B. CITTERIO, Sant'Ambrogio ed suoi rapporti col
Vescovo di Roma., «La Scuola Cattolica» XLVIII
(1920), 64 e A. VANDAGNOTTI, Ubi Petrus ibi
Ecclesia, «La Scuola Cattolica» LIV (1926), 189.
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asserisce: in omnibus cupio sequi
Ecclesiam romanam, in ogni cosa io amo
seguire la Chiesa di Roma (De
sacramentis III, 5).
Ma a noi piace; in questo momento,
prescindere da ogni questione e da ogni
pretesa di indagine storica e dottrinale,
per godere un istante del sentimento, più
ancora che del pensiero, di Ambrogio
circa la Chiesa. È forse tale sentimento
tale atteggiamento del suo grande spirito
che vale a lui il titolo di dottore della
Chiesa, ed a noi un perenne ed attuale
ammonimento di vita cattolica.
Quale fu il concetto che Sant'Ambrogio
ebbe della Chiesa? Egli, non ci lasciato
una definizione teologica, ma ha così
«sentito» la Chiesa, da raffigurarla sotto
cento nomi. Egli la vede dappertutto. Ad
ogni passo dei suoi commenti scritturali e
dei suoi insegnamenti morali, egli trova
immagini della Chiesa. Egli pensa per via
d'immagini;
alcune
si
riferiscono
all'essenza della Chiesa, alle sue
prerogative, altre alla sua missione, altre
ancora ai suoi rapporti con Cristo e con i
fedeli.
Per Sant'Ambrogio un antropomorfismo
assai vario attribuisce alla Chiesa il titolo
di vergine, di madre, di sposa, di vedova
(cfr. De viduis, 15, 16). La Chiesa è il
corpo di Cristo, lo sappiamo, come la
Chiesa ha in Eva il suo tipo; lo ha in
Maria sorella di Lazzaro, lo ha
splendidamente in Maria Vergine Madre
di Cristo.
Ed il simbolismo più fiorito, scintillante di
metafore e di analogie, insinua la Chiesa
dovunque affiori un pensiero di Dio su
l'umanità da salvare: la Chiesa è nave, la
Chiesa, è, barca; la Chiesa è esercito, la
Chiesa è tempio, la Chiesa è città di Dio;
la Chiesa perfino alla luna è paragonata,
nelle cui fasi di diminuzione e di crescita
si riflette la vicenda alterna della Chiesa,
che decade e che rimonta, e che mai non
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viene meno, perchè: fulget...Ecclesia non
suo, sed Christi lumine, splende non di
propria luce, ma di quella di Cristo
(Examerom 4, 32; cfr: De obitu Teodosii
38).
Traluce così dagli scritti di Ambrogio il
concetto complesso e reale della Chiesa,
quello di un'entità umana e mistica
insieme, socialmente organizzata, ma
scompaginata da coefficienti spirituali: la
fede e la carità (In ps. 43, 7). Ed è da
questo considerare la Chiesa nella sua
duplice realtà, divina ed umana, che
sgorga l'inesauribile riferimento del
pensiero di Ambrogio alla Chiesa
medesima.
Egli la trova nell’Antico Testamento; quasi
preannunciata; Noè, Sara, Rebecca,
Rachele hanno parenentela con lei.
Perfino
Rahab,
la
meretrice
misericordiosa,
misterio
Ecclesiae
indicavit, può, sotto un certo aspetto
raffigurare la Chiesa9.
Mistica e visibile la Chiesa, è corpo
animato di Cristo corpus Christi Ecclesia
est (In Ps. 118, XV, 12, 35); i fedeli lo
compongono: nos unum corpus Christi
sumus (In Lc. 7, 2l).E questa fusione di
fedeli viventi in Cristo formano città; è
Ambrogio che desume dai salmi
l'espressione e la consegna al linguaggio
cristiano ad Agostino; la Chiesa è la città
di Dio, civitas Dei Ecclesia est (ib.; cfr. In.
Ps. 86,3) Composta di uomini, la Chiesa,
santa nei principi divini che la informano
ha sempre bisogno di purificarsi e di
santificarsi: ex maculatis immacolata (In
Lc. 1, 17). E così via. Non finiremmo più
se volessimo fare collezione di queste
lucide espressioni, le quali dimostrano
come Sant’Ambrogio, se non ha
composto un trattato su la Chiesa,
possedeva già tutti gli elementi dottrinali
9
Expositio Evangelii secundum Lucam III, 23 e VIII,
40.
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che vi si riferiscono.
Ma ciò che preme ora a me di notare, per
onorare oggi la sua memoria con
beneficio delle nostre anime, è l'amore di
Ambrogio alla Chiesa; amore che
traspare da tutte queste penetranti e
luminose espressioni. La Chiesa, a quel
tempo, ancora stava sorgendo, ancora
impegnata a rigenerare, una società
decadente e pagana, inondata dai barbari
e in se stessa tormentata da eresie e da
lotte, ancora non aveva dato della sua
interiore ricchezza altro saggio che il
sangue e qualche nascente espressione
di pensiero; ancora non aveva offerto al
mondo che una incipiente immagine della
sua capacità a coincidere con la civiltà e
con l'universalità del genere umano;
ancora era quasi priva di arte e di scuola;
appena cominciava a modulare nel canto
la sua preghiera ed a rivestire di riti i
misteri della sua liturgia; ancora era
debole ed incerta non ancora affrancata
dall'influsso del potere statale, non
ancora
libera
dai
costumi
del
paganesimo; ma Ambrogio intuì ch'era
un'umanità nuova, la amò la contemplò
trasfigurata ed ideale, la vide santa e
divina, la promosse, la difese la esaltò
pronto a dare per essa la vita.
