L`importanza della musica nello sviluppo affettivo e cognitivo del

L’importanza della musica nello sviluppo
affettivo e cognitivo del bambino
Relazione presentata al convegno AIGAM
“Il Bambino in ascolto, L’apprendimento musicale fra senso e sensorialità”
Roma 4-5 dicembre 2009
Stefano Gorini, referente ACP per il progetto “Nati per la Musica”
[email protected]
“La musica è una legge morale: essa dà un’anima all’universo,
le ali al pensiero, uno slancio all’immaginazione,
un fascino alla tristezza, un impulso alla gaiezza,
e la vita a tutte le cose.
Essa è l’essenza dell’ordine ed eleva ciò che è buono, giusto e bello,
di cui essa è la forma invisibile,
ma tuttavia splendente, appassionata ed eterna.”
Platone, 400 a.C. (dai Dialoghi)
L’Associazione Culturale Pediatri (ACP www.acp.it) nel 2007 ha individuato quattro priorità di
intervento:
1.
2.
3.
4.
Le disuguaglianze nella salute dei bambini e degli adolescenti
La salute mentale nei bambini e negli adolescenti
Ambiente e salute nei bambini e negli adolescenti
Sostegno alla genitorialità
Per quanto riguarda quest’ultimo punto va specificato che il termine genitorialità è in continua
evoluzione, sempre più intrecciato con elementi di sociologia della famiglia e dell’età evolutiva. È
un contesto complesso, di cui qui si vorranno affrontare solo alcuni aspetti. Dal punto di vista
psicopedagogico, la genitorialità è intesa come il processo dinamico attraverso il quale si impara a
diventare genitori capaci di prendersi cura e in grado di rispondere in modo adeguato ai bisogni dei
figli, molto diversi a seconda dell’età evolutiva. (1). Già dalla metà del secolo scorso eminenti
psicologi ed esperti dell’infanzia (A. Freud, Winnicott, Bowlby, Bettelheim) sostenevano che
migliori competenze genitoriali possono contribuire alla costruzione di una società migliore (2-3-45).
In letteratura vi sono evidenze riguardo all’efficacia del sostegno alla genitorialità su diversi aspetti
della salute e del benessere sia del bambino che dei genitori (6) (7). L’efficacia è maggiore se
l’inizio è precoce (durante la gestazione o subito dopo la nascita) e se prosegue nel tempo (8). In
questo contesto un fattore di grande rilevanza è quindi l’ambiente familiare. Se esso è
insufficientemente stimolante per il bambino ne potrà conseguire un minore sviluppo cognitivo. Vi
sono evidenze sulla plasticità del cervello del bambino nei primi mesi/anni di vita e sugli effetti,
positivi e negativi per le età successive, di stimoli ed esposizioni precoci (6).
Le prime epoche della vita sono inoltre fondamentali per l’instaurarsi di abitudini relazionali che
possono durare per tutta la vita. Lo sviluppo del bambino è essenzialmente il prodotto di fattori
genetici e delle relazioni con i genitori o coloro che si prendono cura della sua crescita e che
costituiscono l’ambiente familiare e sociale. In questo processo continuo di stimoli che arrivano al
bambino, interazioni con l’ambiente, relazioni intra ed extrafamiliari ci sono finestre di massima
opportunità e vulnerabilità che sono individuabili specialmente durante la gravidanza e nei primi
anni di vita (9).
In tutto questo come si inserisce la musica e perché dei pediatri se ne occupano e in che modo?
“Nati per la Musica” (NpM), è un progetto per la diffusione della musica da 0 a 6 anni finalizzato a
sensibilizzare i genitori a creare un ambiente familiare musicalmente stimolante e accostare
precocemente i bambini alla musica attraverso l’ascolto di brani musicali e il canto dei familiari.
