CORSO DI POLITICA ECONOMICA

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CORSO DI
POLITICA ECONOMICA
AA 20152015-2016
INTRODUZIONE ALLA TEORIA NORMATIVA
DELLA POLITICA ECONOMICA
DOCENTE
PIERLUIGI MONTALBANO
[email protected]
Evoluzione del dibattito teorico economico
Teoria Neoclassica
(1850-1920)
Rivoluzione Keynesiana
(1936)
Sintesi Neoclassica
1937 – 1960/70
Monetarismo
(1960-70)
Nuova macroeconomia classica
(1991..)
Nuova macroeconomia keynesiana
(1995..)
Nuova sintesi (2003..)
Nuova rottura del consenso? (2008..)
© P. Montalbano
INTRODUZIONE ALLA TEORIA NORMATIVA
DELLA POLITICA ECONOMICA
Il Dibattito fra Politica Economica Attiva e Passiva
Due grandi Scuole di Pensiero:
Instabilità sistema economico (potere di correzione delle autorità pubbliche)
Stabilità sistema economico (equilibrio naturale)
Se Instabilità (politiche leading against the wind e dibattito su politica ottimale);
Se Stabilità (politiche inefficaci o addirittura dannose)
Diversità posizioni particolarmente evidente durante “prima rottura del
consenso” (Grande Depressione del 1929) ma dibattito attuale… punto
privilegiato di osservazione
L’esperienza storica non fornisce indicazioni univoche.
Di conseguenza, confronto continuo fra diverse Scuole di Pensiero alimentato
da “progressi teorici” e “fallimenti empirici” (varie rotture del consenso)
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PRIMA “ROTTURA DEL CONSENSO”:
LA “RIVOLUZIONE KEYNESIANA”
Nella “Teoria Generale dell’Occupazione, dell’Interesse e della Moneta”
(1936), Keynes propone la sua interpretazione della crisi del ’29
gettando le basi della macroeconomia moderna;
Egli definisce i contorni di un nuovo “paradigma teorico” nel quale
si attribuisce particolare rilevanza alla “politica economica attiva” (nel
breve periodo);
L’“interpretazione keynesiana” della crisi evidenzia che un’economia
di mercato non tende automaticamente alla piena occupazione
(serve un “vigoroso intervento pubblico”);
Keynes introduce alcuni concetti chiave della macroeconomia
moderna (domanda effettiva; teoria degli investimenti e del moltiplicatore del
reddito; preferenza per la liquidità; le aspettative; il ruolo delle rigidità nell’analisi di
equilibrio economico);
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QUALE CONSENSO PRECEDENTE?
La “rivoluzione keynesiana” si contrappone alla precedente
“rivoluzione marginalista o neo-classica” avvenuta intorno al
1870 con la pubblicazione dei lavori di: Carl Menger, capofila scuola
austriaca (1871); William Stanley Jevons, capofila scuola inglese
(1871); Alfred Marshall (1890); Léon Walras, capofila della scuola
francese (1874)
Secondo l’impostazione marginalista, il ruolo delle autorità
pubbliche doveva limitarsi ad agevolare il “coordinamento
spontaneo” degli individui (riducendo i costi di transazione);
Tale “rivoluzione marginalista” si contrapponeva a sua volta alla
“scuola classica” legata all’esame dei rapporti sociali basati sulla
divisione del lavoro (Smith, Ricardo, Marx)
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LA “SINTESI NEOCLASSICA”
Nel 1937, J.R. Hicks propone una re-interpretazione delle idee di
Keynes ed una “sintesi” fra la teoria neoclassica e la teoria
keynesiana al fine di renderle compatibili (come due ipotesi estreme
di un’unica impostazione teorica);
Tale re-interpretazione (a suo volta sintetizzata nel noto modello
ISLM) costituì l’architettura di base della macroeconomia moderna
per oltre 20 anni;
Negli anni ‘60, macroeconomia ed economia keynesiana sono
praticamente sinonimi (modello AD-AS ricavato tramite Modello
ISLM e trade-off della curva di Phillips); Il funzionamento del sistema
economico si riteneva rispondesse a logiche keynesiane nel breve
periodo ed a logiche neoclassiche nel lungo periodo;
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LA NUOVA “ROTTURA DEL CONSENSO”
(anni Settanta)
Negli anni ‘70, si assiste ad una nuova “rottura del consenso”
Dal punto di vista empirico: fenomeno della “stagflazione”;
Dal punto di vista teorico; Friedman e Phelps (1968) criticano
(aspettative e microfondazione) la relazione empirica fra
inflazione e disoccupazione;
Trade-off: fenomeno temporaneo, legato ad una sistematica
sottostima dell’inflazione da parte degli operatori nella
determinazione dei salari;
Friedman (1968) e Phelps (1968) dimostrano che la relazione
empirica della Curva di Phillips non si sarebbe mantenuta se i
policymakers avessero tentato di sfruttarla;
Senza la “stagflazione” i contributi di Friedman e Phelps sarebbero stati
probabilmente considerati una semplice diatriba fra accademici.