In una parola, Sant'Ambrogio ebbe
l'occhio alla realtà mistica della Chiesa
e la intravide, la descrisse e la proclamò
ad ogni passo; non fu distratto dalla sua
visione in ogni vicenda che la vita umana
e temporale della Chiesa gli presentò; e
nemmeno questa capacità di scoprire il
volto ideale e divino del Chiesa venne
meno allorquando il volto apparente ed
umano di essa si presentò contaminato
dalle nostre terrene miserie; anche allora
Ambrogio parla con vittoriosa spiritualità
della bellezza della Chiesa, Ecclesiae...
species (cfr. De paenit., 1, 31). Anche in
questo Agostino fu discepolo, e poi
sommo maestro (cfr. Conf. VI 3 e 4).
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Lezione a noi questa imperturbabile
attitudine di scorgere lo stupendo
elemento divino della Chiesa, sempre
irradiante anche da un difforme elemento
umano; lezione a noi moderni, che siamo
così disposti a fare il contrario, a scoprire
cioè i difetti umani della Chiesa, anche
quando la sua mortale compagine ci
offrirebbe
indubbi segni della sua
spirituale vitalità e della sua arcana
bellezza; lezione a noi, che mossi talora
da onesto, ma incompetente desiderio di
ricondurre la vita pratica della Chiesa a
più evidente conformità con i precetti
evangelici, ovvero stimolati dall'inquieto
spirito riformatore del nostro tempo
riformatore, ci autorizziamo ad addossare
alla Chiesa la colpa dei mali del mondo, o
a denunciare con compiacenza e con
sdegno i difetti di alcuni suoi figli, o a
criticare con sottile ironia le forme
esteriori di cui si riveste, o a rifiutarle,
sotto un rispetto formale, obbedienza e
fiducia, con arrogante sufficienza, dove la
verità amara e parziale, spegne la carità,
interrompe la comunione.
Vivendo in un tempo tardo alla
comprensione
dei
valori
spirituali,
incliniamo a ragionare della Chiesa come
d'un semplice fatto umano, ci lasciamo
impressionare
da
quelli
che
la
classificano un fenomeno d'altri tempi,
superfluo almeno al progresso e alla
stabilità del mondo civile moderno, e
forse sospettiamo, con il diffuso laicismo
contemporaneo, che sia usurpato, o
soverchio almeno, il posto che ancor oggi
la tolleranza civile, o un positivo diritto
statale concedono alla Chiesa.
Se vogliamo essere ambrosiani, se
vogliamo essere cattolici dobbiamo diventare capaci di rifarci un concetto più
esatto della Chiesa, e non dobbiamo
trascurare di scoprire; almeno in qualche
modo, il mistero ch'essa porta con sè. Un
disegno divino è in lei; un amore divino la
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genera, la sostiene, la salva: dilexit
ecclesiam dice San Paolo di Cristo (cfr.
Ef. 5, 25): amò la Chiesa; e così una
bellezza estasiante emana da lei, una
santità indefettibile. Ha con sé i destini
delle anime; ha per ogni età, per ogni
popolo parole inconfondibili di verità e di
salute. Ha in sè forze sovrumane sempre
rinascenti; le può comunicare alle
generazioni stanche e decadenti. E
questo fatto prodigioso della stupenda
vitalità della Chiesa si verifica sempre,
quando qualche anima sagace e forte la
comprende e la segue; quando cioè, in
coincidenza con Cristo, essa è amata.
Amare la Chiesa vuol dire rigenerare se
stessi e il mondo; vuol dire riformarla e
ringiovanirla, se questo ci piace. E penso
che anche come Italiani noi dobbiamo
nutrire verso la Chiesa questo doveroso
sentimento, perché nella posizione di
giusto equilibrio in cui si trovano oggi i
due Poteri in Italia, la Chiesa e lo Stato,
nulla ha da temere lo Stato per il libero ed
onorato esercizio della sua competenza,
né alcuna lesione al suo sovrano
prestigio, anzi molto può attendersi dalla
Chiesa per la conservazione delle sue
tradizioni e del suo patrimonio spirituale,
come pure per una più forte educazione
morale della nostra gente.
Se siamo ambrosiani, se siamo cattolici,
dobbiamo essere amorosi della Chiesa,
di questa umanità di Cristo, che il nostro
Santo appunto amò, come pia mater, e
che, confessandola incentrata nella sede
romana, la riconobbe fondata su Pietro,
lasciato a noi da Cristo, come
Sant’Ambrogio si esprime, quale vicario
dell’amore suo (cfr. In Lc. 10, 175).
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