Progetto originale italiano che non ha altre esperienze paragonabili altrove, è promosso dall’ACP in
collaborazione con la Società Italiana per l’Educazione Musicale (SIEM www.siem-online.it ) e il
Centro per la Salute del Bambino (CSB www.csbonlus.org ). NpM ha mosso i suoi primi passi nel
2004 per iniziativa di alcuni pediatri ACP che si sono trovati a riflettere sui rapporti fra esperienza
musicale e sviluppo del bambino e sulle molte analogie che tale nuovo progetto avrebbe potuto
avere con Nati per Leggere (NpL www.natiperleggere.it ), progetto introdotto in Italia nel 1999
seguendo analoghe esperienze già attuate negli Usa e in Inghilterra, che ha l'obiettivo di
promuovere la lettura ad alta voce ai bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 6 anni. Leggere ad alta
voce ai bambini in età prescolare, con una certa continuità, ha una positiva influenza sia dal punto
di vista relazionale (è un’opportunità di relazione tra bambino e genitori), sia cognitivo (si sviluppa
meglio e più precocemente la comprensione del linguaggio e la capacità di lettura). In NpL all’ACP
e al CSB si affianca l’Associazione Italiana Biblioteche (AIB www.aib.it/ ).
NpM, che ha ottenuto il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, si propone quindi
di promuovere, sostenere e incentivare - con il coinvolgimento dei pediatri e quindi dei genitori,
degli educatori e operatori musicali, ma anche di ostetriche, personale che opera in consultori, asili
e scuole – attività che mirino ad accostare precocemente il bambino al mondo dei suoni e alla
musica. Il titolo riprende quello di NpL, ma vi è anche un richiamo sostanziale al fatto che il
bambino sembra venire al mondo con un cervello già ben preparato ad elaborare il proprio mondo
musicale e che la capacità di percepire la musica è innata (10).
Il desiderio da cui parte NpM si può sintetizzare riprendendo una frase del musicista ungherese
Kodaly (1882-1967): <<La musica non privilegio di pochi ma patrimonio di tutti>>. Non può
infatti sfuggire come la musica e il canto e quindi la voce, strumento musicale “gratuito” a
disposizione di tutti, possa essere particolarmente fruibile anche da parte delle famiglie più
svantaggiate. Per raggiungere questo scopo è centrale, e caratterizzante tutto il progetto, il ruolo del
pediatra che sensibilizza le famiglie di tutti i bambini sull’importanza della musica quale
componente irrinunciabile per la crescita della persona intesa nella sua globalità.
Le motivazioni per cui la musica concorre allo sviluppo del bambino sono riassumibili in tre punti:
1. Il condividere in famiglia l’esperienza musicale contribuisce alla relazione e rafforza il
legame affettivo
2. La musica influisce sullo sviluppo cognitivo
3. Lo sviluppo della musicalità contribuisce ad una crescita e formazione più completa della
persona
Per quanto riguarda affetto e stimoli cognitivi si può comprendere come entrambi siano essenziali
per crescere. In effetti
stimoli affettivi e cognitivi plasmano materialmente il cervello: il peso del cervello del ratto (così
come l’efficienza delle funzioni superiori dell’uomo) è diverso in funzione degli stimoli, sia
cognitivi che affettivi che ha ricevuto durante lo sviluppo - Panizon (11).
Nell’essere umano si è visto che non è solo la materia grigia (costituita principalmente dalle cellule
cerebrali, i neuroni) a essere interessata. In bambini trascurati c’è fino al 17% di materia bianca (che
è costituita dalle connessioni fra i neuroni) in meno. Si sa che la quantità di materia bianca in
ragazzi fra 5 e 18 anni ha una correlazione con il Quoziente Intellettivo (12).
Entrando più in dettaglio, per quanto riguarda il primo punto ( il condividere in famiglia
l’esperienza musicale contribuisce alla relazione e rafforza il legame affettivo), l'atto del cantare
insieme, del muoversi all'ascolto della musica, del ballare, oltre al senso di unione e di fusione delle
voci delle persone che partecipano, è un atto piacevole per tutti specie per il bambino: concorre a
stabilire un legame più stabile e continuo e a modulare la comunicazione genitore-figlio su più
canali sensoriali e linguistici. Certamente è esperienza di tutti che la musica sia un fatto piacevole,
ma quando inizia questa esperienza? Uno dei primi messaggi che riceve il neonato è la ninna nanna.
