IL VERBO ITALIANO DI MODO FINITO ED IL VERBO INGLESE NEL LORO VALORE COMUNICATIVO Eva Klímová (Opava) 1. Introduzione Quest'articolo si propone lo scopo di paragonare, dal punto di vista della prospettiva funzionale dell'enunciato (PFE), il verbo italiano a modo finito (d'ora in avanti solo verbo) con quello inglese o, più precisamente, il loro valore comunicativo. L'enunciato, per la teoria di PFE, è considerato il campo comunicativo in cui si distinguono diverse unità comunicative. Osservando il verbo italiano e quello inglese si vedono certe differenze dovute sia alle caratteristiche sintattiche, sia ai tratti morfologici dei verbi in questione. Da qui deriva anche il loro valore comunicativo. Vediamo l'esempio: (1) … e nelle vetrine delle drogherie si imbiancavano biscotti ammuffiti. GEN p. 39 …, and in the windows of grocers' shops musty biscuits lay bleaching. DUB p. 15 La prima differenza tra la versione italiana e quella inglese si osserva nella posizione del soggetto biscotti ammuffiti/musty biscuits. Il soggetto rappresenta un elemento non ricavabile dal contesto e quindi svolge la funzione di rema. Nella versione italiana esso segue il verbo, nella versione inglese lo precede. Di conseguenza, la struttura comunicativa dell'enunciato italiano è indicata da due fattori: il contesto e l'ordinamento lineare della frase.1 In altre parole, il soggetto non dipendente dal contesto è confermato nella sua funzione rematica dal suo carattere di "novità" ed anche dalla sua posizione. Perciò è possibile constatare, per la versione italiana, la cosiddetta distribuzione fondamentale di dinamismo comunicativo (DC),2 per cui la regola di base è: più vicino alla fine dell'enunciato, più alto il grado di DC del costituente rispettivo.3 La struttura comunicativa dell'enunciato inglese, invece, è indicata dal contesto. Altre differenze tra il verbo italiano e quello inglese si osservano nel loro comportamento morfosintattico e semantico. La forma del verbo italiano si imbiancavano esprime le categorie grammaticali di persona, di numero, di tempo grammaticale e di modo. La forma dell'imperfetto indica esplicitamente l'azione nel suo svolgimento, ossia l'azione non compiuta. Inoltre, tramite doppia derivazione, con il prefisso im- e il suffisso -are, è stato creato dall'aggettivo bianco un verbo incoa30 tivo con il significato diventare bianco. Così, in una sola parola, si uniscono due significati: quello di cambiamento (diventare), e quello del risultato stesso di cambiamento (bianco). Sintatticamente, il verbo rappresenta il predicato sintetico. La forma del verbo inglese lay esprime le categorie grammaticali di tempo e modo, le categorie di persona e numero, invece, sono riportate solamente dal soggetto della frase. Inoltre, il preterito inglese è indifferente per quanto riguarda l'aspetto d'azione, ossia la sua compiutezza. Anche il significato del verbo, rispetto a quello italiano, è più vago. Non esprime altro che "l'esistenza sulla scena". L'aspetto imperfettivo ed il significato "diventare bianco" sono riportati, invece, dalla forma verbale non-finita, cioè bleaching. Così, due forme verbali, una finita ed una non finita, si uniscono nel predicato analitico lay bleaching. Queste differenze morfosintattiche e semantiche tra il verbo italiano e quello inglese entrano in gioco quando si vuole stabilire la funzione comunicativa di questi. Come punto di riferimento sembra opportuna la seguente definizione di Firbas: "Assessing the communicative function of the verb, we must bear in mind that the verb (finite or non-finite) consists of the notional component and the categorial exponents. It is necessary to distinguish between the information conveyed by the notional component of the verb and the information conveyed by its categorial exponents. For even the information conveyed by the latter participates in the development of the communication. And this information is quite complex, too, for it conveys a number of indications, such as those of person, number, tense, mood, voice, positive/negative polarity)."4 La nostra intenzione è quella di mettere a fuoco la funzione degli esponenti grammaticali, ovvero categoriali, e la componente non grammaticale, ovvero nozionale, del verbo rispetto alle unità comunicative dell'enunciato. Facendo riferimento alla classificazione di A. Svoboda, le unità comunicative in questione sono: tema, transizione propria, transizione e rema.5 Il verbo può partecipare ad alcune unità comunicative. Un'unità