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IL “CONTRIBUTO DI FRIEDMAN”
Milton Friedman (P. Nobel, 1976), Caposcuola della Scuola di Chicago e principale teorico del
“filone monetarista”, afferma che:
“le azioni di PE intraprese per eliminare l’instabilità nel sistema possono, in realtà, contribuire ad accrescerla anche
quando siano effettivamente prese nella giusta direzione e di scala ridotta rispetto alle fluttuazioni”; in pratica,
“guidare” l’economia non è come guidare un’automobile ma come essere al timone di una nave in un
mare in tempesta;
Friedman (1953) dimostrò attraverso strumenti di derivazione statistica l’esistenza di due “ritardi”
capaci di rendere incerti gli effetti della PE sul sistema economico (fine tuning irraggiungibile):
“ritardo interno”, periodo di tempo che intercorre fra shock e decisione di attuare l’intervento
(politica fiscale)
“ritardo esterno”, periodo di tempo fra decisione ed attuazione (politica monetaria)
Friedman (1963) presentò, inoltre, una “rilettura monetaria” della depressione del ’29, interpretando
la crisi effettivamente come il risultato del comportamento errato nella conduzione della politica
monetaria;
Ricetta: Politica economica passiva: più efficaci meccanismi di stabilizzazione prodotti
“automaticamente” dal sistema (imposta sul reddito; sistemi previdenziali e sussidi, ecc.);
Friedman (1968) contemporaneamente a Phelps (1968) dimostra l’inconsistenza trade-off della curva
di Phillips, tramite l’introduzione della nozione di Aspettative (Adattive).
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LA NUOVA “ROTTURA DEL CONSENSO” (anni ’70)
E LA “CRITICA DI LUCAS”
L’intuizione di Friedman e Phelps aprì la strada alla
“critica di Lucas” (P. Nobel 1995):
Inadeguatezza dei modelli di PE fondati
sull’insieme delle relazioni passate delle variabili
economiche;
Secondo Lucas, i parametri non sono stabili nel
tempo ma risentono dei mutamenti del sistema
economico, ivi compresi gli stessi interventi di PE,
rendendo inutilizzabili i modelli fondati su tali parametri.
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MODELLI DI AR:
APPLICAZIONE TEORICA ED EMPIRICA
Formulazione originaria delle AR (John Muth, 1961);
Modello delle isole di Lucas (spiega il trade off della curva di Phillips di b.p. in modo più
soddisfacente rispetto a ipotesi Friedmann e Phelps di AA);
Applicazione empirica delle AR (Consumo come Random Walk – Hall, 1978 e overshooting
TC – Dornbusch. 1976);
Applicazione teorica delle AR (abbandono modelli passivi e deterministici di “controllo
ottimo” e applicazione teoria dei giochi alla p.e. con evidenziazione problema di incoerenza
temporale della politica ottimale);
Prima e controversa applicazione delle AR alla p.e. è il modello Sargent & Wallace
(1975) dell’irrilevanza della politica economica (sistematica) su variabili reali – erroneamente
attribuita all’ipotesi AR;
Fisher e Taylor (1977) presentarono modelli di AR con rigidità dimostrando come la
politica economica attiva rimaneva compatibile con ipotesi AR (trade-off compatibile con
AR);
L’ipotesi di AR rappresentò indubbiamente una rivoluzione nell’ambito della teoria
macroeconomica moderna. Si apre così il dibattito REGOLE-DISCREZIONALITA’.
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MODELLI DI AR: 3 CONSEGUENZE
Critica di Lucas: Modelli macroeconomici basati su parametri fissi
incorporano le scelte passate di politica economica e non posso essere
utilizzati per il futuro.
Verticalizzazione C.Phillips: L’introduzione delle AR dimostra che
solo le «variazioni inattese» della politica economica possono influenzare il
pubblico. S&W dimostrano come variazioni perfettamente previste della pe
non hanno effetti reali (gli unici effetti reali sono riferibili alle componenti
erratiche);
Incoerenza temporale della politica ottimale: La AR rendono
«incoerente» il comportamento della pe e non credibili gli annunci delle
autorità rendendo irrealizzabili gli obiettivi di «first best»
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SVILUPPI RECENTI
Applicazione della TEORIA GIOCHI: l’incoerenza della pe ottimale
ha aperto la strada ad una migliore analisi delle interazioni fra policymakers
e pubblico ed all’analisi più rigorosa dei concetti di «credibilità» e
«reputazione»
Sviluppo della Teoria Positiva: Analisi degli incentivi e dei vincoli
capaci di modificare le scelte delle autorità di pe rispetto alla teoria
normativa (fino ad una più completa analisi delle interazioni fra politica ed
economia)
Shocks reali e RBC: L’abbandono dei modelli keynesiani ha aperto la
strada ad una nuova teoria del ciclo economico non più basata sulle
imperfezioni del mercato ma su shocks «reali» del livello naturale della
produzione determinati dalla tecnologia (shocks monetari non hanno effetti
reali).