Che cosa “arriva” al neonato e cosa egli “prova”? Per tentare di rispondere a questi interrogativi può
venirci in aiuto un intrigante esperimento effettuato con una metodica di indagine cerebrale innocua
chiamata NIRS (Spettroscopia a Raggi Infrarossi) effettuata su alcuni neonati. Si riporta quanto
pubblicato sui Quaderni acp, rivista ufficiale dell’Associazione Culturale Pediatri (13):4): 188-189)
Una ricerca ad opera di Sayto e coll. (14) ha valutato recentemente, in Giappone, gli effetti della
voce materna su venti neonati. L’influenza della voce è stata misurata con una speciale forma di
spettroscopia. I sensori erano collocati sulla fronte e ai neonati veniva fatta ascoltare la voce
registrata della propria madre che leggeva la prima scena del racconto di “Cappuccetto Rosso”,
molto comune in Giappone (4 frasi di 40 parole con 12 pause per un tempo di 15-28 secondi). I
neonati dormivano in culla, in una stanza priva di rumori. Prima di registrare il racconto le madri
erano istruite a raccontare la storia sia ai loro bambini (IDS Infant directed speech: durata media
22,4 secondi) che agli sperimentatori (ADS Adult directed speech: durata media 19.4 secondi). Gli
Autori fanno notare che la maggiore durata dell’IDS deriva dal “exaggerated intonation contour”
che costituisce il linguaggio “motherese” o “parentese”. Ai bambini venivano fatte ascoltare
ambedue le registrazioni. Durante l’ascolto veniva misurato il flusso cerebrale nell’area frontale.
L’ascolto della voce IDS faceva aumentare il flusso vascolare nel cervello nella regione
orbitofrontale (la cui maturazione sembra dipendere da esperienze socioaffettive) dei neonati
significativamente di più della voce ADS. Il linguaggio materno ha quindi un ruolo importante
nell’attivare il cervello dei neonati che è capace di processare la qualità delle componenti
linguistiche già dall’età più tenera. La maggiore differenza si è registrata nell’area prefrontale
destra, dimostrando un’asimmetria fra le due metà del cervello. È chiaro quindi che il linguaggio
materno può avere un’influenza sullo sviluppo socioaffettivo del neonato.
Il neuropsicanalista A. Shore, del Dipartimento di Psicologia e Scienze Sociali all’UCLA School of
Medicine e all’UCLA Center for Culture, Brain, and Development, riporta che
l’area corticale orbito-frontale è particolarmente sviluppata nella corteccia destra, l’emisfero, che
più di quello di sinistra, dimostra reciproche ed estese interconnessioni con le regioni limbiche e
subcorticali. La corteccia destra è dominante per la processazione, l’espressione e la regolazione
dell’informazione emotiva (15).
Sulla rilevanza dell’emisfero di destra nell’esperienza musicale si ritornerà più avanti ma giova fin
da ora sottolineare come le regioni limbiche e subcorticali siano quelle più sensibili verso
l’“interno”, il proprio “sé”, quindi verso i sentimenti, il bisogno di affetto e di protezione. Ma anche
particolarmente sensibili verso gli stimoli esterni più ancestrali (la paura, il desiderio, la fame) come
verso il sistema neurovegetativo (16).
Per quanto riguarda il significato del motherese, scrive M. Imberty, Professore all’Università di
Parigi X – Nanterre e Direttore del Centro di Ricerca in Psicologia e Musicologia Sistematica
“Psychomuse”(17):
Le madri del mondo intero hanno la loro versione del parlare-bambino che varia secondo le
culture. Ma, secondo M. Papousek (18) sembrano esistere delle caratteristiche comuni,
caratteristiche che costituiscono la base universale dell’immersione sonora e linguistica del
bambino fin dalla nascita: segmentazione, ripetizione, semplicità sintattica, lentezza,
semplificazione ed amplificazione dei patterns espressivi dei contorni melodici. Ma molte delle
caratteristiche così semplificate e sottolineate dalla voce adulta sono comuni all'organizzazione
temporale della lingua e della musica: abbassamento dell'altezza ed allungamento alla fine della
frase, contrasti delle dinamiche, accelerazione o decelerazione sono alcune caratteristiche che il
bambino sperimenta allo stesso tempo nel discorso e nelle brevi melodie che possono essergli
indirizzate. La musicalità del baby-talk è dunque evidente: in particolare la madre ci gioca per
suscitare l'attenzione del suo bambino o, al contrario, per calmarlo, poiché il lattante è dotato di
una notevole capacità d'ascolto per la voce umana.