comunicativa è costituita dalle categorie grammaticali di numero e di persona, ovvero dall'esponente personale e numerale (EPN). Esso fa riferimento al soggetto della frase e partecipa al tema dell'enunciato. Un'altra unità è costituita dalle categorie grammaticali di tempo e di modo, ovvero dall'esponente temporale e modale (ETM) che svolge la funzione di transizione propria. La funzione della componente nozionale dipende dalla presenza o meno d'altri elementi non-dipendenti dal contesto, cioè elementi che, rispetto al grado di DC, la superano. Se non presenti, la componente nozionale del verbo funge da rema, in caso contrario essa funge da transizione dell'enunciato. Generalmente, il valore comunicativo del verbo aumenta in dipendenza del numero delle unità comunicative alla cui costitu31 zione esso può partecipare. In altre parole, più unità comunicative a cui costituzione il verbo partecipa, più alto il suo valore comunicativo. Ed è proprio il piano della PFE in cui le differenze tra il verbo italiano e quello inglese si manifestano con tanta evidenza e dove il livello morfosintattico e quello semantico sono chiaramente separabili. 2. Esponente personale e numerale del verbo Tra il verbo italiano e quello inglese si osservano, rispetto alla manifestazione dell'EPN certe dissomiglianze. (2) La zia portò il vassoio dalla credenza. My aunt brought the dish from the safe. GEN p. 28 DUB p. 3 Il soggetto grammaticale della frase la zia/my aunt rappresenta un elemento ricavabile dal contesto, il che determina la sua funzione comunicativa: esso funge da tema dell'enunciato.6 Inoltre il verbo italiano portare nella 3a persona singolare del perfetto semplice si concorda con il soggetto in persona e in numero (EPN) e quindi partecipa al tema. La forma del verbo inglese brought è comune per tutte le persone del singolare e del plurale, ciò significa che le categorie di persona e di numero sono neutralizzate: il verbo non esprime l'EPN e non può partecipare al tema. Così il verbo italiano supera quello inglese nel suo valore comunicativo. Vediamo la situazione nell'esempio successivo con "il soggetto nullo" nella frase italiana: (3) Spesso quando ci pensavo … Often when I thought of this I … GEN p. 30 DUB p. 5 Nella versione italiana si osserva l'imperfetto del verbo pensare nella 1a persona singolare. La desinenza del verbo serve da unico indicatore del soggetto grammaticale, quindi l'EPN del verbo svolge la funzione comunicativa di tema (assieme alla particella pronominale ci che rappresenta un altro elemento ricavabile dal contesto). La forma del verbo inglese thought, essendo l'unica forma per tutte le persone del singolare e del plurale, è indifferente rispetto al numero e persona. In altre parole, la forma verbale non riporta l'EPN. La funzione di tema è svolta dal soggetto pronominale I (assieme alla struttura preposizionale of this). Quindi anche in questo caso il valore comunicativo del verbo italiano è più alto di quello del verbo inglese. 3. Esponente temporale e modale del verbo Come è già stato detto, l'ETM svolge la funzione dell'unità comunicativa di transizione propria: " …, the categorial exponents can perform different FSP functions. 32 But irrespective of other FSP functions that they may perform, they invariably serve as TrPr. They do so especially through the TMEs (temporal and modal exponents) (…) By providing a link, and at the same time a boundary, between the Th(eme) (the foundation-laying elements) and the non-Th(eme) (the core-constituting elements), the TMEs serve as a centre within the sentence/clause/semiclause viewed as a distributional field of CD." 7 Osservando la funzione comunicativa dell'ETM nell'ambito della transizione propria, si giunge alla distinzione tra gli elementi di centro e quelli di periferia dell'unità in questione. Per quanto riguarda gli elementi di centro della transizione propria, le differenze tra il verbo italiano e quello inglese non sono rilevanti, però esistono. Prima ci concentriamo sull'esponente modale accennando alle possibilità di cui dispongono i verbi rispettivi per quanto riguarda il modo verbale: (4) … vuol vedere? … Dunque, tu Carla, di' la verità. D'you want a proof of it? … Now you, Carla, tell the truth. IND p. 18 TIM p. 16 Nella versione italiana dell'esempio le due forme verbali sono, riguardo al modo, ben distinguibili l'una dall'altra: l'indicativo vuole è adoperato in una frase interrogativa. È l'intonazione che indica la sua funzione sintattica. In altre