I NUOVI MODELLI DI POLITICA ECONOMICA
Nuova Macroeconomia Classica (Lucas, P. Nobel 1995): Fondata su ipotesi
forti come AR, Concorrenza Perfetta, tendenza spontanea all’equilibrio e
completezza dei mercati;
Approccio Neo-keynesiano (Stiglitz, P. Nobel 2001), ispirato agli economisti
post-keynesiani critici verso la “sintesi neo-classica”, critica oggi la “NMC”, pur
partendo da stesse ipotesi (criterio di razionalità e microfondazione delle funzioni
di comportamento). Rigidità del sistema;
Progetto culturale di “ritorno ai classici” (Sraffa, 1960), promosso da alcuni
economisti italiani, si articola su 3 filoni distinti: una sistematica opera di
ricostruzione del pensiero classico; una serrata critica all’impostazione marginalista
del valore e del capitale; un approfondimento analitico dell’analisi dei prezzi di
Sraffa. Critico verso la NMC per ipotesi troppo semplificatrici
Analisi Settoriali: Teorie della crescita endogena (Romer, 1986); NTT e NNTT
(Krugman, 1990; Melitz, 2003); approccio neo-istituzionalista (North, 1990;
Williamson, 1975, 1986), ecc.
LA MACROECONOMIA ATTUALE
Dal punto di vista teorico, il modello ISLM è visto come uno strumento del passato. La
critica di Lucas sottolinea come i modelli macroeconomici “standard” non siano in grado
di valutare l’impatto di politiche alternative;
Dal punto di vista empirico, la macroeconomia applicata ha affrontato solo
sporadicamente il tema della rottura del consenso (coerentemente con qualunque
rivoluzione scientifica)
Nell’ambito della teoria positiva, i policymaker continuano attualmente a basare le proprie
scelte di politica economica principalmente su modelli econometrici sviluppati negli anni
Cinquanta.
Paradosso? E’ perfettamente “razionale” che gli avanzamenti teorici impieghino un
certo numero di anni prima di essere resi pienamente operativi (incertezza circa efficacia ed
affidabilità nuovi metodi rispetto ai vecchi)
Teoria Normativa e Teoria Positiva sono strettamente interrelate: Teoria normativa
influenza (seppur con ritardo) la Teoria positiva e la Teoria Positiva influenza la Teoria
normativa (periodiche “rotture del consenso”) es. Grande Depressione, stagflazione
SINTESI
Due scuole di pensiero:
Naturale instabilità del sistema economico che giustifica potere di correzione da parte
delle autorità pubbliche (politica attiva)
Sistema economico intrinsecamente stabile grazie alla libertà di movimento delle sue forze
interne (politica passiva)
Due approcci operativi:
Se “instabilità naturale” l’economia va gestita compensando con stimoli contrari le
fluttuazioni (leaning against the wind) attraverso politiche di controllo ottimo (fine tuning);
Se “stabilità naturale” la politica economica è addirittura dannosa perché ostacola i
processi naturali di aggiustamento (Policy Ineffectiveness Hypothesis);
L’approccio macroeconomico dominante considerava il sistema economico soggetto a rigidità
nel b.p. e completamente flessibile nel l.p. Gli interventi di p.e. consentivano di preparare il l.p.
senza i costi di b.p.
Friedman (‘53, ’57 e ’68) dimostrò la validità dell’inefficacia della PE anche nel breve periodo,
aprendo una “falla” nella sintesi neoclassica
Critica di Lucas (’76) determina abbandono modelli deterministici di “controllo ottimo”, apre
alla PIH ed al dibattito “regole-discezionalità”.
COSA SAPPIAMO
PF e PM influenzano la produzione nel BP (se vincolo ad
agire [NMK] o vincolo informativo [NMC]) ma non nel LP
Nel LP la produzione è sempre al suo livello naturale (che
dipende dallo stock di capitale e dalla tecnologia - v. teoria della
crescita)
Ruolo chiave Aspettative (es. incoerenza temporale della pe
ottimale; PIH; iperinflazioni, ecc.)
COSA NON SAPPIAMO
Come ridurre il «tasso naturale» di disoccupazione?
(istituzioni)
Come stabilizzare il «ciclo economico»? (politica
economica e shocks – politiche di stabilizzazione)
Politiche di stabilizzazione o politiche di crescita?
Qual è il costo «reale» delle politiche deflazionistiche? (la
moneta è neutrale?)
Meglio «debito pubblico», «debito privato» o «assenza di
debito»?
Appare evidente che i temi proposti sono attualmente al centro del
dibattito politico internazionale
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