A proposito dei giochi vocali della madre e del suo bambino, D. Stern scrive: << Ciò che
certamente importa di meno, è quello che la madre dice realmente. L'importante è la musicalità dei
suoni che produce. >> (19). È quindi la musicalità del parlare ciò che più conta nella relazione
adulto-bambino in un momento in cui quest’ultimo non è ancora in grado di comprendere il
significato della parola.
Al secondo punto si è detto che la musica influisce sullo sviluppo cognitivo del bambino.
R Zatorre, Professore di Neuroscienze cognitive, Montreal Neurological Institute (USA), ci riferisce
che
il neonato si dimostra sensibile agli stimoli sonori e musicali e le sue capacità cerebrali sono
abbastanza sviluppate da consentirgli non solo di percepire, ma anche di ricordare la musica
ascoltata nell’utero materno... il bambino sembra venire al mondo con un cervello già ben
preparato ad elaborare il proprio mondo musicale e la capacità di percepire la musica è innata
(10).
Molto si è incominciato a capire in questo campo da quando negli ultimi anni si sono andate
affinando le tecniche di indagine neurofunzionale (RMNf, magnetoencefalografia, EEG e potenziali
evento correlati ecc.) anche se la maggior parte della strada per la comprensione di come lavora il
nostro cervello in relazione all’evento musicale deve essere ancora percorsa, ammesso che sia mai
possibile percorrerla totalmente. E questo è intuibile se riprendiamo altre affermazioni dello stesso
Zatorre: <<da un punto di vista psicologico ascoltare e produrre musica coinvolge un allettante mix
di ogni funzione cognitiva umana>> e ancora <<fare musica è una sfida cognitiva fra le più
complesse e difficili che la mente umana possa intraprendere>>. Quello infatti che affascina
dell’esperienza musicale è che essa a livello cerebrale produce molteplici effetti. Ascoltando musica
vengono attivate le aree uditive, la corteccia uditiva primaria e le relative aree associative, ma
vengono attivate anche aree visive, tattili e motorie (si pensi alla danza), aree del piacere (che
appaiono simili e in parte in comune con quelle di altre gratificazioni, come per il cibo o lo stimolo
sessuale). Inoltre la musica ha un effetto analgesico opioido-simile (mediato dalle endorfine), agisce
sul sistema neurovegetativo (in particolare sul ritmo cardiaco e la pressione arteriosa), sul sistema
endocrino (ACTH, cortisolo, ossitocina, vasopressina) e sul sistema immunitario (agendo sui
linfociti NK e sull’interleukina 6) (20) (21).
Per quanto riguarda in particolare la differenza fra linguaggio e musica nella decodifica a livello
cerebrale, si è visto che per il linguaggio viene interessata un’area ben precisa ad alta
specializzazione situata nell’emisfero di sinistra (area di Wernicke) mentre per la musica si può
affermare che entrambi gli emisferi giocano un ruolo significativo con una predominanza tuttavia di
quello destro (che come detto possiede più connessioni con la parte più sensibile ed emozionale del
nostro cervello) e che questa esperienza avviene in modo più arcaico e indifferenziato rispetto a
quella del linguaggio (21). Ciò è comprensibile se si considera che <<l’abilità di percepire e
processare la musica non è un’acquisizione recente della nostra cognizione, ma è presente da un
periodo di tempo tanto lungo da essere espressa sin dai primi stadi del nostro sviluppo>> (10).