parole, l'indicativo morfologico funge da "interrogativo sintattico". La forma imperativa dì è adoperata in una frase iussiva. Le forme del verbo inglese want e tell, considerando il criterio puramente morfologico, sono le forme di base dei verbi rispettivi. In inglese, nel caso della forma verbale want, per indicare la frase interrogativa, ci si avvale dell'ausiliare do preposto al soggetto. In altre parole, viene adoperato un certo "interrogativo analitico". Nel caso della forma tell, essa viene identificata nella funzione dell'imperativo solo in virtù dell'assenza del soggetto, obbligatoriamente presente con l'indicativo, il condizionale e il congiuntivo. Quindi per l'inglese si potrebbe concludere che "è praticamente una lingua con un solo modo (indicativo). Il suo 'congiuntivo' è di uso raro e isolato, il suo 'condizionale' è ottenuto perifrasticamente, (…), il suo imperativo è ridotto ad una sola forma, fonologicamente identica all'infinito." 8 Da questo confronto risulta che la forma del verbo italiano è autosufficiente nel portare l'esponente modale della transizione propria. La stessa autonomia nell'indicare la modalità si nota per il verbo della proposizione dipendente. In inglese, invece, la modalità della proposizione dipendente deriva dal significato del verbo della frase reggente: (5) (Non si sa più) di che colore siano. (You can no longer tell) what colour it is. IND p. 11 TIM p. 10 33 Nella proposizione dipendente della versione italiana dell'esempio si osserva il congiuntivo presente. Esso serve da mezzo per rendere relativo il grado di certezza del parlante. L'esistenza del congiuntivo offre alla lingua italiana uno strumento per cui viene esplicitamente espressa la modalità epistemica. A livello della PFE, essa rappresenta un componente alla periferia della transizione propria. Alla forma del congiuntivo italiano corrisponde, nella versione inglese, il verbo nell'indicativo presente e l'espressione dell'incertezza, cioè modalità epistemica, viene affidata esclusivamente al significato del verbo della frase reggente (non si sa più/you can no longer tell). Da ciò risulta che sulla periferia della transizione propria della proposizione dipendente inglese c'è un componente di meno rispetto alla transizione propria della proposizione dipendente italiana ed il valore del verbo italiano è quindi più alto di quello inglese. Focalizzandosi sull'esponente temporale come componente centrale dell'unità comunicativa di transizione propria, si arriva a poche differenze. (6) Tutti ci guardavano. Everyone was looking at us. IND p. 6 TIM p. 6 Tutte e due le forme verbali, sia l'imperfetto della versione italiana, sia il passato progressivo inglese, rappresentano l'esponente temporale di centro della transizione propria. Inoltre, esse indicano l'azione come non compiuta e questo significato temporale di incompiutezza costituisce un componente sulla periferia della transizione propria. Tuttavia, tra i tempi grammaticali italiani e quelli inglesi non c'è sempre piena corrispondenza, come risulta ovvio dall'esempio successivo: (7) … è tanto tempo che lo porto. I've been wearing it for a very long time. IND p. 13 TIM p. 13 In quest'esempio, il presente indicativo italiano, accompagnato dall'avverbiale tanto tempo, è stato adoperato per indicare un'azione che ha preso inizio nel passato, però in corso ancora in momento in cui si parla. In altre parole, il presente italiano ha il significato "inclusivo". In inglese, il presente non dispone di questa capacità ed è stato usato il così detto "perfetto presente progressivo" (present perfect progressive), accompagnato, a sua volta, dall'avverbiale for a very long time.9 Bisogna aggiungere che anche il significato "inclusivo" costituisce un componente sulla periferia della transizione propria. Paragonando altri due tempi, l'imperfetto italiano al preterito inglese, si manifestano altre dissomiglianze funzionali. (8) 34 La testa andava in su e in giù, e Carla … The head went up and down and Carla … IND p. 5 TIM p. 5 Mentre la forma imperfettiva del verbo italiano indica l'azione nel suo svolgimento ovvero l'azione non compiuta, ed esprime esplicitamente l'aspetto iterativo di essa, il preterito inglese è indifferente rispetto a tutti e due i significati temporali. In altre parole, mentre i significati temporali di "non compiutezza" e ripetizione dell'azione risultano dalla forma dell'imperfetto andava, la forma del preterito went li assume solo accompagnata dall'avverbiale up and