L’apparato uditivo inizia a funzionare intorno al 5°-6° mese di gravidanza e il feto da questo
periodo inizia a reagire ai suoni presenti nell’ambiente uterino. Si tratta di suoni e rumori
provenienti dall’esterno ma anche dall’interno come la voce della madre, il battito cardiaco, il
respiro, il flusso del sangue nei grossi vasi, i borborigmi intestinali… l’Orchestra viscerale materna!
– Tomatis (22) (23).
Quanto riportato abbraccia solo alcuni degli aspetti che si sono iniziati a investigare nel campo delle
neuroscienze della musica. In questo ambito così in evoluzione molto preziosa è l’attività della
Fondazione Mariani (www.fondazione-mariani.org ), che oltre ad avere organizzato importanti
convegni a livello internazionale, ha prodotto varie pubblicazioni sull’argomento e periodicamente
distribuisce on line “Neuromusic News” le cui più significative vengono riportate anche sul sito di
NpM.
Per quanto riguarda l’ultimo punto, lo sviluppo della musicalità, accostare precocemente il bambino
alla musica tramite l’ascolto di brani musicali e il canto dei familiari consente l’instaurarsi fin dalle
primissime età di un terreno favorevole nel quale si possono sviluppare le esperienze musicali
successive (24) (25). Attraverso la musica il bambino può sviluppare capacità di ascolto e di
osservazione dell’ambiente sonoro, maturare le proprie potenzialità espressive, comunicative,
immaginative e creative, accrescere le capacità di concentrazione e la memoria, rafforzare
l’autostima e abituarsi al controllo della propria emotività e al rispetto delle regole e degli altri. Un
ambiente musicalmente stimolante è infatti terreno favorevole perché il bambino possa, crescendo,
accostarsi ad attività musicali più strutturate. L’esperienza musicale permette infine di sviluppare
nella persona, fin dalla più tenera età, un’attitudine culturale ad apprezzare ciò che è bello e
maturare un senso estetico consapevole (26). Al di là dei repertori musicali proposti è apprezzabile
che l’ascolto e il canto siano per quanto possibile condivisi in famiglia e che il bambino partecipi
all’ascolto attivamente, ad esempio giocando con la voce e coi suoni o reagendo alla musica con il
movimento (27).
Giova a questo punto andare a quanto riportato in un articolo su una rivista medica di ormai trenta
anni fa, probabilmente un articolo quasi pionieristico per quell’epoca nel contesto medico in cui è
stato presentato:
Per gran parte degli esseri umani, biologicamente strutturati in modo da poter ascoltare e ripetere
quanto ascoltano, la musica è una necessità: quando però l’adulto non ha soddisfatto questa
esigenza nel periodo infantile, può non comprendere le necessità stesse del proprio bambino.
Togliere a un bambino la fonte di piacere, di stimolo e di conforto costituita dalla musica all’inizio
della vita è paragonabile al non insegnare al bambino a parlare: anche il genitore più stonato può
fornire al bambino una qualche forma musicale. L’emissione dei suoni è sempre stimolante e
piacevole, sia con la voce che con uno strumento, meglio ancora associando suoni e movimenti. Il
bambino che corre per casa battendo ritmicamente due tazze e cantando una melodia ideata al
momento esprime la propria creatività musicale e coreografica, che potrà essere in futuro
sviluppata nel giusto senso; i genitori quindi hanno cantato sia per il bambino che con esso, ed il
bambino ora canta per i genitori e per chi lo circonda (28).
La musica è in definitiva un dono che i genitori possono e debbono fare ai propri figli. E per lo
stesso motivo è fondamentale, ed è esperienza riscontrabile nella quotidianità con i genitori che
frequentano gli ambulatori, che noi pediatri siamo tramite affinché questo prezioso gesto si realizzi
in tutte le famiglie e per tutti i bambini.
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http://www.natiperlamusica.it/npm/index.php?option=com_content&task=view&id=20&Itemid=42
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28. J. Lind, Music and the small human being, Acta Paediatr Scand 69: 131-136, 1980
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