down. Quindi i due componenti osservabili sulla periferia della transizione propria, l'aspetto e iterazione, in italiano sono riportati dalla forma verbale, in inglese il verbo richiede un altro mezzo, cioè un mezzo lessicale, per esprimerli. La lista dei significati temporali periferici indicati finora non è, naturalmente, completa. Ne fanno parte altre categorie temporali, quali significato di "attualità", di "simultaneità", di "abitualità", aspetto incoativo, significato di "raggiungimento della meta dell'azione", significato risultativo, significato di esperienza (gli ultimi tre considerati sottocategorie temporali dei verbi perfettivi). Una conclusione significativa, riguardo alla capacità dei tempi grammaticali italiani e dei rispettivi inglesi di svolgere la funzione dei componenti sulla periferia della transizione propria dell'enunciato, si potrebbe raggiungere solo confrontando il sistema dei tempi italiano con quello inglese nel loro complesso. Tuttavia, gli esempi riportati sopra evidenziano che il verbo italiano nell'esprimere i significati temporali periferici dimostra una maggiore efficacia rispetto a quello inglese. In altre parole, il suo valore comunicativo supera quello del verbo inglese. 4. Componente nozionale del verbo Come è già stato menzionato prima, la funzione della componente nozionale del verbo viene stabilita in dipendenza della presenza o meno di altri elementi non-ricavabili dal contesto nell'enunciato. In altre parole, la componente nozionale funge da transizione alla presenza della specificazione del verbo nell'enunciato (per la specificazione s'intende un complemento di verbo rappresentante un elemento non ricavabile dal contesto). Nel caso della sua assenza, la componente nozionale del verbo funge da rema dell'enunciato. Gli esempi (9) e (10) lo dimostrano a evidenza: (9) … e Michele guardava Leo. … and Michele was looking at Leo. (10) Tutti ci guardavano. Everyone was looking at us. IND p. 26 TIM p. 23 IND p. 6 TIM p. 6 35 La forma guardava/was looking dell'esempio (9) e la forma guardavano/was looking dell'esempio (10) svolgono, tramite il loro ETM, la funzione di unità comunicativa di transizione propria. Sulla periferia di essa si distingue un componente riportato dalle forme verbali dell'imperfetto italiano ed il passato progressivo inglese che esprimono, tutti e due, il significato temporale di "attualità". La componente nozionale del verbo dell'esempio (9) ha la funzione di transizione. Il complemento oggetto Leo è la specificazione dell'azione e, superando il verbo per il suo grado di DC, funge da rema dell'enunciato. La componente nozionale del verbo dell'esempio (10), invece, vista la funzione tematica del complemento oggetto pronominale ci/us,10 svolge la funzione di rema. Quindi, il verbo italiano e quello inglese degli esempi (9) e (10), per quanto riguarda il valore comunicativo e il grado di DC, si eguagliano. 5. Conclusione Abbiamo osservato la funzione degli esponenti grammaticali ovvero categoriali, e della componente non grammaticale, ovvero nozionale, del verbo italiano e di quello inglese nell'ambito delle unità comunicative dell'enunciato, con lo scopo di stabilire il valore comunicativo di questi. Generalmente, il valore comunicativo del verbo aumenta in dipendenza del numero delle unità comunicative alla cui costituzione esso può partecipare. Questa capacità del verbo deriva dalle sue caratteristiche morfosintattiche verificabili nell'esempio seguente che serve da riassunto dell'analisi precedente: (11) Impallidì. She turned pale. IND p. 26 TIM p. 23 Il verbo italiano impallidire è derivato, tramite il prefisso im- e il suffisso -are dall'aggettivo pallido (pale in inglese). Il perfetto semplice comprende sia gli esponenti categoriali sia quelli non categoriali e, in conseguenza, copre alcune unità comunicative: l'EPN svolge la funzione di tema, l'ETM funge da transizione propria. Il prefisso im- indica il cambiamento di stato e rappresenta la transizione. La componente nozionale del verbo è rema dell'enunciato. Nella versione inglese, la forma del verbo turned riporta l'ETM, però è indifferente riguardo alle categorie di persona e di numero. L'EPN è indicato dal pronome she. Il verbo è privo del suo significato pieno (voltare, girare, volgere) esprimendo solo il cambiamento di stato. La sua componente nozionale quindi funge da transizione. La funzione di rema è stata affidata all'aggettivo pale. Mentre il verbo inglese partecipa a due unità 36 comunicative, il verbo italiano ne copre quattro, quella di rema inclusa. Conseguentemente, il verbo italiano supera notevolmente quello inglese non solo per quanto riguarda il valore comunicativo, ma anche riguardo al grado di DC. Le differenze osservabili tra il verbo italiano e quello inglese a livello della PFE riflettono le caratteristiche morfosintattiche menzionate sopra. Il verbo italiano, con la flessione ricca e con delle possibilità di derivazione, è scomponibile in alcuni elementi, sia grammaticali sia semantici, che rappresentano, nella sintesi di una parola, diverse unità comunicative. Esse, nel caso del verbo inglese, povero per la sua flessione e tendente alla perdita del significato, sono riportabili dalle "parole" isolate, come del resto, è tipico per una lingua analitica di cui l'inglese è un esempio per eccellenza. Note 1 Oltre al contesto e l'ordinamento lineare ai fattori della PFE, appartengono la struttura semantica dell'enunciato e, nella lingua parlata, l'intonazione. Cfr. Firbas, 1992, p. 10. 2 Per grado di DC si intende "la misura relativa in cui un elemento contribuisce allo sviluppo ulteriore della comunicazione". Firbas, 1991, p. 198. 3 "The involvement of sentence linearity is borne out, for instance, by the fact that the element towards which the communication within a clause, independent or subordinate, is perspectived tends to occupy the final position." Firbas, 1992, p. 8. 4 Firbas, 1992, p. 70. 5 Le unità comunicative di tema e di rema sono ulteriormente scomponibili in tema proprio, tema tendente al tema proprio, tema tendente al diatema, diatema, rema e, rema proprio. Svoboda, 1991, p. 432. 6 Sarebbe opportuno precisare che un soggetto sostantivale svolge la funzione di diatema, ma per lo scopo della nostra analisi non è necessario fare la distinzione tra tema e diatema. 7 Firbas, 1992, p. 89. 8 Simone, 1996, p. 341. 9 Naturalmente, si potrebbe obiettare che la stessa differenza, cioè la capacità di esprimere il significato "inclusivo", si osserva mettendo in confronto il perfetto composto italiano e il "presente perfetto" inglese. È proprio per questo motivo che i tempi italiani e quelli inglesi vengono messi uno di fronte all'altro, allo scopo di evidenziare le diversità tra il sistema dei tempi grammaticali italiano rispetto a quello inglese. 10 Gli elementi pronominali svolgono di solito le funzioni tematiche nell'enunciato. La loro funzione è, nella lingua italiana, indicata anche dalla loro posizione. Cfr. Firbas, 1979, p. 31. 37 Bibliografia ALISOVA, T. (1972): Strutture semantiche e sintattiche della proposizione semplice in italiano. SGI, Firenze. BENINCÀ, P. (1991): Ordine normale e ordini marcati. In: Renzi, Salvi, 115–191. CONTE, M. E. (1986): Determinazione del tema. In: Stammerjohann, 217–226. DANEŠ, F. (1964): A Three-Level Approach to Syntax. TLP 1, Prague, 225–240. DANEŠ, F. (1991): Per una sintassi a tre livelli. In: Sornicola & Svoboda, 113–133. DANEŠ, F. – HLAVSA, Z. – GREPL, M.eds. (1987): Mluvnice češtiny 3 – Skladba. Praha. DUŠKOVÁ, L. (1988): Mluvnice současné angličtiny na pozadí češtiny. Praha. FIRBAS, J. (1959): Thoughts on the communicative function of the English verb. BSE 1, 39–68. FIRBAS, J. (1961): On the Communicative Value of the Modern English Finite Verb. BSE 3, 79–98. FIRBAS, J. (1964): From Comparative Word-order Studies. BSE, 4, 111–128. FIRBAS, J. 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The Italian inflectional verbal form is confronted with the English finite verb form with the aim of demonstrating their function within the communicative units of the sentence viewed as a communicative field. The Italian finite verb form, expressing all the grammatical categories, may represent several communicative units: the categories of person and number constitute the theme while the categories of tense and mood constitute the transition proper. The notional component of the verb may have the function of transition or rheme. The grammatical and semantic components are included within one verbal form. Thus the Italian finite verb form may participate in several communicative units and reach high communicative value. The communicative value of the English finite verb form, characteristic for poor inflection and tending to loose its lexical meaning, is lower. Both grammatical and non-grammatical components are conveyed by separate elements. The differences observed between Italian and English on the FSP level reflect the morphosyntactic characteristics of both languages. 39